In_Loco_Motivi per NON far chiudere la ferrovia AVELLINO-ROCCHETTA

IL PONTE CURVO SUL SABATO-ATRIPALDAUN CALOROSO INVITO AD ADERIRE E FAR ADERIRE I VOSTRI AMICI
per cercare si salvare questo prezioso e storico bene della nostra terra.

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Sta per accadere quello che ormai da sempre si prospetta per l’Avellino Rocchetta Sant’Antonio: la sua completa soppressione. Dal 13 dicembre 2010 la storica ferrovia Ofantina, su decisione inopinata, della Regione Campania è “sospesa”. …A nulla è valsa una delle concrete esperienze di promozione territoriale dal basso e senza fondi pubblici che ha visto letteralmente rinascere a nuova vita il treno sulla più antica tratta irpina , come mezzo a servizio del turismo e della conoscenza del territorio.Questa non è la posizione ufficiale di In Loco Motivi (la rete di associazioni composta da Osservatorio CGIL, Rosso Fisso, Irpinia Turismo, Irpinando ed Amici della Terra), è solo una sintesi , riportata, con un sofferente stato d’animo , dei documenti che si sono prodotti in questi ultimi mesi.Pietro Mitrione, Maria Tolmina Ciriello, Valentina Corvigno, Giovanni Ventre, Agostino Della Gatta, e gli uomini e le donne di Amici della Terra Irpinia hanno tracciato un solco profondo e fertile nell’arido terreno sotto i piedi dei decisori politici e delle realtà istituzionali irpine.Quel solco, potrebbe essere richiuso soffocando ogni germoglio che pure cominciava a fiorire.

E’ molto probabile che sulla questione più complessiva del sistema dei trasporti in Campania si aprirà un’altra vertenza significativa.

Chiederemo con la forza che ci hanno dato le migliaia di persone in questi mesi, di lasciare germogliare i frutti di In Loco Motivi e del Treno Irpino del Paesaggio e chiederemo quella solidarietà che l’Irpinia ha sempre dimostrato di garantire verso giuste, motivate e concrete cause. (Luca Battista)

In Loco Motivi. Un format di promozione territoriale ad alto gradimento.

Questa non è una operazione nostalgica. Non vogliamo rianimare a tutti i costi qualcosa che è destinato a lasciarci per sempre e naturalmente, come il corso delle vita prevede. Sappiamo tutti che la dismissione della Avellino Rocchetta non è il risultato dell’analisi della stessa valutandone potenzialità e difetti, ma il taglio di quello che secondo i numeri è un ramo secco. Ma i numeri oggi danno ragione a noi. E’ vero sulla linea ordinaria dedicata ai pendolari il numero di passeggeri non giustifica la permanenza in orario di alcune corse, ma di contro le corse gestite da in_loco_motivi hanno registrato il tutto esaurito ogni volta. Anche quelle corse erano inserite nel’orario ordinario di Trenitalia, quindi anche quei passeggeri fanno media. Ci aspettiamo contino anche questi numeri.

La dimostrazione che non si è trattato del canto del cigno è il tutto esaurito registrato in pochi giorni per ogni corsa organizzata. . E questo con un unico vettore di comunicazione: un evento su facebook. Mediamente tra ottanta e cento venti persone nel giro di dieci giorni hanno deciso di prenotare la corsa ed hanno pagato per viaggiare sull’Avellino Rocchetta Sant’Antonio confermando il gradimento per il format proposto da in_loco_motivi. Di corse fino a Novembre ce ne saranno altre, contiamo di avere gli stessi numeri. Abbiamo sperato anche che questi numeri contassero per chi deve decidere il futuro della tratta. Invece l’Avellino Rocchetta chiude per sempre. Quattro miliardi in meno di risorse alle Regioni, per il Trasporto Pubblico Locale. E’ questo il risultato della manovra correttiva del governo. La conseguenza: la drastica riduzione del numero di corse sulle tratte Benevento- Caserta, Benevento –Avellino,Mercato San Severino – Salerno e sull’Avellino – Napoli.

Un taglio consistente, dunque, dei servizi per la Regione Campania. E a subirne gli effetti sono principalmente le aree interne e le fasce deboli. I tagli preannunciati in Campania riguardano una riduzione del 20% del trasporto su ferro e del 30% del trasporto urbano e interurbano su gomma. Chiusura della linea Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, dei depositi ferroviari e degli impianti di Benevento ed Avellino.

Nonostante tutto, una strada indicata.

Noi abbiamo solo indicato la strada, adesso è tempo di riflettere sui dati a pensare al futuro della tratta, perché adesso quella tratta un futuro può averlo, alla rete di associazione di In Loco Motivi il merito di averlo individuato. L’Avellino Rocchetta Sant’Antonio può essere rivisitata come tratta turistica, i numeri parlano chiaro.

Nelle ultime settimane sulla stampa locale abbiamo seguito il dibattito sulla crisi del turismo che ha colpito anche la nostra provincia. Il vice presidente della Regione e assessore al Turismo della Regione Campania Giuseppe De Mita ha dichiarato che «Il sistema turistico non deve essere costruito su modelli, ma assecondando i flussi naturali», noi un flusso naturale lo abbiamo assecondato, seguito, portato al successo, perché ognuno per proprio conto sapeva della bellezza ed il fascino di quel viaggio. Così è stato.

Oggi potremmo aggiungere una nuova connotazione al fascino di quel viaggio. Senza voler inseguire modelli, ma appunto seguendo la naturale inclinazione dei luoghi, in base la gradimento della gente, ci piacerebbe trasformare quella tratta nella Gardaland del gusto, delle cultura contadina, dell’enogastronomia di qualità, del paesaggio, della natura. L’Avellino Rocchetta è già un parco tematico, rappresenta già un viaggio emozionale nella terra del vino, del paesaggio, della luce, del vento. Noi abbiamo solo dato un nome a quello che già esisteva. Per questo può funzionare, perché non ci sono forzature, non si stravolge nulla. In qualche modo con il nostro lavoro abbiamo dato risposta ad una domanda di mercato. E’ chiaro che la sede delle stazioni non permette di utilizzare il treno come unico mezzo di trasporto. Un accordo con Air e Di Maio ha permesso un ottimizzazione della integrazione rotaia/gomma.

Una proposta per un concreto supporto allo sviluppo.

L’intera proposta del gruppo di lavoro In Loco Motivi, è guidata da una visione di politica ambientale che pone l’accento sulla necessità di perseguire soluzioni strategiche che ridiano senso infrastrutturale ed economico alla più antica linea ferroviaria dell’Irpinia e tra le più antiche della Campania.

Si è proposta una visione di un uso del treno legato alla fruizione del paesaggio ed ai principi del turismo ambientale.

Che ci piace ricordare presenta questa caratteristiche principali : Riguarda tutti i tipi di turismo basati sulla natura, dove la principale motivazione dei turisti è osservare ed apprezzare l’ambiente naturale così come le culture tradizionali che prevalgono in tali aree; Contiene caratteristiche educative e di interpretazione; E’ generalmente, ma non esclusivamente, organizzato per piccoli gruppi da specialisti e piccole imprese locali; Vuole ridurre gli impatti negativi sull’ambiente naturale e socio economico.

Una politica di programmazione basata sulla amplificazione di un turismo ambientale porta ad immaginare la tratta ferroviaria, il cui valore di percezione paesaggistica che offre è notevole (e probabilmente da solo vale un viaggio), come una vera e propria infrastruttura di servizio alla conoscenza diretta delle qualità paesaggistico, culturali, artigianali ed enogastronomiche dell’Irpinia.

Inoltre si è dimostrato che:

– la linea ferroviaria Avellino Rocchetta può avere un nuovo significato come infrastruttura a servizio del turismo, capace di veicolare fruitori – anche provenienti da oltre provincia – nelle qualità paesaggistiche, naturalistiche, culturali, enogastronomiche dell’Irpinia sud-orientale;

– la disponibilità a pagare per fruire della tratta e delle escursioni collegate , e quindi a costruire indicatori di valore della linea ferroviaria avellino.rocchetta;

– la valenza elevata per attività di educazione ambientale e di conoscenza del territorio, con il dimostrato appeal che hanno i viaggi in treno presso le istituzioni scolastiche;

– la possibilità, attraverso le escursioni in treno , di organizzare e condividere il progetto con un numero sempre crescente di associazioni, gruppi di interesse, pro loco, enti comunali;

– il vero cambiamento inizia dalla base; un movimento del fare ha creato le condizioni affinchè i decisori politici e gli amministratori locali possano difendere concretamente un valore territoriale – segnalatore di concreti sviluppi anche economici ed in termini di ricaduta occupazionale – non partendo da ideologiche linee di principio, ma partendo da flussi e richieste reali del territorio.

– il treno può divenire elemento di supporto alla crescita economica del territorio, attraverso una gestione più imprenditoriale, ad esempio con società private, ma anche pubblico-private, vocate alla promozione turistica del territorio e a visioni dell’offerta commerciale più attrattive

Un programma dedicato alle scuole

Il bisogno che abbiamo individuato era quello di conoscere l’Irpinia attraverso un viaggio emozionale più incisivo di un semplice viaggio in auto di domenica. Questo è stato facile perché il fascino del mezzo di trasporto è il valore aggiunto imprescindibile, è la marcia in più. Un fascino che ha sedotto anche i più piccoli. Sono stati un successo anche i viaggi di istruzione proposti da noi alle scuole e viceversa. In molti casi i dirigenti scolastici ci hanno contattati per portare i propri studenti sul “Treno Irpino del Paesaggio”. In molti casi abbiamo fatto precedere il viaggio da un incontro in cui preparavamo i ragazzi a quello che avrebbero visto. Considerato l’incredibile successo avuto con studenti di diverse fasce di età il Provveditorato degli Studi delal Provincia di Avellino, ha fatto suo un progetto di educazione ambientale per le scuole di ogni ordine e grado,: “Il treno delal conoscenza”. In pochissime ore, si può dire, abbaimo già il sold out delel prenotazioni di escursioni scolastiche da marzo a giugno. Peccato che il treno non correrà più sulle rotaie dell’Irpinia.

I valori della tratta ferroviaria Avellino Rocchetta

In conclusione, con la speranza che non rappresenti una sorta di epitaffio, ricordaimo i valori che la tratta porta con se.

La più antica linea ferroviaria dell’Irpinia , l’Avellino Ponte Santa Venere (poi Avellino – Rocchetta Sant’Antonio) , infatti, è tra le più antiche della Campania , inaugurata nel suo intero percorso il 27 ottobre del 1895, è a ben diritto tra le linee ferroviarie considerate “minori”, a rischio di chiusura e di cui è necessario ripensarne l’uso o il riuso a favore del territorio che nei secoli scorsi l’ aveva fortemente voluta.

E’ la ferrovia delle acque : attraversa e lambisce in più punti i FIUMI Sabato, Calore ed Ofanto.

E’ la ferrovia dei grandi vini docg : attraversa i territori , servendoli con stazioni dei comuni degli areali del Taurasi e del Fiano.

E’ la ferrovia del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini.

E’ la ferrovia delle aree a tutela della biodiversità. I Siti di Importanza Comunitaria irpini

E’ la ferrovia dei Borghi: storia, cultura ed identità territoriale.

vedi :

http://www.ottopagine.net/common/interna.aspx?id=11306

443 Risposte to “In_Loco_Motivi per NON far chiudere la ferrovia AVELLINO-ROCCHETTA”


  1. 1 Giuseppe Maria Galasso 15/11/2010 alle 2:27 PM

    Aderisco di cuore e sono pronto a contattare i miei amici per ottenere altre adesioni, ma come formalizziamo poi queste adesioni?

    Saluti

    Giuseppe M. Galasso

  2. 2 pietro mitrione 15/11/2010 alle 4:25 PM

    Ciao Pietro,
    “Una giornata davvero bella e interessante (parlano più di tutto le immagini e le foto qui riportate) quella trascorsa insieme agli amici dell’Associazione “in loco-motivi” che da anni, grazie all’instancabile impegno di Pietro Mitrione si batte non solo per evitare la chiusura della linea ferroviaria “Avellino-Rocchetta” ma anche e soprattutto per difendere il concetto e il senso del “territorio” . Tutto ciò perchè questa realtà non venga piegata agl interessi della sofferenza delle aree urbane e metropolitane ma concepito come ricchezza di civiltà, per la sua originale memoria storica e per il futuro di chi ha scelto di vivere in queste terre. Una realtà dove la scomparsa delle ferrovie rurali, la chiusura dei plessi ospedalieri e delle scuole, la drastica riduzion del servizio di trasporto pubblico significa la fine delo stato sociale e di diritto, buona soltanto per ospitare discariche o le contraddizioni di questo modello di sviluppo. Una terra che, nonostante ciò, resiste con i le sue eccellenze del settore primario, il coraggio di tanti intelligenti e generosi operatori economici , della filiera eno-gastronomica ma anche del settore terziario e dell’artigianato e della piccola impresa. A questi soggetti una classe dirigente intellettualmente onesta e avveduta dovrebbe guardare per tentare quanto meno di arginare il disegno distruttivo dell’identità delle zone interne cosi ben pianificato. Pietro Mitirone non è solo un uomo che crede in tutto ciò ma uno dei simboli avanzati di questa speranza e la ” sua ” ferrovia” è la metafora di questa battaglia di civiltà. Io mi auguro che l’indifferenza e la rassegnazione che spesso accompagnano i destini di questa parte del Mezzogiorno possano prendere vigore per far capire, prima a noi irpini, che nella difesa di questo mondo c’è tanta modernità, l’idea di una stato capace di pensare socialmente. Così fece 150 anni fa con la sua lungimiranza intellettuale Francesco De Sanctis nel chiedere al nuovo Regno d’Italia la strada ferrata Avellino – Rocchetta così dovrebbe fare una classe dirigente illuminata oggi, in tempi di miserie morali e ideali, prima che ritornino anche quelle civili. Ranieri Popoli”

  3. 3 pietro mitrione 04/12/2010 alle 10:02 PM

    No alla chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta
    “Se vuoi capire perché si parla di “verde Irpinia” devi prendere il treno che da Avellino ti porta a Rocchetta Sant’Antonio. Se viaggiando tieni un poco i finestrini aperti, lungo quasi tutto il tragitto la natura si riverserà su di te. Foglie leggere e gocce d’acqua, se piove, si appoggeranno sulle tue gambe e sul tuo ventre, ma tu non ti risentirai per questo, anzi ti divertirai di fronte alla natura che s’impone e ti coinvolge nella sua briosa freschezza. Tutto intorno è verde, di diverse tonalità, e quando arriva la neve tutto si trasforma portandoti in un paesaggio onirico in cui cogli la sensazione di stare davvero nel grande presepe, fatto di tanti, piccoli presepi che sono i paesi irpini. Alcuni li vedi, altri li immagini perché stanno sopra o sotto di te, a destra o a sinistra, dietro le colline. Sei preso dalla curiosità infantile di scorgerli e di riconoscerli, ma quando questo non accade non te ne duoli perché sai che stanno lì ad aspettarti, in attesa che tu vinca la pigrizia e decida di visitarli. Te li rammentano le scritte sui muri delle stazioncine, spesso piccole e abbandonate, con le aiuole rinsecchite e le staccionate divelte, risultato della politica di taglio dei “rami secchi”. Perché scomodare gli alberi per descrivere la dismissione di un’attività che ha ancora senso e utilità nella vita delle nostre comunità?”
    Sono queste le considerazioni di uno dei circa 3000 partecipanti alle nostre iniziative che dal settembre 2009 ad oggi hanno avuto l’opportunità di conoscere il paesaggio irpino attraverso un mezzo di trasporto particolare per la nostra realtà: il treno irpino del paesaggio.
    Oltre duemila studenti hanno già prenotato il viaggio con il treno irpino del paesaggio per il 2011 un modo nuovo ed educativo per conoscere il proprio territorio ed altre migliaia di persone da trasportare in treno nei nostri paesi lontani da circuiti turistici rinomati..si fa per dire.
    Restano, purtroppo, i problemi di un territorio, quello delle zone interne della Campania, abitato da appena il 20% della popolazione campana a fronte di una vastità dello stesso dell’80%, su cui si abbattono i cosiddetti “tagli lineari” della finanziaria o le famigerate “soglie minime” di fruibilità dei servizi pubblici per cui di conseguenza si tagliano ospedali, trasporti, scuole etc.
    Altro che solidarietà, termine che vale solo per la “munnezza”….?
    In questo contesto ecco che anche la storica ferrovia Avellino-Rocchetta va cancellata. Dal 13 dicembre, infatti, la Regione Campania dopo 115 anni ha deciso che la nostra ferrovia debba diventare un ricordo uno dei tanti che stanno costellando gli ultimi anni della memoria irpina.
    Noi di “Inloco_motivi” siamo convinti che:
    • è realistico mantenere viva nell’opinione pubblica ed aprire alle nuove generazioni la memoria e la conoscenza del patrimonio ferroviario irpino – di rilevante valore storico e culturale – come vettore di una mobilità “dolce”, da godere, capace di favorire incontri di comunità, riappropriazione di un senso identitario in una visione avanzata , alternativa, ambientalmente compatibile ed europea dell’uso del treno,
    • c’è ancora la possibilità per cui il treno possa diventare il mezzo per un turismo rispettoso dell’ambiente, non motorizzato e quindi caratterizzato dalla lentezza per meglio godere del paesaggio che esso attraversa,
    • si può rivitalizzare e ripristinare una tratta ferroviaria “scarsamente utilizzata” con nuove prospettive e miglior impiego di risorse per sostenere attività turistiche.
    Sono queste le idee che vorremmo continuare a svolgere sulla scia del cammino intrapreso a settembre 2009 allorquando pioneristicamente insieme a 100 eroi alle 6 di mattina partimmo per Rocchetta. Da allora abbiamo svegliato un sentimento che pareva sopito: l’appartenenza ad un territorio, quello stesso che i tanti cosiddetti esperti del settore turistico, pagati o sovvenzionati profumatamente, dovrebbero promuovere e conservare.
    Ci ha animato in questo periodo solo la passione e nient’altro e di questo insieme agli altri amici del gruppo ne andiamo fieri.
    Comunque finisca questa avventura abbiamo dimostrato che dalla base possono nascere idee, progetti ed attività e forse per questo non abbiamo voce. Ci restano le migliaia di strette di mano delle persone che ad ogni viaggio ultimato ci hanno voluto gratificare con un gesto semplice ma significativo dicendoci : grazie per averci fatto conoscere una parte della nostra Irpinia che non conoscevamo e alla prossima…..
    Noi continueremo a credere e lottare perché ci siano tante prossime volte……per l’Avellino_Rocchetta

  4. 4 pietro mitrione 04/12/2010 alle 10:02 PM

    Una proposta per la ferrovia Ofantina
    L’articolo pubblicato sul vostro giornale dal titolo: “il miglio verde della ferrovia che può vivere” ben interpreta il sentimento popolare che lega la ferrovia Avellino-Rocchetta con il territorio che attraversa ed apre la possibilità di una discussione senza rete sull’argomento.
    Il nostro territorio è quello dell’osso fatto di continue lotte per conservare od ottenere diritti ad essere considerati abitanti di un paese civile.
    Ancora una volta si ripropone il senso di quanto scrisse tanti anni fa Francesco de Sanctis, figura nobile della politica irpina, quella con la P maiuscola, “Si animi Monticchio, venga la ferrovia e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli. La industria, il commercio, l’agricoltura saranno i motori di questa trasformazione”.
    Una profezia che oggi diventa di straordinaria attualità stante la desolazione e la disperazione che anima i nostri paesi, in particolare quelli dell’Irpinia d’Oriente. Purtroppo sta per accadere quello che ormai da sempre si prospetta per l’Avellino Rocchetta Sant’Antonio: la sua completa soppressione a partire dal 13 dicembre 2010 in quanto l’assessore regionale ai trasporti Vetrella, poco edotto sulle peculiarità delle zone interne della Campania, sta decidendo la fine di quell’illusione con “lavori menati innanzi con la lesina dell’avaro e, quel che è più, senza una grande preoccupazione dell’avvenire” come scrisse, Giustino Fortunato, un altro illustre meridionalista fautore di quella realizzazione ferroviaria, allorquando si paventarono i primi problemi per l’esecuzione di quell’opera.
    Preoccupazione per l’avvenire ecco quello che manca alla odierna classe politica che da sempre ha ignorato questa infrastruttura, l’unica che attraversa tutta l’area del cratere. Il dopo terremoto poteva essere l’occasione per una sua riconversione funzionale agli insediamenti industriali allocati lungo il percorso ferroviario, a tutto fu pensato tranne alla ferrovia Ofantina forse perché occorreva privilegiare altri interessi .
    Anche quel poco di servizio che oggi viene svolto sull’Avellino Rocchetta deve essere cancellato. Una programmazione lentamente ridotta al lumicino nel corso degli anni senza avere la percezione che lentamente se ne stava determinando la morte proponendo un servizio che faceva e fa completa astrazione da ogni opportunità di utilizzo da parte della popolazione interessata.
    Nessun coinvolgimento delle istituzioni locali è stato intrapreso per una razionalizzazione dell’esistente eppure, a mio avviso, con piccole iniziative si potrebbe migliorare il servizio reso in un’ottica di integrazione intermodale. Il volano può e deve essere l’integrazione ferro-gomma, non a caso accanto alla stazione ferroviaria di Lioni, unico comune dell’Alta Irpinia ad avere la stazione ferroviaria al centro dell’abitato, è stata costruita una moderna piccola autostazione. Si tratta in questo caso di una giusta intuizione di un moderno sistema di trasporto cosa, invece, non praticata per la città capoluogo dove l’autostazione è stata allocata al centro della città, con tutte le problematiche che ne discendono.
    L’ allocazione della stazione ferroviaria di Avellino non aiuta questo ragionamento eppure quanto si verificherà fra qualche anno nella nostra città potrà tornare utile al sistema trasportistico provinciale mi riferisco alla metropolitana cittadina che collegherà i vari punti del territorio cittadino con frequenti corse. Se a questo aggiungiamo la vicinanza della stazione ferroviaria con la città ospedaliera si può comprendere che un nuovo modo di valutazione dell’utilità di assi di penetrazione ferroviari nel capoluogo irpino è possibile, potremmo immaginare una metropolitana delle zone interne a servizio, anche, dei collegamenti con i poli universitari di Salerno e Benevento.
    Tagliare un solo KM di ferrovia è miopia politica! non è possibile che il presidente dell’Amministrazione Provinciale possa sentirsi in pace avendo presentato una interrogazione parlamentare contro la soppressione della tratta Avellino-Rocchetta ben sapendo che l’interlocutore preciso e decisivo è l’assessore Vetrella. Come non è possibile che il VicePresidente ed assessore regionale al turismo, G. De Mita, assista a questo scippo scellerato dopo aver proposto la riqualificazione della tratta a fini turistici con fondi PAIN. Parlare di turismo nelle zone di montagna in Irpinia non si può non parlare del destino dell’Avellino_Rocchetta: la ferrovia che annovera il culmine delle ferrovie meridionali, i 672 m. di altezza della stazione ferroviaria di NUSCO.
    Ma è proprio scritto da qualche parte che tutto debba essere cancellato oppure è possibile aprire una discussione che tenga insieme i vari aspetti del trasporto nella nostra provincia? Può partire da questa contingenza una opportunità per conoscere il nostro territorio da un punto di vista paesaggistico senza proclami?
    Noi del gruppo amici della ferrovia Avellino-Rocchetta crediamo che l’iniziativa proposta dal Mattino possa essere presa in considerazione da quanti hanno a cuore le sorti della nostra Irpinia a cominciare dai principali attori: Sibilia, Vetrella e De Mita G. per evitare il dissolvimento di questa tratta ferroviaria che costituisce, nonostante tutto, un patrimonio culturale da difendere.
    In questi mesi le nostre iniziative ci hanno procurato solo tante pacche sulle spalle di assenso ed oggi come ricompensa quelli che potevano ed ancora possono, nel silenzio servile o distratto delle istituzioni, delle associazioni che dovrebbero promuovere il turismo ed il territorio e della politica, chiudono la tratta proprio mentre si discute di progetti futuristici di grande spessore per la nostra storica Avellino-Rocchetta. Sarebbe un danno da aggiungere alla beffa, come dire: mentre il medico studia il malato muore!!
    Ovunque i “trenoscettici” stanno cambiando parere sul ruolo delle ferrovie cosiddette secondarie chiuse inopinatamente alcuni decenni fa e chi l’ha sostenuta non è più un “fissato”, infatti molte tratte sono state riaperte all’esercizio ferroviario e di altre si parla di una loro utilizzazione a fini turistici. Noi di “in_loco_motivi” non vorremmo aspettare altri 30 anni per avere ragione!!!
    La ferrovia Avellino- Rocchetta Sant’Antonio da ramo secco può trasformarsi nel tassello di un rinascimento possibile, a patto che i palazzi della politica guardino oltre le sagre, i municipalismi, le consulenze milionarie e si decidano finalmente ad elaborare un progetto complessivo e condiviso di sviluppo sostenibile.
    Pietro Mitrione
    Inloco_motivi

  5. 5 pietro mitrione 04/12/2010 alle 10:04 PM

    Sono davvero ore decisive per la sopravvivenza della tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Il prossimo 12 dicembre entrerà in vigore il nuovo orario di Trenitalia. Dall’elenco delle linee, come s’è appreso ieri, è scomparso lo storico percorso ferroviario irpino, salvo miracoli dell’ultimo minuto. Nella corsa contro il tempo per salvare la tratta ci sono tre livelli coinvolti. Sul fronte nazionale si registra l’interrogazione parlamentare presentata ieri dal senatore Pd, Enzo De Luca. Al presidente del Consiglio e al ministro per Infrastrutture e Trasporti, Altero Matteoli, è stato chiesto «se il potenziamento della linea ferrata irpina sia inserito nei programmi del Consiglio dei Ministri e del Ministero». De Luca ha ripercorso nel documento la storia e le prospettive delle aree interessate, chiedendo inoltre lumi sulla realizzazione del raccordo istituzionale tra governo nazionale e governo regionale, come definito nella scorsa legislatura a Palazzo Santa Lucia. Le soluzioni vanno comunque cercate a Napoli. Perché la soppressione, caso unico in Italia, è stata decisa nel piano regionale trasporti. Pressing su Sergio Vetrella quindi, assessore regionale al ramo. Su Vetrella si sta concentrando l’azione della Provincia di Avellino, che con il suo presidente Sibilia ha già visto una interrogazione parlamentare: l’assessore Giuseppe Solimine ha promesso sostegno all’azione del gruppo culturale «In Loco Motivi». Proprio l’associazione rappresenta il terzo livello coinvolto contro lo smantellamento della tratta, quel gruppo che ha lavorato concretamente sulla valorizzazione del percorso. Il 7 dicembre conferenza stampa, nel giorno della mobilitazione del settore trasporti regionale. Appuntamento alla stazione di Avellino anche per sostenere l’iniziativa dei sindacati. Ma il rappresentante di «In Loco Motivi», Pietro Mitrione, vuole anticipare la soluzione: «Temo che una volta cancellata la tratta non si ritornerà più indietro. È fantasioso parlare di un utilizzo esclusivamente turistico – accusa Mitrione – perché la manutenzione avrebbe comunque un costo». Il gruppo di promozione della tratta, invitato anche al tavolo provinciale sul patto per lo sviluppo, continua a diffondere cifre e numeri. Uno dei primi progetti che salterebbe, con la probabile cancellazione dei treni, è «Il treno irpino della conoscenza». L’iniziativa, grazie all’accordo con l’Ufficio scolastico provinciale, porterebbe oltre 2500 ragazzi a scoprire gli angoli naturalistici più suggestivi del territorio irpino. «Ci sarebbero molte altre idee – aggiunge Mitrione – e a questo punto chiediamo che la Provincia, insieme al vicegovernatore regionale Giuseppe De Mita, convinca Vetrella a rivedere il piano. Noi non possiamo più fare proposte, anche perché abbiamo attuato in pieno il discorso di rete tra gli attori del turismo. Nel corso degli anni le collaborazioni si sono aperte ad enti locali, pro loco, associazioni. Riteniamo che il salvataggio della tratta possa aprire la strada a un potenziamento di questa rete, con una cabina di regia a Palazzo Caracciolo. Ma prima è necessario un cambio di rotta. Solo con una volontà politica si può continuare a parlare della Avellino-Rocchetta. Esistono altre linee, come la Benevento-Campobasso, con un flusso di passeggeri minore e tenute in piedi solo grazie all’interesse mostrato dagli enti locali, nel caso particolare della Regione Molise. Ora i politici locali devono dimostrare l’attaccamento all’Irpinia salvando la tratta – conclude – poi si potrà parlare del potenziamento turistico grazie ai fondi europei».

  6. 6 pietro mitrione 04/12/2010 alle 10:07 PM

    Vito Farese* Ci risiamo. Altra «dismissione». Ora è il turno della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta. Ormai l’Alta Irpinia è presa di mira, in maniera continua ed anche irritante, da parte della Regione Campania che, dopo gli ospedali, ha proseguito con i tagli al trasporto su gomma ed ora a quello su rotaie in un’area di per sé già colpita fortemente dalla crisi lavorativa a seguito della chiusura di alcune (troppe) aziende site nelle aree industriali. Ed allora ecco la contraddizione, invece di incentivare le aziende con facilitazione del trasporto merci e l’ottenimento conseguenziale del logico collegamento del famoso corridoio 8, che metterebbe in comunicazione i mari Tirreno ed Adriatico con ritorni anche in termini turistici. Questo sbocco risulta, a tale scopo, indispensabile e lo dimostra il fatto che ogni qualvolta si è intrapreso un’iniziativa in senso turistico utilizzando la tratta locale che si intende sopprimere, il successo è stato assicurato da una partecipazione molto numerosa, attratta da una mobilità basata sulla ferrovia storica. Né tantomeno è pensabile di utilizzarla solo in determinati periodi dell’anno, in quanto la incostante manutenzione ordinaria non ne consentirebbe un utilizzo discontinuo. Sono il sindaco di Conza e la digressione mi sarà consentita. Due eventi traumatici hanno caratterizzato in maniera forte la vita del nostro paese e sono la realizzazione della diga sul fiume Ofanto, con esproprio di oltre 200 ettari di terreno fertile a ridosso del fiume Ofanto con allontanamento di decine di famiglie (anni ’70) ed il terremoto del 1980 che ha distrutto completamente il vecchio centro con la realizzazione di una nuova Conza che in seguito a tali eventi ha completamente variato assetto sociale, urbanistico e morfologico per cui punta tutto, oggi, al fine di un rilancio dal punto di vista economico, su un turismo basato sui nostri due grandi attrattori.Si tratta del lago, con l’oasi Wwf, ed il parco storico ed archeologico dell’antica Compsa da inserire, ovviamente, in un contesto più ampio che sono tutti gli altri attrattori di cui disponiamo da Calitri, a Sant’Angelo dei Lombardi o piuttosto Caposele. Vi sono esempi in Europa di esperienze di ferrovie turistiche che hanno attirato migliaia di turisti, e che costituiscono un elemento di sostegno alle aree interne. Il treno può allora diventare elemento di supporto alla crescita economica del territorio, sfruttando e valorizzando le tante potenzialità turistiche del percorso e nel contempo, potenziando la linea al servizio di studenti, lavoratori ed imprese allocate nelle aree interne, si andrebbe incontro alle crescenti problematiche del servizio di trasporto nelle aree interne. Non possiamo e non dobbiamo più, allora, rimanere inerti di fronte a tali cecità politiche che tendono a mortificare aree, a mortificare la nostra Irpinia, che hanno una valenza elevata in qualità paesaggistiche, naturalistiche, culturali ed enogastronomiche. Con una tratta ammodernata, valorizzata e gestita con spirito imprenditoriale – con interconnessioni ad Avellino, con le linee per Salerno e Benevento ed a Rocchetta con Foggia, Potenza e Gioia del Colle – costituirebbe un buon mezzo di spostamento per tutta l’area interna di questa parte di Sud e dell’Irpinia in particolare con un serio ritorno in termini di sviluppo di queste aree interne. Non potendo più continuare ad assistere a tagli dalla logica esclusivamente ragionieristica che mettono in seria discussione «un futuro» dei nostri paesi, la nostra Amministrazione ha sentito il dovere morale di intraprendere questa iniziativa di deliberare nel senso di opporci alla chiusura della tratta Rocchetta-Avellino e richiedere a gran voce alla Regione Campania di recedere da tale assurda decisione invitando tutte le amministrazioni dei comuni interessati a seguirci in questa iniziativa. *Sindaco di Conza della Campania

  7. 7 pietro mitrione 04/12/2010 alle 10:09 PM

    in questa nota il bell’articolo di fondo a firma di Aldo Balestra pubblicato sul Il mattino, edizione Avellino del 2 dicembre 2010. E’ l’ultimo tentativo di far compagnia alla moribonda Avellino-Rocchetta. Serve uno scatto d’impeto per procastinarne la fine e trovare -anzi praticare con continuità l’antidoto alla sua morte.

    Il 7 dicembre, martedì , conferenza stampa alla stazione ferroviaria di Avellino, ci piacerebbe la partecipazione di tantissimi. Una mobilitazione per testimoniare questa volta a favore di una azione concreta, propositiva fattiva già messa in atto da in Loco Motivi.

    Chiederemo, e lo stiamo già facendo, ai sindaci degli oltre 30 comuni interessati dalla tratta, ma perchè no anche di tutti gli altri , di seguire la strada già tracciata dal comune di Paternopoli e di Conza della Campania, che hanno deliberato (o stanno deliberando) contro la chiusura della stessa linea ferroviaria.

    Alla Comunità Provvisoria, chiedo, di provare a raccogliersi intorno all’Avellino Rocchetta, elemento infrastrutturale decisivo per lo stesso Parco dell’Irpinia d’Oriente, indipendentemente da quello che diventerà : un’idea, un consorzio, un modo di riconsiderare la terra , un reale parco naturalistico. Magari riempire la stazione di Avellino , martedì 7 dicembre la mattina della conferenza stampa di chiusura.(L.B.)

    di Aldo Balestra

    Non dobbiamo, né vogliamo, commuovere. Desideriamo magari far riflettere, sollecitare contributi d’idee. Idee forti di una storia gloriosa, ma attuali; progetti sostenuti dal coraggio, ma realizzabili; proposte intrise di sogni ed ottimismo, ma utili. Che servano a questa provincia, proprio oggi e qui che ci domandiamo cosa sarà di una terra in crisi d’identità, sospesa tra passato e futuro, con la consapevolezza a volte inutilmente tronfia del primo e la paura forse eccessiva del secondo. Qui parliamo di una tratta ferroviaria condannata a morte. Esecuzione fissata per il 13 dicembre 2010. E questi sono i giorni più brutti, quelli in cui già si è entrati nel miglio verde, e si sa che il destino è segnato, e che le speranze di salvezza sono legate ad un filo. Questa è una strada ferrata in servizio dall’ottobre del 1895, che volle con determinazione un uomo chiamato Francesco De Sanctis, che di riscatto del Sud si occupava, e per il quale lottava con intelligenza. Una ferrovia lenta, ma tosta. Suggestiva, ma non solo. Ardita, e mica poco. Rumorosa, ma di un bel rumore. Da Avellino a Rocchetta Sant’Antonio, piccolo comune della Puglia, sono 119 chilometri, quanti i paesi irpini. Trentuno stazioni di cui solo 13 oggi in uso; 30 ponti metallici, quello di Lapio fu progettato da un francese ed è ancora oggi oggetto di studio degli architetti; 19 gallerie, di cui una lunga quasi tre chilometri. E un dislivello di 455 metri, dai 217 di Rocchetta ai 672 di Nusco. La gelosia dei campanili, già negli anni della realizzazione, portò all’indolenza di sindaci che manco le strade dai propri paesi agli scali ferroviari costruirono. Eppure questa ferrovia teneva unito il cuore della provincia, partendo da Avellino verso l’Irpinia d’Oriente e oltre, sconfinando in Lucania per fermarsi in quel minuscolo paese che sarebbe poi diventato foggiano, Rocchetta. Fu una conquista, all’epoca, questo treno prima a vapore e più tardi a gasolio, che viaggiava nel verde, sopra e sotto paesi, ma che nel suo suggestivo percorso già teneva conto dei traffici e delle esigenze dell’epoca: i paesi dell’olio e del vino, il commercio di legnami e le castagne, e mica si poteva immaginare che – nel 1996 – uno studio avrebbe dimostrato come oltre cento tra piccole e medie imprese potrebbero ancora giovarsi di un efficace funzionamento di questa ferrovia. Il viaggio dura due ore e mezza, un tempo improponibile, è vero, oggi che ci sono la Freccia rossa e il Pendolino, persino il wi fi ti mettono sul treno, e l’aria condizionata è cosa normale. Sull’Avellino-Rocchetta, invece, è solo il vento che ti rinfresca d’estate. E l’ombra t’arriva solo dagli alberi, che letteralmente sfiori.Il declino cominciò dopo il sisma del 1980, che provocò danni anche alla ferrovia nel tratto di Conza, vicino all’invaso, e quando le strade cominciarono ad abbreviare i tempi di percorrenza in auto fu l’inizio della fine. La mazzata fu l’Ofantina bis. Lavori, esperimenti, disagi, ritardi e tentativi per quei binari sono stati fatti. Epperò si percepiva l’agonia incombente, forse perchè non si credeva davvero al rilancio. Il treno ora funziona solo per pochi studenti d’inverno (una sessantina, fra dieci giorni resteranno a piedi), non d’estate e nemmeno la domenica. Negli anni del centenario, e più intensamente dopo, la littorina biancoverde è però diventata anche quella del ricordo e della nostalgia, e pian piano anche della crescente consapevolezza che potesse ancora servire, non come treno superveloce e confortevole, ma in altra, utile e pur moderna veste. I «treni della domenica», e più recentemente quelli promossi dall’associazione «In loco-motivi», di innamorati delle rotaie e della terra nostra, della lentezza e del buon vivere, del turismo possibile e della riscoperta dei borghi e delle tradizioni, dei paesaggi. Del diversamente «altro». In un anno tremila persone, che tra loro hanno comunicato solo via internet, sono salite su questo treno, contente, per un turismo alternativo in grado di risvegliare paesi e tradizioni, trattorie e trasporti locali, stazioni turistiche e oasi del Wwf. Si può fare economia diffusa, e indurre a pernottamenti, ciò che serve e che cresce solo se si scommette e s’investe, piuttosto che immaginare ed attendere che qualcuno metta due macchinari in un capannone d’Irpinia. Eppure questi tentativi di riutilizzo stanno per finire, schiacciati dalla logica dell’economicità immediata e del mercato, e i tagli dei rami secchi delle ferrovie soffocano pure i vagiti dell’idea possibile. Non si tratta, allora, di stimolare una battaglia della nostalgia, nè tanto meno di retroguardia. Se nel futuro dell’Irpinia c’è anche, e davvero, la valorizzazione del turismo, dell’enogastronomia, della storia e dell’ambiente, con la pianificazione di una strategia di sviluppo che parta dalle istanze del territorio, allora bisogna davvero lottare per evitare che questa tratta ferroviaria, fra qualche giorno, chiuda e finisca in un baleno nel dimenticatoio generale, dopo 115 anni. Mobilitazione (la Cgil è fucina d’idee, in queste ore) e progetti vadano di pari passo: chi amministra, e può, raccolga i segnali che si levano dalla nostra terra. Non si abbia timore, non si temporeggi. D’Azeglio mica esagerava quando diceva che la più irresistibile delle forze è quella che procura la fiducia che si sa ispirare.

    da il mattino – ed. avellino del 2 dicembre 2010

  8. 8 pietro mitrione 04/12/2010 alle 10:12 PM

    Dal 13 dicembre 2010 si prospetta la concreta possibilità della chiusura della linea ferroviaria AVELLINO-ROCCHETTA.
    In questi mesi le nostre iniziative ci hanno procurato tante pacche sulle spalle di assenso ed oggi come ricompensa chiudono la tratta.
    Domenica 28 nov 2010 sulla pagina della cultura del Corriere della Sera c’era un articolo riferito alla tratta Fano-Urbino.
    Il giornalista ha narrato l’esperienza che un gruppo analogo al nostro ha messo in atto per far riaprire quella ferrovia, dopo trent’anni . I “trenoscettici” di allora stanno cominciando a dare ragione ai “fissati” di sempre. Non vorremmo fare la stessa fine…..aver ragione fra 30 anni!!!!!!!!!
    Proprio martedì 30 -11 ad un convegno organizzato per discutere del turismo in montagna, tenutosi a Bagnoli Irp., il vicepresidente della Regione Campania ha ribadito il suo impegno per una riqualificazione della tratta a fini turistici utilizzando fondi PAIN.
    Mi sembra di vivere nel mondo del proverbio che dice: mentre il medico studia…….. il malato muore.
    Comunque finisca, grazie a quelli che hanno condiviso il progetto di rivitalizzazione della nostra ferrovia a fini turistici con questa nostra piccola banda irpina di “FISSATI” di “Inloco_motivi”

    Un abbraccio da tutti noi.
    Buon lavoro
    Pietro Mitrione

    In carrozza, si parte!

    di Pietro Mitrione

    Quello che voglio rappresentare con questa nota è il contesto paesaggistico che caratterizza tale tratta ferroviaria.

    Da questa considerazione nasce la mia “voglia” di partecipare ai vostri visitatori la entusiasmante esperienza di un viaggio su tale linea ferroviaria descritta in occasione delle manifestazioni tenutesi nel 1995 per celebrare il centenario della ferrovia Avellino-Rocchetta S.A.

    Molti hanno poi potuto ripetere l’esperienza in questi mesi, con le nostre iniziative di “Inloco_motivi”.

    Dalla stazione di Avellino a Salza Irpina

    Lasciata la stazione di Avellino, attraversando quasi subito lo svincolo che porta verso Salerno e la Valle dell’Irno, ci dirigiamo verso la valle del torrente SALZOLA, dopo aver visto, dall’alto dei suoi boschi, Atripalda. Lungo il tragitto, assistiamo al fondersi dell’habitat naturalistico della valle del fiume SABATO con quello del torrente Salzola, che deve il suo nome alla presenza di numerose sorgenti salso-ferriche.

    Dalla stazione di Salza Irpina a Montefalcione.

    Dopo la stazione di Salza Irpina, in vista del grazioso abitato di SORBO SERPICO, ci avviamo verso Nord. Una volta, su questo tratto vi era la stazione di CANDIDA-PAROLISE, chiusa molti anni fa. I due paesi si intravedono lungo il tratto dominato a destra dal monte Tauro di Chiusano S. Domenico ed a sinistra dalla collina su cui sorge Candida.

    Dalla stazione di Montefalcione a Montemiletto.

    Giunti a Montefalcione, in una delle più belle zone agricole dell’Irpinia, con a destra la Contrada ARIANIELLO, si “buca” la collina su cui sorge l’abitato di Montemiletto, ponendoci nel pieno della valle del fiume CALORE, che è già il terzo sito fluviale-naturalistico incontrato sull’Avellino-Rocchetta S.A.

    Dalla stazione di Montemiletto a Lapio

    Dopo aver attraversato due gallerie ed ammirato i vitigni tra Montemiletto,Taurasi e Lapio incontriamo alla nostra sinistra il fiume Calore. La stazione di Lapio è a poche centinaia di metri dal fiume.

    Dalla stazione di Lapio aTaurasi

    In questo breve tratto, in cui attraversiamo il fiume Calore, siamo circondati da tante masserie di campagna, quasi tutte produttrici dell’Aglianico doc, oro rosso di Taurasi.

    Dalla stazione di Taurasi a Luogosano.

    Lungo questo tratto troviamo le tipiche bellezze della campagna irpina, intensamente coltivata, che qui appare ampiamente urbanizzata.

    Dalla stazione di Luogosano a Paternopoli.

    Sempre accompagnati dal fiume Calore che lambisce binari e stazioni, puntiamo decisamente verso Est. Siamo al centro della valle del Calore. I boschi, in più punti, hanno il sopravvento sulla zona rurale.

    Dalla stazione di Paternopoli a Castelvetere

    Si comincia a scendere verso Sud, direzione monti Picentini, laddove nasce il Calore: Intorno alla stazione di Paternopoli, si vede uno dei più bei boschi d’Irpinia, con panorami splendidi ed una presenza di uccelli notevolissima e naturalmente il fiume è sempre con noi, in quanto la linea ferroviaria segue il suo corso, incassato nell’omonima valle.

    Dalla stazione di Castelvetere a Castelfranci

    La stazione di Castelvetere è una sorte di casa fatata nel bosco.Il punto in cui si trova, uno dei più nascosti e profondi della valle del Calore, in un vallone ai piedi del paese fa di questa stazione una gioia per il visitatore. Proprio accanto alla stazione vi è la possibilità di accedere subito al fiume Calore che in questo punto è particolarmente bello ed inserito in un sito naturalistico molto suggestivo. Fino a Castelfranci la linea ed il fiume non si lasciano mai, in un festival di verde e natura.

    Dalla stazione di Castelfranci a Montemarano

    Arriviamo alla bella collina su cui siede Castelfranci. Lungo il tratto, sempre costeggiato dal fiume, che in questa zona è particolarmente pescoso, cominciamo ad osservare la trasformazione della valle che da collinare diventa sempre più montagnosa. A sinistra il verde monte Tufolano.

    Dalla stazione di Montemarano a Cassano Irpino

    La stazione di Montemarano si trova in prossimità della frazione Ponte Romito di Nusco. Lungo il tratto costeggiamo la statale che porta al Laceno. A sinistra comincia a vedersi una delle perle dell’Appennino irpino: il Montagnone di Nusco. La vegetazione diviene sempre più fitta, siamo nella zona più ricca d’acqua dell’intero meridione ed una delle principali risorse idriche d’Italia.

    Dalla stazione di Cassano Irpino a Montella

    A destra il Monte Serrapullo, a sinistra la località Fonte Irpina. Cassano è la capitale dell’acqua. Dalle sue viscere e lungo questo tratto sgorgano acque in enormi quantità. Proprio all’uscita della stazione di Cassano Irpino vi è uno degli impianti di captazione d’acqua più grandi d’Italia, che disseta la Puglia. Dai vigneti e dagli orti passiamo decisamente ai castagneti, principi verdi dell’intero tratto.

    Dalla stazione di Montella a Bagnoli Irpino

    Eccoci ai piedi dei monti Picentini. Immersi in un verde tra i più belli del Meridione. Lungo il verdissimo tratto, il Monte Sovero ed in alto il Monastero del SS. Salvatore. Lasciamo il Calore che qui è un fiumicello agli inizi del suo percorso e ci dirigiamo verso est, verso l’Adriatico. Non lontano dalla stazione di Montella si trova la celebre chiesa di S. Francesco a Folloni, fondata dal famoso Santo.

    Dalla stazione di Bagnoli a Nusco

    La stazione di Bagnoli, capitale della castagna, per capire basta guardarsi intorno, e del tartufo è sulla statale che porta all’altopiano del Laceno.

    Siamo nello splendore del paesaggio di montagna, l’occhio è catturato dalle bellissime vette intorno a Bagnoli e via via che ci avviciniamo a Nusco siamo dominati dalla presenza a destra del Montagnone di Nusco che ammiriamo nella sua possente bellezza.

    Dalla stazione di Nusco a Campo di Nusco

    Ci cominciamo ad infilare nella valle dell’Ofanto. Qui inizia un miracolo paesaggistico a cui il nostro occhio metropolitano ha perso l’abitudine a cogliere. Infatti due bio-zone, quella appennino-tirrenica e quella appennino-adriatica, iniziano a modificarsi, creando un ibrido che man mano che ci avviciniamo verso la Lucania e la Puglia, diventa sempre più adriatico. Le montagne si abbassano, i venti aumentano, i paesi si fanno meno frequenti, ci avviamo verso l’Alta Irpinia di Oriente.

    Dalla stazione di Campo di Nusco a S.Angelo dei Lombardi

    In questo tratto s’intravede il torrente Acqua Bianca che va a immettersi nell’Ofanto. Incontriamo il nucleo industriale e intravediamo la zona del Goleto, dove troviamo la meraviglia del patrimonio artistico-religioso dell’Irpinia: l’Abbazia del Goleto.

    Dalla stazione di S.Angelo dei Lombardi a Lioni

    Ecco che finalmente incontriamo il fiume Ofanto, uno dei più suggestivi del Sud Italia. Il paesaggio fluviale è circondato ancora da splendide montagne tra cui il Monte e la località Civita che incontriamo lungo il tratto. Arriviamo a Lioni, grazioso paese, simbolo del terremoto dell’80, insieme ad altri sfortunati paesi. L’Ofanto è qui per accompagnarci nell’incantevole tratto verso Conza, Calitri e Rocchetta S.A. vertice con Puglia e Lucania.

    Dalla stazione di Lioni a Valle delle Viti

    Lasciato l’abitato di Lioni, sempre costeggiando il fiume Ofanto fino al limite pugliese della tratta ferroviaria, ci avviciniamo alla contrada rurale di Valle delle Viti. A destra la collina Civita e a sinistra la vezzosa collina Varicella.

    Dalla stazione di Valle delle Viti a Morra de Sanctis

    In questo tratto assistiamo all’incontro e alla mescolanza degli ecoambienti appennino-tirrenico ed appennino-adriatico. A destra la collina di Teora a sinistra quella di S.Angelo dei Lombardi.

    Dalla stazione di Morra de Sanctis a Sanzano-Occhino

    Il paesaggio diventa sempre più lucano in vista della splendida diga di Conza. Nell’oasi faunistica del WWF è possibile osservare tante specie di uccelli. Tutto intorno le belle colline che formano il confine con Salerno e Potenza. Prima di arrivare alla stazione di Sanzano-Occhino vediamo a sinistra il torrente Boccanuova da S.Angelo dei Lombardi ed il torrente Isca dal Monte Calvario su cui si trova Morra de Sanctis, a destra il torrente Fiumicello da Caposele.

    Dalla stazione di Sanzano-Occhino a Conza-Andretta-Cairano

    Un paesaggio rarefatto ed estremamente suggestivo, composto dalla Sella di Conza, dal torrente Sarda di Andretta, dalla meravigliosa collina di Cairano, delizia per gli amanti della pratica sportiva del deltaplano. Questo panorama ci accompagna fino alla stazione di Conza, a servizio anche di Andreatta e Cairano, a pochi passi dalla diga di Conza. Lontani ricordi fanno venire alla mente il famoso film neorealista “La donnaccia”, girato rigorosamente in questi luoghi. Fu un ‘opera che narrò tanti anni fa il dramma della povertà e dell’emigrazione della nostra terra.

    Dalla stazione di Conza-Andretta-Cairano a Calitri

    Dalla stazione di Conza si vede una meraviglia: un monolite ambientale che si staglia verso le montagne della Lucania: la collina su cui sorge Cairano, il paese più suggestivo dell’Irpinia, dal quale si gode un panorama mozzafiato. Lungo il tragitto s’intravede quella che una volta era la stazione di Cairano. Sulla sinistra il torrente Orato e la collina Serra Palazzo a destra il monte Nerico.

    Dalla stazione di Calitri a Rapone-S.Fele

    Ci troviamo nel bel mezzo del più importante nucleo industriale dell’Alta Irpinia, in vista del caratteristico abitato di Calitri. Sconfinando più volte nella vicina Lucania, vediamo i torrenti Cortino, proveniente dalle verdi colline di Aquilonia ed Liento da Ruvo del Monte.

    Dalla stazione di Rapone-S.Fele a Monticchio

    Il paesaggio intorno è veramente particolare….. un tempo terra di briganti. Belle campagne intensamente coltivate si susseguono, circondate dalle graziose colline lucane. A destra la Fiumara Datella. Cominciamo lentamente a salire verso la Puglia.

    Dalla stazione di Monticchio ad Aquilonia

    Il breve tratto fra le due stazioni ci porta verso le verdi colline di Aquilonia, una volta Carbonara. A destra la Contrada De Feo ed il piccolissimo lago delle Canne, a sinistra i laghi di Monticchio.

    Dalla stazione di Aquilonia a Monteverde

    La bellezza delle campagne è appena interrotta a sinistra da una meraviglia creata dall’uomo il lago S.Pietro da quale parte il torrente Osento . Attraversiamo il ponte Pietra dell’Oglio ed arriviamo ai piedi di Monteverde.

    Dalla stazione di Monteverde a Rocchetta S.A.

    Ci avviamo laddove si incontrano Puglia, Lucania e Campania, con a sinistra il lago S.Pietro. La zona è scarsamente abitata da farla somigliare all’Irlanda. Lungo il tragitto incontriamo la vecchia fermata di Pisciolo in terra lucana. Arrivati a Rocchetta subito dopo il ponte Santa Venere, ci troviamo in un ambiente naturale splendido. Il paesaggio è solitario e silente, circondato da boschi ed interminabili campi di grano. Dalla stazione di Rocchetta partono le linee Foggia e Potenza: in lontananza ……gli stabilimenti Fiat di Melfi.

    Il nostro viaggio termina qui.

    Abbiamo attraversato zone che furono tolte dall’isolamento grazie alla ferrovia e all’illuminata lungimiranza di Francesco de Sanctis.

    Oggi la ferrovia è una struttura residuale, chissà cosa direbbe lo scrittore del Viaggio Elettorale….

    La bellezza del paesaggio, fortunatamente, è rimasta in gran parte la stessa.

    Facciamo conoscere meglio queste zone…… forse ameremo di più la nostra Irpinia.

    Pierino Mitrione

  9. 9 pietro mitrione 04/12/2010 alle 10:16 PM

    Se vuoi capire perché si parla di “verde Irpinia” devi prendere il treno che da Avellino ti porta a Rocchetta Sant’Antonio. Se viaggiando tieni un poco i finestrini aperti, lungo quasi tutto il tragitto la natura si riverserà su di te. Foglie leggere e gocce d’acqua, se piove, si appoggeranno sulle tue gambe e sul tuo ventre, ma tu non ti risentirai per questo, anzi ti divertirai di fronte alla natura che s’impone e ti coinvolge nella sua briosa freschezza. Tutto intorno è verde, di diverse tonalità, e quando arriva la neve tutto si trasforma portandoti in un paesaggio onirico in cui cogli la sensazione di stare davvero nel grande presepe, fatto di tanti, piccoli presepi che sono i paesi irpini. Alcuni li vedi, altri li immagini perché stanno sopra o sotto di te, a destra o a sinistra, dietro le colline. Sei preso dalla curiosità infantile di scorgerli e di riconoscerli, ma quando questo non accade non te ne duoli perché sai che stanno lì ad aspettarti, in attesa che tu vinca la pigrizia e decida di visitarli. Te li rammentano le scritte sui muri delle stazioncine, spesso piccole e abbandonate, con le aiuole rinsecchite e le staccionate divelte, risultato della politica di taglio dei “rami secchi”. Perché mai scomodare gli alberi per descrivere la dismissione di un’attività che ha ancora senso e utilità nella vita delle nostre comunità?. Lungo tutto il percorso la costante è data dai corsi d’acqua sottostanti o laterali alla ferrovia. E’ come se il fiume Sabato prima, il Calore poi, per finire con il lungo Ofanto e i tanti torrenti e fiumiciattoli che li arricchiscono, accompagnassero per mano i viaggiatori nella visita lenta dei loro territori. Durante il tragitto è finalmente facile capire quanto sia presente e importante l’acqua in Irpinia, quella che vedi e quella che immagini nel sottosuolo più imbibito del meridione, verso Cassano e non solo. Prolungando il tuo viaggio fino al tramonto ti dispiacerà di non poter scattare tutte le fotografie necessarie per fissare il rosso e il giallo e il viola che si mischiano all’azzurro del cielo e al verde delle colline. Tramonti che nulla hanno da invidiare a quelli più famosi delle costiere anche se, è vero, qui manca il mare, ma, volendo, in mezz’ora puoi raggiungere Vietri, la prima perla della Costiera Amalfitana, e godere di tutto il mare che c’è. Nei tramonti irpini, invece, puoi osservare che qualche campo ancora inondato di luce rifletterà il verde dei prati, più chiaro della sua realtà, brillante e vivace come è la vita che li percorre, di milioni di creature invisibili al tuo occhio ma percettibili dalla tua mente. Sentirai che questo è lo spettacolo della vita che continua, nonostante i terremoti, le alluvioni, le frane e la furia dell’uomo. E tu sei parte dell’universo terra, dell’universo acqua e dell’universo cielo, e partecipi , ora si consapevolmente, alle trasformazioni che garantiscono la continuità dell’universo vita. A proposito di tramonti e non di ferrovia, ti è mai capitato di assistere a quelli sulla piana del Dragone? Se no, fallo! Sentirai di toccare il cielo anche spiritualmente. Col treno vedi le cose da un altro punto di vista, e non in senso lato, ma davvero. Le strade rotabili seguono altri percorsi e i luoghi li senti in un modo diverso. La strada ferrata ti cambia la visuale. Dalla Valle del Sabato ti appare Atripalda dall’alto; arrivi a Salza Irpina, che hai sempre pensato come un piccolo grumo di comunità, e ora ti si presenta come prima meta importante del viaggio. A seguire incontri i magnifici vigneti ordinati da Montemiletto a Taurasi, vedi che dietro ai grandi vini irpini ci sono antiche tradizioni colturali e moderne strutture aziendali. Verso Luogosano, questo paese complicato da raggiungere per gomma, ma che ha ancora una significativa stazione ferroviaria, attraversi il Ponte Principe. Si, quel ponte che visto da sotto ti mette ansia per la sua imponenza e pesantezza di ferro, ti sembra uno sfregio all’incontaminato. Da sopra, invece, ti mette allegria, ti sembra bello e sicuro e ti presenta il magico paesaggio del fiume Calore circondato da sempreverdi d’alto fusto, un vero bosco come quelli delle montagne. Si procede fino a Cassano e la piana di Montella, a ricordarti quella più ampia di Sibari, ma altrettanto attraente e più ricca di alture con i Monti Picentini. Ogni tanto ti distrae il fischio del treno, quel tuuuuu…tuuuuu…che ti riporta all’infanzia e fa spontaneamente esclamare all’unisono, a grandi e piccoli viaggiatori, un corale “beeello!”. A seguire si va verso Nusco col suo Montagnone, e poi, accompagnati dall’Ofanto, da Sant’Angelo dei Lombardi a Lioni. Qui c’è una grande stazione, forse l’unica ancora veramente attiva. Sarai preso dalla curiosità di scendere per gustarti un buon caffè in compagnia di ferrovieri gentili, ma attento! L’euforia della nuova esperienza potrebbe distrarti e farti perdere la corsa. A riportarti alla realtà c’è il lago di Conza, vicino, vicinissimo, ti sembra di toccarlo. Distingui esattamente gli arbusti che dal suo fondale salgono fino a perforarlo, guadagnandosi la luce. E sei stupito nel vedere che da un lato del lago la natura è quella tipica dell’Irpinia d’Oriente con le sue vaste colline dolci, nude di alberi ma, a seconda della stagione, verdissime o gialle o marroni o striate come pelli di tigre. Su di esse si ergono le pale eoliche, sempre più grandi e poste in maniera sempre più disordinata (ma non c’è un modo “alternativo” per costruire questi insediamenti?”). Dall’altro i finestrini ti introducono in un paesaggio lussureggiante, di alberi fitti e alti che nascondono le coltivazioni sottostanti. Forse è anche per questa varietà ambientale che qui sostano tanti uccelli durante le loro migrazioni, riparati e soddisfatti nelle loro necessità alimentari e coccolati da un vento silenzioso. Questo paesaggio ti accompagnerà fino a Monticchio e Monteverde, splendidamente circondato da piantagioni di conifere, e ti chiederai se qui gli Appennini non abbiano voluto prendersi la rivincita sulla nobiltà delle Alpi. Un poco dopo ti appare Cairano, visto di lato, come il becco di un uccello maestoso proteso verso il lago, come a voler spiccare il volo per unirsi agli amici alati. Quando appare Calitri il primo impatto è inquietante. La vedi in alto, bellissima nella sua forma a triangolo, sovrastata dall’imponente castello, con le case colorate e ricostruite con perfezione geometrica, ti fa sentire come se fossi alle Cinque Terre. Ma non la vedi subito del tutto. Davanti c’è il nucleo industriale con i suoi capannoni e macchinari che schermano la regolarità delle sue forme. Ti sembra che vecchio e nuovo si fondano, l’uno necessario all’altro, a patto di unirsi nella difesa dell’ambiente e della vita dell’uomo. Poi, sulla collina di lato, cosa ci fanno quei pini marittimi altissimi (nove?), come quelli che una volta abbellivano le cartoline del Vesuvio e ora non più, perché la mano dell’uomo li ha abbattuti? Ma non ti senti offeso da quella che appare come una stravaganza. Anzi, sei curioso di sapere a chi sia mai venuta l’idea di piantarli. Perché, certo, sono belli anche loro, e forse ti fanno immaginare un mare che milioni di anni fa regnava lì intorno. Fino a Rocchetta Sant’Antonio i paesaggi lussureggianti continuano a fondersi con le colline dolci e sconfinate, sempre più sovrastate dalle pale eoliche. Certo l’Irpinia è molto più vasta e tutta interessante, ma questa tratta ferroviaria è particolare perché t’invoglia ad andare oltre, ad alimentare il gusto del bello, quello dei paesaggi e quello delle persone. Vorrei dedicare queste semplici osservazioni alla memoria di “Zi Giorgio” Gabriele di Sant’Andrea di Conza, che oggi non è più tra a noi, e che ha fatto della salvezza di questa linea ferroviaria una ragione di vita e di impegno politico. Il tempo, come si dice, è galantuomo e gli ha dato ragione. E vorrei ringraziare per l’impegno disinteressato Pietro Mitrione, che sarà sempre giovane perché riesce a far vivere il fanciullino che è in lui. E tutti i volontari delle Associazioni che hanno dato vita a “In-loco-motivi”, bravissimi, perché non è semplice organizzare eventi di questo genere, che richiedono, tra l’altro, collegamenti suppletivi con pulmann che ti portino nei paesi, spesso troppo lontani dalla ferrovia, e si raccordano con le Istituzioni e le Associazioni locali perchè assicurino il massimo di ospitalità. Affinchè questo sogno continui è necessario che gli insegnanti e i genitori coinvolgano le scolaresche e i giovani nelle iniziative programmate, così che conoscano il loro territorio e lo amino come merita. E’ certo, infine, che per vivere meglio occorra una forte sinergia tra Cittadini e Istituzioni, ma ciò presuppone che ognuno sia all’altezza del proprio compito.

    anna catapano

  10. 10 pietro mitrione 04/12/2010 alle 10:21 PM

    Ranieri Popoli
    Una giornata davvero bella e interessante (parlano più di tutto le immagini e le foto qui riportate) quella trascorsa insieme agli amici dell’Associazione “in loco-motivi” che da anni, grazie all’instancabile impegno di Pietr…o Mitrione si …batte non solo per evitare la chiusura della linea ferroviaria “Avellino-Rocchetta” ma anche e soprattutto per difendere il concettto e il senso del “territorio” . Tutto ciò perchè questa realtà non venga piegata agl interessi della sofferenza delle aree urbane e metropolitane ma concepito come ricchezza di civiltà, per la sua originale memoria storica e per il futuro di chi ha scelto di vivere in queste terre. Una realtà dove la scomparsa delle ferrovie rurali, la chiusura dei plessi ospedalieri e delle scuole, la drastica riduzion del servizio di trasporto pubblico significa la fine delo stato sociale e di diritto, buona soltanto per ospitare discariche o le contraddizioni di questo modello di sviluppo. Una terra che, nonostante ciò, resiste con i le sue eccellenze del settore primario, il coraggio di tanti intelligenti e generosi operatori economici , della filiera eno-gastronomica ma anche del settore terziario e dell’artigianato e della piccola impresa. A questi soggetti una classe dirigente intellettualmente onesta e avveduta dovrebbe guardare per tentare quanto meno di arginare il disegno distruttivo dell’identità delle zone interne cosi ben pianificato. Pietro Mitirone non è solo un uomo che crede in tutto ciò ma uno dei simboli avanzati di questa speranza e la ” sua ” ferrovia” è la metafora di questa battaglia di civiltà. Io mi auguro che l’indifferenza e la rassegnazione che spesso accompagnano i destini di questa parte del Mezzogiorno possano prendere vigore per far capire, prima a noi irpini, che nella difesa di questo mondo c’è tanta modernità, l’idea di una stato capace di pensare socialmente. Così fece 150 anni fa con la sua lungimiranza intellettuale Francesco De Sanctis nel chiedere al nuovo Regno d’Italia la strada ferrata Avellino – Rocchetta così dovrebbe fare una classe dirigente illuminata oggi, in tempi di miserie morali e ideali, prima che ritornino anche quelle civili. Ranieri Popoli

  11. 11 pietro mitrione 04/12/2010 alle 10:32 PM

    Un viaggio rinnovato e provvisorio

    “…Ma i veri viaggiatori sono soltanto quelliche partonoper partire; cuori leggeri, simili apalloncini,non si allontano mai dal proprio destinoe senza sapere perché, dicono ogni volta:“Andiamo”!Sono quelli i cui desideri hanno la forma di nuvole,quelli che sognano, come fa la recluta con il cannone,piaceri immensi, mutevoli, sconosciuti,di cui l’animo umano non ha mai conosciuto il nome!”

    Charles Baudelaire – le fleurs du mal

    La comunità provvisoria ha intrapreso il suo viaggio due anni fa! In questo nostro rinnovato e provvisorio viaggio come Comunità , in una sorta di ritorno identitario non nell’inferno conradiano di una contemporanea “Apocalypse now” dei nostri moderni ‘demoni’ cattivi ma nel gioco “leggero e piano” della ricerca dell’ “io” della nostalgia ,della bellezza,della mitezza ,del silenzio e delle malinconia. Il viaggio come metafora generale della nostra esperienza individuale-comunitaria. Il nostro viaggio comunitario è il classico “viaggio eterno” dove convivono a loro perfetto agio i profondi e doloranti sconforti di Franco con le argomentazioni più eterogenee dei cultori del logos,della doxa, dei sogni, della fantasia, dei professionisti delle tèkne e delle arti primarie e secondarie……non dei santi,navigatori ed eroi in cerchi di isole o paradisi perduti.Scegliamo di viaggiare senza i confini e i pericoli della formalizzazione burocratica…di andare avanti in “ una cornice provvisoria che si allarga e si restringe, in cui si va e si viene liberamente”. Vogliamo inventare anche un nuovo modo di fare un viaggio. Con uno spirito multiforme e misteriosa guidato assieme da Ermes e Atena, le due divinità che lo proteggono con una natura molteplice e versatile. Può assumere tutte le forme, prendere tutte le strade, tendere verso tutte le direzioni in modo sinuoso e avvolgente. La sua natura è ricca di colori e di geroglifici, come un arazzo, un tappeto o un quadro. E’ artificioso come un’opera d’arte, intrisa di magmi notturni e di voli solari e segnata da costellazioni luminose, velato e misterioso come la rotta dei pirati dei ladri, dei trovatori , dei mercanti e degli amanti. Non abbiamo-ripeto- isole felici da raggiungere ma vogliamo vivere felici nella isola che ci è stata donata dai nostri padri con fatica e anche con gioia. Non abbiamo mondi da scoprire o da indicare ma vogliamo conoscere profondamente e far conoscere il territorio in cui siamo nati e vissuti non sempre con la comprensione e il rispetto di chi lo ha governato e sfruttato. Amiamo il viaggio per amore del viaggio come Gulliver e Robinson non con la malinconia lacerata di Amleto ma con la versatilità operosa di Ulisse. Abbiamo conoscenza delle insidie della malinconia e della nostalgia .Ma sappiamo per esperienza umana troppo umana che sono sentimenti che non si possono temere o tacere ma vivere nella loro diversità. La malinconia è insidiosa e la nostalgia è diversa, perché la nostalgia è un sentimento di assenza, cioè fondamentalmente di assenza ma che può essere recuperata con la memoria ,il ricordo e sopratutto con il ritorno a casa e al proprio passato nei limiti del tempo possibile e della terra ridotta e curata dei padri. A patto che in questo nostro viaggio sia la nostalgia che la malinconia diventino sentimenti belli e attivi che ci costringono a superare la pigrizia, la noia , i rancori e le tristezze stimolando la voglia di intraprendere sempre nuovi viaggi dentro di noi e dentro la terra che ci è toccato di vivere..Queste le motivazioni più alte che in questi anni hanno impegnati allo spasimo alcuni comunitari per ripristinare la mitica linea ferroviaria Avellino – Rocchetta sfidando sordità e incomprensioni,disattenzioni e motivazioni strettamente tecnico-economiche. Questa è la strada ferrata che porta noi ,i nostri amici,ospiti e turisti al cuore del nostro sogno attraverso il meglio autentico e naturale della nostra bella e verde Irpinia e “i piccoli paesi dalla grande vita”.La ferrovia è lo strumento,il mezzo che noi offriamo ai nostri amici “vicini e lontani” per entrare nel corpo e nell’anima della nostra terra. Noi comunitari usiamo tutti i nostri artifici e magiche rie per amore dell’Irpinia .Il vecchio e rumoroso treno per noi equivale a un libro o una poesia di Franco Arminio, un racconto intrigante di Andrea Di Consolo, una magica canzone di Vinicio Capoesele, uno stuggente blues di Pasquale Innarello, le sonorità arcaiche e poetiche di Gaetano Calabrese ….si può entrare nell’anima dell’Irpinia facendosi trasportare in bella e allegra compagnia tra gli stridenti rumori ferrieri di una vecchia e vitale locomotiva .Una locomotiva poco pretenziosa scrivere Storia come nella canzone di Guccini ma vecchie e “piccole storie ignobili” di contadini e pastori nei viaggi tra paesi,campagna e città. Un locomotiva che ispirava i sogni e le paure dei bambini e “…. sembrava fosse un mostro strano -che l’uomo dominava con il pensiero e con la mano: ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite, -sembrava avesse dentro un potere tremendo…..” Mi piace infine ripetere la citazione di Paolo Rumiz che interpreta l’eventuale dolore e l’ulteriore crepa nella dolorante e terremotata terra d’Irpinia come scongiuro ad una eventualità della sua soppressione .Egli così ce la ricorda: “ Cactus, cicale.- scrive nel suo romanzo “Italia in seconda classe”- Il treno si ferma in stazioncine deserte senza capostazione, senza biglietteria. Alcune sono murate, altre distrutte dai vandali. Sempre i banditi? No, la globalizzazione. Sono i rami secchi, potati dai governatori dei flussi. In burocratese si chiamano stazioni “impresenziate”, astuto eufemismo per mascherare lo smantellamento. La fine dei territori comincia così, col bar e la panetteria che chiude, poi con le stazioni del silenzio. Sento che comincia il viaggio in uno straordinario patrimonio dilapidato. ”

    mauro orlando

  12. 12 pietro mitrione 05/12/2010 alle 8:59 PM

    La ferrovia per superare il muro
    Ugo Santinelli * Si fa presto a dire muro. Il muro di Avellino. Non avevo mai sentito una tale definizione di noi altri. Mi ero fermato al generico terrone in area italiana, allo sprezzante zampognari dei partenopei e salernitani, alla galleria di Monteforte murata per nostra scelta. In televisione, a «Le invasioni barbariche», era di turno Nichi Vendola a esser intervistato. Vendola è uomo di territorio, governa una bella regione, la Puglia. Vendola si aiuta con un disegno simpaticamente goffo dell’Italia, per dimostrare che il suo territorio è chiuso agli sviluppi futuri, Bari non riesce a connettersi con Napoli per via del muro di Avellino. La soluzione esisterebbe, già disegnata nei progetti che non si realizzano. Si chiama AC in sigla, Alta Capacità, la nuova ferrovia rapida e sicura. Peccato per quel muro di Avellino. Ma Vendola voleva dire Irpinia, così come Napoli sta per Tirreno e Bari per Adriatico, luoghi e pezzi di uno dei corridoi trans-europei. Il territorio ognuno lo vede, interpreta e sogna secondo il proprio punto di vista. Il mestiere della Politica consiste nel collegare i punti di vista in visioni generali e condivise. Più condivise, più forti. Se Vendola sapesse quanto anche noi vogliamo collegarci e connetterci. Subiamo il sentirci corpo fermo come un muro. Non ci piace il ruolo di muro, neppure nelle partitelle di pallone. Da anni, in modo flebile, dai tempi del Piano Territoriale della Campania, per venire a quelli più recenti degli Accordi di Reciprocità, alcuni interlocutori che non coincidono purtroppo con amministrazione provinciale e sindaci, hanno provato ad abbozzare una ragnatela irpina. Non la tela del ragno che avviluppa e ammazza le prede. Già ci facciamo del male in altro modo. Ma i raggi di una tela che connettono il centro con gli approdi in altri centri. All’interno della provincia (più centri: ad esempio Arianese, Irpinia d’Oriente, la piana di Lioni, l’hinterland del capoluogo) tra la provincia e i territori contermini, non come rispondeva Vendola al quale – per sua onestà intellettuale – non imputiamo di considerarci un territorio inutile, anzi l’ostacolo di un muro. Perché sarebbe misero immaginare la linea AC Napoli-Bari solo come un modo migliore per attraversare l’Appennino da costa a costa, da porto a porto, con il contentino per noi – se si realizzerà – della piattaforma logistica in Valle Ufita. Ragionandoci, io la piattaforma logistica sotto casa già l’ho, è il cortile dove disloco l’auto e movimento le valige quando vado in vacanza, è secondario riasfaltarlo. L’economia futura della provincia, neppure di tutta, adopererà la piattaforma, non vi coinciderà. La linea AC è il raggio principale futuro di una ragnatela in parte già esistente. Uno dei raggi è per l’appunto la mitica Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Non mi soddisfa la definizione di una ferrovia a vocazione turistica. «Turismo de che?», direbbero a Roma. È una linea ferroviaria che lambisce centri abitati e aree industriali, giorno dopo giorno, d’estate e d’inverno, per studenti, residenti e, forse, un domani per operai e merci. Poi ben vengano anche i turisti. Se si coordinassero ferro e gomma, tra gli abitati in alto e la ferrovia in basso, all’interno dell’area urbana avellinese e la stazione di borgo Ferrovia (metropolitana dove sei?), rilanceremmo la tela. Ma se chiudiamo questo raggio per Rocchetta, cadrebbe il desiderio per tutta la ragnatela, con il termine desiderio compitato alla Censis 2010. Se accanto al raggio per Rocchetta, venissero rafforzati quelli in direzione di Benevento e di Salerno, la ragnatela diverrebbe più visibile, più utile ad esser adoperata, persino eco-compatibile. Ma siamo alle solite. L’ostacolo non è nell’errore supposto di Vendola politically incorrect, ma nella nostra classe dirigente. Nelle rinnovate mene demitiane per curare solo la loro cara Alta Irpinia e mi riferisco all’annuncio enfatico di sblocco dei fondi per il loro Accordo di Reciprocità (piattaforma e giù di lì) e all’autismo della giunta Galasso che mai si sognerebbe valicare Torrette da una parte e la Puntarola dall’altra. E pensare che davano dello sciocco a Di Nunno che voleva solo rompere il muro di cinta dell’autostrada. * Legambiente Avellino

  13. 13 pietro mitrione 06/12/2010 alle 10:15 PM

    Franco Festa C’è un silenzio che fa male. Non meraviglia, certo, ma fa male lo stesso. In questi mesi, in cui la questione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta è stata al centro dell’attenzione di tanti, non una sola parola, che ci risulti, è stata pronunziata dagli amministratori della città. Non che si cercasse un’idea, un progetto, ma almeno la consapevolezza di un problema. I nostri eroi non si sono neppure accorti di quello che si sta consumando, smarriti tra questioni quotidiane di viabilità, in primis quella intorno al nuovo ospedale, arruffati in piccole beghe interne, come le sollecitazioni improprie – poi miracolosamente svanite – al comandante dei Vigili urbani, consumati dalle astrattezze di piani strategici di carta e di futuri invisibili sul tema della mobilità e dei trasporti, sfibrati dalla mancanza di competenze vere sulle questioni. Certo. È facile affermare che la marginalità della ferrovia è un dato inconfutabile nella storia della città, che essa non ha inciso sulla sua vita, non ha avuto quella centralità che ha altrove. Troppo facile. Ma già negli anni ’70 si era immaginato un suo ruolo diverso, nelle proposte delle sezioni cittadine del Pci. E a più riprese, nei dibattiti sui piani regolatori post terremoto, si era teorizzato un riammagliamento del nodo ferroviario con il centro, in un sistema di scambio tra trasporti su ferro e su gomma. E infine la nascita della metropolitana leggera poteva essere l’occasione per rimettere tutto in gioco. Invano. L’unica logica che ha funzionato, in ogni occasione, anche in questo settore, è stata l’inseguimento scriteriato di finanziamenti, non contava a che fine, purché arrivassero. Ed ecco il risultato: opere pubbliche disorganiche, spesso avulse da ogni contesto, mentre l’incapacità di governare ciò che c’era, di rivitalizzare l’esistente, è diventata drammatica.
    Perciò è inutile meravigliarsi del silenzio di oggi. Esso, stranamente, fa da contraltare alle troppe parole che, in provincia, ora tutti sprecano sulla questione, alle tardive esibizioni muscolari a cui si assiste in questi giorni, ai progetti mirabolanti in zona Cesarini di esponenti regionali, alle frettolose interrogazioni parlamentari, fatte più per tacitare coscienze che per ottenere concreti risultati. La verità è che se non fosse stato per la mitezza testarda e la passione civile di Pietro Mitrione e di un piccolo gruppo di fissati, come amano chiamarsi tutti quelli che si sono mossi in questi mesi intorno alle iniziative di «In loco_motivi», dell’Avellino-Rocchetta non avrebbe parlato nessuno. Sarebbe sparita nella generale indifferenza. E invece qualcosa è ancora possibile fare, per convincere la Regione a cambiare posizione. Le iniziative che sono state costruite per i prossimi giorni possono ancora essere l’occasione per dimostrare, nei fatti, che quella linea può svolgere una positiva funzione, che è riduttivo chiamare turistica, ma più corretto definire civile. Nessun sindaco può far finta che sia una cosa che non lo riguarda, nessun cittadino può guardare altrove. Se in questi mesi la passione e l’intelligenza di un piccolo gruppo è stata capace di mettere in piedi una grande partecipazione collettiva, una manifestazione corale di affetto, un dibattito culturale importante, nessuno, a questo punto, può tirarsi fuori. A partire dal sindaco di Avellino, il cosiddetto capoluogo. Convochi un consiglio comunale urgente sul problema, prenda posizione, si metta di traverso sui binari, ma dimostri che c’è.

  14. 14 pietro mitrione 07/12/2010 alle 9:36 am

    LA AVELLINO ROCCHETTA E’ UNA LINEA FERROVIARIA SEMPLICEMENTE DELIZIOSA: PASSA PER VIGNE E CAMPAGNA. E’ QUEL CHE CI VUOLE, GIA’ PRONTO E CONFEZIONATO, PER IL TURISMO ENOGASTRONOMICO IN IRPINIA.

    IO NE HO AMMIRATA UNA TRATTA NEI PRESSI DELLA VIGNA DELLA “FERROVIA” (APPUNTO) ACCOMPAGNATA DA GIANCARLO IOANNA, DELLA AZIENDA FILADORO. LA LINEA E’ STATA GIA’ UTILIZZATA PER ESCURSIONI GASTRONOMICHE CON SUCCESSO.

    OCCORRE MAGGIORE CONTINUITA’, SI, E UN PROGETTO SERIO PER IL SUO RILANCIO E GESTIONE. MA, OPPORTUNAMENTE VALORIZZATA, NON DEVE MORIRE.

    OGGI C’E’ UNA RIUNIONE IMPORTANTE. QUESTO IL CS DEI PROMOTORI: “E’ convocata per domani mattina alle 11 (NDR OGGI) nella sala mensa della Stazione Ferroviaria di Avellino la conferenza stampa indetta dall’associazione inLoco_motivi contro la chiusura della Linea Ferroviaria Avellino Rocchetta.E’ ormai notizia certa e non smentita che con l’entrata in vigore dell’orario invernale di Trenitalia a partire dal prossimo 13 dicembre la storica linea voluta da Francesco De Sanctis sarà definitivamente chiusa. Il gruppo di Amici della Linea Ferroviaria Avellino Rocchetta, assieme ai sindaci della tratta e rappresentanti dell’Ente Provincia racconteranno il significato di questa chiusura per la città e per l’intera provincia”.

    IL MIO IN BOCCA AL LUPO PER UNA SOLUZIONE RAGIONEVOLE: LA LINEA DEVE ESSERE UNA RISORSA E PRODURRE REDDITO E CULTURA. PENSARE CHE DEBBA ESSERE SEMPLICEMENTE EFFICIENTE DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO O AMARLA ASTRATTAMENTE NON BASTA: BISOGNA LAVORARCI SERIAMENTE, COME SU TUTTA LA FILIERA VINO NELL’AVELLINESE.

    MONICA PISCITELLI

  15. 16 pietro mitrione 07/12/2010 alle 10:30 PM

    Giuseppe Galasso * La ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio rappresenta un pezzo importante di storia dell’Irpinia tutta. Intorno a tale tratta si è sviluppata economia e cultura, sono sorti quartieri e, perché non dirlo, sono nati amori. Per me, avellinese prima ancora che sindaco della città capoluogo, la ferrovia, e tutto ciò che storicamente ha ruotato intorno a essa, è parte della mia storia personale più che di quella politica. Da quando l’amico Mitrione ha rilanciato l’attenzione sull’Avellino-Rocchetta, con le sue preziose iniziative dal taglio a metà tra la rievocazione storica e la promozione turistica, non ho mai fatto mancare il mio plauso, il mio incoraggiamento, il mio supporto.
    Già nelle scorse settimane ho, in diverse circostanze, manifestato preoccupazione e disaccordo per quanto – non a livello locale – si andava decidendo circa il futuro della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Con il presidente del consiglio comunale, Antonio Gengaro, abbiamo concordato l’opportunità di convocare una riunione dell’assemblea municipale per prendere, mi auguro all’unanimità, una precisa posizione circa il futuro della tratta ferroviaria. Una linea che vuole essere non solo di mantenimento della storica ferrovia, ma di rilancio dell’intera rete irpina, da sempre sganciata dalle grandi vie di comunicazione su ferro e che, oggi più che mai, necessita di non essere tagliata fuori dall’Alta Velocità, veicolo di sviluppo economico e di crescita dei territori. L’Avellino-Rocchetta è un simbolo della nostra terra che va sì preservato, ma inserito in un contesto più ampio di sviluppo. Limitarsi ad azioni dimostrative o a manifestazioni d’intenti legate esclusivamente a ragioni campanilistiche e sentimentali, lo trovo onestamente riduttivo. Il mio auspicio, al di là della valenza storica che l’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio conserva per l’Irpinia e dell’opportunità di non lasciar morire tale simbolo, è che proprio dalla discussione di queste ore possa nascere un più ampio, attuale e fattivo ragionamento circa i benefici che la nostra provincia potrà trarre da una connessione forte alla più moderna rete ferroviaria. Perdere tale occasione significherebbe perdere il treno per il futuro. * Sindaco di Avellino ©

  16. 17 pietro mitrione 07/12/2010 alle 10:36 PM

    Giulio D’Andrea Si giocano le ultime carte per salvare la linea ferroviaria Avellino-Rocchetta S. Antonio. Il 12 dicembre sarà pubblicato il nuovo orario di «Trenitalia», il 13 potrebbero già saltare le corse sulla linea provinciale. Nel mezzo ci sono le proteste di associazioni e addetti al trasporto locale, visto che sarà la Regione Campania ad attuare i tagli di personale e servizi, da Benevento all’Irpinia. Sulla dismissione della tratta è intervenuto il presidente del consiglio comunale di Avellino, Antonio Gengaro, che intende proporre la convocazione dell’assise, a Palazzo di Città, nella prossima riunione della conferenza dei capigruppo. Al centro del Consiglio ci sarà la questione relativa alla storica strada ferrata. «Mi auguro che l’assemblea possa ritrovarsi su una comune mozione contraria alla chiusura della tratta – scrive Gengaro in una nota – e a favore del rilancio del trasporto ferroviario in Irpinia». Rilancio che assume un’importanza particolare, ora che non sono previste nuove reti stradali, o il potenziamento di quelle esistenti. Ma oggi è anche il giorno della mobilitazione dell’intero settore trasporti della Campania. «È previsto un forte ridimensionamento dei servizi, con ricaduta negativa sui livelli occupazionali e salariali: dal 15 dicembre saranno cancellati settanta treni del trasporto regionale Trenitalia, che si aggiungono ai trentadue treni già soppressi dal 5 settembre scorso – denuncia la Filt Cgil -. I collegamenti tra Benevento ed Avellino passano da diciassette coppie di treni a dieci». In più il sindacato denuncia l’aumento delle tariffe e la soppressione degli abbonamenti a tariffa agevolata per gli studenti. Oggi l’iniziativa di protesta a Napoli. Il corteo si muoverà da Piazza Matteotti a Santa Lucia, sede della Giunta. Stamattina ci sarà anche la conferenza stampa dell’associazione «InLoco_motivi». Il gruppo rappresentato da Pietro Mitrione incontrerà i giornalisti nella sala mensa della stazione di Avellino. Inizio alle 11, per «sostenere l’iniziativa dei sindacati e appoggiare le loro rimostranze in materia di tagli ai trasporti». L’associazione, che ha portato migliaia di turisti alla scoperta delle nostre bellezze paesaggistiche, esprime sdegno sui tagli decisi dalla giunta regionale. Tagli dovuti anche alla Finanziaria 2010, che impone per il Trasporto Pubblico Locale una riduzione di risorse per la Campania di 206 milioni di euro, per il 2011, e 231 milioni di euro per il 2012. «La decisione economico-politica presa dalla Regione Campania, assessorato ai Trasporti, vede delusa l’intera Irpinia per ilo disinteresse allo sviluppo del nostro territorio, per la superficialità con cui si decide di chiudere per sempre una linea che non solo ha fatto la storia dell’Irpinia ma che rappresenta un mezzo importante di crescita se adattato ai bisogni, alle richieste e alle potenzialità dell’intera comunità provinciale». All’appuntamento saranno presenti numerosi sindaci. InLoco_Motivi evidenzierà ancora una volta le necessità dei territori. «Non c’è solo l’esigenza di salvare la linea – fanno sapere – ma anche quella di riflettere sul sistema locale dei trasporti. L’obiettivo è la razionalizzazione e l’ottimizzazione del servizio. E il conseguimento di un risparmio che i tagli previsti di certo non ottengono».

  17. 18 pietro mitrione 08/12/2010 alle 9:34 PM

    Nel giorno in cui «In_Loco_motivi» si mobilita per scongiurarne la chiusura, il Comune di Avellino annuncia per venerdì una seduta del consiglio straordinario e la questione arriva in Parlamento con l’interrogazione presentata da Arturo Iannaccone e Americo Porfidia di Noi Sud, una buona notizia sul destino della ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Il vice presidente della giunta regionale, Giuseppe De Mita, incontra l’assessore regionale ai Trasporti, Sergio Vetrella, e chiarisce che la Regione non intende adottare alcun provvedimento di sopressione. Si prepara un piano di rilancio turistico.Roberta Mediatore Una buona nuova giunge da Napoli sul destino della ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio proprio nel giorno in cui «In_Loco_motivi» si mobilita per scongiurarne la chiusura, il Comune di Avellino annuncia per venerdì una seduta del consiglio straordinario in favore del potenziamento della rete ferroviaria, e la questione arriva in Parlamento con l’interrogazione presentata ai ministro di Infrastrutture e Trasporti da Arturo Iannaccone e Americo Porfidia di Noi Sud. Ha infatti avuto un esito positivo l’incontro di ieri pomeriggio fra il vice presidente della giunta regionale, Giuseppe De Mita, e l’assessore regionale ai Trasporti, Sergio Vetrella, da cui è scaturito che «allo stato non esiste alcun provvedimento adottato dalla Regione Campania in merito ad una eventuale soppressione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta». Argomento di discussione, quindi il ridimensionamento complessivo reso necessario dalla riduzione dei trasferimenti e dei tagli operati al trasporto pubblico, in un faccia a faccia già programmato, che rientra in «un confronto avviato da tempo tra i due assessorati regionali per discutere della riorganizzazione del sistema di trasporto pubblico turistico in Campania a fronte della riduzione dei trasferimenti e dei tagli operati al trasporto pubblico». Appare quindi scongiurata la chiusura prevista per lunedì della storica tratta, in difesa della quale si sono mossi in tanti, per rilanciarne l’aspetto turistico. E è proprio a un uso turistico che ora si rivolge l’attenzione della Regione, sulla scorta dell’ipotesi esposta dal vice presidente De Mita durante la tavola rotonda del 29 novembre scorso a Bagnoli Irpino. Vale a dire una «rimodulazione dei fondi Fas a valere sul Programma attuativo interregionale – ribadisce De Mita – che prevede la costruzione di un percorso progettuale che miri alla rifunzionalizzazione della tratta ferroviaria per finalità turistiche e come interconnessione tra i due poli turistici individuati in Irpinia – quello naturalistico e quello delle eccellenze di prodotto – con un collegamento diretto sulla linea Napoli – Bari». Una scelta obbligata, in virtù dei tagli, dal momento che «il problema della linea ferroviaria Avellino – Rocchetta è legato ai costi di gestione (pari a circa 2 milioni di euro all’anno, manutenzione esclusa, per una estensione della linea di 119 chilometri) – prosegue – che di fatto vengono quasi totalmente coperti con i trasferimenti di risorse pubbliche». E, mentre si verificano tutte le ipotesi di lavoro e progettuali che da subito possano valorizzare la finalità turistica della linea ferroviaria, l’assessorato regionale al Turismo ha già provveduto a inserire l’ Avellino-Rocchetta tra i progetti dedicati al turismo scolastico per l’annualità 2011. Un sospiro di sollievo per quanti si sono adoperati con passione per mantenere in vita una tratta che con ragione può essere considerata come un vero e proprio «bene culturale, architettonico e paesaggistico, non solo una costruzione di ferro e mattoni», ha ricordato Valentina Corvigno, nel corso della conferenza stampa organizzata ieri mattina da «In_Loco_motivi» proprio a tutela della linea ferroviaria. L’incontro è stato voluto da Pietro Mitrione, da anni animatore di battaglie in difesa della storica tratta, Luca Battista, Giovanni Ventre, Mimma Ciriello e appunto Corvigno, convinti che «intorno a questo aspetto che può sembrare minimale dell’Avellino-Rocchetta – spiega Mitrione – stiamo creando le condizioni perché si possa parlare di un sistema trasportistico diverso». Tra i partecipanti: Vincenzo Pacifico, ex sindaco di Castelfranci, Raffaele Vito Farese, sindaco di Conza, Antonio Cella, vicesindaco di Bagnoli Irpino, Gerardo Di Pietro, consigliere di Morra De Sanctis, il presidente del consiglio comunale di Avellino, Antonio Gengaro, il segretario della Cgil irpina, Enzo Petrozziello, il sindaco di Calitri Peppino Di Milia a quello di Montefalcione Vanda Grassi.

  18. 19 pietro mitrione 08/12/2010 alle 9:35 PM

    Il progetto è «In Loco motivi», che programma dall’autunno del 2009 a quello del 2010 escursioni organizzate che hanno mirato alla conoscenza della tratta, facendo riscoprire le possibilità culturali, paesistiche ed enogastronomiche del territorio attraversato. Fin qui la cronaca recente di una azione di valorizzazione di innegabile successo e di potenziale e sviluppo, attuata senza un euro di soldi pubblici. Ora a pochi giorni dalla soppressione, mi pare che riaffiorino da acque paludate coccodrilli pronti a versare le loro lacrime. In realtà, la domanda che poniamo alla compagine politico e istituzionale è definire il sistema economico, culturale e sociale che sostiene la scelta di mantenere la tratta Avellino-Rocchetta: treno utile alla fruizone delle aree dei grandi vini, della biodiversità, dei nuclei industriali, dei borghi e degli eventi collegati. L’operazione di cassa, compiuta dall’assessorato regionale ai Trasporti, ha basato un risanamento su tagli orizzontali del 20% dei trasporti e non sulla valutazione di scelte politiche necessarie alla realizzazione di strategie di sviluppo di mobilità sostenibile e integrata. Eppure i più importanti strumenti di pianificazione e programmazione regionali e quindi provinciali, vigenti, adottati o in via di elaborazione non hanno mai omesso l’Avellino Rocchetta. Il Piano Territoriale Regionale, vigente, nella individuazione degli interventi Invarianti sul sistema infrastrutturale campano – indipendentemente dai futuri sviluppi degli indirizzi di pianificazione e programmazione – indica come ulteriore opzione di intervento sulla rete ferroviaria il miglioramento della linea Avellino -Rocchetta. Nelle osservazioni, fatte al Piano, ad esempio dalle Comunità Montane di riferimento, l’Alta Irpinia e la Terminio Cervialto, e recepite dalla amministrazione provinciale, si determina di inserire come invariante nelle politiche infrastrutturali campane il miglioramento e la rifunzionalizzazione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta assumendone una importanza strategica, sia per la continuità del sistema della mobilità regionale, quale metropolitana leggera, che per il trasporto merci delle aree industriali del cratere. Conseguentemente a tale scelta di Piano, si può ritenere, che nel 2007 l’Ente Autonomo Volturno, che concorre allo sviluppo del Sistema Integrato del trasporto regionale, supportando la Regione nelle attività strategiche, ha prodotto uno studio di fattibilità per il recupero funzionale e l’adeguamento infrastrutturale della Ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, per una stima delle opere pari 543,85 milioni. E del resto non è il primo già a metà degli anni ’90, il Cresme, elaborarò uno studio di prefattibilità; rileggendo le cronache del tempo, lo studio riporta ancora visioni strategicamente attualizzabili come l’estensione di un tratto della Circumvesuviana a capoluogo irpino; la realizzazione di aree di scambio autobus-treno in Alta Irpinia, a Lioni, a Calitri e a Nusco; la sistemazione degli scali ferroviari per consentire il carico e lo scarico dei carri merci in corrispondenza delle aree industriali di Lioni, San Mango e Calitri. Mantenendola in uso, l’Avellino-Rocchetta sarebbe un elemento della rete di connessione tra l’Irpinia e le aree universitarie di Benevento e Fisciano. Può trasportare, ad esempio, passeggeri che grazie all’integrazione con il trasporto pubblico urbano potrebbero comunque usufruire dei servizi della Città ospedaliera del capoluogo, vicinissima alla Stazione serroviaria. Del resto, anche nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, sia quello adottato soltanto nel 2004 che negli Indirizzi Programmatici che sottendono la elaborazione del Piano in corso e fortemente voluto dall’attuale giunta provinciale, si evidenzia come l’obiettivo della integrazione dei territori delle province di Avellino, Benevento e Salerno attraverso il progetto di sviluppo degli assi longitudinali non possa prescindere dall’adeguamento della linea ferroviaria. Sarebbe davvero cieca la politica che non si assumesse la responsabilità della non chiusura della tratta. Ragionare in termini di integrazione ferro-gomma, per favorire la fruizione di risorse paesaggistiche e territoriali dell’Irpinia è uno dei tasselli mancanti a comporre un Sistema integrato turistico-ambientale-economico: significa la infrastrutturazione concreta del territorio partendo da quello che c’è. * Amici della Terra Irpinia – «In Loco Motivi»

  19. 20 pietro mitrione 08/12/2010 alle 9:36 PM

    Sabato un’altra corsa, che non sia l’ultima sulla tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Finora sono state 27 le escursioni, 2030 i visitatori con una media di 107 passeggeri, che hanno potuto apprezzare 17 borghi e oltre 30 monumenti, ma anche il ricco patrimonio naturalistico in sei appuntamenti dedicati, attraverso visite guidate con Irpinia Trekking lungo percorsi montani del Cai o all’Oasi di Conza. Nel ricco programma anche le attività di educazione ambientale realizzate con le scuole, dalle elementari al Liceo Artistico a Teora. Sono le cifre delle iniziative curate da «In_Loco_motivi», dal 1 settembre del 2009, quando ad Avellino si ritrovarono cento persone cui se ne aggiunsero altre nelle varie stazioni di fermata lungo la tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Confortanti anche i numeri del progetto presentato all’Ufficio Scolastico Provinciale: 1671 prenotazioni da parte di 17 istituti scolastici dela città nonché di vari centri della provincia. «Per l’anno prossimo – commenta Pietro Mitrione – il nostro calendario non sarà sufficiente

  20. 21 pietro mitrione 08/12/2010 alle 9:41 PM

    Al termine del dibattimento in maniera collegiale è stato redatto un documento firmato da tutti i presenti in cui si chiede al presidente della Provincia Cosimo Sibilia di farsi portavoce delle istanze del territorio chiedendo all’Assessore ai trasporti Vetrella di sospendere immeditamente il provvedimento di chiusura della linea. Il documento è stato accolto dal presidente Sibilia e sottoscritto anche assessori provinciali Lanni e Del Mastro.

    Il testo – Oggi, martedì 7 dicembre 2010, dopo l’incontro presso la stazione di Avellino , durante il quale si è discusso di programmi e progetti aventi ad oggetto la ferrovia Avellino-Rocchetta e per fine la sensibilizzazione di istituzioni per impedirne la chiusura voluta dalla regione, i seguenti firmatari chiedono al Presidente della provincia, ai suoi assessori e consiglieri, e ai consiglieri regionali irpini, di farsi portavoce presso la presidenza della regione e il suo assessorato ai trasporti di chiedere la sospensione del provvedimento regionale che vede la soppressione delle corse da Avellino a Rocchetta E della necessità di istituire un tavolo di discussione, programmazione e di intesa per scongiurare in modo definitivo la chiusura della tratta ferroviaria in questione e di provvedere all’inizio di una seria progettazione che riguardi la valorizzazione della tratta e del territorio che la ospita;

    I firmatari: Giuseppe di Milia (Sindaco di Calibri) Gerardo di Pietro (Consigliere comune di Morra de Sanctis) Antonio Gengaro (Presidente del Consiglio Comunale Avellino) Gianluca Festa (Vice sindaco Avellino) Cella (vicesindaco di Bagnoli), Vito Farese (Sindaco di Conza della Campania) Duilio Preziosi (Uil) Vanda Grassi (Sindaco Monteforte) Alfredo Cianelli (Amici della Linea Ferroviaria Avellino Rocchetta) Luca Battista (Amici della Terra) Sergio Gioia, Rocco Quagliariello, Franco Arminio Angelo Verderosa Elda Martino (Comunità Provvisoria) Enzo Petruzziello (Segretario generale Cgil Irpinia) Valentina Cordiglio (InLoco_Motivi) Maria Tolmina Ciriello (inLoco_motivi, Rossofisso) Raffaele Lanni (Assessore Provinciale al Turismo), Giuseppe del Mastro (Assessore cultura provincia di Avellino)

    I sindaci – «Sono qui per difendere una linea storica che parla ancora delle imprese di grandi uomini che hanno fatto la storia di Italia e oggi dobbiamo gridare il nostro dolore per questa ennesima ferita», il Vice sindaco di Bagnoli Irpino Cella ricorda come quella tratta ferroviaria sia frutto del lavoro di uomini come Francesco De Sanctis. «La nostra provincia non può essere solo taglieggiata – ha detto il segretario generale della Cgil Petruzziello- deve partire immediatamente una mobilitazione e la Cgil è pronta a fare la sua parte». «La battaglia ci deve vedere tutti uniti come per salvare gli ospedali- ha detto il sindaco di Calibri Di Milia- ma utilizzando inLoco_motivi come riferimento per chiedere un incontro ad horas con l’assessore Vetrella perché la Regione deve finalmente farsi carico anche delle sue “periferie”». Presente anche il sindaco di Conza della Campania che assieme al comune di Paternopoli ha già fatto una deliberazione consiliare per scongiurare la chiusura della Linea. «La delibera è un atto dovuto – dice il sindaco Farese- un piccolo gesto per far arrivare la nostra voce in Regione dove è evidente manchi una strategia per rimediare alla crisi dei nostri territori. Qualora la strategia dovesse esserci saprebbe quella di voler “far fuori” l’irpinia». Duro anche il consigliere Di Pietro del comune di Morra che sottolinea come a fronte di un progetto approvato come il Pain in cui la tratta è parte integrante e protagonista della promozione territoriale si decide di chiudere la linea, «Parliamo di un progetto che coinvolge circa 40 comuni della provincia – dice il consigliere Di Pietro- e che vede anche la partecipazione attiva di investitori privati, un progetto che senza alcuna spiegazione viene bloccato dal Cipe rischiando di far perdere anche i soldi degli investitori privati».
    Il Comune di Avellino ha indetto una seduta straordinaria del Consiglio Comunale dedicata al futuro della Tratta Ferroviaria Avellino Rocchetta Sant’Antonio.

    Il viaggio simbolico – Intanto sabato il treno Avellino Rocchetta corre sulla tratta per l’ultima volta, qualora non dovesse passare il provvedimento di sospensione, e quindi inLoco_motivi ha organizzato un viaggio simbolico sulla corsa che parte alle sei e trenta dalla stazione di Avellino. Lungo la tratta saliranno i sindaci dei comuni per sostenere con forza la sospensione del provvedimento di chiusura

  21. 22 pietro mitrione 09/12/2010 alle 8:55 PM

    Roberta Mediatore «Il fatto che la linea Avellino-Rocchetta Sant’Antonio non sia soppressa è un dato, ma questo fatto concreto cozza con un’altra concretezza: che da lunedì non ci saranno treni. Che cosa significa, allora, sospendere la cancellazione della tratta, se poi di fatto si interrompono le corse?». La precisazione, arrivata dal vice presidente della giunta regionale Giuseppe De Mita sul caso della storica tratta ferroviaria irpina, non convince l’animatore di «In_Loco_motivi», Pietro Mitrone, che si interroga sul vero futuro della linea, «pur tecnicamente riapribile in ogni momento, giacché si parla solo di una sospensione», e sull’opportunità di interrompere il servizio, senza di fatto azzerarne i costi. «La manutenzione – illustra Mitrione – sarà regolarmente effettuata anche se non ci sarà passaggio di treni e ciò comporterà comunque una spesa. Senza contare che i costi giudicati dalla Regione troppo alti, erano rapportati a una situazione datata, quando si contavano più corse, ormai cancellate». Quello finanziario è, quindi, per Mitrione un falso problema, a ogni modo superabile con un trasporto integrato, che metta in relazione diversi mezzi di mobilità. «Si potrebbe immaginare una gestione affidata all’Air, che potrebbe integrare opportunamente il trasporto su gomma e quello su ferro. – spiega, riaffermando un’ipotesi della quale ”In_Loco_motivi” ha più volte evidenziato la valenza – Così, si razionalizzerebbe il servizio, ragionando anche in prospettiva, perché non si può non tener conto degli inevitabili cambiamenti futuri». Mitrione cita ad esempio il caso dell’autostazione che sorge accanto alla stazione ferroviaria di Lioni, «realizzata – dice – non a caso perché forse pensavano di fare di Lioni un centro di smistamento per le linee che afferiscono ad Avellino». Più che chiudere, benché momentaneamente, la tratta, sarebbe più utile «sedersi tutti attorno a un tavolo, con l’Air, De Maio, Caputo, e naturalmente Trenitalia, per provare a ragionare insieme sulla questione. A partire dai treni turistici che la Regione dice di voler mantenere. Temo, però, che ci sia un retropensiero, che si aspetti che il malato muoia, perché mi pare ci siano le condizioni per cui la morte diventa naturale, finché non arriverà provvidenzialmente qualcuno a rianimarlo. E penso manchi un vero interlocutore istituzionale, mentre la politica si concentra solo sul contingente». Ci vorrebbe, quindi, una cabina di regia, per la quale si guarda con ottimismo all’amministrazione di Avellino, in vista del consiglio monotematico di domattina: «Ci auguriamo – dice Mitrione – che possa fare da capofila”. Ed è pensando alla città, che Mitrone fa, poi, riferimento ai collegamenti che saranno assicurati dalla metro leggera, prima di considerare, in una dimensione più vasta, la necessità, da un lato di creare nuove rotte attraverso le zone interne, «con un sistema ferro-gomma in cui il ferro adduca alla gomma», dall’altro di scongiurare l’isolamento dell’Irpinia nel contesto regionale: «In una prospettiva più ampia, anche a distanza di molti anni, quando saranno cambiate le gerarchie territoriali in favore delle periferie, quanto ci sarà utile una linea veloce che passa per Benevento, se noi non siamo affatto allacciati a Benevento? Per non parlare della tratta Avellino-Napoli, che, potenziata, potrebbe essere coperta in un’ora e 10 a favore dei pendolari». Intanto, l’Avellino-Rocchetta si prepara, almeno per ora, all’ultimo viaggio di sabato mattina, non senza una manifestazione di «In_Loco_motivi», che denuncia anche lo spreco legato alla presenza lungo la linea ferroviaria di un sistema a fibre ottiche per il controllo del traffico, «che senza il passaggio dei treni resterà inutilizzato – commenta Mitrione – e forse servirà solo ai gestori di telefonia mobile per installare nuovi ponti».

  22. 23 pietro mitrione 09/12/2010 alle 8:59 PM

    Antonio Panzone L’Avellino-Rocchetta va difesa perché questa tratta è una importante risorsa che coinvolge buona parte del territorio irpino. A Sud del territorio di Taurasi, dove corrono i binari dell’Avellino-Rocchetta, c’era una volta una importante stazione, che contava una biglietteria, un angolo per il ristoro, un binario morto che portava a un capannone che raccoglieva le merci, tra cui il nostro buon vino, richiesto dal Nord, come in Piemonte, o come a Parigi per l’Expo di fine secolo XIX, dove venne premiato. Oggi al suo posto c’è, non presenziato, cioè chiuso, un prefabbricato senza sentimenti, anonimo, e tutt’intorno erbacce, rovi e solitudine, che rendono la stazione impraticabile. In tutto questo tempo, al di là dell’Ofantina bis, non c’è stato progresso, perché una strana filosofia di chi ha gestito il territorio, ha deciso che la ferrovia era un ramo secco e, come tale, da eliminare. L’Irpinia mi fa pensare alla tela di Penelope. Ma, fenomeno strano, la natura reagisce e fa la sua parte: il viaggiatore che oggi attraversa in treno i nostri posti rimane incantato dal suo aspetto spontaneo, naturale, suggestivo per i paesini, per le frequenti, alterne immagini del Calore e dell’Ofanto, per la varietà di flora e fauna, per cui la natura riempie di significato l’intera tratta. La stazione di riferimento per Taurasi da qualche tempo è Luogosano. Da Avellino, da Luogosano e da altre stazioni, non tante quanto un tempo, partono sempre più gruppi di persone attratti da questa tratta. Sono attratti dall’Avellino-Rocchetta tanti e da tante parti d’Italia: basta visitare su internet qualsiasi sito sui treni che tra le pagine riporta la nostra ferrovia. Eliminarla? Ma è la ferrovia che non funziona o manca la volontà di farla funzionare? Dire che in Irpinia voltiamo pagina, non significa cancellare il lavoro che è stato fatto da altri. In sostanza, se ci venisse tolta l’Avellino-Rocchetta si perderebbe anche questa risorsa, mentre si sa che Avellino è la stazione più disagiata dell’Italia intera. La tratta è stata considerata e lo è tuttora la ferrovia del vino, dei prodotti tipici, delle opportunità di mercato dei nostri prodotti, del turismo che può ancora avere un suo fascino per attirare i visitatori, del collegamento da tempo annunciato tra la Campania e la Puglia, se ben collegata, a integrazione con la strada gommata. A non trascurare questo aspetto dovrebbero essere proprio i sindaci dei comuni lungo la tratta. che avrebbero quest’altro modo di valorizzare il loro territorio. Pur avendo l’Irpinia tanti valori culturali, manca proprio di infrastrutture per metterli a frutto. Pure il collegamento dei pullman sul territorio lascia a desiderare, sa di vecchio. Ae continuano ad andarsene i giovani, dobbiamo pensare ad una terra che abbia come prospettiva un ospizio per vecchi? Hanno ragione allora quelli che vengono a creare da noi le discariche, a toglierci l’acqua, la nostra terra, forse, non è più un bacino elettorale appetibile? È per bandire l’idea di un’Irpinia che sa di niente che noi dovremmo sviluppare un progetto per l’Irpinia. Un progetto deve essere affrontato con un’interazione con tanti altri enti, che se non fanno un tentativo di promozione del territorio, sono enti inutili e, come tali, subito dopo la soppressione della ferrovia, da sopprimere. Né l’Ofantina bis ha lo stesso valore propulsivo della ferrovia. Penso che, almeno per il momento, non siamo in condizione di chiudere un bel niente. Anzi bisognerebbe industriarsi e pensare a che cosa può essere efficace per attirare gente. Un tavolo, quindi, di concertazione in pianta stabile e con tutte le parti,dove affrontare tante, tutte le problematiche del territorio in base a programmi e progetti dichiarando lo stato di emergenza della provincia.

  23. 24 pietro mitrione 09/12/2010 alle 9:04 PM

    Il ramo secco ha risvegliato una provincia. Se anche fosse solo questo il risultato di un anno di lavoro sulla Avellino Rocchetta, potremmo già dirci soddisfatti. Malgrado le notizie dalla Regione Campania non siano affatto buone e la sospensione del servizio su quella tratta sia un fatto incontrovertibile, tranne scatti di orgoglio dell’ultima ora, credo che inLoco_motivi con la battaglia per tenere in vita la linea Ferroviaria Avellino Rocchetta abbia avuto un merito, uno soprattutto: quello di aprire un dibattito sui trasporti nella nostra provincia ed in tutta la regione e poi quello di aver acceso i riflettori su una questione: la “dismissione” di una provincia. Il polverone che abbiamo alzato ha fatto emergere una realtà amara: l’Irpinia non rientra nei piani di sviluppo regionali, non lo dico io, lo dicono i fatti. Se è vero da un lato che la nostra provincia è il luogo prediletto per proclami di “magnifiche sorti e progressive” e penso all’Alta Capacità, alla Piattaforma Logistica in valle Ufita, ed anche ai vari progetti di sviluppo delle aree rurali, di sostengo alla economia locale, dall’altro si assiste ad una costante e continua e, oserei dire, capillare “dismissione” di tutta la nostra provincia. Uso questo termine perché il pretesto è la dismissione della Linea Avellino Rocchetta. Il parallelismo non è purtroppo azzardato ed è iniziato da tempo, solo che non ce ne rendevamo conto. Togliere lentamente i servizi alla nostra terra vuol dire ucciderla lentamente, sopprimere il servizio ferroviario portarà un po’ alla volta alla chiusura della Stazione di Avellino, siamo l’unica città della Campania a non avere un collegamento su ferro con Napoli, anche questo ci hanno tolto dal 13, e poi di tutte le stazioni ancora attive sulla tratta, e questo equivale a chiudere le fabbriche e togliere fondi per lo sviluppo industriale. Sopprimere un servizio ferroviario è come chiudere un ospedale, vuol dire spegnere un territorio, e quindi fare in modo che i giovani, che tutti vorrebbero far rimanere qui, vadano via ancora una volta, insomma vuol dire rendere la nostra terra un binario morto.
    E’ un oltraggio che l’Irpinia non merita, come non merita il trattamento offensivo del rifiuto del dialogo. inLoco_motivi ha chiesto più volte un incontro all’Assessore ai Trasporti per raccontare la propria esperienza di animazione turistica e didattica sulla linea ferroviaria sulla quale lui ha chiesto di sospendere il servizio. Un incontro con lui lo hanno chiesto anche i sindaci di alcuni comuni irpini che sono isolati, e non solo questione di linea ferroviaria. Ma l’assessore fino ad oggi ha rifiutato incontri con tutti, persino con i segretari regionali del settore trasporti dei sindacati. L’assessorato al momento è un muro di gomma. Il rifiuto di dialogo è qualcosa di assai più violento del rifiuto di una concessione, è molto più violento del fatto dire: i tagli mi impongo di agire in questo modo quindi non posso dare ascolto alle vostre istanze. Rifiutare il dialogo è come negare l’esistenza. Ma l’Irpinia esiste e non smetterà di parlare. La nostra voce si potrà udire ancora sabato mattina quando alle sei a mezza andremo a viaggiare sul binario morto, e si sentirà ancora nel corso del consiglio comunale straordinario che il Comune di Avellino ha voluto indire sull’argomento. Probabilmente gli amministratori Regionali continueranno a turarsi le orecchie e gli occhi e non vorranno vedere la strada che abbiamo indicato con molta semplicità ovvero che quella linea può essere occasione di sviluppo e luogo di occupazione. Se invece qualcuno fosse ancora in ascolto vorrei spiegare per l’ultima volta una questione semplice che riguarda lo sviluppo locale. E’ inutile sostenere che su quella linea verranno attivati progetti dedicati alle scuole e che si procederà alla attuazione del Pain, sospendere il servizio vuol dire condannare quella linea ad un degrado progressivo, perchè non è detto che Rfi prosegua con la manutenzione ordinaria della tratta. Sospendere il servizio è una condanna a morte anche se non si chiama “decreto di chiusura”, possiamo chiamarlo decreto di agonia. Il risultato è lo stesso : vergogna.
    PIETRO MITRIONE

  24. 25 pietro mitrione 09/12/2010 alle 9:09 PM

    Un piano da 100 milioni nel cassetto

    La Regione continua da sei mesi a tenere bloccato il progetto dell’Associazione Temporanea di Scopo costituita da 36 Comuni. Un vasto programma di interventi per la promozione del territorio già approvato dal Cipe e che vede il coinvolgimento anche di capitali privati. Ma per l’assessore al ramo è carta straccia

    Buongiorno, cari lettori. Le prime pagine del giornale di oggi sono dedicate ad un problema estremamente serio che riguarda lo sviluppo turistico della nostra provincia. Vi chiediamo scusa se per una volta sottraiamo spazio alle altre notizie e scegliamo di concentrarci su questo argomento. E vi chiediamo un sacrificio in più, anche a costo di mettere a dura prova la vostra pazienza: il sacrificio di leggere con attenzione le pagine che sintetizzano il grande progetto di sviluppo che va sotto il nome “La Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” e che, se attuato, potrà rappresentare concretamente

    l’inizio di un nuovo processo di rinascita di larghissima parte del territorio provinciale. Il “se” è d’obbligo, cari lettori. Ed è un “se” che deve preoccuparci molto. Perché ci sono segnali, provenienti dalla Regione Campania, che inducono al pessimismo. A meno che non arriveranno saggi ripensamenti da parte dell’assessorato regionale al Turismo. Ci spieghiamo subito. Poco più d’una settimana fa, intervenendo ad un convegno organizzato a Bagnoli Irpino, il vice presidente della giunta regionale, avvocato Giuseppe De Mita, che detiene la delega al Turismo, disse che nulla di serio era stato pensato e progettato da queste parti per il settore turistico e che d’ora in poi ci avrebbe messo mano ed avrebbe deciso lui per tutti. Le cose stanno molto diversamente da come ha sostenuto il vice di Caldoro. L’unica giustificazione che l’assessore De Mita può avere, per le cose che ha detto, è che non sia a conoscenza dei fatti. E noi vogliamo credere che sia così. Perché, diversamente, l’assessore al Turismo si renderebbe complice dell’ennesima ed imperdonabile occasione perduta del nostro territorio per colpa di una Regione disattenta, napolicentrista e chi più ne pensi ne metta. Vogliamo credere che l’assessore regionale al turismo ignori i fatti. Anche se ci riesce davvero difficile immaginare come un politico intelligente ed attento come lui possa ignorare l’unico esempio di grande concertazione territoriale che abbia avuto concretezza in una vasta zona provinciale che va dall’Alta Irpinia alle valli dell’Ofanto e del Calore e che abbraccia una quarantina di Comuni. Il progetto di sviluppo turistico del quale stiamo parlando, cari lettori, non è infatti uscito dal cilindro di chissà quale studio associato e magari specializzato in consulenze e in affarismo politico-istituzionale: è un progetto che parte dal basso, che nasce dalla elaborazione di cinque Comuni proponenti e che ha ricevuto le adesioni di altre trenta e passa amministrazioni locali dopo mesi e mesi di confronti culminati nelle deliberazioni democratiche dei rispettivi consigli comunali. E ciò dovrebbe già essere più che sufficiente per consigliare maggiore prudenza di giudizio senza correre il rischio di scadere a livelli di spocchiosa arroganza. Il progetto di sviluppo turistico del quale stiamo parlando, BuongiornoIRPINIA GIOVEDI’ 9 DIcEmbrE 2010 t Primo Piano t 3 t dossier: lo sviluppo turistico cari lettori, non è un libro dei sogni e non è allo stato intenzionale di concepimento. E’ un progetto da cento milioni di euro che ha già percorso tutto l’iter richiesto e che si trova oggi nell’anticamera del Cipe. Significa, come dimostrano gli atti ufficiali già abbondantemente pubblicati sul Burc della Regione Campania, che basta impegnarsi un pò con il Signor Ministro Tremonti ed il finanziamento è cosa fatta. Chi ha l’onere dell’impegno, manco a dirlo, è la Giunta regionale. Chi dovrebbe muovere le carte, per doverosa competenza diretta , è l’assessore al ramo, cioè l’assessore al Turismo. Ecco, allora, perché c’è da essere preoccupati. Se l’assessore al ramo, non più di dieci giorni fa, dice pubblicamente a Bagnoli Irpino che nulla è stato fatto e che ci penserà lui a far qualcosa, delle due l’una: o l’assessore al Turismo ignora ciò che c’è e farebbe bene ad aggiornarsi, oppure ritiene che sia carta straccia un progetto nato sul territorio, elaborato dal territorio, voluto e spinto dal territorio, fatto proprio dalla Regione Campania e candidato dalla Regione Campania nell’ambito del Pain-Fas (Programma attuativo interregionale – Fondo aree sottoutilizzate) per l’importo di cento milioni di euro già bell’e disponibile: cento milioni che diventeranno molti di più, all’atto della realizzazione del programma , dal momento che una parte importante della sana imprenditoria campana ha già sottoscritto accordi per investire capitali privati pari ad oltre il quaranta per cento dell’investimento pubblico. Ma c’è un problema, cari lettori, che non dovrebbe essere un problema ma che la politica – la malapolitica – fa diventare problema. Il problema è che questo progetto è stato fatto proprio e candidato al Pain-Fas , nel luglio del 2009 (delibera numero 1336), dalla Giunta regionale che all’epoca era ancora la Giunta Bassolino. Il problema è che la Giunta regionale che da ben sei mesi finge di ignorare l’esistenza di questo progetto nell’anticamera del Cipe è una Giunta diversa, per colore politico e composizione, da quella che c’era prima. Il problema è che l’imbarbarimento della lotta politica ha fatto smarrire il senso delle istituzioni e della continuità della vita istituzionale, valori che dovrebbero essere opportunamente tenuti al riparo dalle incursioni dei kamikaze di turno. Il problema è che si rischia oggi di buttare alle ortiche un progetto che si è classificato primo tra i sette progetti candidati al Pain-Fas proprio perché è nato dal basso e per le ricadute positive certe che può determinare in virtù della sua originalità e del rigore che ne caratterizzano la struttura. Va aggiunto, per completezza di cronaca documentata, che al programma avevano aderito molti altri Comuni – per l’esattezza altri trentaquattro – e che pochi mesi fa è stato ottenuto il via libera definitivo del “Ctca” (Comitato tecnico congiunto per l’attuazione ), organismo istituito dal Cipe per la selezione dei progetti Pain-Fas, con la sola prescrizione di riportare al numero originario di trentasei i Comuni interessati. Difficile comprendere, stando così le cose, come sia possibile che un Grande Programma, qual è quello del quale stiamo parlando, abbia superato brillantemente tutte le verifiche di fattibilità, compatibilità ed utilità previste, che peraltro abbia il consenso del territorio in cui nasce e che debba essere invece disconosciuto (o snobbato ) da un assessore regionale che sarà pure un’intelligenza politica superiore ma che di certo non ha frequentato l’Harward dello Sviluppo Turistico. Si protesta giustamente in questi giorni per l’annunciata soppressione della ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, che è un pezzo di storia di questa provincia. Ebbene, il Grande Programma del quale stiamo parlando, e che la Regione tiene bloccato, contempla – tra l’altro – anche il primo serio e concreto tentativo di rilanciare e valorizzare l’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, non con la retorica sentimentale e letteraria che arriva banalmente a scomodare Francesco De Sanctis, ma con un piano di interventi produttivi affidato all’intrapresa privata. In conclusione, cari lettori, ci sono parecchi buoni motivi perché la politica regionale colga l’occasione delle cose buone che il nostro sistema istituzionale locale ha prodotto, anche grazie alla storica guida illuminata di leader come Ciriaco De Mita, e ne faccia una opportunità di sviluppo. Questa è la prima prova importante, almeno per il territorio irpino, cui è chiamato il vice presidente della Giunta Caldoro. Staremo ad osservare passo dopo passo come si muoverà, per darne puntuale resoconto ai lettori ed agli ascoltatori della nostra provincia, e per sostenerne l’azione se coerente con le motivate indicazioni del territorio (giusto per dirla con un tal Basileo, del quale prima o poi vi racconteremo le gesta).

  25. 26 pietro mitrione 09/12/2010 alle 9:10 PM

    Nel 2009 l’ok della giunta, ma poi…

    L’esecutivo Bassolino accolse la proposta. Così anche il Cipe. Oggi la Regione la nasconde

    La delibera della giunta regionale campana risale al 31 luglio 2009. All’epoca del governo Bassolino, e dopo due anni dalla costituzione dell’Associazione Temporanea di scopo, la candidatura del progetto è arrivata all’attenzione dell’esecutivo di Palazzo Santa Lucia, dove ha ricevuto il via libera all’unanimità. In maniera particolare, in quella seduta di giunta del 31 luglio 2009 arrivò la proposta di candidatura “A.G.C. 13 – Turismo e Beni Culturali – Deliberazione n. 1336 del 31 luglio 2009 – PaIn Fas 2007-2013 “Attrattori Culturali, Naturali e Turismo”. Individuazione Poli “La Via del vino tra i ca-stelli dell’Irpinia verde” e “I Borghi del Sannio lungo le vie della fede, della storia e delle tradizio-ni” e Rete Interregionale “Offerta delle identità locali, dei paesaggi storici e naturalistici”. Nella premessa si diceva che: con Delibera CIPE n. 166/2007, ad oggetto “Attuazione del Quadro Strategico Nazionale (Qsn). Programmazione del Fondo per le Aree Sottoutilizzate”, è stato approvato il riparto delle risorse per la programmazione unitaria, con riguardo ai Programmi Operativi Nazionali, ai Programmi Operativi Regionali, ai Programmi Operativi Interregionali, ai sensi dell’art. 27 del Regolamento (CE) 1083/06; con la medesima delibera CIPE n. 166/2007 si è: individuato il Programma Attuativo Interregionale “Attrattori Culturali, Naturali e Turismo” (PaIn – Fas), comprendente oltre che le Regioni Convergenza – Conv – (Calabria – Campania – Pu-glia e Sicilia)- le Regioni Competitività Regionale e Occupazione – Cro – (Abruzzo – Basilicata – Molise e Sardegna); istituito il Comitato Tecnico Congiunto per l’Attuazione (Ctca), coincidente con il Ctca del PoIn Fesr, costituito dalle su richiamate Regioni, dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, cui è affidata la Presidenza, dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Competitività del Turismo, nonché dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; individuato, quale Amministrazione di Riferimento del PaIn Fas, l’Autorità di Gestione del PoIn Fesr; con Decisione della Commissione Europea n. (2008) 5527 del 06 ottobre 2008 è stato approvato il Programma Operativo Interregionale “Attrattori Culturali, Naturali e Turismo” Fesr 2007/2013 (PoIn.); il Programma Attuativo Interregionale “Attrattori Culturali, Naturali e Turismo” (PaIn – Fas) è stato trasmesso al Mise – Dps per gli adempimenti di propria competenza». Letta la premessa, si deliberava «di individuare, quali Poli da candidare per l’attuazione del PaIn Fas 2007-2013 “Attrattori culturali, naturali e turismo”, secondo una strategia di valorizzazione tesa ad una nuova visione di fruizione e accessibilità dell’eccezionale patrimonio culturale esistente: l’area geografica, costituita dai territori dei Comuni ricompresi nel circuito denominato “La Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”; l’area geografica costituita dai territori dei Comuni ricompresi nel percorso tematico denominato “I Borghi del Sannio lungo le vie della fede, della storia e delle tradizioni ”; di approvare, conseguentemente, la candidatura dei suddetti Poli “La Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” e “I Borghi del Sannio lungo le vie della fede, della storia e delle tradizioni”». Si dava pertanto mandato di trasmettere il tutto al Ctca per il prosieguo del procedimento di selezione dei Poli e delle Reti. Il Comitato ha accolto il progetto irpino, risultato primo come puntaggio, ma con la sola osservazione di tornare al numero dei comuni originari (cha da circa trenta erano diventati, infatti, quasi sessanta). Solo questa fu l’osservazione del Comitato Tecnico Congiunto per l’Attuazione, costituito, per l’occasione, dal Cipe. Poi? Più niente e pare che oggi il nuovo governo regionale abbia intenzione di “stracciare” questo progetto e di farne uno nuovo. Chissà perché…

  26. 27 pietro mitrione 09/12/2010 alle 9:11 PM

    Turismo, il progetto c’è 36 comuni ci credono Ma la Regione dimentica

    Nel 2007 nasce l’Ats per un progetto di promozione dell’area territoriale irpina lungo la direttrice della ferrovia Avellino – Rocchetta Sant’Antonio

    Le Amministrazioni Comunali dei Comuni di Bisaccia, Lacedonia, Montefalcione, Morra de Sanctis, Monteverde, Castelfranci ed Andretta, nella piena convinzione che lo sviluppo delle aree interne della Campania passa inderogabilmente attraverso una condivisa fase di programmazione sinergica tra i singoli territori, hanno avviato agli inizi dell’anno 2007 una fase di discussione finalizzata alla ricerca e definizione di mirati e strategici interventi infrastrutturali strettamente funzionali al compiuto avvio di duraturi meccanismi di sviluppo endogeno strutturati intorno alla fruizione turistico-ambientale dei territori serviti dalla tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio/ Lacedonia. Dopo varie occasioni di confronto si è pervenuti alla sottoscrizione dell’atto costitutivo di un’Associazione Temporanea di Scopo per lo svolgimento delle attività connesse alla specifica redazione di ipotesi progettuali di interventi e loro candidatura a finanziamento all’interno delle opportunità offerta dalle procedure connesse all’attuazione ed al sostegno delle Politiche di Sviluppo della Regione Campania e della politica di coesione per il periodo 2007-2013. In data 11 ottobre 2007, nella Sala Consiliare del Municipio di Morra De Sanctis con la presenza dei legali rappresentati dei su citati comuni e previa adozione delle deliberazioni dei vari Consigli Comunali si è proceduto alla sottoscrizione dell’atto costitutivo dell’ Associazione Temporanea di Scopo, individuando nel Comune di Morra De Sanctis l’Ente Capofila. Successivamente alla stipula dell’atto costitutivo i Comuni di Taurasi, Luogosano e Villamaina, sempre pervia adozione di apposita deliberazione di Consiglio Comunale, hanno espresso la volontà di adesione alla costituita Ats. Nella seduta del 22 novembre 2007 del Tavolo dei Sindaci Membri dell’Associazione Temporanea di Scopo oltre ad approvare le linee guida per la redazione del documento del progetto strategico ha deliberato l’inserimento di detti comuni. In data 08 febbraio 2008 fu deliberata l’adesione dei Comuni di Teora, Frigento, Sant’Angelo e Tufo; nella medesima seduta fu comunicato al Tavolo la volontà di adesione da parte dei Comuni di Sant’Andrea di Conza, Conza della Campania, Aquilonia, Venticano, Pietradefusi, Pratola Serra, Prata Principato Ultra, Chianche, Torrioni, Preturo Irpino, Rocca San Felice, Gesualdo, Calitri e Paternopoli. L’adesione di detti ultimi Comuni è stata deliberata all’unanimità dal Tavolo riunitosi il 13/05/2008 in Morra De Sanctis. Successivamente hanno aderito anche Caposele e Calabritto. L’ipotesi progettuale di Grande Programma si pone come obiettivo l’analisi e l’elaborazione di proposte per il compiuto sviluppo dell’area territoriale irpina che va dalla Valle del Sabato, passando per Montefalcione e, seguendo il percorso delle linea ferroviaria Avellino/ Rocchetta Sant’Antonio, arriva sino a Monteverde, attraversando la Valle del Calore e tutta l’alta Valle dell’Ofanto sino ai margini del lineare orizzonte disegnato dal tavoliere pugliese. Una fase preliminare di ricerca dei dati e delle informazioni, nonché la strutturazione di un tavolo di confronto tra i Sindaci dei comuni sottoscrittori dell’atto di costituzione dell’Associazione Temporanea di Scopo e incontri e contatti hanno condotto alla individuazione di una linea strategica di sviluppo da porre quale base strutturale delle scelte territoriali dell’area, nell’orizzonte programmatico delle politiche di coesione per il periodo 2007/2013 in una visione di politica territoriale di area vasta. Le aree interne della Campania, ed in particolare l’area a cavallo delle valli del Sabato, del Calore e dell’Ofanto, presentano un aspetto estremamente singolare fortemente caratterizzato dall’indissolubile intreccio di bellezze naturalistiche e paesaggistiche, di notevoli episodi storico-architettonici, di originali testimonianze archeologiche e di eccellenze enogastronomiche. Tali singolari risorse, diffuse sul territorio, costituiscono un rilevante potenziale in grado di attirare segmenti turistici di qualità nell’ambito del processo evolutivo che sta caratterizzando il settore, ma necessitano di mirati interventi a carattere materiale ed immateriale, per rendere fruibile e commercializzabile, in termini di business, il territorio. La singolarità della parziale e storica marginalità dell’area, rispetto ai grandi flussi di traffico, conferisce alla stessa un innegabile valenza: quella di poter porre in essere processi di sviluppo turistico nell’ottica della sostenibilità, al contrario di aree turisticamente mature, dove difficilmente si riesce a far coesistere la difesa del contesto con gli ingenti flussi turistici, o a gestire in modo equilibrato i rapporti tra turisti e residenti. In tale orizzonte programmatico è fondamentale che l’area oggetto del presente studio possa divenire una destination, ossia un “luogo” in grado di attrarre autonomamente domanda. Il livello di attrazione sin qui maturato dall’area si struttura esclusivamente nella sommatoria della capacità di attivazione di interessi da parte delle singole realtà territoriali e mutuata dall’interesse culturale dei vari episodi storici e paesaggistici; tale sommatoria non è attualmente nella condizione di proporsi quale sistema di offerta turistica.

  27. 28 pietro mitrione 09/12/2010 alle 9:17 PM

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    COME TRASFORMARE UN TRENO INUTILIZZATO IN UNA POSSIBILITA’ DI LAVORO PER QUALCHE GIOVANE IRPINO.
    DI ANTONIO CAPONE

    La provincia di Avellino, tutta sicuramente, è una delle più belle della nostra Italia, ma è anche una delle più povere. Poche sono le industrie operanti sul territorio, e pochissime quelle a più ampio respiro per quantità e qualità di produzione. Fiat a Flumeri, FMA ad Avellino, Ferrero a S.Angelo e poche altre in tutta la provincia non sono certamente in grado di assorbire la grande quantità di manodopera presente, specie in un momento come questo dove si riducono le maestranze e si fa uso industriale della cassa integrazione.
    Possiamo, senza tema di dubbio, affermare che, purtroppo, l’Irpinia non può essere considerata una terra industrializzata.
    Forse l’Irpinia ha perso l’occasione favorevole nel periodo post-terremoto, quando sono arrivati finanziamenti molto generosi che sarebbero dovuti essere usati, oltre che per la ricostruzione,anche ad attuare un piano particolareggiato di sviluppo industriale.
    Furono realizzate le zone industriali di Calaccio, Nusco,S.Angelo, S.Manco etc., centinaia di capannoni industriali dove doveva iniziare la produzione dei più svariati prodotti che dovevano far diventare l’Irpinia uno dei centri della produzione nazionale. Solo, che come al solito, la politica dimenticò di creare uno studio di mercato atto a stabilire quali fossero i prodotti da costruire, quali fossero le esigenze del mercato nazionale ed internazionale ed indirizzare l’eventuale produzione verso i prodotti richiesti.
    Si diete la possibilità a tutte le aziende che ne fecero richiesta, la grande maggioranza del nord-est, di aderire all’iniziativa con progetti propositivi del tutto personali senza tener conto nè del tipo di produzione che potesse essere richiesta al momento,nè del territorio in cui si andava ad operare;
    in alcuni siti si è portata la ferrovia per le merci e non è stata mai utilizzata con spese abbastanza elevate togliendo fondi alle spese più urgenti. Intanto le imprese assegnatarie dei finanziamenti , attrezzarono i capannoni con carro-ponti e macchinari atti alla trasformazione delle materie prime per dare inizio alla produzione. Furono stoccati materiali, finanziati dallo Stato, furono assunti operai,assunzioni chiaramente sgravate da qualsiasi onere e contributo da parte dell’azienda, ma tranne alcune aziende, per lo più locali, hanno tutte chiuse i battenti .
    Dopo trenta anni possiamo organizzare la visita commemorativa del cimitero delle industrie volute e sponsorizzate dalla classe politica che all’epoca , governava il bel Paese. Considerando che chi comandava allora erano nostri compaesani, non ci sentiamo troppo fieri di come sono andate le cose.E’ servita soltanto a creare clientela politica, che ancora oggi è asservita , molti di quegli operai sono nelle liste, ancora oggi, dei socialmente utili, o addirittura, ancora in cassa integrazione.
    Infatti, il piano industriale dell’Irpinia servì solo a creare un piccolo esercito di disoccupati legati ad un carrozzone politico che lo ha usato ,ed ad arricchire, ancora di più, gli amici industriali del nord,che , come al solito, non si fecero sfuggire l’occasione, per buggerare anche quella volta, i creduloni terroni. Infatti dopo pochi anni di tira e molla , ora si comincia a lavorare, ora non è ancora pronta la gru, ora bisogna completare la strada che non passano i TIR, si chiusero i battenti, insalutati ospiti, lasciando capannoni inutilizzati e disoccupati senza più speranze di trovare un lavoro. Ma il male peggiore è stato fatto alla generazione di giovani nati a cavallo del terremoto, a quelli che oggi hanno trenta anni. Questi giovani si sono resi conto che la loro generazione è stata completamente saltata dal mondo della produttività. Non sono contadini come i loro nonni, non sono operai come i loro padri, molti sono dei laureati a pieni voti ,non sono inseriti in nessun discorso di produttività perchè non esiste più la produzione, perchè la politica ha tralasciata questa generazione perchè era completamente presa a consumare male le risorse avute prima, ha avuto tanto da fare per conservare e consolidare il potere personale acquisito con tanta fatica, e sta lottando contro tutto e tutti per avere la meglio su questa crisi internazionale che attanaglia la Nazione ed il Mondo intero, anche se noi stiamo meglio del Portogallo, della Spagna etc.
    E con questo siamo autorizzati a non fare niente e, soprattutto,a non dover pensare ad eventuali possibili soluzioni per eventuali discorsi di interventi produttivi.
    NON SONO D’ACCORDO.
    Io amo questa provincia, non ho mai voluto allontanarmene, se non per breve tempo, sono legato alle nostre tradizioni, voglio vedere la Zeza a carnevale, voglio vedere gli amici al corso, voglio che tutte le mamme non debbano essere preoccupate perchè i propri figli, per crearsi un futuro, sono costretti a vivere fuori, a fare, ancora una volta, l’immigrato o .addirittura, l’emigrato.
    Io credo che la generosità e la tenacia di questa orgogliosa gente irpina possa avere la meglio su questa mala sorte che da secoli ci hanno cucito addosso. Questa provincia ha tutto quello che serve per avere e per crearsi una vita dignitosa da offrire ai propri figli. E’ terra di grandi risorse, è terra di panorami da immortalare, è terra di cultura.
    Forse abbiamo, od hanno, voluto percorrere una via che non è la nostra.L’industria non è la sola cosa di cui ha bisogno questo territorio. Siamo montanari e contadini, la nostra tradizione è legata al territorio , alle montagne che ci circondano e fanno da corona protettiva alle nostre vallate verdi e fiorenti,siamo attraversati dai corsi d’acqua più grandi del sud,possiamo contare una quantità enorme di sorgenti d’acqua limpida, terreni rigogliosi orgoglio della nostra agricoltura, pascoli sempre verdi, colture da insegnare e cultura e tradizione da dividere con gli altri. Questo pùò contribuire a creare il nostro riscatto, questo può aiutare qualcuno dei nostri figli a tornare per prendersi cura delle proprie tradizioni e dei propri territori.Credo che la valorizzazione del territorio sia essenziale. Ecco, la politica deve aiutarci a creare delle infrastrutture idonee a valorizzare l’immensa bellezza che ci circonda, mettendoci in condizione di tirar fuori tutto quello che questa terra generosa è in grado di offrirci.
    Vediamo cosa questa terra è in grado di mettere a nostra disposizione,L’Irpinia tutta è terra di vino.La qualità e la quantità di uva pregiata coltivata in provincia è tale da soddisfare una grande produzione di vino di prestigio.
    I vini di maggior prestigio sono menzionati dai massimi esperti nel mondo della produzione vinicola nazionale ed internazionale, basta vedere i bicchieri che vengono assegnati nelle varie manifestazioni internazionali.
    Primo fra tutti il «FIANO», prodotto dai vitigni di Lapio e di buona parte dell’Irpinia a partire da Altavilla fino alla Serra, comprendendo Montefredane, Grottolella, Candida, Pratola, Prata, Atripalda, Manocalzati fino ad arrivare a Chiusano, S.Manco, Montemarano, Ponteromita, e girando fino a Paternopoli,Mirabella etc.
    Il «GRECO» sicuramente il vitigno più vecchio della regione ,portato in irpinia dai primi colonizzatori greci, secoli prima del dominio romano.Zona per eccellenza è Tufo con i vitigni sopra le miniere di zolfo che danno al vino un gusto unico. La coltivazione del greco è estesa negli stessi luoghi ove si coltiva il fiano, anche se ha una superficie più ampia perchè sono compresi anche i terreni di Aiello, Cesinali, Contrada, Forino etc.
    Altro bianco, sebbene ritenuto meno pregiato, è «CODA DI VOLPE» vitigno molto simile al fiano,cresce nella stessa zona del fiano e del greco, ha acini più piccoli e gusto più dulciastro
    Il vino rosso Irpino è forse il cavallo di battaglia della nostra enoteca.Citerò solo quello che ritengo il migliore:l’»AGLIANICO»
    l’aglianico si produce in tutta la provincia ed in tutta la provincia si produce un ottimo vino aglianico,chiaramente non è tutto pregiato. Il pregio deriva dai luoghi di coltura.
    La produzione migliore è sicuramente quella di Taurasi e dei colli taurasini, poi c’è il taurasi di Montemarano, quello di Ponteromita, ed in generale, quello dei siti argillosi ed esposti al sole.
    Altro prodotto tipico e presente in quasi tutta la provincia è la nocciola.
    E’ coltivata da Avella ad Avellino, nell’interland avellinese fino a Forino, Montoro, da Aiello a Solofra, da Avellino a Montemarano etc.
    La nocciola avellinese viene usata in pasticceria, gelateria e per prodotti di cioccolata di qualità ,è la nocciola più conosciuta nel mondo ed è l’unica che ha un sapore ed una consistenza inimitabile. Anche la Turchia ed altri paesi del mediterraneo la coltivano, ma la qualità di quella italiana della provincia di Avellino e di Alba in Piemonte è senza tema di dubbio la migliore e la più richiesta.
    Prodotto irpino noto in tutto il mondo è il tartufo nero. Il più famoso è quello bagnolese che si trova in tutta la piana del Laceno, sulle momtagne del Terminio, a Montella ed in tutte le montagne della zona a partire dal serinese fino a Capossele ed oltre.
    Anche sul Partenio, Summonte,Montevergine fino a Cervinara e Rotondi si possono trovare i tartufi neri. Con i tartufi, oltre creare pietanze prelibate, si è creata tutta una linea di prodotti enogastronomici. Grappe al tartufo, liquori di tartufo, creme ed altre innovazioni danno a questo tubero la possibilità di far esaltare il suo sapore ed , ai consumatori, di conservarlo per poterlo gustare più a lungo.
    Ed ancora le castagne, che come per i tartufi ed i funghi porcini, sono coltivate da tempo immemorabile sulle montagne che circondano il capoluogo e, come per la nocciola, sono quelle più richieste .
    Non dimentichiamo che tra le nostre attività più diffuse c’è la pastorizia e tutto ciò che ad essa è legata. Formaggi, caciocavalli, mozzarelle e tutti i derivati del latte sia esso di mucca, di capra o di pecora, sempre con prodotti di grande qualità.
    Le produzioni agricole irpine sono tante e tutte di qualità,visto che il territorio tutto ha un bassisimo tasso di inquinamento, essenzialmente dovuto alla scarsa industrializzazione del territorio
    Ma non solo queste le virtù della gente irpina.
    Le nostre nonne e le nostre madri hanno imparato il ricamo, a lavorare a tombolo ed a creare, con l’uncinetto o con il telaio, quadri di angeli e puttini che possiamo rimirare sui nostri letti a sulle nostre tavole. E cosa dire della pasta a mano. Ogni paesino ha la sua, ogni mamma sa prepararne tanti tipi diversi. Ma penso di aver reso l’idea e quindi non mi perderò nei vicoli delle cose, senza limite alcuno, che gli irpini non sappiano fare.
    Come poter valorizzare questo territorio e creare turismo ed occupazione?
    Una idea che ha avuto ed ha anche in parte realizzato l’amico Pierino Mitrione non deve essere abbandonata: IL TRENO.
    Il treno per antonomasia della provincia di Avellino è la linea che dal capoluogo, attraversando quasi tutta l’Irpinia, arriva nel foggiano a Rocchetta.
    La direzione delle FF.SS. vogliono sopprimere questa linea: Chiaro è passiva, la gente preferisce le gomme, molto più veloci con tutte le strade costruite.
    Ed ecco cosa penso si possa decidere di fare.
    In sinergia con i comuni che hanno una stazione lungo la linea ferroviaria e l’Amministrazione Provinciale chiedere l’uso dei binari e di un treno passeggeri il cui onere potrebbe essere a carico di questo nuovo soggetto che si andrebbe a costituire, si creerebbe un treno ad uso esclusivamente turistico. Perchè il treno?
    Il treno perchè il suo lento e tortuoso tragitto, toccando gran parte del territorio irpino, consente al viaggiatore di ammirare il paesaggio e vedere località nascoste che non possono essere godute da un viaggio su gomme. Traffico e velocità lo impediscono.
    Partire da Avellino.Prima stazione Prata P.U., poi Montefalcione, Montemiletto,Lapio paese del fiano, si prosegue per S.Manco e Chiusano, Montemarano con la sua tarantella e la maccaronara,poi fino a Montella castagne e tartufi, si attraversa la montagna fino a Bagnoli funghi, tartufi lago Laceno, piste da sci, seggiovia fino alla vetta più alta dell’irpinia,Nusco tra i più bei paesi e con una ristorazione non seconda a nessuno menzionata dalle maggiori riviste di gastronomia,ed ancora SW.Angelo, Lioni, Morra DeSantis, Calitri e tutti i paesini lungo l’Ofanto fino alla stazione finale.
    Come impreziosire un viaggio esperienza-conoscenza di questo tipo? perchè è anche utile la conoscenza del territorio che si va a visitare.
    La Provincia, i singoli Comuni e le prologo combinano le accoglienze adatte e studiate per far conoscere e vivere il territorio. Organizziamo una giornata a Montemarano.
    Alla stazione ci sarà una guida dell’ente locale ad accogliere i visitatori che quel giorno decidono di
    visitarlo, gli altri viaggiatori proseguiranno per altre stazioni. La guida farà visitare il paese presentando la storia dello stesso ed illustrando le bellezze architettoniche con la visita dei fabbricati storici, della cattedrale e di quanto sia di interesse storico. Visita ai vari artigiani ancora in attività.Pranzo in locale tipico con piatti locali accompagnati esclusivamente da vini tipici prodotti nel comune. Dopo passeggiata digestiva e visita alle cantine della produzione del vino bevuto o del frantoio dove si fa l’olio usato a tavola. A sera si ritorna alla stazione a ritrovare sul treno , gli altri passeggeri che hanno fatto altre conoscenze in altri comuni.Lungo il tragitto di ritorno si scambieranno le esperienze vissute con chi si è fermato a Bagnoli o a Lioni o a Morra confrontando e decidendo quale sarà la tappa del prossimo viaggio del treno .Certo che ognuno potrà prendere più volte il treno e poter cosi visitare e conoscere un’irpinia che non poteva immaginare così completa e così’ generosa.
    Non so se sono stato capace di esprimere l’idea che mi ero fatto della possibilità di creare, con il turismo, nuove possibilità di inserimento per le giovani generazioni. Certo il turismo non può nascere per caso, serve , oltre alle bellezze naturali di questa terra generosa, la cosiddetta «Industria del Turismo».
    Viviamo in una posizione favorevole. Mi spiego. Avellino è collegata alle due più grandi citta della Campania con una rete stradale efficace e che annulla le distanze e rende brevi i percorsi. Queste città sono caotiche, piene di traffico, si vede solo il cemento ed il caos.Penso che sarebbero felici di trovare, a prezzo accessibile, la possibilità di evadere. Certo bisogna proporre progetti accoglienti, possibilità di alloggi, infrastrutture per spostarsi, strutture per accogliere i bambini e strutture per gli adulti, che possono essere ricettivi. Tranne poche cose presenti a Laceno, in provincia non vi è una grande possibilità di accoglienza.Eppure vantiamo anche una grande tradizione di spettacoli popolari che, generalmente, raccolgono un grande pubblico, la zeza di Bellizzi, la tarantella di Montemarano, i carri di Castelvetere, il carro di Mirabella etc.
    C’è chiaramente bisogno della politica se si vuole fare dell’Irpinia un centro turistico che possa attirare gente. L’idea del treno è solo la possibilità di non far chiudere una linea che per l’Irpinia è stata ed è storia. Il nostro concittadino Ministro Rotondi, in una intervista per il trentennale del terremoto, osservava che l’Irpinia non può vivere di turismo. Sono d’accordo, ma il turismo sicuramente può aiutarci a vivere.
    Credo che questa proposta non potrà certamente risolvere il problema, ma credo che possa essere l’inizio di un discorso da affrontare in maniera più ambia ed articolata.Adesso abbiamo il treno, iniziamo a non far scappare questa possibilità.
    Pensate che una iniziativa del genere è già realtà a S.Manco ,c’è il villaggio «S.Stefano» che è quasi sempre al completo tutto l’anno fittato da ospiti dell’interland napoletano e salernitano.
    La strada è sicuramente quella giusta, siamo tutti alla ricerca di tranquillità, l’Irpinia è ancora luogo di pace.

  28. 29 pietro mitrione 10/12/2010 alle 8:41 am

    Vini, formaggi e tartufi: un “viaggio” di piacere con il treno slow-food

    La provincia di Avellino si segnala per la fama dei sui prodotti tipici: si è pensato, così, ad un percorso che passa per Tufo, Montella e…

    Gli attori coinvolti nel Progetto si confrontano sulle strategie finalizzate ad aumentare l’attrattività territoriale per la creazione di opportunità di crescita e di occupazione fondate sull’ottimizzazione delle potenzialità turistiche del bacino di riferimento. Si propone di promuovere modelli innovativi di sviluppo locale centrati sulla salvaguardia e sulla valorizzazione delle risorse culturali dei territori, perseguendo il duplice scopo di rafforzare le azioni di recupero, conservazione e gestione dei beni culturali e di qualificarne l’offerta, mediante lo sviluppo di servizi e di attività capaci di promuoverne la conoscenza e il grado di attrattività. In tale ottica di integrazione tra risorse identitarie locali è pensato il progetto di riqualificazione dei triplici sistemi infrastrutturali che caratterizzano le due valli e che accompagnano il visitatore alla scoperta di un territorio complesso ritmato dalle produzioni locali, quali vini, olio, castagne, nocciole, formaggi, tartufo, ecc.. La provincia di Avellino si segnala soprattutto per la fama dei suoi vini, punte di diamante dell’enologia campana. Il riconoscimento della Docg ai vini Greco di Tufo e Fiano di Avellino (tra i Comuni di Tufo e di Torrioni sono ubicati i prestigiosi vigneti dei Feudi di San Gregorio), che vanno ad aggiungersi al Taurasi (delle aree dei Comuni di Taurasi e Paternopoli) tra le eccellenze campane, hanno proiettato la vitivinicoltura irpina ai vertici del comparto, grazie a rigorosi disciplinari di produzione, che impongono basse rese nelle vigne ed in cantina e lunghi invecchiamenti. Tra gli altri prodotti si segnala: la castagna di Montella, con l’indicazione geografica protetta Igp, considerata tra le migliori castagne prodotte in Italia; la presenza dei noccioleti che caratterizza il paesaggio irpino; i formaggi come il caciocavallo podolico e il carmasciano; il tartufo nero, aromatizzatore di primi e secondi piatti. Un differente modo di intendere la mobilità si affaccerebbe al territorio: un treno per lo slow food con stazioni dedicate alla degustazione dei prodotti tipici, con grande valenza ambientale, nodi di percorsi sostenibili affrontati a bordo di vetture elettriche verso centri storici e suggestive aree naturali. La realizzazione di due percorsi ferroviari sui binari esistenti, resi confortevoli, offriranno ai viaggiatori il contatto e l’incontro delle emergenze e delle eccellenze locali. Le piccole stazioni restaurate prima, e i paesi da raggiungere mediante l’uso di vetture ecocompatibili poi, sono i luoghi in cui si svolgono tali incontri. Le piccole linee del ferro interpreteranno il ruolo di dorsale infrastrutturale di un sistema di collegamenti intermodali e sostenibili in un comprensorio turistico ampio e complesso nel quale, lasciate le residenze privi di auto, i turisti potranno raggiungere tutti i luoghi nel rispetto della natura e del paesaggio. All’interno del sistema, Montefalcione assume un ruolo specializzato con un centro congressi nel quale affrontare tematiche connesse alla valorizzazione dell’enogastronomia: l’idea è di realizzare un mix di funzioni tutte legate al territorio di riferimento, un centro congressi dotato di un percorso sulla storia del vino (Dai Fenici a oggi) connesso alla parte destinata ai convegni. Le risorse locali riconosciute saranno offerte a interventi di buona architettura contemporanea: Un padiglione per la degustazione integrato a ricettività e strutture per il tempo libero (come la vinoterapia a Castelfranci), fornirà ai consumatori una guida al processo conoscitivo della qualità, tracciando un sentiero di raffinatezza nella giungla dei prodotti di consumo. L’eccellenza della produzione artistica delle ceramiche di Calitri, rappresenta un rilevante contributo in termini di eccellenze territoriali. La produzione artistica delle numerose botteghe artigiane e il singolare fascino gastronomico del caciocavallo podolico stagionato nelle grotte di tufo del centro storico, a cui sarà dedicata un’originale struttura “la formaggioteca” (in corso di completamento), per la promozione dei prodotti caseari delle aree interne del Mezzogiorno, uniti all’intervento di recupero in atto di una parte consistente del Borgo castello con contestuale allestimento del Museo della ceramica, fanno di questo suggestivo centro irpino un’emergenza territoriale di rilevante importanza. Link territoriali della rete, complementari tra di loro per potenzialità offerte sono ad esempio Lacedonia, Monteverde i cui borghi storici possono collocarsi sul mercato del turismo culturale non appena realizzata la rete e attivati i flussi di visitatori, il Lago San Pietro, riconosciuto quale Sito di particolare Interesse Comunitario per l’elevato valore naturale e storico, la Via dei Mulini nel comune di Castelfranci, il complesso monumentale di San Francesco a Folloni che al suo fascino aggiungerà un museo e un centro di documentazione demoetnoantropologico della Valle del Calore.

    Dal Mulino di Tufo alla Mefite Rocca San Felice

    Elementi di archeologia industriale di notevole valore storico, in parte già oggetto di disponibilità di risorse finanziarie per il loro recupero, sono offerti dal Mulino Giardino di Tufo, manufatto produttivo di notevole interesse a servizio delle poco distanti Miniere di Zolfo, e dalla cartiera dismessa nel territorio comunale di Pratola Serra. Notevole è l’interesse storico ed attrattivo della Basilica Paleocristiana di Prata, che insieme alle Mefite di Rocca San Felice dovrebbe rappresentare l’asse di interesse archeologico del territorio dell’Ats del bacino interessato. La Mefite, ubicata nella Valle d’Ansanto, tra i comuni di Villamaina e Rocca San Felice, è indicata da Virgilio quale porta di accesso agli inferi: questa singolarità ne fa un veicolo privilegiato di promozione territoriale complessiva. La singolarità storica di Conza della Campania e di Aquilonia, due città di nuova fondazione, conferiscono al progetto l’apporto di due originali parchi archeologici uno romano, quello di Conza della Campania, e uno medievale, quello di Aquilonia ex Carbonara. Questi due luoghi possono rappresentare altresì un originale sperimentazione per la realizzazione di borghi ricettivi realizzati in un contesto di “Ghost Town”, attrattori turistici dalle caratteristiche suggestive di cui alcuni esempi realizzati in Abruzzo stanno stimolando un forte interesse e richiamo in tale direzione. In tale contesto il Museo Etnografico di Aquilonia fornirà contenuti culturali e testimonianze storiche e demoetnoatropologiche. La presenza, altresì, all’interno del territorio dell’ AtS del Santuario di Materdomini, uno dei cinque santuari del sud Italia più visitati da fedeli, integra l’ipotizzato Sistema turistico di offerta locale nei percorsi religiosi di eccellenza che vedono in San Giovanni Rotondi e Pompei i due storici e consolidati capisaldi. Infine, Sant’Andrea di Conza, con la sua eccellente tradizione dell’artigianato artistico della lavorazione della pietra e del ferro battuto, nonché per il consolidato ruolo di città del teatro chiude un primo itinerario turistico sostenibile tra le bellezze e la cultura dell’Irpinia.

    Mettere a sistema l’offerta locale con una rete di comunicazioni

    La riscoperta e la qualificazione in rete delle risorse identitarie del territorio dell’Alta Irpinia è un processo complesso la cui strategia di attuazione deve necessariamente essere concertata e applicata da un tavolo sovra-comunale. Tale consapevolezza rende strategica la strutturazione dell’Associazione Temporanea di Scopo per un confronto su temi quali sostenibilità del turismo, identità storica e culturale e mobilità. La finalità di confronto prioritaria su cui l’Associazione pone la propria attenzione è lo sviluppo policentico territoriale come risultato di best practices che vedono nell’integrazione tra i temi sopra elencati i fattori chiave per il successo delle strategie possibili. Per la sua duplice natura locale e territoriale, l’Associazione Temporanea di Scopo tra i sindaci del bacino identificato si impegna a: implementaree rafforzare le reti di piccoli, medi e grandi identità locali, nell’ottica dello sviluppo di un network istituzionale in grado di attivare un dialogo permanente sul tema dello sviluppo del territorio di riferimento; monitorare e verificare, allo stesso tempo, che gli interventi di trasformazione locali ricadenti nei Comuni dell’area, rispettino la rotta e applichino le regole individuate e sottoscritte nei tavoli; armonizzare gli strumenti urbanistici – anche nella loro attuazione – in ri- ferimento al modello comune di sviluppo locale e sostenibile concertato al tavolo sovra-comunale. Tra gli interventi da programmare e realizzare nel breve termine, emergono quali prioritarie alcune azioni, che rappresentano una fase di promozione degli interventi già realizzati e a quelli da realizzare, quali: la messa a sistema dell’offerta locale, mediante la strutturazione di strumenti di comunicazione e promozione dei prodotti turistici del territorio ma anche un utile sistema di interscambio di esperienze ed informazioni tra le imprese della filiera; l’attivazione di immediati strumenti di marketing turistico, attraverso la creazione di centri di assistenza ed informazione telematica per i turisti nei punti critici dell’ area, in sinergia con quanto in corso di realizzazione da parte della Provincia di Avellino; strutturazione di azioni di programmazione interregionale con i viciniori territori della Basilicata e della Puglia.

  29. 30 pietro mitrione 10/12/2010 alle 9:54 am

    Dal 13 dicembre 2010 si prospetta la concreta possibilità della chiusura della linea ferroviaria AVELLINO-ROCCHETTA.
    In questi mesi le nostre iniziative ci hanno procurato tante pacche sulle spalle di assenso ed oggi come ricompensa chiudono la tratta.
    Domenica 28 nov 2010 sulla pagina della cultura del Corriere della Sera c’era un articolo riferito alla tratta Fano-Urbino.
    Il giornalista ha narrato l’esperienza che un gruppo analogo al nostro ha messo in atto per far riaprire quella ferrovia, dopo trent’anni . I “trenoscettici” di allora stanno cominciando a dare ragione ai “fissati” di sempre. Non vorremmo fare la stessa fine…..aver ragione fra 30 anni!!!!!!!!!
    Proprio martedì 30 -11 ad un convegno organizzato per discutere del turismo in montagna, tenutosi a Bagnoli Irp., il vicepresidente della Regione Campania ha ribadito il suo impegno per una riqualificazione della tratta a fini turistici utilizzando fondi PAIN.
    Mi sembra di vivere nel mondo del proverbio che dice: mentre il medico studia…….. il malato muore.
    Comunque finisca, grazie a quelli che hanno condiviso il progetto di rivitalizzazione della nostra ferrovia anche a fini turistici con questa nostra piccola banda irpina di “FISSATI” di “Inloco_motivi”
    Un abbraccio da tutti noi.Pietro Mitrione

  30. 31 pietro mitrione 10/12/2010 alle 4:10 PM

    L’ultimo “ciuf ciuf” sull’Avellino – Rocchetta si sentirà sui binari domani mattina quando sarà decretato il via ad un vergognoso periodo di chiusura. La storica tratta, istituita da Francesco De Sanctis, è ormai destinataria di un verdetto poco clemente a causa di una politica dei numeri che non ha rispetto della storia e delle istanze della gente. Una decisione anacronistica che collide con le speranze delle popolazioni che ricadono sulla tratta che parte dalla Campania ed arriva in Puglia passando per la Lucania, in un percorso intersecato dal sinuoso e placido scorrere del fiume Ofanto e da un paesaggio suggestivo già oggetto di una campagna di turismo su strada ferrata che ha soddisfatto gli organizzatori con ingenti numeri di visitatori pronti a prendere il treno per passare una domenica diversa all’insegna della vita salubre e dei buoni prodotti tipici degustati nelle suggestive cornici dei centri storici dei paesini appollaiati sulla Avellino Rocchetta. Domani in una sorta di viaggio della protesta l’Associazione LiberaMente di Rocchetta, assieme alle gemelle associazioni irpine accompagnerà l’ultimo convoglio da Avellino (partenza 6,30) per arrivare a Rocchetta (alle 9,00) e raccogliere lungo il tratto tutto il dissenso e le manifestazioni di protesta mosse contro la soppressione dello storico tracciato ferrato. «La nostra associazione – dichiarano i giovani di LiberaMente – cercherà con ogni mezzo di ostacolare la chiusura della tratta. In questo momento non stiamo parlando di un servizio “moribondo”, ma di un mezzo per creare realmente condizioni per un turismo di nicchia che ha già dato buoni frutti in questi ultimi anni di sperimentazione. Ad Avellino non si fa altro che parlare di Rocchetta in questi giorni e noi non saremo da meno nel difendere la nostra storia ed identità cercando di salvaguardare un tracciato che raccoglie un secolo di “civiltà” che nello stesso tempo può tramutarsi in un trampolino di lancio per il futuro turistico della nostra area. Abbiamo già programmato con i nostri amici irpini un viaggio verso le bellezze della Capitanata con scambio a Rocchetta per raggiungere i siti archeologici di Ascoli e Ordona oltre che implementare una serie di collegamenti charter per la visita dei piccoli centri dei Monti Dauni, ma se il treno verrà soprresso anche i nostri progetti per far rivivere il territorio cadranno».

    PROGRAMMA APPUNTAMENTO ALLE ORE 6,15 NELL’ATRIO DELLA STAZIONE FERROVIARIA DI AVELLINO
    POSSIBILITA’ DI PARCHEGGIARE NELLO SCALO FERROVIARIO
    andata:
    partenza ore 6,35 da Avellino
    fermate:
    luogosano 7,07-castelfranci 7,19-montemarano 7,26-cassano irp. 7,31-montella 7,37-bagnoli irp. 7,43-nusco 7,51-campo di nusco 7,56-lioni 8,06-morra de sanctis 8,13-conza 8,24-caLITRI 8,36-rapone 8,42
    arrivo a Rocchetta 9,14
    ritorno:
    partenza da Rocchetta ore 9,27
    fermate:
    rapone 9,55-calitri 10,01-conza 10,13-morra de sanctis 10,24-lioni 10,33- montella 10,55-castelfranci 11,08-luogosano 11,20
    arrivo ad Avellino ore 11,57
    INVITIAMO I SINDACI, LE ASSOCIAZIONI, GLI AMICI DEI COMUNI INTERESSATI DALLE FERMATE DEL TRENO DI ORGANIZZARE UNA BUONA PARTECIPAZIONE. ANCHE MUSICI E BANDE MUSICALI SONO BENE ACCETTE.
    DEVE ESSERE UNA GIORNATA DI FESTA PERCHE’ LA NOSTRA BATTAGLIA PER SALVARE LA NOSTRA FERROVIA CONTINUA .

    Associazione Culturale di Promozione Sociale e Volontariato
    “LiberaMente”

    Via Pasquale S. Mancini, 32 – 34
    71020 Rocchetta Sant’Antonio (FG)
    Fax 0885 890209 – e-mail: info@liberamenteonline.com

    * Presidente Andrea Gisoldi – 347.25.18.300 • .::: m@il

    * Segretario Alessandro Amendola – 348.01.54.255 .::: m@il

  31. 32 pietro mitrione 10/12/2010 alle 9:45 PM

    Avellino-Rocchetta, De Luca: il progetto c’è già
    Approvato all’unanimità dal consiglio comunale il documento per dire no alla sospensione della tratta

    Avellino. Il consiglio comunale di Avellino compatto dice “no” alla sospensione della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta. Un documento che è stato tempestivamente trasmesso vertici governativi nazionali e regionali, a pochi giorni dall’applicazione dei tagli del nuovo piano regionale. Sotto i colpi di scure del piano austerity per i trasporti in Campania, da lunedì rischia di cadere proprio la tratta irpina. In assise ieri mattina anche il senatore del Pd Enzo De Luca che rilancia dai banchi di piazza del Popolo, il progetto, approvato lo scorso maggio dalla giunta Bassolino, con fondi Cipe per il rilancio della tratta e dei trasporti in Irpinia più in generale.

    «Una bella pagina per la politica avellinese – dice Pietro Mitrione, dell’associazione Inlocomotivi -». Impedire la sospensione della tratta, conservare, inderogabilmente, la manutenzione sulla linea per consentire l’uso a fini culturali e turistici. Queste le richieste.

    Le richieste. Nella mozione si invita anche il presidente della Provincia di Avellino a promuovere ed istituire un confronto con tutti i soggetti competenti per il rilancio del trasporto su ferro in Irpinia. Al sindaco Galasso è stato dato mandato, di concerto con le altre amministrazioni locali, a promuovere ogni iniziativa utile per difendere la tratta Avellino – Rocchetta S. Antonio e a potenziare il sistema ferroviario del Capoluogo. E’ stata la prima volta che il Consiglio Comunale di Avellino, convocato in seduta straordinaria con all’ordine del giorno la sola discussione sulla ferrovia. «E’ stata l’occasione per allargare l’interesse su quello che è e potrà essere il sistema ferroviario irpino in futuro partendo da un problema, quello dell’Avellino-Rocchetta, che è stato sempre considerato residuale – commenta Mitrione -».

    De Luca: il progetto c’è già. Nel corso della riunione dell’assise l’intervento del senatore del Pd Enzo De Luca che ha ricordato l’importanza strategica rivestita dal progetto Cipe presentato e approvato dalla giunta Bassolino che vedeva insieme prima 36, poi 44 comuni per il potenziamento e ammodernamento del trasporto su ferro in Irpinia. «Nel progetto approvato dalla Regione Campania dalla giunta Bassolino – spiega De Luca – erano previsti 110milioni di fondi Cipe, con un’aggiunta di altri 50 milioni da dedicare alla riqualificazione della stazione sciistica del Laceno, per rilanciare e potenziare il comparto dei trasporti e turistico della nostra provincia. Una straordinaria occasione di sviluppo per il nostro territorio. Non possiamo permettere che l’Irpinia sia fatta fuori dal trasporto su ferro, perchè le aree interne della nostra regione sono la polpa e non l’osso di un territorio che rischia di rimanere al palo in comparti strategici come quello dei trasporti».

    Appello al Governo. Appello del senatore De Luca al governo centrale per lo sblocco dei fondi, “risorse – come spiega De Luca – strategiche per lo sviluppo del territorio”. Un progetto che ottenne il via libera dell’allora asseossore Cascetta. Dello stesso parere anche il sindaco di Avellino, Giuseppe Galasso. «Questo odg non è un semplice atto d’amore per la tutela di una tratta turistica dal valore storico culturale per il nostro territorio – spiega Galasso -. Qui sono in ballo i nostri collegamenti ferroviari. Con la sospensione della tratta Avellino-Rocchetta si passerà al progressivo smantellamento dei trasporti su ferro della nostra provincia».

    Il progetto, la condivisione. Riammagliare l’Irpinia in un sistema efficiente con il resto del sud Italia, questa la proposta su cui l’intero consiglio si ritrova per rilanciare e difendere le tratte ferroviarie della Provincia. Il progetto “ la via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” in via di definizione ed approvazione da parte del Cipe dimostra la potenzialità che questa tratta ferroviaria può esprimere in termine di valorizzazione turistica del territorio. «Questo accompagnato ad una politica dei trasporti che integra ferro e gomma può essere il volano per una nuova e moderna mobilità nella nostra Provincia – spiega Galasso -, come una delle risorse ineludibili del piano strategico». Nei vari interventi della consigliera Ambrosone e D’Ercole e Giordano molto si è parlato anche dell’importanza dell’integrazione ferro-gomma. «A quanti hanno votato oggi contro questa decisione l’appello a continuare insieme la nostra battaglia – conclude Mitrione -».

    Simonetta Ieppariello

  32. 33 pietro mitrione 10/12/2010 alle 9:51 PM

    Pucci Bruno* Negli ultimi anni con una certa periodicità, di fronte a sistematiche minacce di chiusura, si discute del destino della linea Avellino-Rocchetta. E da qui solitamente si apre, e rapidamente si chiude, il dibattito sullo sviluppo del trasporto su ferro nella nostra provincia. La linea Avellino-Rocchetta è etichettata come un «ramo secco», ovvero una linea di bassa produttività. Si tratta di una linea ferroviaria che, a fronte di un costo di gestione non trascurabile, trasporta ogni giorno poche decine di persone. È una infrastruttura che richiede un non più prorogabile investimento di riammodernamento e che strutturalmente mal si presta al trasporto di persone visto che la maggior parte delle stazioni si trova ad una scomoda distanza dai centri dei paesi che lambisce. In una regione indebitatissima che si trova a dover fronteggiare la sostenibilità di un sistema di trasporto che muove ogni giorno, a tariffe basse, milioni di persone è un lusso che ormai non ci si può permettere. Certo, di fronte alla protesta dei territori, si può provare a verificare se è possibile mantenerla parzialmente attiva per sostenere, si dice, lo sviluppo del turismo. Se sarà possibile, ben venga. Anche se, a voler essere proprio impopolari, si potrebbe avanzare qualche dubbio sul fatto che turisti provenienti da altre province scelgano di visitare gli sparsi paesi dell’Irpinia con la ferrovia partendo dalla stazione del capoluogo. Anche perché non saprebbero come arrivarci se non in macchina.
    Allora che fare? Assistere passivamente, dopo quelli nella sanità, ad un ulteriore taglio che interessa la nostra provincia? Il tutto senza essere sicuri che lo stesso rigore, in termini di tagli, lo si pratichi allo stesso modo su tutto il territorio regionale. Inoltre c’è il rischio che, se si consolidasse una politica esclusivamente e freddamente efficientista, si possa assistere ad un graduale impoverimento dei nostri territori caratterizzati, come sono, da una bassa densità di popolazione e, quindi, di domanda. Ovvero saremmo al paradosso che la disponibilità di spazio, che noi abbiamo, invece di rappresentare, come in altre aree del Paese e dell’Europa, una grande opportunità, finisca con l’essere motivo di debolezza o di opportunità per gli altri (vedi rifiuti). Per questo è giusto reagire. Ma come? Impegnandosi in un’altra battaglia di resistenza e, si interpreti il termine letteralmente, di semplice conservazione? Con il rischio anche di perderla senza nulla ottenere? Nel campo dei trasporti, da diversi anni, la Regione Campania ha sviluppato una massiccia progettualità che ha marginalizzato la nostra provincia, grazie anche alla debole azione delle nostre istituzioni. Ci dovevamo aspettare impegni seri e precisi per rilanciare il nostro trasporto su ferro attraverso il collegamento con le grandi direttrici di trasporto nazionale, con l’Università di Fisciano, con la città di Salerno. E avremmo dovuto politicamente vigilare perché questo accadesse. Un tempo la politica dalle nostre parti era in grado di abbinare a richieste di sacrifici e di rinunce, proposte in grado di offrire una prospettiva di sviluppo e di speranza. Forse sarebbe più utile allora attivarsi per individuare ed indicare chiare e precise priorità di intervento. Priorità sulle quali chiedere ai nostri rappresentanti ed alle nostre istituzioni di avviare un negoziato, ad un livello di pari dignità, con la Regione. Si tratterebbe di un metodo che oggi vale per i trasporti, ma domani potrebbe valere per tutti gli interventi di pianificazione strategica che interesseranno il nostro territorio. Si eviterebbe così di ridursi ad una nuova protesta istituzionale sotto i balconi della Regione, senza ottenere nemmeno il risultato di essere ricevuti.

  33. 34 pietro mitrione 10/12/2010 alle 9:53 PM

    «Un patrimonio comune da difendere». Il sindaco Galasso condensa in un concetto-chiave il senso del documento con cui oggi, il consiglio comunale, prende posizione sul futuro della Avellino-Rocchetta. Il destino della tratta ferroviaria si collega, più ampiamente, al rilancio dei collegamenti su strada ferrata – che i piani di Trenitalia deprimono – anche in chiave turistica. «Intendiamo tutelare in ogni modo il tracciato – commenta Antonio Gengaro, presidente del consiglio comunale – sollecitando tutti gli altri livelli istituzionali ad intervenire». Anche la minoranza, con Enza Ambrosone, annuncia una posizione favorevole al documento stilato
    L’appuntamento è per oggi alle 12 a Piazza del Popolo alle 12. Qui si terrà la seduta straordinaria del consiglio comunale interamente dedicata alla questione della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, alla vigilia della sospensione delle corse a partire da lunedì. Una riunione dell’assemblea cittadina voluta dal sindaco Giuseppe Galasso e dal presidente del consiglio, Antonio Gengaro per cercare di bloccare il provvedimento adottato da Trenitalia con lo scopo di contenere i costi. «Abbiamo voluto questa riunione – spiega il primo cittadino – perché l’Avellino-Rocchetta è una tratta storica per l’Irpina e per la città di Avellino. E proprio in virtù della sua valenza storica, ma anche turistica, la linea non può essere annullata, anzi va difesa. Questa è poi anche l’occasione per riparlare di collegamenti ferroviari necessari per l’intera provincia». «Il consiglio – aggiunge il presidente dell’assemblea Gengaro – difenderà la tratta storica, ma chiederà anche alla Provincia, alla Regione, a chi ha competenza in materia proprio di rilanciare i trasporti a partire dall’Avellino-Rocchetta e attraverso un sistema integrato ferro-gomma». Gengaro riprende così l’ipotesi già avanzata dal gruppo «In_Loco_motivi», guidato da Pietro Mitrione, avanzata assieme alla manifestazione di forte dissenso per la sospensione della linea e per rilanciare il confronto sulla necessità di ripensare l’intero sistema ferroviario in Irpinia. È lo stesso Gengaro a ribadire quanto più volte espresso anche da Luca Battista, di «Amici della Terra Irpinia»: «Tutti gli strumenti di programmazione territoriale, adottati o meno che siano – dice – prevedono, oltre al mantenimento dell’Avellino-Rocchetta, l’aggancio all’alta capacità, sia sull’asse ottavo sia con Salerno e Benevento, e c’è anche la consapevolezza che non si può lasciar tagliare il poco che abbiamo, tanto più perché si è dimostrato il valore turistico della tratta. Le dinamiche di sviluppo non possono essere solo in funzione del numero di abitanti, altrimenti le aree interne restano fuori dai servizi». Di qui l’esigenza di far fronte e di richiamare l’attenzione delle istituzioni deputate a decidere in materia di trasporti perché si faccia tutto il possibile. Raccogliendo l’invito di «In_Loco_motivi», che auspica per il Comune capoluogo un ruolo da capofila nella sensibilizzazione dell’ente regionale, Gengaro afferma: «Noi non ci rassegniamo, ma tutta la classe dirigente regionale, anche irpina, ha l’obbligo di intervenire e investiremo la Provincia perché si apra un tavolo di coordinamento sui trasporti in generale. L’Avellino-Rocchetta in questo senso è il punto di partenza». L’assemblea si prepara quindi a votare un documento stilato ieri mattina proprio per sollecitare Provincia e Regione a istituire un tavolo, come richiesto anche dal folto movimento a difesa della storica tratta. «Spero che in consiglio ci sia la sensibilità di tutti – dichiara il sindaco – perché l’Avellino-Rocchetta è un patrimonio comune da difendere, ma credo che maggioranza e opposizione si esprimeranno in maniera concorde. Il Comune intende farsi portatore della volontà irpina di non perdere questo patrimonio, trasferendo il documento alla Regione». E l’opposizione pare condividere appieno il contenuto del documento nel quale, dice il consigliere dell’Udc Enza Ambrosone, «si ricomprende la nostra posizione, che è quella di chiedere alle istituzioni preposte il mantenimento della tratta ferroviaria sia per il trasporto sia per le opportunità turistiche. Dismettere la tratta, inoltre, non comporta grandi risparmi dal punto di vista economico, anzi pone l’aggravante di un fermo che ai fini della manutenzione crea difficoltà».

  34. 35 pietro mitrione 12/12/2010 alle 5:35 PM

    IL MANIFESTO del 11 Dicembre 2010

    AVELLINO-ROCCHETTA OGGI L’ULTIMA CORSA

    UN’IMMAGINE DEL TRENO AVELLINOROCCHETTA

    C’ERA UNA VOLTA IL TRENO

    Trenitalia e la Regione Campania «sospendono» le corse della ferrovia che
    attraversa l’Irpinia. Era stata inaugurata nel 1895. Un altro passo verso
    il baratro per il sud Italia

    MICHELE FUMAGALLO

    AVELLINO
    Chissà cosa credono di aver fatto i funzionari della regione Campania e di
    Trenitalia che hanno deciso la chiusura della tratta ferroviaria
    Avellino-Rocchetta Sant’Antonio (Foggia). Perché se credono di aver fatto
    qualcosa di buono per la collettività, allora bisognerebbe fargli sentire
    addosso la loro ignoranza e la loro miseria culturale e politica.
    Bisognerebbe fargli studiare un po’ Francesco De Sanctis, uno degli
    artefici di questa ferrovia, e magari Giustino Fortunato, uno dei
    meridionalisti impegnati in anni lontani nella battaglia per le “strade
    ferrate ofantine”. Bisognerebbe fargli sentire la vergogna quando si
    riempiono la bocca di cultura e dall’alto dei loro stipendi e delle loro
    ignoranze ne sono invece la decisa e radicale antitesi. Dunque l’antica
    ferrovia che da Avellino attraversa tutta la dorsale che divide questo
    pezzo di Campania dalla Basilicata e dalla Puglia (fu inaugurata, nel
    tratto completo di 119 chilometri, il 27 ottobre del 1895), quella che ha
    segnato la storia degli uomini di queste zone dell’osso, le loro epiche
    emigrazioni, la guerra, la rinascita, sarà chiusa a partire dal 13
    dicembre prossimo. E sarà chiusa nel modo peggiore, persino prendendo in
    giro il territorio: infatti la linea è sospesa e continua a restare aperta
    all’esercizio. Che significa che sarà comunque soggetta a cura da parte
    del personale delle ferrovie. E allora perché interrompere del tutto il
    servizio ferroviario? Per dimostrare cosa? Che non vale la pena tenerla
    aperta?
    Ma tutti, cioè tutte le persone interessate al rilancio, sanno che questa
    strada ferrata ha un valore dentro un nuovo modello di sviluppo per il
    territorio. Che da sola non funzionerebbe. Ma che accompagnata da una
    piattaforma di nuovo progresso essa diventa addirittura una metafora di
    rinascita e di futuro. E poi: perché umiliare le centinaia di persone che
    hanno rivitalizzato questo pezzo di strada ferrata con corse turistiche
    che hanno contribuito alla valorizzazione del territorio e delle sue
    potenzialità? Inutile ricordare la motivazione che porta l’assessore ai
    trasporti della regione Campania Sergio Vetrella: il governo centrale ci
    chiede di tagliare e noi dobbiamo tagliare. È la stupidità economica di
    questo periodo in Italia. Intanto tagliare le corse non significa
    tagliarle tutte. Poi, con quale motivazione per il futuro? Naturalmente
    non c’è nessuna motivazione per il futuro, soltanto calcoli contingenti e
    assolutamente distruttivi.
    Il pezzo di ferrovia che va da Avellino a Rocchetta Sant’Antonio, alle
    porte del tavoliere pugliese, è anche un asse di penetrazione tra la parte
    orientale della Campania e la Puglia e la Basilicata. Cioè un elemento
    fondamentale del nuovo sviluppo dei territori. E invece così si
    contribuisce a creare un muro che divide sempre più la Campania dalla
    Puglia e dalla Basilicata. E pensare che siamo in epoca di apertura, di
    globalizzazione! Ma chissà se a qualcuno è venuto in mente di ricordare ai
    funzionari e amministratori che, se è un problema di risparmio, basterebbe
    diminuire un po’ la “casta” amministrativa e politica, quella che davvero
    ingolfa la macchina e impedisce di camminare, per salvare, ma soprattutto
    rilanciare in termini turistici, culturali, di trasporto merci e di viaggi
    normali questa linea ferrata. Tra l’altro chissà se i nostri
    amministratori sanno che, allo stato, è pressoché impossibile, senza
    questa ferrovia, usare mezzi pubblici per andare, soprattutto dalla parte
    del territorio bagnato dai fiumi Calore e Ofanto, in Puglia e in
    Basilicata. E ancora chissà se sanno che tanti (persino le istituzioni)
    hanno avuto progetti interessanti su questa linea. Dalla valorizzazione in
    senso ambientalista del territorio, legato al turismo, ai prodotti tipici
    e a una nuova agricoltura; a quello di un uso del trasporto merci per
    binari che passano dentro le aree industriali costruite dopo il terremoto
    del 1980; a quello di un museo itinerante legato al nome del grande
    critico letterario Francesco De Sanctis (nel paese d’origine, Morra, vi è
    la sua casa natale) che si batté molto per questa strada ferrata. Ma cosa
    volete che se ne importino di De Sanctis, del futuro di queste zone (sono
    in gran parte quelle del cratere del terremoto del 1980, cioè i paesi più
    danneggiati e distrutti), dell’autonomia dei territori, amministratori
    (sarebbe troppo chiamarli politici, la politica vera è in grado di
    cavalcare i sogni delle persone) che se ne fregano se associazioni, come
    in questo caso “In loco motivi”, nata apposta per rilanciare la tratta,
    hanno già portato più di tremila persone in viaggi turistici, oltre ad
    aver già in programma con le scuole viaggi di studio per centinaia di
    alunni e studenti.
    Ci sono territori attraversati da questa ferrovia (per esempio l’Alta
    Irpinia) che vivono, insieme ad altri e più di altri, il dramma
    dell’emigrazione ripresa in grande stile, dell’agonia civile dei
    territori, dell’esproprio dei servizi essenziali (vedi ospedali), della
    vita giovanile mai così terribile e senza prospettive. Ma “loro” sono
    abituati ad altro. Ad una politica di maneggioni, di robot agli ordini
    della economia (capitalistica) ufficiale, di uomini figli della decadenza
    culturale e politica che viviamo. Ma non è detto che le cose debbano
    andare sempre così come loro hanno deciso. E se avessero fatto male i
    conti? Antonio Panzone, che si è occupato in qualità di docente di questa
    ferrovia producendo anche un libro con gli studenti, la mette così:
    «L’Irpinia mi fa pensare alla tela di Penelope. Ma, fenomeno strano, la
    natura reagisce e fa la sua parte: il viaggiatore che oggi attraversa in
    treno i nostri posti rimane incantato dal suo aspetto spontaneo, naturale,
    suggestivo per i paesini, per le frequenti, alterne immagini del Calore e
    dell’Ofanto, per la varietà di flora e fauna, per cui la natura riempie di
    significato l’intera tratta». Pietro Mitrione, ex ferroviere e animatore
    del gruppo superattivo di “In loco motivi”, cioè gli amici della linea
    ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, scende nel problema di oggi:
    «Sabato 11 dicembre faremo l’ultimo viaggio del nostro gruppo. Partiremo
    dalla stazione di Avellino alle 6,30 del mattino e attraverseremo tutta la
    tratta fino a Rocchetta Sant’Antonio, la porta della pianura pugliese. Chi
    vuole si aggreghi a noi. Gli amici, i sindaci e tutte le persone sensibili
    dei vari paesi che attraverseremo si facciano vedere. Se saremo in tanti
    magari sarà anche una bella forma di protesta per questo treno preso in
    genere da poche persone perché del tutto abbandonato al suo destino.
    Eppure in questi mesi di impegno con i viaggi turistici, gli incontri, le
    assemblee, il nostro sito, i dibattiti che abbiamo su facebook, e tante
    altre cose, abbiamo dimostrato che c’è una voglia di treno, una
    sensibilità nuova. E anche una voglia di parlarne. Sempre di più questo
    treno, che all’apparenza sembrava destinato al declino totale, ha
    risvegliato idee nuove in tanti. Quest’anno abbiamo già tantissime
    prenotazioni dalle scuole oltre che da tante persone. Perciò abbiamo
    vissuto come una sorta di coltellata alle spalle la decisione della
    regione Campania di tagliare sulle tratte soprattutto delle sue zone
    interne. Di conseguenza Trenitalia, che pure aveva preso la decisione di
    dimezzare quelle poche corse che c’erano, ha poi deciso di sospendere il
    servizio su tutta la tratta. Che dire? Siamo sconcertati, oltre che
    amareggiati. Ma è un’illusione pensare che staremo con le mani in mano.
    Perché dobbiamo buttare alle ortiche una storia gloriosa, un passato dove
    c’è scritto innanzitutto il futuro per noi? Un futuro legato agli
    splendidi paesaggi che attraversa la linea, al risveglio della memoria?»
    E, va aggiunto al suo discorso, a un rapporto ovest-est quanto mai
    indispensabile di questi tempi. Tempi in cui un regionalismo stupido e
    fuori storia ha rinchiuso i territori in luoghi angusti a dispetto della
    globalizzazione montante e della costruzione europea. È così devastante,
    questo modo di fare, che è quasi impossibile avere una informazione
    italiana corretta sulle ferrovie turistiche, quella che si poteva avere,
    anni fa, quando bastava telefonare alla sede centrale di Roma e, sempre
    con fatica e nervosismo naturalmente (siamo in Italia), avere un
    informazione su tutto il territorio nazionale. Provate a chiedere alla
    sede nazionale di Trenitalia, la storia, la mappa e il futuro delle tratte
    turistiche esistenti in Italia, e vi sentirete spesso dire che bisogna
    informarsi dalle regioni. Cosicché, si dovrebbero fare venti telefonate
    per cercare di avere qualche informazione. Vogliamo citare un altro caso
    di un bislacco modo di fare, che riguarda proprio questa ferrovia? Chi
    scrive si è trovato nella carrozza a discutere, con molto umorismo
    ovviamente, con il controllore per sapere se il biglietto fosse giusto o
    sbagliato. Perché? Ma perché, non facendo più le agenzie di viaggio un
    biglietto per il solo passaggio su questa tratta per l’esistenza dei
    biglietti unici regionali, e attraversando la linea tre regioni (Campania,
    Basilicata, Puglia), col biglietto campano in teoria non potresti
    attraversare la Basilicata e neanche la finale Puglia. Che si fa? Già, che
    si fa? Ovviamente si abbozza e si viaggia alla fine lo stesso.
    Quindici anni fa, nel centenario della ferrovia, ci fu una manifestazione
    di popolo indimenticabile. Con una partecipazione così massiccia che era
    difficile scendere dal treno a ogni stazione traboccante di folla. Chi
    scrive seguì allora per il nostro giornale quella festa, che fu anche un
    grande insegnamento per i piccoli particolari di cui si discuteva nelle
    carrozze. Una signora ormai anziana, figlia di un ferroviere, raccontò che
    il padre la portava da bambina sul treno perché, ammalata nelle vie
    respiratorie, le faceva inalare, nelle gallerie e affacciata al
    finestrino, il vapore. A mo’ di moderne inalazioni. E tanti altri episodi
    in quella giornata indimenticabile che poi però nessuno ha saputo e voluto
    valorizzare. E’ evidente che una ferrovia del genere, che risente anche
    del tracciato progettato all’inizio della seconda metà dell’Ottocento, ha
    bisogno di una progettualità turistica indispensabile e all’altezza del
    territorio che si vuole valorizzare oltre che dei nomi che si sono spesi
    nella sua realizzazione, a partire dal critico letterario (e politico)
    Francesco De Sanctis. Un grande museo itinerante nelle stazioncine
    ricostruite, legato alla vita e alla storia del critico, con una sede
    degna nella casa a Morra De Santis e in un centro studi ad hoc, potrebbe
    essere una carta di straordinaria efficacia. Tra l’altro è sommamente
    stupido cercare di recuperare la casa del critico, mettere in piedi una
    fondazione o un centro studi e poi lasciare alla malora uno dei lasciti
    migliori del suo impegno politico su questo territorio. Il tutto,
    ripetiamo, giocato sul rapporto Ovest-Est, cioè una sinergia tra territori
    che adesso vengono divisi in modo improprio, oltreché ridicolo in epoca di
    globalizzazione. Sono del resto cose di cui persino le istituzioni hanno
    già discusso in passato firmando anche protocolli di intesa, tra Province
    confinanti o vicine. La ferrovia può diventare quindi, a queste
    condizioni, metafora di ripresa. Ma vallo a raccontare ad amministratori
    che non sanno cos’è una metafora politica, che vivono con le parole e i
    gesti rivolti all’indietro, marionette di un passato che fa tutto il
    possibile per restare a galla. Non che non esistano problemi nella
    cosiddetta società civile. Del resto se possono far passare porcate di
    questo tipo è anche perché la società civile è prigioniera e succube della
    decadenza del mondo politico. Riprendere il discorso su di un nuovo futuro
    fondato sull’autonomia dei territori dentro uno scambio ricco con gli
    altri e sull’ambientalismo più politico e di classe, è urgente. E il
    discorso su questa emarginata tratta ferroviaria allude proprio a questo in
    fondo. Sapranno gli amici di “In loco motivi”, gli abitanti dei territori
    presi in esame, la classe operaia che lavora a contatto con i binari di
    questa linea, “rimettere ordine” in un mondo così alla deriva?

  35. 36 pietro mitrione 12/12/2010 alle 11:05 PM

    Giulio D’Andrea Rocchetta-Avellino solo andata? No grazie, la speranza passa anche per la Puglia. Nell’ultima corsa della tratta ferroviaria spunta fuori un’idea suggestiva. Bari potrebbe adottare parte del tracciato. Del resto alla fine di un viaggio, canta De Gregori, c’è sempre un viaggio da ricominciare. La battaglia di «In_Loco_Motivi» va quindi avanti, con la ricerca di sponde in altre province. Ieri il gruppo di promozione culturale aveva dato un appuntamento impegnativo. Ore 6.15 stazione di Avellino. Ultimo tour di andata e ritorno targato Trenitalia, da lunedì si chiude. Sostenitori e curiosi attendono pazienti la partenza, sfidano il gelo tra sorrisi e macchine fotografiche. In tutto una ventina, nel corso del tragitto saranno molti, molti di più. Si parte che è ancora buio, appena s’intravedono le prime luci. È la strada del vino, Luogosano è la fermata numero uno, a Castelfranci termina la notte. Tra le due carrozze viene subito eletto il personaggio del giorno. Si chiama Hellis e viene da Trento.

    12/12/2010
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    Giulio D’Andrea Segue dalla prima pagina Si tratta di un appassionato di ferrovie che ha voluto scoprire la tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio nel giorno della chiusura. Osserva dai finestrini il cielo limpido e la brina sui vigneti. Apprezza, il trentino Hellis. L’anima di «In_Loco_Motivi», Pietro Mitrione, può ben dire che «il treno unisce gli italiani». Rotaie attive da 115 anni, quelle che dal vino portano al grano. Ma il vulcanico attivista preme comunque per una giornata di festa. In effetti l’aria è quella. A Montemarano salgono i primi studenti, diretti nelle scuole superiori di Lioni. Vuoi vedere che il treno è addirittura vitale per qualcuno? La conferma arriva tra Cassano Irpino e Nusco. Qui le due carrozze si riempiono di liceali, nonostante molti ragazzi siano rimasti a casa per via del ghiaccio sulle strade. Non ci stanno a perdere l’opportunità della ferrovia. Non senza contromisure adeguate. A Lioni l’occupazione simbolica dei binari, poi tutti sui banchi. La corsa del treno deve proseguire, il ritardo è già cospicuo. Oltrepassata Morra De Sanctis ecco Conza della Campania. «Questa sì che è accoglienza», esulta Mitrione, insieme agli «Amici della Terra» e alla «Comunità Provvisoria». A Conza il primo gonfalone irpino (sarà anche l’unico). Il sindaco Vito Farese abbraccia idealmente e materialmente i viaggiatori, mentre alcuni bambini sventolano uno striscione: «Dopo i rifiuti e gli ospedali l’Irpinia perde anche l’ultimo treno». La rappresentanza di Conza, assessori e Pro Loco, salta su. «Avevamo invitato tutti i sindaci – assicura Mitrione – forse li troveremo al ritorno». Poco prima delle 10 si giunge a Rocchetta Sant’Antonio, territorio pugliese. L’ormai folta delegazione irpina trova sul primo binario un bel gruppo. Cittadini comuni, rappresentanti di associazioni, i politici, la stampa locale. Un altro gonfalone: quello di Rocchetta, provincia di Foggia. In fascia tricolore si avvicina il presidente del Consiglio comunale, Luigi Inglese: «La strada ferrata in Puglia non supera i dieci chilometri – afferma il rappresentante – ma noi ci sentiamo irpini e vogliamo il futuro di questa ferrovia. Formalizzeremo tutto e solleciteremo ancora una volta il governatore Nichi Vendola. Chissà che non si possa pensare ad una gestione pugliese del percorso, almeno fino a Lioni», riflette Inglese. «Poi esistono le possibilità dei fondi europei, basta consorziarsi tra le tre regioni», aggiunge l’esponente di LiberaMente, Andrea Gisoldi. Si discute infatti della disponibilità di Rosa Gentile, assessore ai Trasporti della Basilicata. Ma c’è poco tempo, dietrofront. A metà di ogni percorso c’è sempre spazio per i bilanci. «In_Loco_Motivi» tornerà ad Avellino con l’idea pugliese nella testa. «Naturalmente speriamo che i nostri politici possano fare qualcosa, altrimenti la proposta di Rocchetta ci sembra allettante», commenta Mitrione. Intanto spuntano le prelibatezze locali. Pane e salame, vino, anche un grappino proveniente da Montella. Il professor Gaetano Calabrese, salito a Lioni insieme al consigliere comunale Nicola Di Paolo, scrive e declama versi sull’indolenza di chi rappresenta l’Irpinia. Il bilancio della giornata è positivo, ma di altri amministratori neanche l’ombra. Delusione sul punto. E non arrivano commenti positivi per il consiglio comunale monotematico di Avellino, giudicato dalle associazioni tardivo e propagandistico. «Magari troveremo qualcuno alla stazione», si dice. Ma allo scalo del capoluogo, ore 13, ci sono quelli delle ore 6, macchine fotografiche «piene», bagaglio culturale più solido, una nuova esperienza. «Le idee venute fuori sono decine. Peccato che nessun rappresentante politico abbia ascoltato», chiosa amaro Pietro Mitrione

  36. 37 pietro mitrione 12/12/2010 alle 11:06 PM

    Maurizio Petracca * La discussione che si sta registrando in queste settimane circa lo sviluppo in Irpinia sembra essere spinta più dall’emotività e appare sempre più viziata da una estemporaneità che, di fatto, fa perdere di vista le priorità, impedendo così di individuare il bandolo della matassa. Il dibattito nato intorno al futuro della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio diventa paradigmatico dello stato di confusione che in questo momento vive la provincia di Avellino. Il mio ruolo di Assessore provinciale con delega alla pianificazione strategica mi impone di cercare la strada che porti ad un chiarimento in merito. Rispetto alla tratta ferroviaria, infatti, la discussione oscilla tra chi intende difendere l’esistente rispetto all’organizzazione del trasporto ordinario e chi, invece, ne vorrebbe disegnare un futuro con finalità turistiche e culturali. Due profili che non possono convergere. In questi giorni l’unico approccio sensato è quello che ho letto, proprio dalle colonne di questo giornale, nell’intervento a firma di Giuseppe Bruno

    La logica, infatti, vuole che si ragioni per priorità, si individuino gli strumenti idonei e si cerchi di recuperare risorse necessarie al disegno strategico. Sulla pianificazione, infatti, non sono consentite approssimazioni né letture superficiali. Un punto di partenza importante può senza dubbio essere la previsione contenuta nelle linee guida del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Va chiarito che oggi ci muoviamo in un quadro mutato. Appare, quindi, sbagliato far riferimento ad un progetto già pronto ma chiuso nel cassetto da una Regione sbadata ed inconcludente. Quando è esattamente il contrario. È proprio per l’attivismo di questa giunta regionale che il Pain è stato tirato dalle sabbie mobili in cui era. È quanto il vice presidente della giunta regionale, Giuseppe De Mita, ha annunciato nel corso della tavola rotonda di Bagnoli. Andrebbe spiegato per evitare equivoci che, allo stato, su indicazione del Dipartimento per lo sviluppo economico, è ancora incerta la sua dotazione di risorse economiche a valere su fondi Fas. Andrebbe chiarito, infine, che del Pain è stata richiesta una rimodulazione per assecondare principi di concentrazione degli interventi che finora non erano stati contemplati. In quel Pain, quello a cui oggi qualcuno sembra riconoscere valore salvifico, non era prevista alcuna rifunzionalizzazione della linea Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, quanto una poco utile riqualificazione delle sue stazioni ferroviarie. È giusto ripartire da qui. È questa una proposta percorribile, capace, cioè, di coniugare sviluppo, sostenibilità e disegno strategico. E di questo disegno strategico la linea ferroviaria Avellino-Rocchetta rappresenta un tassello. Nel complesso va affrontata una riflessione corale, che sappia andare al di là degli steccati di parte e che riesca a declinare al meglio l’interesse generale, quello di assicurare cioè una reale prospettiva all’Irpinia. *Assessore prov. alla Pianificazione Strategica

  37. 39 pietro mitrione 12/12/2010 alle 11:21 PM

    Quando cala il sipario si risveglia la politica
    Il commento di Marco Grasso

    Per oltre un anno un gruppo di “fissati” (per loro stessa ammissione) è andato su è giù per l’’Irpinia tra l’indifferenza generale. Sulla storica locomotiva che, di buon mattino, partiva dalla stazione di Avellino per raggiungere i comuni della provincia, si è visto qualche sindaco, un bel po’ di sindacalisti e poco altro. Nessun parlamentare, nessuna traccia – assicurano i promotori – neanche dei consiglieri regionali. Un anno di visite guidate e escursioni consumato nel silenzio delle istituzioni.
    Se oggi si può ancora parlare di “Avellino-Rocchetta” è solo perchè Pietro Mitrione, sindacalista della Cgil con la passione per il ferro delle rotaie, e il gruppo dei “fissati” non hanno mai mollato, sottoponendo alla Regione iniziative su iniziative per dimostrare la vitalità turistico-naturalistica (e non solo) della tratta. Hanno invocato a lungo un intervento della politica. Hanno chiesto, tra le altre, di verificare la possibilità di adeguare la tratta e la stazione di Avellino all’Alta Velocità. Niente da fare, i “nostri” erano impegnati in altre faccende, molto più importanti. Ma non si sono arresi ed hanno ottenuto una deroga in extremis, ormai in scadenza.
    Ora che, forte dei numeri antieconomici della tratta irpina, l’assessore regionale Vetrella è pronto a calare il sipario, ecco che la politica irpina, improvvisamente, si risveglia. Prima la Provincia, poi il Comune con, udite udite, una seduta di consiglio comunale straordinaria. Dalle parole ai fatti: ecco, puntuali, documenti su documenti, proposte, interrogazioni parlamentari.
    Qualcuno si è addirittura ricordato che la Regione ha finanziato, tramite Cipe, un progetto del 2007 di rilancio del Laceno che si intreccia con il collegamento ferroviario. E no, guai a chi tocca il nostro treno, a costo – avrebbe urlato qualcuno – di sdraiarci sulle rotaie. Altri hanno rispolverato la litania delle aree interne isolate e la missione impossibile dello sviluppo. Mitrione, e va capito, parla di una grande pagina della politica. Secondo noi avrebbe una gran voglia di sbraitare e mandare qualcuno a quel paese, ma abbozza, pensa a quel trenino che, sbuffando, si arrampica sulle montagne irpine, e si commuove.

    • 40 agostino 13/12/2010 alle 7:38 am

      condivido in pieno!!!

      Dove sono stati fino ad oggi….

      Non dico negli ultimi dieci anni, ma almeno negli ultimi 16 mesi è possibile che non hanno mai sentito parlare della ferrovia ????

      Eppure qualcosa l’abbiamo fatta, i giornali ne hanno scritto, abbiamo fatto le conferenze stampa (puntualmente snobbate anche quando erano a “casa” loro), abbiamo viaggiato, abbiamo fatto viaggiare, abbiamo fotografato, abbiamo scritto, abbiamo chiesto, abbiamo lavorato gratuitamente, abbiamo coinvolto il territorio, abbiamo ospitato viaggiatori provenienti da varie regioni, abbiamo lanciato appelli, abbiamo avuto riscontri dalla popolazione, abbiamo avuto collaborazioni, abbiamo avuto qualche sponsor, abbiamo impegnato 16 mesi della nostra vita per un’idea ed una passione, abbiamo accolto ed assistito ii viaggiatori, abbiamo attivato un percorso virtuoso per la nostra Irpinia, abbiamo DATO TANTO…..

      Negli ultimi 15 giorni SI SONO SVEGLIATI….. i giornali, che ci hanno sempre sostenuto, hanno dato loro spazio e loro si sono precipitati……tutti i mpegnati a dire la loro, a suggerire soluzioni, a indicare strade da percorrere, a tirare fuori progetti, a lanciare idee, a dire cosa e come fare, a fare richieste ai loro amici e colleghi (politici e non solo), a scrivere impegni (inutili), a farsi paladini della nostra iniziativa, a diventare parte attiva nella battaglia (quando ormai è già persa) e soprattutto per parlare di programmazione!!!!!
      Ma quale programmazione……se quello che hanno fatto in questi quindici giorni lo avessero fatto (seriamente e con vero impegno, non come momento di visibilità) negli ultimi sedici mesi, probabilmente OGGI 13 dicembre 2010 non avremmo preso atto di una CHIUSURA, ma avremmo accolto il nuovo orario con ancora più corse e più opportunità per il nostro territorio.

      Da oggi potremo sicuramente parlare di ferrovia “dimenticata”, fatta salva qualche probabile e temporanea ripresa per buttare al vento qualche milione di euro con progetti di grande spesa, breve durata e nessun ritorno sul territorio…

      Con rammarico prendo ancora una volta atto che tra il dire e il fare c’è di mezzo il ………ma..lgoverna…re!!!

  38. 41 pietro mitrione 12/12/2010 alle 11:23 PM

    Il vero macigno è la Regione»

    Dopo il dossier pubblicato su Buongiorno Irpinia, parla il sindaco di Montefalcione Grassi, tra i promotori del progetto per il rilancio del turismo: la dismissione dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio pregiudica tutto

    «I nostri rappresentanti irpini in seno al consiglio regionale devono uscire da questo assordante silenzio e tutelare con più forza la nostra provincia». All’indomani del dossier pubblicato da Buongiorno Irpinia sul progetto “La via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”, abbandonato dalla Regione Campania, interviene il sindaco di Montefalcione, Vanda Grassi, che, nel 2007, fu tra le promotrici di quell’associazione Temporanea di scopo per il rilancio turistico di tutta l’area che va dalla Valle del Sabato alla Valle dell’Ofanto. Sindaco Grassi, più di tre anni fa, iniziò il percorso che portò alla programmazione di una serie di interventi per lo sviluppo turistico dell’Alta Irpinia e non solo. Un momento importante per i sindaci dell’area e lei fu tra i protagonisti. Che ricordo ne ha e che cosa portò alla redazione di quella idea? «Il tutto iniziò perché ci sentivamo investiti di una forte responsabilità che ci imponeva una concertazione territoriale e una programmazione che venisse dal basso. Animati da questo intento, dunque, iniziammo ad elaborare una ipotesi che coinvolgesse non solo le istituzioni, ma anche i privati, gli imprenditori e i sindacati ». Qual era l’obiettivo? «Volevamo riuscire ad arrivare ad una serie di interventi strategici infrastrutturali per mettere in moto meccanismi di sviluppo endogeno, autonomo e autopropulsivo». Un’idea ambiziosa, sindaco… «Sì, è vero. Ed in questa ottica si prevedeva anche il potenziamento della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio che rappresentava un elemento essenziale e funzionale per il sistema di interconnessione su strada ferrata. Era una scelta di campo alternativa al trasporto su gomma e questo era rilevante non solo sul piano economico e commerciale, ma anche ambientale e culturale». Sindaco, quindi da questi presupposti avete pensato di unirvi in una Ats, un’Associazione Temporanea di scopo? «Sì, da qui costituimmo l’Ats e avemmo numerosi incontri anche con delle fondazioni della Puglia Imperiale, perché ipotizzammo anche un collegamento con altre tratte ferroviarie che ricadevano nel territorio pugliese, per creare un percorso che portasse il viaggiatore lungo zone di interesse culturale e storico». E avete avuto dei consensi? «Questo progetto ha trovato il consenso innanzitutto degli imprenditori. E questo, a mio avviso, è un elemento di novità perché c’era sia l’input del pubblico che del privato. Successivamente, si sono aggiunti tanti altri sindaci della zona che interessava tutta la fascia orizzontale della Valle del Calore e dell’Ofanto. Arrivammo all’adesione di circa sessanta comuni». E poi che cosa accadde? «Dopo numerosissimi incontri fatti tra noi sindaci, ma anche con i tecnici, il progetto fu presentato in Provincia e fu recepito. Tant’è che l’allora presidente dell’ente di Palazzo Caracciolo, Alberta De Simone, tenne anche una conferenza stampa perché insieme si parlò anche dell’ammodernamento delle reti idriche (con l’Alto Calore). Erano, infatti, gli unici due progetti proposti dalla Provincia di Avellino. Il progetto fu così caldeggiato da tutte le forze politiche, in presenza anche dell’assessore Sicuranza e Solimine. Fu, così, candidato all’interno delle opportunità offerte dai fondi comunitari ed ebbe l’approvazione anche dell’assessorato regionale di Velardi». Sindaco, sin qui la parte più importante del processo che ha portato alla redazione del progetto e al via libera da parte della giunta Bassolino. Si sa che ci fu anche l’ok dal Ctca nominato dal Cipe. E poi? «E poi, purtroppo, siamo a questo punto, aggravato dal fatto che la dismissione della tratta ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio, che come è facile immaginare, compromette anche la realizzazione di questo progetto». Che idea si è fatta di tutto questo? «Ho delle mie opinioni, forse non condivisibili. Credo, infatti, che l’Irpinia stia chiamando i suoi figli ad una forte mobilitazione. Per quel che riguarda la tratta ferrovia dell’Avellino- Rocchetta Sant’Antonio, l’altro giorno c’è stata anche una conferenza stampa tenuta dall’associazione “In_Loco_Motivi”, che in maniera dignitosa e molto attenta, sta conducendo questa battaglia da oltre un anno e mezzo, per difendere un servizio consolidato da oltre un secolo. Tutto questo, mentre sono ancora vive e pungenti le immagini dei sindaci davanti ai cancelli delle fabbriche, sui tetti degli ospedali e sui campi del Formicoso». Sindaco Grassi, a tal proposito, ci sono delle colpe da imputare a qualcuno? «C’è da chiedersi se tutto è addebitabile ad una politica regionale distratta o ci sia la volontà precisa di ignorare le aree più deboli, condannandole all’oblio. C’è stato, però, un segnale da parte del senatore Enzo De Luca che, con un autorevole intervento, ha presentato una interrogazione parlamentare. Questo è già un valido aiuto». E dov’è allora l’ostacolo? «A parer mio, il macigno più grosso è proprio in consiglio regionale. In modo particolare, il vicepresidente della giunta Caldoro, Giuseppe De Mita, ma anche gli altri rappresentanti irpini a Palazzo Santa Lucia, credo che debbano uscire da questo assordante silenzio e debbano diventare fedeli interpreti di un sentimento di appartenenza a questa terra che va difesa con tutte le nostre forze». Sindaco Grassi, il direttore Franco Genzale, sul numero odierno di Buongiorno Irpinia, ha parlato di precise responsabilità. Che cosa ne pensa? «Credo che il nodo della questione stia nel fatto che non si voglia ancora operare quella “rivoluzione copernicana”, nella logica della programmazione. Continuare in una politica quale quella che sta mettendo in atto la Regione Campania è destabilizzante, perché esiste ancora il dualismo tra zone interne e zone costiere. Non solo, ma è una politica anche miope perché non ci si rende conto che la crescita sta proprio nella valorizzazione di quelle aree che per ragioni storiche incancrenite sono state sottoutilizzate. Ma noi dobbiamo difendere le nostre aree, ci dovrebbe essere l’intelligenza politica di capire che un utilizzo delle risorse in maniera appropriata gioverebbe a noi, ma anche alla regione Campania, che ne ha un bisogno urgente. Se si capisce, allora c’è futuro, se non si capisce questo, allora speranze non ce sono».

    Avellino-Rocchetta Sant’Antonio: consiglio monotematico in città

    Il consiglio comunale di Avellino scende in campo, oggi, a difesa della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. E’ prevista per le 12 di questa mattina, infatti, la seduta consiliare monotematica al fine di riuscire ad individuare le soluzioni possibili per scongiurare la chiusura della tratta ferroviaria prevista per lunedì prossimo. La speranza, in effetti, è quella di arrivare ad un documento unitario che possa rappresentare un segnale positivo nei confronti di questa problematica. A riferire di una prima ipotesi è il presidente del consiglio comunale di Avellino, Antonio Gengaro, il quale parla della possibilità di potenziare la tratta integrandola con il trasporto in gomma. «Stiamo lavorando insieme a tutti i gruppi consiliari – ha spiegato il presidente Gengaro – per un documento che possa essere largamente condiviso da tutto il consiglio comunale. Sostanzialmente vogliamo lavorare a difesa di questa linea ferroviaria, ma speriamo, più in generale anche nel rilancio del trasporto ferroviario in Irpinia, in condizione anche di integrazione del trasporto su gomma. Cioè, Avellino è fuori dalla provincia rispetto agli sviluppi ferroviari. Parliamo, da anni, di alta capacità e velocità e quando la vedremo, se la vedranno i nostri figli, la linea che attraversa tutti i borghi antichi, i nuclei industriali e che serve i pendolari. – ha continuato Gengaro – Io penso che l’Irpinia non possa candidarsi ad essere la provincia del taglio. Quando bisogna prelevare lo fanno qui, quando c’è da dare, lo danno altrove». D’altronde la linea ferroviaria, non appartiene soltanto alla provincia, ma può essere fondamentale anche per il comune capoluogo. «La nostra è una battaglia anche per il futuro. Oltre all’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, la città ha il diritto di collegarsi con l’università di Fisciano e Salerno, di collegarsi a Benevento e, in prospettiva, anche con Napoli. Noi queste battaglie le rivendichiamo e le facciamo presenti al presidente della Regione Campania. Spero, inoltre, che in Irpinia presso il governo provinciale possa esserci un luogo dove poter discutere di questi problemi che riguardano il futuro dei nostri giovani e il futuro dello sviluppo della nostra amata Irpinia», ha concluso il presidente del consiglio comunale di Avellino.

  39. 42 pietro mitrione 13/12/2010 alle 10:45 PM

    Andrea Gisoldi * Non è plausibile che dopo più di un secolo una tratta storica come l’Avellino-Rocchetta venga inesorabilmente chiusa nel silenzio delle istituzioni che ormai a questo territorio guardano solo tenendo conto della legge dei numeri e non del potenziale storico e sociale che quest’angolo di Mezzogiorno conserva. Come giovani dell’associazione culturale «LiberaMente» di Rocchetta Sant’Antonio ci rivolgiamo alla sensibilità del presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, affinché si avvii una nuova stagione di collaborazione tra regioni per dar vita ad una proficua collaborazione nell’interesse dell’intero territorio appulo-irpino-lucano. Il treno Avellino-Rocchetta è già per tanti di noi una vera potenzialità per salvaguardare il flusso turistico nato in questi anni dalla caparbia abnegazione del mondo dell’associazionismo locale. Nessun contributo, né i tanto osannati progetti hanno fatto risalire migliaia di persone sul treno; solo la voglia di riscrivere al propria identità ha permesso a molti di utilizzare la strada ferrata come opportunità creativa ed alternativa per passare i week end in giro per le bellezze artistiche ed architettoniche dei nostri piccoli comuni. Oggi viene negata anche questa possibilità. Chiediamo a Vendola di prendere quanto prima contatti con i governatori di Campania e Basilicata per trovare una soluzione comune che possa essere anche alternativa alla preclusione messa in atto in questi ultimi mesi. Un treno che potrebbe collegare Lioni a Foggia è una delle soluzioni per ricollegare un corridoio fondamentale reso difficile anche dagli orai proibitivi e dalle scelte calate dall’alto che hanno ridotto la Rocchetta-Avellino in un tronco moribondo. La nostra speranza è di rivedere la tratta per intero funzionare al servizio delle cittadinanze e del mondo associativo. A voi il compito di ridarci la possibilità di far rivivere la Rocchetta Avellino a noi il piacere di mettere in campo le iniziative per fare di questa tratta un fiore all’occhiello del crocevia interregionale e del turismo settoriale. Aspettiamo quanto prima la visita del governatore Vendola per far toccare con mano lo scempio che si sta consumando in queste ore con la soppressione del servizio. Viaggiare sull’Avellino-Rocchetta è come entrare in un capolavoro d’arte fatto di panorami sconfinati e paesaggi policromi intervallati da piccoli borghi da poter rivitalizzare attraverso la tratta. Sul piano economico i fondi ci sono e vanno solo messi in campo con una concertazione che veda le tre regioni unite nel progettare scelte comuni. Dalla Campania, è il monito rivolto a Vendola, non prendiamo solo i rifiuti ma anche le potenzialità culturali individuate più di un secolo fa da Francesco De Sanctis in questa stupenda tratta. * Presidente dell’associazione culturale «LiberaMente» – Rocchetta Sant’Antonio (Foggia) ©

  40. 43 pietro mitrione 15/12/2010 alle 10:32 PM

    «Si recuperi il progetto o sarà rivolta dei sindaci»

    Il primo cittadino di Morra, Capozza, rilancia l’idea dell’Ats: la Regione deve riattivare subito il percorso

    «La Regione Campania dovrà recuperare il progetto, altrimenti sarà rivolta dei sindaci». A parlare è il sindaco di Morra De Sanctis, Gerardo Capozza. Il suo comune fu capofila del progetto messo in piedi dall’Ats (Associazione Temporanea di Scopo), “La via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”. E proprio Capozza spera che quella idea non sia stata abbandonata del tutto dalla Regione Campania. «Io credo che il progetto non sia stato messo da parte, nel senso che è un progetto che ha fatto già un iter. E’ stato, infatti, approvato in Regione Campania, nel 2009 dalla Giunta Bassolino, ma ha avuto anche il via libera da parte degli organi nazionali di Governo, il Cipe. Adesso so che deve essere rivisto, forse, solo per modificare il numero dei comuni che vogliono partecipare. Ma questo non cancella l’idea portante del progetto che, vorrei ricordarlo, è stata forse la prima sperimentazione, dove il territorio viene progettato dal basso, cioè dai comuni, dai sindaci. Non solo, ma è la prima volta che in provincia di Avellino, abbiamo registrato l’attenzione dei privati. Il 40% del progetto, infatti, è finanziato da privati che intendono investire in Irpinia. Questo ci deve far capire che la nostra provincia attrae risorse private, per la prima volta dopo il terremoto dell’80». Di qui l’auspicio di Capozza: «Io mi auguro, ovviamente, che la Regione Campania rifletta e ascolti quelle che sono le richieste e valuti con attenzione il da farsi. Se fosse diversamente, allora credo che ci possa essere una forte protesta da parte dei sindaci. Questo perché il governo regionale, che è organo sovracomunale, dovrà comunque tenere conto di una proposta che non è solo una idea, una ipotesi, bensì un progetto concreto che valuta tutte le sfaccettature, le varie potenzialità della provincia di Avellino. Non solo, ma è stato programmato sulle linee guida della ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio e, quindi, per la prima volta, alle chiacchiere ci sono i fatti, valutati con le Ferrovie dello Stato. Tant’è che su quel tratto abbiamo avuto anche la disponibilità del proprietario dell’Oriente Express per mettere a disposizione le carrozze, come ha fatto già in Sicilia. Poi abbiamo puntato, come idea portante, anche sull’enogastronomia, che è un altro nostro punto di forza. Così come abbiamo voluto sottolineare l’importanza del turismo culturale e del turismo religioso che in provincia non mancano», ha concluso il sindaco Capozza.

    De Feo: il treno per il turismo deve ripartire a tutti i costi

    Riceviamo e pubblichiamo da Franco De Feo, segretario provinciale della Uil. «Siamo convinti e consapevoli che “il treno per il turismo” deve assolutamente ripartire per dare una speranza di sviluppo futuro per le attività produttive nel territorio dove insistono i 36 Comuni dell’Associazione Temporanea di Scopo “ La via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” ed anche una concreta opportunità occupazionale per i tanti giovani alla ricerca di sostegno alla propria condizione di disoccupazione. Bisogna unire le forze, fare sistema tra Enti locali, politica ed Istituzioni parlamentari a livello nazionale e regionale per rivendicare completamente delle procedure istruttorie e concreto finanziamento del progetto che darebbe sostegno alle attività produttive ed alla rivalutazione del patrimonio storico ed artistico nell’ambito di una filiera strategica per la zona. Bisogna sviluppare sollecitazioni pressanti nei confronti della classe politica e parlamentare, di livello regionale e nazionale, di governo e di opposizione, affinché ognuno per la parte di responsabilità attivi impegno e produca ogni sforzo per accelerare le procedure di approvazione e finanziamento del progetto. Realizzare anche nella nostra provincia la “strada del vino” che attraversi i borghi rurali ed i bellissimi paesi della nostra verde Irpinia, è l’aspirazione massima che dovrà essere sostenuta in ogni sede di decisione per rivalutare risorse naturali e patrimonio artistico monumentale. Per quanto ci riguarda sosterremo con forza l’iniziativa e siamo pronti a partecipare a tavoli di concertazione “di scopo”, così come sosteniamo il salvataggio della tratta ferroviaria Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, che nell’iniziativa potrebbe giocare un ruolo eccezionale dal versante turistico ».

    Mitrione: subito una cabina di regia in Provincia

    «Subito la sospensione del provvedimento che ha fermato la linea ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio e poi l’istituzione di una cabina di regia da parte della Provincia di Avellino». Pietro Mitrione, dell’associazione “In_Loco_Motivi”, dopo la chiusura della tratta, non dispera, anzi, ne auspica la riapertura entro la fine delle festività natalizie. Il suo primo pensiero va ai ragazzi, li chiama “eroi”, che fino alla scorsa settimana andavano a scuola utilizzando proprio quella linea ferroviaria. «Sono in sessanta gli eroi irpini – ha detto Mitrione – che da lunedì vanno a scuola come possono, ma che fino a sabato hanno potuto utilizzare l’Avellino- Rocchetta per i loro spostamenti quotidiani. Li chiamo eroi, proprio così, perché con la chiusura di quella tratta sono costretti ad andare a scuola magari restando per ore al freddo, visto che gli orari degli altri mezzi non coincidono con quelli scolastici. Sono “solo” in 60 – ha continuato – ma la nostra provincia e i nostri numeri sono questi». Di qui, il suo paragone con Napoli. «Purtroppo, non si capisce che dieci ragazzi irpini significano 1000 ragazzi di Napoli. Sono queste le proporzioni, ma questo non viene capito. Per i trasporti, così come per gli ospedali e per le scuole, si taglia in maniera orizzontale, senza comprendere che ci stanno soltanto impoverendo perché ci tolgono servizi che, seppur fruiti da poche persone, sono comunque fondamentali in una terra come la nostra. Questa è la domanda che c’è in Irpinia, non possono confrontarla con i numeri di Napoli e decidere di tagliare soltanto da noi», è l’amara riflessione di Mitrione. Tornando, poi, nello specifico, alla questione della linea ferroviaria, Pietro Mitrione parla dell’importanza dell’integrazione ferro-gomma. «Accanto al trasporto su gomma – ha detto – è fondamentale avere anche quello su ferro. L’integrazione deve diventare un fatto compiuto. Penso, ad esempio, a Lioni. Lì, infatti, hanno realizzato l’autostazione accanto alla linea ferroviaria. Ed è una realtà che io immagino anche ad Avellino, quando, prima o poi, la metropolitana leggera sarà completata. Bisogna pensare, infatti, che, così, sarebbe servita tutta la zona della città ospedaliera, che, attraverso la Bonatti, arriverà facilmente alla ferrovia. Tra l’altro, è un qualcosa che è stato previsto anche nel Piano Strategico. Ed è per questo che ritengo opportuno, nonché fondamentale, avere la capacità di traguardare atti che saranno presto una realtà». Molto importante, poi, per il rappresentante dell’associazione “In_Loco_Motivi”, anche il collegamento della città di Avellino con Napoli, proprio attraverso la linea ferroviaria. «Avellino – ha detto – è l’unica provincia campana che non è collegata con il capoluogo partenopeo. Vorrei che fosse chiaro che a Napoli, prima o poi, non si arriverà più con i bus. Quindi, perché non sfruttare le possibilità che abbiamo già adesso? Con l’esistente, si arriva in un’ora e dieci. Io non dico di mettere i treni ogni dieci minuti, come già accade per i pullman, ma si può dare una mano anche solo con tre treni veloci. In questo modo, dunque, si dà la possibilità di sgravare anche l’Air». Nel frattempo, mentre dalla Regione Campania si è deciso di bloccare la linea ferroviaria dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, dalla Puglia è giunta una proposta e la spiega proprio Mitrione. «Poiché una parte dell’Irpinia guarda verso la Puglia, allora questa regione ha deciso di interessarsi della linea ferroviaria, per la parte che va da Lioni a Foggia. Sostanzialmente, anche dalla Basilicata, sta arrivando la proposta di ragionare tutti insieme per fare in modo che questo sistema ferroviario abbia una maggiore dignità. In questo discorso, poi, rientra anche il progetto “La via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”, perché grazie a quella idea si può pensare, finalmente, ad uno sviluppo mirato che, però, non è solo turistico, ma punta anche al miglioramento della vivibilità di quei comuni. Non bisogna, però, soltanto guardare ai soldi, agli investimenti, ma alla bontà delle idee che, in questo caso, possono davvero cambiare le sorti di quella parte dell’Irpinia e non solo. Purtroppo, però, quando si sono decisi i tagli, lo si è fatto in maniera orizzontale, ovvero, si taglia dove la domanda è più debole: Avellino e Benevento. Così è per i trasporti, così è per la scuola, così è per la sanità ». E Pietro Mitrione coglie l’occasione anche per spiegare a che cosa sta lavorando, in questi giorni, l’associazione “In_Loco_Motivi”. «Speriamo davvero che per la fine delle festività natalizie il provvedimento di chiusura dell’Avellino- Rocchetta Sant’Antonio venga sospeso. E dovrà continuare a funzionare almeno fino alla fine dell’anno scolastico. Accanto a questo, però, vorremmo pensare, insieme all’amministrazione provinciale, ad un minimo di programma di esercizio interno a questa linea, partendo dalla istituzione di una cabina di regia. Sappiamo che il presidente Cosimo Sibilia ha già presentato una interrogazione parlamentare e questo, per noi, è già importante. Ma possiamo fare di più. Possiamo fare in modo che le decisioni di aprire o di chiudere qualcosa partano da noi, dalla nostra provincia, in base alla necessità. Tra l’altro, proprio con l’Avellino Rocchetta Sant’Antonio avevamo intrapreso un’attività turistico-culturale che intendiamo continuare. Così come avevamo già un accordo con il Provveditorato agli Studi, perché ci sono pervenute circa 2500 richieste da parte delle scuole irpine che vogliono conoscere l’Irpinia». E, a questo proposito, Mitrione coglie l’occasione per fare un appello ai sindaci affinché insieme all’associazione possano far sentire più forte la loro voce. «Cari sindaci – ha concluso Mitrione – tutte queste cose, le abbiamo ascoltate bene già trent’anni fa. Credo sia arrivato il momento di reagire tutti insieme, affinché non si perda la nostra memoria, affinché i nostri figli, di qui a trent’anni, non dovranno ascoltare, di nuovo, le stesse cose».

    IL FATTO, LA SINTESI

    Esiste un Grande Programma di sviluppo che va sotto il nome “La Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” che la Regione ha dimenticato in un cassetto. Un progetto (che risale alla Giunta Bassolino) che prevede interventi per 100 milioni di euro e che punta alla valorizzazione delle risorse identitarie irpine ed a creare una rete integrata territoriale che va dalla Valle del Sabato alla Valle dell’Ofanto. Un lavoro che parte dal basso e che nasce dall’elaborazione di 5 comuni proponenti e che ha ricevuto l’approvazione di altre 31 amministrazioni locali. La candidatura del progetto è arrivata a Palazzo Santa Lucia dove, il 31 luglio del 2009, ha ottenuto, all’unanimità, la delibera dell’attuale giunta regionale. Pochi mesi fa è arrivato il via libera dal Ctca (comitato tecnico congiunto per l’attuazione) organismo istituito dal Cipe per la selezione dei progetti Pain- Fas. Su questo tema di particolare importanza per lo sviluppo turistico della provincia, il nostro giornale ha pubblicato, giovedì 9 dicembre, un dossier che sintetizza il progetto. Riteniamo che sia una battaglia utile per la nostra provincia per bloccare eventuali manovre di Palazzo ed accelerare la fase esecutiva degli interventi.

  41. 44 pietro mitrione 16/12/2010 alle 7:26 PM

    Giulio D’Andrea C’è un doppio binario di marcia per salvare il treno irpino del paesaggio, la linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. La Puglia è interessata alla gestione di parte del tracciato. E un affido condiviso, tra Napoli e Bari, potrebbe salvare per intero le storiche rotaie. Due gli appuntamenti cruciali. Questa mattina il vertice in Regione Puglia. All’incontro col governatore Nichi Vendola prenderà parte l’associazione «LiberaMente» di Rocchetta ed il coordinamento nazionale dei Piccoli Comuni col portavoce Virgilio Caivano. A Bari si discuterà delle idee venute fuori proprio durante l’ultima corsa, quelle idee che vedrebbero una gestione pugliese da Rocchetta a Lioni. «L’appuntamento delle prossime ore ha una valenza politica importante – evidenzia Pietro Mitrione, dell’associazione In_Loco_Motivi -. C’è qualcuno che finalmente s’interessa ad un discorso complessivo, capendo che la collaborazione tra diversi enti locali può risultare fondamentale». L’obiettivo è una divisione di diritti e doveri tra Puglia e Campania sui due segmenti. E le speranze per la tratta sono legate anche al vertice in Regione Campania. Il 21 dicembre verrà presentato l’orario invernale di Trenitalia, che contiene pesanti tagli anche per il tragitto Avellino-Benevento. L’assessore regionale ai Trasporti, Sergio Vetrella, ha previsto a Napoli un confronto con le associazioni di viaggiatori. Convocato anche il gruppo irpino di In_Loco_Motivi. «Si potrà parlare dei fondi Pain e del turismo, affrontando i nodi del trasporto ordinario», conclude Mitrione».

  42. 45 pietro mitrione 16/12/2010 alle 7:32 PM

    L’appello di D’Amelio: uniamoci per far ripristinare quel progetto

    La consigliera regionale del Pd: ho già preparato una interrogazione Ma serve anche l’impegno dei comuni interessati e della Provincia

    «E’ un progetto che va ripristinato al più presto». Rosetta D’Amelio, consigliera regionale del Partito Democratico, anche già sindaco di Lioni, è convinta della bontà dell’ipotesi progettuale realizzata dall’Associazione Temporanea di Scopo, nel 2007, e già approvata dalla Regione Campania e dal Cipe, dal titolo “Le vie del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”. Ne è convinta, a tal punto da avere pronta una interrogazione da presentare proprio in consiglio regionale. Ma, nel frattempo, chiede uno sforzo ai Comuni interessati, ma anche alla Provincia di Avellino, affinché il discorso possa mettersi in moto nuovamente. «Dobbiamo impegnarci, insieme alle amministrazioni comunali interessate e insieme anche all’amministrazione provinciale, al di là del colore politico di appartenenza. Ci dobbiamo impegnare, perché dobbiamo trovare la strada percorribile per recuperare quel progetto che permette la valorizzazione dei territori che percorrono, tra l’altro, la via del vino. Non solo ma è un programma di sviluppo che va a toccare, e potrebbe salvare, anche la tratta ferroviaria dell’Avellino – Rocchetta Sant’Antonio della quale si sta discutendo in questi giorni. Si sa, infatti, che ha subito i tagli da parte della Regione Campania e che, pertanto, ha dovuto fermare le sue corse». Di qui, dunque, l’appello della consigliera regionale del Pd all’ente guidato dal presidente Stefano Caldoro. «Il governo di Palazzo Santa Lucia, dunque, – ha continuato Rosetta D’Amelio – deve riprendere il discorso e trovare la strada per ripristinare quella importante linea ferroviaria, perché serve un territorio importante. E questo è lo stesso che aveva fatto questa Ats (Associazione Temporanea di Scopo), con comuni che andavano da Montefalcione a Morra De Sanctis. Ho già pronta, a tal proposito, una interrogazione, e credo che ad Avellino dobbiamo lanciare con forza l’idea di un incontro cong li assessorati competenti ed il presidente della giunta regionale, per fare in modo che non siano sempre i territori irpini ad essere penalizzati». Nel frattempo, proprio sul fronte dell’Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, nella tarda serata di ieri, si è saputo che c’è un interesse particolare da parte della Regione Puglia. E’ per questo, infatti, che è in programma per oggi un incontro con il presidente Nichi Vendola. Ovviamente, all’ordine del giorno, il futuro della linea ferroviaria che potrebbe rinascere proprio grazie all’intervento della vicina regione pugliese. Intanto, la consigliera D’Amelio, sempre interessandosi delle zone dell’Alta Irpinia, in questo caso specifico di Sant’Angelo dei Lombardi, parla di una richiesta che ha inoltrato all’Air, l’azienda che gestisce i trasporti irpini. «Servono fermate dirette per il carcere di Sant’Angelo dei Lombardi in modo da agevolare le persone che si recano in visita presso la Casa Circondariale. E’ quanto mi impegno a chiedere alla locale Azienda dei Trasporti. Una richiesta manifestatami da più parti» e della quale la consigliera ha parlato prendendo parte al “Concerto di Natale” per i detenuti organizzato dai volontari della Croce Rossa Italiana .

    Turismo: la proposta di Confindustria

    La sezione Alberghi e Turismo di Confindustria Avellino ha organizzato per mercoledi 22 dicembre alle ore 11 presso la propria sede di Avellino in via Palatucci un incontro con l’assessore provinciale al turismo Raffaele Lanni e con il Tour Operator Campano Giroauto interessato ad inserire il sistema turistico irpino nei propri cataloghi di incoming. Obiettivo dell’incontro è definire un programma di eventi ed itinerari spendibili oltre i confini provinciali e regio- nali; è una interessante opportunità sia per gli operatori locali ma soprattutto per il sistema turistico locale che potrebbe godere di una visibilità senza precedenti ed essere inserito in percorsi culturali, enogastronomici ed artistici anche al di fuori dei confini locali. Per tale motivo gli Enti e le Organizzazioni interessate sono invitate a partecipare all’incontro di mercoledì prossimo, al fine di definire una proposta univoca come più volte auspicato da Confindustria Avellino e dalle stesse Istituzioni locali.

    Avellino-Rocchetta S.A.: il destino ora è appeso all’incontro con Vendola

    Si terrà questa mattina si terrà un vertice in Regione Puglia, l’Associazione LiberaMente di Rocchetta Sant’Antonio ed il portavoce del Coordinamento Nazionale dei Piccoli Comuni Virgilio Caivano, incontreranno il governatore Nichi Vendola. Si parlerà esclusivamente del futuro della tratta, e verrà avanzata la provocatoria proposta di far gestire alla regione Puglia la tratta da Rocchetta a Lioni per poter condividere con la Regione Campania diritti e doveri in maniera paritaria. Il 21 dicembre intanto verrà presentato l’orario invernale con i tagli regionali ai trasporti. L’associazione inLoco_motivi è stata convocata dall’Assessore Regionale ai Trasporti Sergio Vetrella nell’abituale conferenza in cui viene presentato l’orario regionale invernale alle associazioni di viaggiatori. L’incontro si terrà il 21 alle 10 nell’auditorium del Centro Direzionale di Napoli isola c3.

    “Asse attrezzato”, il PdL chiede chiarimenti a Foglia

    Riceviamo e pubblichiamo da Alessandro Somma, segretario cittadino del PdL di San Martino Valle Caudina. «Il PdL di San Martino Valle Caudina vorrebbe delucidazioni sull’ asse attrezzato. Il nove novembre 2010 dopo giorni di pioggia sul tanto discusso asse attrezzato San Martino Valle Caudina – Roccabascerana che chi sa in quale futuro collegherà la Valle Caudina con il capoluogo Avellino, le abbondanti precipitazioni provocano uno smottamento che ricopre il fondo stradale con terra e detriti. L’area in poco tempo viene messa in sicurezza ma si circola a senso unico alternato. Al giorno 14 dicembre siamo alle solite, noi caudini veniamo sempre dimenticati dagli enti che dovrebbero fare gli interessi del cittadino, infatti l’Asi, ente che dovrebbe gestire l’asse attrezzato non ha preso nessun provvedimento, la strada è rimasta cosi come era dopo lo smottamento, con una segnaletica alquanto improvvisata c’è un grosso rischio d’incidente. Al presidente Pietro Foglia noi tutti chiediamo “ma in Valle Caudina si viene solo per far promesse durante la campagna elettorale? Noi caudini non siamo uguali a tutti gli altri cittadini della provincia? È vero che il periodo economico non è roseo ma aggiustare un muretto di contenimento e ripulire per bene il fondo stradale di una strada completata da nemmeno due anni certo non costa milioni di euro. In attesa che la strada venga completata speriamo che almeno venga riparata».

  43. 46 pietro mitrione 17/12/2010 alle 7:05 PM

    Anzalone: giunta regionale inetta Avellino-Rocchetta: Vendola c’è…

    L’ex consigliere regionale bacchetta Caldoro e il suo governo: in otto mesi non ha fatto altro che spulciare nelle delibere di Bassolino, tralasciando invece i progetti importanti

    “D’accordo con l’onorevole Rosetta D’Amelio, che si sta impegnando fortemente per sostenere quel piano”. L’ex Consigliere Regionale del Pd, Luigi Anzalone, interviene sul progetto “Le vie del vino e i castelli dell’Irpinia verde”, fermo nei cassetti di Palazzo Santa Lucia. “E lo fui – aggiunge Anzalone – anche da consigliere regionale, spingendo in tale direzione. L’Irpinia è bella dal punto di vista paesaggistico e della memoria storica. Inoltre ha una grande potenzialità produttiva legata alla risorsa acqua. Noi potremmo avere una valorizzazione del patrimonio turistico enorme, con una conseguente e sostanziosa ricaduta occupazionale. Purtroppo di fronte abbiamo una giunta Caldoro che è, ad otto mesi dalla sua entrata in funzione, l’apoteosi dell’incapacità e della inettitudine ad operare. Io consiglierei al presidente e ai suoi colleghi di giunta di trovare qualche altra delibera di Bassolino cui fare le pulci, perchè altro, oltre qualche squallidissima operazione di bassa cucina clientelare familistica, non sanno fare. E speriamo che con la vicenda inceneritori non facciano di peggio. Io credo che a prescindere dalla collocazione politica, tutte le forze che ritengono di esprimere nelle istituzioni la nostra società, debbano impegnarsi, in particolare la Provincia e i Comuni direttamente coinvolti, per far raggiungere l’eccellenza all’Irpinia. Così si potrebbe dare occupazione e sviluppo al territorio, invece oggi ai nostri giovani lor signori danno soltanto disoccupazione ed emigrazione”. Intanto si è tenuto ieri mattina un vertice in Regione Puglia, tra l’Associazione LiberaMente di Rocchetta Sant’Antonio, il portavoce del Coordinamento Nazionale dei Piccoli Comuni, Virgilio Caivano, è il governatore Nichi Vendola. Si è parlato esclusivamente del futuro della tratta. E’ stata avanzata la provocatoria proposta di far gestire alla regione Puglia la tratta da Rocchetta a Lioni per poter condividere con la Regione Campania diritti e doveri in maniera paritaria. Vendola si è detto disponibile, pur nei limiti delle proprie competenze e nel rispetto delle altre, a dare una mano. Il governatore pugliese chiamerà Caldoro per chiedere di revocare il provvedimento che chiude la storica linea ferroviaria, fondamentale per il rilancio del turismo in Irpinia, soprattuto se inserIta nel progetto “Le vie del Vino e i castelli della verde Irpinia”. Il 21 dicembre, infine, l’associazione inLoco_motivi è stata convocata dall’Assessore Regionale ai Trasporti Sergio Vetrella nell’abituale conferenza in cui viene presentato l’orario regionale invernale alle associazioni di viaggiatori. L’incontro si terrà il 21 alle 10 nell’auditorium del Centro Direzionale.

  44. 47 pietro mitrione 17/12/2010 alle 7:07 PM

    Giulio D’Andrea Tante proposte per la linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, ma sulla gestione condivisa tra Campania e Puglia è fumata nera. Intanto ieri terzo incontro interregionale al Ministero dei Beni Culturali sulla destinazione dei fondi Pain per l’Irpinia. Per la Campania era presente il vicegovernatore, Giuseppe De Mita. Attesa nelle prossime ore una nota del Comitato Tecnico congiunto per l’Attuazione. Il documento dovrebbe fare chiarezza sulle potenzialità turistiche della tratta. Il Ctca ha ricevuto i rilievi del Dipartimento per lo Sviluppo Economico, che porterebbero a una rimodulazione degli interventi. In altre parole, sul Pain siamo solo alle battute iniziali. Altro fronte, la Puglia. Il governatore Nichi Vendola si è detto «molto interessato» al percorso ferroviario e disponibile a mettere in campo soluzioni innovative. Sembra però tramontata l’ipotesi di una co-gestione tra regioni nel tratto Lioni-Rocchetta Sant’Antonio. C’è il rischio – fanno sapere da Bari – di un’eventuale polemica politica. Verrebbe considerato inopportuno lo stanziamento diretto di fondi pugliesi su altre zone. Inoltre i passi burocratici per la realizzazione del progetto non sarebbero agevoli. L’idea era stata avanzata durante gli ultimi giorni di vita del percorso ferroviario, nel corso dei confronti tra i vari gruppi che si battono in difesa dello storico treno e ventilata dallo stesso consiglio comunale di Rocchetta Sant’Antonio. L’incontro sul lungomare Nazario Sauro, tra il presidente Vendola e i rappresentanti di varie associazioni, ha portato nuove ipotesi per la linea. Presenti gli esponenti del coordinamento nazionale Piccoli Comuni e il gruppo LiberaMente di Rocchetta. Con il leader nazionale di Sel c’erano anche dirigenti di società operanti nei settori delle energie rinnovabili. L’intenzione sarebbe quella di formare un partenariato pubblico-privato, con le regioni Campania e Puglia affiancate da diverse aziende, per creare un doppio binario del turismo: quello dei borghi e quello dell’innovazione. Per l’ultima tipologia si parla tecnicamente di «tratta a trazione energetica», in grado di convogliare sui binari studiosi e accademici. Il governatore ha fatto sapere sempre da Bari di voler coinvolgere presto la Regione Campania. Si cercherà di ottenere quei fondi europei che possano calamitare l’attenzione, già esistente peraltro, dei soggetti privati. Soddisfatto Virgilio Caivano, del coordinamento nazionale Piccoli Comuni e Andrea Gisoldi di LiberaMente. E si muovono anche gli studenti dell’istituto «Vanvitelli» di Lioni che quotidianamente affollano, o meglio affollavano, la tratta ferroviaria. Gli alunni colpiti dalla chiusura del percorso su ferro (residenti a Nusco, Cassano, Montemarano) hanno inviato una lettera-appello a mezzo fax all’assessorato regionale ai Trasporti. Il 21 dicembre il confronto tra l’assessore Sergio Vetrella e le associazioni dei trasporti. Intanto sul blog della «Comunità Provvisoria» ha raggiunto quota tremila firme l’appello a salvare la tratta ferroviaria

  45. 48 pietro mitrione 19/12/2010 alle 9:08 PM

    Nicola Di Iorio * Rispetto alla pianificazione e alla crescita del territorio, in provincia di Avellino qualcuno sembra voler imporre la logica della guerra per bande, piuttosto che quella della concertazione e del dialogo. È quanto sta accadendo in riferimento al Pain Fas, che vede ricadere sul territorio irpino uno dei due poli di intervento individuati in Campania. Sembra, infatti, assurgere a ruolo di totem la delibera della giunta regionale della Campania numero 1336 del 31 luglio 2009 con la quale si individuava il Polo «La Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde» e se ne disponeva la candidatura a finanziamento. Per completezza va aggiunto che la delibera non individuava alcun progetto e non faceva riferimento ad alcuna Associazione Temporanea di Scopo. Si limitava ad una perimetrazione. La delibera aveva per oggetto la strutturazione di un polo territoriale centrato nell’area Taurasi-Valle del fiume Calore fino a spingersi, attraverso la linea ferroviaria Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, verso la Puglia, coinvolgendo il territorio di Calitri e Monteverde. In quella delibera si prevedeva un intervento da spalmare su ben 58 Comuni, divisi in tre fasce In più, l’iniziativa sarebbe stata diretta alla rivitalizzazione della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, o almeno delle sue stazioni. Una iniziativa lodevole. Ma inadeguata. Ideata, anzi, in palese contrasto con gli stessi documenti prodotti dalla Regione in materia di sviluppo strategico. Basti pensare che la Campania per il nuovo ciclo di programmazione 2007-2013 ha scelto una sola parola d’ordine: concentrare. Tutto questo per lasciare un segno duraturo nella vita economica e sociale del territorio. È un approccio sicuramente giusto, quello scelto allora dalla Regione, ma essa stessa si è contraddetta nel momento in cui ha veicolato una candidatura che fa riferimento a quasi 60 Comuni. Altro che concentrazione. Una grida manzoniana, incapace, quindi, di produrre effetti sul sistema turistico irpino. Un disastro completo. Di tutto questo ne fa espresso riferimento il direttore Gregorio Angelini nella nota riportata proprio da «Il Mattino». L’Irpinia, in campo turistico, per migliorare i propri numeri, ha bisogno di politiche serie ed efficaci che facciano riferimento alle risorse del territorio e, soprattutto, alle nuove domande del turismo moderno (enogastronomico, ambientale-sportivo, religioso), concentrando quindi investimenti in aree strategiche. Un obiettivo che si può ottenere legando due ambiti della provincia di Avellino: uno che fa riferimento al Parco dei monti Picentini e l’altro che insiste sul Parco del Partenio, due ambiti uniti dal filo rosso dell’eccellenza enologica, un unicum che farebbe dialogare la risorsa ambientale con quella di prodotto e che troverebbe il suo completamento nella rifunzionalizzazione degli impianti per gli sport invernali già presenti sul territorio. L’assessore regionale al Turismo, Giuseppe De Mita, non ha, dunque, altra strada che quella di rimodulare la pianificazione del Pain, come già annunciato in un recente convegno a Bagnoli Irpino, facendo riferimento alla concentrazione delle risorse. In sostanza, è lo stesso Dipartimento per lo Sviluppo Economico che fa rilevare all’assessore questa indicazione. Non è certo quindi una valutazione discrezionale, tanto meno una ragione di partigianeria politica o partitica. È in questo quadro che si innesta la riqualificazione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio che può diventare, attraverso una sua riconversione a mera tratta turistica, un elemento fondante del sistema turistico irpino, accantonando definitivamente le voglie nostalgiche di chi vorrebbe farla rivivere come trasporto merci-persone. Infine, se dovesse riuscire la politica della concentrazione e delle scelte strategiche, essa potrà avere ricadute certamente positive sull’intero territorio provinciale. Ed è su questa linea che l’assessore De Mita sembra muoversi, con l’auspicio che l’intero sistema delle autonomie locali irpine e l’intero panorama politico vogliano sostenere questa azione, al di là degli steccati di partito e dei conflitti ideologici. * Presidente Patto Territoriale Monti Picentini

  46. 49 pietro mitrione 20/12/2010 alle 4:37 PM

    Avellino – Rocchetta”: Sibilia interroga Matteoli e Tremonti

    martedì 9 novembre 2010

    Roma – Il senatore Cosimo Sibilia, presidente della Provincia di
    Avellino, e il collega senatore, Luigi Compagna, hanno presentato
    un’interrogazione urgente al Ministro per i Trasporti e le
    Infrastrutture, Altero Matteoli e al Ministro per l’Economia e le
    Finanze, Giulio Tremonti, sul futuro della linea ferroviaria Avellino-
    Rocchetta Sant’Antonio. Di seguito il testo dell’interrogazione.
    “Premesso che nel territorio della provincia di Avellino è presente
    una ferrovia storica inaugurata ben 115 anni fa, la Avellino-
    Rocchetta S.Antonio, che consente i collegamenti dei territori posti
    lungo la valle dell’Ofanto tra cui si annoverano tra l’altro i Comuni
    di Lioni, S.Angelo dei Lombardi e Calitri, con una lunghezza di km
    119; da notizie riportate sulla stampa, sarebbe intenzione di FS
    (RFI e Trenitalia) arrivare alla chiusura definitiva della linea ferroviaria a partire dal prossimo orario ferroviario
    del 12 dicembre 2010, privando un territorio già carente di servizi ferroviari anche di questa opportunità; già
    attualmente il servizio ferroviario è fortemente ridimensionato, con poche coppie di treni al giorno, e questo
    alimenta uno scarso utilizzo della linea da parte degli utenti, e nonostante venga utilizzata in particolare dagli
    studenti e per i quali comunque andrebbe predisposto un servizio sostitutivo di trasporto pubblico, con notevoli
    problematiche relative alla sicurezza, considerando i territori attraversati che nel periodo invernale sono
    interessati sovente da precipitazioni nevose e quindi interruzioni stradali.
    Considerato inoltre che la linea storica è inserita nelle aree interne della regione Campania, dove sono in
    corso diversi progetti di valorizzazione del territorio, delle produzioni enogastronomiche tipiche, del rilancio e
    risanamento dei centri storici, di tutela e valorizzazione delle aree naturali, delle aree a parco, stanche anche
    la bellezza del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico, la ferrovia storica Avellino – Rocchetta
    S.Antonio, costituisce un segno importante del territorio, che ricuce e mettere in relazione percorsi produttivi e
    turistici, in particolare per quanto riguarda la produzione dei famosissimi vini conosciuti sia a livello nazionale
    che sul piano internazionale della valle del Taurasi;
    già nell’ultimo anno 2009/2010 sulla base delle iniziative proposte dall’Associazione culturale “InLoco_Motivi e
    dell’Ente Provinciale Turismo, sostenute dalla Regione Campania nell’ambito del contratto di servizio con
    Trenitalia, sono state effettuate numerose corse turistiche nei giorni di sabato e domenica, quando
    normalmente la ferrovia era chiusa.
    Questa offerta di treni turistici alla scoperta del territorio, del buon cibo e del buon vino, della natura e del
    paesaggio, delle città e della cultura locale, hanno avuto uno straordinario successo di pubblico e di
    partecipazione dei cittadini, a dimostrazione che esiste una domanda di mobilità basata sulla ferrovia storica .
    Questo dimostra che oltre al servizio di trasporto ferroviario legato a motivi di studio e di lavoro, esiste una
    potenzialità reale e turistica di valorizzazione della linea, che insieme potrebbero alimentare un percorso
    virtuoso per rendere meno onerosa per le risorse finanziarie pubbliche la gestione della rete ed il servizio
    ferroviario
    Considerato infine che sia in Italia che in Europa esistono mirabili esperienze di ferrovie turistiche, che hanno
    attirato migliaia di turisti e che costituiscono un elemento di sostegno delle aree interne, che hanno
    predisposto un’offerta mirata per questo tipo di turismo sostenibile ed in decisa crescita anche in Italia e che la
    chiusura definitiva di una linea ferroviaria storica costituirebbe comunque di per se una perdita per il
    patrimonio ferroviario del nostro paese, che poi è molto complesso e d oneroso recuperare successivamente,
    si chiede ai ministri competenti se corrisponde al vero che è intenzione di FS (RFI-Trenitalia) chiudere
    definitivamente la linea ferroviaria Avellino-Rocchetta S. Antonio a partire dal prossimo 12 dicembre 2010; se
    non si ritenga opportuno potenziare i servizi di trasporto ferroviario sulla rete ferroviaria in questione, per
    alimentare un sistema virtuoso di incremento dell’utenza e quindi di contenimento dei costi di esercizio; se non
    sia opportuno chiedere a Trenitalia di predisporre un progetto di valorizzazione della linea con adeguati servizi
    ferroviari di interesse turistico, d’intesa con il territorio, per promuovere l’uso della linea storica e valorizzare le
    emergenze territoriali e paesaggistiche dell’area dei territori interessati

  47. 50 pietro mitrione 21/12/2010 alle 6:42 PM

    Oggi a Napoli, nella sede dell’Assessorato regionale ai Trasporti, si presenteranno gli orari ufficiali dei trasporti pubblici regionali. È l’occasione consueta per incontrare le associazione dei viaggiatori, quest’anno un significativo e ufficiale riconoscimento di «In Loco Motivi», arrivato nonostante tutto, proprio da Sergio Vetrella. Conviene quindi appuntare un piccolo memorandum, buono per l’incontro. È opinione del tutto personale, ma i molti che a diverso titolo sono intervenuti nella discussione che si è animata sono parsi del tutto fuori sincrono rispetto alla realtà, ai tempi e alle capacità di spesa del breve ed anche medio periodo. Non so se quanto politicamente speculativo, o semplicemente per minimizzare quanto dimostrato da «In Loco Motivi», ma il futuro dell’Avellino-Rocchetta è stato legato solo ed esclusivamente all’attuazione e alla esecuzione dell’ormai famoso – per non dire famigerato – progetto Pain «La Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde». Quel progetto, che sottende una visione strategica e quindi programmatica, non può essere considerato il fine dell’azione politica e amministrativa: come sempre è accaduto negli ultimi anni, si è scambiato lo strumento con le finalità; il vasto programma di interventi per la promozione del territorio con il necessario coinvolgimento di capitali privati, rappresenta la modalità individuata per reperire i soldi. La consapevolezza ultima è che contano le azioni e non solo le parole o i documenti: un po’ tutti siamo bravi a scrivere e a far discorsi. Pertanto, non è credibile non dar peso ai numeri, ai dati, agli indicatori, alla progettualità misurabile e monitorabile che è scaturita da «In Loco Motivi», il treno irpino del Paesaggio. Non servono né domani né nella prossima primavera, i milioni di euro per far camminare il treno, che nonostante tutto ogni mattina era pieno di studenti e nei giorni dedicati è stato – e lo è già per un potenziale immediato futuro prossimo – zeppo di scolaresche che fanno pratica di educazione ambientale, di turisti irpini e da fuori regione che fanno una esperienza emozionale, e quindi di grande pregio per il turismo campano. Serve invece sapere che si può contare sulla professionalità e sulla sagacia e perseveranza di tutto il gruppo «In Loco Motivi» che con gli Amici della Terra sono pronti a garantire quello che hanno già dimostrato. Una visione di un uso del treno legato alla fruizione del paesaggio e ai principi di un turismo sostenibile, dove la variabile ambientale è prioritaria. L’esperienza di «In Loco Motivi» non dimostra essere un fatto né estemporaneo e nemmeno non confrontabile. Vogliamo ricordare il caso concreto delle Ferrovie Turistiche Italiane, con il Treno Natura della Val d’Orcia, la Ferrovia del Basso Sebino e la Ferrovia della Camusa, con la gestione della tratta e degli eventi dati all’associazione di riferimento. Così come 100 anni fa entrava in funzione la linea del Bernina tra St. Moritz e Tirano, che dallo scorso anno è entrata a far parte del Patrimonio mondiale Unesco: il trenino rosso. È a servizio del turismo ma anche delle imprese, in una zona ancor più impervia e difficile dell’Irpinia. Ecco allora dimostrato concretamente che quando i valori economici sono riferiti all’ambiente naturale e ai significati antropologici e culturali, emergono componenti che l’economia tradizionale spesso ignora. «In Loco Motivi» è un’azione che concretizza lo sviluppo sostenibile di un territorio. Il valore economico totale della risorsa tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta può essere rappresentato dalla sommatoria del suo valore d’uso reale con il suo valore d’uso potenziale da parte dei singoli e delle generazioni future e con il suo valore di esistenza, rappresentato dalla disponibilità a pagare per garantirne la sopravvivenza indipendentemente dall’uso reale. *

  48. 51 pietro mitrione 21/12/2010 alle 6:44 PM

    Le vie del vino”, Capozza: nessuna bocciatura dal Cipe

    L’appello del sindaco di Morra de Sanctis, Comune capofila dell’Ats: si mettano da parte le polemiche e i burocraticismi. Prevalga l’interesse per la nostra terra

    «Non c’è mai stata alcuna bocciatura da parte del Cipe». Gerardo Capozza, sindaco di Morra de Sanctis, comune capofila dell’Ats (Associazione temporanea di scopo) che, nel 2007, lavorò alla elaborazione del progetto “Le vie del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”, ci tiene a fare alcune precisazioni rispetto all’iter che, negli anni, ha visto anche l’approvazione da parte della Regione Campania, nel luglio del 2009. «L’idea che veniva fuori da quel progetto era valida – ha detto Capozza – ma, come aveva chiesto anche il Cipe, andava soltanto rivisto il numero dei comuni». In effetti, così come abbiamo avuto già modo di trattare nelle scorse settimane, il progetto che aveva redatto l’Ats comprendeva, inizialmente, meno di dieci comuni, per poi allargarsi a circa 38, fino ad arrivare a quasi 60. Il Cipe, dunque, chiese, dopo aver espresso apprezzamenti per il progetto e giudicandolo il primo tra le regioni che avevano presentato diverse proposte, che fosse rivisto solo il numero dei comuni. «La Regione Campania – ha spiegato ancora Capozza – dopo la decisione del Cipe avrebbe dovuto soltanto ridimensionare il numero dei comuni che prendevano parte a quel progetto. Una volta fatto, quindi, doveva avere un parere definitivo da parte del Cipe». Ma, come è noto, ormai, alle cronache, l’iter si è fermato lì e non c’è stato alcun passaggio ulteriore. «Vorrei precisare, dunque, – ha continuato il sindaco di Morra De Sanctis – che non c’è stata affatto una bocciatura da parte dell’organismo nazionale. Ma, forse, cambiando il governo regiona- le (nel frattempo, infatti, si è passati dal governo Bassolino a quello Caldoro, da un governo di centrosinistra ad uno di centrodestra, ndr) ora la nuova giunta vorrà dire la sua. Ovviamente, però, noi non stiamo a guardare. Per quel che mi riguarda, io sto approfondendo quello che è accaduto fino ad oggi e dalle notizie che ho sia dai funzionari alla Regione che da quelli del Cipe, è che quell’idea progetto non è mai stata messa in discussione. Nell’ambito dei progetti presentati dalle diverse regioni italiane, il nostro era il primo. Poi non so che cosa è successo, forse sono subentrate altre questioni, forse ci sono state delle pressioni, non saprei dire. Resta un dato: per la prima volta in provincia di Avellino, dal basso, è arrivata una proposta di sviluppo operativa, concreta che ha visto anche l’interesse dei privati. Mi sembra sciocco, dunque, buttare alle ortiche una simile iniziativa con dei burocraticismi che non allo sviluppo dell’Irpinia. Pertanto – ha aggiunto Capozza – ritengo sia doveroso mettersi intorno ad un tavolo e discutere con tutti i sindaci, insieme alla Provincia, alla Regione e al governo nazionale. Si capisca l’importanza di questo progetto: può essere una svolta. Per prima cosa, nei prossimi giorni mi rivedrò con tutti i sindaci interessati al progetto e vedremo come procedere. Al momento, però, vorrei chiedere a tutti di abbassare i toni della polemica, perché questo non aiuta di certo a costruire un progetto strategico per la nostra provincia. Non dobbiamo fare in modo di andare in concorrenza con le altre province della nostra regione per l’assegnazione dei fondi europei. Perché se non c’è un’idea progetto forte e credibile, rischiamo di soccombere rispetto ad altre forze, come la costiera amalfitana, o quella cilentana, per non parlare della penisola sorrentina, di Capri. Sono realtà che offrono qualcosa di molto diverso da noi e che hanno un’utenza diversa e già consolidata. Solo un’idea forte può portare ad una speranza e noi l’abbiamo avuta, cerchiamo di gettarla al vento. Faccio, pertanto, – ha concluso Gerardo Capozza – appello all’intelligenza politica di chi oggi deve decidere queste cose. Si mettano da parte i motivi di controversia e ritroviamo i motivi di unità».

    IL FATTO, LA SINTESI

    Esiste un Grande Programma di sviluppo che va sotto il nome “La Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” che la Regione ha dimenticato in un cassetto. Un progetto (che risale alla Giunta Bassolino) che prevede interventi per 100 milioni di euro e che punta alla valorizzazione delle risorse identitarie irpine ed a creare una rete integrata territoriale che va dalla Valle del Sabato alla Valle dell’Ofanto. Un lavoro che parte dal basso e che nasce dall’elaborazione di 5 comuni proponenti e che ha ricevuto l’approvazione di altre 31 amministrazioni locali. La candidatura del progetto è arrivata a Palazzo Santa Lucia dove, il 31 luglio del 2009, ha ottenuto, all’unanimità, la delibera dell’attuale giunta regionale. Pochi mesi fa è arrivato il via libera dal Ctca (comitato tecnico congiunto per l’attuazione) organismo istituito dal Cipe per la selezione dei progetti Pain Fas. Su questo tema di particolare importanza per lo sviluppo turistico della provincia, il nostro giornale ha pubblicato, giovedì 9 dicembre, un dossier che sintetizza il progetto. Riteniamo che sia una battaglia utile per la nostra provincia per bloccare eventuali manovre di Palazzo ed accelerare la fase esecutiva degli interventi.

    L’Irpinia nel circuito di Giroauto: l’incontro

    E di turismo parlerà anche Confindustria Avellino. Per domani pomeriggio alle 16, presso la sede di via Palatucci, infatti, ci sarà un incontro con l’assessore Provinciale al Turismo, Raffaele Lanni, e con il Tour Operator Campano “Giroauto” interessato ad inserire il sistema turistico irpino nei propri cataloghi di incoming. Una occasione importante, dunque, per la nostra provincia. Una occasione che Confindustria intende cogliere. Obiettivo dell’incontro è definire un programma di eventi ed iti- nerari spendibili oltre i confini provinciali e regionali. «E’ una interessante opportunità sia per gli operatori locali ma soprattutto per il sistema turistico locale che potrebbe godere di una visibilità senza precedenti ed essere inserito in percorsi culturali, enogastronomici ed artistici. Per tale motivo invitiamo gli enti e le organizzazioni a voler partecipare all’incontro al fine di definire una proposta univoca come più volte auspicato da Confindustria Avellino e dalle stesse Istituzioni» si conclude la nota.

    Il sindaco Famiglietti si ribella: «No ai progetti calati dall’alto»

    Fa bene il presidente Cosimo Sibilia a non mollare sulla questione sanità e a riaprire come aveva fatto sui rifiuti la questione delle zone interne che puntualmente vengono mortificate dal governo regionale. E la storia si ripete anche sulle speranze di rilanciare il turismo di questa provincia, nonostante da Palazzo Santa Lucia sia partito il tentativo di screditare la battaglia dei sindaci irpini con una battaglia di controinformazione destinata a cadere nel nulla. Anche perché i sindaci non mollano e attualmente non ci sono risposte da parte della Regione Campania sul perché il progetto “Le vie del vino e dei castelli tra l’Irpinia verde” sia rimasto chiuso nel cassetto nonostante l’impegno di trentasei amministratori comunali della provincia di Avellino ed un finanziamento di cento milioni già a disposizione. «Così – dice Luigi Famiglietti dirigente provinciale del Partito Democratico e sindaco di Frigento – si nega ogni speranza di sviluppo per questa terra. Io credo, tra l’altro, che si possa fare opposizione in modo diverso e si debba denunciare una sostanziale lentezza. Anzi, direi che la Regione Campania è del tutto ferma rispetto a certi aspetti e ci sono molte difficoltà di questo governo di Palazzo Santa Lucia, visto che si vive una sorta di commissariamento ad opera del Governo centrale, ovvero ad opera del Ministro Giulio Tremonti, che sta dirottando i fondi e le risorse destinate al Mezzogiorno per le opere infrastrutturali del Nord». Il progetto delle vie del vino, finanziabile, ma bloccato da miopi rivalità politiche da parte di chi prima si è impegnato alla sua realizzazione ed oggi dice esattamente il contrario, prevede una serie di infrastrutture per i comuni della provincia, strategiche per il rilancio del territorio. «C’è bisogno, indipendentemente anche dall’appartenenza partitica che l’Irpinia faccia una grande battaglia per lo sviluppo e pretenda le infrastrutture e che vengano finanziati dei progetti che non siano, però, quelli calati dall’alto, così all’improvviso, solo per accontentare le tasche di qualche progettista. Devono essere progetti completamente condivisi con il territorio e devono essere progetti che realmente possono aiutarci per fare sviluppo nella nostra terra», ha concluso Famiglietti.

  49. 52 pietro mitrione 21/12/2010 alle 6:49 PM

    Oggi verrà presentato l’orario invernale con i tagli regionali ai trasporti. Anche l’associazione inLoco_motivi è stata convocata dall’Assessore Regionale ai Trasporti Sergio Vetrella.
    Le ultime settimane sono state caratterizzate dalla mobilitazione delle istituzioni e delle associazioni locali.
    Dopo l’incontro presso la stazione di Avellino, lo scorso 7 dicembre, fu sottoscritto un documento in cui veniva chiesto agli assessori e consiglieri provinciali, e ai consiglieri regionali irpini, di farsi portavoce presso la presidenza della regione per chiedere la sospensione del provvedimento regionale di soppressione delle corse da Avellino a Rocchetta e della necessità di istituire un tavolo di discussione, programmazione e di intesa per scongiurare in modo definitivo la chiusura della tratta ferroviaria. Sforzi che alla fine si sono dimostrati vani con Vetrella che ha deciso di sospendere ugualmente la tratta adducendo come motivazione quella dei costi troppo alti. Una decisione presa per via dei quattro miliardi in meno di risorse per il trasporto pubblico locale. Un taglio consistente che ha portato alla soppressione dell’Avellino Rocchetta. Per molti questi sono stati tagli indiscriminati che hanno inciso sugli studenti, sui pendolari e anche dal punto di vista dell’economia turistica.
    Negli ultimi tempi sulla vicenda relativa all’Avellino-Rocchetta è intervenuta la Regione Puglia con il coinvolgimento di imprenditori privati, associazioni ed enti pubblici. L’idea forte è quella di rendere la Linea Ferroviaria una sorta di condotta per il passaggio dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, perché lungo la tratta i campi eolici ed i campi di fotovoltaico rischiano di chiudere perché non sanno come trasmettere l’energia prodotta. L’idea è di mettere in relazione grossi centri della Puglia ed Avellino utilizzando il corridoio dell’Ofanto. Quindi la tratta diventerebbe la linea del turismo dei borghi e delle energie rinnovabili. Questa mattina, quindi, la presentazione del nuovo orario invernale.

  50. 53 pietro mitrione 22/12/2010 alle 9:39 PM

    La ferrovia Avellino-Rocchetta resta chiusa per meri calcoli ragionieristici. Tagli drastici motivati da scarsa frequentazione ne hanno determinato la cancellazione. A niente è valso l’appello alla ragionevolezza e al rispetto per un territorio che rappresenta in termini di popolazione forse due quartieri napoletani. Niente da fare, contano i numeri e di conseguenza addio servizi universali quale il diritto al trasporto, dopo i tagli alla scuola e alla sanità. È una maledizione vivere nelle zone interne della Campania? Possono decidere per noi chi non conosce la nostra realtà irpina? Oggi 21 dicembre insieme ad altre associazioni abbiamo partecipato ad un incontro con l’assessore regionale ai trasporti Vetrella per conoscere le motivazione che hanno determinato il taglio del servizio ferroviario in Campania. Ebbene, circa l’80% di questi provvedimenti è stato riservato all’Irpinia e al Sannio, dove dicono c’è una domanda debole rispetto a quella della fascia costiera. Ancora una volta si è riproposto lo scontro fra zone interne e fascia costiera, fra quella della polpa e quella dell’osso e come al solito a soccombere è sempre il più debole. Verrebbe da dire si è forte con i deboli e debole con i forti. In queste settimane in tanti e a svariati livelli si sono pronunciati a favore del mantenimento in esercizio della nostra storica ferrovia, chi con grande convincimento e chi ipocritamente. Al capezzale del moribondo non si nega mai un atto di pietà. Avevamo pensato che uno scatto di orgoglio collettivo potesse cambiare a nostro favore la decisione adottata dalla Regione Campania ma il sentimento non vale perché vince la logica dei numeri dovuta anche alla scarsa forza propositiva della nostra rappresentanza politica nel suo complesso. Eppure è ancora possibile vincere questa battaglia a condizione che intorno a questa vicenda non si parli più di Pain o di altro, sono queste cose per «quelli più grandi» di noi e che sicuramente non si divertono facendo scoprire la bellezza del nostro territorio con le iniziative culturali che noi di «In_loco_motivi» abbiamo attivato da settembre 2009 su questa tratta ferroviaria senza avere alle spalle supporters politici o una organizzazione istituzionale specifica. Accanto a questo aspetto a noi interessa immaginare un moderno percorso di politica dei trasporti che tenga insieme ferro e gomma. Per tanto tempo ha imperato l’unimodalità su gomma perché pervasa da interessi clientelari. I tagli apportati al sistema ferroviario irpino con l’entrata in vigore del l’orario invernale di Trenitalia hanno di fatto ridotto al lumicino questo servizio con la soppressione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta, e non dicessero che non esiste un decreto di soppressione, perché di cancellazione si tratta; con l’eliminazione del collegamento con Napoli: di fatto Avellino è l’unico capoluogo della Campania a non essere collegato su ferro con Napoli; con il dimezzamento dei servizi con Salerno e Benevento, preludio alla completa dismissione dei collegamenti ferroviari, in attesa dell’Alta capacità, se ci sarà e se interesserà la nostra provincia. In compenso però resta, stranamente, un collegamento ferroviario con Roma, guarda caso l’unico che favorisce zone non irpine, e che alla luce della proliferazione di linee automobilistiche non soddisfa nessuna logica i fruizione. Come fare allora per venirne fuori? È possibile ragionare per noi irpini in Irpinia? L’amministrazione provinciale di Avellino, con il suo presidente in testa, organizzi da subito un tavolo di confronto dove, per la prima volta, si possa dar vita a una concertazione che tenga insieme ferro e gomma e operare unanimamente perché questi provvedimenti adottati vengano sospesi. È l’unica alternativa che abbiamo per salvare un’idea che tuteli, nello specifico, la Irpinia. Questa è la nostra proposta: creare una cabina di regia provinciale che appronti il Piano provinciale dei trasporti, senza far prevalere appartenenze politiche o di lobby. * «In_loco_motivi»

  51. 54 pietro mitrione 22/12/2010 alle 9:46 PM

    Nuovo orario regionale di Trenitalia, la debacle irpina è servita. Ieri mattina in Regione Campania l’assessore regionale ai trasporti Sergio Vetrella ha presentato alle associazioni di viaggiatori il nuovo orario di Trenitalia dopo i tagli governativi. «La presentazione dell’orario, ma anche la consultazione delle associazioni- spiega l’assessore- è arrivata solo ora perché fino ad oggi ho lavorato per ridurre l’entità dei tagli che dal 30 per cento sono scesi al dieci». Malgrado il risultato ottenuto dall’assessore la giornata di ieri rimane una Caporetto per i trasporti su ferro nella provincia di Avellino
    Alle associazioni di viaggiatori che protestano per il grave ritardo con cui si è deciso di avviare il dialogo, l’assessore risponde che nulla è definitivo e la convocazione serve a raccogliere suggerimenti per la razionalizzazione die servizi e per ottimizzare le scelte. In pratica chiede di suggerire un taglio piuttosto che un altro. Chiede consigli tecnici, suggerimenti di ottimizzazione che non spetterebbero ai viaggiatori. «Purtroppo ho ereditato una situazione disastrata- prosegue l’assessore- anche dal punto di vista dello staff. Per esempio l’Acam che potrebbe effettuare il monitoraggio è composto da pochissimi elementi. Ma è mia intenzione creare un gruppo che effettui il monitoraggio delle line e che verifichi l’efficienza dei servizi».
    Le associazioni, spesso composte da esperti del settore, si sono dette disposte a fornire indicazioni. Peccato che per l’Irpinia la posizione si riveli sempre perdente visto che il criterio della “scarsa domanda” che ha decretato la perdita di molte coppie di treni è relativo a tutto il servizio regionale, compreso realtà sovraffollate come Napoli. Come spiegare che 60 ragazzi che prendono il treno da Montella a Lioni per le zone interne non sono una “domanda debole?” E che allo stesso modo i venti viaggi turistici per circa tremila passeggeri fatti da inLoco_motivi sono un risultato enorme per una provincia come l’Irpinia? Difficile far passare questo messaggio quando ci si deve confrontare con treni di pendolari che fanno questi numeri in un solo giorno. E così inLoco_motivi, unica associazione irpina invitata all’incontro ha dovuto tristemente prendere definitivamente atto della completa sospensione del servizio sull’Avellino Rocchetta Sant’Antonio. «Rispetto al salvataggio di questa linea sono stato inondato da migliaia di mail- prosegue Vetrella annunciandone la chiusura- ma è troppo costosa: due milioni di euro all’anno e la domanda è troppo bassa per giustificare la tenuta del servizio. Stiamo valutando di attivare due corse al sabato e la domenica fino a Lioni».
    Peccato che i 60 studenti che usano il treno per andare a scuola al sabato e alla domenica non ne hanno bisogno. E sulla questione dei costi si sbandiera sempre una cifra esorbitante che comprende anche la manutenzione, ma il riferimento alla cifre si fa solo nel caso di questa tratta. Due pesi e due misure solo quando si tratta di costi, visto che per la valutazione del numero di viaggiatori tutti i campani sono uguali.
    Ma alcuni sono “più uguali” degli altri se è vero che sulla Napoli Campi Flegrei- Castellamare sono state incrementate le corse con 11 coppie di treni in più, mentre da noi oltre ai treni dell’Avellino Rocchetta è stato completamente soppresso il servizio di collegamento Benevento- Avellino-Nocera-Napoli ed è stata eliminata una coppia di treni sulla Benevento-Avellino-Salerno. La stazione di Avellino da oggi è davvero su un binario morto.
    Il mistero dei costi – Sull’Avellino Rocchetta si sa molto, ma su un punto non si riesce a fare chiarezza, almeno fino a ieri. L’assessore ai Trasporti della Regione Campania Sergio Vetrella continua a sbandierare costi esorbitanti. Secondo quanto dichiarato più volte, e confermato dai dirigenti di Trenitalia la linea costerebbe due milioni di euro, questo senza manutenzione. Due milioni di euro solo per far viaggiare una coppia di treni sulla tratta? «Sì, solo per far viaggiare una coppia di treni». Precisa un dirigente di Trenitalia presente al tavolo regionale. Ancora una volta ci si perde in cavilli di terminologia, in dettagli omessi. Perchè quello che nessuno dice è che il costo di due milioni di euro è la cifra che Trenitalia spende non solo per far viaggiare le due coppie di treni, ma anche il “pedaggio” che paga a Rfi per utilizzare la tratta, e quindi anche la manutenzione. Una bella differenza. Di almeno un milione.

  52. 55 pietro mitrione 22/12/2010 alle 9:48 PM

    Giulio D’Andrea Una riunione interlocutoria sul sistema ferroviario in Irpinia, quella tra le associazioni e l’assessore regionale ai Trasporti e alle Attività Produttive, Sergio Vetrella. Presente al Centro direzionale di Napoli tutto il gruppo di «In_loco_motivi», a difesa della tratta su ferro Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. L’occasione è stata la tradizionale presentazione degli orari ufficiali del trasporto pubblico regionale, con un confronto nella mattinata di ieri tra le diverse associazioni della Campania. Poteva andare sicuramente meglio, ma qualche apertura c’è stata, riferiscono dal gruppo irpino. «Noi abbiamo esposto i problemi che investiranno l’Irpinia, dall’assessorato ci hanno detto di portare a Napoli ulteriori proposte», commenta Pietro Mitrione. «Una possibilità per un discorso di riapertura è ancora in piedi – continua – ma la logica dei tagli penalizza pesantemente i nostri territori, insieme alla provincia di Benevento». «In_loco_motivi» è quindi intenzionata a trasferire idee e proposte nelle mani dell’amministrazione provinciale di Avellino. «Palazzo Caracciolo non può e non deve essere fuori dalla partita – aggiungono dal gruppo di promozione culturale -, così come i sindaci dei Comuni interessati dal percorso devono sostenere la battaglia con più vigore». Ma dall’assessorato di Sergio Vetrella è venuta fuori un’altra opzione, per la verità non troppo gradita a «In_loco_motivi». Si tratta dell’ipotesi di tenere aperti i binari nei fine settimana, in un’ottica di implementazione dei flussi turistici già presenti e di costituzione di nuove forme di viaggio. Una strada praticabile con stazioni e binari soppressi? Forse. Sul punto c’è stato l’impegno dello staff di Vetrella a informarsi sui costi di manutenzione ordinaria presso la Rfi (Rete Ferroviaria Italiana del Gruppo Fs). Senza questo passo è al momento impossibile valutare le reali possibilità di sopravvivenza, a meno che non si intervenga con altri fondi in un quadro esclusivamente turistico, vedi il fondo Pain-Fas. E proprio su questo impegno economico c’era stato nei giorni scorsi un chiarimento da parte di Gregorio Angelini, presidente del Comitato Tecnico Congiunto per l’Attuazione dei Programmi Interregionali «Attrattori naturali, culturali e turismo». In parole povere, veniva messa in luce l’eccessiva dispersione di risorse prevista nel progetto «Le vie del vino tra i castelli d’Irpinia», depositato da 38 Comuni irpini nelle mani della Regione a luglio del 2009. Un invito a rimodulare il progetto, quello di Angelini. I fondi a pioggia, aveva assicurato l’esponente del Ctca, non sono pronti né certi

  53. 56 pietro mitrione 23/12/2010 alle 5:51 PM

    La ferrovia e lo sviluppo ancora possibile
    il punto di Marco Grasso

    Nonostante la dovuta ammirazione per la battaglia portata avanti da Mitrione e il gruppo dei “fissati”, faccio fatica ad unirmi al coro delle proteste e delle imprecazioni contro la decisione, ormai definitiva, della Regione di ridimensionare (non chiudere) la tratta ferroviaria “Avellino-Rocchetta”. Certo, a tutti piacerebbe che la stazione di Avellino diventasse snodo cruciale per i collegamenti nazionali ed internazionali o che il suggestivo, ma un po’ malandato, trenino fosse sostituito da un frecciarossa nuovo di zecca. Bisogna però fare in conti con la realtà e non sottovalutare l’apertura dell’assessore Vetrella alle corse turistiche nel week-end, soprattutto perchè è il modo in cui la tratta è utilizzata da oltre un anno. E’ sulle escursioni domenicali che Mitrione & C. hanno poggiato la loro controproposta e portato a casa risultati importanti. Fino a qualche mese fa la tratta irpina era un ramo secco, destinato ad essere sacrificato per arginare spese e costi ritenuti superflui e provare a far quadrare i conti a palazzo Santa Lucia. Oggi, nonostante tutto, c’è una prospettiva sulla quale lavorare anche per immaginare un nuovo percorso di sviluppo. L’Avellino-Rocchetta è uno spot naturale per il territorio, le produzioni tipiche e i borghi della nostra provincia. Ad una proposta si dà peso e consistenza facendola diventare strategica in un progetto più ampio. E’ questa la sfida che attende ora la nostra provincia e chi crede che sia possibile uno sviluppo diverso, ma non alternativo, ai grandi investimenti industriali. Nella Val D’Aso, nelle Marche, racconta un interessante reportage di Repubblica, un gruppo di imprenditori illuminati e innamorati della propria terra ha ridato dignità e valore all’agricoltura ed all’artigianato, non limitandosi a rivendere nel mercatino locale, ma diventando anche riferimento di realtà industriali nazionali. Hanno inventato, tra le altre, il marchio delle galline della Val D’Aso. Calcolano che un allevatore, che ospiti 15-20.000 esemplari doc, avrà un reddito più che doppio rispetto a un operaio o impiegato in fabbrica. Sempre lì, a gennaio, sarà aperta una scuola di formazione per chi vuole imparare a lavorare la terra, qualcosa di cui si sente parlare da anni anche in Irpinia. L’industria non va smantellata, ci mancherebbe, ma non è possibile continuare a sottovalutare l’agroalimentare, uno dei pochi settori capaci di crescere anche negli ultimi due anni. In questo senso il passaggio di consegne ai vertici di Confindustria tra Sarno e Basso può essere un segnale incoraggiante.

  54. 57 pietro mitrione 23/12/2010 alle 6:00 PM

    Farese: la strategia della Regione? Portare l’Alta Irpinia all’isolamento

    Il sindaco di Conza della Campania sul progetto de “Le vie del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”: «E’ una occasione unica di svolta per la nostra terra. Serve uno scatto d’orgoglio della politica»

    «La Regione Campania è completamente assente sui problemi legati all’Irpinia». E’ duro l’intervento del primo cittadino di Conza della Campania, Vito Farese, che interviene all’interno della nostra inchiesta relativa al progetto “Le vie del vino tra i castelli dell’Irpinia Verde”. Un progetto che, come abbiamo raccontato più forte, vale circa 100milioni di euro, ma è fermo nel cassetto della Regione Campania. Il motivo? Ancora da capire, visto che si tratta di una proposta valida, nata dal basso, dai sindaci, ovvero da un’Associazione Temporanea di Scopo, e che aveva ricevuto anche il via libera da parte della giunta Bassolino e da parte del Ctca del Cipe. Dopo questa prima fase positiva, però, dopo è arrivato il silenzio. «Ormai credo che non ci si debba più meravigliare dell’atteggiamento della Regione Campania – ha spiegato Vito Farese – che ignora le questioni legate all’Irpinia. In particolare quelle dell’Alta Irpinia. Non dimentichiamo le vicende legate alla sanità, quelle della scuola, dei trasporti e ora anche del turismo. Purtroppo – ha continuato il sindaco di Conza della Campania – ci sembra di essere di fronte ad un atteggiamento che sottintende una strategia di completo isolamento della nostra terra ». Per Vito Farese, dunque, è molto grave che non si colga l’opportunità dei finanziamenti europei, «per consentire una svolta all’Irpinia. Purtroppo, si rischia di vedere quegli stessi fondi dirottati sulle aree metropolitane e sulle zone costiere ». Per il sindaco di Conza, quin di, l’unica soluzione è quella di «uno scatto d’orgoglio da parte della classe politica, con particolare riferimento a quella del centrodestra, che poco fa e poco dice. Purtroppo, qui la politica è diventata uno “yes man”. Dobbiamo fare qualcosa, perché quel progetto dell’Ats è una occasione unica per i nostri territori di proporsi anche perché la nostra vocazione, si sa, è quella turistica. Quel progetto era molto ambizioso, ma andava a superare le barriere tra i piccoli comuni, proprio in virtù di una strategia unica che avevamo individuato dopo un’attenta analisi del nostro territorio», ha concluso Farese.

    IL FATTO

    Esiste un Grande Programma di sviluppo che va sotto il nome “La Via del vino tra i castelli d e l l ’ I r p i n i a verde” che la Regione ha dimenticato in un cassetto. Un progetto (che risale alla Giunta Bassolino) che prevede interventi per 100 milioni di euro e che punta alla valorizzazione delle risorse identitarie irpine ed a creare una rete integrata territoriale che va dalla Valle del Sabato alla Valle dell’Ofanto. Un lavoro che parte dal basso e che nasce dall’elaborazione di 5 comuni proponenti e che ha ricevuto l’approvazione di altre 31 amministrazioni locali. La candidatura del progetto è arrivata a Palazzo Santa Lucia dove, il 31 luglio del 2009, ha ottenuto, all’unanimità, la delibera dell’attuale giunta regionale. Pochi mesi fa è arrivato il via libera dal Ctca (comitato tecnico congiunto per l’attuazione) organismo istituito dal Cipe per la selezione dei progetti Pain Fas. Su questo tema di particolare importanza per lo sviluppo turistico della provincia, il nostro giornale ha pubblicato, giovedì 9 dicembre, un dossier che sintetizza il progetto. Riteniamo che sia una battaglia utile per la nostra provincia per bloccare eventuali manovre di Palazzo ed accelerare la fase esecutiva degli interventi

  55. 58 pietro mitrione 29/12/2010 alle 6:23 PM

    «Scandaloso rinunciare a quel progetto»

    L’ex presidente della Provincia, De Simone: quando nacque l’Associazione Temporanea di scopo ho fortemente sostenuto quella iniziativa. “Le vie del vino” era l’occasione per questa terra di rilanciare un’idea di sviluppo

    “Le vie del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” è nato sotto l’ala del governo provinciale di Alberta De Simone. Ed è proprio l’ex presidente dell’ente di Palazzo Caracciolo, oggi capogruppo del Partito Democratico, a parlare di quel progetto, approvato in tutte le sedi, ma di cui, oggi, non si sa più nulla. Onorevole De Simone, nel 2007, anno della nascita dell’Ats (Associazione Temporanea di Scopo) dei sindaci che poi realizzarono il progetto, lei era presidente della Provincia di Avellino. Quale fu il suo ruolo? «Sì, è vero. Quel progetto è nato quando io ero presidente della Provincia. Ho visto con grande orgoglio l’impegno di quei sindaci, in particolare quello di Morra De Sanctis, Capozza, e di Montefalcione, Grassi, capofila di quella idea. All’inizio, ricordo, erano in pochi, poi, di volta in vota si sono aggiunti gli altri comuni che vedevano in quella idea una possibilità di rilancio per il proprio territorio». Poi che cosa è successo? «Se posso dire una cosa che mi ha particolarmente rammaricata ed indignata è il fatto che all’atto dell’insediamento la nuova amministrazione provinciale disse che avrebbe operato nel segno della discontinuità. Fino a che riguarda la competizione partita, allora va bene, quando, invece, compromette gli interessi del territorio e della buona amministrazione, allora diventa scandaloso ed inammissibile. Ritengo, infatti, che progetti come quello dell’Ats sono progetti che la nostra Irpinia merita e che le consentono di affacciarsi laddove non si affaccerebbe mai. Sento, ad esempio, in questi giorni, molti interventi sulla Avellino- Rocchetta Sant’Antonio, tutti chiedono di salvarla. Bene, quel progetto non soltanto la salvava, ma la rilanciava addirittura. Bisogna pensare, infatti, che la possibilità di accedere ai fondi europei, per i comuni piccoli è inferiore rispetto a quella che ha una città capoluogo come Avellino. L’unica strada, dunque, è quella dell’Ats, affinché anche i restanti 118 comuni possano essere considerati. Questa è la condizione che pone la Comunità Europea. Pertanto, i progetti devono considerare l’area vasta». Tornando al progetto, onorevole De Simone, crede Proche l’idea fosse vincente? «Ne sono sicura. Basti pensare che in questi anni abbiamo vinto talmente tanti premi come produttori di vino, che è facile capire quanto fosse giusta l’idea che avevano avuto quei sindaci. Sì, era vincente, si distingueva per l’alta qualità e non si poteva non incoraggiarlo, così come ho fatto io». E allora perché non è andato avanti? C’era qualche limite? «L’unico handicap, se così si può definire, era il fatto che quel progetto è talmente piaciuto, che si è allargato a dismisura tra gli altri comuni dell’area. Tutti, infatti, hanno voluto aderire e prendere parte a quella idea. Perché, si sa, che nella testa dei sindaci c’è lo sviluppo del territorio. E quel progetto metteva insieme, le condizioni chieste dall’Europa, un’idea di alta qualità e salvava la preesistenza dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Tant’è che è stata approvata in tutte le sedi, ma poi la Regione Campania l’ha bloccata». E perché? «Guardi, non le so dire perché, ma le provo a spiegare in che modo si ragiona. Prendo ad esempio il corso di Laurea in Enologia. Con grande serenità dico che io non avrei mai consentito che portassero le lezioni a Napoli, perché noi avevamo l’autorizzazione del Governo, ed era già una realtà. Lo stesso palazzo, quello alla fine di viale Italia, è chiuso, nulla più è stato fatto, nonostante fosse stato dichiarato ammissibile. Non è stato mai appaltato il secondo lotto e la situazione è ferma a come l’ho lasciata io. Pertanto, se la discontinuità significa questo, allora credo sia una stupidaggine, un suicidio. La concorrenza si fa a rilancio, non a distruggere o a lasciar morire quanto di buono è stato fatto da un altro prima di te. Purtroppo, credo che ci sia anche un altro aspetto». Si spieghi meglio… «Credo, in realtà, che non piacciano le figure dei sindaci di diversa appartenenza politica, né quella dell’ex presidente della Provincia. Perché non posso pensare che non piaccia quella idea che, se finanziata, rappresenterebbe una leva che mette in moto almeno 36 comuni. E’ un assurdo. Una provincia come la nostra non può permettersi di abbandonare delle cose già seminate, è scandaloso». E la Regione? Che ruolo ha? «E’ facile immaginarlo, visto che è espressione della Pro vincia. Il problema, però, non è Caldoro, sono gli irpini. La smettessero con questa sete di potere personale che non ha niente a che vedere con la gente. I cittadini non vogliono sapere di che colore sei, vogliono solo che tu faccia le cose per la loro terra. E così ho fatto io. Non c’è stata una cosa che ho trovato già in corso, quando mi sono insediata, che non ho portato avanti. Tra l’altro, Berlusconi sta dicendo che investe 80miliardi di euro per lo sviluppo del Sud. Bene, allora, i sette parlamentari irpini hanno mica chiesto, per caso, se mezzo miliardo di quegli 80 verrà impiegato per la stazione logistica, per nuove aziende? E’ questo che ti fa piangere, ma il popolo, purtroppo, si è riassegnato. Ma non è possibile, però, che dopo trenta anni di lotta, oggi ci arrendiamo così».

    IL FATTO

    Esiste un Grande Programma di sviluppo che va sotto il nome “La Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” che la Regione ha dimenticato in un cassetto. Un progetto (che risale alla Giunta Bassolino) che prevede interventi per 100 milioni di euro e che punta alla valorizzazione delle risorse identitarie irpine ed a creare una rete integrata territoriale che va dalla Valle del Sabato alla Valle dell’Ofanto. Un lavoro che parte dal basso e che nasce dall’elaborazione di 5 comuni proponenti e che ha ricevuto l’approvazione di altre 31 amministrazioni locali. La candidatura del progetto è arrivata a Palazzo Santa Lucia dove, il 31 luglio del 2009, ha ottenuto, all’unanimità, la delibera dell’attuale giunta regionale. Pochi mesi fa è arrivato il via libera dal Ctca (comitato tecnico congiunto per l’attuazione) organismo istituito dal Cipe per la selezione dei progetti Pain Fas. Su questo tema di particolare importanza per lo sviluppo turistico della provincia, il nostro giornale ha pubblicato, giovedì 9 dicembre, un dossier che sintetizza il progetto. Riteniamo che sia una battaglia utile per la nostra provincia per bloccare eventuali manovre di Palazzo ed accelerare la fase esecutiva degli interventi.

    “Avellino-Rocchetta”, Russo: subito un consiglio provinciale

    Riceviamo e pubblichiamo da Franco Russo, consigliere provinciale del Partito Democratico. Ho presentato nell’ultima seduta di Consiglio Provinciale del 23 dicembre scorso una richiesta di svolgimento di un Consiglio Provinciale straordinario monotematico che affronti il problema della “soppressione della tratta ferroviaria Avellino- Rocchetta”. Io ritengo il Consiglio Provinciale il luogo deputato a discutere delle varie questioni, dei vari problemi che attanagliano il nostro territorio. Il consesso provinciale rappresenta tutta l’Irpinia, sia politicamente che geograficamente ed istituzionalmente, ed è il luogo in cui si devono condurre le sacrosante battaglie in difesa degli attacchi portati a tanti settori della vita della comunità provinciale. Io esprimo la più assoluta opposizione, la più assoluta contrarietà alla chiusura della Avellino-Rocchetta. Un atto di incredibile miopia politica ed economica, che tarpa le ali ad una delle più belle realtà del territorio irpino, che da anni va avanti senza bisogno di alcun tipo di pubblicità, ma solo grazie alla passione ed all’amore di turisti che restano affascinati dal suo percorso che diventa, col macinare dei chilometri, un vero e proprio quadro dell’Irpinia del bello, del buono e del produttivo. La linea voluta poco prima del 1900 da Francesco De Sanctis è riuscita a sopravvivere, ed adattarsi con lo sforzo di tanti appassionati, anche al terremoto del 1980, che rischiava di farla cadere in disuso. Ora è il luogo di eventi speciali, promossi dall’associazione “in loco motivi” guidata con grande cuore e spirito combattivo da Pietro Mitrione insieme ad altri amici. La tratta attraversa quella che è di fatto la filiera del vino avellinese, passando per i territori dei 3 grandi DOCG irpini, ma anche delle zone di natura incontaminata che è possibile osservare semplicemente sedendosi su quel treno e volgendo lo sguardo al finestrino. E’ assolutamente incredibile che si decida di chiudere un’attrazione che ha dimostrato, negli anni, di funzionare benissimo e con pochi mezzi, ma che, soprattutto, sarebbe capace di produrre benessere e ricchezza se le si destinassero investimenti finalizzati ad un uso che funga da collettore di eventi culturali e turistici sul territorio e per il territorio. Bisogna con ogni mezzo impedire la soppressione della tratta ferroviaria e far continuare la manutenzione della linea. Bisogna recuperare il progetto della regione Campania che inizialmente interessava 36 comuni, poi allargati a 44 e che prevedeva anche, se non ricordo male, la riqualificazione della stazione sciistica del Laceno. Bisogna ripartire dalla difesa di questa tratta ferroviaria per rilanciare la “questione Irpinia” in ambito nazionale e regionale; bisogna far accendere i riflettori sul nostro territorio ed attrarre risorse, investimenti. Bisogna che arrivi a Roma ed a Napoli, in modo chiaro e netto la voce dell’Irpinia che è stanca di subire tagli indiscriminati e vuol far sentire, tutta intera, la propria rabbia, la propria indignazione.

  56. 59 pietro mitrione 13/01/2011 alle 4:36 PM

    E’ una lettera accorata quella scritta da Pietro Mitrione.
    «E’ trascorso un mese dalla chiusura, dicono eufemisticamente, che si tratta di sospensione, della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta ed un silenzio assordante accompagna l’ennesima lenta rimozione dalla contingenza irpina di questo ulteriore scippo al nostro territorio.
    Ancora oggi su un giornale si legge di un politico del napoletano che consiglia all’assessore Vetrella di non concedere “soldi” su tratte sperdute della nostra regione. Una affermazione breve, concisa ed eloquente di come vengono considerate le zone interne della Campania, sembra quasi di ascoltare il leghista di turno.
    Da tempo queste sensibilità “politiche” stanno facendo scempio del nostro “sperduto” territorio irpino, non a caso scuole, ospedali, trasporti, servizi sociali stanno arretrando paurosamente. Le famigerate “soglie minime” di utilizzo dei servizi pubblici stanno entrando anche nella testa dei nostri politici locali.
    In questi anni tante analisi sono state elaborate, tanti proponimenti sono stati evidenziati ma alla fine un solo dato resta visibile, incontrovertibile e preoccupante: l’Irpinia sta impoverendosi per il continuo spopolarsi, una generazione di giovani sta lasciando e lascerà la propria terra. Una atavica maledizione sta soffocando definitivamente l’Irpinia: l’emigrazione.
    Questa è la situazione dopo che per svariate settimane abbiamo letto e sentito pronunciamenti da parte di tanti che a vario titolo hanno voluto commentare la decisione assunta dall’assessorato regionale ai trasporti della regione Campania di azzerare i servizi sulla nostra storica ferrovia che già erano ridotti al lumicino.
    Per ritornare al tema della ferrovia, a mio avviso, la difesa ad oltranza dello status quo, ovvero la proposta dell’opzione legata alla sola valorizzazione turistica del tracciato ferroviario, non rappresenta l’unica impostazione che possa consentire, nonostante gli sforzi fatti dall’associazione In_loco_motivi, la sopravvivenza e lo sviluppo della linea: nella migliore delle ipotesi porterebbe, come forse sta accadendo, a procrastinarne la definitiva chiusura, prolungandone la penosa agonia.

E’ opportuno ripartire con una analisi sistemica dei trasporti in Irpinia – su ferro e su gomma, pubblici e privati – e verificare se e come sia possibile una reale integrazione tra le reti ed i modi di trasporto, ponendosi come obiettivo il rilancio e lo sviluppo delle modalità eco-compatibili.

Per l’Avellino-Rocchetta, il primo dato da considerare è che, a causa della corografia dei luoghi, la linea ferroviaria si snoda all’esterno dei centri abitati – a volte anche a distanza di diversi chilometri – e nel contempo, a partire dal dopo terremoto, grazie allo sviluppo della rete stradale, si è notevolmente potenziata l’offerta “su gomma” per i collegamenti da e per il capoluogo irpino.
Partendo da queste constatazioni è necessario, verificando le esigenze di mobilità della popolazione (matrici origine-destinazione), razionalizzare i collegamenti di trasporto pubblico su gomma, per renderli di supporto al trasporto su ferro, eliminando sovrapposizioni di servizi ed agevolando l’interscambi con i nodi (stazioni), anche attraverso il potenziamento delle aree di parcheggio.

A ciò andrebbero aggiunte politiche di programmazione ed incentivazione a cura di Provincia e Regione oltre al coinvolgimento di operatori privati locali per lo sviluppo di itinerari turistico/eno-gastronomici.

Da una seria analisi costi/benefici (in cui tra i benefici dovrebbero figurare anche gli effetti su ambiente, incidenti e riduzione del traffico) si potrebbe dimostrare la effettiva validità, anche in provincia di Avellino, del trasporto ferroviario ed avviare, davvero, il salvataggio della linea Avellino Rocchetta, ma soprattutto dare l’avvio anche in Irpinia allo sviluppo del trasporto su ferro, con l’aggancio dell’ultimo vagone utile che possa consentire, attraverso l’Alta Velocità, di raggiungere l’Europa.
    E’ utopistico tutto questo? Oltre cento anni fa illustri politici meridionalisti si trovarono di fronte a questo interrogativo e vinsero una battaglia impossibile quale quella della infrastrutturazione ferroviaria delle zone interne. Oggi, purtroppo, abbiamo dei politici che più modestamente, per scarsa lungimiranza politica, si accontentano di tacere……
    Noi, temerariamente, continuiamo a credere alle intuizioni di Francesco De Sanctis e Giustino Fortunato».

  57. 60 pietro mitrione 24/01/2011 alle 12:48 PM

    La linea ferroviaria Avellino Rocchetta vive una stagione si sospesi. Mentre si attende una nuova convocazione da parte dell’assessore regionale ai trasporti Sergio Vetrella, per pronunciarsi su una valutazione definitiva, il treno irpino aderisce alla “IV giornata nazionale delle ferrovie dimenticate”. “Assistiamo al tipico paradosso irpino” commenta Pietro Mitrione, ex dirigente delle ferrovie dello stato e componente dell’associazione “In loco_Motivi”. “Dal 13 dicembre la ferrovia è stata sospesa e non abbiamo notizie dalla regione per sapere se dobbiamo aspettarci la soppressione definitiva della tratta o ci sono spiragli. Intanto abbiamo aderito al programma della giornata nazionale delle ferrovie dimenticate. Vogliamo celebrare il 150° dell’unità d’Italia, partendo dal fatto che è il treno che ha fatto l’Italia, non l’aereo”. Il 6 marzo Campania, Basilicata e Puglia si incontrano a Rapone, nel potentino per salvare una comune tratta ferroviaria l’Avellino-Rocchetta. In realtà non si hanno certezze che la ferrovia irpina a quella data possa essere classificata come “ferrovia minore”, o “ferrovia in disuso”. “Tanti attori politici e istituzionali si sono pronunciati per salvare la ferrovia; sono state presentate interrogazioni, e ci sono state diverse iniziative. Ora si è fermato tutto. Sembra quasi che sollevare la questione possa arrecare dei fastidi. A questo punto credo che l’amministrazione provinciale debba convocare l’assessore regionale ad Avellino e spingere verso una soluzione”. La soluzione indicata dall’assessore Vetrella, di destinare la tratta a scopo turistico, garantendo delle corse solo per il fine settimana, non è stata discussa da nessun tavolo istituzionale. “E’ necessario uscire dalla logica, ormai ristretta, che il treno sia solo per pendolari o per treni ad alta velocità. Può benissimo diventare uno strumento fondamentale per un turismo non necessariamente motorizzato, più rispettoso dell’ambiente e, perché no?, più lento. È arrivata qui una delegazione russa, ma ancora una volta la ferrovia non è stata presentata come fattore turistico. Per un altro verso, l’Irpinia e la classe dirigente dovrebbero indignarsi per il solo fatto che sia Napoli a decidere per loro. La ferrovia è poco utilizzata, certo, ma di questo passo ci chiuderanno tutto”. Mitrione lancia un appello all’amministrazione provinciale: “Si convochi Vetrella ad Avellino. Non escludo che in questo periodo la Provincia ha dovuto fronteggiare ad altre emergenze, ma è pur vero che non esistono questioni ordinarie. L’ultima volta che si è avuta l’opportunità di discutere della ferrovia è stato in occasione dell’incontro sulla programmazione, ma la linea ferroviaria è stata argomento di discussione soltanto per il sindaco di Lioni, Rodolfo Salzarulo. Parlare di mobilità e servizi voleva dire anche includere la ferrovia come motrice per lo sviluppo, o azzardare ipotesi come strumento di programmazione”.

  58. 61 pietro mitrione 26/01/2011 alle 11:05 PM

    Si profila una nuova battaglia per il sindaco barricadero di Sperone, Salvatore Alaia. Dopo lo sciopero della fame per la difesa delle strutture ospedaliere dell’Alta Irpinia, ora all’orizzonte si staglia la lotta per la tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta.
    «Una tratta che va difesa a oltranza – afferma il sindaco – perchè oltre a costituire un tassello importante nel sistema delle reti del trasporto ferroviario irpino è funzionale alle esigenze dell’utenza. Inoltre rappresenta un pezzo di storia per la nostra provincia».
    Dallo scorso 13 Dicembre il servizio ferroviario in questione è stato sospeso e sostituito, all’occorrenza, da un’autolinea dedicata solo al trasporto degli studenti per gli istituti superiori di Lioni.
    La soppressione della storica linea, nelle scorse settimane, ha provocato una reazione veemente da parte delle comunità interessate, nonchè dai circoli e dalle associazioni del territorio.
    «Di fatto, viene messo in crisi un intero sistema di trasporto ferroviario – continua Alaia – Dopo gli appelli che mi sono giunti da più parti e, soprattutto, dopo una lettera accorata indirizzatami da Vincenzo Pacifico, già sindaco di Castelfranci, ho inteso farmi carico della vicenda. Mi rivolgerò direttamente all’Assessorato ai Trasporti della Regione Campania».
    Un Alaia che risponde piccato alle accuse di protagonismo mosse da qualcuno.
    «Il mio non vuole essere un interessamento che tende a mediare un protagonismo esasperato per l’ipertrofia dell’io – continua – Il mio vuole solo essere un impegno serio, disinteressato e civile per una questione che riguarda la nostra terra. In queste settimane sono stato contattato da più parti affinchè potessi interessarmi della sospensione dell’Avellino-Rocchetta».
    Alaia non ha perso tempo e, nelle ultime ore, ha già contattato l’istituzione regionale.
    «Ho già provveduto a contattare l’Assessorato ai Trasporti della Regione e mi pare che la vicenda abbia catalizzato la giusta attenzione da parte dei referenti. Seguirò fino in fondo questa vicenda, anche insieme ai rappresentanti delle associazioni e allo stesso Pacifico. L’Irpinia non può rinunciare a un pezzo importante della sua storia. Dobbiamo evitare l’ennesimo scippo perpetrato nei confronti della nostra terra».
    Intanto i consiglieri comunali del gruppo Liberamente di Montemiletto Agostino Frongillo, Simone D’Anna, Massimiliano Minichiello, Mario Barone, Diego Brogna, si uniscono alla battaglia per l’Avellino-Rocchetta.

  59. 62 pietro mitrione 28/01/2011 alle 8:58 am

    Linea ferroviaria Avellino-Rocchetta, il presidente Sibilia chiama Regione, Trenitalia, Rfi, associazioni e amministratori irpini. Il Presidente della Provincia, Cosimo Sibilia, ha chiesto un incontro all’assessore regionale ai Trasporti e alle Attività Produttive, Sergio Vetrella, da tenersi a Palazzo Caracciolo, per studiare iniziative al fine di salvare la tratta Avellino-Rocchetta. All’incontro saranno invitati anche i dirigenti di Trenitalia e di RFI, gli amministratori delle comunità locali e i comitati di utenti della linea.
    «I recenti provvedimenti sul sistema di trasporto pubblico locale hanno determinato tra l’altro la sospensione del servizio ferroviario sulla linea Avellino – Rocchetta S.Antonio – dichiara il presidente Sibilia -.
    La linea ferroviaria in questione rischia la chiusura definitiva, così come previsto dal programma di gestione di Trenitalia. Una decisione che ha generato malumori e proteste in tutta l’Irpinia.
    E ciò in considerazione del movimento turistico che s’è venuto a creare nella fetta del territorio provinciale attraversata dalla linea, sviluppatosi grazie all’impegno di volontari e appassionati che hanno promosso una serie di iniziative. Non solo: con il taglio deciso da Trenitalia la provincia di Avellino perderebbe una delle poche linee ferroviarie ancora attive sul proprio territorio.
    Un provvedimento che rappresenterebbe una ulteriore penalizzazione per l’Alta Irpinia. Il nostro obiettivo è tentare di salvare e rilanciare la tratta sia con progetti legati al turismo sia per il normale utilizzo da parte degli utenti per il trasporto.
    Di qui, intenzione di promuovere un tavolo di confronto con l’Assessorato ai Trasporti della Regione, al fine di studiare strategie condivise per salvare e rilanciare la tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio invitando allo stesso oltre che tecnici ed amministratori delle comunità locali e comitati di utenti della linea, anche i tecnici di Trenitalia ed Rfi per un confronto sul tema

  60. 63 pietro mitrione 28/01/2011 alle 5:22 PM

    Pietro Mitrione C’è un treno che non deve morire. C’è una ferrovia che attraversa da un secolo quel tratto d’Irpinia che si vede solo se il vagone scivola lento sui binari; che puoi conoscere se scendi nelle piccole stazioni che bucano il panorama. Inloco-motivi torna in campo: nasce il primo settembre del 2009, quando un gruppo di cittadini sale sul treno Avellino-Rocchetta Sant’Antonio alle 6.40 del mattino in occasione della riapertura della tratta, dopo la chiusura estiva. Da quel viaggio che serviva a sensibilizzare l’opinione pubblica su una linea dalla forte suggestione paesaggistica e dalla indiscussa valenza turistica, si è costituito un gruppo di lavoro nato dall’unione dell’associazione e di singoli cittadini. In un anno quel gruppo di lavoro ha svolto ventiquattro viaggi turistici sulla storica tratta, coinvolgendo utenti da tutta la Campania e anche da fuori regione, in questo caso istituti scolastici. Grazie alla disponibilità dell’assessore ai Trasporti della Regione Campania, allora in carica, e di Trenitalia, è balzata all’evidenza la vocazione turistica dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Tutte le corse previste nei week end richiesti da Inloco_motivi, inserite nell’orario invernale ed estivo di Trenitalia 2009/2010, sono state animate dal gruppo di lavoro ottenendo un incredibile successo di pubblico. Sono stati più di tremila i passeggeri che hanno preso parte ai viaggi compiuti. Sono state in iniziative finalizzate alla comprensione dell’importanza della tratta, alla scoperta di tradizioni territoriali agricole ed enogastronomiche, alla conoscenza di musica, letteratura e arte irpine, attraverso un nuovo modo di fare turismo e cultura, con un tempo lento che lascia assaporare ogni immagine, ogni colore, ogni suono, singolarmente e poi armonicamente insieme. Dal 13 dicembre 2010 la linea è stata «sospesa» su decisione dell’assessorato regionale ai trasporti. A nulla sono valse le tante prese di posizione da parte di tante persone per evitarne la chiusura; sembra anzi che un senso di oblio, misto a insofferenza, sia calato sulla questione Avellino-Rocchetta. Ci continuano a pervenire da parte del Provveditorato agli studi di Avellino richieste per far partecipare studenti alle iniziative di turismo scolastico in treno per conoscere il nostro territorio: siamo a duemilacinquecento prenotazioni. I viaggi nelle varie località irpine a mezzo treno rappresentano un’occasione unica, irripetibile. Altrove un fatto simile avrebbe movimentato l’interesse delle istituzioni a ciò deputate; da noi, in Irpinia, solo silenzi o interesse a progetti faraonici ai quali non ci appassioniamo. Entro qualche settimana dovremmo dare risposta alle tante richieste pervenuteci, per questo motivo rivolgiamo l’ennesimo appello al Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Avellino, Cosimo Sibilia, ed all’Assessore regionale alla cultura ed al turismo della Regione Campania, Giuseppe De Mita, perché tale iniziativa possa realizzarsi. Il 6 marzo 2011, in occasione della 4° giornata nazionale delle ferrovie dimenticate, la nostra storica ferrovia sarà inserita nelle iniziative che in ogni parte d’Italia si svolgeranno per ricordare l’importanza dei luoghi attraversati dalla ferrovia; andremo, treno o non treno, a Rapone in provincia di Potenza a testimonianza dell’interesse interregionale che l’Avellino-Rocchetta rappresenta. Da quando è iniziata la nostra avventura pochi amministratori ci hanno accompagnato in questo viaggio, i più non si sono fatti carico di prestare un minuto del loro tempo per riflettere sulle potenzialità dell’iniziativa oggi è il momento delle decisioni

  61. 64 pietro mitrione 28/01/2011 alle 5:23 PM

    Avellino-Rocchetta Sant’Antonio: la tratta ferroviaria va salvata. È l’obiettivo del presidente dell’Amministrazione Provinciale, Cosimo Sibilia. Il primo inquilino di palazzo Caracciolo, dopo l’interrogazione al Governo presentata nei mesi scorsi al Senato, ha deciso di muoversi anche sul piano locale. Sibilia, ha chiesto un incontro – da convocare a stretto giro – all’assessore regionale ai Trasporti e alle Attività Produttive, Sergio Vetrella, da tenersi a Palazzo Caracciolo. All’incontro saranno invitati anche i dirigenti di Trenitalia e di Rfi, gli amministratori delle comunità locali e i comitati di utenti della linea, che si stanno battendo per tenere in vita l’antica linea ferrata. L’iniziativa è stata promossa per studiare iniziative al fine di salvare la tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. «I recenti provvedimenti sul sistema di trasporto pubblico locale hanno determinato, tra l’altro, la sospensione del servizio ferroviario sulla linea Avellino-Rocchetta Sant’Antonio – dichiara il presidente Sibilia -. La linea rischia la chiusura definitiva, come previsto dal programma di gestione di Trenitalia. Una decisione che ha generato malumori e proteste in tutta l’Irpinia. Ciò in considerazione del movimento turistico che s’è venuto a creare nella fetta del territorio provinciale attraversata dalla linea, sviluppatosi grazie all’impegno di volontari e appassionati che hanno promosso una serie di iniziative». Il presidente Sibilia aggiunge, inoltre, che «col taglio deciso da Trenitalia la provincia di Avellino perderebbe una delle poche linee ferroviarie ancora attive sul proprio territorio. Un provvedimento inaccettabile e che rappresenterebbe un’ulteriore penalizzazione per l’Alta Irpinia». «Il nostro obiettivo – conclude il primo inquilino di Palazzo Caracciolo – è tentare di salvare e rilanciare la tratta sia con progetti legati al turismo sia per il normale utilizzo da parte degli utenti per il trasporto. Di qui l’intenzione di promuovere un tavolo di confronto con l’assessorato ai Trasporti della Regione, al fine di studiare strategie condivise per salvare e rilanciare la tratta ferroviaria». Intanto, la mobilitazione delle associazioni che si battono per evitare la morte della linea continua senza soste. La sigla «In LocoMotivi», che riunisce diverse espressioni associative, ha il merito di aver acceso i riflettori sulla questione e di avere promosso una serie di iniziative a sostegno della loro azione di lotta. Numerosi sono stati anche i viaggi turistici, alla riscoperta delle bellezze del paesaggio irpino e delle tradizioni locali. Iniziative che hanno registrato un notevole successo nei mesi scorsi. Basti pensare che sono stati circa tremila i passeggeri che in un anno hanno preso parte ai ventiquattro viaggi compiuti. I viaggi col treno della linea Avellino-Rocchetta Sant’Antonio hanno suscitato l’interesse anche delle scuole dell’intero territorio irpino. Attraverso l’Ufficio Scolastico Provinciale ben 2500 allievi di tutti gli istituti di ogni ordine e grado hanno già dato la propria adesione a viaggi di istruzione che dovrebbero essere organizzati a bordo del treno lungo la tratta in questione. Insomma, il movimento a difesa della linea sta coinvolgendo un pò tutti. Una spinta importante, a supporto delle azioni degli organi preposti e degli enti, affinché la tratta non venga definitivamente soppressa. Una vera e propria corsa contro il tempo per scongiurare il pericolo della chiusura. Si attende ora che l’azione intrapresa da tutti i soggetti in campo si traduca in risultati concreti, giungendo alla riapertura dello storico tratto ferroviario.

  62. 65 pietro mitrione 04/02/2011 alle 9:29 am

    «L’associazione Amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta esprime sconcerto per le annunciate dimissioni dell’ Assessore ai trasporti della regione Campania, Sergio Vetrella, motivate da dissidi con il Presidente Caldoro che lo avrebbe tenuto in scarso conto nella nomina dell’ex Sindaco di Napoli Polese alla direzione dell’ EAV, per la gestione dei trasporti gestiti dalla Regione Campania». Questo l’incipit della nota stampa di Pietro Mitrione.
    «Questo accade mentre ancora manca la nomina del Direttore dell’ Acam , l’agenzia campana per la mobilità sostenibile a seguito della rimozione della direttrice Anna Donati (per motivi di “spoiling system”), per cui tutte le associazioni di utenti e pendolari si trovano senza riferimenti, a seguito di un coerente ragionamento con l’Assessore anche se cominciato dopo un difficile reciproco rapportarsi.
    Come preventivato lo scontro è stato determinato dai tagli che sono stati approntati per il TPL sui quali l’Assessore chiedeva un ridimensionamento compresa una rivisitazione del provvedimento di sospensione della nostra ferrovia Avellino-Rocchetta da definire, su iniziativa del presidente dell’Amministrazione Provinciale di Avellino, con un apposito incontro ad Avellino, fra l’assessore Sergio Vetrella, le istituzioni locali e le associazioni interessate al ripristino di servizi turistici e commerciali in treno. Le dimissioni dell’assessore, purtroppo, allontanano ancora di più la soluzione della riapertura della tratta, ai nostri politici locali va il nostro appello perché questo non avvenga».

  63. 66 pietro mitrione 09/02/2011 alle 9:10 am

    Dal 13 dicembre 2010 la ferrovia Avellino-Rocchetta, su decisione della Regione Campania, è stata sospesa, parcheggiata nel limbo delle opzioni da adottare per il futuro del trasporto pubblico locale, regionale e provinciale. Il silenzio calato su questa strana scelta è sintomatico del reale impegno istituzionale: tante promesse, tanti annunci che hanno prodotto soltanto estemporanee dichiarazioni per lo più interessate ai faraonici progetti Pain. Noi dell’associazione «Amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta» più modestamente vorremmo un’unica decisione: la riapertura della tratta in questione per permettere ai circa 2500 studenti irpini di conoscere la propria provincia in treno, di partecipare alle iniziative indette dall’amministrazione provinciale di Avellino in occasione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, di consentire al Forum provinciale dei giovani di organizzare proprie iniziative sulla ferrovia Ofantina e di continuare le escursioni culturali di «In loco_motivi», che tanto successo hanno riscontrato nelle passate edizioni. Circa 3000 le persone interessate alle iniziative effettuate e poi sospese a seguito della decisione di chiudere – questo è il termine giusto per qualificare la scelta dell’assessorato regionale ai Trasporti della Regione Campania – la ferrovia che da Avellino porta a Rocchetta, attraversando tutta la provincia, quella per intenderci dell’osso, quella che da tempo coniuga con sempre maggiore frequenza il verbo difendere .

    Sono queste iniziative che nascono tutte dal basso, senza lucro o visibilità di vario tipo, tese unicamente a far conoscere le bellezze paesaggistiche del nostro territorio, l’unica vera eccellenza che possiamo proporre con orgoglio. Non ci sono sponsorizzazioni politiche, non ci sono richieste di finanziamenti, ma solamente impegno, fatica e tempo, per intenderci metterci la faccia gratis, una scelta da ossessionati. Proprio da ossessionati, stante la chiusura della storica ferrovia, abbiamo pensato di partecipare anche per quest’anno alla quarta «Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate», verrebbe da dire proprio come l’Avellino-Rocchetta. È l’unica iniziativa indetta nella Regione Campania: il prossimo 6 marzo abbiamo deciso di recarci a Rapone in provincia di Potenza, attraversando le bellezze del paesaggio irpino, lucano e pugliese. Per tempo abbiamo fatto richiesta di poter effettuare questa iniziativa, ne abbiamo sollecitato una risposta nell’inerzia degli enti decisori, ultimamente abbiamo rinnovato l’impegno, anche economico, ma, ad oggi, nessuno ha sentito il dovere di darci una dovuta e civile risposta, quasi a voler testimoniare quel senso di fastidio che avvertiamo quando tentiamo di far capire l’importanza del nostro progetto di valorizzazione della ferrovia delle zone interne irpine. In questo contesto di disinteresse generale, stranamente, apprendiamo che la Regione Campania sarà uno degli sponsor della quarta «Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate». Non sappiamo se questa decisione rappresenti un gesto di grande sensibilità verso un evento che ha per scopo principale la utilizzazione a fini turistici e culturali delle ferrovie minori o mostri una profonda ignoranza di quello che hanno determinato decidendo di chiudere l’Avellino-Rocchetta. In questo caso, sarebbe l’ennesima beffa per la battaglia che da qualche anno abbiamo intrapreso per salvare la ferrovia, una scelta contraddittoria e di scarsa conoscenza dei problemi della nostra provincia, quasi un’offesa all’Irpinia tutta. Noi dell’associazione «Amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta» ribadiamo il nostro impegno di voler partecipare a questa significativa iniziativa nazionale di recarci in treno da Avellino a Rapone, in provincia di Potenza, a testimonianza di una valenza interregionale di questa ferrovia. Al presidente dell’amministrazione provinciale di Avellino chiediamo di intervenire fattivamente su questa problematica e diamo appuntamento a quanti hanno condiviso la nostra proposta di ritrovarci quanto prima per protestare civilmente per la riapertura della ferrovia Avellino-Rocchetta.

    dal Il mattino edizione Avellino del 8 febbraio 2011

    di Pietro Mitrione (associazione amici della linea ferroviaria av-rocchettta)

  64. 67 pietro mitrione 15/02/2011 alle 5:37 PM

    Da domani 15 febbraio la tratta ferroviaria Avellino – Rocchetta riapre dopo due mesi di sospensione. 4 coppie di treni circoleranno sulla linea ferroviaria. Si tratta di attività di diagnostica dell’armamento ferroviario finalizzato ad una maggiore sicurezza dell’esercizio ferroviario. Non era questo che noi dell’associazione aspettavamo, ma, la riapertura, può significare un valido segnale di attenzione da parte delle ferrovie a non far andare in malora la linea. Per circa un mese circoleranno sulla Avellino-Rocchetta convogli ferroviari sotto esercizio, a testimonianza che la tratta può essere utilizzata anche per finalità commerciali. E’ quanto da tempo, noi dell’associazione amici della linea ferroviaria andiamo chiedendo. A questo punto ci rivolgiamo per l’ennesima volta alle istituzioni, in particolare al Presidente dell’Amministrazione Provinciale, di convocare un incontro con l’assessore Vetrella ad Avellino per decidere insieme ai rappresentanti del territorio irpino il destino della ferrovia ’Avellino-Rocchetta.
    Pietro Mitrione
    Associazione amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta

  65. 68 pietro mitrione 17/02/2011 alle 5:49 PM

    Ferrovie dimenticate e crisi dei pendolari16/02/2011
    Un tempo erano utilizzate per raggiungere le città, i luoghi di lavoro, per spostarsi da un paese ad un altro. Ci si affacciava dai finestrini e si rimaneva incantati per il paesaggio che scorrere dinanzi agli occhi: valli incantare, fiumi dolci e rumorosi, cascate, animali al pascolo, agricoltori al lavoro. Oggi tutto questo è solo un ricordo. Oltre 6000 chilometri di rotaie che si snodavano lungo la penisola sono abbandonate. Da molti anni nessun treno le percorre oppure si limita a fare atto di presenza nei periodi scolastici. Si tratta pur sempre di un patrimonio che va valorizzato anche per un nuovo turismo di qualità. “Nel caso di tratti ancora in funzione ma con scarso traffico locale (pensiamo a tante linee piemontesi, venete, appenniniche, dell’Italia meridionale), l’opzione turistica – si legge nella home page del sito http://www.ferroviedimenticate.it – è certamente una delle più fattibili visto che molto spesso si snodano in zone d’Italia tra le più belle e caratteristiche quando non addirittura in Parchi o Riserve Naturali. Per questo è necessario uscire dalla logica, ormai ristretta, che il treno sia solo per pendolari o per treni ad alta velocità. Può quindi benissimo diventare uno strumento fondamentale per un turismo non necessariamente motorizzato, più rispettoso dell’ambiente e, perché no?, più lento”. In alternativa, si possono immaginare percorsi cicloturistici capaci di evitare il progressivo degrado ed il sicuro abbandono. “La valorizzazione delle antiche vie ferrate può essere un utile supporto al turismo sostenibile e alla creazione di nuove opportunità di lavoro”, ha dichiarato Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente, lo scorso marzo in occasione della III giornata nazionale delle ferrovie dimenticate. Né si può dimenticare, aveva aggiunto, che “molte tratte possono ancora svolgere un ottimo servizio nei territori marginali, ovviamente a condizione che ci sia un serio investimento in tecnologia e miglioramento del servizio”. Il 6 marzo è la giornata nazionale delle ferrovie dimenticate. Cosa è cambiato a distanza di un anno? Ci sono segnali positivi verso un recupero di queste ferrovie? E i tanti pendolari che, spesso, utilizzavano queste tratte come vivono la loro condizione? In Campania sono numerose le tratte abbandonate: una galleria e 100 metri lungo la Salerno-Reggio Calabria, la Sparanise-Gaeta, la Sicignano-Lagonegro, la Avellino-Montella. A loro e alla difficoltà dei pendolari italiani, Unis@und, la web radio dell’Università di Salerno, ha dedicato lo Speciale del 16 febbraio 2011, “Ferrovie dimenticate e crisi dei pendolari”. Alla trasmissione, condotta da Vincenzo Greco e Renato Pelella, hanno partecipato Massimo Ferrari, presidente associazione utenti trasporti pubblici; Gabriele Nanni, rappresentante di Legambiente; Roberto Gerundo, docente presso la nostra università; Rosario Nicola Luisi, coordinatore del PDL a Sala Consilina; Vincenzo Morelli, ex dirigente delle Ferrovie dello Stato.

  66. 69 pietro mitrione 03/03/2011 alle 3:41 PM

    Cari amici,
    partecipanti alla IVa Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate, siamo insieme anche quest’anno. E non per caso. Stiamo condividendo un grande obiettivo. Non vogliamo disperdere il nostro patrimonio ferroviario, vogliamo invece riscoprirlo e valorizzarlo perchè è una risorsa per tutti. I binari che vanno da ogni parte d’Italia non sono solo due lunghi pezzi di ferro, magari un po’ ingombranti, che fanno muovere persone e merci. Sono anche storia, cultura, ingegno, capitale sociale investito dai nostri antenati per le generazioni future, per le nostre generazioni.
    L’Unità d’Italia si è realizzata prima sui treni che lungo le autostrade. In 150 anni in Italia si sono fatte le ferrovie di montagna più difficili che si conoscano, i trafori alpini più lunghi e complicati. In Italia si sono costruite locomotive e locomotori elettrici fra i più potenti e invidiati al mondo. In Italia le ferrovie hanno unito il nord e il sud, l’Adriatico al Tirreno. Una fittissima rete di ferrovie, grandi e piccole, ha attraversato per oltre un secolo tutta la penisola, fino negli angoli più remoti del Paese. Non dobbiamo disperdere questo patrimonio.
    Conserviamo le linee dismesse, difendiamo quelle abbandonate, facciamo ripartire un treno la dove è possibile e conveniente, trasformiamo in greenways le ferrovie definitivamente perse, a favore di tutti. Facciamo questo per realizzare in Italia una rete di mobilità dolce, una rete di nuove strade, non per le auto, bensì per i pedoni, i ciclisti, i bambini, gli anziani, i disabili, insomma per tutti coloro che dalle strade sono stati espulsi. Anche le vecchie ferrovie, riabilitate o trasformate, ci potranno aiutare a raggiungere questo traguardo.
    Novanta eventi si stanno svolgendo o si svolgeranno in questi giorni: escursioni su tratte abbandonate, treni storici, visite a depositi, stazioni, mostre fotografiche, presentazione di libri rievocativi, dibattiti, inaugurazione di rotabili restaurati ecc. ecc. Decine di migliaia di persone per un giorno festeggiano il treno e la sua storia, il treno e il suo futuro. E questo è bello. Co.Mo.Do. (Confederazione per la mobilità dolce) ringrazia tutte le associazioni e gli Enti che hanno aderito e organizzato la manifestazione, tutte le Regioni e le Amministrazioni locali che l’hanno appoggiata. Ma soprattutto augura a tutti i partecipanti una felicissima giornata. Buon viaggio a tutti!
    Albano Marcarini
    Presidente di Co.Mo.Do.

  67. 70 pietro mitrione 03/03/2011 alle 9:29 PM

    Nell’anno della celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia non pensavamo di dover ricordare la fine di un’opera iniziata alla fine degli anni ’60 del 1800: la chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta. Una straord…inaria opera infrastrutturale voluta fortemente dal più illustre politico irpino di quel tempo, Francesco De Sanctis. Anche questo sta succedendo in provincia nel silenzio delle istituzioni: un silenzio che vigliaccamente fa male. Vorremmo nominarli uno per uno gli artefici di questo scempio, ma avremmo bisogno di tanto spazio per farne l’elenco. Dopo tanti proclami avremmo voluto un pizzico di coerenza da parte di coloro che rappresentano il loro e nostro territorio e invece dobbiamo comunicare che questa ferrovia continua a restare chiusa per la logica del napolicentrismo vincente e dall’assurdo che altrove si decide per l’Irpinia. Oggi l’unico verbo che si coniuga con frequenza in queste realtà è: difendere. A volte viene voglia di chiedersi se ne vale la pena vivere in un territorio destinato a morire di inedia, di indifferenza. I nostri paesi continuano a spopolarsi per cui quando viene meno la forza dei giovani c’è solo l’attesa naturale della fine del ciclo della vita. Non è un caso se in Irpinia ci sia il più alto indice di suicidi. Noi di «In_loco_motivi» avevamo immaginato che questa linea ferroviaria potesse avere una nuova giovinezza, circa 3000 persone avevano conosciuto la straordinaria bellezza del territorio che attraversa, oltre 2500 giovani studenti avevano prenotato viaggi scolastici alla scoperta dell’Irpinia in treno. Avevamo anche proposto un minimo di servizio ferroviario per le popolazioni dell’Alta Irpinia. Ci resta solo il dover dire: avevamo, perché su decisione della Regione Campania e dell’assessore ai trasporti Vetrella la nostra ferrovia è destinata alla morte.Siamo stati costretti a comunicare all’Ufficio scolastico provinciale di Avellino che il progetto denominato «Il treno della conoscenza» doveva intendersi cancellato e conseguentemente 2500 ragazzi non potranno conoscere il proprio territorio attraverso il contatto diretto con i luoghi dove vivono e studiano. Non parteciperemo alla quarta «Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate» di domenica perché ci viene chiesto un costo, circa 7500 euro, che rappresenta uno sfregio alla nostra iniziativa dal tema «Il treno, non l’aereo, ha fatto l’Italia». Venerdì 4 marzo a Napoli ci sarà un incontro delle organizzazioni sindacali, le parti sociali e le parti datoriali con alcuni assessori regionali per discutere di lavoro e sviluppo in Irpinia, tra questi anche l’assessore ai Trasporti Vetrella: sarebbe cosa buona e giusta se qualcuno gli ricordasse che i tagli al trasporto pubblico locale, fra cui la chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta, sono decisioni che penalizzano il nostro territorio. Tutto questo avviene quando vengono pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania e faranno sicuramente discutere le nomine effettuate dal presidente del consiglio regionale Paolo Romano per il Collegio dei Revisori dei Conti dell’Agenzia Campana per la mobilità sostenibile, Acam . Proprio per questo ci piace ricordare in questo momento Anna Donati, già dirigente dell’Acam-Campania, che per prima ha creduto alla operazione di rilancio turistico della linea Avellino-Rocchetta: «Io amo i treni, ho viaggiato su tutti i treni del mondo dall’Orient Express ai trenini turistici italiani. Quando ho saputo del progetto dell’associazione ”In_loco_motivi” di Avellino ho subito pensato che questo tipo di operazione avrebbe incontrato un grande favore di pubblico. La gente ha bisogno di viaggiare con lentezza, di assaporare il paesaggio. Poi ho trovato l’idea di un gruppo di persone che decide in maniera spontanea di fare qualcosa per il proprio territorio di grande forza e quindi degna di tutto l’appoggio possibile. Quella linea è una risorsa e chiuderla sarebbe un errore irreparabile. Il successo delle iniziative è la prova che ci avevamo visto giusto». Tra le nomine effettuate all’Acam c’è anche quella di Dora Ruggiero, sorella di Antonia, esponente del Pdl e presidente della commissione Cultura e Politiche Sociali. A noi non interessano le polemiche politiche: vogliamo solo sperare che possa dare continuità alle parole di Anna Donati che irpina non è.

  68. 71 pietro mitrione 08/03/2011 alle 4:49 PM

    Domenica si è svolta la IV giornata nazionale delle ferrovie dimenticate, e per sottolineare l’importanza delle linee minori, ho partecipato all’evento organizzato ad Avellino, lungo i binari della ferrovia verso Lioni-Rocchetta Sant’Antonio, organizzato dall’associazione «In_loco_motivi». Tutto l’itinerario si è svolto usando un autobus in quanto in questo momento il servizio ferroviario è sospeso, e questo ha dato purtroppo ancora più significato alla giornata, per non dimenticare e non far cadere nell’oblio la linea ferroviaria irpina. Tante persone amanti del territorio, del sua natura, del buon cibo, delle sue città uniche come Calitri, con paesaggi spaziosi e ricchi di storia, unite da questo filo che la ferrovia disegna sul territorio a cavallo di tre province e tre regioni diverse. Siamo stati accolti dall’amministrazione di Rapone, che con la sua bravissima sindaca Felicetta Lorenzo ha dato un autentico impulso alla sua comunità e alla sua identità. Siamo stati accolti dalla gente del luogo, dalla banda del paese, da tavole imbandite di cibo, frutto di storie antiche e grande qualità, con la speranza che il treno ritorni. Ci si è fermati nelle stazioni deserte, accolti da assessori e amministrazioni locali, come quella del Comune di Nusco, si è discusso con esperti ed architetti che lavorano a protezione dei luoghi e della loro identità, c’era la Cgil che chiedeva progetti di sviluppo sostenibile per dare lavoro e c’era la studentessa che deve fare la tesi di laurea sulla ferrovia e raccoglieva storie e progetti. Nei miei due anni di esperienza di direttore dell’Agenzia Campana per la mobilità sostenibile, e d’intesa con l’assessorato ai Trasporti della Regione, ho avuto il piacere di accogliere le proposte dell’associazione «In_Loco_motivi» che ha effettuato con successo treni turistici sulla ferrovia legati alla valorizzazione del territorio, trasportando oltre 3000 persone nel corso dell’anno 2010. Del resto personalmente non avevo dubbi: ovunque si propongono viaggi turistici su linee locali anche lente, insieme alle bellezze ed alle produzioni tipiche di qualità, il successo è immediato. Accade sulle linee della Val d’Orcia in Toscana, sul trenino verde della Sardegna, sul treno Blu del lago d’Iseo, per non parlare delle ferrovie svizzere o spagnole, dove sono state le stesse Ferrovie statali che hanno promosso una società per la promozione delle ferrovie turistiche. Purtroppo dopo il taglio al trasporto pubblico locale deciso dal governo con la manovra Tremonti, tutte le Regioni, inclusa la Regione Campania hanno dovuto eliminare servizi, aumentare biglietti e razionalizzare l’offerta. Ne ha fatto le spese anche il servizio minimo sulla ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, rimasta completamente dal 13 dicembre 2010 senza treni, mettendo quindi a rischio anche la stessa sopravvivenza della ferrovia. Venticinque anni fa in Italia si volevano tagliare 2000 chilometri di cosiddetti rami secchi e le ferrovie sembravano destinate ad un inesorabile declino ma le proteste dei sindaci e dei pendolari, la sensibilità delle istituzioni e della politica, non solo hanno evitato i tagli, ma dal 1990 si è tornato ad investire in Italia sulle reti, sulle stazioni e sui treni, anche se il trasporto locale si è fatto ancora decisamente troppo poco. Sarebbe davvero la perdita di un patrimonio collettivo insostituibile, ora che le ferrovie hanno in tutto il mondo un grande rilancio, se chiudessimo per sempre la ferrovia irpina. Per questo bisogna mettere intorno ad un tavolo tutti quelli che vorrebbero ripristinare il servizio ferroviario sulla Avellino Rocchetta Sant’ Antonio, i sindaci, la Provincia di Avellino, la Regione Campania, le provincie e regioni confinanti, le associazioni locali, per elaborare un progetto e uno sforzo comune, magari coordinati da Acam. Sono note le caratteristiche di questa lunga ferrovia distante dai paesi e che serve aree interne a bassa densità di popolazione. Per questo si dovrebbe programmare una offerta integrata tra servizio ordinario, servizio scolastico e ferrovia turistica, con un progetto che contenga al massimo i costi, coinvolgendo anche il trasporto su gomma, verificando anche la disponibilità di altri operatori ferroviari, senza dimenticare Trenitalia, che per prima dovrebbe impegnarsi per non chiudere una linea locale. Un sforzo comune per un progetto comune: tornare ad usare la ferrovia per vivere, lavorare e visitare il territorio irpino. * Ex direttore dell’Agenzia Campana per la mobilità sostenibile

  69. 72 pietro mitrione 08/03/2011 alle 10:39 PM

    In una logica di società moderna il trasporto di massa, ed in particolare quello ferroviario, ha tanti pregi, non ultimo quello dell’economicità. Tuttavia se pensiamo ai milioni di persone che si muovono ogni giorno per lavoro, svago o altro e poi si pensa alla saturazione di alcune strade ed ai livelli di inquinamento di talune città viene da pensare. E non sono cose belle. Chi ha governato ha agito per ignoranza o forse malafede, chi governa non può non prendere atto della situazione, chi governerà non potrà più permettere che avvenga ciò che è successo in passato, ovvero il taglio indiscriminato di migliaia di chilometri di strade ferrate e di servizi laddove la ferrovia non può essere chiusa. Pensiamo anche alla situazione economica attuale, non solo la crisi, ma anche e soprattutto al costo delle materie prime. In alcuni Paesi (sempre i soliti a dire il vero), la ferrovia viene privilegiata rispetto alla gomma. Qui avviene il contrario. Si tagliano i servizi, cosicchè anche chi vorrebbe prendere il treno è costretto a rivolgersi ad altri mezzi, e di conseguenza più calano i passeggeri su alcune linee e più si può tagliare. Un treno ha un costo, a prescindere se esso viaggia pieno o vuoto. Si pensi solo ai treni notturni a lunga percorrenza, ne sono rimasti pochissimi, situazione questa che devierà gran parte dei viaggiatori ai treni diurni (più costosi) o ad altri vettori (auto, aereo, bus). Che logica ha tutto questo? La mobilità collettiva non deve creare profitto per i soliti noti, sarebbe invece da fare una seria politica di investimento, coinvolgendo tutti quegli Enti locali che ne trarrebbero grande beneficio. Si pensi a tante strade di fondovalle soffocate da colonne di auto, ad esempio. L’integrazione tra più vettori inoltre eviterebbe sprechi e sarebbe più funzionale. In una società come quella attuale che si muove 24h è assurdo che non vi siano più treni regionali dopo una certa ora, spesso già dopo le 20. E la Svizzera, la Germania, oppure l’Olanda, ci insegnano che le merci debbono viaggiare su rotaia! Il ponte sullo stretto di Messina costerà (se mai verrà realizzato) una marea di miliardi, soldi che potrebbero essere investiti in maniera più costruttiva come il raddoppio e l’ammodernamento di linee ad un solo binario, il potenziamento dei servizi di tipo metropolitano in varie aree urbae/suburbane del Paese. Ci sono inoltre una moltitudine di linee secondarie fine a se stesse che se collegate creerebbero dei canali alternativi a quelli già saturi su alcune direttrici. La giornata delle ferrovie da dimenticare sarebbe dovuta essere la giornata delle ferrovie da riaprire, ma si sa, siamo in Italia, w i SUV.

    .

  70. 73 pietro mitrione 13/03/2011 alle 9:17 PM

    Lungo antiche rotaie

    Domenica 6 marzo è stata la quarta giornata nazionale delle ferrovie dimenticate. In tutta Italia si sono svolte manifestazioni lungo le tratte secondarie, percorse in bici, a piedi, in treno o in autobus. Appassionati e avventurieri si sono dati appuntamento per vivere la suggestiva esperienza di un’altra velocità.
    Quella che abbiamo percorso è l’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, tratta che corre lungo i confini regionali di Campania, Basilicata e Puglia, e racconta per certi versi una storia come tante: ferrovie scarsamente utilizzate che, ritenute improduttive, vengono dismesse. Ed è per richiamare l’attenzione sulla recente chiusura che il gruppo In loco motivi organizza, in occasione della quarta giornata nazionale delle ferrovie, la manifestazione Il treno non l’aereo ha fatto l’Italia: viaggio in autobus da Avellino a Rapone. Quattro le tappe: stazione di Calitri, confronto pubblico a Rapone, visita in una azienda alimentare a Calidri e stazione di Nusco. Molti gli spunti e le riflessioni raccolte.
    Durante il percorso ci accompagna il rammarico per la chiusura di una tratta che ha fatto la storia dell’Irpinia. Nacque per unire genti di una stessa area geografica lungo la direttrice tirrenico-adriatica, e così accomunarne il destino alla ‘giovane’ Italia. A 115 anni dall’apertura e a 3 mesi dalla soppressione, continuano ad intravedersi potenzialità, legate al trasporto ordinario per alcuni comuni e alla fruizione turistica dell’intera tratta.
    Si sogna un rilancio, si promuovono iniziative, con la speranza di vedere realizzato quanto negli Stati Uniti e in molti paesi europei è ormai prassi: recupero di tratte ferroviarie dimenticate che spesso attraversano porzioni di territorio dalle considerevoli qualità paesaggistiche. Recuperate, diventano spine di percorsi turistici fuori porta, dove è possibile vivere esperienze sportive, culturali, culinarie con lentezza, riconciliandosi ai ritmi conviviali del passato, magari su treni d’epoca, in bici, o a cavallo. Una strategia vincente, che ha già dimostrato anche in Italia, di essere portatrice di nuove possibilità di crescita per le economie locali, come concordano il sindaco di Rapone Felicetta Lorenzo e l’ex direttore Acam Anna Donati.
    All’appuntamento di domenica scorsa, tuttavia, l’assente ingiustificato era il treno, che, a detta del sig. Pietro (ex ferroviere e ‘guida’ della giornata) avrebbe aumentato il numero dei partecipanti, come dimostrano le iniziative della scorsa stagione. Un’esperienza che rafforza l’impegno di quanti sono ancora pronti a scommettere sulle rotaie.

    Simona Panaro

  71. 74 pietro mitrione 13/03/2011 alle 9:31 PM

    Viaggio NEL TEMPO di Michele Fumagallo
    L’ultima è stata la Avellino-Rocchetta, chiusa a dicembre dopo il taglio dei fondi della Regione Campania. Ma la storia delle ferrovie italiane è quella di una grande dismissione. Celebrata da una giornata con passeggiate e manifestazioni. Tra amarcord, proteste e il boicottaggio di Trenitalia
    Se uno avesse voluto vedere dove albergano la dignità, la sobrietà, il coraggio, la speranza nel futuro, la capacità di attingere dalla saggezza del passato, allora sarebbe dovuto andare, domenica 6 marzo, giornata nazionale delle ferrovie dimenticate, a Rapone, piccolo comune lucano dirimpettaio dell’Alta Irpinai e agli inizi del vasto comprensorio del Vulture, terra naturalisticamente e storicamente ricca. Rapone condivide con Ruvo del Monte e San Fele la piccola stazione della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio (Fg), dall’11 dicembre scorso chiusa da Trenitalia dopo il taglio dei fondi da parte della Regione Campania. È una delle tredici stazioni, su trentatré complessive della tratta, non soppresse, almeno fino al dicembre scorso. Adesso è iniziata, ma in realtà bisogna dire che non si è mai fermata, una lotta tutta in salita per il ripristino della linea, storico lascito di impegni iniziati nella seconda metà dell’Ottocento (la ferrovia fu poi inaugurata il 25 ottobre del 1895), che ha visto come protagonisti tanti tra cui Francesco De Sanctis (nel paese d’origine, Morra, in Alta Irpinia, c’è una delle stazioni), e Giustino Fortunato.
    La giornata è stata organizzata dal gruppo “In loco motivi”, che ha lavorato da un paio d’anni alla difesa di questa linea e ai tantissimi viaggi di conoscenza fatti con un pubblico attento e curioso che ha imparato a conoscere il territorio in modo del tutto diverso. È iniziata, però, con l’amarezza di aver dovuto rinunciare al treno (Trenitalia, che pure sponsorizza la giornata, ha chiesto una cifra esorbitante) e alle tante prenotazioni di un viaggio concepito anche come celebrazione del centocinquantenario dell’Unità d’Italia. Col bus gran turismo non è la stessa cosa, ma molti non hanno voluto rinunciarvi. E hanno fatto benissimo. Perché il senso di solidarietà e resistenza che si è respirato nella giornata, contro una decisione vissuta come ingiusta e impoverente per un territorio che del turismo vuol fare la sua cifra futura, ha dimostrato tutto il suo valore. Appena lasciata la stazione di Avellino, la ferrovia si costeggia, sulla rotabile, un po’ da lontano e un po’ da vicino.
    I commenti e i racconti sono tanti. In viaggio c’è il cerimoniere, cioè Pietro Mitrione, ex ferroviere e organizzatore del gruppo degli amici della linea, impegnatissimo come sempre per la salvezza e lo sviluppo di questa creatura a cui sta dedicando tanto del suo tempo. C’è Anna Donati, ex parlamentare e storica ambientalista oltre che saltuariamente collaboratrice del nostro giornale, che ha occupato il posto di dirigente dell’Acam (Agenzia Campana per la Mobilità sostenibile) per due anni in Regione Campania ed è sempre stata molto attenta alle ferrovie, da grande “aficionada” del treno che si vanta di aver preso ovunque. C’è Valentina, architetto e studiosa della tratta, altra super impegnata nel gruppo di lavoro attorno alla Avellino-Rocchetta, che distribuisce copie del suo bel calendario «In loco motivi – Il treno irpino del paesaggio», che porta anche l’intestazione storica da non dimenticare «Il treno, non l’aereo, ha fatto l’Italia». Ricco di foto che documentano la straordinarietà di quest’opera tra ponti grandi e piccoli di mirabile fattura, belle visioni naturalistiche, passaggi da un territorio all’altro con grande varietà di natura, come si addice del resto ad una linea che attraversa tre regioni (Campania, Basilicata, Puglia). Ci sono poi tante persone che non hanno voluto rinunciare al viaggio per sostenere una battaglia che soltanto i miseri tifosi di un vecchio modello di sviluppo possono ritenere nostalgica.
    È in realtà una battaglia d’avanguardia, di chi vuole testardamente dare un futuro diverso a se stesso e ai propri figli. Un futuro ricco di possibilità, di conoscenza, persino di apertura a mondi nuovi. C’è poi Simona, studentessa che deve mettere in piedi la tesi di laurea sulla tratta, ed è più gasata che mai. Il tempo non è bello, fa freddo, c’è nebbia e ogni tanto riprende a piovere. Ma, all’arrivo a Rapone, tutto cambia e il tempo inclemente diventa del tutto secondario, a riprova che la fiducia delle persone nel futuro può muovere qualsiasi ostacolo. In piazza e davanti al Municipio c’è una festa coloratissima fatta di curiosità, banda musicale, gruppo folk, straordinari piatti della tradizione più antica (diciamo un superamento a sinistra del biologico tipico), soprattutto tantissime donne tra i musicisti e le persone accorse. A partire dalla vitale sindachessa, Felicetta Lorenzo, che ha accolto tutti con garbo e gioia e ha iniziato un discorso che si vorrebbe sentire in ogni borgo d’Italia di questi tempi. «Bisogna dare dignità alle ferrovie minori. La nostra è stata da poco sospesa, ma adesso occorre lanciare la sfida delle tratte come patrimonio nazionale. Non solo per i viaggi ma per godersi quello che oggi è un lusso, cioè il tempo. E io invito tutti a guardare dalla nostra ferrovia le bellezze discrete del nostro paesaggio». Anna Donati prende la parola: «Sono qui perché sono un’amante delle ferrovie. In questi anni, in cui c’era lo sport di dismettere, abbiamo vinto una battaglia, perché adesso è molto difficile che non ci sia una sensibilità nuova anche da parte dei vertici delle ferrovie sulle tratte dismesse. Per due anni ho fatto il dirigente della mobilità in Regione Campania e quando mi giunse la telefonata degli amici della Avellino-Rocchetta immediatamente li ho invitati. Avevo già visto in Sardegna, in Val d’Orcia e altrove il grande successo avuto dai treni delle tratte paesaggistiche. Ed è del tutto spiegabile: viviamo un tempo in cui davvero non se ne può più del degrado ambientale. Qui c’è cibo genuino, aria salutare e tante altre cose, cioè tutto ciò che può fare il successo come altrove. Purtroppo la manovra Tremonti ha tagliato i servizi per i trasporti e per questo la nuova direzione politica della Regione ha chiuso questa linea». «Che fare adesso? – riprende Donati – Certo tutti dicono di sì a questa tratta, ma non sono sufficienti le parole. Bisogna mettersi insieme con la consapevolezza che tutte le ferrovie sono sostenute, in tutto il mondo. Queste strutture poi sono un patrimonio in sé. E, del resto, quanti territori in Italia, apparentemente abbandonati, oggi sperimentano proprio su quel presunto abbandono la loro fortuna? Importante è adesso strappare un piccolo, concreto, impegno nei luoghi dove le decisioni si prendono. Non arrendiamoci. Ce la possiamo fare e la gente è con noi se vede questo impegno. È anche un modo degno di consegnare alle nuove generazioni questi patrimoni».
    Pietro Mitrione, che ha la passione dell’ex ferroviere che su questa linea vi ha lavorato, prende la parola mentre l’atmosfera si fa commovente: «Vogliamo tenere vivo un territorio che è un unicum. Questa quarta giornata delle ferrovie dimenticate vuole essere una protesta civile. La cosa che unisce i nostri territori è la ferrovia, incomparabile dal punto di vista turistico. Ci ritorneremo col treno e con gli studenti. Quando ho visto la banda e tante donne in essa ho subito pensato che dove ci sono le donne le cose hanno una marcia diversa». «L’impegno che prendiamo qui – aggiunge Mitrione – è quello di continuare. Nella protesta civile, certamente, anche se sappiamo nomi e cognomi di quelli che hanno deciso la soppressione di questa tratta». La banda riprende a suonare, stavolta l’inno nazionale, e c’è commozione in tanti. La gioia riprende per le strade del paese e sfida il tempo inclemente. Gustosissimi piatti da assaggiare, visita al borgo con acquisti vari, il gruppo folk che suona e canta, e un arrivederci senza perdersi di vista. Con un augurio unico: che la linea ferroviaria, di cui tutti hanno compreso il valore grande, come delle cose che hanno una storia lunga, riprenda a vivere e sviluppi i suoi progetti per troppo tempo lasciati dormienti

  72. 75 pietro mitrione 24/03/2011 alle 9:31 am

    LA FERROVIA DELLE ANTENNE

    Dal 13 dicembre 2010 la linea ferroviaria Avellino-Rocchetta dopo 115 anni è chiusa e non si sa quale sarà il suo destino. Ho l’impressione che se passa ulteriore tempo a degrado si aggiunge degrado e quindi inevitabilmente si va incontro alla sua chiusura definitiva. Eppure su questa linea sono stati fatti negli ultimi anni enormi investimenti per la sua efficienza tecnologica e qualcuno ne dovrebbe tenere conto. Mi riferisco al posizionamento lungo tutta la tratta del cavo per la conduzione delle fibre ottiche, l’innalzamento in ogni stazione, anche nelle più piccole, di antenne telefoniche per il sistema GSM, la costruzione di enti di sicurezza per il sistema SCMT, acronimo di Sistema di Controllo della Marcia del Treno, il sistema di sicurezza armonizzato con lo standard europeo di interoperabilità tra le reti ferroviarie scelto da FS per la propria rete e per il parco rotabile ammesso a circolare sulla stessa. Si può affermare che dal punto di vista tecnologico la tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta è esercitata con attrezzature di sicurezza moderne e sicure.
    Con l’incuria è evidente che ogni cosa deperisce ed in particolare quelle di valenza tecnica se vengono abbandonate sono destinate ad essere vandalizzate. E’ possibile trovarci in presenza di una utilizzazione di queste attrezzature, specialmente quelle telefoniche, per interessi legati alla telefonia mobile laddove il segnale di gestori diversi dalla titolare RFI, Rete Ferroviaria Italiana, possa essere captato previo pagamento di lauti corrispettivi? Si verificherebbe, in tal caso, una situazione a dir poco incresciosa se non proprio scandalosa: su di una linea ferroviaria “chiusa” si produrrebbero utili non dovuti alla circolazione dei treni. A questo punto, se così fosse, si potrebbe pensare di utilizzare queste risorse per riaprire la tratta ferroviaria in questione? Qualche politico avellinese o qualcuno dei tanti che, in quest’ultimo periodo, hanno pontificato sull’utilizzo di questa ferrovia potrebbe chiedere informazioni al gruppo FS cosa sono quelle antenne posizionate lungo la ferrovia Avellino-Rocchetta e chiedere se questo business sia già in atto? Fare questo significherebbe lavorare per il proprio territorio….
    Eppure c’è un interesse verso questa idea di rivitalizzazione culturale della ferrovia Avellino-Rocchetta che solo le istituzioni non vogliono cogliere. La scorsa 4* giornata nazionale delle ferrovie dimenticate è stata, nonostante tutto, un successo: a Rapone-PZ abbiamo trascorso una giornata di riflessione sulle potenzialità turistiche della ferrovia ofantina, voluta da un grande irpino: Francesco de Sanctis. A testimoniare il contesto storico del 150°anniversario dell’unità d’Italia avevamo indetto questo evento con il titolo: il treno, non l’aereo, ha fatto l’Italia. Poteva essere un grande evento per la nostra provincia se avessimo potuto effettuare il nostro viaggio in treno ma il costo di 7500 euro per la giornata del 6 marzo era davvero una cifra irrealistica per le nostre possibilità anzi è sembrato quasi uno “sfregio” al nostro progetto.
    Con la chiusura della tratta ferroviaria è venuto meno anche il progetto che avevamo concordato con il provveditorato agli studi di Avellino per far conoscere il territorio attraversato dalla linea ferroviaria agli studenti. Circa 2400 richieste pervenuteci sono state vanificate dalla negligenza di chi poteva accordare benevolenza a quest’idea.
    Noi andiamo avanti convinti della nostra ragione, abbiamo solo bisogno della solidarietà di quelli che amano la propria terra per evitare l’ennesimo scippo che porta verso l’oblio dell’Irpinia. Alle istituzioni chiediamo, invece, coerenza.
    Pietro Mitrione

  73. 76 pietro mitrione 26/03/2011 alle 10:15 PM

    Dalla stampa si apprende che dal mese di maggio del corrente anno la ferrovia Avellino-Rocchetta sarà riaperta il sabato e la domenica per uso turistico. Addirittura i vagoni che verranno messi a disposizione saranno dotati di appositi dispositivi per il trasporto di biciclette. Questa notizia è stata attinta dalle dichiarazioni fatte dall’assessore ai trasporti della regione Campania, Sergio Vetrella, in occasione della sua venuta ad Avellino il 24 marzo per incontrare a Palazzo Caracciolo di Avellino, sede dell’Amministrazione Provinciale, le parti sociali, sindacali e politiche della nostra provincia. La stessa affermazione è stata ribadita dall’assessore Vetrella, nella stessa serata, presso la sede comunale di Sperone in un incontro con alcuni amministratori locali. Sembra già di vedere il treno sui binari inoltrarsi per il suo percorso verso l’alta Irpinia carico di persone entusiaste di osservare il magnifico paesaggio che attraversa. Nelle sue dichiarazioni l’assessore ha fatto anche riferimento ai costi elevatissimi che tale linea ferroviaria comporta per tenerla aperta per cui ritiene necessario un coinvolgimento dell’assessore al turismo della regione Campania, Giuseppe De Mita, per reperire i fondi necessari. Questi i fatti: Vetrella chiede a De Mita fondi per far effettuare i treni sull’Avellino-Rocchetta. Un rimpallarsi di assunzioni che stridono con l’attuale situazione della tratta chiusa dagli stessi dal 13 dicembre 2010. Ritorna ancora una volta il problema dei costi di un servizio svolto fino a quella data in una situazione di orari improponibili per essere di utilità per quel territorio. Un servizio già ridotto all’estremo sacrificato per risparmiare qualche miseria rispetto agli sperperi imperanti nella regione Campania. Quante duplicazioni di servizi esistono su quella tratta? Quante clientele da mantenere? Possibile che in Campania l’esercizio della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta sia la causa dei mali economici dei trasporti regionali? Ancora una volta le scelte napolicentriste condizionano la vita sociale e civile del nostro territorio destinato a spopolarsi sempre di più. Ormai i nostri paesi sono diventati quasi dei cronicari sui quali è possibile scaricare le scelte più scabrose che si possano fare come quella di chiudere strutture ospedaliere. Però, e sempre a Napoli, stanno decidendo, ancora una volta sulla nostra pelle, di costruire una mega discarica regionale proprio sul territorio più bello attraversato dalla ferrovia Ofantina, quello dell’Irpinia d’Oriente. Un paradosso da un lato si immagina di riaprire la ferrovia a fini turistici, sfruttando l’unica eccellenza che il nostro territorio possiede: il PAESAGGIO, dall’altra si paventa, con i numeri che la politica napoletana possiede, di portarci tutta la “munnezza” che Napoli e dintorni produce. No assessore Vetrella a questo gioco delle tre carte noi irpini non ci stiamo. Maggio è il mese delle rose e l’Irpinia è la nostra rosa la difenderemo a tutti i costi ben sapendo che è piena di tante spine che vengono da tempi lontani. Difenderemo i nostri ospedali, la nostra ferrovia, i nostri paesi con un nuovo e moderno orgoglio che ci viene da un riscoperto senso di appartenenza alla nostra terra. Un sentimento che non ha colori politici. Proprio per questo crediamo che bene abbia fatto, unitamente alla rappresentanza regionale presente nel consiglio regionale, il presidente dell’amministrazione provinciale di Avellino a rappresentare il dissenso della nostra popolazione contro l’inganno che si vuole perpetrare contro le zone interne della Campania, di fatto il nostro Formicoso. Per queste considerazioni chiediamo al Presidente Sibilia di poter discutere in modo concreto presso Palazzo Caracciolo di quanto affermato dall’assessore Vetrella con quanti rappresentano la nostra specificità territoriale. Sarebbe bello discutere dell’Irpinia in Irpinia!!
    Pietro Mitrione
    Amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta

    dichiarazioni di vetrella ad Avellino

  74. 77 pietro mitrione 06/04/2011 alle 8:30 PM

    abbandonare l’idea che l’unico mezzo di spostamento utile per la nostra città è e sarà l’automobile, ormai ampiamente considerata inadeguata alle città;
    – l’adozione di un Piano urbano della mobilità sostenibile che possa guardare ad un sitema di trasporto urbano più equilibrato;
    – un sistema di trasporto pubblico efficiente e capace di soddisfare i bisogni dell’intera comunità: il TPL viene utilizzato se è più conveninte di altri modi di spostamento e ricordiamo che la nostra è una città universitaria e di studenti.
    – investimenti per mezzi di trasporto alternativi quali piste ciclabili, bike sharing, car sharing e percorsi pedonali sicuri che garantiscano alle fasce più deboli della mobilità, maggiore sicurezza.
    – l’adozione di percorsi pedonali casa/scuola attivando progetti di Pedibus con le scuole elementari e medie e incontri di educazione alla mobilità in tutte le scuole di ogni ordine e grado.
    – di attivare campagne informative e di educazione alla mobilità in tutti gli uffici pubblici inecentivando l’utilizzo di mezzi alternativi all’auto.
    – di predisporre aree di consegna e ritiro merci che rendano maggiormente veloce la circolazione delle merci: Il rallentamento della circolazione delle merci causato dalla congestione del traffico genera una perdita pari ad un punto di PIL.
    – l’ampliamento delle aree pedonali nel centro città ed in particolare nelle aree
    commerciali, che come verificato da studi economici e di associazioni di categoria, producono effetti positivi per quelle aree.
    – la ZoneTrafficoLimitato per l’intero centro e per il Centro storico con la predisposizione di mezzi di trasporto pubblico ecologici e di dimensioni ridotte o bus a chiamata che risolverebbero in parte, il problema dei tagli al chilometraggio.
    – il ripristino dei fondi tagliati al trasporto pubblico urbano.
    – di ritornare a programmare e a progettare una città migliore con standard europei per i servizi pubblici.
    – la partecipazione del nostro Comune a progetti europei sulla mobilità, una delle poche possibilità di confronto e di aiuto economico a disposizione.

  75. 78 pietro mitrione 07/04/2011 alle 9:01 PM

    Strutture ferroviarie in disuso come centri di accoglienza per profughi
    La proposta di Pietro Mitrione si affianca a quella del Sindaco di Conza, Vito Farese

    (Profughi)
    (Foto: Irpiniareport)Le strutture ferroviarie in disuso della linea Avellino-Rocchetta potrebbero diventare centri di accoglienza per i profughi Nord-Africani. A comunicare tale proposta è Pietro Mitrione dell’Associazione Gli Amici della Linea Ferroviaria Avellino-Rocchetta. Di seguito si riporta il testo integrale della lettera. “La proposta fatta dal sindaco di Conza, Vito Farese, di ospitare nel suo comune delle famiglie di profughi dall’Africa è una grande prova di solidarietà che testimonia ulteriormente l’impegno della comunità di Conza a favore dei migranti. E’ una iniziativa che fa onore a tutti noi irpini da sempre popolo abituato ai drammi dell’emigrazione. Proprio in quella zona dell’Irpinia d’oriente l’emigrazione è stata, ed è, una costante. I nostri paesi sono stati decimati da questo dramma sociale, ben testimoniato dal film “la donnaccia” girato proprio in quei luoghi tanti decenni fa. Dalla sua costruzione, 1895, anni la ferrovia Avellino-Rocchetta fu il mezzo utilizzato per un esodo biblico. Oggi questa ferrovia sta morendo come il territorio che attraversa eppure una opportunità può ancora offrire per questa nuova e grave emergenza “profughi”. Nella stazione di Conza esistono delle strutture ferroviarie in disuso che, opportunamente riconvertite, possono dare ospitalità a numerose famiglie di migranti. Si tratta del vecchio ferrohotel, di un grande capannone, di due appartamenti e di un magazzino merci. La stessa proposta può essere fatta per la stazione ferroviaria di Rocchetta, una struttura quasi del tutto inutilizzata che potrebbe ospitare molte più persone che a Conza. “Vecchie” strutture ferroviarie cariche di ricordi legati all’ emigrazione che si offrono ai migranti del terzo millennio. Una triste coincidenza per un comune dramma: l’emigrazione.”

  76. 79 pietro mitrione 09/04/2011 alle 9:25 PM

    Caro santino la forma del Week end anche se nei periodi festivi di richiamo è più richiesta nelle località più rinomate da noi ha sempre funzionato in luoghi che da anni sono attrattori come il Laceno, il terminio e i luoghi religiosi. essi… da soli nn bastano perchè serve maggior offerta in termini di contenuti e spalmata in più periodi dell’anno soprattutto dalla primavera alla fine dell’autunno. Non basta il solo museo o santuario ma anche qualche idea che trasmetta la voglia di restare. Siccome noi nn possiamo, come le zone costiere, rappresentare una sosta permanente dobbiamo maggiormente rafforzare il short break e, creando quella che io chiamo, rete tra i comuni, dando maggiori contenuti, determinare una valorizzazione di un week end che può anche crescere di uno due giorni senza grosse pretese, ciò che conta alla fine è il numero dei visitatori, e il valore dell’offerta che attraverso i canali pubblicitari, il passaparola, i contenuti, il valore enogastronomico che già c’è e la crescita dei posti letto e della qualità dei servizi, può far crescre ancora di più la nostra provincia. Oggi che la crisi economica si fa sentire sempre cn maggiore virulenza a maggior ragione può funzionale la formula: short break (spesso non è la destinazione che invoglia la scelta ma, viceversa, è la situazione economica che impone la meta di una vacanza). Se vicino agli attrattori tradizionali che ho citato, viene fatto un progetto serio x l’Avellino rocchetta, ovvero non il classico mezzo di trasporto che ci porta a visitare la natura o i vicoli dei paesini oramai spopolati, questa si riempie di contenuti, ovvero realizzando nei luoghi di catalizzazione maggiori :laceno e terminio degli attrattori forti come: un grande parco giochi estivo o un area x fare escursionismo a piedi o in bicicletta, oppure attraverso convenzioni con i maneggi, attraversare i luoghi a cavallo. Questo sistema messo in rete lungo il percorso della Avellino- Rocchetta avrà un ritorno turistico eccezionale. Senza fare voli pindarici è necessario implementare la formula week end, affinchè diventi “speciale” e ci sia sempre più richiesta tanto da far in futuro migliorare i servizi offerti, da ciò può scaturire che i due giorni possano anche diventare tre o massimo 4, ma nn sogniamo che diventino di più perchè significherebbe solo prenderci in giro. Aggiungo, che lo “short break” avrebbe ancora maggior successo se si realizzasse la metropolitana tra Avellino – Fisciano – Salerno. Raggiungere una zona costiera in 20 minuti e sfruttare il bacino di turisti italiani e stranieri che raggiungono la stazione di salerno (molto più importante della nostra x i collegamenti) avvicinerebbe le zone interne e favorirebbe il turismo Ambientale delle nostre zone.

  77. 80 pietro mitrione 10/04/2011 alle 9:00 PM

    Quello che occorre sottolineare però è la visione strategica : il turismo è un oggetto delicato e complesso : non si può mettere tutto nel calderone e sperare di ottenere un bel minestrone con il quale soddisfare la” fame di sviluppo turistico territoriale”. Bisogna misurarsi con una quantità di variabili di peso specifico assai diverso.L’Irpinia ha la fortuna di essere incastonata in una regione che, messa a sistema ,riesce a soddisfare una domanda turistica a 360°, per la eterogeneità dell’offerta, con uno spettro largo e profondo della medesima, su tutto il territorio regionale. E’ sicuramente un territorio “immaturo” da un punto di vista ricettivo, con zone a buon coefficiente e zone desertificate, dove paradossalmente insistono attrattori che almeno sulla carta potrebbero richiamare un buon numero di turisti. Ho letto il post di Pietro Mitrione, del quale condivido le ragioni di fondo, e mi è venuta in mente la relazione che, nell’ormai lontano 2005, inviai in Regione Campania, allorquando mi veniva richiesto ,come EPT Avellino, uno studio sui possibili attrattori da inserire nello studio di fattibilità deil POR 2000-2006. Già in quei tempi, non sospetti, sottolineai con forza la “rimessa a modello” della tratta, auspicando il rifacimento delle stazioni, connotando ogni fermata con una pecularietà enogastronomica, che servisse da vettore per le località toccate dalla Avellino-Rocchetta SA. Il discorso, caro Pasquale, si farebbe lunghissimo, e più che un post su FBU, occorrerebbe una vera e propria conferenza di servizio, per analizzare e raccogliere le istanze del territorio. Certo è che da soli, non si va da nessuna parte, ed è solo nella sinergia mare-monti e con tutto quello che ne consegue, va riposta la fiducia per il decollo di un comparto che tanto potrebbe donare all’economia della nostra provincia

  78. 81 pietro mitrione 10/04/2011 alle 9:09 PM

    pietro. le vostre iniziative sono sempre state lodevoli. nn dovete riproverarvi nulla. e’ vero qualcuno vi ha etichettato e spesso l’ho fatto anche io. ma comunque c’erano delle voci che gridavano, anke se nel deserto politico di questa provincia dove la corsa nn si fa sulle rotaie di un treno:piano e veloce scandendo i ritmi del paesagguio ma ad alta velocità x accaparrare più risorse possibili nn lasciando nulla di concreto e duraturo. Ne è l’esempio la nuova politica del turismo. Non c’è programmazione. Ci si affanna sulla domanda e sull’offerta. Qualcuno dice che bisogna implementare la domanda x le nostre zone, quando questa è adamantina. Il turista nelle ns zone nn viene più di un week end o x un mordi e fuggi. spesso l’unica offerta che ha sempre funzionato è quella eno gastronomica che ci ha dato piena garanzia, basti vedere a ferragosto e dalla primavera in poi come è piena l’area del terminio o il laceno o l’area del partenio. Questo miraggio della domanda serve solo a chi gestisce politicamente x accaparrarsi più soldi possibili che po si perdono nei rivoli di manifestazioni senza programmazione che assorbono più risorse possibili senza far restare nulla che possa favorire lo short break di lungo respiro (almeno 6 mesi all’anno) richiamato in altri commenti o si richiude solo in determinate occasioni. Perchè nessun politico si è preoccupato x esempio di collegare (visti i copiosi fondi) creando una sinergia con le ferrovie dello stato (destinando una quota dei fondi – parte dei quali si poteva addirittura recuperare con i biglietti) x tenere in funzione da aprile a ottobre la Avellino – Rocchetta. Sarebbe stato uno dei contenuti che restava nella memoria e poteva poi definitivamente rilanciarla sull’asse turistico e sul miglioramento di tutte le infrastrutture connesse. Ma la mancanza di programmazione e la corsa sfrenata all’affarismo personale sta distruggendo tutto in questa provincia. Non ci sono più politici illuminati e ricordo Sullo che ci avvicinarono alla civiltà cn l’autostrada, che oggi nn basta più x uscire da un isolamento nel quale ci stanno sempre più cacciando e che sta creando inesorabilmente un altro esodo di massa che porterà sempre più le giovani generazioni ad allontanarsi perdendo ancora una volta il treno x lo sviluppo. W l’Avellino Rocchetta S. Antonio.”

  79. 82 pietro mitrione 12/04/2011 alle 4:02 PM

    “Munnezza e politica”
    L’immagine di tristezza e di solitudine del presidente Cosimo Sibilia è la testimonianza di quanto accaduto in Consiglio Provinciale allorquando si è saputo dell’approvazione dell’emendamento “Salvatore” in Consiglio Regionale che destina di fatto in Irpinia i rifiuti napoletani. Un’amarezza condivisa da tutti i presenti in aula perché il provvedimento è stato votato anche da parte di tre rappresentanti irpini. Noi dell’associazione inloco_motivi eravamo in consiglio provinciale perchè il 35esimo posto dell’ordine del giorno del consiglio provinciale aveva per tema “determinazioni circa la soppressione della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio”. Dopo 4 mesi dalla “sospensione” del servizio ferroviario qualcuno finalmente poneva il problema dell’utilizzo della ferrovia nel luogo istituzionale deputato dopo le numerose prese di posizione a favore del mantenimento della ferrovia venute da esponenti della società civile irpina. Questi impegni non facevano pensare ad un così marginale interessamento, ma tant’è. Ringraziamo chi ha proposto il tema in o.d.g. perchè se non fosse stato per lui avremmo cominciato a pensare all’Avellino-Rocchetta solo come un capitolo dei libri di storia provinciale. Un posto di sicura rilevanza ma che pensiamo sia ancora troppo presto da assegnare: per noi l’Avellino-Rocchetta rimane ancora non solo un baluardo di storia di popolo ma un elemento determinante nella visione presente e futura di una provincia che non vuole arrendersi ai progetti diabolici di una regione malgovernata che continua a destinarle il ruolo di sversatoio dei rifiuti regionali. Una provincia verde e sana, le potenzialità della quale non sono state ancora valorizzate pienamente, una provincia tra quelle regionali, ancora capace di potersi migliorare, una provincia che accanto ad eccellenze come le docg e le dop, possiede uno splendido patrimonio naturalistico ed un altrettanto meraviglioso patrimonio architettonico ed artistico, percorso da una strada ferrata che ne fa storia e paesaggio. Solo la miopia di persone che hanno perso l’abitudine alla speranza per il futuro non riesce a mettere a fuoco il potenziale che noi vediamo chiaro. Con queste idee nella mente abbiamo assistito al dibattito che si svolgeva nell’aula consiliare della Amministrazione Provinciale. Si sentiva nell’aria la tensione per le decisioni che si stavano prendendo a Napoli in materia di “munnezza”. Durante il dibattito abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare una relazione dell’assessore al turismo sulla sua attività. L’assessore ha elencato luoghi e cifre di danaro stanziate per iniziative turistiche e culturali, una bella somma. Immediatamente l’immagine di questi paesi veniva violentata dalla paventata e poi concretizzatasi ipotesi di deprovincializzazione del ciclo della “munnezza”, in pratica nuova discarica nelle zone interne della Campania leggasi: Formicoso. Nella sua esposizione l’assessore non ha concesso nemmeno un attimo alle iniziative attuate con il treno irpino del paesaggio, circa 3000 persone in 25 viaggi e 2400 richieste, purtroppo inevase, da parte di scolaresche. Una giusta valutazione, quella elaborata dell’assessore, in quanto le iniziative del treno irpino del paesaggio sono state effettuate solo con la passione di volontari e senza nessun contributo pubblico, come si dice: dalla base e quindi senza padrini o padroni. Aspettavamo fiduciosi che il Consiglio Provinciale di Avellino si pronunciasse sulla nostra storica ferrovia Avellino-Rocchetta invece la “munnezza”, sia materiale che politica, ha travolto contingentemente tutti e tutto lasciando in noi amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta la stessa amarezza del Presidente Sibilia, della sua giunta e dell’intero Consiglio Provinciale. Una occasione persa come le tante che sta perdendo la nostra Irpinia.
    Valentina Corvigno/Pietro Mitrione
    InLoco_Motivi

  80. 83 pietro mitrione 12/04/2011 alle 9:51 PM

    Chissà cosa credono di aver fatto i funzionari della regione Campania e di Trenitalia che hanno deciso la chiusura della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio (Foggia). Perché se credono di aver fatto qualcosa di buono per la collettività, allora bisognerebbe fargli sentire addosso la loro ignoranza e la loro miseria culturale e politica. Bisognerebbe fargli studiare un po’ Francesco De Sanctis, uno degli artefici di questa ferrovia, e magari Giustino Fortunato, uno dei meridionalisti impegnati in anni lontani nella battaglia per le “strade ferrate ofantine”. Bisognerebbe fargli sentire la vergogna quando si riempiono la bocca di cultura e dall’alto dei loro stipendi e delle loro ignoranze ne sono invece la decisa e radicale antitesi. Dunque l’antica ferrovia che da Avellino attraversa tutta la dorsale che divide questo pezzo di Campania dalla Basilicata e dalla Puglia (fu inaugurata, nel tratto completo di 119 chilometri, il 27 ottobre del 1895), quella che ha segnato la storia degli uomini di queste zone dell’osso, le loro epiche emigrazioni, la guerra, la rinascita, sarà chiusa a partire dal 13 dicembre prossimo. E sarà chiusa nel modo peggiore, persino prendendo in giro il territorio: infatti la linea è sospesa e continua a restare aperta all’esercizio. Che significa che sarà comunque soggetta a cura da parte del personale delle ferrovie. E allora perché interrompere del tutto il servizio ferroviario? Per dimostrare cosa? Che non vale la pena tenerla aperta?

    Ma tutti, cioè tutte le persone interessate al rilancio, sanno che questa strada ferrata ha un valore dentro un nuovo modello di sviluppo per il territorio. Che da sola non funzionerebbe. Ma che accompagnata da una piattaforma di nuovo progresso essa diventa addirittura una metafora di rinascita e di futuro. E poi: perché umiliare le centinaia di persone che hanno rivitalizzato questo pezzo di strada ferrata con corse turistiche che hanno contribuito alla valorizzazione del territorio e delle sue potenzialità? Inutile ricordare la motivazione che porta l’assessore ai trasporti della regione Campania Sergio Vetrella: il governo centrale ci chiede di tagliare e noi dobbiamo tagliare. È la stupidità economica di questo periodo in Italia. Intanto tagliare le corse non significa tagliarle tutte. Poi, con quale motivazione per il futuro? Naturalmente non c’è nessuna motivazione per il futuro, soltanto calcoli contingenti e assolutamente distruttivi.

    Il pezzo di ferrovia che va da Avellino a Rocchetta Sant’Antonio, alle porte del tavoliere pugliese, è anche un asse di penetrazione tra la parte orientale della Campania e la Puglia e la Basilicata. Cioè un elemento fondamentale del nuovo sviluppo dei territori. E invece così si contribuisce a creare un muro che divide sempre più la Campania dalla Puglia e dalla Basilicata. E pensare che siamo in epoca di apertura, di globalizzazione! Ma chissà se a qualcuno è venuto in mente di ricordare ai funzionari e amministratori che, se è un problema di risparmio, basterebbe diminuire un po’ la “casta” amministrativa e politica, quella che davvero ingolfa la macchina e impedisce di camminare, per salvare, ma soprattutto rilanciare in termini turistici, culturali, di trasporto merci e di viaggi normali questa linea ferrata. Tra l’altro chissà se i nostri amministratori sanno che, allo stato, è pressoché impossibile, senza questa ferrovia, usare mezzi pubblici per andare, soprattutto dalla parte del territorio bagnato dai fiumi Calore e Ofanto, in Puglia e in Basilicata.

    E ancora chissà se sanno che tanti (persino le istituzioni) hanno avuto progetti interessanti su questa linea. Dalla valorizzazione in senso ambientalista del territorio, legato al turismo, ai prodotti tipici e a una nuova agricoltura; a quello di un uso del trasporto merci per binari che passano dentro le aree industriali costruite dopo il terremoto del 1980; a quello di un museo itinerante legato al nome del grande critico letterario Francesco De Sanctis (nel paese d’origine, Morra, vi è la sua casa natale) che si batté molto per questa strada ferrata. Ma cosa volete che se ne importino di De Sanctis, del futuro di queste zone (sono in gran parte quelle del cratere del terremoto del 1980, cioè i paesi più danneggiati e distrutti), dell’autonomia dei territori, amministratori (sarebbe troppo chiamarli politici, la politica vera è in grado di cavalcare i sogni delle persone) che se ne fregano se associazioni, come in questo caso “In loco motivi”, nata apposta per rilanciare la tratta, hanno già portato più di tremila persone in viaggi turistici, oltre ad aver già in programma con le scuole viaggi di studio per centinaia di alunni e studenti.

    Ci sono territori attraversati da questa ferrovia (per esempio l’Alta Irpinia) che vivono, insieme ad altri e più di altri, il dramma dell’emigrazione ripresa in grande stile, dell’agonia civile dei territori, dell’esproprio dei servizi essenziali (vedi ospedali), della vita giovanile mai così terribile e senza prospettive. Ma “loro” sono abituati ad altro. Ad una politica di maneggioni, di robot agli ordini della economia (capitalistica) ufficiale, di uomini figli della decadenza culturale e politica che viviamo. Ma non è detto che le cose debbano andare sempre così come loro hanno deciso. E se avessero fatto male i conti? Antonio Panzone, che si è occupato in qualità di docente di questa ferrovia producendo anche un libro con gli studenti, la mette così: «L’Irpinia mi fa pensare alla tela di Penelope. Ma, fenomeno strano, la natura reagisce e fa la sua parte: il viaggiatore che oggi attraversa in treno i nostri posti rimane incantato dal suo aspetto spontaneo, naturale, suggestivo per i paesini, per le frequenti, alterne immagini del Calore e dell’Ofanto, per la varietà di flora e fauna, per cui la natura riempie di significato l’intera tratta». Pietro Mitrione, ex ferroviere e animatore del gruppo superattivo di “In loco motivi”, cioè gli amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, scende nel problema di oggi: «Sabato 11 dicembre faremo l’ultimo viaggio del nostro gruppo. Partiremo dalla stazione di Avellino alle 6,30 del mattino e attraverseremo tutta la tratta fino a Rocchetta Sant’Antonio, la porta della pianura pugliese.

    Chi vuole si aggreghi a noi. Gli amici, i sindaci e tutte le persone sensibili dei vari paesi che attraverseremo si facciano vedere. Se saremo in tanti magari sarà anche una bella forma di protesta per questo treno preso in genere da poche persone perché del tutto abbandonato al suo destino. Eppure in questi mesi di impegno con i viaggi turistici, gli incontri, le assemblee, il nostro sito, i dibattiti che abbiamo su facebook, e tante altre cose, abbiamo dimostrato che c’è una voglia di treno, una sensibilità nuova. E anche una voglia di parlarne. Sempre di più questo treno, che all’apparenza sembrava destinato al declino totale, ha risvegliato idee nuove in tanti. Quest’anno abbiamo già tantissime prenotazioni dalle scuole oltre che da tante persone. Perciò abbiamo vissuto come una sorta di coltellata alle spalle la decisione della regione Campania di tagliare sulle tratte soprattutto delle sue zone interne. Di conseguenza Trenitalia, che pure aveva preso la decisione di dimezzare quelle poche corse che c’erano, ha poi deciso di sospendere il servizio su tutta la tratta. Che dire? Siamo sconcertati, oltre che amareggiati. Ma è un’illusione pensare che staremo con le mani in mano. Perché dobbiamo buttare alle ortiche una storia gloriosa, un passato dove c’è scritto innanzitutto il futuro per noi? Un futuro legato agli splendidi paesaggi che attraversa la linea, al risveglio della memoria?»
    E, va aggiunto al suo discorso, a un rapporto ovest-est quanto mai indispensabile di questi tempi.

    Tempi in cui un regionalismo stupido e fuori storia ha rinchiuso i territori in luoghi angusti a dispetto della globalizzazione montante e della costruzione europea. È così devastante, questo modo di fare, che è quasi impossibile avere una informazione italiana corretta sulle ferrovie turistiche, quella che si poteva avere, anni fa, quando bastava telefonare alla sede centrale di Roma e, sempre con fatica e nervosismo naturalmente (siamo in Italia), avere un informazione su tutto il territorio nazionale. Provate a chiedere alla sede nazionale di Trenitalia, la storia, la mappa e il futuro delle tratte turistiche esistenti in Italia, e vi sentirete spesso dire che bisogna informarsi dalle regioni. Cosicché, si dovrebbero fare venti telefonate per cercare di avere qualche informazione. Vogliamo citare un altro caso di un bislacco modo di fare, che riguarda proprio questa ferrovia? Chi scrive si è trovato nella carrozza a discutere, con molto umorismo ovviamente, con il controllore per sapere se il biglietto fosse giusto o sbagliato. Perché? Ma perché, non facendo più le agenzie di viaggio un biglietto per il solo passaggio su questa tratta per l’esistenza dei biglietti unici regionali, e attraversando la linea tre regioni (Campania, Basilicata, Puglia), col biglietto campano in teoria non potresti attraversare la Basilicata e neanche la finale Puglia. Che si fa? Già, che si fa? Ovviamente si abbozza e si viaggia alla fine lo stesso.

    Quindici anni fa, nel centenario della ferrovia, ci fu una manifestazione di popolo indimenticabile. Con una partecipazione così massiccia che era difficile scendere dal treno a ogni stazione traboccante di folla. Chi scrive seguì allora per il nostro giornale quella festa, che fu anche un grande insegnamento per i piccoli particolari di cui si discuteva nelle carrozze. Una signora ormai anziana, figlia di un ferroviere, raccontò che il padre la portava da bambina sul treno perché, ammalata nelle vie respiratorie, le faceva inalare, nelle gallerie e affacciata al finestrino, il vapore. A mo’ di moderne inalazioni. E tanti altri episodi in quella giornata indimenticabile che poi però nessuno ha saputo e voluto valorizzare. E’ evidente che una ferrovia del genere, che risente anche del tracciato progettato all’inizio della seconda metà dell’Ottocento, ha bisogno di una progettualità turistica indispensabile e all’altezza del territorio che si vuole valorizzare oltre che dei nomi che si sono spesi nella sua realizzazione, a partire dal critico letterario (e politico) Francesco De Sanctis. Un grande museo itinerante nelle stazioncine ricostruite, legato alla vita e alla storia del critico, con una sede degna nella casa a Morra De Santis e in un centro studi ad hoc, potrebbe essere una carta di straordinaria efficacia.

    Tra l’altro è sommamente stupido cercare di recuperare la casa del critico, mettere in piedi una fondazione o un centro studi e poi lasciare alla malora uno dei lasciti migliori del suo impegno politico su questo territorio. Il tutto, ripetiamo, giocato sul rapporto Ovest-Est, cioè una sinergia tra territori che adesso vengono divisi in modo improprio, oltreché ridicolo in epoca di globalizzazione. Sono del resto cose di cui persino le istituzioni hanno già discusso in passato firmando anche protocolli di intesa, tra Province confinanti o vicine. La ferrovia può diventare quindi, a queste condizioni, metafora di ripresa. Ma vallo a raccontare ad amministratori che non sanno cos’è una metafora politica, che vivono con le parole e i gesti rivolti all’indietro, marionette di un passato che fa tutto il possibile per restare a galla. Non che non esistano problemi nella cosiddetta società civile. Del resto se possono far passare porcate di questo tipo è anche perché la società civile è prigioniera e succube della decadenza del mondo politico. Riprendere il discorso su di un nuovo futuro fondato sull’autonomia dei territori dentro uno scambio ricco con gli altri e sull’ambientalismo più politico e di classe, è urgente. E il discorso su questa emarginata tratta ferroviaria allude proprio questo in fondo. Sapranno gli amici di “In loco motivi”, gli abitanti dei territori presi in esame, la classe operaia che lavora a contatto con i binari di questa linea, “rimettere ordine” in un mondo così alla deriva?

    Michele Fumagallo – AVELLINO il manifesto

  81. 84 pietro mitrione 14/04/2011 alle 3:22 PM

    Dal Mattino del 14 aprile 2011
    Nostalgici? Persone che hanno una visione romantica e poco realistica di un territorio? Persone che si incatenano all’idea del trenino colorato che passi per le verdi terre ed i presepi irpini, sganciate dalla più problematica realtà di un Paese in debito con le tasche ed il futuro della popolazione? O peggio ancora persone con un secondo fine, marionette guidate da altra mano per accaparrarsi chissà cosa? No, niente di tutto questo, ma, tristemente, cassandre di un politica che, questa sì, mercanteggia il futuro di un territorio. Noi di InLoco_Motivi, quando parlavamo del treno che avrebbe salvato l’Irpinia dal degrado narravamo di una metafora, la metafora di un treno con un percorso e delle fermate necessarie per raccogliere persone in viaggio e merci da destinare, per raggiungere una meta; l’Avellino-Rocchetta era metafora del percorso di sviluppo che il nostro territorio aveva bisogno di intraprendere per giungere infine a valorizzare e sviluppare ciò che ha e che è, in potenza: polmone verde della Campania, sorgente massima del Sud, coacervo di storia e di cultura, terra gravida di risorse pulite. E quando urlavamo che bisognava salvare la ferrovia, intendevamo dire che bisognava ritornare a noi, avere nell’obiettivo centrato l’idea dello sviluppo della provincia di Avellino. Da queste considerazioni è nata, molto probabilmente, la scelta fatta da alcuni giovani laureandi di svolgere la loro tesi di laurea sulle opportunità turistiche e culturali che la ferrovia Avellino-Rocchetta offre. Giovani che immaginano un futuro per la nostra Irpinia diverso da quello desolante che si sta delineando. Una scelta che ci inorgoglisce. Nel nostro progetto dichiaravamo che era importante che gli amministratori tutti tornassero con la mente al modo in cui i De Sanctis e i Fortunato guidavano la politica nelle nostre zone, rendendo le nostre zone perno della loro politica. Ora dove sono quegli amministratori, dove quelle menti? Eccole lì sedute nei consigli comunali, provinciali e ancor più regionali, incaricati da noi, pagati da noi, nostri dipendenti che non fanno però i nostri interessi, gli interessi della nostra terra, che non curano, proteggono, valorizzano il nostro territorio come un gioiello prezioso, ma che lo smembrano, lo svendono, lo mercanteggiano, per ottenere in cambio solo un posto al sole per loro stessi, un sole che noi non siamo destinati a vedere. L’emendamento sulla provincializzazione dei rifiuti, votato ieri, ci costringe a smettere di pensare al futuro, perché, in ogni singolo momento, i progetti puliti che valorizzano la nostra terra potrebbero essere messi in crisi dalla nascita di un buco grande quanto l’alta irpinia dove poter sversare rifiuti di altri che hanno deciso di rinunciare al proprio futuro. Il sub-emendamento è una ennesima presa in giro perpetrata ai danni del nostro territorio da amministratori regionali che solo pochi mesi fa, negli stessi territori, promettevano chiedendo voti. Una provincia, quella irpina, che si è distinta per aver faticosamente raggiunto un equilibrio nella gestione dei rifiuti che la fa essere tra le prime province in Italia, un equilibrio che Napoli continua a minare, vergognosamente aiutata in questo da governatori inetti ed ignoranti. Pur continuando a sacrificarci per dividere umido da plastica, con questo emendamento la provincia di Avellino, sarà comunque costretta a prendersi i rifiuti napoletani che richiederanno ben presto una nuova discarica e allora sarà tempo di scegliere il luogo e quale luogo irpino soccomberà? Inizierà una nuova lotta interna alla provincia? Quindi, i nostri amministratori, non solo, non sono stati responsabili per i propri territori ma hanno lanciato una patata bollente all’interno della provincia che dovremo palleggiare tra di noi come una bomba ad orologeria, innescando una guerra tra poveri in un territorio che dovrebbe pensare ad altro. A chi dice, impunemente, che noi irpini dovremmo saper cogliere l’opportunità dei rifiuti come la nostra vocazione a sfruttarne l’industrializzazione, potremmo rispondere che abbiamo molte altre vocazioni più pulite e redditizie da valorizzare e sviluppare e chiederemmo a lui se ha il coraggio di far nascere e crescere i suoi figli in un’industria dei rifiuti, lì dove c’erano distese di verde, aria e acqua pulite: questo è il futuro che destina ai propri figli, lui che come amministratore è responsabile del futuro di tutta la popolazione? Ai consiglieri regionali che hanno difeso il proprio territorio va certamente il nostro apprezzamento ma non basta; ora bisogna ricorrere ad una mobilitazione più decisa, partendo proprio da loro e dagli amministratori provinciali tutti: dessero le loro dimissioni in blocco ed iniziassero con tutta la popolazione una protesta ad oltranza che neghi ciò che è stato fatto fino ad ora e permetta un nuovo inizio a quest’Irpinia da troppi anni illusa da falsi profeti nostrani, imbonitori da quattro soldi che da trent’anni promettono industria, sviluppo, lavoro ma che hanno dimostrato solo il loro fallimento. Speriamo che il treno irpino non serva a strappare noi dal nostro territorio, sostituendoci con sacchetti di immondizia. Il 25 aprile si celebrano due ricorrenze: una religiosa e l’altra laica, le festeggeremo entrambe con dovuta passione, saremo a Lapio nei pressi del Ponte Principe, uno dei posti più suggestivi della ferrovia Avellino-Rocchetta e successivamente saliremo sul monte del S.S. Salvatore a Montella, un modo diverso per stare insieme , per conoscere il nostro territorio e per riflettere su quanto sta, purtroppo, accadendo nella nostra Irpinia .
    Valentina Corvigno
    Pietro Mitrione
    InLoco_Motivi

  82. 85 pietro mitrione 26/04/2011 alle 4:16 PM

    Il 25 aprile rappresenta nella storia italiana una tappa fondamentale verso la strada della Libertà che stava ostruendosi nuovamente in seguito al regime fascista. La rivolta partigiana contro le truppe naziste e la “Repubblica Sociale Italiana”; Una rivolta popolare contro chi con le mani sporche di sangue voleva assoggettare la Giovane Italia. La giornata di ieri ha coinciso con la Pasquetta ed è stata questa giornata l’occasione per commemorare la storia e al tempo stesso, per “In Loco_Motivi” di Pietro Mitrione e compagni la giornata ideale per compiere un viaggio tra le terre irpine per promuovere il territorio e salvare la storica tratta ferroviaria dell’Avellino – Rocchetta Sant’Antonio. Un successo notevole che da la spinta ulteriore a muoversi verso le istituzioni e salvare una tratta che è un pezzo di storia irpina ma anche una occasione di rinnovare il turismo locale e portare questi paesi a una “ribalta” che dia loro una possibilità di conoscenza al di fuori delle proprie mura ma al tempo stesso un “soffio” di crescita, di sviluppo. Il treno può essere un volano che aiuti in questo.
    Ecco le parole di Pietro Mitrione: “Il nostro impegno per la riapertura della ferrovia Avellino-Rocchetta ci ha visto in giro per le bellezze paesaggistiche del territorio dei comuni di Lapio, Castelfranci e Bagnoli irpino, non dimenticando il significato civile della giornata del 25 aprile. Abbiamo ricordato, come ha fatto l’ANPI di Avellino, Giordano Cavestro («Mirko»), studente diciottenne di Parma, medaglia d’oro al valor militare, che nella lettera scritta appena prima di essere fucilato dai nazifascisti il 4 maggio 1944 volle dire: «Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care. La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio”.

  83. 86 pietro mitrione 28/04/2011 alle 9:10 PM

    Lettera aperta ai consiglieri provinciali di Avellino
    Chiudere i cancelli e dichiarare fallimento! Questo è quello che la provincia di Avellino dovrebbe fare o che il governo napolicentrista della regione vorrebbe che facessimo. Oggi è stata coperta l’ennesima casella del progetto di dismissione della nostra irpinia: la mancata localizzazione dell’Enoteca Regionale, prevista in Irpinia, terra delle famose DOCG, già dal voto del consiglio regionale e spudoratamente smentita da un Caldoro smanioso di promesse elettorali per i napoletani al voto. L’ennesima azione di offesa per la nostra terra avviene sotto gli occhi di un esterrefatto Sergio Nappi che, finalmente sveglio come dopo un sogno, scopre i soprusi regionali a danno della provincia avellinese. E non è, quest’ultima, la prima azione distruttiva della regione verso l’avellinese, in questa settimana post-resurrezione: Mercoledì 27 aprile, infatti, l’assessore regionale ai trasporti, dott. Sergio Vetrella, in un incontro con le associazioni dei pendolari, dichiara di non avere alcun interesse per la riapertura della ferrovia Avellino-Rocchetta, con funzione puramente turistica, smentendo se stesso clamorosamente rispetto ad altre dichiarazioni, non tanto lontane nel tempo, fatte alla presenza del sindaco barricadero Vincenzo Alaia, in un incontro, per noi anche abbastanza improprio, in cui, l’assessore regionale prometteva il suo impegno per la riapertura della tratta ferroviaria, almeno, a fini turistici entro il mese di maggio 2011. Mercoledì asserisce invece che non è suo interesse né, ancora di più, compito del suo assessorato interessarsi dell’uso turistico di questa tratta. Ma di cosa stiamo parlando? Di assessori che non sono in grado di comprendere i limiti delle proprie competenze o di assessori che non hanno competenze???
    L’elenco dei tagli aumenta, prima i trasporti, non dimentichiamo che l’Irpinia per ora è tagliata fuori anche dall’alta velocità/capacità con l’eliminazione della fermata ferroviaria di Ariano Irpino, poi gli ospedali, ora l’enoteca regionale, poi verrà l’immondizia. Il mefistofelico progetto di desertificazione provinciale da parte della Regione “Napoli” continua con l’avallo di assessori regionali votati nelle nostre stesse terre che stanno svendendo senza vergogna la loro stessa madre. Domani pomeriggio si riunisce il consiglio provinciale di Avellino fra i punti all’odg c’è anche uno, proposto dal consigliere Franco Russo, che riguarda il futuro della nostra ferrovia Avellino-Rocchetta. Qualcuno ha scritto: “Irpinia isolata”, parte la vertenza ferroviaria. Vorremmo tanto che fosse così perché la nostra provincia dal punto di vista ferroviario è di una arretratezza culturale profonda, basti pensare che Avellino è l’unico capoluogo della Campania a non essere collegato con Napoli. Altrove stanno decidendo di riaprire tratte ferroviarie chiuse decenni fa mentre da noi qualcuno, lontano dalle conoscenze della nostra provincia, vuole chiudere una tratta che opportunamente rivisitata può contribuire a migliorare la mobilità e la conoscenza paesaggistica delle zone interne. Speriamo in uno scatto di orgoglio da coloro che governandoci debbono attendere alle esigenze e alle speranze di una popolazione che ha dato loro il gravoso ma onorevole compito di guidare la provincia al miglioramento. Dai nostri amministratori provinciali ci aspettiamo un’azione forte di svolta, che riesca a traguardare i tempi stretti degli impegni elettorali mettendo da parte la fascinazione del recupero di qualche comune al voto nelle fila della propria compagine politica e che invece guardi all’Irpinia come un corpo unico che va trainato verso lo sviluppo attraverso progetti strategici che sostengano e sviluppino le potenzialità della nostra terra.
    Pietro Mitrione/valentina Corvigno
    Amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta

  84. 87 pietro mitrione 30/04/2011 alle 7:09 PM

    Si è svolto ieri 29 aprile il consiglio provinciale di Avellino che, su proposta del consigliere F. Russo, al 37° posto dell’odg aveva per argomento “determinazione circa la soppressione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta. Una discussione già prevista nel precedente Consiglio Provinciale ma rinviata per motivi legati alla tristemente famosa questione “munnezza”.Dopo un lungo pomeriggio incentrato per la maggior parte su nomine in enti e sull’approvazione del rendiconto 2010, si è finalmente argomentato della ferrovia.
    Per la verità la discussione sull’Avellino-Rocchetta è partita un po’ stancamente a causa della lungaggine dei precedenti argomenti trattati ma allorquando si è fatto riferimento al famoso progetto “la ferrovia del vino” finanziato con fondi POIN il livello dell’interesse è decisamente lievitato. Negli interventi svolti dai consiglieri De Simone, Lo Conte, Galgano, Moricola, Di Cecilia è stato evidenziato l’importanza di questa tratta ferroviaria e la necessità di salvaguardare un patrimonio ferroviario ben integrato nello scenario paesaggistico del nostro territorio irpino.
    In considerazione dell’ora tarda è stato ritenuto opportuno riaggiornare l’argomento al prossimo consiglio provinciale onde permettere una maggiore partecipazione di consiglieri e degli assessori alla discussione e alle decisioni da adottare, fra quelle proposte la convocazione dei sindaci interessati al progetto POIN e la costituzione di un gruppo di lavoro presso la commissione trasporti della Provincia di concerto con quanto si sta decidendo per la realizzazione del “patto per lo sviluppo”.
    A tutti i consiglieri provinciali, noi dell’associazione amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta, vogliamo ricordare che la ferrovia è chiusa dal 13 dicembre 2011, quasi 5 mesi, e non vorremmo che anche questi impegni fossero come gli stessi che in questi mesi abbiamo letto : belle parole e basta!! L’Amministrazione Provinciale di Avellino, per la delega che ha in materia di trasporto pubblico, ha il dovere di elaborare il piano provinciale dei trasporti e il potere di evitare la cancellazione della nostra ferrovia. Faccia in modo da non essere ricordata fra qualche decennio per quella che subì, inopinatamente e supinamente, l’eliminazione della storica ferrovia voluta da Francesco de Sanctis e Giustino Fortunato. Si dirà….. erano altri tempi ed altri politici!!!

  85. 88 pietro mitrione 07/05/2011 alle 3:49 PM

    La strategia sui trasporti di qui al 2050. Il nuovo libro Bianco della Commissione Europea per incrementare la mobilità e ridurre le emissioni. Della serie: “missione impossibile”

    Il 28 marzo 2011 la Commissione europea ha adottato il nuovo Libro bianco sui trasporti con una strategia di ampio respiro e dal lungo orizzonte temporale fino al 20501.

    Il nuovo Libro bianco arriva dieci anni dopo l’analogo del 20012 intitolato “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte” mentre quello adottato di recente già dal titolo indica una strategia assai più realistica, se pur con un orizzonte temporale al 2050 ed include tappe intermedie al 2020 ed al 2030. “Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile” – così è stato titolato il Libro bianco – nel tentativo davvero complesso di coniugare l’incremento della mobilità e la riduzione delle emissioni.

    Il volume è suddiviso in tre parti – analisi della situazione insostenibile, gli obiettivi e le sfide fondamentali da affrontare, la strategia e le regole per attuarle – ed un allegato che contiene un elenco di 40 iniziative da mettere in campo nei prossimi anni.

    L’analisi della situazione parte dalla considerazione che il settore dei trasporti in Europa impiega direttamente dieci milioni di persone e rappresenta il 5% circa del Pil, che per le imprese il costo del trasporto si aggira sul 10-15% del prodotto finito ed in media le famiglie spendono il 13,2% del proprio bilancio in beni e servizi di trasporto. I trasporti dipendono per 96% dal petrolio, il cui prezzo è stimato che nei prossimi decenni sia destinato a raddoppiare, la congestione costa all’Europa circa l’1% di PIL ogni anno, e le emissioni secondo i piani della UE dovranno ridursi dell’80-95% entro il 2050 rispetto ai dati del 1990.

    Anche i trasporti dovranno fare la loro parte ed il documento individua tre obiettivi per abbattere le emissioni che si dovranno ridurre del 60%: migliorare l’efficienza dei veicoli mediante l’uso di carburanti e sistemi di alimentazione sostenibili, ottimizzare le prestazioni della catena logistica multimodale e puntare sull’uso efficiente delle infrastrutture grazie ai sistemi di gestione informatizzata del traffico.

    Sono dieci gli obiettivi fondamentali indicati nel libro Bianco:

    Nelle città dimezzare entro il 2030 l’uso delle auto ad alimentazione convenzionale ed eliminarle del tutto entro il 2050. Conseguire nelle principali città sistemi di logistica urbana a zero emissioni di C02 entro il 2030.
    Nel trasporto aereo aumentare l’uso di carburanti a basse emissioni fino a raggiungere il 40% entro il 2050. Nel trasporto marittimo ridurre del 40-50% le emissioni di C02 derivate dagli oli combustibili entro il 2050.
    Il 30% del trasporto delle merci superiore a 300 km deve passare entro il 2030 verso ferrovia e trasporto via mare. Questa quota dovrebbe raggiungere il 50% entro il 2050.
    Entro il 2050 la maggior parte del trasporto di medie distanze dei passeggeri deve avvenire mediante ferrovia, di cui va completata la rete ad Alta Velocità a livello europeo
    Completare entro il 2030 la retri infrastrutturali TEN-T
    Collegare tra di loro le reti ferroviarie, aeroportuali, marittime e fluviali
    Completare il sistema unico di gestione del traffico aereo (Sesar) e lo spazio aereo unico europeo entro il 2020. Applicare sistemi di gestione del traffico al trasporto terreste e marittimo nonché il sistema di globale di navigazione satellitare (Galileo)
    Definire entro il 2020 un quadro per un sistema europeo di informazione, gestione e pagamento nel settore dei trasporti multimodali.
    Per la sicurezza stradale entro il 2020 dimezzare gli incidenti ed entro il 2050 avvicinarsi all’obiettivo “zero vittime”. Aumentare la sicurezza in tutti i modi di trasporto nella UE.
    Arrivare alla piena applicazione dei principi “chi usa paga” e “chi inquina paga” facendo in modo di eliminare le distorsioni ed i sussidi dannosi e generando entrate e finanziamenti per investimenti nei trasporti.

    Buoni obiettivi in parte già contenuti nel libro Bianco del 2001, da raggiungere mediante strategie e regole che puntano al mercato unico europeo dei trasporti, alla concorrenza, all’innovazione tecnologica ed alla ricerca, alla tariffazione delle infrastrutture e dei sistemi urbani, alla sostenibilità ed a forme innovative di mobilità, alla realizzazione delle reti TEN-T: parole chiave di una strategia ambiziosa e lungimirante di azione ed intervento.

    Il nuovo documento è anche lo specchio dei successi ed insuccessi del libro bianco del 2001 e tiene conto delle azioni e dei piani di questi anni: dal piano di riduzione europeo 20-20-20 delle emissioni di C 02, del piano di azione UE per i veicoli puliti e l’auto elettrica del 2010, dalle difficoltà economiche e procedurali peri realizzare il piano delle reti TEN-T, alla nuova direttiva sui sistemi di trasporto intelligenti che dovrà essere attuata entro il 2012 dai paesi membri, dei significativi obiettivi ottenuti in ambito europeo per la riduzione di morti e feriti sulle strade.

    Non mancano nemmeno debolezze e criticità nel Libro bianco. A partire dalla scarsa considerazione per i problemi del trasporto urbano ( oltre due terzi della mobilità) dove viene confermata la necessità del potenziamento del trasporto collettivo, della bicicletta e delle aree pedonali, ma si affida un ruolo chiave all’auto pulita, tralasciando i problemi di congestione, di uso dello spazio urbano e di pianificazione territoriale.

    Ed anche per l’auto “pulita” da estendere su vasta scala in ambito urbano, si punta alla ricerca ed innovazione tecnologica, ammettendo che questo obiettivo è ancora molto lontano dalla sua soluzione e per i carburanti alternativi si ammette che “ non si potrà fare affidamento su di una sola soluzione tecnologica”. Nel Libro bianco non vengono mai richiamate specifiche tecnologie di alimentazione delle vetture mentre solo nei documenti di lavoro preparatori si trovano diversi riferimenti ad elettricità, idrogeno e biocarburanti, mentre come soluzione ponte da usare insieme al petrolio si richiamano metano, gpl e carburanti sintetici.

    In questo senso il documento resta debole perché assegna un ruolo chiave per la riduzione delle emissioni all’auto “pulita” ma senza – ed onestamente- intravedere delle soluzioni operative in tempi ravvicinati e pur in presenza del piano europeo di sostegno all’auto pulita ed elettrica del 2010.

    Un’altra criticità è rappresentata dalle reti TEN che anche in questo documento costituiscono un pezzo essenziale della strategia, che assomiglia al ruolo chiave che anche in Italia è stato assegnato dalla politica alle grandi opere strategiche della legge obiettivo, senza una efficace selezione e dai costi pubblici insostenibili.

    Il Libro bianco 2011 quantifica in 550 miliardi di euro il fabbisogno europeo di risorse fino al 2020 per il completamento delle reti TEN-T ed arriva a 1500 miliardi di euro che servirebbero entro il 2030 per sviluppare le infrastrutture di trasporto adeguate alla domanda di mobilità. Risorse pubbliche e private che non sono in alcun modo disponibili e che rendono questi obiettivi evanescenti e quindi in parte inadeguati rispetto agli obiettivi ambiziosi della Commissione europea nel campo dei trasporti.

    Infine un altro punto debole è rappresentato dall’applicazione dei validi principi “chi usa paga” e “chi inquina paga” che in questo decennio hanno trovato ostilità pesanti da parte del mondo delle imprese e delle lobby a livello europeo.

    L’internalizzazione dei costi esterni negativi nei trasporti, che doveva trovare regole comuni da applicare in tutti i stati membri ( anche per evitare distorsioni della concorrenza) è divenuta una metodologia che può ( e non deve) essere applicata a discrezione dei singoli paesi membri; l’eurobollo, la tariffazione del trasporto merci a livello europeo per attuare il principio “chi inquina paga”, è divenuta una misura debole e non obbligatoria.

    Allo stesso modo pedaggi e tariffe sia delle infrastrutture che in ambito urbano sono divenute raccomandazioni e di sicuro si scontrano con la difficoltà di sistemi assai differenziati tra i diversi paesi membri – basti pensare al sistema dei pedaggi autostradali legati alle concessionarie italiane, basato su contratti che a volte scadono fra trenta anni – avendoli legati agli investimenti infrastrutturali. Il nuovo Libro bianco ribadisce l’importanza di questi strumenti di regolazione per gli anni a venire ma è facile prevedere che le difficoltà saranno persistenti.

    Una grande enfasi è dedicata al mercato unico europeo dei trasporti sia nel settore aereo – da completare – e sia nel sistema ferroviario, predisponendo un terzo pacchetto di direttive che rafforzi regole comuni sia per alimentare la concorrenza ( anche nel trasporto passeggeri interno delle ferrovie), con la separazione strutturale ( e quindi non solo contabile e societaria) tra proprietario delle reti e chi fa il servizi di trasporto, con il potenziamento dell’Agenzia europea di regolazione.

    L’obiettivo è quello di promuovere un mercato comune del trasporto ferroviario, superando le attuali barriere e vincoli tecnologici che impediscono l’interoperabilità, puntando ad una concorrenza effettiva nei servizi a livello europeo. Obiettivo già in passato posto a livello europeo ma poi che ha rallentato la sua corsa e che ora ritorna tra le priorità europee. Restano da vedere gli strumenti operativi che verranno adottati per davvero dalla Ue in un settore che anche in italia in questo momento vive un dibattito complesso e non privo di polemiche, ora che sono arrivati per davvero nuovi operatori ferroviari nel mercato italiano.

    Esiste una differenza fondamentale con il Libro bianco del 2001, che puntava al riequilibrio modale verso modalità a basso impatto ambientale come ferrovia e cabotaggio ed alla necessità di una strategia per “ il progressivo sganciamento della crescita economica dalla crescita dei trasporti”. Obiettivo quest’ultimo a cui il nuovo libro Bianco 2011 rinuncia completamente ed apertamente come ha dichiarato il vicepresidente Siim Kallas responsabile per i Trasporti, che nel presentarlo ha dichiarato che “Ridurre la mobilità non è un’opzione, ne lo è mantenere lo status quo. Possiamo interrompere la dipendenza del sistema dei trasporti dal petrolio senza sacrificare l’efficienza e compromettere la mobilità. Possiamo guadagnare su tutti i fronti”.

    Parole di speranza e giusta esortazione che non trovano però riscontri concreti sulle modalità con cui questi due obiettivi ambiziosi possono davvero essere raggiunti secondo le indicazioni del Libro bianco. Mentre l’esperienza concreta di questo decennio ci ha dimostrato che ogni positivo incremento di efficienza dei veicoli, in particolare delle automobili e dei veicoli stradali, è stato divorato dall’aumento della potenza e dell’aumento dei chilometri percorsi, producendo alla fine un incremento significativo delle emissioni di C02, passati dal 23% al 28% nel settore dei trasporti e quindi fallendo ogni obiettivo di riduzione fissato dal protocollo di Kyoto del 6,5% rispetto ai dati del 1990.

    Del resto è lo stesso Libro bianco trasporti 2050 (nei documenti preparatori) che prevede che tendenzialmente il trasporto merci crescerà del 40% dal 2005 al 2030 e di poco più dell’80% entro il 2050. Il traffico passeggeri dovrebbe invece registrare un aumento leggermente inferiore: del 34% entro il 2030 e del 51% entro il 2050.

    Sarebbe opportuno non rinunciare completamente al raffreddamento della crescita della domanda di mobilità – che non equivale a “ridurre la mobilità” – ma semplicemente per il futuro aumentare l’efficienza complessiva del sistema, eliminare i viaggi a vuoto nel trasporto merci, progettare e riqualificare le città avvicinando le diverse funzioni per non essere “condannati alla mobilità”, promuovere i consumi a chilometro zero nel settore alimentare, sostenere tutte le tecnologie e le procedure telematiche che riducono la domanda fisica di trasporto merci e passeggeri.

    Difficile insomma credere che sia possibile – con le conoscenze e le tecnologie di oggi – aumentare la mobilità riducendo in modo significativo le emissioni e la congestione.

    Il dibattito è aperto ed adesso non resta che aspettare il confronto pubblico e l’approvazione da parte del parlamento europeo e del Consiglio del nuovo Libro bianco sui trasporti 2050.

    La strategia sui trasporti di qui al 2050. Il nuovo libro Bianco della Commissione Europea per incrementare la mobilità e ridurre le emissioni. Della serie: “missione impossibile”

    Il 28 marzo 2011 la Commissione europea ha adottato il nuovo Libro bianco sui trasporti con una strategia di ampio respiro e dal lungo orizzonte temporale fino al 20501.

    Il nuovo Libro bianco arriva dieci anni dopo l’analogo del 20012 intitolato “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte” mentre quello adottato di recente già dal titolo indica una strategia assai più realistica, se pur con un orizzonte temporale al 2050 ed include tappe intermedie al 2020 ed al 2030. “Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile” – così è stato titolato il Libro bianco – nel tentativo davvero complesso di coniugare l’incremento della mobilità e la riduzione delle emissioni.

    Il volume è suddiviso in tre parti – analisi della situazione insostenibile, gli obiettivi e le sfide fondamentali da affrontare, la strategia e le regole per attuarle – ed un allegato che contiene un elenco di 40 iniziative da mettere in campo nei prossimi anni.

    L’analisi della situazione parte dalla considerazione che il settore dei trasporti in Europa impiega direttamente dieci milioni di persone e rappresenta il 5% circa del Pil, che per le imprese il costo del trasporto si aggira sul 10-15% del prodotto finito ed in media le famiglie spendono il 13,2% del proprio bilancio in beni e servizi di trasporto. I trasporti dipendono per 96% dal petrolio, il cui prezzo è stimato che nei prossimi decenni sia destinato a raddoppiare, la congestione costa all’Europa circa l’1% di PIL ogni anno, e le emissioni secondo i piani della UE dovranno ridursi dell’80-95% entro il 2050 rispetto ai dati del 1990.

    Anche i trasporti dovranno fare la loro parte ed il documento individua tre obiettivi per abbattere le emissioni che si dovranno ridurre del 60%: migliorare l’efficienza dei veicoli mediante l’uso di carburanti e sistemi di alimentazione sostenibili, ottimizzare le prestazioni della catena logistica multimodale e puntare sull’uso efficiente delle infrastrutture grazie ai sistemi di gestione informatizzata del traffico.

    Sono dieci gli obiettivi fondamentali indicati nel libro Bianco:

    Nelle città dimezzare entro il 2030 l’uso delle auto ad alimentazione convenzionale ed eliminarle del tutto entro il 2050. Conseguire nelle principali città sistemi di logistica urbana a zero emissioni di C02 entro il 2030.
    Nel trasporto aereo aumentare l’uso di carburanti a basse emissioni fino a raggiungere il 40% entro il 2050. Nel trasporto marittimo ridurre del 40-50% le emissioni di C02 derivate dagli oli combustibili entro il 2050.
    Il 30% del trasporto delle merci superiore a 300 km deve passare entro il 2030 verso ferrovia e trasporto via mare. Questa quota dovrebbe raggiungere il 50% entro il 2050.
    Entro il 2050 la maggior parte del trasporto di medie distanze dei passeggeri deve avvenire mediante ferrovia, di cui va completata la rete ad Alta Velocità a livello europeo
    Completare entro il 2030 la retri infrastrutturali TEN-T
    Collegare tra di loro le reti ferroviarie, aeroportuali, marittime e fluviali
    Completare il sistema unico di gestione del traffico aereo (Sesar) e lo spazio aereo unico europeo entro il 2020. Applicare sistemi di gestione del traffico al trasporto terreste e marittimo nonché il sistema di globale di navigazione satellitare (Galileo)
    Definire entro il 2020 un quadro per un sistema europeo di informazione, gestione e pagamento nel settore dei trasporti multimodali.
    Per la sicurezza stradale entro il 2020 dimezzare gli incidenti ed entro il 2050 avvicinarsi all’obiettivo “zero vittime”. Aumentare la sicurezza in tutti i modi di trasporto nella UE.
    Arrivare alla piena applicazione dei principi “chi usa paga” e “chi inquina paga” facendo in modo di eliminare le distorsioni ed i sussidi dannosi e generando entrate e finanziamenti per investimenti nei trasporti.

    Buoni obiettivi in parte già contenuti nel libro Bianco del 2001, da raggiungere mediante strategie e regole che puntano al mercato unico europeo dei trasporti, alla concorrenza, all’innovazione tecnologica ed alla ricerca, alla tariffazione delle infrastrutture e dei sistemi urbani, alla sostenibilità ed a forme innovative di mobilità, alla realizzazione delle reti TEN-T: parole chiave di una strategia ambiziosa e lungimirante di azione ed intervento.

    Il nuovo documento è anche lo specchio dei successi ed insuccessi del libro bianco del 2001 e tiene conto delle azioni e dei piani di questi anni: dal piano di riduzione europeo 20-20-20 delle emissioni di C 02, del piano di azione UE per i veicoli puliti e l’auto elettrica del 2010, dalle difficoltà economiche e procedurali peri realizzare il piano delle reti TEN-T, alla nuova direttiva sui sistemi di trasporto intelligenti che dovrà essere attuata entro il 2012 dai paesi membri, dei significativi obiettivi ottenuti in ambito europeo per la riduzione di morti e feriti sulle strade.

    Non mancano nemmeno debolezze e criticità nel Libro bianco. A partire dalla scarsa considerazione per i problemi del trasporto urbano ( oltre due terzi della mobilità) dove viene confermata la necessità del potenziamento del trasporto collettivo, della bicicletta e delle aree pedonali, ma si affida un ruolo chiave all’auto pulita, tralasciando i problemi di congestione, di uso dello spazio urbano e di pianificazione territoriale.

    Ed anche per l’auto “pulita” da estendere su vasta scala in ambito urbano, si punta alla ricerca ed innovazione tecnologica, ammettendo che questo obiettivo è ancora molto lontano dalla sua soluzione e per i carburanti alternativi si ammette che “ non si potrà fare affidamento su di una sola soluzione tecnologica”. Nel Libro bianco non vengono mai richiamate specifiche tecnologie di alimentazione delle vetture mentre solo nei documenti di lavoro preparatori si trovano diversi riferimenti ad elettricità, idrogeno e biocarburanti, mentre come soluzione ponte da usare insieme al petrolio si richiamano metano, gpl e carburanti sintetici.

    In questo senso il documento resta debole perché assegna un ruolo chiave per la riduzione delle emissioni all’auto “pulita” ma senza – ed onestamente- intravedere delle soluzioni operative in tempi ravvicinati e pur in presenza del piano europeo di sostegno all’auto pulita ed elettrica del 2010.

    Un’altra criticità è rappresentata dalle reti TEN che anche in questo documento costituiscono un pezzo essenziale della strategia, che assomiglia al ruolo chiave che anche in Italia è stato assegnato dalla politica alle grandi opere strategiche della legge obiettivo, senza una efficace selezione e dai costi pubblici insostenibili.

    Il Libro bianco 2011 quantifica in 550 miliardi di euro il fabbisogno europeo di risorse fino al 2020 per il completamento delle reti TEN-T ed arriva a 1500 miliardi di euro che servirebbero entro il 2030 per sviluppare le infrastrutture di trasporto adeguate alla domanda di mobilità. Risorse pubbliche e private che non sono in alcun modo disponibili e che rendono questi obiettivi evanescenti e quindi in parte inadeguati rispetto agli obiettivi ambiziosi della Commissione europea nel campo dei trasporti.

    Infine un altro punto debole è rappresentato dall’applicazione dei validi principi “chi usa paga” e “chi inquina paga” che in questo decennio hanno trovato ostilità pesanti da parte del mondo delle imprese e delle lobby a livello europeo.

    L’internalizzazione dei costi esterni negativi nei trasporti, che doveva trovare regole comuni da applicare in tutti i stati membri ( anche per evitare distorsioni della concorrenza) è divenuta una metodologia che può ( e non deve) essere applicata a discrezione dei singoli paesi membri; l’eurobollo, la tariffazione del trasporto merci a livello europeo per attuare il principio “chi inquina paga”, è divenuta una misura debole e non obbligatoria.

    Allo stesso modo pedaggi e tariffe sia delle infrastrutture che in ambito urbano sono divenute raccomandazioni e di sicuro si scontrano con la difficoltà di sistemi assai differenziati tra i diversi paesi membri – basti pensare al sistema dei pedaggi autostradali legati alle concessionarie italiane, basato su contratti che a volte scadono fra trenta anni – avendoli legati agli investimenti infrastrutturali. Il nuovo Libro bianco ribadisce l’importanza di questi strumenti di regolazione per gli anni a venire ma è facile prevedere che le difficoltà saranno persistenti.

    Una grande enfasi è dedicata al mercato unico europeo dei trasporti sia nel settore aereo – da completare – e sia nel sistema ferroviario, predisponendo un terzo pacchetto di direttive che rafforzi regole comuni sia per alimentare la concorrenza ( anche nel trasporto passeggeri interno delle ferrovie), con la separazione strutturale ( e quindi non solo contabile e societaria) tra proprietario delle reti e chi fa il servizi di trasporto, con il potenziamento dell’Agenzia europea di regolazione.

    L’obiettivo è quello di promuovere un mercato comune del trasporto ferroviario, superando le attuali barriere e vincoli tecnologici che impediscono l’interoperabilità, puntando ad una concorrenza effettiva nei servizi a livello europeo. Obiettivo già in passato posto a livello europeo ma poi che ha rallentato la sua corsa e che ora ritorna tra le priorità europee. Restano da vedere gli strumenti operativi che verranno adottati per davvero dalla Ue in un settore che anche in italia in questo momento vive un dibattito complesso e non privo di polemiche, ora che sono arrivati per davvero nuovi operatori ferroviari nel mercato italiano.

    Esiste una differenza fondamentale con il Libro bianco del 2001, che puntava al riequilibrio modale verso modalità a basso impatto ambientale come ferrovia e cabotaggio ed alla necessità di una strategia per “ il progressivo sganciamento della crescita economica dalla crescita dei trasporti”. Obiettivo quest’ultimo a cui il nuovo libro Bianco 2011 rinuncia completamente ed apertamente come ha dichiarato il vicepresidente Siim Kallas responsabile per i Trasporti, che nel presentarlo ha dichiarato che “Ridurre la mobilità non è un’opzione, ne lo è mantenere lo status quo. Possiamo interrompere la dipendenza del sistema dei trasporti dal petrolio senza sacrificare l’efficienza e compromettere la mobilità. Possiamo guadagnare su tutti i fronti”.

    Parole di speranza e giusta esortazione che non trovano però riscontri concreti sulle modalità con cui questi due obiettivi ambiziosi possono davvero essere raggiunti secondo le indicazioni del Libro bianco. Mentre l’esperienza concreta di questo decennio ci ha dimostrato che ogni positivo incremento di efficienza dei veicoli, in particolare delle automobili e dei veicoli stradali, è stato divorato dall’aumento della potenza e dell’aumento dei chilometri percorsi, producendo alla fine un incremento significativo delle emissioni di C02, passati dal 23% al 28% nel settore dei trasporti e quindi fallendo ogni obiettivo di riduzione fissato dal protocollo di Kyoto del 6,5% rispetto ai dati del 1990.

    Del resto è lo stesso Libro bianco trasporti 2050 (nei documenti preparatori) che prevede che tendenzialmente il trasporto merci crescerà del 40% dal 2005 al 2030 e di poco più dell’80% entro il 2050. Il traffico passeggeri dovrebbe invece registrare un aumento leggermente inferiore: del 34% entro il 2030 e del 51% entro il 2050.

    Sarebbe opportuno non rinunciare completamente al raffreddamento della crescita della domanda di mobilità – che non equivale a “ridurre la mobilità” – ma semplicemente per il futuro aumentare l’efficienza complessiva del sistema, eliminare i viaggi a vuoto nel trasporto merci, progettare e riqualificare le città avvicinando le diverse funzioni per non essere “condannati alla mobilità”, promuovere i consumi a chilometro zero nel settore alimentare, sostenere tutte le tecnologie e le procedure telematiche che riducono la domanda fisica di trasporto merci e passeggeri.

    Difficile insomma credere che sia possibile – con le conoscenze e le tecnologie di oggi – aumentare la mobilità riducendo in modo significativo le emissioni e la congestione.

    Il dibattito è aperto ed adesso non resta che aspettare il confronto pubblico e l’approvazione da parte del parlamento europeo e del Consiglio del nuovo Libro bianco sui trasporti 2050.

    La strategia sui trasporti di qui al 2050. Il nuovo libro Bianco della Commissione Europea per incrementare la mobilità e ridurre le emissioni. Della serie: “missione impossibile”

    Il 28 marzo 2011 la Commissione europea ha adottato il nuovo Libro bianco sui trasporti con una strategia di ampio respiro e dal lungo orizzonte temporale fino al 20501.

    Il nuovo Libro bianco arriva dieci anni dopo l’analogo del 20012 intitolato “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte” mentre quello adottato di recente già dal titolo indica una strategia assai più realistica, se pur con un orizzonte temporale al 2050 ed include tappe intermedie al 2020 ed al 2030. “Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile” – così è stato titolato il Libro bianco – nel tentativo davvero complesso di coniugare l’incremento della mobilità e la riduzione delle emissioni.

    Il volume è suddiviso in tre parti – analisi della situazione insostenibile, gli obiettivi e le sfide fondamentali da affrontare, la strategia e le regole per attuarle – ed un allegato che contiene un elenco di 40 iniziative da mettere in campo nei prossimi anni.

    L’analisi della situazione parte dalla considerazione che il settore dei trasporti in Europa impiega direttamente dieci milioni di persone e rappresenta il 5% circa del Pil, che per le imprese il costo del trasporto si aggira sul 10-15% del prodotto finito ed in media le famiglie spendono il 13,2% del proprio bilancio in beni e servizi di trasporto. I trasporti dipendono per 96% dal petrolio, il cui prezzo è stimato che nei prossimi decenni sia destinato a raddoppiare, la congestione costa all’Europa circa l’1% di PIL ogni anno, e le emissioni secondo i piani della UE dovranno ridursi dell’80-95% entro il 2050 rispetto ai dati del 1990.

    Anche i trasporti dovranno fare la loro parte ed il documento individua tre obiettivi per abbattere le emissioni che si dovranno ridurre del 60%: migliorare l’efficienza dei veicoli mediante l’uso di carburanti e sistemi di alimentazione sostenibili, ottimizzare le prestazioni della catena logistica multimodale e puntare sull’uso efficiente delle infrastrutture grazie ai sistemi di gestione informatizzata del traffico.

    Sono dieci gli obiettivi fondamentali indicati nel libro Bianco:

    Nelle città dimezzare entro il 2030 l’uso delle auto ad alimentazione convenzionale ed eliminarle del tutto entro il 2050. Conseguire nelle principali città sistemi di logistica urbana a zero emissioni di C02 entro il 2030.
    Nel trasporto aereo aumentare l’uso di carburanti a basse emissioni fino a raggiungere il 40% entro il 2050. Nel trasporto marittimo ridurre del 40-50% le emissioni di C02 derivate dagli oli combustibili entro il 2050.
    Il 30% del trasporto delle merci superiore a 300 km deve passare entro il 2030 verso ferrovia e trasporto via mare. Questa quota dovrebbe raggiungere il 50% entro il 2050.
    Entro il 2050 la maggior parte del trasporto di medie distanze dei passeggeri deve avvenire mediante ferrovia, di cui va completata la rete ad Alta Velocità a livello europeo
    Completare entro il 2030 la retri infrastrutturali TEN-T
    Collegare tra di loro le reti ferroviarie, aeroportuali, marittime e fluviali
    Completare il sistema unico di gestione del traffico aereo (Sesar) e lo spazio aereo unico europeo entro il 2020. Applicare sistemi di gestione del traffico al trasporto terreste e marittimo nonché il sistema di globale di navigazione satellitare (Galileo)
    Definire entro il 2020 un quadro per un sistema europeo di informazione, gestione e pagamento nel settore dei trasporti multimodali.
    Per la sicurezza stradale entro il 2020 dimezzare gli incidenti ed entro il 2050 avvicinarsi all’obiettivo “zero vittime”. Aumentare la sicurezza in tutti i modi di trasporto nella UE.
    Arrivare alla piena applicazione dei principi “chi usa paga” e “chi inquina paga” facendo in modo di eliminare le distorsioni ed i sussidi dannosi e generando entrate e finanziamenti per investimenti nei trasporti.

    Buoni obiettivi in parte già contenuti nel libro Bianco del 2001, da raggiungere mediante strategie e regole che puntano al mercato unico europeo dei trasporti, alla concorrenza, all’innovazione tecnologica ed alla ricerca, alla tariffazione delle infrastrutture e dei sistemi urbani, alla sostenibilità ed a forme innovative di mobilità, alla realizzazione delle reti TEN-T: parole chiave di una strategia ambiziosa e lungimirante di azione ed intervento.

    Il nuovo documento è anche lo specchio dei successi ed insuccessi del libro bianco del 2001 e tiene conto delle azioni e dei piani di questi anni: dal piano di riduzione europeo 20-20-20 delle emissioni di C 02, del piano di azione UE per i veicoli puliti e l’auto elettrica del 2010, dalle difficoltà economiche e procedurali peri realizzare il piano delle reti TEN-T, alla nuova direttiva sui sistemi di trasporto intelligenti che dovrà essere attuata entro il 2012 dai paesi membri, dei significativi obiettivi ottenuti in ambito europeo per la riduzione di morti e feriti sulle strade.

    Non mancano nemmeno debolezze e criticità nel Libro bianco. A partire dalla scarsa considerazione per i problemi del trasporto urbano ( oltre due terzi della mobilità) dove viene confermata la necessità del potenziamento del trasporto collettivo, della bicicletta e delle aree pedonali, ma si affida un ruolo chiave all’auto pulita, tralasciando i problemi di congestione, di uso dello spazio urbano e di pianificazione territoriale.

    Ed anche per l’auto “pulita” da estendere su vasta scala in ambito urbano, si punta alla ricerca ed innovazione tecnologica, ammettendo che questo obiettivo è ancora molto lontano dalla sua soluzione e per i carburanti alternativi si ammette che “ non si potrà fare affidamento su di una sola soluzione tecnologica”. Nel Libro bianco non vengono mai richiamate specifiche tecnologie di alimentazione delle vetture mentre solo nei documenti di lavoro preparatori si trovano diversi riferimenti ad elettricità, idrogeno e biocarburanti, mentre come soluzione ponte da usare insieme al petrolio si richiamano metano, gpl e carburanti sintetici.

    In questo senso il documento resta debole perché assegna un ruolo chiave per la riduzione delle emissioni all’auto “pulita” ma senza – ed onestamente- intravedere delle soluzioni operative in tempi ravvicinati e pur in presenza del piano europeo di sostegno all’auto pulita ed elettrica del 2010.

    Un’altra criticità è rappresentata dalle reti TEN che anche in questo documento costituiscono un pezzo essenziale della strategia, che assomiglia al ruolo chiave che anche in Italia è stato assegnato dalla politica alle grandi opere strategiche della legge obiettivo, senza una efficace selezione e dai costi pubblici insostenibili.

    Il Libro bianco 2011 quantifica in 550 miliardi di euro il fabbisogno europeo di risorse fino al 2020 per il completamento delle reti TEN-T ed arriva a 1500 miliardi di euro che servirebbero entro il 2030 per sviluppare le infrastrutture di trasporto adeguate alla domanda di mobilità. Risorse pubbliche e private che non sono in alcun modo disponibili e che rendono questi obiettivi evanescenti e quindi in parte inadeguati rispetto agli obiettivi ambiziosi della Commissione europea nel campo dei trasporti.

    Infine un altro punto debole è rappresentato dall’applicazione dei validi principi “chi usa paga” e “chi inquina paga” che in questo decennio hanno trovato ostilità pesanti da parte del mondo delle imprese e delle lobby a livello europeo.

    L’internalizzazione dei costi esterni negativi nei trasporti, che doveva trovare regole comuni da applicare in tutti i stati membri ( anche per evitare distorsioni della concorrenza) è divenuta una metodologia che può ( e non deve) essere applicata a discrezione dei singoli paesi membri; l’eurobollo, la tariffazione del trasporto merci a livello europeo per attuare il principio “chi inquina paga”, è divenuta una misura debole e non obbligatoria.

    Allo stesso modo pedaggi e tariffe sia delle infrastrutture che in ambito urbano sono divenute raccomandazioni e di sicuro si scontrano con la difficoltà di sistemi assai differenziati tra i diversi paesi membri – basti pensare al sistema dei pedaggi autostradali legati alle concessionarie italiane, basato su contratti che a volte scadono fra trenta anni – avendoli legati agli investimenti infrastrutturali. Il nuovo Libro bianco ribadisce l’importanza di questi strumenti di regolazione per gli anni a venire ma è facile prevedere che le difficoltà saranno persistenti.

    Una grande enfasi è dedicata al mercato unico europeo dei trasporti sia nel settore aereo – da completare – e sia nel sistema ferroviario, predisponendo un terzo pacchetto di direttive che rafforzi regole comuni sia per alimentare la concorrenza ( anche nel trasporto passeggeri interno delle ferrovie), con la separazione strutturale ( e quindi non solo contabile e societaria) tra proprietario delle reti e chi fa il servizi di trasporto, con il potenziamento dell’Agenzia europea di regolazione.

    L’obiettivo è quello di promuovere un mercato comune del trasporto ferroviario, superando le attuali barriere e vincoli tecnologici che impediscono l’interoperabilità, puntando ad una concorrenza effettiva nei servizi a livello europeo. Obiettivo già in passato posto a livello europeo ma poi che ha rallentato la sua corsa e che ora ritorna tra le priorità europee. Restano da vedere gli strumenti operativi che verranno adottati per davvero dalla Ue in un settore che anche in italia in questo momento vive un dibattito complesso e non privo di polemiche, ora che sono arrivati per davvero nuovi operatori ferroviari nel mercato italiano.

    Esiste una differenza fondamentale con il Libro bianco del 2001, che puntava al riequilibrio modale verso modalità a basso impatto ambientale come ferrovia e cabotaggio ed alla necessità di una strategia per “ il progressivo sganciamento della crescita economica dalla crescita dei trasporti”. Obiettivo quest’ultimo a cui il nuovo libro Bianco 2011 rinuncia completamente ed apertamente come ha dichiarato il vicepresidente Siim Kallas responsabile per i Trasporti, che nel presentarlo ha dichiarato che “Ridurre la mobilità non è un’opzione, ne lo è mantenere lo status quo. Possiamo interrompere la dipendenza del sistema dei trasporti dal petrolio senza sacrificare l’efficienza e compromettere la mobilità. Possiamo guadagnare su tutti i fronti”.

    Parole di speranza e giusta esortazione che non trovano però riscontri concreti sulle modalità con cui questi due obiettivi ambiziosi possono davvero essere raggiunti secondo le indicazioni del Libro bianco. Mentre l’esperienza concreta di questo decennio ci ha dimostrato che ogni positivo incremento di efficienza dei veicoli, in particolare delle automobili e dei veicoli stradali, è stato divorato dall’aumento della potenza e dell’aumento dei chilometri percorsi, producendo alla fine un incremento significativo delle emissioni di C02, passati dal 23% al 28% nel settore dei trasporti e quindi fallendo ogni obiettivo di riduzione fissato dal protocollo di Kyoto del 6,5% rispetto ai dati del 1990.

    Del resto è lo stesso Libro bianco trasporti 2050 (nei documenti preparatori) che prevede che tendenzialmente il trasporto merci crescerà del 40% dal 2005 al 2030 e di poco più dell’80% entro il 2050. Il traffico passeggeri dovrebbe invece registrare un aumento leggermente inferiore: del 34% entro il 2030 e del 51% entro il 2050.

    Sarebbe opportuno non rinunciare completamente al raffreddamento della crescita della domanda di mobilità – che non equivale a “ridurre la mobilità” – ma semplicemente per il futuro aumentare l’efficienza complessiva del sistema, eliminare i viaggi a vuoto nel trasporto merci, progettare e riqualificare le città avvicinando le diverse funzioni per non essere “condannati alla mobilità”, promuovere i consumi a chilometro zero nel settore alimentare, sostenere tutte le tecnologie e le procedure telematiche che riducono la domanda fisica di trasporto merci e passeggeri.

    Difficile insomma credere che sia possibile – con le conoscenze e le tecnologie di oggi – aumentare la mobilità riducendo in modo significativo le emissioni e la congestione.

    Il dibattito è aperto ed adesso non resta che aspettare il confronto pubblico e l’approvazione da parte del parlamento europeo e del Consiglio del nuovo Libro bianco sui trasporti 2050.
    Intervento di A. Donati sul nuovo libro bianco della Commissione Europea “Trasporti 2050
    La riproduzione di quest’articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: http://www.sbilanciamoci.info

  86. 89 pietro mitrione 10/05/2011 alle 8:50 am

    Presentato il project work dell’Università degli Studi del Sannio
    “New media e social network per la promozione del turismo in Campania”
    Attrarre i turisti in Campania offrendo una serie di informazioni sulle mete da scegliere, le strutture alberghiere, le bellezze ambientali, le mostre, i musei gli itinerari culturali, gli eventi in programma, le specialità enogastronomiche, i prodotti dell’artigianato. Ma soprattutto interagendo con gli utenti, raccogliendone i suggerimenti e le richieste, con l’obiettivo di comprendere le aspettative e incrementare così un settore che rappresenta una delle voci principali della nostra economia. E’ il filo rosso che accomuna i cinque Project work realizzati dagli studenti di cinque atenei della regione (la Seconda Università di Napoli, la Federico II, la Parthenope, e le Università di Salerno e del Sannio) illustrati oggi nell’ambito del workshop “New media e social network per la promozione del turismi in Campania”.

    Ad illustrare i risultati del lavoro dei gruppi di studio – che hanno realizzato siti web e blog, ciascuno con un indirizzo specifico – sono stati oggi gli stessi studenti nel corso di un incontro presso la sede dell’assessorato regionale al Turismo e ai Beni culturali. Una iniziativa alla quale hanno partecipato i docenti che hanno coordinato i progetti (u professori Raffaele Cercola, Stefano Consiglio, Michele Simoni, Valentina Della Corte, Mauro Sciarelli, Vittoria Marino e Maria Rosaria Napolitano) e l’assessore al Turismo Giuseppe De Mita, che ha promosso la collaborazione con gli atenei campani finalizzata a sviluppare un settore che, a dispetto delle tante emergenze (in primis quella dei rifiuti), ha fatto registrare importanti (e imprevisti) risultati in occasione delle ultime festività pasquali. De Mita ha espresso un giudizio “straordinariamente positivo” sui lavori svolti. L’assessore ha evidenziato quello che, a suo giudizio, costituisce il dato più rilevante dei progetti, ovvero il fatto che l’attenzione degli studenti si è concentrata non tanto sull’offerta quanto sulla domanda, “investigando” gli utenti, nel tentativo di cogliere le loro aspettative, capire i gusti e le preferenze, per indirizzarli su determinati itinerari. Una ricerca che non perde di vista il cosiddetto “turista a chilometri zero”, cioé colui che non si sposta di troppo dalla sua regione e dalla sua provincia e al quale offrire proposte culturali o di svago. Campania Night Fun (dedicato a chi ama la vita notturna), Tag Campania (che spazia dalle indicazioni sul patrimonio artistico all’enogastromia), Campania che ti passa (che guarda anche al turista “a chilometri zero”, Campartshop (incentrato sui luoghi dell’artigianato e dello shopping) e Campania Gaia (sul turismo ambientale e naturalistico, che punta soprattutto sui flussi esteri) sono i siti web e i blog messi a punto dagli studenti. Tutti rigorosamente interattivi – per dialogare sia con gli utenti sia con le imprese e gli enti che intendono illustrare la loro offerta – e condivisibili sui principali social network come Facebook e Twitter in modo da estendere ancor più il circuito della comunicazione.
    Domanda: perchè hanno chiuso la ferrovia Avellino-Rocchetta?

  87. 90 carpentieri maurizio 22/05/2011 alle 7:25 PM

    salve
    mi sono permesso di inserire il vostro link nella sezione amici
    del mio sito sulla ex ferrovia Velletri-Terracina.
    Credo di aver fatto cosa gradita chiedendo se possibile allegare il link del mio sito.
    http://ferroviavelletrisezzeterracina.weebly.com/index.html
    grazie

  88. 91 pietro mitrione 28/05/2011 alle 9:51 PM

    Sono trascorsi circa due mesi da quando l’assessore ai trasporti della regione Campania promise che la tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta sarebbe stata riaperta per poter effettuare iniziative turistiche tese a valorizzare il nostro territorio. Come per tanti altri impegni presi anche questa affermazione è stata una autentica presa in giro solenne”. Pietro Mitrione, dell’Associazione “In Loco-Motivi” ribadisce che nulla si sta facendo, in concreto, per ridare vita alla tratta ferroviaria, Avellino – Rocchetta Sant’Antonio. “Noi di inloco_motivi non avevamo alcun dubbio sulla poca veridicità della esternazione in quanto la promessa “vetrelliana” era stata profferita durante un colloquio che l’assessore aveva avuto con l’ex sindaco barricadero di Sperone. Un incontro irrituale, a nostro avviso, ma che lo stesso assessore aveva trasmesso alla stampa con un relativo comunicato stampa. Sono trascorsi 6 mesi e la nostra storica ferrovia è chiusa nonostante gli appelli che tanti hanno lanciato perché la tratta ferroviaria non morisse. Amaramente constatiamo che l’assessore al turismo della regione Campania, il presidente dell’Amministrazione Provinciale e relativi assessori al turismo e ai trasporti tacciono. Ognuno per la sua parte stanno determinando la scomparsa di una struttura che rappresenta la storia della nostra Provincia. Non parlo di quelli, che lontani dalla conoscenza della nostra Irpinia, stanno adottando decisioni come per tagliare gli ospedali, la scuola, i trasporti, i servizi sociali ma di quelle persone che dovrebbero difendere la nostra terra “amara” che non merita di non essere amata per loro insipienza. I tagli di bilancio adottati per sopprimere la nostra storica ferrovia sono gli stessi che la regione Campania ha adottato per tagliare il servizio via mare con le terre cilentane. Con soddisfazione apprendiamo che tale servizio marittimo viene ripristinato, nell’ambito di un programma denominato ” terre d’Amare” con uno stanziamento di un milione e mezzo di euro per favorire la conoscenza di quei luoghi. Le motivazioni che hanno favorito questa decisione sono le stesse motivazioni turistiche e culturali che rivendichiamo per il nostro territorio irpino anche attraverso la rivitalizzazione della ferrovia Avellino-Rocchetta. Forse I nostri luoghi non sono “terre d’Amare” ma solo “ terre amare” utili a ricevere munnezza e scippi vari? Contro questi soprusi è necessario uno scatto d’orgoglio collettivo. Noi di inloco_motivi, nel nostro piccolo, abbiamo indicato una strada dal basso per valorizzare il territorio irpino ma siamo anche convinti che senza il suffragio di decisioni politiche tutto è vanificato. Il 29 maggio in tutta Italia si celebra la manifestazione “Cantine Aperte” una iniziativa che si lega fortemente con la nostra vocazione enogastronomica, da noi in Irpinia hanno deciso di cancellare “amaramente” la ferrovia Avellino-Rocchetta meglio conosciuta anche come la “FERROVIA DEL VINO” un pezzo della storia dell’Irpinia. Quanto dire sulla capacità di valorizzare il territorio”

  89. 92 pietro mitrione 05/06/2011 alle 10:13 PM

    Ciao Agostino,
    dopo 11 dicembre 2010, questa mattina ho fatto un piccolo sopralluogo tra Luogosano e Partenopoli, mentre ieri pomeriggio (sotto la piccola tempesta) ho dato una occhiata dall’Ofantina, in alcuni punti boscosi la situazione è veramente triste, la vegetazione ha inglobato i binari che non si vedono abbastanza bene, in altri tratti invece l’aggressione è stata leggera (vedi file in allegato). Che lacrime!!!
    Ciao da Salvatore

    N.B.: Questa linea non aprirerà più. Compriamo un ALn 668 usato, così guiderò io….

    DI SEGUITO IL TESTO DELLA NOTA:
    In questi giorni ci sono stati vari incontri dove si è discusso “anche” di turismo, di promozione, di valorizzazione, di tutela, di salvaguardia ecc. ecc. del territorio, anzi di questo nostro “bel territorio”…..
    Da una parte si predicano (di prediche si tratta) buone intenzioni e attività da mettere in campo per rilanciare, salvaguardando, il nostro territorio, giustificando le spese “vane” dell’ultimo decennio come attività fatte perchè così prevedeva la normativa vigente, ma che di fatto sono state tutte senza alcun riscontro concreto per queste zone, dove ci è toccato anche ascoltare (e riascoltare) anche la giustificazione del fallimento dell’industrializzazione in Irpinia e la faccia tosta di chi ha il coraggio di chiedere ancora interventi “statali” e nuovi contributi per dette aree; assistiamo quotidianamente ad uno sfaldamento del territorio che “vanamente” corre ancora alla ricerca di contributi; nessuno che avanzi idee o almeno ipotizzi interventi “CONCRETI E FATTIBILI” per una vera salvaguardia del territorio e delle popolazioni.
    Chiacchiere al vento e soldi (pubblici) in fumo: di questo sui parla, mentre il territoprio “muore” nonostante la buona volontà e la disponibilità di “alcuni” cittadini ed associazioni.
    Abbiamo letto:
    “Risultato straordinario quello conseguito da Ferrovie Kaos, associazione convenzionata dal febbraio del 2010 con Rete Ferroviaria Italiana, in appena un anno di attività ferroviaria vera e propria. Sono trascorsi 365 giorni esatti dall’effettuazione del primo treno speciale Akragas Express (1 giugno 2010) con a bordo un centinaio di giovani studenti della scuola elementare Esseneto di Agrigento. Da allora, grazie al consolidarsi dei rapporti di collaborazione con la direzione commerciale Sicilia di Trenitalia, è stato un continuo crescendo di successi decisamente inaspettati.”
    http://ferroviekaos.it/component/content/article/1-ultime/84-akragas-express-3000-viaggiatori-in-un-anno-video.html
    In Irpinia con In_Loco_Motivi abbiamo superato detta soglia, quindi grande successo, ma con un risvolto tutt’altro che positivo; le attività sono state soppresse a causa della soppressione della tratta che, seppur chiusa, continua a costare e ammiriamo ogni sera l’illunminazione “a festa” delle stazioni deserte ed inutilizate, ma con i semafori sempre attivi.
    Mi auguro che di fatto ognuno di noi si faccia portatore di sane idee “dal basso” che credo possano dimostrare come anche con poco si possano raggiungere risultati importanti e “VALIDI” per questa nostra meravigliosa Irpinia apprezzata da chiunque ha avuto la possibilità di visitarla, magari con adeguata “accoglienza e servizi”.

  90. 93 pietro mitrione 07/06/2011 alle 10:19 PM

    Valentina Corvigno e Pietro Mitrione, rappresentanti dell’associazione Amici della Linea Avellino-Rocchetta intervengono a seguito del Consiglio provinciale, nel corso del quale è stato votato all’unanimità un documento per evitare la morte della tratta. Ecco la nota di Corvigno e Mitrione: “Infine il consiglio provinciale deliberò. O meglio propose. Ci sono voluti 7 mesi, numerose sedute di consiglio e una richiesta di inversione delle voci nell’ordine del giorno (il punto sulla Avellino-Rocchetta è sempre stato in coda) per sentir finalmente parlare della linea ferroviaria. Nella seduta di ieri 6 giugno, finalmente, dopo un complesso dibattito, unanimemente i consiglieri provinciali hanno votato una proposta nella quale si evidenzia la volontà ferma della Provincia di Avellino di riaprire la tratta Avellino-Rocchetta S.A. entro settembre, di far rientrare la tratta storica nel Piano di Sviluppo Provinciale e di riprendere il progetto approvato del PAIN “Le vie del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”, sollecitando la Regione Campania. Al consigliere Francesco Russo e a quanti hanno fortemente difeso questa intenzione va il nostro plauso e il nostro grazie. Ma non basta. Scrivere su un foglio le intenzioni è cosa buona per non dimenticarle, ma tra le parole e i fatti c’è un’abissale differenza e mille difficoltà. Come farà la Provincia a mettere in pratica questa intenzione? Aspetterà che venga finanziato e cantierato il PAIN di cui sopra, affidandosi per l’ennesima volta alla straordinarietà di finanziamenti regionali e/o europei? Imbraccerà le armi contro una Regione assente che fin ora è stata solo capace di sottrazioni al nostro territorio, e nel caso di addizioni ci ha concesso solo immondizia? Ora è questo che vogliamo sapere. La ferrovia potrà riaprire solo se la regione deciderà di rifinanziare le corse giornaliere oppure se si deciderà di stanziare economie di altro genere, di investire su un progetto più ampio di compartecipazione tra Regione, Provincia, Comuni e imprenditori locali. Tutto questo in quella carta non c’è scritto. È indicato un bel sogno ma nulla che lo possa avverare. Il 9 giugno sarebbe dovuto arrivare Caldoro, in compagnia di Vetrella, assessore alle attività produttive e al trasporto, per incontrare gli stati generali e il governo provinciale; l’argomento sarebbe stato “sviluppo ed occupazione”, da una parte la Regione Campania, dall’altra la provincia, i sindacati, le cooperative e tutti gli enti interessati. Il Presidente della Regione, Caldoro, ha rimandato l’incontro al 20 giugno, sarà vero? O di rinvio in rinvio si gioca ad aspettare tempi migliori? In questa situazione saprà Sibilia farsi carico e portavoce delle istanze della Provincia e di ciò di cui discute e delibera nei suoi consigli provinciali? Saprà pretendere il rispetto non solo delle richieste ma anche della dignità di un territorio? E i sindacati riuniti assieme a costruttori, commercianti, artigiani ed industriali sapranno far valere quel Patto per lo Sviluppo di cui l’Avellino-Rocchetta è parte integrante? Ci aspettiamo a breve una risoluzione che veda insieme l’Amministrazione Provinciale di Avellino, gli assessorati regionali ai trasporti e al turismo, i sindaci interessati dalla tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta per tradurre in fatti concreti quanto deliberato dal Consiglio Provinciale di Avellino e quindi consentire per settembre 2011 la riapertura della ferrovia Ofantina in concomitanza con l’inizio del nuovo anno scolastico. Ci aspettiamo una levata di scudi, non solo da parte del parlamentino, ma di quanti dovrebbero pretendere attenzione per il proprio territorio. Aspettiamo, aspettiamo che la delega di governo che abbiamo concesso a queste persone venga ben utilizzata, cosa che fin ora non ci è sembrato sia avvenuto. E in questa attesa la provincia continua a perdere pezzi, continua a vedersi sottrarre servizi e risorse. Prima è stato il momento degli ospedali e dei tagli ai trasporti, oggi il momento della cultura e delle risorse che a questa terra danno il potenziale ideale per emergere e primeggiare, ma si sa l’energia potenziale ha bisogno di un “moto” per diventare cinetica….e noi siamo ancora fermi al palo. E’ anche vero che ai politici bisogna dare poco credito, però qualche volta vorremmo essere smentiti”

  91. 94 Pietro Mitrione 14/06/2011 alle 9:56 PM

    Non c’è che dire. Un vento s’è alzato il 15 di maggio e non ha smesso di soffiare. Un vento che ci spinge verso un cambiamento, un vento che dovremo essere bravi a cavalcare ancora. L’Italia e gli Italiani, a quanto pare, hanno ricominciato a credere che un Paese diverso è possibile, hanno smesso di aspettare che le cose mutino ed hanno cominciato a scegliere come vogliono che cambino e hanno dato una prima spinta a questa locomotiva, forse un po’ lenta, che è stata l’Italia fino ad ora. Ieri con i referendum ha vinto la gente che sceglie, che non ha più paura di esprimere il proprio pensiero. Gente che non ha accettato imposizioni sulla privatizzazione di un bene essenziale come l’acqua, sull’uso dell’energia nucleare, su una giustizia che non fosse equa. Qui in Campania, però, possiamo essere soddisfatti anche di un’altra vittoria, la vittoria di Napoli, la Napoli che decide di cambiare pagina e ricomincia a sperare. Ora, fiduciosi, attendiamo i primi passi di una nuova amministrazione della capitale del Sud che tra le sue fila vede una persona alla quale noi di IN_LOCOMOTIVI dobbiamo molto: Anna Donati. Ieri ha ricevuto, come i suoi colleghi, l’incarico di assessore ai trasporti del comune di Napoli ma noi l’abbiamo conosciuta direttore generale dell’Acam, due anni fa. Donna colta e intelligente, estremamente competente nella propria materia e contemporaneamente capace di comprendere le istanze della gente. Quando due anni fa ci trovammo a parlarle del nostro progetto culturale per l’Avellino-Rocchetta, noi eravamo una manciata di poche persone con un sogno, non far morire la nostra storica ferrovia Ofantina e lei la dirigente di un’azienda di gestione dei trasporti. La Ferrovia Avellino-Rocchetta, purtroppo, dal 13 dicembre 2010 è stata chiusa nel silenzio vergognoso di chi ancora può salvarla. Anna Donati ci accolse con garbo e ci ascoltò con attenzione prima di innamorarsi anche lei della nostra ferrovia. Con forza ha sostenuto il nostro progetto e grazie a lei abbiamo potuto dare agli irpini e ai campani la possibilità di conoscere le terre irpine attraverso la storica tratta ferroviaria. In tutto il percorso ci ha seguito con dedizione e competenza, e quindi il nostro successo si deve in primo luogo a lei, alla quale vanno i nostri più sinceri ad affettuosi auguri per l’incarico ricevuto e un forte in bocca al lupo per il lavoro complesso ma affascinante del governo della città di Napoli. Seguiremo il suo lavoro con la stessa passione che anima la nostra battaglia per far riaprire la nostra Avellino-Rocchetta, un patrimonio dell’Irpinia da salvaguardare.
    Ad maiora, Anna”.

  92. 95 Pietro Mitrione 16/06/2011 alle 7:01 PM

    ‘In Loco Motivi’, un tentativo dal basso per salvare la linea Avellino-Rocchetta
    La linea ferroviaria Avellino Rocchetta nel dicembre 2010 è stata sospesa dalla Regione Campania perché considerata “antieconomica”. Il problema riguarda tutto il territorio nazionale: per una logica puramente economicista, 8000 chilometri di linee minori sono soppresse, abbandonate o in via di soppressione. Abbiamo incontrato Luca Battista, uno degli ideatori del progetto In Loco Motivi.
    di Virginiano Spiniello – 16 Giugno 2011

    La linea ferroviaria Avellino Rocchetta nel dicembre 2010 è stata ‘sospesa’ dalla Regione CampaniaL’Avellino Rocchetta è una tratta che, sviluppandosi per circa 120 km, unisce il capoluogo irpino alle aree montuose interne e arriva fino in Puglia, toccando la Basilicata. È una ferrovia minore, nata nel 1895 e voluta fortemente da Francesco De Sanctis. Un treno che si inerpica lungo le valli fluviali, salta sui ponti, mastica le montagne, penetra territori dalla forte valenza paesaggistica, sconosciuti ai più, anche nella stessa Campania.

    È una tratta considerata antieconomica per il basso numero di clienti. Nel giro di poco più di un anno, però, un raggruppamento di organizzazioni, cittadini e associazioni ha realizzato il progetto In Loco Motivi, dimostrando che si può fare animazione territoriale dal basso e valorizzare e promuovere a costo zero le aree interne del meridione proprio utilizzando quelle ferrovie che, sempre più, le regioni stanno dismettendo ritenendole improduttive.

    Nonostante i numeri e i risultati, nel dicembre 2010 la linea è stata sospesa dalla Regione Campania. Un eufemismo per dichiararne la soppressione visto che, ad oggi, non si ha notizia di nuovi treni in partenza da Avellino. Luca Battista, referente provinciale di Amici della Terra, è stato dall’inizio parte attiva di questa avventura.

    “Nel settembre 2009 – afferma Battista – Pietro Mitrione dell’Osservatorio CGIL lanciò un appello tramite Facebook a prendere il primo treno delle 6.30 dalla stazione di Avellino. Questo per scongiurare la chiusura definitiva della tratta che, in verità, si prospettava ad ogni cambio di orario. Un nutrito gruppo di persone fece il viaggio di andata e ritorno Avellino Rocchetta Sant’Antonio e venne lanciata l’idea di costituire una rete di associazioni, ma anche di singoli cittadini, che potesse prendere a cuore le sorti della linea ed esplorarne eventuali nuovi usi.

    L’Osservatorio della CGIL, Amici della Terra, Irpinia Turismo, Rosso Fisso e Irpinando costituirono il nocciolo duro che dal settembre 2009 fino alla soppressione della tratta, il 13 dicembre 2010, ha dato vita al progetto In loco motivi, il treno irpino del paesaggio.

    È stata la regione Campania a sancire l’ultima corsa dell’Avellino Rocchetta decretando la sospensione della tratta ma, in realtà, sancendone la soppressione.”

    “In Loco Motivi considerò questo treno come un’occasione di riscoperta e conoscenza dell’Irpinia”È una questione aperta quella delle ferrovie minori…

    In Italia 8000 chilometri di linee minori sono soppresse, abbandonate o in via di soppressione. È un problema legato alla mancanza di fondi che vengono spostati su tratte dove c’è un maggior numero di passeggeri. È una logica puramente economicista che va, tra l’altro, contro le indicazioni dell’Unione Europea in tema di mobilità sostenibile. Dovremmo aumentare l’uso della rete ferroviaria a discapito di quella stradale, ma non è così.

    Bisogna analizzare le ricadute economiche di queste infrastrutture in termini di valore d’uso reale e potenziale valutando parametri non solo strettamente economici. Non si può trascurare il valore d’uso potenziale (la forza del vettore per l’animazione territoriale) per concentrarsi semplicemente sulle entrate derivanti dai biglietti. La nostra tratta attraversa tre valli fluviali, moltissimi ponti, zone impervie. In confronto all’evoluzione della rete stradale irpina non è competitiva se non in piccole tratte.

    Eppure, in altre realtà, le ferrovie minori costituiscono vere e proprie infrastrutture turistiche al servizio del territorio. Basti pensare alla Toscana, ma anche all’agrigentino dove esperienze simili alla nostra hanno avuto maggiore fortuna grazie ad associazioni ambientaliste e del territorio che prendono in gestione le linee sostenuti dal pubblico e in convenzione con Trenitalia”.

    Come ebbe inizio l’esperienza di In Loco Motivi?

    La nostra iniziativa destò subito l’interesse dell’allora dirigente dell’ACAM, (Agenzia Campana per la Mobilità sostenibile) Anna Donati, tra le prime firmatarie della legge per la salvaguardia delle ferrovie dimesse, entusiasta della nostra idea. Ci fu garantito che la tratta non sarebbe stata chiusa e ci furono concessi due treni domenicali al mese, già nell’orario ufficiale.

    In Italia 8000 chilometri di linee minori sono soppresse, abbandonate o in via di soppressioneE come vi siete finanziati?

    In Loco Motivi considerò questo treno come un’occasione di riscoperta e conoscenza dell’Irpinia. Noi pagavamo il biglietto alle Ferrovie e offrivamo un pacchetto di animazione turistica che comprendeva la colazione sul treno, il racconto del paesaggio attraverso i finestrini, le animazioni con attori, musicisti, artisti. Si visitavano poi monumenti, luoghi, emergenze ambientali, si sostava in agriturismo o in ristorante; nel pomeriggio continuavamo il nostro viaggio e poi si ritornava alla stazione per prendere il treno e ritornare ad Avellino.

    Abbiamo fatto 27 escursioni ufficiali. Hanno usufruito della tratta 2030 visitatori con una media di 107 passeggeri a corsa. Il treno ne poteva contenere 130 e spesso, tra giornalisti, invitati e chi si aggiungeva durante il percorso non c’era nemmeno posto a sedere. Quindi i passeggeri sono stati molti di più. Attraverso il web (unico mezzo di comunicazione a costo zero) si sono avvicinate persone delle estrazioni più varie: giovani, pensionati, professionisti, casalinghe. Circa il 20% sono venuti fuori dall’Irpinia, in particolare dall’area metropolitana di Napoli, ma anche dal Lazio e dalla provincia di Foggia.

    Abbiamo visitato 17 borghi, 30 monumenti notevoli e realizzato 3 escursioni di tipo naturalistico, come il treno della neve e i sentieri di Montella. In Loco Motivi ha stretto collaborazioni attive con oltre 20 tra Pro loco e altre associazioni territoriali coinvolgendo direttamente i referenti dei luoghi. Abbiamo inoltre sperimentato una proficua attività di educazione ambientale con le scuole proponendo un progetto di percezione del paesaggio e conoscenza della biodiversità ‘L’Irpinia in treno’. Per la primavera 2011 avevamo 2500 adesioni già ufficializzate dal Provveditorato e saremmo arrivati a 5.000 riempiendo il treno da marzo a maggio, esclusi i sabati e domenica, solo con questa attività.

    In Regione, dopo il cambio di Giunta, hanno considerato la tratta Avellino Rocchetta antieconomicaMa poi è finito tutto…

    In Regione, dopo il cambio di Giunta, hanno considerato la tratta antieconomica. L’ACAM non ha ancora un nuovo dirigente e ci hanno detto, pur senza mai fornire dati ufficiali, che ci vogliono due milioni di euro solo per i costi di manutenzione. Non possono accollarsi l’onere di mantenere la tratta. In realtà ci sarebbe bisogno di un piano dei trasporti provinciali definendo al suo interno un ruolo diverso per l’Avellino Rocchetta.

    Potrebbe essere una infrastruttura legata alle potenzialità turistiche, avere una forte integrazione con il trasporto su strada per alcune tipologie di pendolari, servire le aree industriali che attraversa diminuendo, nel contempo, il trasporto su gomma. Noi possiamo garantire le domeniche di tutto l’anno, riempire il treno con le scuole nel periodo primaverile e la regione potrebbe riattivare il treno per i pendolari di alcune tratte, soprattutto per gli studenti dei paesini di montagna che se ne servivano.

    Si è parlato di attivare un progetto europeo (PAIN FAS) finanziato con milioni di euro chiamato La via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde. In realtà si tratta di una progettualità che non interessava se non marginalmente l’Avellino Rocchetta. Intanto non è accaduto niente e anche se ci fosse davvero l’intenzione di investire sull’Avellino Rocchetta tra i tempi di rimodulazione, di approvazione, di appalto e di esecutività del progetto tra dieci anni ci ritroveremo veri e propri boschi sulla tratta ferroviaria.

    Ci sono state reazioni?

    Si è fermata un’esperienza che ha dato grande valore a questa linea ferroviaria. La classe politica locale iniziava a guardarla con occhi diversi. Ci sono stati impegni presi da moltissimi sindaci della tratta e dalla Provincia di Avellino il cui Presidente ha anche fatto delle interrogazioni parlamentari, ma è rimasto tutto lettera morta.

    Anche in Campania non si conosce la valenza ambientale e la complessità ecosistemica dell’IrpiniaUn’occasione sprecata per far conoscere un altro volto dell’Irpinia

    Anche in Campania non si conosce la valenza ambientale e la complessità ecosistemica dell’Irpinia. È questo il nostro punto di forza, la nostra valenza strategica. L’Avellino Rocchetta era il treno dei grandi vini, serviva gli areali dei DOCG Fiano di Avellino e Taurasi, solo il Greco di Tufo ne rimaneva fuori. Era il treno dei Parchi naturali. Partiva da Avellino, che è nelle immediate vicinanze del Parco del Partenio e del futuro Parco del Vallo Lauro Pizzo Alvano e attraversa il Parco dei Monti Picentini.

    Era il treno della rete ecologica campana costituita dai corridoi fluviali. In Irpinia, infatti, l’Avellino Rocchetta si sviluppa accanto al Sabato, al Calore e all’Ofanto; i treni di fine ‘800 avevano bisogno di molta acqua per raffreddarsi. È una ferrovia caratterizzata da molteplici ponti, tra cui spicca il ponte Principe a Lapio, un’opera ardita realizzata con le stesse tecnologie della Torre Eiffel. Era, innanzitutto, il treno della biodiversità perché tocca Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale: il Monte Terminio, l’Alta Valle del Fiume Ofanto, il Bosco di Guardia dei Lombardi, la Querceta dell’Incoronata a Sant’Angelo dei Lombardi, il Lago di Conza, il Lago di San Pietro, il bosco di Calitri.

    Il territorio irpino è interessato per il 25% (la media europea è del 17%) dalla rete Natura 2000, lo strumento della Comunità Europea per tutelare le aree ad alta complessità ecosistemica, garanzia della conservazione e della diversità di flora e fauna, vere e proprie riserve genetiche.

    In Loco Motivi continua a sperare?

    Hanno letteralmente fatto morire questa azione di cittadinanza attiva. Programmiamo continuamente eventi per tenere desta l’attenzione, ma la classe dirigente concretamente non ci ascolta è, come minimo, superficiale. In Provincia hanno appena approvato un ennesimo ordine del giorno per impegnarsi ad attivare ogni tipo di azione possibile. Bisogna dire quello che pensiamo, ma anche fare quello che diciamo. In realtà l’unica speranza è che cambi l’attenzione delle persone, che si apra qualche spiraglio capace di influenzare le azioni dei decisori politici a prescindere dalle tornate elettorali. Certo, c’è un dato di fatto: più passa il tempo più i costi per riattivare la linea saranno maggiori.

  93. 96 Pietro Mitrione 20/06/2011 alle 4:48 PM

    Mitrione: “La visita di Caldoro è un’occasione importante”
    L’associazione In_loco_motivi si dichiara fiduciosa

    (Una stazione ferroviaria)
    (Foto: In_loco_motivi)Pietro Mitrione, dell’Associazione amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta, interviene sulla visita di Caldoro a Palazzo Caracciolo. Così in una nota: “L’incontro del 20 giugno fra il Presidente della regione Campania Caldoro e dell?assessore regionale ai trasporti Vetrella con i sindacati e le associazioni datoriali e con le istituzioni può essere una valida occasione per discutere finalmente del patto per lo sviluppo, uno strumento dai più ritenuto utile per rimettere in moto l’economia irpina. Un incontro che avviene in un momento particolare per la nostra Irpinia caratterizzato da una serie di provvedimenti che la vedono fortemente penalizzata dalle scelte operate dalla regione Campania, trasporti, sanità, scuola, welfare e non ultimi i provvedimenti adottati con la predisposizione della graduatoria che ha definito il programma di eventi promozionali, improntato al ?racconto? della Regione Campania. Da questa graduatoria Avellino e l’Irpinia tutta ne escono ridicolizzate:su circa 4 milioni euro di finanziamenti solo 300.000 interessano il nostro territorio. Ancora una volta le zone costiere fagocitano le risorse finanziarie disponibili e le zone interne continuano ad essere l?osso della regione Campania. Verrebbe da gridare con forza lo sdegno per queste decisioni e proprio per questo credo che questa occasione ci possa venire dalla venuta dei due esponenti politici regionali ad Avellino. Per noi dell’associazione Inloco_motivi questa graduatoria ci indigna ancora di più in quanto il progetto presentato dal Comune di Montella dal titolo: Il treno delle 100 porte – Viaggi e Racconti nella Verde Irpinia si è classificato 21°… il primo dei non ammessi al finanziamento per soli 0,49 punti di differenza con il 20°. Una beffa colossale!!! L?assessore Vetrella, crediamo, sarà contento di questa decisione in quanto, in un incontro con le associazioni regionali di utenti delle ferrovie, dichiarò, con fare solenne, che a lui i treni turistici non interessavano per cui provvedessero?altri! Ecco la risposta degli altri: il progetto presentato dal comune di Montella per l’utilizzo turistico della ferrovia Avellino-Rocchetta viene considerato ammissibile dalla commissione regionale deputata a valutare i progetti ma per uno scientifico 0,49 si classifica 21° su 69 progetti inviati alla valutazione regionale. Un progetto, quindi, dalle valide ragioni per essere approvato. Speriamo a questo punto che la Amministrazione Provinciale di Avellino possa farlo proprio e dargli la dignità dovuta ed evitare un altro scippo per la nostra Irpinia con la chiusura della storica ferrovia Ofantina. Nello stesso giorno in cui si svolge questo?incontro un giovane irpino conclude i suoi studi universitari con una tesi di laurea in Geografia del turismo dal titolo: “Potenzialità di sviluppo turistico in Irpinia”. Buona parte della sua tesi riguarda proprio la ferrovia Avellino-Rocchetta. Sarebbe bello immaginare la partecipazione di questo speranzoso studente all?incontro per sentirgli esporre considerazioni sull?attuale fase economica, aspirazioni per il suo futuro, sensazioni per la sua terra e ragionamenti su quanto sta accadendo nella nostra Irpinia. Sarebbe, questo, un modo nuovo per far intendere che qualcosa sta cambiando anche da noi..in Irpinia, invece stancamente si ripeterà il solito rito del parlarsi addosso. · Noi di inloco_motivi continuiamo a sperare che la nostra storica ferrovia possa riprendere a settembre il suo vecchio ma sempre nuovo ruolo di progresso ed invitiamo quanti prenderanno parte a questo incontro di essere coerenti con gli impegni presi per il ripristino della ferrovia Avellino-Rocchetta”.

  94. 98 pietro mitrione 04/07/2011 alle 10:24 PM

    In Irpinia stavamo facendo la stessa cosa, poi dal 13 dic 2010 la regione Campania ha deciso di chiudere la ferrovia Avellino-Rocchetta. Che bravi!!

  95. 99 pietro mitrione 05/07/2011 alle 4:17 PM

    Tenere insieme trasporto su ferro e su gomma
    Le dichiarazioni rese dal direttore generale dell’A.ir., avv. Costantino Preziosi, in merito ai tagli al servizio su gomma imposti dalla regione Campania meritano un dovuto approfondimento, specialmente per quanto riguarda le sue considerazioni riferite allo stato delle trasporto su ferro nella nostra provincia. Le preoccupazioni per il servizio e per i livelli occupazionali nell’A.ir sono la diretta conseguenza delle scelte scellerate operate dall’assessore regionale ai trasporti S. Vetrella che hanno visto la nostra Provincia fortemente penalizzata in materia di trasporto pubblico in modo particolare per quello su ferro ed ora anche per quello su gomma. Il rischio che corre l’Irpinia, in conseguenza di tali scelte, è di un ulteriore arretramento dei livelli di vivere civile nella nostra provincia, in particolare per gli abitanti delle zone interne, quelle dell’alta Irpinia per intenderci. Dopo i tagli previsti per la sanità, le scuole, il welfare ed i trasporti arrivano ulteriori ridimensionamenti per i servizi pubblici di mobilità. Tutto questo avviene in una realtà dove, purtroppo, il trasporto su ferro di fatto non esiste. Questa considerazione, fatta anche dall’avv. Preziosi nelle sue dichiarazioni, impone di aprire nel mondo della politica una non più rinviabile discussione sullo stato del trasporto pubblico locale in Irpinia in quanto, in un Paese “normale” non è possibile affidarsi ad un sistema unimodale per far muovere uomini e cose. La stesura del Piano Strategico può rappresentare l’occasione per ridisegnare anche le linee di sviluppo della mobilità provinciale, si possono definire in esso le gerarchie territoriali che, in futuro, determineranno le scelte di pianificazione e programmazione economica per la nostra Irpinia. Il servizio pubblico non può essere deciso da meri calcoli ragionieristici determinati dalla scarsa frequentazione che ne determinano la cancellazione. “ La tecnica non è il vangelo, chi amministra deve tener conto di tutte le esigenze, comprendere tutte le soluzioni possibili. Altrimenti è violenza. No ai tagli orizzontali. Diversamente non si esce dalla crisi”: sono queste le dichiarazioni rese dal vicepresidente della regione Campania, avv. Giuseppe de Mita, le quali, ora più che mai, hanno bisogno di essere tradotte in fatti concreti per avere la dovuta, immediata e riconosciuta coerenza attuativa. Ad oggi, purtroppo, a vincere è la politica dei numeri e di conseguenza addio servizi universali quale il diritto al trasporto, dopo i tagli operati alla scuola e alla sanità. E’ una maledizione vivere nelle zone interne? Possono decidere per noi chi non conosce la nostra realtà? Verrebbe da dire, ancora una volta, che si è forte con i deboli e debole con i forti. A noi interessa immaginare un moderno percorso di politica dei trasporti che tenga insieme ferro e gomma. Per tanto tempo ha imperato l’unimodalità su gomma perché pervasa da interessi clientelari ed oggi se ne paga lo scotto, basti pensare che Avellino è l’unica città capoluogo della Campania a non essere collegata ferroviariamente con Napoli! Le ferrovie locali, e quindi anche la nostra “cenerentola” rete provinciale, debbono e possono rappresentare il futuro per i collegamenti in quanto costituiscono una garanzia di vivibilità negli ambienti urbani. In questa visione sistemica ferro/gomma si integrano e creano le condizioni per un trasporto pubblico all’altezza delle esigenze economiche ed ambientali da tanto tempo trascurate. I tagli apportati al sistema ferroviario irpino hanno di fatto ridotto al lumicino questo servizio: soppressione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta, eliminazione del collegamento con Napoli, dimezzamento dei servizi con Salerno e Benevento, preludio alla completa dismissione dei collegamenti ferroviari, in attesa dell’ALTA CAPACITA’..se ci sarà e se interesserà la nostra Provincia. Possono considerarsi “civili” una città, Avellino, e una provincia, l’Irpinia, che non hanno una rete ferroviaria all’altezza della crescente richiesta di mobilità? Come non capire che è da queste opportunità infrastrutturali che si determinano le gerarchie territoriali! Come fare allora per venirne fuori? E’ possibile ragionare per noi irpini in Irpinia? L’Amministrazione Provinciale di Avellino, con il suo Presidente in testa, se ci crede, organizzi da subito un tavolo di confronto dove, per la prima volta, si possa dar vita ad una concertazione che tenga insieme ferro e gomma ed operare sinergicamente perché i provvedimenti adottati vengano sospesi e si gettino le basi per un moderno progetto di mobilità basato sull’integrazione fra i vari sistemi di trasporto. E’ l’unica alternativa che abbiamo per salvare un’idea che tuteli, nello specifico, la nostra Irpinia. Questa è la nostra proposta creare una cabina di regia provinciale che affronti e appronti il PIANO PROVINCIALE DEI TRASPORTI, senza far prevalere appartenenze politiche o di lobby.
    Pietro Mitrione

  96. 100 pietro mitrione 11/07/2011 alle 12:23 PM

    Viaggio in una terra senza futuro / Lettera aperta all’Irpinia
    di PAOLO SAGGESE _ _ _ _ _ C’è una terra senza futuro, e questa terra è l’Irpinia. Ne ho le prove, ho colto queste prove nel corso del mese di maggio e poi di giugno, le ho raccolte copiose in questi giorni. Ho visto una terra sopita, abulica, assente, senza passione civile, morale, ideale, senza prospettive di futuro. Del resto, questa è l’Italia. Mi sono illuso pensando di sbagliarmi, ma più tentavo di convincermene più mi rendevo conto che questa è una terra senza futuro. È una terra senza futuro, perché non è capace di coltivare sogni, perché non è capace di guardare il mondo con occhi diversi da quelli che ha sempre avuto. Prendiamo le appena trascorse elezioni provinciali. Avete visto voi un po’ di società civile, che abbia partecipato alla campagna elettorale? Avete visto per caso i cosiddetti intellettuali, che abbiano partecipato con uno straccio di idea alla competizione? E dove erano i giovani, che dovrebbero essere il nostro futuro? Tutto si è svolto nella più completa indifferenza, preferendo scegliere la strada del disimpegno, dell’attesa, piuttosto che quella dell’azione, oppure la strada del compromesso, dell’interesse personale, del tanto peggio tanto meglio, del tipo “sono tutti uguali”, e così via. Ne resto profondamente deluso, perché da qui ho la conferma che i cosiddetti intellettuali d’Irpinia, i tanti giovani d’Irpinia non sono migliori dei tanti giovani egoisti ed egocentrici che popolano l’Italia, e così gli intellettuali non sono meno egoisti ed egocentrici dei tanti che popolano questa penisola, che ha perso ogni parvenza del suo antico e glorioso blasone culturale. Ho avuto conferma che anche gli Irpini non sono migliori dei tanti italiani edonisti e qualunquisti che votano la Lega ed esaltano Mussolini. E mi sono chiesto: dove è finita la società civile, quella stessa che si è battuta per gli ospedali o per il Formicoso? Si è tutta completamente volatilizzata dietro le note di Vinicio Capossela … Allora, se la protesta diviene spettacolo, raccoglie le folle, se la battaglia diviene civile, e significa creare un argine in difesa di queste colline, tutti si dileguano nel disfattismo. Anche quegli intellettuali fanno spesso una battaglia esclusivamente egocentrica e di retroguardia, si ritirano in loro stessi, realizzano qualche placebo per auto incensarsi, creano uno scenario e un pubblico di piccoli fan e attendono l’applauso, sono come quegli scrittori romani della decadenza che dai giochi di suoni e colori traggono vanto di grande letteratura e invece la loro era lenta ed irreversibile decadenza. È vero, sono rimasto sconcertato da tanta disillusione, di tanto disamore, di tanta assenza di forza ideale. Ancora di più sconcertato per il bassissimo livello dei candidati al Consiglio provinciale, molti dei quali incapaci persino di formulare in pubblico proposte credibili e che avessero un minimo di coerenza ideale e di propositiva, campioni di un trasformismo, che li ha visti passare da destra a sinistra in tutte le passate elezioni, uomini per ogni stagione. Perciò, ho concluso che l’Irpinia sia rimasta quella dei galantuomini, e che gli Irpini siano ancora quelli che votano il medico di famiglia, perché medico, oppure il capetto di fazione perché taglieggia e ricatta. Quando l’irpino vota, vota sulla base di capricci del momento, sulla base di convenienze minuscole, sulla base di qualche interesse, sulla base di nulla che abbia a che fare con il bene comune. Nessuno ti chiede, infatti, quali idee hai, quali ragioni vuoi far prevalere, quale battaglia ideale stai portando avanti e perché, nessuno ti chiede la tua storia. E allora, ritengo che questa terra non abbia futuro, perché non ha futuro quella terra che sia incapace di scegliere i propri rappresentanti, o che li scelga sulla base di fattori che non hanno nulla a che vedere con il bene comune. È questo il trionfo dell’antipolitica oppure il trionfo della politica piccola piccola, cui siamo stati tutti abituati. Qualcuno potrà obiettare che gli Irpini hanno sempre votato in questo modo. Non si tratterebbe tuttavia di un’obiezione, ma semplicemente dell’amara conferma dell’impossibilità per l’Irpinia di un futuro diverso. Abbiamo ancora troppa strada da fare verso una piena democrazia, e se il 5 giugno questa strada era lunga da percorrere, oggi lo è ancora di più. E il problema è che questa strada nessuno vuole intraprenderla: va bene così, per l’Irpinia. Del resto, questi sono i politici che ha eletto, e significa che sono questi i politici che merita, perché in questi si rispecchia e questi ha scelto. Insomma, anche in questa amara constatazione si può trovare conferma al fatto che l’Irpinia non abbia futuro. Si può trovare conferma a questo perché l’Irpinia ha premiato chi vuole costruire la megadiscarica del Formicoso, chi vuole smantellare la scuola pubblica, chi vuole dirci di andare via di qua, di fuggire perché appunto questa è la terra senza futuro. Ci sentiamo come scrive Ungaretti in una sua famosa poesia, ovvero come naufraghi alla fine di un viaggio, che sanno di dover riprendere il viaggio. Ebbene, il viaggio dovremo riprenderlo, ma, almeno nel mio caso, io lo riprenderò per altre direzioni, per altre mete, perché non ho più voglia di prendere viaggi per una terra senza futuro.

  97. 101 pietro mitrione 12/07/2011 alle 4:06 PM

    Lavori sulla ferrovia Avellino-Rocchetta: una speranza o una beffa?

    Da qualche giorno nella stazione di Nusco si stanno eseguendo dei lavori al tracciato ferroviario e non sappiamo che finalità abbiano dette operazioni di messa in sicurezza dei binari dal momento che la ferrovia Avellino-Rocchetta, su decisione dell’assessore regionale ai trasporti, S. Vetrella, è chiusa dal 13 dicembre 2010.
    Analoghi lavori sono stati svolti in prossimità della stazione di Morra. Sono, forse, il preludio alla riapertura o, malauguratamente, l’ennesima beffa costituita da lavori programmati, finanziati e quindi non rinviabili?
    Questo avviene mentre ci giungono notizie di iniziative da parte di alcune istituzioni locali mirate al recupero turistico della nostra tratta ferroviaria. Lo stesso progetto “ LE VIE DEL VINO TRA I CASTELLI DELL’IRPINIA VERDE”, legato ai fondi PAIN/FAS d.g.r. N° 1336 del 31 luglio 2007, potrebbe avere uno sbocco positivo. Inoltre, il 15 luglio c.a. scade il termine per la presentazione di progetti legati alla valorizzazione turistica dei territori campani.
    Speriamo che questa volta, dopo la beffa del precedente bando che escluse per 0,49 il progetto presentato dal comune di Montella, la nostra provincia possa essere premiata con un gratificante contributo finanziario per analoghi progetti che vedono la ferrovia Avellino-Rocchetta quale valido attrattore turistico.
    Quei lavori che si stanno effettuando sulla ferrovia possono anche essere visti in funzione di miglioramento del tracciato ferroviario per queste nuove opportunità di utilizzo.
    Se non dovesse essere questo, qualcuno dovrà pur farci capire il senso di questo impegno economico per una tratta ferroviaria che l’assessore regionale ai trasporti Vetrella ha deciso di far chiudere. Al danno… la beffa!!!

    Noi non ci rassegniamo, perché la nostra non è una operazione nostalgia, ed auspichiamo che le istanze politiche possano realizzare un giusto equilibrio politico e tecnologico che tenga insieme “freccia rossa”, alta velocità, e rete ferroviaria “minore”.

    Noi andremo avanti nella battaglia intrapresa per far riaprire questa tratta ferroviaria sperando di rompere quel senso di “fastidio” che le cosiddette istituzioni dimostrano per tali iniziative turistico/culturali.!

  98. 102 pietro mitrione 22/07/2011 alle 3:20 PM

    Riguardo al territorio che si snoda tra l’azzurro del mare di Rimini e il verde dei boschi sammarinesi, vengono narrate molteplici storie, aneddoti, ricordi che coinvolgono cose, persone, avvenimenti.

    Storie di gente che ha visto il suo territorio cambiare giorno dopo giorno, come in una lunga muta silenziosa e che porta a trovarsi un giorno a contemplare un panorama completamente diverso da quello cui si era abituati a vedere un tempo: era così familiare che ci siamo accorti di non averlo più solo nel momento in cui è cambiato.

    Il passato lascia sempre tracce, che siano esse di memoria o tangibili e concrete.

    A volte invece il passato si cancella dalla memoria collettiva perché non viene trasmesso, perché non si ha tempo di ascoltare, perché presi dal ritmo frenetico della vita di oggi, non si ha voglia o non si può rallentare il suo ritmo per ritrovare noi stessi nelle parole di chi quel passato ce l’ha dentro.

    Sicuramente chi si è recato almeno una volta in visita nella Repubblica di San Marino, trovandosi a girare per i suoi caratteristici negozi nel suggestivo centro storico di Città, si sarà accorto che ogni aspetto della tradizione e della cultura sammarinese è celebrato nelle vetrine.

    Tutto questo è messo in risalto in modo da trasmettere al visitatore, un continuum sensoriale che leghi tutti gli aspetti storici, culturali e folcloristici di uno Stato che da sempre mantiene la sua autonomia ma che si trova inevitabilmente collegato con il territorio italiano in cui si trova immerso come in un grembo.

    Ma del cordone ombelicale che per una dozzina di anni ha collegato i due stati, in quelle vetrine variopinte non c’è, inspiegabilmente, traccia alcuna.

    Se invece dopo il vostro giro turistico per il borgo, volete immergervi nelle passeggiate all’interno della rigogliosa natura sammarinese, quel passato lo vedete spuntare d’improvviso sotto i vostri occhi.

    Prende forme contorte e arrugginite, a volte slanciate verso il cielo, talvolta serpeggianti nell’erba, ancora come case che solo case un tempo non erano, o portali di roccia chiusi da portoni come mute bocche sul passato, o ponti spezzati che guardano nel vuoto.

    E poi appare un vecchio vagone abbandonato, come un fantasma rosso ruggine che ti trovi di fronte mentre parcheggi la tua auto e poi un altro, biancoazzurro, per sempre immobile in un viaggio senza tempo e senza fine.

    E’ proprio di quel viaggio che invece è stato interrotto che voglio parlarvi.

    Il viaggio di quello che per tutti, sammarinesi e riminesi, era il “trenino biancoazzurro”.

    Il treno della Ferrovia Elettrica Rimini – San Marino.

    Nasce una ferrovia.

    I collegamenti Rimini-San Marino sono sempre stati difficoltosi, data la natura del territorio.

    Ai primi del secolo scorso, erano ancora affidati ad una lenta corriera a cavalli, talvolta sostituita da muli e buoi in inverno; solo nel 1913 venne introdotta una autocorriera SPA, che collegava il Titano all’Adriatico in poco più di un’ora.

    Ma il desiderio dei sammarinesi sarebbe stato quello di avere una linea ferroviaria, come quelle che andavano nascendo un pò ovunque a quei tempi: erano il segno della modernità, delle cose e delle persone che si spostavano raggiungendo altri luoghi e altre persone, portando l’innovazione.

    Negli anni Venti si susseguirono dibattiti su un ipotetico collegamento, ma solo nel 1926 arrivò la grande occasione che segnò la svolta decisiva: la visita di Mussolini sul Titano, accompagnato dal Segretario di Stato sammarinese Gozi.

    Venne firmata la Convenzione fra i due Stati, indetta la gara di appalto a cui parteciparono la Società Subalpina di Imprese Ferroviarie (SSIF) e la Società Veneto-Emiliana di Ferrovie eTranvie (SVEFT).

    Fu quest’ultima ad aggiudicarsi l’appalto, presieduta dall’ingegnere piacentino Ranza, su progetto dell’ingegnere Tajani del Politecnico di Milano.

    L’atto di concessione alla SVEFT, valido 25 anni dall’inaugurazione della ferrovia, fu firmato il 23 novembre 1928; l’Ispettore Superiore Ingegnere Casinelli, fu incaricato dallo stato italiano di sorvegliare i lavori, diretti per la concessionaria dai fratelli Fioruzzi..

    Il 3 dicembre 1928, iniziarono i lavori con la posa della prima pietra della stazione di San Marino: presente, in rappresentanza dell’Italia, il Direttore della Motorizzazione Civile, ingegnere Crispo.

    L’importanza attribuita alla realizzazione, venne sancita con un’artistica pergamena murata nella prima pietra stessa.

    L’inverno 1928-1929 vide i lavori relativi alla stazione di San Marino; il primo tronco dei lavori era San Marino-Borgomaggiore, il secondo Borgomaggiore-confine di stato.

    Le temute difficoltà geologiche si manifestarono in modo peggiore del previsto, tanto che anche dopo l’apertura dell’esercizio, si dovette ricorrere diverse volte a modifiche e rifacimenti parziali di volte di galleria, cunette e muraglioni.

    Per questa imponente opera di ingegneria, vennero utilizzati ben 3.000 operai per 8 ore al giorno a turni di 1.000, per un totale di circa 8 milioni di ore lavorative; vanno ricordati i tre minatori morti nell’apertura della galleria Montale, quella del capolinea di Città: ancora oggi è presente sul piazzale della stazione una lapide che li ricorda, purtroppo in pessime condizioni e quasi illeggibile.

    Nel 1931 venne completato il terzo tronco della ferrovia, quello che dal confine di Stato raggiungeva la stazione di Rimini FS.

    Il 12 giugno 1932 avvenne l’inaugurazione e la ferrovia iniziò il suo esercizio: panoramica, audace, moderna, alimentata a corrente continua ad alta tensione come le Ferrovie dello Stato, anche se con la differenza del binario a scartamento ridotto.

    La cerimonia inaugurale si tenne nella fermata di Dogana, quasi sul confine tra i due stati e il nastro fu tagliato dal conte Ciano, ministro delle Comunicazioni.

    Per l’occasione, “Il Popolo Sammarinese” che aveva seguito costantemente i lavori, uscì con una edizione straordinaria velocemente esaurita e la ditta Johnson di Milano coniò un’artistica medaglia commemorativa dell’evento, mentre la Repubblica di San Marino emise una serie di quattro francobolli dedicati alla nuova ferrovia.

    Il 13 giugno 1932, la Ferrovia Elettrica Rimini-San Marino iniziò il servizio pubblico, con un orario provvisorio che poi venne sostituito da quello definitivo e attivato anche il servizio cumulativo per i viaggiatori e quello di corrispondenza per le merci.

    Dal mare ai monti.

    La Ferrovia Elettrica Rimini-San Marino a scartamento ridotto di 0,95 m, aveva una lunghezza di tracciato di 32 Km, di cui 12 ricadenti sul territorio italiano e 20 sul territorio sammarinese.

    Il confine era indicato a livello ferroviario sul Ponte Confine (o Ponte Mellini) sul torrente Ausa e segnava anche il passaggio dalla zona pianeggiante italiana a quella tipicamente di montagna sammarinese.

    La ferrovia aveva origine dall’estremità est del fabbricato viaggiatori FS di Rimini, poi procedeva affiancata alla Rimini – Ancona per oltre un km e quindi se ne discostava appena, dopo le Officine Grandi Riparazioni FS, per entrare nel piazzale di Rimini Marina, a breve distanza dalla spiaggia, di fianco alla via Pascoli.

    Volgeva poi a sud-ovest, attraversando la strada statale Flaminia nei pressi della chiesa di Santa Maria della Colonnella, dove si trovava l’unico casello della linea e l’unico passaggio a livello con barriere manovrate dal casellante, in quanto gli altri 90 passaggi a livello presenti sulla linea, erano incustoditi o chiusi.

    Dalla Flaminia, la linea seguiva la valle dell’Ausa verso il Titano e in questo tratto si incontrava la fermata di Coriano-Cerasolo, si giungeva poi al confine di stato arrivando a Dogana, prima fermata in territorio sammarinese.

    Dopo questa località, la linea diventava in breve tipicamente di montagna, e si incontravano le prime gallerie (per un totale di 17, tutte ricadenti in territorio sammarinese) per poter giungere alla stazione di Serravalle.

    Altre gallerie ed il panorama cominciava ad allargarsi, permettendo di spaziare sui declivi e sull’Adriatico, mentre la linea procedeva con andamento est-ovest.

    Si incontrava salendo la fermata di Domagnano-Montelupo e poi attraversate altre gallerie, si arrivava alla fermata di Valdragone e alla stazione di Borgomaggiore.

    La rupe rocciosa a questo punto incombeva a sbarrare la strada, ma la ferrovia l’aggirava e prendeva quota con un ripido percorso elicoidale, offrendo al viaggiatore lo spettacolo del Montefeltro, di San Leo e di Verucchio.

    Un’ultima galleria a ferro di cavallo, la Montale e si giungeva infine in stazione a San Marino, a 643 metri di altitudine.

    Il treno percorreva i 32 Km della tratta in 53 minuti, passando da una velocità di circa 65 Km orari nei tratti pianeggianti a 31 nei tratti più ripidi.

    Lungo il percorso, si incontravano otto ponti, cavalcavia e sottovia, a cui si aggiungevano 185 manufatti minori e la sottostazione elettrica di Dogana, unica della linea.

    Il materiale rotabile era composto da: 4 elettromotrici di costruzione Carminati & Toselli e TIBB, ed erano le AB01-02-03-04; erano poi presenti 6 carrozze di prima e terza classe, di costruzione Carminati & Toselli, la AB51, B61,B62,B71,B72 e la vettura saloncino AS81 destinata ai Capitani Reggenti e alle personalità importanti.

    Completavano la dotazione 18 carri tra chiusi, a sponde bassi e aperti, di costruzione Officine Meccaniche Piacentine di serie Fc, Lc, Pc.

    Le vicende: gli anni d’oro e la triste fine.

    Passato il clamore dell’inaugurazione, dal 1932 lungo tutti gli anni Trenta, il treno biancoazzurro diventò presto parte del panorama e delle abitudini delle popolazioni romagnole e sammarinesi, di cui favorì commercio e turismo: le caratteristiche turistiche del percorso, decretarono un buon successo della linea come meta di escursioni e nel periodo estivo la cosa si concretava nella messa in marcia di numerosi “treni popolari” coincidenti a Rimini con analoghi convogli delle FS.

    In un’epoca in cui il varcare le Alpi era privilegio per pochi, la nostra ferrovia aggiungeva alla bellezza del percorso, l’emozione del viaggio all’estero e del territorio che portava dal mare alla montagna in solo un’ora.

    Il fenomeno turistico, incrementato in alta stagione dagli stranieri superò addirittura ogni più rosea previsione.

    Il servizio reso dalla linea incontrava una generale soddisfazione e i ferrovieri aumentarono fino a 24 unità, esclusi operai e assuntori che erano altrettanti: il Direttore d’Esercizio, fu dal primo all’ultimo giorno l’ing. Brigidini insieme all’ing. Cannizzaro per il movimento e i rotabili e all’ing. Donati per gli impianti fissi.

    Purtroppo con il cambio di decennio, arrivò la guerra.

    Nel 1940, il personale della ferrovia venne dichiarato “militarizzato civile” e rimase al suo posto; mentre si riduceva il numero di turisti trasportati, il nostro treno fu invaso dalla popolazione riminese in cerca dei generi che ormai in Italia erano razionati.

    Nel 1943, il territorio italiano era ormai diventato teatro di aspri combattimenti e le condizioni di esercizio della ferrovia, diventavano sempre più difficili; materiali e archivi della ferrovia vennero trasferiti gradualmente a San Marino.

    La Segreteria di Stato sammarinese decise di utilizzare le 17 gallerie ferroviarie come rifugio antiaereo: vennero salvati ben 100.000 sfollati del territorio riminese che lì trovarono la salvezza da Rimini, distrutta per l’83%.

    Un ordine di servizio della SVEFT, limitò, dalla sera del 26 novembre 1943, il servizio al passaggio a livello della Colonnella, il cui casello fu promosso al rango di fermata.

    Il 26 giugno del 1944 gli inglesi bombardarono la Repubblica di San Marino per errore: la ferrovia fu danneggiata in diversi punti e centrata in pieno tra Valdragone e Domagnano, rimanendo interrotta; fu continuato nonostante tutto, un minimo di servizio fino al casello della Colonnella, contribuendo a portare ulteriormente in salvo, cose e persone e sfidando gli attacchi alleati.

    Gli sfollati ormai occupavano stabilmente tutte le gallerie e il 4 luglio 1944 il servizio venne sospeso.

    L’ultima corsa, venne effettuata la sera dell’11 luglio 1944: l’elettromotrice AB04, si portò un’ultima volta al casello della Colonnella, caricò materiali vari di biglietteria e poi giunta a Serravalle, si ricoverò nella galleria Cà Vir con le carrozze AB51 e B71 e tre carri, poi la sottostazione di Dogana tolse tensione per l’ultima volta.

    Finalmente la guerra finì.

    I danni subiti dalla nostra ferrovia erano numerosi e alcuni gravi, ma non irreparabili.

    Iniziarono diatribe tra l’Italia e San Marino su chi dovesse pagare i danni e procedere al recupero della linea, si susseguirono governi, incontri, riunioni, senza che nulla di concreto venisse poi stabilito, senza che si giungesse ad un accordo risolutivo.

    Nel 1957, la SVEFT, scaduta la concessione di 25 anni, si ritirò e il tronco di ferrovia ricadente in territorio sammarinese, divenne proprietà dello stato e nel 1958, con l’accordo italo-sammarinese per la costruzione della superstrada, venne posta la parola fine a tutte le varie argomentazioni.

    Vennero demolite le stazioni di San Marino e Borgomaggiore, rimossi manufatti, demoliti ponti.

    Con la chiusura dei rotabili ancora presenti sul piazzale della stazione di San Marino all’interno della galleria Montale, calò il sipario sulla nostra ferrovia.

    Situazione attuale.

    La ferrovia Rimini-San Marino non è mai stata ufficialmente dismessa, ma solo sospesa.

    Sono passati 67 anni dall’ultimo viaggio di quel piccolo sogno biancoazzurro.

    Nel 1988, con il progetto Italfer si è stati a un passo dal vedere finalmente riattivata la linea.

    Oggi la carrozza AB51, facente parte dell’ultimo convoglio è restaurata e posta sull’ex-viadotto ferroviario di Valdragone.

    Le elettromotrici AB02/04 non esistono più, ma i loro motori vivono oggi su un rotabile storico della linea Trento-Malé e il carro chiuso F23 ha trovato una seconda vita come carro addetto al trasporto biciclette sulla linea Genova-Casella, contemporanea della Rimini-San Marino.

    Rimini Marina esiste ancora, dal 1988 ospita un vivaio; il casello della Colonnella è sfitto, la fermata di Coriano-Cerasolo è abitata, mentre in territorio sammarinese troviamo ancora la fermata di Dogana, che ospita la sede degli scout sammarinesi, la stazione di Serravalle abitata, la fermata di Domagnano-Montelupo sede di una associazione di escursionisti e la fermata di Valdragone abitata.

    Le gallerie sono in parte chiuse, in parte aperte, tutte ancora esistenti, anche se in diverse condizioni, stessa cosa per i manufatti rimasti che resistono stoicamente al passare dei decenni.

    Al momento in cui scrivo, il governo sammarinese sta procedendo al restauro della galleria Montale e al recupero dei nove rotabili ancora presenti al suo interno.

    Rimini e San Marino hanno iniziato a prendere accordi per un collegamento alternativo alla superstrada: le strade sono tutte aperte e chissà che non si assista alla rinascita del trenino biancoazzurro, anche se in chiave moderna.

    Elisabetta Piccioni

  99. 103 pietro mitrione 26/07/2011 alle 10:09 PM

    Dopo qualche mese sono ritornato, in auto, alla stazione di Rocchetta S.A insieme ad alcuni amici della soprintenzenza di Avellino per scattare delle foto da utilizzare per una mostra fotografica che si terrà ad ottobre nell’ex Carcere Borbonico di Avellino. Abbiamo fotografato la storica pensilina della stazione, i cartelli indicatori che ancora evidenziano lo storico colore nero ferroviario, le arrugginite colonne idriche utilizzate per rifornire le locomotive a vapore, il ponte girevole per invertire il senso di marcia delle stesse, il fabbricato viaggiatori che, nella sua imponenza, ricorda i tempi gloriosi di questa stazione posta al vertice del triangolo formato dalle regioni: Campania, Puglia e Basilicata. Abbiamo, anche, assistito all’arrivo di un treno proveniente da Foggia ed in proseguimento per Potenza. Con piacere abbiamo assistito alla discesa dal treno di alcune famiglie provenienti dal Nord del nostro Paese, qualcuna andava a Monteverde ed altre a S.Angelo dei Lombardi. Purtroppo non hanno trovato il proseguimento per Avellino in quanto la ferrovia Avellino-Rocchetta è “sospesa” dal 13 dicembre 2010 e quindi nessuna coincidenza per Avellino, un altro segnale di arretramento della nostra Irpinia. Sono stati gli unici momenti di vita nella stazione per il resto solo silenzio e ricordi. La presenza umana costituita dall’arrivo di queste famiglie di emigranti che ritornavano ai loro paesi di origine hanno creato un piacevole “subbuglio” e dopo i saluti con i parenti che li aspettavano per accompagnarli in paese, ecco di nuovo la normalità fatta di silenzio e immensa desolazione. In questi pochi minuti di osservazione ho immaginato…………..qu​ello che poteva essere e non è stata la ns storica ferrovia ofantina. E’ stato proprio in questi frangenti che ho notato l’assenza del mio amico cane “ferroviere”, un cane di sesso femminile adottato dai miei colleghi ferrovieri della stazione di Rocchetta. Un canone che la faceva da padrone nello scalo ferroviario. Ricordo che ogni volta che arrivavamo a Rocchetta in treno ci accoglieva quando scendevamo dal treno e lentamente ci accompagnava per la stazione, nonostante la sua imponenza non faceva paura. Sicuramente aveva imparato i ritmi della stazione, il rumore dei treni, il suono della campanella, e forse anche gli orari di arrivo e partenza degli stessi. Insomma un vero cane ferroviere fedele al suo lavoro. Ho saputo che anche questo cane, come tante altre cose, non c’è più nella stazione. Il mio amico cane della stazione di Rocchetta è morto stritolato da un treno… lui che sapeva tutto della stazione. Mi hanno raccontato l’episodio e mi sembra una cosa di una struggente emozione che voglio farvi conoscere. Un cane dalmata, anch’esso di sesso femminile, suo compagno di giochi era rimasto incastrato con una zampa in uno scambio e non riusciva a svincolarsi. Il cane “ferroviere” ha provato a liberarlo ma senza successo, mentre il treno proveniente da Potenza avanzava. Il macchinista ha fischiato, sicuramente lo conosceva, ma il cane “ferroviere” non si è mosso, non scodinzolava, in segno di saluto, come le altre volte. Ha preferito essere fedele al suo amico ed insieme sono rimasti sono rimasti schiacciati dal treno, proprio come succede, purtroppo, ai ferrovieri.
    Forse anche per questi cani la stazione di Rocchetta stava diventando inutile……..

  100. 104 pietro mitrione 29/07/2011 alle 7:52 am

    Ci sono storie che non vengono raccontate perché si perdono nella ruggine di una stazione dismessa, o nella muffa di una casa abbandonata. Quelle storie forse sono però quelle che emozionano di più, come quella di un cane ferroviere che, ligio al suo dovere, ogni giorno scodinzolava al passaggio dei treni, accompagnava i passeggeri fino all’uscio della stazione, e vigilava sulla dormiente tratta dell’Avellino – Rocchetta, nell’attesa di rivedere un altro treno passare e altri passeggeri scendere per rubare una carezza. Quel cane ferroviere era un po’ un’istituzione nella stazione ferroviaria di Rocchetta Sant’Antonio, più presente di un macchinista, e forse più docile di un ferroviere in pensione. Trascorreva le sue giornate accogliendo chi scendeva dai vagoni dei vecchi treni fumeggianti, non per il vapore, ma per i vecchi motori a diesel, per poi accompagnarlo lentamente per la stazione. Nonostante la sua imponenza, non faceva
    paura: era, infatti, un cane che sapeva rispettare i passeggeri con la stessa cordialità che dovrebbe avere un capo stazione. Sicuramente aveva imparato i ritmi di quei luoghi, il rumore dei treni, il suono della campanella, e forse anche gli orari di arrivo e partenza degli stessi. Insomma, un vero cane ferroviere fedele al suo lavoro.
    Purtroppo, però, come la storica tratta che faceva di questa stazione “la Bologna del Sud”, cancellata da una balorda regola dei numeri, anche quel fantastico cane ferroviere non c’è più. Il suo destino si è concluso sotto uno di quei treni che con ansia quotidianamente aspettava. Strano destino per lui che sapeva tutto della stazione:
    infatti, la sua morte è legata ad un atto eroico degno di fregiarsi di quel cappello rosso riservato solo ai capostazione. Con lui giocava un cane dalmata, da sempre il suo compagno di avventure fino alla fine, come in quell’ultima volta, quando nel vagabondare tra i binari, il dalmata è rimasto incastrato con una zampa in uno scambio e non riusciva a svincolarsi. Il cane “ferroviere” ha provato a liberarlo, ma senza successo, e, mentre il treno proveniente da Potenza avanzava, abbaiava, si divincolava e cercava di catturare su di sè l’attenzione, per cercare di aiutare quel compagno di avventure. Momenti concitati che sembravano trascorrere a rallentatore, come in una vecchia pellicola in bianco e nero: il macchinista che fischia per cercare almeno di allontanarlo dalla sua compagna lì incastrata, ma il cane “ferroviere” non si è mosso, non scodinzolava, in segno di saluto, come le altre volte e ha aspettato inesorabilmente lo stridio delle rotaie che frenavano senza successo sulla strada ferrata. Ha preferito essere fedele alla sua amica, ed insieme sono rimasti in quel punto fino all’impatto, proprio come succede, purtroppo, ai ferrovieri. Il macchinista visibilmente toccato da quanto successo si è precipitato sui binari ma purtroppo non c’era niente da fare, e con rassegnazione ha dovuto salutare con un ultimo intenso fischio quel suo amico-collega, fedele fino all’ultimo al suo dovere di cane ferroviere.
    Andrea Gisoldi

    (comparso su IL MATTINO DI FOGGIA del 28 luglio 2011)

  101. 105 pietro mitrione 29/07/2011 alle 9:15 PM

    in questi anni hanno impegnati allo spasimo alcuni comunitari per ripristinare la mitica linea ferroviaria Avellino – Rocchetta sfidando sordità e incomprensioni, disattenzioni e motivazioni strettamente tecnico-economiche. Nessuna firma “a futura memoria” può salvaguardare una eventuale e postuma “cattiva coscienza” Non ci sono politici o burocrati che in Irpinia possono salvare questo nostro sogno-reale. Questa è la strada ferrata che porta noi ,i nostri amici,ospiti e turisti al cuore del nostro sogno attraverso il meglio autentico e naturale della nostra bella e verde Irpinia e “i piccoli paesi dalla grande vita”.La ferrovia è lo strumento, il mezzo che noi offriamo ai nostri amici “vicini e lontani” per entrare nel corpo e nell’anima della nostra terra. Noi comunitari usiamo tutti i nostri artifici e magicherie per amore dell’Irpinia .Il vecchio e rumoroso treno per noi equivale a un libro o una poesia di Franco Arminio, un racconto intrigante di Andrea Di Consolo, una magica canzone di Vinicio Caposele, uno struggente blues di Pasquale Innarello, le sonorità arcaiche e poetiche di Gaetano Calabrese ….si può entrare nell’anima dell’Irpinia facendosi trasportare in bella e allegra compagnia tra gli stridenti rumori ferrieri di una vecchia e vitale locomotiva .Una locomotiva poco pretenziosa a scrivere Storia come nella canzone di Guccini ma vecchie e “piccole storie ignobili” di contadini e pastori nei viaggi tra paesi,campagna e città. Una locomotiva che ispirava i sogni e le paure dei bambini e “…. sembrava fosse un mostro strano -che l’uomo dominava con il pensiero e con la mano: ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite, -sembrava avesse dentro un potere tremendo…..” Mi piace infine ripetere la citazione di Paolo Rumiz che interpreta l’eventuale dolore e l’ulteriore crepa nella dolorante e terremotata terra d’Irpinia come scongiuro ad una eventualità della sua soppressione .Egli così ce la ricorda: “ Cactus, cicale.- scrive nel suo romanzo “Italia in seconda classe”- Il treno si ferma in stazioncine deserte senza capostazione, senza biglietteria. Alcune sono murate, altre distrutte dai vandali. Sempre i banditi? No, la globalizzazione. Sono i rami secchi, potati dai governatori dei flussi. In burocratese si chiamano stazioni “impresenziate”, astuto eufemismo per mascherare lo smantellamento. La fine dei territori comincia così, col bar e la panetteria che chiude, poi con le stazioni del silenzio. Sento che comincia il viaggio in uno straordinario patrimonio dilapidato. ”

  102. 106 avellinorocchetta 09/08/2011 alle 4:21 PM

    LA FERROVIA OFANTINA: UNA OPPORTUNITA’ PER I PICCOLI PAESI
    Lettera aperta a Franco Dragone
    Avellino.-.Rocchetta Sant’Antonio, e il pensiero va al fischio del treno che sentivi nella valle; al bel ponte con le arcate di mattoni rossi sul Sabato ad Atripalda; a quel vagone azzurro, che vedevi transitare al passaggio a livello e ti stupiva per l’esiguo numero dei passeggeri; alle storie del vecchio ferroviere che raccontava della fatica di alimentare la locomotiva a carbone negli anni del dopoguerra o dello straordinario lavoro fatto nel primo dopo terremoto dell’80 allorquando i primi aiuti e ricovero per i terremotati arrivarono in treno. Per anni carri ferroviari furono le abitazioni per migliaia di persone di un territorio “ballerino”.
    Dal 13 dicembre 2010 qualcuno, poco a conoscenza del valore paesaggistico, ambientale e storico di questa tratta ferroviaria, ha deciso di “sospenderla”: un modo elegante per determinarne la morte nel silenzio colpevole di chi poteva e può ancora evitare questo ulteriore scippo alla nostra provincia. Fra i tanti provvedimenti che stanno penalizzando l’Irpinia questo è quello che meno colpisce nell’immediato ma è quello che meglio rende evidente lo stato di abbandono delle infrastrutture del nostro territorio.
    Paolo Ruiz ha scritto “la fine dei territori comincia così, col bar e la panetteria che chiude, poi con le stazioni del silenzio. Sento che comincia il viaggio in uno straordinario patrimonio dilapidato. ” sembra una profezia dedicata alla nostra Irpinia!
    In questi giorni tanti stanno discutendo dell’avvenire dei piccoli paesi tanti dei quali legati alla storia della ferrovia Avellino-Rocchetta. A Cairano, addirittura, Franco Dragone, il fondatore del cirque du soleil, ed altri artisti stanno sperimentando un progetto per valorizzare turisticamente questa parte della nostra Irpinia. Una idea che tiene insieme territorio e paesaggio elementi caratterizzanti questi luoghi così lontani dai circuiti turistici tradizionali. E’ possibile legare questi progetti alla valorizzazione della ferrovia Avellino-Rocchetta? E’ pensabile che operatori economici possano intervenire economicamente, in sinergia con le istituzioni locali, per programmare iniziative turistiche in treno come accade in Toscana, in Lombardia, in Sicilia ed in altre parti d’Italia? E’ proponibile estendere questi eventi alla partecipazione delle scuole in modo da far conoscere l’Irpinia ai tanti studenti che, forse, nemmeno ne conoscono la bellezza paesaggistica? Altrove queste iniziative hanno avuto un grande successo, da noi, invece, hanno deciso, inopinatamente, di cancellare la storica ferrovia Ofantina tanto cara a Francesco de Sanctis e Giustino Fortunato.
    Si tratta di proporre un viaggio in treno che penetra nel cuore della nostra Irpinia: un susseguirsi di terre coltivate, vigneti e boschi, case sparse e paesi, chiese, casolari diroccati ma soprattutto tanti corsi di acqua (Sabato, Salzola, Calore, Ofanto) talvolta color smeraldo, tal altra torbida e gialla per i residui di terra che violente piogge hanno reso tali, passando per l’Oasi di Conza e fino al lago San Pietro. Man mano che ci si allontana da Avellino il paesaggio diventa mutevole, sempre più spesso appaiono colline coltivate a cereali, a volte sembrano terre senza tempo, se non fosse per la linea elettrica che di tanto in tanto ti riporta all’oggi. Si attraversano stazioni, forme morte, con le loro porte e finestre murate, che provocano una stretta al cuore. Infine appaiono le pale eoliche, che ad alcuni possono sembrare ingombranti per l’impatto sul territorio, ma che sono l’espressione dell’unica strada che abbiamo, l’energia alternativa, se vogliamo lasciare un mondo vivibile ai nostri nipoti. Si vedono quei bracci enormi girare incessantemente, ma ancora non ci si rende conto della forza che li muove, si capirà lassù sulle sommità dei paesi altirpini, quando un forte vento tagliente costringe a coprirsi la faccia, ma non si rinuncia allo spettacolo di un paesaggio ampio e silente, quasi del tutto disabitato seppure curato, un susseguirsi di colline dal dolce pendio tra le quali si intravede Lacedonia o Sant’Agata di Puglia, arroccata sulla collina. Vengono in mente le parole di Francesco de Sanctis a proposito del suo paese, appena visto dal suo nucleo industriale: “Non c’è alcun morrese che non possa dire: io posseggo con l’occhio vasti spazi di terra”.
    Il grande critico aveva anche previsto: “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia e in picciol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”. La linea ferroviaria, infatti, arrivò nel 1895 e segnò una tappa importante per superare l’isolamento che contraddistingueva le contrade dell’Alta Irpinia. (In quell’epoca Rocchetta Sant’Antonio era parte della nostra provincia; ne sarà staccata alla fine degli anni 30, quando entrò a far parte della Provincia di Foggia). La ferrovia divenne un mezzo di trasporto agevole per i prodotti agricoli del territorio, ma amaro per migliaia di uomini: non è immaginabile il numero di emigranti che l’hanno percorsa per raggiungere le terre europee o d’oltreoceano da cui inviavano quelle rimesse di danaro che contribuivano a risollevare la situazione economica di queste zone e, in generale, con i depositi postali, a finanziare tante opere pubbliche italiane.
    Successivamente, con la costruzione di nuove vie di comunicazione, la ferrovia è stata utilizzata sempre meno, fino a far registrare la sua attuale quasi soppressione. E’ chiaro che, nell’era dell’alta velocità, non è pensabile una locomotiva che percorre, quasi priva di passeggeri e in due ore e mezza la distanza tra le due località. Ma proprio gli elementi che ne determinano la passività sono fondamentali per proporre un diverso uso, puntando l’attenzione sul loro valore paesaggistico, storico ed architettonico.
    In Irpinia, ad opera di pochi pionieri è sorta una associazione, meglio dire un gruppo di appassionati, “In-loco-motivi” _ Il treno irpino del paesaggio che si propongono:
    – “la dichiarazione di importanza storico-culturale” della tratta;
    – “iniziare un lavoro didattico nelle scuole”;
    – “la conoscenza del territorio e delle sue potenzialità ambientali, storiche, architettoniche,
    Quante gite scolastiche vengono organizzate ogni anno, con trasporto su strada e in località lontane, quando luoghi bellissimi e a portata di mano sono ignorati? Quanti bambini e ragazzi sognano di fare un viaggio in treno e non l’hanno mai fatto? Questi paesi sono ricchi di testimonianze storiche e archeologiche (Compsa), di realtà museali (Aquilonia, , Nusco, S. Andrea di Conza, Calitri, Cairano,), di castelli, molti dei quali ristrutturati (Rocchetta, Monteverde, Bisaccia, Ruvo del Monte, Torella dei Lombardi, Gesualdo, Morra ). Quanti ragazzi li conoscono? Potrebbe essere la ferrovia dei castelli, dell’arte, del paesaggio.
    Ci sarebbe da fare, poi, il discorso del rilancio turistico, tema sempre presente. Negli ultimi decenni, certo, alcune località hanno visto aumentare il numero di visitatori; molto meno i paesi dell’Alta Irpinia; ma fa ben sperare per il futuro l’iniziativa e la buona volontà di associazioni che vedono la partecipazione di tanti giovani, come l’ “Associazione LiberaMente” di Rocchetta, che non si rassegnano al destino di declino al quale per molti anni questi paesi sembravano condannati. D’altronde, il grandissimo numero di turisti che richiama ogni anno la manifestazione “Grande spettacolo dell’acqua”, organizzata a Monteverde, dimostra che quando si propone un prodotto di alta qualità la gente risponde con entusiasmo.
    Non è un caso se Calitri è stato riconosciuto come una delle nove località al mondo dove si può meglio vivere la Terza età. Calitri, sede di un rinomato Istituto statale d’Arte, che forma ceramisti che nulla hanno da invidiare a località ben più rinomate, non potrebbe che avere dei benefici dal raggiungimento degli obiettivi suddetti. Ci sarebbe poi il turismo enogastronomico. Questa linea ferroviaria attraversa paesi che hanno raggiunto una rinomanza internazionale per la produzione di eccellenti vini, il Fiano, l’Aglianico e il Taurasi, o prodotti che hanno ottenuto il riconoscimento IGP, come la castagna di Montella, o il tartufo nero di Bagnoli Irpino. Per non parlare dei prodotti dell’industria casearia, degni di figurare tra i migliori in Italia come i latticini e, in piccola parte, il caciocavallo podolico.
    E’ troppo pensare che questo treno un giorno possa accompagnare numerosi gruppi di turisti in queste località? E’ utopico sperare che possa contribuire, sia pure in piccolissima parte, a fermare quello che sembra un inarrestabile processo di depauperamento dell’Irpinia a causa di un’emigrazione, soprattutto giovanile sempre troppo elevata? Già, l’emigrazione: questo è stato il tema di un brano scritto da Franco Arminio, il “paesologo” di Bisaccia che nei suoi scritti analizza senza pietà la realtà di questi paesi: “Chi visita i paesi d’estate o la domenica ne cattura un’impressione del tutto illusoria: il piacere del silenzio, del buon cibo, aria buona. Tutto questo è solo una facciata, una realtà apparente che nasconde un’inerzia acida, un tempo vissuto senza letizia” […] Se i sani scappano lontano, nel paese restano i malati”. Siamo costretti a riflettere su queste comunità che vedono diminuire inesorabilmente il numero dei loro abitanti, ma dove ancora c’è chi non si arrende, e lotta perchè il domani possa essere diverso.
    Associazione amici della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta

  103. 107 pietro mitrione 19/09/2011 alle 8:06 am

    Stefania Marotti
    La storia dell’Avellino- Rocchetta S. Antonio, la tratta ferroviaria istituita ed inaugurata, nel 1860, da Francesco De Sanctis, ma abolita nel dicembre scorso, diventa un film. Ad ottobre, il primo ciak di “Ultima fermata”, per la sceneggiatura e la regia dell’irpino Giambattista Assanti. Internazionale il cast degli attori, con Claudia Cardinale, la splendida Angelica del “Gattopardo” di Luchino Visconti, Maria Grazia Cucinotta, l’affascinante interprete de “Il Postino”, Enrico Lo Verso, l’attore preferito di Gianni Amelio, e Philippe Leroy, l’impareggiabile Yanez dello sceneggiato televisivo “Sandokan”. Una storia che vuole anche rendere omaggio a quanti, ogni giorno, riponevano in un viaggio in treno la speranza di una vita migliore, lasciando i luoghi aspri della provincia irpina alle spalle, per cercare fortuna altrove. Nel centocinquantesimo anniversario della fondazione dello stato unitario, il film diventa l’occasione per ricordare, sia pure indirettamente, l’impegno di un grande intellettuale e politico della nostra terra, Francesco De Sanctis, che, sostenitore di Giuseppe Mazzini, aderì al Partito d’Azione, adoperandosi per la costituzione dell’Italia repubblicana. La linea di percorrenza dell’Avellino- Rocchetta, considerata uno dei rami secchi della nostra rete ferroviaria, ritorna a prendere vita, animandosi di uomini e donne, con le loro storie ed i loro fardelli, grazie alla tenacia di Giambattista Assanti, che ne ha scritto il copione per il film in cui hanno creduto alcuni grandi nomi del mondo della celluloide. Il direttore della scenografia, infatti, è Paolo Innocenzi, che affianca Roul Bova fin dagli esordi, mentre il direttore della fotografia è Roul Torresi. A produrlo, Pietro Innocenzi, il fondatore di Globe Cinema, vincitore del David di Donatello e dell’Oscar europeo come miglior produttore. “E’ una storia che si snoda sulla nostalgia dei sentimenti, ma anche sulla riscoperta dei legami familiari- commenta Assanti- Gli interpreti principali rivivono il rapporto dolce-amaro con la propria terra, i propri cari, ma imparano a rileggere il vissuto con una sensibilità più matura, che nasce dall’esperienza e dalla consapevolezza dei loro mutamenti interiori. Le riprese inizieranno il 17 ottobre. Si lavorerà intensamente per cinque settimane, regalando al pubblico uno spaccato dei paesaggi della nostra provincia. Montefalcione, Calitri, Cairano, Lacedonia, Morra De Sanctis, Sant’Andrea di Conza, con il loro fascino e con il loro patrimonio artistico, saranno i luoghi del film, che toccherà, naturalmente, anche Rocchetta Sant’Antonio, i Laghi di Monticchio, Rupo ed Avellino. Un lavoro che promuove il territorio e la sua storia in un momento molto difficile per l’economia e che può essere sentito come un prodotto nostro, dell’Irpinia. Il film, infatti, fruirà della tax credit, la nuova formula che prevede l’ingresso del marchio delle aziende nella realizzazione cinematografica. Ciò significa che gli imprenditori potranno valorizzare le loro specialità tipiche, penso, in particolare, alla filiera enogastronomica, tra le eccellenze non solo della nostra provincia, ma del made in Italy”-. Importante il ruolo dei partner del territorio, il cui contributo può essere decisivo per la costituzione del set cinematografico. “Ho già interpellato il presidente di Confindustria Sabino Basso, il direttore generale di Banca della Campania Francesco Fornaro ed il direttore artistico di Aspettando Giffoni Alfonso Scarinzi, l’ingegnere D’Agostino dell’Associazione dei Costruttori Irpini. Il loro entusiasmo, la loro voglia di far crescere il nostro territorio con un’iniziativa di qualità e la partecipazione dei grandi protagonisti del cinema internazionale, saranno determinanti per l’avvio delle riprese del film. Confido molto anche nella sensibilità delle istituzioni, nell’attenzione del presidente della Provincia Cosimo Sibilia. Spero che un anno e mezzo di fatica possa essere coronato dalla fiducia dei conterranei. Oltre a promuovere l’Irpinia, il film contribuisce a mantenere alto il dibattito sulla dismissione della tratta ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio. Alle riprese, infatti, parteciperanno gli ex ferrovieri, i loro figli, i nipoti. Questa linea di percorrenza racconta, con i suoi centocinquantuno anni, la storia di tante generazioni di uomini, di donne, di bambini che ne hanno popolato i binari. A loro, alla loro sofferenza, al loro lavoro è dedicato il film. Il mio sogno è che a pronunciare le fatidiche parole “motore, azione, ciak” siano gli attori sociali dell’Irpinia”-.

  104. 108 pietro mitrione 22/09/2011 alle 9:32 PM

    Stefania Marotti
    Fermento tra gli operatori culturali della nostra provincia per il primo ciak, fissato il 17 ottobre, di “Ultima Fermata”, il film scritto e diretto dall’autore irpino Giambattista Assanti. L’importanza della tratta ferroviaria Avellino Rocchetta Sant’Antonio per l’evoluzione sociale e lo sviluppo dei comuni dell’hinterland rivive con il cast internazionale di attori composto da Claudia Cardinale, Philippe Leroy, Maria Grazia Cucinotta ed Enrico Lo Verso. La linea di percorrenza, infatti, racconta il vissuto di tanti pendolari e degli emigranti alla ricerca di una vita dignitosa, lontano dalla fame e dalla miseria. Sebbene dismessa lo scorso dicembre, la tratta ferroviaria ispira, oltre alla trama del film, tante proposte culturali, per rivitalizzare una provincia ricca di storia e di arte. “ Abbiamo presentato alla Regione- commenta l’assessore provinciale al turismo Raffaele Lanni- il progetto “Cometa 2011”, che prevede, nel periodo natalizio, l’attivazione di una serie di corse gratuite da Napoli a Bagnoli Irpino, utilizzando il percorso dell’Avellino Rocchetta. Giunti in Irpinia, i turisti disporranno delle navette, messe a disposizione degli albergatori, per gli spostamenti. Inoltre, puntiamo sul turismo scolastico nazionale nelle nostre zone, con la diffusione di brochure informative per invogliare alle gite culturali nella nostra provincia, visitando i musei, le aree archeologiche, con l’utilizzo dei vagoni ferroviari”-. La locomotiva, con il suo fascino antico, si trasforma in suggestivo palcoscenico per le rappresentazioni culturali. “ Il Treno delle Cento Porte- spiega il direttore del Museo Etnografico di Aquilonia Donato Tartaglia- è il progetto stilato con la partecipazione delle amministrazioni di Montella, il comune capofila,Taurasi, Morra De Sanctis, Bisaccia, Torella dei Lombardi, Sant’Angelo dei Lombardi e Monteverde. Prevede, per la prossima estate, un viaggio culturale, con rappresentazioni teatrali e multimediali all’interno del treno. Il Museo Etnografico fornirebbe un supporto per l’accompagnamento e le visite guidate, grazie alla stesura di protocolli d’intesa con le società operanti nella promozione turistica e territoriale. Lo scorso anno, questo progetto era stato escluso dai finanziamenti regionali, essendosi classificato ventunesimo, mentre l’accesso ai fondi era previsto per i primi venti. Sono stati apportati i correttivi richiesti e speriamo nella sua approvazione per dare impulso al turismo delle aree interne, con un viaggio nella cultura dei nostri luoghi”-. La crisi economica internazionale, tuttavia, impone un’attenta analisi del rapporto tra costi e benefici, come osserva il vice- presidente della Regione Campania Giuseppe De Mita. “La linea ferroviaria dell’Avellino Rocchetta è uno dei cardini della nostra storia,- commenta- ma bisogna valutare con attenzione l’entità dell’incremento turistico dovuto al suo eventuale ripristino. La tratta, infatti, necessita degli interventi per la messa in sicurezza, i cui costi si aggirano, in una previsione ottimistica, sui 300- 400 milioni di euro, mentre per la gestione occorre un investimento di circa due milioni di euro. Certamente, la valorizzazione delle bellezze naturali e paesaggistiche dell’Irpinia favorisce il turismo e l’economia, ma l’investimento di ingenti risorse finanziarie non può essere finalizzato alla realizzazione di eventi-spot, ma deve coprire un lungo periodo di attività, per consentire un incremento significativo di presenze sul nostro territorio. Se il progetto culturale trasforma il nostro hinterland in un attrattore suggestivo, che rilancia l’economia locale con un considerevole afflusso turistico, il finanziamento ha una sua logica”-. La tratta ferroviaria ha ancora una sua vitalità. “ Siamo convinti- conclude Pietro Mitrione, presidente di In Loco Motivi- che la linea Avellino- Rocchetta può diventare un attrattore culturale con un’incisiva azione di marketing”-.

  105. 109 pietro mitrione 27/09/2011 alle 6:55 PM

    dal Mattino del 27 sett 2011
    Sembrerebbe paradossale parlare di riapertura di una vecchia tratta ferroviaria, di ridarle nuova vita in un periodo di crisi economica, un tempo in cui chiudono ospedali e fabbriche ed è a rischio il quotidiano di ognuno di noi; ma forse è proprio questo il momento in cui si dovrebbe investire e rischiare in percorsi completamente diversi da quelli battuti fino ad oggi, e questo, crediamo, per due motivi: in primis perché se i percorsi di sviluppo economico battuti fino ad ora non hanno portato a nulla forse è il momento di intraprenderne di nuovi e poi perché, oggi, una nuova strada potrebbe donare speranza ad un territorio che sembrerebbe destinato a non averne più.
    In queste ultime settimane il problema del trasporto pubblico locale nella nostra provincia ha mostrato tutta la sua vulnerabilità in quanto l’aver affidato al sistema unimodale su gomma la mobilità dei nostri concittadini sta dimostrando la sua incapacità a reggere la sempre più crescente domanda di trasporto. Oggi ci si rende conto di quanto poco lungimirante sia stata la programmazione del trasporto pubblico nel non aver previsto una moderna ed efficace politica di integrazione ferro-gomma. Il progressivo abbandono della rete ferroviaria nelle zone interne è lo specchio di questa situazione: Avellino è l’unica provincia della Campania a non essere collegata con Napoli, altro che metropolitana regionale, che subisce tagli sulle relazioni con Salerno e Benevento ed assiste impassibile alla dismissione della linea Avellino-Rocchetta, unico asse di penetrazione su ferro nelle zone del “cratere”. Si può dire tranquillamente che per L’Irpinia la ferrovia è ormai una infrastruttura residuale.
    Ormai quasi un anno fa chiudeva, eufemisticamente dicono sospesa, una tratta che da 120 anni percorreva il territorio irpino. Negli ultimi due anni il progetto InLoco_Motivi, realizzato da volontari e senza scopo di lucro, aveva portato su quella tratta un numero consistente di persone con il solo scopo di promuovere il territorio, le bellezze naturali ed architettoniche, le tradizioni agricole, gastronomiche e culturali. Sia i promotori che i fruitori hanno visto nel progetto potenzialità interessanti e in anno di chiusura numerosissime e quotidiane sono state le richieste di partecipazione alle quali per ovvie ragioni si è dovuto rispondere negativamente. Solitamente si dice che un progetto non è proficuo quando non esiste domanda, noi in due anni siamo riusciti a costruire un’offerta che ha prodotto una domanda quasi costante che solo governatori miopi non riescono a vedere, o non vogliono.
    Ora leggiamo che per riaprire la tratta e iniziare nuovamente i nostri percorsi turistici servirebbero milioni e milioni di euro, per messa in sicurezza e gestione e che questi investimenti non avrebbero ritorni economici sufficienti a giustificarli, soprattutto se la tratta venisse utilizzata solo per eventi-spot. Tutto questo a distanza di soli dieci mesi dalla sua sospensione e dalla esecuzione di lavori mentre la linea era chiusa. Ciò che abbiamo fatto in due anni non era un evento spot, era un progetto di utilizzo costante ed innovativo della tratta che creava o avrebbe creato se strutturato a dovere un indotto spalmato sull’intero territorio. Mai uno solo dei viaggi di ritorno è stato caratterizzato da lamentele o critiche, le persone avevano “speso” ed erano tutte rimaste soddisfatte ma soprattutto felici, di aver vissuto una giornata diversa e aver conosciuto luoghi nuovi. Parliamo di un’organizzazione di evento “fatta in casa”; l’”evento”sebbene ben strutturato, non aveva un marketing eccessivamente organizzato, l’unica pubblicità era il passaparola, al massimo la comunicazione su social network, qualche volta un articolo di giornale, eppure i treni erano sempre pieni. Siamo passati da un’utenza iniziale fatta di soli irpini ad un utenza regionale e, a volte, nazionale ma anche di viaggi scolastici: quelli realizzati hanno avuto enorme successo, riscontrando il favore di studenti e docenti che ne hanno colto il grande valore didattico. Le richieste delle scuole già protocollate, al momento della chiusura, erano 2500.
    Possiamo provare ad immaginare cosa succederebbe se un progetto del genere fosse meglio strutturato ed organizzato, se alle spalle ci fosse un partenariato pubblico-privato che potesse mettere assieme Provincia, Regione, FS e imprenditori locali, come succede in tante regioni italiane? Possiamo immaginare cosa succederebbe se si riuscissero a canalizzare i flussi del turismo napoletano attraverso pacchetti che offrano una “due-giorni” nel cuore dell’Irpinia inserita, per esempio, nei tour archeologici che includono Pompei ed Ercolano a Napoli, e Avella, Atripalda, Conza ad Avellino, o percorsi sul tema dei castelli o delle tradizioni contadine, percorsi naturalistici e tutti quelli che la fantasia può mettere a disposizione di imprenditori lungimiranti?
    E’ possibile provare a sedersi attorno ad un tavolo con carta e penna, richiamare tutti coloro interessati e verificare realmente i pro e i contro materiali ed immateriali di un progetto del genere? E’ possibile non fermarci a un “niet” e trovare un momento di confronto reale in cui enti, imprenditori e associazioni possano discutere della convenienza del progetto? Vorremmo non doverci accontentare di cifre buttate lì senza motivazione ma provare a verificare se quelle cifre siano reali e se esiste la possibilità di investire seriamente.
    L’assessore De Mita conosce bene il progetto PAIN, un Grande Programma di sviluppo che va sotto il nome “La Via del vino tra i castelli d e l l ’ I r p i n i a verde” che la Regione ha dimenticato in un cassetto. Un progetto (che risale alla Giunta Bassolino) che prevede interventi per 100 milioni di euro e che punta alla valorizzazione delle risorse identitarie irpine ed a creare una rete integrata territoriale che va dalla Valle del Sabato alla Valle dell’Ofanto. Forse lo stesso conosce anche i tabulati delle necessità economiche ma noi conosciamo i tabulati dei desiderata di chi ancora ci contatta da tutta l’Italia per partecipare ai nostri “eventi-spot”: mettiamo insieme questi numeri e questi progetti e verifichiamo solo dopo cosa si può realmente fare.
    Invitiamo ufficialmente l’Assessore a discutere con noi del progetto, assieme a tutti coloro che credono possibile un investimento del genere in questo territorio.
    Abbiamo il dovere, nel tempo che stiamo vivendo, di immaginare un futuro migliore possibile e i nostri governatori sono tenuti ad immaginarlo con noi e a provare a realizzarlo.
    Sperando che il “ciak” del film di Assanti, riguardante la nostra storica ferrovia Ofantina, non sia un “Amarcord”.
    Valentina Corvigno
    Pietro Mitrione
    Associazione In_loco_motivi

  106. 110 pietro mitrione 05/10/2011 alle 4:48 PM

    LA RINASCITA DELLA CEVA-ORMEA

    Un esempio da imitare

    Nuovi progetti e un museo per una linea storica
    È un fischio che, non più di dieci volte al giorno, squarcia il silenzio della vallata. Due piccole carrozze che armoniosamente si inseguono e percorrono la via di cui i binari ne indicano la direzione. Fra le colline prima verdi poi innevate, sopra e quasi al fianco del fiume, nel bel mezzo dei piccoli centri abitati, il treno viaggia tranquillo all’interno della Valle Tanaro. È il piccolo treno della linea ferroviaria Ceva-Ormea, una breve diramazione della direttrice Torino-Savona, una linea nata inizialmente come collegamento internazionale, diventata presto però ramo secco.

    Il progetto iniziale prevedeva la costruzione di una linea di valico che collegasse Ceva a Imperia, utilizzando un tunnel che avrebbe dovuto passare sotto il Colle di Nava. Ma nel 1893 fu inaugurato il tratto che collegava con Ormea e fu quindi chiaro, a quel punto, che la linea non avrebbe più avuto prolungamenti. Anche perché nel frattempo erano iniziati i lavori della ferrovia Cuneo-Nizza-Ventimiglia, molto più importante dal punto di vista commerciale e soprattutto militare, la quale rendeva completamente inutile il prolungamento della Ceva-Ormea fino ad Imperia.

    Trattandosi di una linea inserita in una rete elettrificata in corrente alternata trifase, nel 1938 anche la Ceva-Ormea venne elettrificata utilizzando il medesimo sistema. Nel 1976, però, venne de-elettrificata ed automatizzata con automotrici diesel, a causa della scarsa importanza che ricopriva. Tutta la palificazione e la doppia catenaria furono asportate, la sottostazione elettrica di Garessio restò abbandonata, come i grandi fabbricati delle stazioni con gli enormi piazzali costruiti per accogliere lunghi treni destinati a un traffico internazionale che non c’è mai stato. Ora rimangono lì, muti testimoni di quel che doveva essere e invece non fu.

    Col tempo la Ceva-Ormea, con i suoi pochi passeggeri e uno scarsissimo servizio merci al raccordo di Garessio, cadde in un profondo passivo e le Ferrovie dello Stato erano decise alla soppressione, alla stregua di tante altre linee secondarie chiuse con l’ormai famoso decreto Signorile del 1985. Iniziò da qui un periodo molto difficile per la piccola e antica linea ferroviaria, che è riuscita nel tempo a mantenersi viva grazie alla passione e all’impegno delle amministrazioni dei vari comuni interessati e anche degli abitanti. Di quei piccoli centri attraversati dal treno che sono Ceva, Nucetto, Bagnasco, Pievetta, Priola, Garessio, Trappa, Eca Nasagò e Ormea. Luoghi che avrebbero enormi difficoltà senza questa fondamentale fonte di spostamento.

    Poche corse al giorno e non molti i passeggeri, ma in fondo tutto proporzionato a quella che è la zona, piccola e poco abitata. Ma il treno rappresenta un punto di riferimento dal quale non si può prescindere. Infatti, sono comunque in buon numero gli studenti e i lavoratori che ogni giorno fanno uso del treno per i loro spostamenti da pendolari. Un treno che non rappresenta solo un mezzo di trasporto pubblico, ma che è qualcosa di più. È storia ed è un bene della comunità.

    Proprio per tutelare questo patrimonio, nel 2009 è nato il Comitato per la valorizzazione delle ferrotranvie in Alta Val Tanaro e Ponente Ligure, che si è concentrato in particolar modo sul tratto Ceva-Ormea. La linea ha così potuto sopravvivere e il piccolo treno non fermare le sue corse attraverso quello splendido paesaggio della Valle Tanaro. Percorrere anche solo un pezzo della Ceva-Ormea è tuffarsi nella natura della valle, fra le sue campagne e le sue alture. Qui tutto è più piccolo e più vicino.

    Di qui nasce anche l’idea di un museo della Ceva-Ormea. Il museo sorgerà a Nucetto, proprio vicino alla vecchia stazione ormai vuota e spoglia, nella quale il treno effettua le sue fermate ma dove da anni non ci sono più biglietteria e sala d’attesa. Lì accanto, il vecchio deposito si sta subendo i lavori che lo trasformeranno nella galleria espositiva. Al suo interno sarabbo allestite mostre permanenti e temporanee sulla linea ferroviaria e sulla ex miniera di carbone della frazione Livrato. Un progetto che è stato possibile realizzare grazie a fondi regionali del bando per i 150 anni dell’Unità d’Italia e che prosegue anche grazie alla collaborazione e la supervisione del Museo Ferroviario Piemontese.

    Un progetto importante, che si spera non rischi più di essere soppressa. Nonostante i tagli e la grande crisi economica, in questi ultimi anni si è risollevata e sta ora riuscendo a mantenersi attiva. La zona in cui sorge, la Val Tanaro, è un’area disagiata nelle vie di comunicazione, in quanto la strada principale che la attraversa, la Statale 28, è da anni al centro di polemiche sulla sua insicurezza e pericolosità. Dopo prolungate piogge sono frequenti le frane e gli smottamenti e considerati questi rischi una linea ferroviaria funzionante diventa certamente ancora più importante.

    Gli abitanti della vallata sono legati al treno non solo per reale utilità, ma anche affettivamente, perché le stazioni e i binari di questa linea parlano della Val Tanaro, la rappresentano e la disegnano.

  107. 111 pietro mitrione 06/10/2011 alle 4:40 PM

    Da Rotaie Molise

    Grazie cari amici, condividere con voi lo stesso amore per i treni, per la loro …storia e per la loro importanza nella crescita culturale ed economica del nostro Paese è per me un onore. Credo che nessuno di voi si sogni di dire che economicamente è un vantaggio non chiudere una linea o stazioni poco trafficate bensì cercate di far capire a chi non ha orecchi per questi problemi o a chi conosce solo la differenza costi/ricavi che il loro abbandono è un danno enorme per tutta la collettività in particolare per quella della Provincia di Isernia che rischia di essere ancora più povera di quanto già non lo sia. La vostra opera di resistenza a questo autentico dramma storico/culturale/ambientale e turistico vi fa onore ed è meritevole di encomio ed io mi sento onorato di essere un vostro amico ed un vostro sostenitore. Uno sfruttamento di questo tratto di linea ai fini turistici non è solo necessario e strategico bensì lo ritengo indispensabile per uno sviluppo dell’economia di questa nostra martoriata Provincia ripensando a quanto già non viene fatto in altre Provincie d’Italia o in altre Nazioni Europee. E’ ovvio che parlare di semplice mobilità questo tratto di linea non è competitivo con gli altri mezzi di trasporto ma un progetto integrato fra Comuni/Provincia e Regione porterebbe un notevole rilancio dell’economia conoscendo i flussi turistici che muovono queste ferrovie che sono autentici capolavori di ingegneria ferroviaria. Basterebbe una semplice azione di benchmarking per comprenderne i vantaggi e per passare ad una fase progettuale a cui potrebbero partecipare le Regioni limitrofe (Campania ed Abruzzo), le Provincie, i tour operator, le camere di commercio, i Comuni, i volontari e così via ma per fare questo occorrerebbe una Istituzione interessata a farlo veramente, una Istituzione che ci creda e faccia da capofila ma è proprio questa la carenza che voi lamentate. Contrariamente a chi afferma che nei programmi di destra o di sinistra vi sono indicazioni su questo tema posso sicuramente affermare che non vi è nulla per un semplice motivo e cioè che manca, in chi ha stipulato e sottoscritto quei programmi, la competenza, la professionalità o, molto più semplicemente, l’amore per lo sviluppo di una così grande ricchezza.
    Il mio invito, cari amici, non è nel ricercare colpe negli enti di gestione che devono far quadrare i conti anche a scapito del servizio e dell’utilità ma vanno ricercate in chi ha la competenza e viene pagato per lo sviluppo economico e turistico di questo territorio che sempre più frequentemente viene abbandonato dai giovani a cui, invece, dovrebbero essere garantite azioni per lo sviluppo di iniziative imprenditoriali e, vi posso assicurare che intorno alla linea Isernia/Castel di Sangro/Sulmona le opportunità potrebbero essere tante…..ma veramente tante.
    Un caro saluto a voi tutti e continuiamo insieme questa “battaglia” culturale perché almeno il sogno di veder meglio sfruttate quelle ricchezze infrastrutturali non ce lo possono tagliare.
    Francesco Tufano
    Presidente Nazionale Associazione Europea Ferrovieri

  108. 112 pietro mitrione 06/10/2011 alle 9:36 PM

    Quando ho preso in mano La Gelsa mi son subito detta : “ sarà il solito libro sul bombardamento in Irpinia nel 1943”. Dopo le prime pagine ho
    una storia di vita vissuta durante l’ultima guerra nella galleria Gelsa della ferrobia Avellino-Rocchetta
    scritta da Francesca Festa e pubblicata domenica 2 ottobre 2011 sul “Corriere dell’Irpinia

    intuito che mi trovavo di fronte ad un abile e facondo scrittore che ha deciso saggiamente di affrontare un già molto battuto tema storico locale in modo del tutto sorprendente. Innanzitutto la scelta del romanzo, l’invenzione di un protagonista che rivive alcune fasi drammatiche della propria infanzia. Età in cui quello che accade pare rimanga impresso ben in mente tanto da condizionare, filosofi e psicoanalisti docent, l’andamento della propria vita in epoca adulta. Ciro Alvino ha ben compreso che per incuriosire il lettore è necessario solcare nuovi sentieri, trattando come in questo caso, un evento storico che ha segnato pagine drammatiche della nostra Irpinia, ricorrendo a una forma romanzata senza dimenticare di raccontare con inframmezzi gli episodi più dolorosi di quel fatidico giorno alla fine della Seconda Guerra mondiale. E lo fa utilizzando flashback e rievocazioni che rendono la lettura scorrevole e accattivante. Marco, così si chiama il personaggio di Alvino, è alle prese con costanti attacchi di panico, crisi di ansia e tutta una serie di somatizzazioni che iniziano a far preoccupare lui e la sua famiglia. Il campanello di allarme giunge una sera al momento di percorrere la galleria della Bonatti, un traforo attraversato diverse volte ma adesso è diverso, il cuore inizia a battere veloce, l’ansia è in crescendo, Marco deve fermare la sua auto su una piazzola di sosta e iniziano a proporsi le immagini mentali di un altro traforo quello appunto de La Gelsa, la seconda galleria ferroviaria della linea Avellino- Rocchetta Sant’Antonio che accolse nei giorni dei bombardamenti centinaia di persone in preda a una motivata paura. La paura è il filo conduttore della narrazione, è la paura che coglie Marco di sorpresa al ritorno da un viaggio in aereo, è la stessa paura che gli fa ricordare i drammatici giorni trascorsi sotto a quel nascondiglio di ventura, è lo stesso sentimento di paura che colpisce tutti gli uomini quando sono alle prese con l’ignoto e l’incerto. A volte a nulla valgono i tentativi di autocura basati sul controllo delle nostre emozioni, sul riappropriarsi della consapevolezza di vivere sensazioni fisiologiche, che il corpo mette in atto come automatismo difensivo. A volte non basta, e il ricorso alla psicoanalisi, intesa come esperienza di lavoro su stessi per far riemergere il nostro io più recondito, appare come l’approccio migliore al problema. Che nel caso di Marco si traduce in ansia allo stato puro, spiacevole disagio psicologico in contesti che rievocano la triste esperienza del 14 settembre del 1943 quando “gli irpini vissero il periodo più cupo dell’esistenza per mano e per opera dei soldati americani, canadesi, scozzesi … e, soprattutto, per le rappresaglie tedesche e per le nefandezze, su donne di ogni età, maschi giovani o adulti, attuate dai soldati marocchini e dai senegalesi in forza all’esercito francese” . Marco nei suoi sogni rivelatori rivede la madre Lenuccia che correva lungo la sponda sinistra del fiume Sabato, per sfuggire ai bombardieri americani, la madre che gli aveva fatto da scudo e aveva fatto di tutto per proteggerlo dalle brutte esperienze. La dottoressa a cui si affida invita ad aprire quel famoso cassetto segreto che la nostra coscienza conserva e non può che rispondergli inaugurando un percorso terapeutico lunga ma liberatorio :“Percorrendo a ritroso la tua storia troveremo le risposte che cerchiamo nel magazzino della memoria”. Non è solo trattazione storica quella di Alvino, è un monito a vivere mettendosi sempre in gioco, lottando con sacrificio, allontanandosi quanto più possibile dalla paura, non quella positiva che può fungere da stimolo ma quella deleteria che ci paralizza e che ci impedisce, se esagerata di svolgere le nostre normali attività quotidiane. C’è molta filosofia nel testo di Alvino e molte sane direttive per l’igiene mentale: Noi siamo ciò che pensiamo come recitava il Buddha e se vogliamo star male ci riusciamo davvero entrando in maledetta sincronizzazione con le nostre paure più ataviche. Alle sue creature mette in bocca i suoi pensieri sul senso della vita, sul modo migliore per affrontare e gestire con serenità le difficoltà che s’incontrano sul nostro cammino interiore e nell’interazione con gli altri. Tenendo sempre bene in mente alcuni must come la rinuncia delle paure, la capacità di superare gli ostacoli e le prove che il Signore ci manda, solo in questo modo non ci si priva della primavera per l’inverno, non si permette sconsideratamente di lasciare che gli eventi prendano il sopravvento su di noi e ci influenzino tanto da generare forti squilibri tra il corpo e la mente. La psicoanalisi ci consente di fare un tuffo nel passato , una immersione nei ricordi, soprattutto quelli dolorosi che tendiamo per difesa a tenere ben nascosti. L’incontro con La dottoressa Consuelo Herrera mette Marco di fronte alla possibile soluzione dei suoi problemi che si accompagna ad un viaggio di riscoperta del proprio io bambino incatenato tra memorie che riaffiorano e complessi ancora da superare. L’affascinante terapeuta lo coinvolge in un labirintico recupero della memoria che va ad intrecciarsi con l’approfondimento delle dinamiche interpersonali ricche di risorse umane. Squarciando il velo del passato il protagonista inizia un iter personale alla ricerca di cosa davvero accadde ad Avellino quel triste 14 settembre. Tra deja vu e sogni mirati Marco mette insieme i pezzi della terribile permanenza all’interno della Gelsa quando la città si avvalse dell’aiuto e della solidarietà di figure magnanime come Mons. Guido Luigi Bentivoglio, don Luigi Baratta, il prof. Lorenzo Ferrante, le Figlie della Carità, i frati domenicani e benedettini , e il generoso dottor Domenico Laudicina di Trapani con la sua insostituibile assistenza agli ammalati. Giorni tremendi per una provincia che non immaginava di poter diventare un bersaglio di bombe eppure dopo lo sbarco a Salerno gli americani presero di mira la città con stormi di bombardieri che devastarono la tranquillità del nostro territorio distruggendo luoghi centralissimi come Piazza del Popolo, Piazza Libertà, la fiorente Atripalda ed Avellino fu catapultata nelle prime pagine della cronaca per il suo sacrificio umano, circa tremila cittadini, onorata per la solidarietà dimostrata alle vittime, dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi che conferì la Medaglia D’Oro al Valor Civile. La Gelsa divenne un microcosmo solidale, dove giungevano sfollati da tutta la provincia e si divideva con amore quel poco di cibo che si riusciva a racimolare. Giorni duri da affrontare e anche da ricordare, in cui l’animo si mostrava più sensibile ed aperto, sentimenti che difficilmente si riescono a preservare quando non c’è la guerra. “Una volta riottenuta una condizione di vita più o meno normale- commenta Alvino- i vizi più comuni dell’umanità ricompaiano e separano” . Il distacco dalla Gelsa condusse ad una realtà non meno avversa, le forze alleate avevano occupato l’intero Meridione e cercavano di imporre le proprie usanze, persino il loro linguaggio ai nostri esercizi commerciali e non c’erano più strade ma roads and streets. L’autore, alla sua opera d’esordio (La Gelsa- De Angelis Editore acquistabile anche nelle edicole), è particolarmente sensibile, anche per gli studi compiuti nelle Scienze Sociali, alle problematiche che ruotano intorno al benessere psico -fisico dell’individuo e ci ha voluto regalare un bel romanzo ambientato ad Avellino e che parla di Avellino riuscendo a scrivere di storia senza farcene accorgere, facendoci ingoiare l’amara, seppur necessaria pillola del ricordo indorandola con la delicata storia, arricchita di una forte esperienza transferale, tra un uomo in crisi con se stesso ed un’analista vittima a sua volta dei dolori della vita.

  109. 113 pietro mitrione 14/10/2011 alle 9:01 am

    “Si animi Monticchio, venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli” (F. de Sanctis)
    Nell’occasione del centocinquantenario dell’Unità d’Italia il Comune di Morra De Sanctis onorerà la memoria del suo grande cittadino, Francesco De Sanctis, ospitando un convegno internazionale su un tema importante che ha accompagnato il processo storico della nostra Nazione : l’apporto che gli uomini di cultura, poeti, scrittori e letterati in particolare, hanno dato alla consapevolezza del sentimento di “italianità”, di coesione nazionale, di unità e solidarietà tra Nord e Sud del Paese. Un tema che diventa oggi, a distanza di tanti anni, di straordinaria attualità.
    Il nostro territorio era ed è quello dell’osso fatto di continue lotte per conservare od ottenere diritti ad essere considerati abitanti di un paese civile. Ancora una volta si ripropone il senso di quanto scrisse tanti anni fa Francesco de Sanctis, figura nobile della politica irpina, quella con la P maiuscola.
    Lungi dall’addentrarci in discussioni filosofiche noi dell’Associazione In_loco_motivi, vorremmo ricordare Francesco de Sanctis con una sua semplice ma lungimirante frase, tratta dal suo famoso “Viaggio elettorale”: “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”.
    Erano quelle le speranze di una intera popolazione quella stessa che oggi assiste alla scomparsa delle ferrovie rurali, la chiusura dei plessi ospedalieri e delle scuole, la drastica riduzione del servizio di trasporto pubblico che significano la fine dello stato sociale e di diritto. Un terra buona soltanto per ospitare discariche o le contraddizioni di questo modello di sviluppo. Una terra che, nonostante ciò, cerca di resistere con le sue eccellenze del settore primario, il coraggio di tanti intelligenti e generosi operatori economici , della filiera eno-gastronomica ma anche del settore terziario e dell’artigianato e della piccola impresa. A questi soggetti una classe dirigente intellettualmente onesta e avveduta dovrebbe guardare per tentare quanto meno di arginare il disegno distruttivo dell’identità delle zone interne cosi ben pianificato.
    La nostra Associazione “In_loco_motivi” non è solo un insieme di persone che credono in tutto ciò ma sono convinti che la battaglia per la ” nostra ” ferrovia” Avellino-Rocchetta, chiusa dopo 116 anni e beffardamente in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, sia la metafora di questa battaglia di civiltà. Noi vogliamo ancora sperare, a fronte dell’indifferenza e della rassegnazione che spesso accompagnano i destini di questa parte del Mezzogiorno, che possano prendere vigore le idee di un diverso sviluppo economico e civile per far capire, prima a noi irpini, che nella difesa di questo mondo c’è tanta modernità. Così fece 150 anni fa con la sua lungimiranza intellettuale Francesco De Sanctis nel chiedere al nuovo Regno d’Italia la strada ferrata Avellino – Rocchetta, così dovrebbe fare una classe dirigente illuminata oggi, in tempi di miserie morali e ideali, prima che ritornino anche quelle civili.”

  110. 114 pietro mitrione 18/11/2011 alle 9:35 PM

    In questi ultimi mesi si sta tanto
    parlando dei tagli al trasporto
    pubblico locale in una provincia
    quale quella irpina dove il trasporto
    su gomma è “quasi” l’unico vettore
    ad essere riconosciuto tale. Dico
    “quasi” perché il trasporto su
    ferro è stato da sempre considerato
    “figlio di un dio minore” in quanto
    le scelte che hanno determinato
    il predomino della gomma, specialmente
    nel Sud dell’Italia, sono
    state dettate da logiche clientelari
    e non rispondenti a nessuna logica
    di integrazione fra i diversi vettori.
    Oggi se ne pagano le conseguenze!
    Il rischio della paralisi nel campo
    della mobilità è ormai reale. Una
    paralisi che nelle nostre zone interne
    assume la dimensione della
    desolazione e dell’abbandono come
    è accaduto per il comparto ferroviario.
    In ogni angolo della nostra
    Irpinia il problema della mobilità
    sta diventando il problema
    quotidiano di migliaia di persone
    aggravato ancor di più dalla mancanza
    di valide alternative dal momento
    che si è sempre avallato una
    politica dei trasporti che ha relegato
    il trasporto su ferro a livelli
    marginali.
    Una constatazione che ogni politico
    dovrebbe rimodulare con spirito
    critico e con l’assunzione di una
    conseguente responsabilità perché
    un territorio sprovvisto di valide
    infrastrutture ferroviarie ha poco
    spazio da rivendicare nella costruzione
    delle gerarchie territoriali.
    “Il treno si ferma in stazioncine
    senza capostazione, senza biglietteria.
    Alcune sono murate, altre distrutte
    dai vandali. Sempre i banditi?
    No, la globalizzazione. Sono i
    rami secchi, potati dai governatori
    dei flussi.
    In burocratese si chiamano stazioni
    impresenziate, astuto eufemismo
    per mascherare lo smantellamento.
    La fine dei territori comincia così,
    col bar e la panetteria che chiude
    , poi con le stazioni del silenzio.
    Sento che comincia il viaggio in
    uno straordinario patrimonio dilapidato”.
    Si tratta di un brano tratto
    dal libro di Paolo Rumiz: l’Italia in
    seconda classe. Una descrizione
    che calza perfettamente alla nostra
    Irpinia dove siamo costretti a sommare,
    quotidianamente, chiusure
    a chiusure quali: scuole, ospedali,
    tribunali, uffici postali, fabbriche
    ed quant’altro fa di un territorio una
    terra dove valga la pena vivere.
    Sembra di effettuare un viaggio a
    ritroso nel tempo, un ritornare agli
    anni bui del vivere civile nella nostra
    terra: scuole con pluriclassi, ospedali
    irraggiungibili per la povera
    gente, trasporti pubblici rarefatti,
    l’idea dell’industrializzazione che
    si allontana. Un territorio per fantasmi
    viventi. Una sensazione ben
    narrata da Marco Ciriello con un
    suo articolo apparso sulla stampa
    locale qualche mese fa: la città dei
    treni verso il vuoto. Si tratta della
    descrizione della stazione della nostra
    città ma potrebbe valere tranquillamente
    anche per l’altra maggiore
    città dell’Irpinia: Ariano, dove
    si sta creando un movimento di
    protesta per evitare l’oblio anche
    per quella stazione. Per chi ha sempre
    lavorato lealmente nel mondo
    delle ferrovie e creduto fortemente
    al suo ruolo di civiltà e progresso
    l’affermazione espressa da Ciriello:
    “quando si svuota una stazione dai
    treni, ai binari – che hanno scarsissimo
    senso d’intraprendenza e
    sono individualità di una sola funzione-
    rimane poco da fare” è sconvolgente.
    Non avevo mai immaginato
    un simile scenario per la
    “mia”e nostra stazione, quella stessa
    che ha subito la presenza nefasta
    di una industria, l’Isochimica,
    che con il suo amianto sta avvelenando
    le vite di tante persone. Tanti
    manufatti furono realizzati per
    permetterle di essere funzionale allo
    sviluppo industriale del nostro
    territorio: il raccordo ferroviario per
    la FMA e la Novolegno, quello per
    il nucleo industriale di San Mango.
    Tutto buttato via insieme alla chiusura
    della linea ferroviaria Avellino-
    Rocchetta senza che nessuno
    paghi per queste scelte che hanno
    impegnato enormi risorse finanziarie.
    Eppure è necessario ancora
    parlarne in positivo perchè il progresso,
    quello con la P maiuscola,
    ha bisogno di queste strutture nonostante
    che nell’attuale contesto
    economico sembri paradossale parlare
    di rivitalizzazione di questa
    vecchia ferrovia irpina, di ridarle
    nuova vita mentre si chiudono ospedali,
    trasporti e fabbriche ed è
    a rischio il quotidiano di ognuno di
    noi. Eppure è proprio questo il momento
    in cui si deve investire e rischiare
    in percorsi completamente
    diversi da quelli battuti fino ad oggi,
    e questo, credo, per due motivi:
    prima perché se i percorsi di sviluppo
    economico battuti fino ad ora
    non hanno portato a nulla forse
    è il momento di intraprenderne di
    nuovi e poi perché, oggi, una nuova
    strada potrebbe restituire speranza
    ad un territorio che sembra
    destinato a non averne più e…..in
    questo caso non sarebbe più la
    “città dei treni a correre verso il vuoto”
    ma la nostra Irpinia.
    L’opinionista lettore

  111. 116 pietro mitrione 08/12/2011 alle 9:31 am

    Lettera aperta al Presidente della Regione Campania
    In queste ultime settimane il problema del trasporto pubblico locale nella nostra Irpinia ed in Campania ha mostrato tutta la sua vulnerabilità in quanto l’aver affidato al sistema unimodale su gomma la mobilità dei nostri concittadini sta dimostrando la sua incapacità a reggere la sempre più crescente domanda di trasporto. Oggi ci si rende conto di quanto poco lungimirante sia stata la programmazione del trasporto pubblico nel non aver previsto una moderna ed efficace politica di integrazione ferro-gomma. Il progressivo abbandono della rete ferroviaria nelle zone interne è lo specchio di questa situazione: Avellino è l’unica provincia della Campania:
    • a non essere collegata con Napoli, altro che metropolitana regionale,
    • che subisce tagli sulle relazioni con Salerno e Benevento
    • che assiste impassibile alla dismissione della linea Avellino-Rocchetta, unico asse di penetrazione su ferro nelle zone del “cratere”
    • che vede depauperato il servizio interregionale con la soppressione dei servizi ferroviari nella stazione di Ariano Irp. situata sulla dorsale Roma-Bari.
    Si può tranquillamente affermare che in Irpinia la ferrovia sia ormai una infrastruttura residuale.
    Sembrerebbe paradossale parlare di sviluppo di questo patrimonio ferroviario, di ridare nuova vita in un periodo di crisi economica, un tempo in cui chiudono ospedali e fabbriche ed è a rischio il quotidiano di ognuno di noi; ma forse è proprio questo il momento in cui si dovrebbe investire e rischiare in percorsi completamente diversi da quelli battuti fino ad oggi, e questo, crediamo, per due motivi: in primis perché se i percorsi di sviluppo economico battuti fino ad ora non hanno portato a nulla forse è il momento di intraprenderne di nuovi e poi perché, oggi, una nuova strada potrebbe donare speranza ad un territorio che sembrerebbe destinato a non averne più.
    Il 12 dicembre 2011 verrà attivato il nuovo orario di Trenitalia è ancora possibile provare a sedersi attorno ad un tavolo con carta e penna, richiamare tutti coloro interessati e verificare realmente i pro e i contro materiali ed immateriali di un progetto per evitare la definitiva chiusura di questa rete ferroviaria irpina e di un rilancio del trasporto su ferro anche nella nostra Irpinia?
    Questo è il senso di una nota inviata al Presidente Caldoro da alcune settimane perché potesse essere elemento di discussione nella diretta web che lo stesso ha istituito con i cittadini campani e di cui si attende ancora risposta.
    Su queste problematiche venerdì 2 dicembre 2011 nell’ex carcere borbonico di Avellino, nell’ambito della mostra “ est locus … l’Irpinia postunitaria”, organizzata dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Salerno ed Avellino, l’associazione In_loco_motivi con la collaborazione della citata Soprintendenza ha organizzato un incontro dal tema : Quale futuro per le ferrovie “minori ? Dalle ore 16,30 studiosi e tecnici discuteranno dei problemi legati alla mobilità delle persone nelle zone a scarsa frequentazione, tipica delle zone interne della Campania. Una discussione ed un lavoro che nasce dalla base e senza la retorica d’occasione come, purtroppo, è spesso successo da un anno esatto dalla dissennata decisione di chiudere la ferrovia Avellino-Rocchetta da parte degli esponenti della politica irpina.

  112. 117 pietro mitrione 08/12/2011 alle 9:32 am

    Che nostalgia!

    Questo era il tempo: finito il gran caldo, archiviate le vacanze, questo era il tempo per riprendere le nostre gite quindicinali in provincia con il treno della tratta Rocchetta S. Antonio.
    Si ritrovavano gli amici, se ne facevano di nuovi, si chiacchierava, si cantava, ci si rilassava veramente all’insegna, sempre, del rispetto reciproco, della buona educazione (quella di una volta), e, tra un tè caldo d’inverno e una bibita fresca d’estate, trascorrevano i mesi. Poco importava quale fosse la meta della gita: si era sempre certi che si sarebbe stati bene. Si imparavano tante cose, si conoscevano luoghi fuori dai comuni percorsi; tutti potevano godere di queste piccole cose anche chi, per età o per altri motivi, non usa facilmente l’auto per spostarsi: tanta gente, e tanti i giovani, tanti i bambini, ma la maggior parte era gente “over” per cui una gitarella così era l’ideale per passare una giornata rilassante senza stress e problemi.
    E non volendo sembrare prosaici, come dimenticare il baccalà alla pertecaregna di Morra De Sanctis, la maccaronara, le cannazze, il vino e le castagne arrostite di Taurasi, i ravioli al tartufo di Bagnoli, il lunedì in Albis al Salvatore e tanti altri sapori di tempi passati. Che nostalgia!
    Mentre in altre provincie si moltiplicano le iniziative per ripristinare vecchie tratte ferroviarie con fine turistico e culturale, qui da noi si chiude una tratta simile finora attiva, anche se utilizzata in parte e raramente.
    Ma tanto si sa: siamo avellinesi e se c’è una cosa che noi avellinesi sappiamo fare sicuramente è distruggere. L’abbiamo sempre fatto e continuiamo a farlo.
    Peccato: abbiamo perso un’occasione!

  113. 118 pietro mitrione 08/12/2011 alle 10:31 PM

    Da una beffa immeritata….ad una proposta
    A distanza di un anno esatto dalla chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta è stata presentata il 6 dicembre 2011 la terza edizione della rassegna “Cometa 2011-2012”, promossa dall’Assessorato al Turismo della Provincia di Avellino che prevede una serie di attività ricreative e culturali capaci di attirare, a giudizio dell’assessore Lanni, l’attenzione dei turisti e incrementare il turismo nelle zone interne nel periodo natalizio. Fra questi eventi c’è un’interessante novità: in alcuni weekend sarà allestito un treno verso il Laceno con partenza da Napoli per il trasporto dei turisti in modo da incrementare le presenze sulla località sciistica. Una iniziativa che a prima vista sembrerebbe dare un positivo riscontro alla battaglia condotta dall’Associazione In_loco_motivi per far riaprire la nostra storica ferrovia. Si tratta, invece, dell’ennesima beffa perché, purtroppo, la linea continuerà a restare chiusa e quindi si dovranno utilizzare dei bus per il trasporto dei turisti stante il mancato nulla osta tecnico da parte delle ferrovie per la circolazione di treni su questa tratta. Una amministrazione provinciale che riconosce la validità di attrattore turistico di questa tratta ferrata tanto da presentare un progetto per la sua valorizzazione che viene persino finanziato con fondi della Regione Campania e che vede, purtroppo, vanificato il suo progetto perchè l’abbandono ed il degrado, cui la stessa Regione Campania ha contribuito a creare con i tagli adottati dall’assessore Vetrella, dopo un anno di chiusura rendono la ferrovia Avellino-Rocchetta bisognevole di interventi tecnici per il suo utilizzo. Questo progetto rende ragione alle nostre innumerevoli richieste di utilizzo a fini turistici e culturali anche per studenti della ferrovia Ofantina. E’ necessario, perciò, attivare da subito un tavolo di coinvolgimento il più ampio possibile per poter ripristinare la ferrovia e questo compito può e deve assolverlo l’assessore Lanni insieme al presidente Sibilia, che hanno presentato questo progetto, e all’assessore regionale al turismo Giuseppe De Mita. In tante regioni italiane, per non parlare di quelle straniere, le ferrovie turistiche sono una realtà, perché non fare della Avellino-Rocchetta un attrattore turistico nazionale come quella in Val d’Orcia in Toscana? In questi giorni i sindaci dell’alta Irpinia stanno incontrandosi per preparare gli stati generali di quel territorio da svolgere il 19 dicembre a Teora. Discuteranno di sanità, scuole, trasporti, ospedali, turismo ed altro con appositi incontri itineranti. In questo contesto è possibile discutere di integrazione ferro-gomma nella stazione di Lioni, unica posta al centro del paese e dotata di una moderna autostazione, in modo da efficientare e razionalizzare il trasporto pubblico in alta Irpinia? E’ possibile rendere la ferrovia Avellino-Rocchetta l’asse di penetrazione in quella zona? E’ possibile parlare senza senso di fastidio e di timore di questa ferrovia che tanto ha dato e può ancora dare a quel territorio? Forse la contingenza economica attuale rende velleitaria questa proposta ma in prospettiva può essere una valida opportunità per la mobilità nella nostra provincia. Lioni può essere il fulcro geografico per questa ipotesi, spetta alla politica programmarne la realizzazione. Noi di in_loco_motivi, dopo il convegno tenutosi nell’ambito della mostra Est locus … l’irpinia postunitaria dal tema “quale futuro per le ferrovie minori?” ricorderemo questo primo anno di chiusura della nostra storica ferrovia a modo nostro, saremo ospiti sabato 10 dic 2011 alle ore 17,00 dell’università della terza età di Avellino in via O. Preziosi, 8 nei pressi di via Guarini, ove proietteremo dei documentari che descriveranno le bellezze paesaggistiche del nostro territorio viste dal treno irpino del paesaggio. Un modo per stare ancora una volta insieme ai tanti amici che hanno condiviso il nostro progetto di rivitalizzazione della ferrovia Ofantina ed i nostri viaggi sulla ferrovia Avellino-Rocchetta che speriamo di riprendere quanto prima.

  114. 119 pietro mitrione 21/12/2011 alle 4:44 PM

    Il diritto alla mobilità dal livello territoriale a quello nazionale è all’ordine del giorno dell’informazione e della politica come in Irpinia dove Pietro Mitrione e gli amici indignati della linea ferroviaria Rocchetta Sant’Antonio-Avellino si battono per la riapertura di quella storica tratta ferroviaria; dove i …politici e la popolazione di Ariano Irpino chiedono la riattivazione dello scalo ferroviario della cittadina del Tricolle; a finire al livello nazionale dove Trenitalia , qualche giorno fa, ha soppresso i treni notturni che consentivano i collegamenti dal Meridione al Settentrione d’Italia. Praticamente in Italia si sta portando avanti una politica di smantellamento dei trasporti pubblici ferroviari e “non solo” con un grave ridimensionamento del diritto alla mobilità dei cittadini ed in special modo di quelli meridionali che costituiscono la prima e vera utenza del trasporto su rotaie. Il Meridione, da sempre terra di migrazione interna, continua a fornire utenza alle ferrovie e comunque al sistema dei trasporti perchè tantissimi sono i lavoratori meridionali che si recano nelle città del nord per lavorare e che a fine settimana ritornano a casa per trascorrere il week end con le proprie famiglie e con le proprie cose. I treni notturni, ora soppressi dall’ad Moretti di Trenitalia -ex sindacalista CGIL (sic) ora supermanager e superpagato-, che la notte trasportavano gli impiegati, gli operai, gli insegnanti meridionali presso le sedi lavorative del nord erano indispensabili ed assolvevano ad una funzione sociale importantissima consentendo a quei lavoratori, pur viaggiando di notte e forse anche in vagoni pieni di sporcizia ed al freddo, di arrivare sul posto di lavoro il lunedì mattina e di far ritorno a casa il sabato mattina dopo una notte di viaggio e di sacrifici con attese dei treni, spesso in ritardo, in stazioni poco sicure e per niente riscaldate d’inverno. Il management di Trenitalia ha pensato bene di sopprimere i treni notturni e di puntare invece sull’Alta Velocità con orari esclusivamente diurni con i suoi alti costi e di cui si servono, professionisti , businessmen, politici e comunque i benestanti in genere e gettando, nel contempo, sul lastrico con il dramma dei licenziamenti un miglio di lavoratori. Forse neanche l’apartheid in USA od in SudAfrica ha fatto tanti danni,dal punto di vista dei trasporti, agli esseri umani; in quelle realtà odiosamente segregazioniste obbligavano i neri a sedere in posti a loro riservati ma forse consentivano loro di viaggiare; in Italia invece non consentono di viaggiare ai meno abbienti, in base alle loro necessità e possibilità, perché hanno creato treni “per i soli ricchi” come l’Alta Velocità e soppressi i treni a maggior utenza popolare come quelli notturni. La Casta politica italiana ed i boiardi che “dovrebbero” dirigere il sistema ferroviario ignorano che l’Italia è socialmente ed umanamente meridionalizzata nel senso che i cittadini del sud sono la struttura portante del Sistema Italia; oltre a quelli stabilitisi nelle città settentrionali, sono meridionali i cittadini che si spostano per motivi di lavoro, di studio, di salute da sud a nord; sono meridionali i cittadini che vanno a lavorare nelle fabbriche, nei cantieri, nella scuola, negli uffici del nord e non viceversa e quindi bisognava e bisogna rafforzare il sistema dei trasporti e quello ferroviario in particolare al fine di rendere meno disagevole questo status di pendolare. Bisogna prendere atto che dal sistema di potere politico centrale si sta portando avanti un disegno criminoso ai danni delle classi meno abbienti e di quelle meridionali in particolare alle quali si fa pagare maggiormente gli effetti della crisi economica ed il sostanziale azzeramento del diritto al trasporto, alla mobilità ne è un aspetto rilevante. Dalla Rocchetta Sant’Antonio-Avellino ai treni notturni che collegavano Lecce o Crotone o Taranto con Milano o Torino la battaglia deve essere unitaria perché ai cittadini italiani ed ai meridionali in primis resta solo l’impegno e la lotta per tutelare i propri diritti e la proprio dignità. Vallata, lì 20 dicembre 2011 dott. Erminio D’Addesa – ex Presidente Consiglio Provinciale erminiodaddesa@tiscali.it

  115. 120 pietro mitrione 04/01/2012 alle 6:03 PM

    Sport e trasporti: Tre avellinesi contro la scandone basket avellino

    sig.ra Ruggiero, sigg.ri Zecchino e Nappi, la situazione in cui versa il TRASPORTO PUBBLICO LOCALE in Campania è colpa dei debiti dell’EAV azienda napoletana per la mobilità che da sola rappresenta la maggior parte del deficit in materia. Pertanto, non fate il gioco delle 3 carte, un gioco molto in voga nel napoletano. Come al solito affoghiamo nel marasma napoletano e nei vostri giochi di partito…fatto di intrighi economici e vendette personali e di conseguenza paga chi non ha colpe. I tagli determinati al trasporto pubblico nascono da scelte nazionali, regionali e da cattive conduzioni societarie. Questa vostra “strana” presa di posizione contro l’A.ir non vi fa onore ed il sapervi interessati al basket avellinese aggiunge danno alla beffa. Sembra una presa in giro! Godetevi il vostro ricco appannaggio da consigliere regionale e lasciate perdere il vostro” Robin Hoodismo”……..in materia di trasporti che non si risolve con il taglio a sponsorizzazioni sportive ma razionalizzando l’esistente. Quante concessioni a sbafo sono state prodotte, nel vostro quieto silenzio, nella nostra provincia?, quante consulenze fasulle vengono attribuite, spudoratamente, ai vostri protetti?? Voi casta politica vivete e proliferate di queste agiatezze insieme ai vostri “famigli”! Oggi chiudete gli occhi, urlate calvinisticamente contro gli sprechi e fate finta che sia la sponsorizzazione all’A.ir la panacea di questi mali. Vergogna : state facendo come quel marito che tradito si taglia gli attributi maschili. Quello che manca in Irpinia e nel paese è un piano provinciale e nazionale dei trasporti per cui lasciate perdere la vostra contingente opera di moralizzazione, non siamo sprovveduti, conosciamo bene le origini di questa vicenda che sicuramente non fanno onore alla nostra Irpinia. I Masaniello, come voi tre, fanno solo strumentale “ammuina” e producono danni irreparabili al proprio territorio. I danni in Irpinia li state causando con la vostra insipienza politica, questa dell’A.ir è la vostra ultima ciliegina. Vergognatevi di farvi chiamare impropriamente onorevoli…ma di che?

  116. 121 pietro mitrione 11/01/2012 alle 11:40 am

    Generoso ha scritto: “Credo che gli amici che amano l’Irpinia debbano pensare seriamente alla costituzione di una società di capitali, e proporre a Trenitalia (o a chi attuakmente è proprietario della linea ferroviaria Avellino/Rocchetta S.Antobio) di affidare in concessione pluriennale la gestione della linea (cosa che credo sia giuidicamente possibile) alla costituenda società, le cui finalità dovrebbero essere quelle di valorizzare il patrimonio ambientale dell’Irpinia, attraverso una serie di iniziative che possano articolarsi emoltiplicarsi attorno alla gestione del percorso ferroviario. Ritengo che nella nostra Provincia, allo stato, non si può fare alcun affidamento sugli enti territoriali maggiori, che sono ormai corpi estranei rispetto alla provincia, intesa come comunità umana e territorio; che i nostri rappresentanti istituzionali non conoscono e non amano sufficientemente. Ecco perchè occorre creare un qualcosa di dichiaratamente alternativo che si sostituisca alla infingardia di persone imcapaci nell’rspletameno di funzioni che richiedono ben altra passione creativa e innovativa, rispetto alla loro limitata visione di gestione “”commissariale”” del potere. Propongo, quindi a Pietro Mitrione di promuovere un incontro tra persone e associazioni che vogliono impegnarsi a favore dell’Irpinia, senza aspirazioni “politiche”, per approfondire il discorso progettuale, per studiarne inizialmente, sia pure in linea di massima, la fattibilità ed i costi.” avv Generoso Benigni

  117. 122 pietro mitrione 12/01/2012 alle 9:40 am

    Petizione per la salvaguardia del patrimonio ferroviario italiano
    Le Associazioni ambientaliste, di utenti e della mobilità sostenibile, riunite sotto l’egida di Co.MoDo. (Confederazione della Mobilità Dolce) lanciano il seguente appello.
    CONSIDERATO CHE
    dopo un quarto di secolo in cui si era fermata l’emorragia di linee ferroviarie che aveva caratterizzato gli anni della motorizzazione di massa – ed anzi il numero di chilometri riaperti all’esercizio aveva leggermente superato le chiusure – l’emergenza finanziaria che sta vivendo il nostro Paese rischia di produrre un nuovo consistente attentato al patrimonio nazionale di infrastrutture su rotaia.
    L’orario entrato in vigore nel mese di dicembre 2011 vede il traffico passeggeri cancellato (in alcuni casi tecnicamente solo “sospeso” , come è avvenuto per la ferrovia Avellino-Rocchetta, per sopravvenute interruzioni, che, tuttavia, possono divenire definitive) sui oltre 600 chilometri della rete in gestione a Trenitalia.
    Tra le linee colpite c’è la bellissima Sulmona-Castel di Sangro, la più alta ferrovia italiana che costituiva una possibilità di accesso al Parco Nazionale d’Abruzzo nel pieno rispetto del paesaggio e delle compatibilità ambientali. Ma anche la Mortara-Casale-Asti, interrotta a causa di una frana presso Moncalvo – nella totale indifferenza della Regione Piemonte – itinerario che costituiva un prezioso collegamento diretto tra Milano il Monferrato e le Langhe (da notare che i binari tra Mortara e Casale sono in perfetto stato e la circolazione dei treni potrebbe essere da subito ripristinata). Oppure la breve tratta tra Castellamare e Gragnano, nella congestionatissima area metropolitana di Napoli, chiusa solo perché alcuni passaggi a livello risultavano sgraditi a certi amministratori locali. O ancora la Caltagirone-Gela, linea relativamente recente, in quanto inaugurata nel non lontano 1979 per rimediare all’isolamento della Sicilia meridionale, ed ora interrotta per il crollo di un ponte che pare nessuno si curi di ripristinare.
    PRESO ATTO COME
    tutto ciò dimostra la scarsa considerazione in cui versa il trasporto su rotaia, a dispetto di decenni di promesse circa il necessario riequilibrio modale a fini di tutela ambientale e di servizio universale, principi nei fatti sacrificati da molte Regioni che continuano evidentemente a ritenere superfluo il contributo delle ferrovie locali, tanto da sacrificarle a fronte delle difficoltà di bilancio.
    RITENUTO PRIORITARIO
    che non siano abbandonate queste preziose risorse infrastrutturali, ereditate in virtù dei sacrifici delle generazioni che ci hanno preceduto e, nell’attesa di valutare caso per caso le prospettive delle singole linee (la cui gestione potrebbe anche essere messa a gara, invitando vettori nazionali ed esteri diversi da Trenitalia, come avvenuto con successo in Alto Adige per la tratta Merano-Malles),
    CHIEDONO
    alla Presidenza del Consiglio ed al Ministro delle Infrastrutture di imporre a RFI l’onere di garantire la manutenzione ordinaria delle linee chiuse al traffico, onde non pregiudicare definitivamente le possibilità di ripristino dell’esercizio ferroviario, sia a servizio delle comunità locali, sia quale strumento di valorizzazione dell’escursionismo compatibile con la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale italiano.

  118. 123 pietro mitrione 25/01/2012 alle 6:28 PM

    Questo pensiero è per la mia amata stazione e credo che possa essere condiviso da ciascuno di voi.
    I MIEI RICORDI IN UN ACQUERELLO: ho vissuto tante partenze, distanze percorse con il sole o con la luna, verso paesaggi diversi e cieli sempre uguali, ma con il cuore vicino ai luoghi della mia infanzia. Ho vissuto anche tanti arrivi, ma il più bello è quello che mi rivede bambina alla stazione di Banzano, dove, dopo il viaggio in littorina, trascorso ad ammirare l’amato e familiare paesaggio, scendo con mio padre e vado incontro, correndo alla mia estate, le mie estati, le più belle della mia vita. Mille volte ho rivissuto quel viaggio….la testa fuori dal finestrino inebriandomi dei colori della natura… il fischio del piccolo treno…il profumo dell’aria…La mia vita mi riconduce donna alla piccola stazione che mi ha vista arrivare bambina…. arrivo in macchina; la littorina là non si ferma più….il papà non c’è e neppure il capo stazione. I rovi sono cresciuti impietosi, coprendo quello che un tempo era un giardino… anche la piccola fontana.. anche quella non c’è più. La mia stazione porta i segni deturpanti dell’incuria di chi, credo, avrebbe dovuto amarla più di me. Un venticello leggero soffia e insieme all’inesorabile passare del tempo e all’indifferenza, spazza via come foglie morte i miei ricordi più cari. Dopo un ultimo sguardo alla mia stazione risalgo in macchina e mi allontano… rammarico e tristezza nel cuore. Vorrei che la mia stazione ritornasse alla vita, divenendo simbolo del nostro paese e custode del nostro passato, vorrei che le venisse restituita l’anima, quella che non so chi nè come è riuscito a cogliere e a imprimere in un bell’acquerello.
    Ornella Di Iasi

  119. 124 pietro mitrione 26/01/2012 alle 9:16 am

    La presentazione del libro di Lucia Annunziata:” il potere in Italia”, ha dato l’opportunità alla giornalista di tornare in Irpinia dove ha trascorso parte sei suoi anni giovanili . Seguendo la vita girovaga del padre, ferroviere sulla linea Avellino-Rocchetta, la giornalista ha conosciuto la popolazione irpina ed il suo territorio nelle sue più varie sfaccettature.
    Noi di in_loco_motivi sapevamo di questa sua “vita” irpina e abbiamo voluto farle omaggio di una foto che ritrae il casello ferroviario, sito nei pressi di Cassano Irpino, dove ha vissuto per alcuni anni. E’ l’unico casello che si ostina a non morire come sta avvenendo per la Avellino-Rocchetta.
    A lei inviamo una lettera che descrive il perché della nostra battaglia per farla riaprire e cogliamo l’occasione per estenderla ai tanti che erano presenti nella sala dove si è tenuta la presentazione del libro e che sono gli stessi che possono farla riaprire.

    “Se vuoi capire perché si parla di “verde Irpinia” devi prendere il treno che da Avellino ti porta a Rocchetta Sant’Antonio. Se viaggiando tieni un poco i finestrini aperti, lungo quasi tutto il tragitto la natura si riverserà su di te. Foglie leggere e gocce d’acqua, se piove, si appoggeranno sulle tue gambe e sul tuo ventre, ma tu non ti risentirai per questo, anzi ti divertirai di fronte alla natura che s’impone e ti coinvolge nella sua briosa freschezza. Tutto intorno è verde, di diverse tonalità, e quando arriva la neve tutto si trasforma portandoti in un paesaggio onirico in cui cogli la sensazione di stare davvero nel grande presepe, fatto di tanti, piccoli presepi che sono i paesi irpini. Alcuni li vedi, altri li immagini perché stanno sopra o sotto di te, a destra o a sinistra, dietro le colline. Sei preso dalla curiosità infantile di scorgerli e di riconoscerli, ma quando questo non accade non te ne duoli perché sai che stanno lì ad aspettarti, in attesa che tu vinca la pigrizia e decida di visitarli. Te li rammentano le scritte sui muri delle stazioncine, spesso piccole e abbandonate, con le aiuole rinsecchite e le staccionate divelte, risultato della politica di taglio dei “rami secchi”. Perché scomodare gli alberi per descrivere la dismissione di un’attività che ha ancora senso e utilità nella vita delle nostre comunità?”
    Sono queste le considerazioni di uno dei circa 3000 partecipanti alle nostre iniziative che dal settembre 2009 hanno avuto l’opportunità di conoscere il paesaggio irpino attraverso un mezzo di trasporto particolare per la nostra realtà: il treno irpino del paesaggio.
    Oltre duemila studenti avevano già prenotato il viaggio con il treno irpino del paesaggio per il 2011 un modo nuovo ed educativo per conoscere il proprio territorio ed altre migliaia di persone da trasportare in treno nei nostri paesi lontani da circuiti turistici rinomati..si fa per dire.
    Restano, purtroppo, i problemi di un territorio, quello delle zone interne della Campania, abitato da appena il 20% della popolazione campana a fronte di una vastità dello stesso dell’80%, su cui si abbattono i cosiddetti “tagli lineari” della finanziaria o le famigerate “soglie minime” di fruibilità dei servizi pubblici per cui di conseguenza si tagliano ospedali, trasporti, scuole etc.
    Altro che solidarietà, termine che vale solo per la “munnezza”….?
    In questo contesto ecco che anche la storica ferrovia Avellino-Rocchetta va cancellata. Dal 13 dicembre, infatti, la Regione Campania dopo 117 anni ha deciso che la nostra ferrovia debba diventare un ricordo uno dei tanti che stanno costellando gli ultimi anni della memoria irpina.
    Noi di “Inloco_motivi” siamo convinti che:
    • è realistico mantenere viva nell’opinione pubblica ed aprire alle nuove generazioni la memoria e la conoscenza del patrimonio ferroviario irpino – di rilevante valore storico e culturale – come vettore di una mobilità “dolce”, da godere, capace di favorire incontri di comunità, riappropriazione di un senso identitario in una visione avanzata , alternativa, ambientalmente compatibile ed europea dell’uso del treno,
    • c’è ancora la possibilità per cui il treno possa diventare il mezzo per un turismo rispettoso dell’ambiente, non motorizzato e quindi caratterizzato dalla lentezza per meglio godere del paesaggio che esso attraversa,
    • si può rivitalizzare e ripristinare una tratta ferroviaria “scarsamente utilizzata” con nuove prospettive e miglior impiego di risorse per sostenere attività turistiche.
    Sono queste le idee che vorremmo continuare a svolgere sulla scia del cammino intrapreso a settembre 2009 allorquando pioneristicamente insieme a 100 eroi alle 6 di mattina partimmo per Rocchetta. Da allora abbiamo svegliato un sentimento che pareva sopito: l’appartenenza ad un territorio, quello stesso che i tanti cosiddetti esperti del settore turistico, pagati o sovvenzionati profumatamente, dovrebbero promuovere e conservare.
    Ci ha animato in questo periodo solo la passione e nient’altro e di questo insieme agli altri amici del gruppo ne andiamo fieri.
    Comunque finisca questa avventura abbiamo dimostrato che dalla base possono nascere idee, progetti ed attività e forse per questo non abbiamo voce. Ci restano le migliaia di strette di mano delle persone che ad ogni viaggio ultimato ci hanno voluto gratificare con un gesto semplice ma significativo dicendoci : grazie per averci fatto conoscere o riconoscere una parte della nostra Irpinia .
    Noi continueremo a credere e lottare perché ci siano tante prossime volte……per l’Avellino_Rocchetta e domenica 4 marzo saremo presenti nella 5* giornata nazionale delle ferrovie dimenticate: andremo nella stazione di CONZA per denunciare lo scempio che stanno subendo le strutture lì costruite per permettere la realizzazione dell’invaso sull’Ofanto.
    Pietro Mitrione
    In_loco_motivi

  120. 126 avellinorocchetta 29/01/2012 alle 9:11 PM

    Cari amici, come vedete siamo riusciti almeno a far sedere ad un tavolo chi da tempo ignorava l’esistenza di questo tratto di linea ferroviaria. Per il fatto che non ci hanno chiamato è naturale che si siano presi i meriti dell’iniziativa che, a detta di tutti i politici da destra a sinistra, faceva parte del loro programma elettorale (?). Ma, a noi, cittadini non interessa prendere meriti per le parole spese bensì interessa giungere ad un obiettivo che, purtroppo, io vedo ancora lontano. Ora bisogna insistere, bisogna lavorare, bisogna organizzare altri treni straordinari….insomma bisogna far capire a chi “…in tutt’altre faccende affaccendati ma in questa materia morti e seppelliti” che se sono in quelle posizioni “privilegiate” lo sono per noi e che i loro privilegi durano solo se lo vogliamo noi. Il popolo Molisano non è ignorante o semplicemente carne da macello e la storia lo dimostra….per questo motivo, rimandare le decisioni ad un presunto “tavolo tecnico” che non potrà prendere decisioni che spettano al “potere politico” sembra un paliativo per cucirci la bocca, per prendere i loro lunghissimi tempi decisionali e per dimostrare alla popolazione Molisana che loro stanno lavorando (?). Invece noi, che non siamo ignoranti o pecoroni, ci fermeremo solo quando vedremo una delibera della Giunta Regionale che assegni a questo tratto di linea un sostanzioso finanziamento che possa permettere agli operatori turistici, alle Comunità, alle Associazioni ed a chiunque altro voglia intraprendere attività imprenditoriali nel settore di poter organizzare treni per gli sciatori, treni per le gite scolastiche, treni per turisti in genere a prezzi decisamente ragionevoli. I cittadini dell’Alto Molise beneficerebbero di queste attività e non sarebbero lasciati nell’unica decisione ora possibile di fare le valigie e di andare via. Inoltre ricordiamo ai nostri politici che la “Sangritana” non è l’unica via percorribile perchè alla pari potrebbe esserlo anche Trenitalia ma, se proprio vogliono prendere una decisione di togliere quei servizi a Trenitalia facciano un bando di gara internazionale e vedrete che numerose società di trasporto Europee scenderebbero da noi per gestire servizi turistici in cui credono (Germania docet). Quindi non molliamo la presa ed andiamo avanti nella convinzione che ciò che stiamo facendo è necessario e vitale per questa dimenticata parte d’Italia. Un abbraccio Francesco Tufano Presidente Italia Associazione Europea Ferrovieri
    speriamo che possa accadere anche in Campania

  121. 127 pietro mitrione 15/02/2012 alle 1:51 PM

    Più importante del viaggio, viaggiare. Inloco_motivi non demorde e malgrado per il giorno delle Ferrovie Dimenticate, il 4 marzo del 2012, non si riesca ad avere un convoglio da far viaggiare sull’Avellino Rocchetta Sant’Antonio si parte comunque, ma in autobus. Il viaggio sarà fortemente simbolico con tappe in due stazioni peculiari, quella di Conza-Andretta-Cairano e quella di Calitri. La prima è un enorme edificio nuovo e abbandonato del quale si vuole rilanciare l’uso, la stazione di Calitri è l’ultima irpina della tratta. Una invasione pacifica di viaggiatori/ricordatori, ed un flashmob per non dimenticare.
    Così il gruppo di inloco_motivi, in collaborazione con Irpiniaturismo ed Orticalab aderiscono alla quinta giornata nazionale delle Ferrovie Dimenticate organizzata da Comodo con un programma dedicato all’Irpinia ed al suo paesaggio. Ma questa giornata, alla luce degli ulteriori tagli ai trasporti su ferro della Regione Campania, è anche un momento per evidenziare come sia necessario più che mai preservare le strade ferrate contro l’avanzare del trasporto su gomma. Proprio questa emergenza neve ha messo in evidenza quanto sia fragile la rete dei trasporti nella nostra provincia. L’evento neve, per quanto assolutamente eccezionale, ha isolato completamente alcune zone della nostra provincia, luoghi che sarebbero stati raggiungibili in treno. Questo tema, ma anche quello delle stazioni in disuso, al centro della giornata del 4 marzo. Un bus partirà da Avellino alla volta di Conza della Campania e poi Calitri, il programma dettagliato ancora non è stato diffuso. L’aggiornatissima pagina degli amici indignati dell’Avellino Rocchetta Sant’Antonio n e darà notizia presto.
    Strade ferrate e stazioni dimenticate e una occasione mancata di promozione del territorio. Questo In loco_motivi cerca di dire dal 2009, anno in cui sono state effettuate circa 25 corse turistiche sulla linea a binario unico denominata Treno irpino del Paesaggio. La linea ferroviaria dell’Irpinia, l’Avellino Ponte Santa Venere (poi Avellino – Rocchetta Sant’Antonio) è tra le più antiche della Campania, inaugurata nel suo intero percorso il 27 ottobre del 1895, è a rischio di chiusura definitiva e di cui è necessario ripensarne l’uso o il riuso a favore del territorio che nei secoli scorsi l’ aveva fortemente voluta.
    E’ la ferrovia delle acque: attraversa e lambisce in più punti i fiumi Sabato, Calore ed Ofanto. E’ la ferrovia dei grandi vini docg: attraversa i territori, servendoli con stazioni dei comuni degli areali del Taurasi e del Fiano. E’ la ferrovia del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini. E’ la ferrovia delle aree a tutela della biodiversità. I Siti di Importanza Comunitaria irpini. E’ la ferrovia dei Borghi: storia, cultura ed identità territoriale. Un patrimonio inestimabile che cercano di sottrarci come stanno facendo con i servizi.

  122. 128 Gabriele 18/02/2012 alle 7:59 PM

    Amici,.
    Non ci voleva la nevicata per accorgersi che questa Strada Ferrata,
    oramai dimenticata.
    E’ una grande risorsa per gli abitanti delle zone dell’Alta Irpinia,ed è una grossa opportunità Turistica,da sfruttare al meglio,per tutto il territorio dell’Alta Irpinia.
    Alle prossime Elezioni,pretendete da Tutti i Politici e Politicanti,
    di tutti gli schieramenti essi siano,la riapertura della linea ferroviaria.
    Non si abbandona un territorio,e ricordarsi solo prima delle Elezioni !

  123. 129 Gabriele 18/02/2012 alle 8:08 PM

    Vogliamo anche noi L’Alta Velocità !
    Sulla linea Avellino Rocchetta
    vogliamo vedere Sfrecciare Le FRECCE ROSSE.

    E’ Un Sogno ? ? ?

    Gabriele

  124. 130 Pietro Mitrione 17/04/2012 alle 6:06 PM

    Avellino- Scongiurata la chiusura della stazione ferroviaria di Avellino, nelle
    prossime ore per la ferrovia irpina sono annunciate novità da Napoli. In attesa
    di verificare l’esito della nuova vertenza aperta sul passaggio dell’Alta Capacità
    (vedi servizi nella pagina seguente), la giunta di Palazzo Santa Lucia potrebbe
    deliberare domani un impegno per il rilancio della linea storica, l’AvellinoRocchetta Sant’Antonio.
    Ad oltre tre anni dalla famosa delibera regionale di finanziamento, era il
    luglio del 2009, la giunta dovrebbe approvare gli atti necessari a sbloccare ‘La
    via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde’, già bloccata al Cipe da tre anni, in
    seguito al cambiamento della lista dei Comuni destinatari ed altri mancati
    adempimenti burocratici previsti dalla cosiddetta cabina di regia (composta da
    rappresentanti ministeriali, regionali e degli enti locali), consentirebbe di
    affidare alla tratta una vocazione turistica, il ‘treno del paesaggio’.
    Attraverso i binari, si offrirà ai visitatori la via per addentrarsi tra i preziosi
    tesori offerti dalla tradizione eno-gastronomica di una provincia segnata da
    manieri, castelli ed altre illustri pietre accumulate tra valli e rilievi da una storia
    ultramillenaria. L’opportunità la offrirebbero i fondi dell’agenda Fesr 2007-13, in
    particolare il Programma operativo interregionale ‘Attrattori culturali, naturali e
    turismo’, i cosiddetti Pain-Fas. In attesa della delibera regionale, una lettera
    inviata all’ad di Trenitalia, Moretti, dal vicepresidente del Parlamento Europeo
    Gianni Pittella, ha peraltro registrato la disponibilità dell’azienda pubblica su una
    linea che conta ormai centoventi anni di storia. La giunta regionale delibererà
    domani sull’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, stando a indiscrezioni che filtrano
    da Napoli. Resta ora da conoscere il dettaglio del provvedimento
    da 8pagine del 17 aprile 2012

  125. 131 Pietro Mitrione 27/04/2012 alle 4:08 PM

    Il sindaco di Morra De Sanctis torna alla carica. Lo fa con un’ulteriore sollecitazione, e ancora una volta sulla questione dei trasporti e dei tagli che incidono fortemente sul futuro della provincia.
    “La Via del Vino tra i Castelli dell’Irpinia Verde” è un progetto lanciato, qualche anno fa, dall’Associazione Temporanea di Scopo. Il progetto aveva avuto già l’approvazione sia dalla Regione Campania che dal Cipe, ma il percorso si è interrotto. L’associazione temporanea di scopo nacque dalle amministrazioni Comunali dei Comuni di Bisaccia, Lacedonia, Montefalcione, Morra de Sanctis, Monteverde, Castelfranci ed Andretta, la quali erano e sono convinte che lo sviluppo delle aree interne della Campania passa inderogabilmente attraverso una condivisa fase di programmazione sinergica tra i singoli territori. Le stesse hanno avviato agli inizi dell’ anno 2007 una fase di discussione finalizzata alla ricerca e definizione di mirati e strategici interventi infrastrutturali strettamente funzionali al compiuto avvio di duraturi meccanismi di sviluppo endogeno strutturati intorno alla fruizione turistico-ambientale dei territori serviti dalla tratta ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio/Lacedonia.

    Dopo varie occasioni di confronto si è pervenuti alla sottoscrizione dell’atto costitutivo di un’Associazione Temporanea di Scopo per lo svolgimento delle attività connesse alla specifica redazione di ipotesi progettuali di interventi e loro candidatura a finanziamento all’interno delle opportunità offerta dalle procedure connesse all’attuazione ed al sostegno delle Politiche di Sviluppo della Regione Campania e della politica di coesione per il periodo 2007- 2013.
    L’11 ottobre 2007, nella Sala Consiliare del Municipio di Morra De Sanctis con la presenza dei legali rappresentati dei su citati comuni e previa adozione delle deliberazioni dei vari Consigli Comunali si è proceduto alla sottoscrizione dell’atto costitutivo dell’ Associazione Temporanea di Scopo, individuando nel Comune di Morra De Sanctis l’Ente Capofila. Alla fine ai comuni fondatori se ne sono aggiunti altri fino ad arrivare ad un numero considerevole di quasi 40 che, senza nessuno sguardo ai colori politici, avevano ed hanno il solo obiettivo di rilanciare il territorio dell’Irpinia. Il progetto che l’associazione lanciò è appunto La Via del Vino tra i Castelli della Verde Irpinia.

    L’ ipotesi progettuale di Grande Programma si pone come obiettivo l’analisi e l’elaborazione di proposte per il compiuto sviluppo dell’area territoriale irpina che va dalla Valle del Sabato, passando per Montefalcione e, seguendo il percorso delle linea ferroviaria Avellino/Rocchetta Sant’Antonio, arriva sino a Monteverde, attraversando la Valle del Calore e tutta l’alta Valle dell’Ofanto sino ai margini del lineare orizzonte disegnato dal tavoliere pugliese. Una fase preliminare di ricerca dei dati e delle informazioni, nonché la strutturazione di un tavolo di confronto tra i Sindaci dei comuni sottoscrittori dell’atto di costituzione dell’Associazione e incontri e contatti hanno condotto alla individuazione di una linea strategica di sviluppo da porre quale base strutturale delle scelte territoriali dell’area, nell’orizzonte programmatico delle politiche di coesione per il periodo 2007/2013 in una visione di politica territoriale di area vasta.

    Obiettivo del progetto è quello di analizzare ed individuare interventi e proposte mirate in grado di completare e sintetizzare l’operazione di recupero e valorizzazione del complessivo patrimonio storico, architettonico, archeologico, demoetnografico, paesaggistico ed enogastronomico, al fine di consegnare alle aree interne della Campania una originale ed autonoma capacità di attrazione in un’ottica di implementazione dell’offerta turistica della costa. Il progetto nel suo complesso è finalizzato alla creazione di un network istituzionale di enti locali e mondo dell’imprenditoria in grado di attivare un grande programma di interventi nei quali si intrecciano aspetti storici, naturalistici, enogastronomici, religiosi e archeologici, propri della tipicità irpina, riletti in un’unica strategia integrata di riscoperta e di riqualificazione delle risorse identitarie individuate, strutturata su differenti livelli, di seguito enunciati. Certo che questo sia il momento per rilanciare fortemente il progetto dell’Associazione è il sindaco di Morra De Sanctis, Gerardo Capozza, il quale chiama la Regione Campania ad una maggiore attenzione sulla situazione. “Il progetto messo in campo da noi sindaci – dice Capozza – era serio e concreto ed aveva anche interessato le Regioni della Puglia e della basilicata. Rispetto allo stesso c’era anche il parere positivo del Cipe, ma ad un certo punto, non si sa per quali motivi scuri, la nuova Giunta regionale ha bloccato tutto. Ora mi sento di lanciare un nuovo appello al Presidente Caldoro che è delegato ai fondi europei affinchè gli stessi non vengano persi o usati in modo sbagliato.

    E’ chiaro che è increscioso ricordare che la Commissione europea ha commissariato la Regione Campania per i fondi sul turismo affidando il tutto ad una struttura del Ministero del Turismo.
    E’ ancora più increscioso, per noi campani ed irpini, vedere che la Commissione europea ha fatto un nuovo sollecito alla Pore, struttura di missione, per l’utilizzo di fondi europei sul turismo affinchè vengano presentati progetti immediatamente cantierabili. Lo stesso ha fatto il Ministro Barca sollecitando il Ministro del Turismo Gnudi.

    Ed ecco che, al momento, sono stati presentati solo tre progetti per la Regione Campania da parte del Mibac che ha completamente baipassato i vertici regionali di Santa Lucia. Allora la mia domanda è molto semplice. Noi sindaci del territorio irpino considerando che ci sono miliardi di euro a disposizione, come fondi sul turismo, considerando che la situazione economica, sociale ed occupazionale delle nostre zone è tragica ed ancora che c’è un nostro progetto già pronto ed approvato dal Cipe, possiamo restare fermi e subire un’ulteriore mortificazione per l’inefficienza politica-amministrativa della Regione Campania? No di certo. Come ho scritto anche in un’ultima lettera a Caldoro è il momento di rilanciare quel nostro vecchio progetto che è già pronto e sarà, certamente, il volano per un rilancio delle infrastrutture, della ferrovia Avellino-Rocchetta e di una crescita socio-economico-culturale e turistica del nostro territorio. Questo è un treno importante che non possiamo assolutamente perdere”.

  126. 132 Pietro Mitrione 27/04/2012 alle 4:09 PM

    Mitrione: «Sull’Avellino-Rocchetta occasione sprecata: ecco le nostre proposte»

    Avellino 13:13 | 24/04/2012
    AVELLINO – In vista del dibattito che si terrà a Venticano sui trasporti Pietro Mitrione, presidente dell’associazione In_Loco_Motivi, consegna al CORRIERE la sua riflessione critica sull’evento e sulla situazione trasporti in provincia di Avellino.

    «Mercoledì 25 aprile 2012 nell’ambito della convegnistica prevista nel programma della Fiera di Venticano si svolgerà un dibattito sul tema del turismo in provincia di Avellino. A questo dibattito eravamo stati invitati, insieme ad altre associazioni, anche noi di in_loco_motivi. Gratificati per l’invito avevamo preparato per questa iniziativa una dignitosa presenza per esporre il nostro pensiero e porre alcune domande agli esponenti politici presenti. A pochi giorni dal convegno, inaspettatamente, ci raggiunge una comunicazione che recita testualmente: “Il Convegno organizzato per il 25/04/2012 per le ore 11:00, per problemi logistici ( di spazio ), le associazioni non saranno presenti al convegno in oggetto. Pertanto ci scusiamo del disturbo recatoVi, sarà Ns cura comunicarVi se riuscissimo a trovare un locale adatto ad ospitare tutte le associazioni contattate. Cordiali Saluti Pro Loco Venticanese “
    Se fosse stato possibile avremmo voluto ricordare che nel cuore delle montagne irpine, tra altopiani e borghi ancora silenti, le rotaie della ferrovia Avellino-Rocchetta hanno unito gli abitanti di questi luoghi apparentemente arretrati e che oggi si propone una nuova scelta: trasformare ciò che un tempo era una necessità, in piacere ed apprendimento culturale da tramandare. Avremmo anche fatto presente che da tempo questa linea è stata considerata un “ramo secco”, una pratica che ingiustamente si è consolidata a punto che oggi, l’assessore ai trasporti della regione Campania ne ha disposto la sua “sospensione”.
    Nell’occasione , noi di In-loco_motivi avremmo invitati i presenti al convegno e ai tanti che hanno avallato questa scelta di lasciare le loro poltrone dorate e salire sul treno per percorrere quella tratta per capire e guardare che non si tratta di un “ramo secco” ma è una tratta ferroviaria da riqualificare da percorrenza ordinaria anche a TURISTICA.
    Avremmo, inoltre, rappresentato che siamo una piccola provincia dove l’eccellenza risiede nel patrimonio culturale, artistico, e territoriale. L’Irpinia si può definire un museo etnografico vivente per cui la sua valorizzazione è l’unico impegno che ci può permettere di sviluppare un turismo sostenibile.
    Allora perché ritenere “ramo secco” una tratta ferroviaria di alto impatto naturalistico e paesaggistico?
    Al vice presidente della regione Campania, se presente, avremmo voluto chiedere con fermezza: quando la giunta di Palazzo Santa Lucia vorrà decidere di deliberare, come richiesto dalla Commissione Europea, per il rilancio della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio atteso che da oltre tre anni è stata varata una delibera regionale di finanziamento del progetto intitolato, ‘La via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde’?
    Questo progetto prevede il suo finanziamento con i fondi dell’agenda Fesr 2007-13, in particolare quelli del Programma operativo interregionale ‘Attrattori culturali, naturali e turismo’, i cosiddetti Pain-Fas. L’approvazione della delibera, bloccata al Cipe da tre anni, in seguito al cambiamento della lista dei Comuni destinatari ed altri mancati adempimenti burocratici previsti dalla cosiddetta cabina di regia (composta da rappresentanti ministeriali, regionali e degli enti locali), consentirebbe di affidare alla tratta una vocazione turistica, il ‘treno del paesaggio’. Erano queste le considerazioni che avremmo voluto esplicitare in quel convegno e che affidiamo alla valutazione dell’opinione pubblica, astenendoci da altri commenti. La tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta non la vogliano perdere o mandare in malora».

  127. 133 Pietro Mitrione 14/05/2012 alle 9:36 am

    Domenica 13 maggio il giro ciclistico d’Italia arriva in Irpinia. Sarà una tappa che unira’ idealmente due località che hanno subito la soppressione di altrettante linee ferroviarie di montagna, la Sulmona-Carpinone e l’ Avellino-Rocchetta. In questi giorni questo avvenimento sportivo è stato presentato con apposite iniziative che hanno teso ad evidenziare, giustamente, la finalità di promozione turistica del nostro territorio. Una tappa del giro d’Italia che arriva nel cuore verde dell’Irpinia fra i monti Picentini, una delle eccellenze paesaggistiche della provincia di Avellino, diventa il palcoscenico per far conoscere la nostra verde Irpinia. In questo stesso territorio insiste una storica ferrovia, la volutamente “dimenticata” Avellino-Rocchetta, che interessa per intero questo percorso naturalistico. A nessuno viene in mente di ricordare che l’’Avellino Rocchetta è un parco tematico, rappresenta un viaggio emozionale nella terra del vino, del paesaggio, della luce, del vento? Perché non dire che con queste caratteristiche la linea ferroviaria Avellino Rocchetta può avere un nuovo significato come infrastruttura a servizio del turismo, capace di veicolare fruitori nelle qualità paesaggistiche, naturalistiche, culturali, enogastronomiche dell’Irpinia? Per questi motivi noi di in_loco_motivi vogliamo ostinatamente affermare anche in tale occasione che la storica ferrovia Ofantina è la ferrovia delle acque: attraversa e lambisce in più punti i FIUMI Sabato, Calore ed Ofanto. E’ la ferrovia dei grandi vini docg : attraversa i territori , servendoli con stazioni dei comuni degli areali del Taurasi e del Fiano. E’ la ferrovia del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini. E’ la ferrovia delle aree a tutela della biodiversità. E’ la ferrovia dei Borghi: storia, cultura ed identità territoriale. Sono le stesse cose che in occasioni di promozione turistica del nostro territorio vengono affermate da parte di chi ha la responsabilità politica di questa programmazione. A questi personaggi della politica irpina rinnoviamo l’appello perché la ferrovia Ofantina venga riaperta e messa in condizione di diventare una valido attrattore turistico. Noi di in_loco_motivi il 13 maggio 2012 saremo presenti presso la stazione ferroviaria di Bagnoli irpino PER TESTIMONIARE CIVILMENTE IL NOSTRO IMPEGNO CONTRO LA CHIUSURA DELLA FERROVIA AVELLINO-ROCCHETTA e ricordare che la tratta è ancora “viva” dal punto di vista delle apparecchiature di circolazione e sicurezza ferroviaria per cui la sua riapertura può avvenire senza enormi spese ed in breve tempo, è solo questione di volontà politica. Sarà anche l’occasione per stare insieme ed attendere il passaggio dei “girini” tipo ….. scampagnata.

  128. 134 Pietro Mitrione 25/06/2012 alle 12:50 PM

    Quel treno per Rocchetta.

    Stazione di Avellino ;
    binari vuoti ;
    treni che non partono
    e neanche arrivano.

    Biglietteria chiusa;
    ristoro sigillato;
    sale d’attesa
    vuote.

    Un cane randagio,
    solo e annoiato,
    mi chiede :
    “Che succede ?”.

    E’ scoppiata la guerra?
    Gli uomini son fuggiti,
    le cose impaurite;
    paesaggio da foresta senza alberi.

    Camminiamo storditi,
    nel silenzio irreale,
    il vuoto che ci divora
    espelle solo ricordi.

    La littorina,sempre affollata,
    destinazione finale Rocchetta,
    partiva puntuale
    alle 6 di ogni mattina.
    ( Goffredo Napoletano)

  129. 135 Pietro Mitrione 26/06/2012 alle 7:34 PM

    Avellino-Rocchetta, Amici della Terra attacca Vetrella
    Martedì, 26 Giugno 2012
    L’assessore ai Trasporti della Regione Campania, Sergio Vetrella, nelle scorse ore ha finalmente gettato la maschera. Ha dato degli stupidi a quella rete di persone ed associazioni – in verità un po’più di 4 gatti – che ormai dal settembre del 2009 hanno dimostrato con la esperienza di In loco Motivi- che il Treno Irpino del Paesaggio rappresenta una buona idea per l’Irpinia. In verità nel corso di questi lunghi mesi, il Treno Irpino del paesaggio ha visto il sostegno più volte dell’intero Consiglio provinciale, le interrogazioni parlamentari a sostegno dei nostri senatori, la rete di amministratori comunali attivata dalla Sovrintendenza e tanto altro: insomma gli stupidi sembrano essere caratteristica di questa provincia.
    Ricordiamo i numeri: in 27escursioni, hanno fruito della tratta 2030 visitatori, con una media di 107passeggeri, abbiamo visitato 17 borghi ed oltre 30 monumenti notevoli , abbiamo effettuato 6 escursioni di tipo più strettamente naturalistico, abbiamo stretto collaborazioni con oltre 20 tra pro loco ed altre associazioni territoriali. In tre occasioni abbiamo sperimentato una proficua attività di educazione ambientale con le scuole, dalle elementari per finire al Liceo Artistico a Teora. Apripista del Progetto di Educazione Ambientale, approvato dal Provveditorato agli Studi e che ebbe l’adesione di circa 1500 studenti, e che dimostrava come da febbraio a giugno addirittura il treno poteva essere riempito più di un giorno a settimana. Nei borghi, dai residenti medi di 1000-1500 persone, arrivano una volta sola – e fuori da eventi e sagre attrattive – oltre 100 persone, il10% della popolazione; come se Napoli all’improvviso in una giornata fosse inondata di 100.000 turisti sui 900.000 abitanti della capitale partenopea.
    Luca Battista presidente di Amici della Terra Irpinia evidenzia : ”Le dichiarazioni dell’assessore Vetrella sono ingiuriose e denotano una incapacità assoluta di ragionare con i territori e con chi per quei territori interni ha deciso di spendere la propria vita, avanzando proposte vere e soprattutto agendo e sperimentando sulla propria pelle e dentro le proprie esperienze. Il punto non è l’operato del suo assessorato che “deve pensare” col metodo economico della massaia per “salvare la vita ai pendolari” (parole sue) , ma la incapacità di una classe dirigente regionale , di ragionare in termini collettivi, strategici insomma di comunicare un gioco di squadra. Ognuno scarica la responsabilità sul collega di turno. Così se l’Avellino-Rocchetta è chiusa è responsabilità del Turismo che non definisce politiche e strategie che la comprendano. Salvo, ovviamente, contraddirsi quando – il nostro professore – giustamente sposa l’apertura ed il sostegno finanziario alla Funicolare di Montevergine, infrastruttura turistica e non certo utile al gran numero di pendolari”.
    “La classe dirigente della regione Campania, con Vetrella in testa, sembra ragionare come quelle casalinghe, di memoria cinematografica o letteraria, in cui il senso del dovere, l’imperativo dell’economia domestica e un’assenza quasi patologica di immaginazione si fondono in un micidiale cocktail di nullificazione delle prospettive future.” In conclusione, le scomposte dichiarazioni di Vetrella possono però rilanciare l’azione politica sull’Avellino Rochetta. Per Amici della Terra è sempre più necessario lavorare “per un partenariato pubblico-privato con la partecipazione della Provincia , di quelle imprese private che vedrebbero ricadute e benefici sui loro bilanci dall’uso turistico della linea ferroviaria ed in quota simbolica dei comuni interessati, per rimettere sui binari almeno le necessarie corse settimanali dedicate al turismo scolastico e corse festive dedicate al turismo ambientale ed enogastronomico. L’esperienza di In Loco Motivi ha dimostrato che è possibile economicamente gestire l’Avellino Rocchetta s.a. oltre che è stata dimostrata l’utilità sociale, turistica ed economica della piccola tratta. Inoltre l’adozione del piano territoriale provinciale di coordinamento, di cui è stato presentato un preliminare, non può prescindere dalle indicazioni di rifunzionalizzazione dell’Avellino Rocchetta previsti nel piano urbanistico regionale e nell’Osservazioni degli enti territoriali come le Comunità Montane, i Parchi o i consorzi di promozione territoriale come i Gal.”
    Le corse turistiche sempre sold-out, un anno di attività “abortita” – per la inopinata chiusura della tratta – con le scuole in viaggio sulle ALN688 sempre piene, dimostrano che rivitalizzare e ripristinare una tratta ferroviaria “scarsamente utilizzata” – che con nuove prospettive e miglior impiego di risorse, potrebbe sostenere attività turistiche ed economie locali – è una azione politica su cui investire. Insomma una buona idea per l’Irpinia. Dove sono i nostri rappresentanti ? Non è che dispiace che l’idea non sia stata praticata sotto un cappello politico?

  130. 136 Pietro Mitrione 26/06/2012 alle 7:36 PM

    Trasporti, D’Amelio: Vetrella non conosce l’Irpinia
    La consigliera regionale del Pd solidarizza con Mitrione

    a cura della redazioneMartedì, 26 Giugno 2012
    La consigliera del Partito Democratico Rosa D’Amelio interviene in merito alle dichiarazioni fatte dall’assessore ai trasporti Sergio Vetrella . «La nostra provincia – commenta D’Amelio – è la sola a non avere più collegamenti con il capoluogo campano. I trasporti versano ormai in uno stato pietoso. L’Assessore Vetrella parla senza ad avere cognizione di come è strutturata l’Avellino – Rocchetta».
    «La ferrovia Avellino – Rocchetta Sant’Antonio –prosegue- per una lunghezza di120 km collega Avellino con la zone interne dell’Irpinia, toccando anche alcuni comuni in provincia di Potenza è una tratta di interesse storico. Non si può pensare che una provincia solo perché conta un numero esiguo di abitanti possa essere penalizzata su ogni cosa. I cittadini irpini non sono cittadini di una categoria inferiore. Vetrella, non può, dunque, continuare ad ignorare l’Irpinia. A Pietro Mitrione va tutta la mia solidarietà e l’impegno a sostenere le battaglie per i trasporti».

  131. 137 Pietro Mitrione 26/06/2012 alle 7:39 PM

    Avellino-Rocchetta, Viscido: “Vetrella chieda scusa all’Irpinia”
    martedì 26 giugno 2012
    “Vetrella deve chiedere scusa all’Irpinia, sia sulla linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio
    che agli operai dell’Irisbus. L’Assessore Vetrella non può arrivare e dare lezioni a chi crede sul
    proprio territorio e a chi lotta per il proprio posto di lavoro”. A parlare è Roberto Viscido, coordinatore
    dell’associazione “Prima Persona”, che commenta aspramente le dichiarazioni rilasciate
    dall’assessore regionale ai Trasporti in merito alla tratta ferroviaria e all’Irisbus: “Lui sostiene –
    continua – che sono “quattro stupidi” a lottare e credere nella riapertura della linea ferroviaria
    Avellino-Rocchetta, ma all’assessore ricordo che c’è stato un Consiglio provinciale ad hoc così come
    vari consigli comunali (tra questi quello di Avellino) che hanno chiesto la riattivazione della linea! A
    questo aggiungo la nota del Vice Presidente del Parlamento Europeo On. Gianni Pittella e la risposa
    dell’ad delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti dove ha espresso tutta la disponibilità ad incontri per
    la riattivazione della linea che l’attuale Giunta regionale, o meglio, l’attuale assessore ai trasporti ha
    voluto sospendere il servizio non rinnovando il contratto con RFI, sostenendo che è una linea ha
    costi abnormi e che non conveniva mantenerla. Inoltre, sempre l’assessore Vetrella, sostiene che
    detta linea si può fare un ragionamento di sviluppo turistico ma non è una sua delega. Ora, voglio
    ricordare all’assessore Vetrella innanzitutto che l’assessorato non è il SUO ma bensì della Regione
    Campania, inoltre, vorrei spiegare all’assessore che, prima di non rinnovare il contratto con RFI,
    poteva benissimo chiedere all’assessore al turismo e alle forze politiche e sociali della Provincia di
    Avellino, di fare il punto su come far rimanere la linea attiva proponendo, cosa che sia l’associazione
    Prima Persona ma soprattutto In Loco Motivi stanno sostenendo da tempo! Altro che fare ora le
    lezioni o le morali. Voglio inoltre ricordare al Vice Presidente della Giunta regionale Giuseppe De Mita
    che, il giorno dopo che l’amministratore delegato di Fs ha risposto al Vice presidente Pittella, ho
    chiesto un incontro per poter affrontare su come riattivare la linea in questione ma, ad oggi, siamo
    ancora in attesa! E’ inaccettabile che le Ferrovie dello Stato rispondono immediatamente dando la
    piena disponibilità e, per tutta risposta non si riesce ad organizzare un tavolo di concertazione che
    porti a risollevare l’Alta Irpinia con un progetto di sviluppo turistico che va a coinvolgere tutta la
    Provincia! Il Vice Presidente De Mita batta un colpo! Sulla questione Irisbus, sempre l’assessore
    Vetrella, delude ancora gli operai scaricando le responsabilità sul Governo. Anche qui voglio
    ricordare all’assessore che le difficoltà dell’Irisbus nascono da quando vi era un governo nazionale di
    centro destra ma non voglio fare questa polemica, piuttosto vorrei che Vetrella prendesse atto che
    esiste la Conferenza Stato-Regioni e che, nella sua alta carica di assessore regionale può dialogare
    tranquillamente con il Governo nazionale, senza scaricare sui lavoratori tale responsabilità! Le intese
    si fanno tra Regione e Governo e lui dovrebbe avere tutti gli strumenti per poter fare ciò!! Possibile
    che si riesce a portare il caso Irisbus all’attenzione del Parlamento Europeo e del Presidente della
    Commissione Europea Barroso, appello lanciato da Pittella e accolto da tutti e dico tutti i parlamentari
    europei italiani e l’Assessore Vetrella non riesce a sottoporre, prima la governo Berlusconi ed ora al
    Governo Monti, il dramma dei lavoratori di una azienda così importante della nostra provincia!
    Parlamento Europeo, Provincia di Avellino, Amministrazioni comunali… come dire, chi vive il dramma
    del lavoro e chi lotta per il futuro e lo sviluppo dell’Irpinia sono più di quattro stupidi, e se Vetrella
    considera così il popolo Irpino, sono fiero di essere stupido”

  132. 138 Pietro Mitrione 27/06/2012 alle 9:17 PM

    La logica dell’assessore Sergio Vetrella per l’Irpinia: siete 4 gatti

    In questi mesi la grande problematicità dell’alta capacità nella nostra Irpinia ha monopolizzato l’attenzione di tutti. Nonostante la roboante polemica fra regione Campania, Governo, RFI e forze politiche/sindacali della nostra provincia ancora oggi non sappiamo se questa grande opera di infrastrutturazione interesserà il territorio avellinese, con la costruzione della stazione Ufita nei pressi di Grottaminarda, o sarà solo un passante ferroviario che eviterà ogni idea di programmazione per lo sviluppo sociale ed economico di questa parte interna della Campania. In attesa che questo avvenga e se avverrà, l’intero sistema su ferro della nostra Provincia viene smantellato o ridimensionato. Avellino città continua a non avere più un collegamento ferroviario con Napoli, Ariano irpino viene cancellata dal traffico locale su ferro e la stazione di Avellino rischia di scomparire dalla geografia ferroviaria nazionale. Sembra che stia imperversando una smania distruttrice dell’esistente basata solo e solamente sull’indice di frequentazione dei mezzi pubblici sia su gomma che su ferro dimenticando che la nostra realtà è fatta di piccole comunità per la maggior parte di montagna. Eppure proprio in questi giorni un grande evento ha attirato l’attenzione della pubblica opinione: la riapertura della funicolare di Montevergine, in occasione del riposizionamento del quadro sacro nel suo alloggiamento originario, dopo un periodo di restauro. Alla presenza, come suol dirsi in questi casi, delle maggiori autorità civili, militari e religiose, questa occasione è stata festeggiata con grande enfasi. E’ stata anche l’occasione per l’assessore regionale ai trasporti, Sergio Vetrella, di relazionare sulla problematicità del settore trasporti nella nostra provincia. La sua logica “del siete 4 gatti” l’ha fatta da padrone per cui sull’alta capacità si sono dette tante fesserie e che “stupidi idealisti” stanno conducendo una battaglia inutile per far riaprire la ferrovia Avellino-Rocchetta, sparando cifre astronomiche per riattivarla. Vetrella, oltre ad essere un rozzo politico, è anche un bugiardo quando afferma che ci vogliono centinaia di milioni per riaprirla. Lo stesso Moretti, A.D delle Ferrovie dello stato, in risposta al vicepresidente del Parlamento europeo, Gianni Pittella, ha riferito una cifra di gran lunga inferiore ma, a nostro avviso, anch’essa forzata .La tratta in questione è chiusa solo da un anno per cui basta un modestissimo intervento economico per riattivarla e non svariati milioni. Questo assessore è lo stesso che appena qualche mese fa stava per far chiudere la stazione ferroviaria di Avellino dopo aver chiuso la ferrovia Avellino-Rocchetta, di cui mena vanto, quasi da meritare una medaglia. Eppure ancora qualche giorno è stato riproposto il progetto: “LA VIA DEL VINO E DEI CASTELLI DELL’IRPINIA VERDE” che vede la bistrattata ferrovia Avellino-Rocchetta al centro di questo programma avallato dall’Europa con fondi “PAIN-FAS”. Come tutte le cose irpine questo progetto corre il rischio di “deragliare” in quanto la politica non riesce a dare esecutività al progetto per meri calcoli elettoralistici. Un progetto nato per 36 comuni è stato gonfiato a dismisura per favorire la logica degli “amici degli amici” tale da “impastoiare l’intera procedura. Scandalosamente in tutta questa vicenda tacciono, in questo caso veramente da stupidi, gli artefici di questo inghippo: eppure un progetto di 110 milioni meriterebbe un’attenzione pari a quanto sta accadendo per la elaborazione della “banda larga”. Invece, sembra che una guerra fra bande, scusate il bisticcio di parole, stia minando le basi di questa idea. E’ trascorso quasi un anno da quando i Consigli comunale e provinciale di Avellino votarono, anch’essi stupidamente, per dirla alla Vetrella, all’unanimità un ordine del giorno per mantenere in vita la tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta, a partire dalla riapertura dell’anno scolastico 2011-12, come elemento di grande valore storico da inserire nel piano di sviluppo provinciale, addirittura! Negli stessi o.d.g. i consigli sollecitavano, ancora a loro insaputa stupidamente, i rispettivi numero uno: Galasso e Sibilia, a favorire lo sblocco dei finanziamenti del progetto: “LA VIA DEL VINO E DEI CASTELLI DELL’IRPINIA VERDE” di cui alla delibera regionale 1336 del 31 luglio 2009. Questi proponimenti furono scritti, purtroppo, sull’acqua e come è successo per tante altre questioni attinenti la nostra provincia: ospedali, scuole, trasporti, tribunali, sappiamo come è andata a finire: siete 4 gatti e perciò dovete e potete subire!. Anche in questo caso i fondi corrono il rischio di andare persi e reinvestiti altrove. La stessa logica dei siete “4gatti” si sta imponendo anche per l’Alta Capacità per cui alla fine l’AC sarà per l’Irpinia una chimera. Ancora una volta rivolgiamo un caloroso appello a quanti tengono per il nostro territorio: la ferrovia Avellino Rocchetta è oggi una casa disabitata e non è possibile che si stia riducendo alla malora. E’ diventata una tratta che vede ridotti all’obsolescenza i suoi impianti (la nostra ha dotazioni di sicurezza molto recenti) in quanto non vengono utilizzati né verificati giornalmente. Diventa, perciò, fondamentale che venga usata anche da pochi treni, ma che sia UTILIZZATA al minimo, in prospettiva di tempi migliori. Si potrebbe immaginare, in via sperimentale, la sua riapertura almeno fino a Calitri o a Lioni dove è possibile integrare ferro e gomma in un unico posto. Questa proposta è realizzabile solo in presenza di una tenacissima e ferrea volontà di TUTTI (popolazione e amministratori specialmente dell’alta Irpinia) altrimenti difficilmente si potrà risolvere positivamente la questione.
    Su questo incombe la presenza supponenete dell’assessore Vetrella la cui pericolosità per noi irpini è pari alla sua tracotanza che rasenta la cofanaggine, stante il linguaggio usato anche nei confronti della lotta degli operai dell’IRISBU nelle sue dichiarazioni alla stampa e alle tv locali in occasione della riapertura della funicolare di Montevergine.
    Fortunatamente qui da noi in Irpinia resistono ancora tanti gruppi di “stupidi idealisti” che lottano disinteressatamente per il proprio territorio, fatto di “4gatti”, a ricordare che non si è più disponibili a subire ulteriori scippi dettati da una logica miserevolmente ragionieristica che denota una profonda ignoranza delle “cose” irpine. Quanto all’assessore Vetrella pretendere le sue scuse sarebbe come chiederle ad un megalomane per cui…..lasciamo perdere!!

  133. 139 Pietro Mitrione 28/06/2012 alle 3:38 PM

    ‎6400 secondo gli ultimi dati. La previsione è di arrivare a 10 mila nel 2020. Non si tratta di statistiche della crescita, bensì dei chilometri della nostra rete ferroviaria in progressiva dismissione. Nel 2011 ne sono scomparsi 600, e nel 2012 quasi altrettanto se non di più. Non c’è da esserne fieri, forse c’è da vergognarsi, questo sì. Di fronte alle chiusure un tempo si reagiva con grandi manifestazioni che chiamavano a corteo intere cittadinanze, sindaci in testa, proteste e articoli di giornali a fiotti. Oggi quasi non se ne parla. Soprattutto pochi reagiscono, a parte qualche associazione di appassionati. C’è rassegnazione o, peggio, indifferenza, pericolo ancora più grave, come soleva dire Antonio Gramsci che gli indifferenti alle cose proprio non li sopportava. E chi ha in potere di fare e disfare agisce indisturbato. Per lo più disfa un patrimonio di strade ferrate costruito con acume e lungimiranza dalle nostre generazioni passate. (dall’introduzione di Albano Marcarini al volume Ferrovie delle Meraviglie, 2012)

  134. 141 avellinorocchetta 06/07/2012 alle 8:23 am

    Venerdì 6 luglio tutto il sindacato regionale dei trasporti ha proclamato lo sciopero generale in Campania di 4 ore. Una decisione presa per contrastare le decisioni adottate dall’ineffabile assessore regionale ai trasporti Sergio Vetrella in materia di tagli al Trasporto Pubblico Locale. Questo assessore sta distruggendo l’intero sistema trasportistico regionale, in particolare quello su ferro. In questo comparto la nostra Provincia mostra tutti i suoi limiti: Avellino non ha più un collegamento con Napoli, Ariano, la seconda città dell’Irpinia, è scomparsa dalle relazioni ferroviarie sulla dorsale Benevento-Foggia, i servizi sulla tratta per Salerno e Benevento sono stati ridotti al minino e l’intera tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta è stata cancellata da oltre un anno: una falcidia. L’intera Irpinia corre il rischio di scomparire dalla geografia ferroviaria italiana. Tutto questo avviene con la complicità silente delle istituzioni preposte alla sviluppo economico della nostra Provincia, le uniche a dover e poter programmare un sistema di trasporto pubblico efficiente ed efficace. Di questo silenzio non c’è da esserne fieri, forse c’è da vergognarsi, questo sì. Di fronte alla dismissione di questo patrimonio ferroviario un tempo si reagiva con grandi manifestazioni che chiamavano a corteo intere cittadinanze, sindaci in testa, proteste e articoli di giornali a fiotti. Oggi quasi non se ne parla. Soprattutto pochi reagiscono, a parte qualche associazione di appassionati. C’è rassegnazione o, peggio, indifferenza, pericolo ancora più grave, come soleva dire Antonio Gramsci che gli indifferenti alle cose proprio non li sopportava. E chi ha in potere di fare e disfare agisce indisturbato: Vetrella docet!. Per lo più disfa un patrimonio di strade ferrate costruito con acume e lungimiranza dalle nostre generazioni passate.
    Con questo spirito l’associazione in_loco_motivi aderisce alla proclamazione di questo sciopero ed invita i tanti “stupidi idealisti, come ci considera questo “strano” assessore Vetrella, a partecipare alle iniziative indette da tutto il sindacato dei trasporti.

  135. 142 avellinorocchetta 12/07/2012 alle 8:51 am

    ho letto con profondo rammarico le vostre dichiarazioni alquanto offensive nei riguardi dei ragazzi del gruppo Amici della Ferrovia Avellino-Rocchetta-In_Loco_Motivi; io vivo in Puglia e in qualita’ di presidente dell’ Associazione Amici delle Ferrovie del Mediterraneo, sono fiero di essere anch’io assieme ai membri del gruppo, uno stupido idealista, dal momento che anche noi auspichiamo la riapertura della tratta in questione, e come me sparsi in tutta Italia ci sono tanti altri stupidi idealisti che vorrebbero riveder sferragliare il treno irpino. Come certamente sapra’, i ragazzi guidati da
    Mitrione a cavallo del biennio 2009-2010 hanno organizzato innumerevoli treni turistici nel weekend, attirando gente anche da fuori regione, persino dal Centro-Nord; ci hanno messo tanta passione e tanto amore per il loro territorio, trascurando i rispettivi affetti e le proprie famiglie per organizzare quegli eventi che hanno riscosso un enorme successo; aggiungo, la linea non lo consentiva altrimenti ogni weekend sarebbero stati molti di piu’ i passeggeri trasportati. La invito a fare un passo indietro ed a scusarsi pubblicamente con loro, la vostra assessore e’ stata un’ uscita davvero infelice
    ed evitabilissima, non aveva alcun diritto di offenderli. Lei suggerisce (e qui mi trova d’ accordo) un’ iniziativa di carattere imprenditoriale per recuperare la ferrovia Avellino-Rocchetta…beh arrivati a questo punto l’ unico ente che puo’ salvare questa bellissima tratta e’ la provincia di Avellino. Occorrono nell’ immediato due milioni e mezzo di euro per rendere nuovamente fruibile la linea, in seguito altri 10 per il consolidamento di gallerie e ponti. Chiaramente l’ amministrazione provinciale irpina non potrebbe mai accollarsi
    totalmente gli oneri economici per il ripristino della tratta, per questo
    occorre procedere nel seguente modo:
    dei due milioni e mezzo di euro necessari per la riattivazione della tratta (seppur con marcia a vista in diversi tratti), 750 mila sarebbero stanziati dalla provincia di Avellino, altri 500 mila attraverso il contributo degli assessorati al turismo delle regioni di Campania (125 mila), Basilicata e Puglia, dalla provincia di Potenza e da quella di Foggia, e da tutti i comuni serviti dalla linea; mancano all’ appello 1.250.000 euro, ed e’ qui che entrerebbero in ballo
    gli imprenditori e le strutture ricettive dislocate lungo la tratta, con dei
    contributi a mo’ di sponsorizzazione; le Associazioni ferroviarie farebbero la loro parte, ed infine con il contributo dei cittadini attraverso un azionariato popolare si riuscirebbe a raggiungere la cifra necessaria. Una volta sistemata l’ infrastruttura potrebbero riprendere i treni del weekend organizzati dal gruppo In_Loco_MOTIVI, mentre nei giorni feriali spazio ai treni delle scolaresche e perche’ no a deiconvogli charter per i Laghi di Monticchio o del
    Laceno, per le Cascate di San Fele, o dei treni di pellegrini per il santuario di San Gerardo a Materdomini. Come accennavo prima, servirebbero altri 10 milioni di euro per la messa in sicurezza dell’ infrastruttura, per ottenerli la provincia di Avellino dovrebbe richiedere un mutuo, cosi come gia fatto da altri enti in precedenza (vedi Calabria per salvare le ex ferrovie Calabro-Lucane. Tutti gli enti sopracitati (compresi cittadini ed aziende) continuerebbero a contribuire economicamente ogni anno per la manutenzione
    ordinaria della linea a cura di RFI. In seguito, occorre organizzare un
    incontro con le aziende che si affacciano lungo la tratta per discutere di un eventuale ripristino del traffico merci, l’ Impresa Ferroviaria pugliese GTS Rail da me contattata tempo fa, si e’ detta disponibilissima a creare un proprio hub in quel di Avellino, l’ importante e’ che le linee in questione siano opportunamente riqualificate. Al momento il ritorno dei treni in servizio ordinario sarebbe pura utopia, ma con la linea sistemata e consolidata come si
    deve, nulla toglie che il Consorzio Ferrovie di Puglia di prossima
    costituzione da parte dell’ amministrazione regionale Pugliese, possa rilevare i servizi ferroviari ordinari sulla linea in questione attraverso una gara d’ appalto. Assessore, la invito a valutare attentamente questo documento, e a non chiamarsi fuori dal progetto di recupero della tratta, troppo comodo chiudere e lavarsene definitivamente le mani, segua l’ esempio dell’ assessore pugliese Minervini, ha chiuso la ferrovia Rocchetta-Gravina, ma si sta impegnando per un suo recupero per scopi turistici. Nell’ attesa di un vostro riscontro, unito alle scuse ufficiali ai ragazzi del gruppo In_Loco_Motivi in primis, e poi a tutta la comunita’ irpina, colgo l’ occasione per porgervi cordiali saluti,
    Giuseppe Terruli,
    Associazione Amici delle Ferrovie del Mediterraneo

  136. 144 Pietro Mitrione 19/07/2012 alle 10:20 PM

    Dopo tanti sussurri, sbadigli e urla, la verità è venuta a galla: la Regione Campania ha dovuto modificare la sua proposta di cancellare il tracciato ferroviario ad A/C in Irpinia che avrebbe consentito la realizzazione della stazione ferroviaria in valle Ufita. Con i soliti toni propagandistici è stato comunicato che la giunta regionale, finalmente, aveva adottato una nuova delibera con la quale si afferma la costruzione della stazione per il passaggio del treni ad A/C nel territorio irpino. Ancora una volta, detta così, sembrerebbe una ennesima presa d’atto di una decisione da tempo affermata ma contraddetta da decisioni infelici della giunta Caldoro. A nostro avviso si tratta invece dell’ennesima furbata in quanto tutto viene rinviato ad una futuro sviluppo economico di quel territorio che, considerato la lunghezza temporale dell’intervento e della scarsezza di risorse economiche necessarie, consente di pensare ad uno scenario dove peseranno fortemente le capacità politiche di programmazione economiche per il meridione. A tal proposito vale la pena citare quanto ha affermato lo stesso assessore ai trasporti della Regione Campania, Sergio Vetrella, : quest’opera così costosa e lunga ha una sua valenza se in quelle zone c’è possibilità di sviluppo non solo in termini di passeggeri ma anche in termini commerciali. E qui ritorna la logica “vetrelliana del siete 4gatti” che ostinatamente applica per noi irpini. Così messa ed anche alla luce dello smantellamento di quel poco di industria e terziario esistente in Irpinia è facile immaginare quello che potrà accadere per la realizzazione dell’AC in Valle Ufita! Questo assessore è lo stesso che, dopo aver chiuso la ferrovia Avellino-Rocchetta, l’annullamento di ogni collegamento ferroviario pendolare sulla linea Benevento-ARIANO-Foggia, la riduzione dei servizi ferroviari fra Benevento –Avellino e Salerno con la conseguente minaccia di chiusura della stazione ferroviaria di Avellino, che vede azzerato ogni collegamento su ferro con Napoli, aveva tentato la modifica del tracciato che di fatto escludeva la nostra Provincia dall’alta capacità proponendo di tornare alla prima soluzione ipotizzata da RFI, ovvero un tracciato diretto, in massima parte interrato tra le due stazioni di APICE e ORSARA, al fine di ridurre i tempi di percorrenza, i costi ed i tempi di realizzazione. La nuova delibera non basta a sanare quell’infamia che si stava perpetrando contro l’Irpinia occorre un deliberato dell’intero consiglio regionale che definisca in modo inequivocabile la realizzazione della stazione ferroviaria per i treni ad A/C in Valle Ufita e che renda operativo l’utilizzazione dei 57 milioni di euro già disponibili per effettuare gli studi di fattibilità. E’ questo l’appello che rivolgiamo ai politici del nostro territorio che il 19 luglio si ritroveranno presso la sede del Consiglio Provinciale di Avellino per discure di ALTA CAPACITA’. Questo è quanto, il resto è solo rabbia e delusione per le continue beffe che l’Irpinia sta subendo.

  137. 145 Pietro Mitrione 20/07/2012 alle 3:55 PM

    Alta Capacità, Mitrione: «La Regione elimini gli equivoci»

    Avellino 17:26 | 19/07/2012
    AVELLINO – «Dopo tanti sussurri, sbadigli e urla, la verità è venuta a galla: la Regione Campania ha dovuto modificare la sua proposta di cancellare il tracciato ferroviario ad A/C in Irpinia che avrebbe consentito la realizzazione della stazione ferroviaria in valle Ufita. Con i soliti toni propagandistici è stato comunicato che la giunta regionale, finalmente, aveva adottato una nuova delibera con la quale si afferma la costruzione della stazione per il passaggio del treni ad A/C nel territorio irpino. Ancora una volta, detta così, sembrerebbe una ennesima presa d’atto di una decisione da tempo affermata ma contraddetta da decisioni infelici della giunta Caldoro. A nostro avviso si tratta invece dell’ennesima furbata in quanto tutto viene rinviato ad un futuro sviluppo economico di quel territorio che, considerato la lunghezza temporale dell’intervento e della scarsezza di risorse economiche necessarie, consente di pensare ad uno scenario dove peseranno fortemente le capacità politiche di programmazione economiche per il meridione».

    E’ quanto sostiene Pietro Mitrione dell’associazione Inloco_motivi.
    «A tal proposito – prosegue Mitrione – vale la pena citare quanto ha affermato lo stesso assessore ai trasporti della Regione Campania, Sergio Vetrella, : quest’opera così costosa e lunga ha una sua valenza se in quelle zone c’è possibilità di sviluppo non solo in termini di passeggeri ma anche in termini commerciali. E qui ritorna la logica “vetrelliana del siete 4gatti” che ostinatamente applica per noi irpini. Così messa ed anche alla luce dello smantellamento di quel poco di industria e terziario esistente in Irpinia è facile immaginare quello che potrà accadere per la realizzazione dell’AC in Valle Ufita! Questo assessore è lo stesso che, dopo aver chiuso la ferrovia Avellino-Rocchetta, l’annullamento di ogni collegamento ferroviario pendolare sulla linea Benevento-ARIANO-Foggia, la riduzione dei servizi ferroviari fra Benevento –Avellino e Salerno con la conseguente minaccia di chiusura della stazione ferroviaria di Avellino, che vede azzerato ogni collegamento su ferro con Napoli, aveva tentato la modifica del tracciato che di fatto escludeva la nostra Provincia dall’alta capacità proponendo di tornare alla prima soluzione ipotizzata da RFI, ovvero un tracciato diretto, in massima parte interrato tra le due stazioni di APICE e ORSARA, al fine di ridurre i tempi di percorrenza, i costi ed i tempi di realizzazione.
    La nuova delibera non basta a sanare quell’infamia che si stava perpetrando contro l’Irpinia occorre un deliberato dell’intero consiglio regionale che definisca in modo inequivocabile la realizzazione della stazione ferroviaria per i treni ad A/C in valle Ufita e che renda operativo l’utilizzazione dei 57 milioni di euro già disponibili per effettuare gli studi di fattibilità. E’ questo l’appello che rivolgiamo ai politici del nostro territorio che il 19 luglio si ritroveranno presso la sede del Consiglio Provinciale di Avellino per discure di ALTA CAPACITA’. Questo è quanto, – conclude Mitrione – il resto è solo rabbia e delusione per le continue beffe che l’Irpinia sta subendo».

  138. 146 Pietro Mitrione 02/08/2012 alle 8:15 am

    L’alta capacità, la galleria, la Zuegg e … la ferrovia Avellino-Rocchetta
    Dalla stampa locale abbiamo appreso due notizie che apparentemente sembrano distinte e distanti. La prima si riferisce alla firma del contratto istituzionale di servizio presso il ministero dei trasporti tra il ministro Barca ed i governatori della PUGLIA, della BASILICATA e della CAMPANIA che dovrebbe mettere fine alla querelle per la costruzione della linea ferroviaria ad Alta Capacità fra Napoli e Bari con la realizzazione della stazione Hirpinia in Valle Ufita. La seconda ci informa dell’inizio dei lavori per la messa in sicurezza, dopo tante proteste e con colpevole ritardo, della galleria Serra dell’Ofantina bis che conduce al nucleo industriale di San Mango che potrebbero causare la sospensione dell’attività dello stabilimento Zuegg a causa delle difficoltà di poter approvvigionare quello stabilimento della materia prima necessaria alla sua produzione. Queste due notizie raccontano del territorio irpino che riponeva e ripone nella realizzazione di infrastrutture la possibilità di garantire le condizioni indispensabili per lo sviluppo economico e sociale delle sue popolazioni. Questo assunto trova nella realizzazione della stazione Ufita la piena prospettiva di poter fruire di una ferrovia all’altezza dei tempi: persone e cose che vengono trasportate in tempi veloci con innegabili vantaggi sulla qualità della vita delle persone e della migliore collocazione sui mercati delle merci. Sembra di rileggere le considerazioni che Francesco de Sanctis ci ha lasciato in un brano nel suo scritto “un viaggio elettorale” : . La linea ferroviaria, infatti, arrivò nel 1895 e segnò una tappa importante per superare l’isolamento che contraddistingueva le contrade dell’Alta Irpinia. La ferrovia divenne un mezzo di trasporto agevole per i prodotti agricoli del territorio, ma amaro per migliaia di uomini: non è immaginabile il numero di emigranti che l’hanno percorsa per raggiungere le terre europee o d’oltreoceano da cui inviavano quelle rimesse di danaro che contribuivano a risollevare la situazione economica di queste zone e, in generale, con i depositi postali, a finanziare tante opere pubbliche italiane. Quella sua ferrovia, la Avellino-Rocchetta, oggi sta morendo mentre a pochi metri dai suoi binari una grande fabbrica, la Zuegg, costruita in quel luogo grazie alla utilizzazione di quei binari corre il rischio di fermare la sua attività perché non c’è alternativa stradale per rifornirla di materia prima. Sembra che l’arcaico, destinato a morire, si stia per prendere una rivincita sull’imbecillità dei politici che con la logica dei tagli lineari sta desertificando la nostra Irpinia. Nel nucleo industriale di San Mango, dove è allocata la Zuegg, fu costruito nel dopo-terremoto l’unico raccordo ferroviario a servizio delle industrie. In un territorio, ad alto rischio sismico ed idrogeologico, è bastata la necessità di dover chiudere per pochi giorni un tratto stradale per mettere in crisi un apparato industriale. Le scelte degli anni trascorsi sono state fatte dalla politica che ha privilegiato un sistema affidato per la maggior parte alla gomma relegando la ferrovia, specialmente quella meridionale, a livelli assolutamente marginali. Basti pensare che appena il 9% delle merci è trasportato su ferrovia. Non è un paese civile quello che vede la metà del suo territorio privo di valide infrastrutture ferroviarie e che sta distruggendo una fitta rete di ferrovie “minori” diventate tali dalla smania “imbecille” di tagliare a tutti i costi. Speriamo che le considerazioni di Francesco de Sanctis restino di insegnamento per quelli che oggi stanno decidendo per la costruzione dell’alta capacità fra Napoli e Bari e, anche, per quelli che, vergognosamente, hanno condannato a morte la storica Avellino-Rocchetta.
    Pietro Mitrione

  139. 147 Pietro Mitrione 16/08/2012 alle 5:01 PM

    A proposito di ferrovie

    08/08/2012
    I binari anneriti del serpentone di ferro, che si distende sinuoso tra la fitta boscaglia della vegetazione a ridosso dell’Ofanto, sono stati, per oltre un secolo, l’unico asse di comunicazione per l’Irpinia. Dell’Avellino-Rocchetta ormai non se ne parla quasi più, se non per l’irriducibile impegno di qualche associazione che continua a battersi per il ripristino della linea, e così della storica tratta ferroviaria sembra restare soltanto lo scolorito ricordo di una fotografia d’epoca, in bianco e nero, soprattutto ora che la provincia di Avellino avrà finalmente la sua Alta Capacità ferroviaria, segno di una modernità che certamente non può contendere il posto a ciò che va riconvertito in altra direzione, e non mandato in pensione.
    Per l’Avellino-Rocchetta, invece, da qualche tempo è stato intonato il requiem, in nome di una fin troppo facile razionalizzazione che considera “ramo secco” quello che invece potrebbe rappresentare il “tronco” di un nuovo sviluppo, un’idea nella quale però fin ora hanno creduto non in molti. La strada ferrata a un solo binario, che tradisce velocità di altri tempi, percorre quel fascinoso paesaggio desanctisiano del noto viaggio elettorale che qualcuno ha pensato di farne un parco letterario come attrattiva del territorio, dedicato al grande critico e politico di Morra, vocato com’è a un plausibile sviluppo turistico-culturale che però tarda a realizzarsi. Per De Sanctis, come per Fortunato, Mancini, e altri ancora, la ferrovia Avellino-Rocchetta rappresentava, dopo la formazione dello Stato unitario, l’integrazione nel tessuto nazionale, e forse ancor più la penetrazione nelle zone interne e dunque lo sbocco sulle coste dell’Adriatico, del Tirreno, dello Jonio.
    L’Avellino-Rocchetta ha sempre offerto forti suggestioni legate alla storia della sua nascita, al suo tragitto, che evoca il viaggio desanctisiano in uno scenario paesaggistico, oggi profondamente trasformato ma ricco di testimonianze storiche e archeologiche. La ferrovia è stata soprattutto testimone delle difficili condizioni di vita delle popolazioni dell’Alta Irpinia, che non più di un trentennio fa era ancora fortemente soggiogata da una profonda arretratezza e da una povertà di cui si vorrebbe rimuoverne la memoria e che invece ritorna aggressiva, in altre forme, ad affliggere una terra dove l’unica possibilità di accesso al futuro è stata, e purtroppo continua ad essere, il “passaggio obbligato” dell’emigrazione, l’esodo “biblico”, di massa, che rimanda a immagini di vagoni carichi di speranza diretti verso il Nord, la terra promessa.Qualcuno, in verità più di qualcuno, continua a sostenere caparbiamente che questo segmento dismesso di strada ferrata di un Sud tanto interno quanto ancora disagiato non ha ancora esaurito il proprio compito, in un territorio oggi come oggi stretto tra “desertificazione umana” e disoccupazione in costante aumento che rischiano di aggravare pesantemente “la crisi nella crisi” dell’Irpinia.
    Da tratta ferroviaria commerciale e con scopi di mobilità sociale a linea ferroviaria turistica, sui binari, oggi fermi, dell’Avellino-Rocchetta, attraverso quelle che rimangono disagiate aree interne dell’Appennino meridionale, in quella “regione ofantina” della quale non si è ancora colta “l’opportunità storica” con le tante connessioni al tema centrale dello sviluppo, non si snodano soltanto cento anni di storia civile, ma ha corso e deve continuare a “correre” l’impegno di un contributo a quella “questione meridionale” oggi viva più che mai, per una ricerca di soluzioni che archivino definitivamente l’ormai anacronistica stagione dei dualismi, delle contrapposizioni, degli egoismi territoriali e delle spinte metropolitane.

  140. 148 Pietro Mitrione 20/08/2012 alle 4:38 PM

    Alla fine del mondo c’è un trenino, e la fine del mondo è a Ushuaia capitale della Tierra del Fuego, lembo estremo dell’Argentina; in quella terra i venti australi che smorzavano sulle rive il ‘Fuego’ degli antichi indigeni si infrangono impetuosi su El Perito Moreno, il ghiacciaio in movimento dalle scogliere bianche e azzurre, come l’acqua agitata dello stretto di Magellano tra il Pacifico e l’Atlantico, o come le crespe del mare aperto e insidioso del capitano Francis Drake, tra Capo Horn e l’Antartide.
    El Tren del Fin del Mundo dalla Prigione della Recidiva di Ushuaia trasportava i carcerati all’accampamento di disboscamento, dove prendevano legna per la cucina ed il riscaldamento del presidio durante tutto l’anno; per questo lo chiamavano anche il convoglio dei carcerati. Chiusa la prigione, il treno non ha smesso di sbuffare, lo fa ancora oggi, trasportando con evidente fatica turisti alla cascata de La Macarena, su ponti traballanti ma incrollabili come la fede dei viaggiatori, tra distese di sphagnum e di turbal, muschio ed erbe verdissime, sullo sfondo di montagne innevate.
    La corsa costa poco e dura due ore. El Tren del Fin del Mundo sono pochi vagoni, elegantemente ristrutturati, e non ha nemmeno pretesa di essere catalogata ‘ferrovia’. La ferrovia più a sud del mondo invece si chiama la Tronchita, è in Patagonia, e la Patagonia viene appena prima della fine del mondo, che sta ad Ushuaja, 55° parallelo, dove il sole nel solstizio d’inverno non scende al di sotto dei 12 gradi sulla linea dell’orizzonte.
    La Tronchita è un treno vero, percorre molti chilometri, una settantina. Viaggia a scartamento ridotto e chi vi sale lo sa benissimo; non prende quel treno perché è più veloce del cavallo o del bus, oddio quello passa quando vuole, sicché ti sembra di essere in una città italiana e non a Esquel, nel distretto di Chubut, sempre in Argentina. Del resto un proverbio locale dice che “Sbrigarsi è il modo migliore per non arrivare, e hanno fretta solo quelli che scappano”.
    So per certo che Esquel è il nome di un meteorite caduto da quelle parti molto tempo fa, per il resto tre dizionari di spagnolo, né gli amici di Buenos Aires degli anni migliori della mia carriera giornalistica, mi hanno saputo mai tradurre perfettamente ‘Tronchita’: dovrebbe trattarsi di E’ un fatto che la larghezza tra un binario e l’altro è di 75 centimetri. In castigliano si dice ‘troncho de jamon’, fetta di prosciutto, ma da quelle parti non è buono né si trova facilmente. Vi si trova la ‘bacca di Maqui’; qui la vendono in capsule, là si trova in natura, anzi si può scendere dal treno e raccoglierla, riconoscibile per il colore viola scuro; è forse il prodotto più bello e importante di quella regione tra le più pulite e splendide del pianeta.
    Ricchissima di proprietà, vitamine A e C, antiossidante più di qualsiasi altro elemento ne raddoppia i valori nell’organismo, antinfiammatorio, fa dimagrire.
    La Bacca Maqui è molto più forte rispetto alla Bacca Acai, al Melograno e Mirtillo, perché ha più benefici e antiossidanti di tutti e tre combinati. Combatte il cancro e il diabete. La Tronchita è meno veloce di una lumaca, è l’armonia dello sferragliare del tempo, lo scorrere uguale di un fiume tra Rio Negro e Santa Cruz, tra la cordigliera andina e i bassipiani, è la visione della stazione sciistica La Hoya, delle greggi di merino che avanzano nelle sterminate tenute dei Benetton sugli antichi territori dei mapuche esiliati nelle riserve, o nelle fattorie di Cristopher Lambert, Silvester Stallone o Ted Turner. Da Esquel a El Maiten, dove si svolge in febbraio di ogni anno, da diciotto, la festa del treno a vapore, il viaggio è breve ma lungo, la tratta è corta e il tempo rallenta nei luoghi giusti, quelli dei libri di viaggio di Luis Sepulveda, di Bruce Chatwin, della Julia Saltzman che racconta leggende, una delle quali, del popolo tehuelche, vuole che i fiori siano nati per la prima volta in Patagonia.
    Non è il continente di appartenenza che unisce questi due treni ma il fatto che sono attrazioni turistiche non mezzi di trasporto, e la Tronchita è addirittura monumento nazionale. Ci sono venuti in mente dal passato remoto dei ricordi di inviato, pensando ad un ‘troncho’ a noi più vicino: la Avellino-Rocchetta Sant’Antonio.
    Potremmo rinominarla ‘la Rocheta’. La storia di questa ferrovia ha origini borboniche e rispondeva ad una strategia di trasporto avveniristica, già per questo è un attrattore culturale. Certo trasformarla in risorsa non è semplice, ma se esiste un treno alla fine del mondo qual è il motivo per cui non potrebbe esistere in Irpinia?
    Le valli della nostra ‘patagonia’ sono quelle del Calore, del Sabato e dell’ nella direzione opposta, certo dipende dal punto di osservazione, ma anche dalla predisposizione personale.
    E anche quel treno dal nome affascinante che portava a Rocchetta, che nessuno sapeva esattamente dov’era, era un mezzo speciale: con gli uomini trasportava le loro storie, e le storie dei loro paesi.
    Oggi, alla stregua del treno della fine del mondo o della Tronchita, potrebbe ricondurre alle vecchie storie passando sotto le gole dei malandrini, tra i vigneti della regione più fertile, dove fioriscono leggende e quel frutto magico che chiamano uva e dà, qui più che altrove, vino rosso aglianico e taurasi, bianco greco o fiano; anche questi prodigiosi e con proprietà straordinarie come la bacca Maqui della Patagonia, danno gioia e vigore e fanno sorridere chi è malinconico.
    Quel treno potrebbe arrivare fino ai giochi d’acqua di Monteverde, oppure raccordarsi con il mezzo gommato alla stazione sciistica del Laceno, che non è bello come La Hoya, ma pur fu chiamato dai tedeschi la gemma dell’Irpinia per quell’altopiano dove germogliano finanche orchidee. Quel treno, come quelli
    dell’emisfero australe, potrebbe essere utilizzato come vettore turistico, sulla base di un progetto mirato; invece rimane fermo nella stazione dell’indecisione, come accadde in Argentina per quei due treni. Dicono che gli esperimenti non hanno funzionato,ma qual è il mezzo migliore per viaggiare nella natiur?
    Il problema, forse, è che si è agito by doing e non by learning, in maniera episodica e non prendendo spunto dall’esperienza per rafforzarsi in un’idea e intorno ad essa creare la sinergia necessaria tra politica e imprenditoria turistica.
    Dicono che costi molto tenerla in vita, quella tratta leggendaria; la questione è il valore che diamo alle cose, non soltanto una esigenza di equilibrio tra costi e ricavi. Non molto tempo fa ho partecipato sull’argomento specifico ad un tavolo di discussione, dalla quale è saltata fuori l’idea di una greenway. Gli inglesismi
    hanno sempre una loro suggestione, ma nella prossima puntata proveremo a spiegare se e come una suggestione può diventare ipotesi di sviluppo, e se questa è sovrapponibile all’idea di una ‘Rocheta’ nella patagonia d’Irpinia.
    Salvatore Biazzo

  141. 150 Pietro Mitrione 29/08/2012 alle 8:19 am

    L’iniziativa
    Un treno dall’Avellino che fu all’Avellino che sarà…
    Presentato l’ultimo album di Gargiulo alla stazione di Avellino. Mitrione: lasciateci gestire il giardino

    Alberto Nigro Martedì, 28 Agosto 2012
    Si sa che la suggestione gioca brutti scherzi. Eppure, mentre Gerardo Carmine Gargiulo cantava la sua “Avellino”, qualcuno ha giurato d’aver sentito uno strano odor di noccioline. Una suggestione, certo. Il luogo dell’esibizione di Gargiulo, poi, ci ha messo un bel po’ del suo: il giardino della stazione ferroviaria.
    Quello stesso luogo da cui partiva l’Espresso delle 21 diretto a Milano, dove sogni e speranze si scioglievano in un saluto dal finestrino. Dove le paure di chi era stato costretto ad emigrare si trasformavano in sorriso alla vista del cartello blu con su scritto Avellino. Un luogo che per decenni ha segnato i destini di migliaia di irpini, fissandosi nei loro occhi come l’ultima fotografia scattata in un’altra vita.
    Ed è proprio per salvare quel luogo che l’associazione in_loco_motivi, guidata da Pietro Mitrione, porta avanti la sua battaglia. Per restituirlo agli avellinesi prima che sia troppo tardi. Prima, cioè, che anche l’ultimo treno avrà smesso di percorrerne i binari.
    Questo, dunque, il senso dell’iniziativa odierna, organizzata grazie alla preziosa collaborazione del dj irpino Vinyl Gianpy. Riportare Gerardo Carmine Gargiulo alla stazione di Avellino in occasione della presentazione del suo nuovo album “Miti e Tabù”. Un amarcord che guarda al futuro, tra vecchie glorie mai dimenticate e nuove sfide da vincere. Un momento capace di unire divertimento e cultura, ma anche utile a rilanciare la battaglia per la salvezza della strada ferrata.
    Avellino, è bene ricordarlo, non ha più alcun collegamento con Napoli. Negli ultimi mesi, poi, sono state ridotte all’osso le corse che collegano a Benevento e Salerno. Per non parlare della soppressione dell’Avellino-Rocchetta che avrebbe potuto rappresentare un’ottima occasione sotto il profilo turistico. Insomma, la situazione è drammatica, ma non tutti hanno deciso di darsi per vinti.
    «Le difficoltà non mancano mai –ha sottolineato Gargiulo- e sia io che Mitrione sappiamo benissimo che i problemi non si risolvono dall’oggi al domani. Tuttavia, da buoni irpini siamo abituati a lottare e continueremo a farlo».
    Per cui la proposta che nei prossimi giorni sarà girata all’amministrazione comunale di Avellino: l’associazione in_loco_motivi chiede di poter gestire il giardino della stazione, uno spazio che negli anni ’60, ’70 e ’80 ha rappresentato il vanto di un intero quartiere.
    «Un quartiere –ha spiegato Mitrione-, quello di Rione Ferrovia, che sta perdendo la sua identità e che rischia di essere ricordato solo per l’Isochimica che sorge a poche centinaia di metri da qui. Recuperare il giardino della stazione, perciò, significherebbe anche dare un messaggio di vicinanza alla comunità».
    Insomma, non si tratta di una battaglia di tecnicismi: non si vuole semplicemente dimostrare che il ferro potrebbe essere più conveniente della gomma o che i soldi risparmiati dalla Regione con i tagli alle corse vengono poi spesi ugualmente per creare un’alternativa a quel servizio. E’ una battaglia culturale, che, qualora dovesse essere vinta, trascinerebbe l’Avellino che fu nell’Avellino che sarà, unendo storia e modernità. Un processo importante a cui tutti devono partecipare. E se la colonna sonora ce la mette Gargiulo, diciamoci la verità, non possiamo che esserne felici. Perché lo sanno anche i bambini: non sei un avellinese se non hai mai cantato “Avellino, Avellino, sento odor di noccioline…”.

  142. 152 avellinorocchetta 29/08/2012 alle 4:20 PM

    I “4 stupidi idealisti”, come ama appellarci l’assessore ai trasporti della regione Campania Sergio Vetrella, crescono……..attenzione!! A volte si ritorna bambini: un mondo non fatto per i “grandi” lo abbiamo trovato nel giardino della stazione fs di Avellino per la presentazione dell’ultimo cd di Gerardo Carmine Gargiulo: MITI e TABU’. Grazie a quanti hanno condiviso un pomeriggio fatto di passione ed impegno per salvare la nostra ferrovia irpina. Un caro abbraccio a tutti.

  143. 153 avellinorocchetta 29/08/2012 alle 4:29 PM

    “http://youtu.be/CS0O8RVvObA”

  144. 156 Pietro Mitrione 31/08/2012 alle 9:28 am

    Gli epiteti dell’assessore Sergio Vetrella: da “4 stupidi idealisti” a “bimbi scemi”
    Ancora una volta l’assessore Sergio Vetrella usa l’invettiva per giustificare le sue scelte di tagliare le ferrovie in Irpinia: dopo l’epiteto di “4 stupidi idealisti”, lanciato qualche mese fa nella sala consiliare del comune di Mercogliano, è passato a quello di “bimbi scemi”, durante un convegno presso la fiera di Calitri, per offendere chi sta lottando, democraticamente, per difendere il sistema ferroviario in Irpinia e di un utilizzo diverso della ferrovia AVELLINO-ROCCHETTA. Anche a CALITRI, questo signore, ha impartito la sua consueta lezione mista di arroganza e di non conoscenza del territorio irpino. Vorremmo ricordare all’ assessore Vetrella che non esistono “bimbi scemi” al mondo ma solo e semplicemente bimbi e pertanto non può permettersi di offendere l’innocenza puerile con questa sua espressione. Una caduta di stile forse dettata dal nervosismo di aver trovato, ancora una volta, qualcuno che gli ha ricordato della ferrovia Avellino-Rocchetta. L’assessore sarà anche un illustre professore e “scienziato” prestato alla politica ma sicuramente dal punto di vista pedagogico lascia molto a desiderare, per non usare altro termine. Noi di “in_loco_motivi”, insieme alle altre associazioni che hanno a cuore la nostra Irpinia, saremo anche dei ” bambini scemi” o “4 stupidi idealisti” ma siamo capaci di distinguere l’incapacità e la malafede dell’assessore Vetrella, quello che voleva scippare anche la stazione Hirpinia sulla linea ad Alta Capacità….e non è detto che non gli riesca per cui: attenzione!! Chiedere a costui di vergognarsi è il minimo se non altro per il termine usato nei confronti dei bimbi! Quando, nel dic 2010 dopo la chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta, la nostra associazione, lanciò l’allarme per la politica dei tagli lineari, ci fu una “tiepida” reazione politica, sindacale e sociale per quello che stava attuando la regione Campania. Nessuno immaginava che quello era solo l’inizio di quanto accaduto da allora ad oggi. Allora fu colpito l’anello più debole del sistema su ferro in Campania, incuranti che quella tratta di montagna attraversava la parte più povera e scarsamente popolata della nostra regione, quella del “cratere” per intenderci. Oggi si minaccia la chiusura totale della stazione ferroviaria di Avellino. Nel dicembre del 2010 qualcuno tacciò la nostra associazione di fare “operazione nostalgia” e di retroguardia. Molti furono, come suol dirsi, più realisti del re mentre altrove si decideva di potenziare l’infrastruttura ferroviaria, come in Basilicata con la ristrutturazione della tratta Potenza-Rocchetta-Foggia per connetterla all’alta capacità, da noi, in Irpinia, si cancellava la ferrovia Avellino-Lioni-Rocchetta. Di Vetrella vogliamo ricordare i suoi capolavori operati per la nostra Irpinia: Avellino è l’unica provincia campana a non avere più un collegamento ferroviario con Napoli, tutta la tratta appenninica da Bvento a Foggia è stata privata dal trasporto locale su ferro, i tagli sulla tratta Bvento-Avellino-Salerno hanno reso residuale il trasporto su ferro in questa realtà ed ora si parla di ulteriori tagli che ancora una volta si abbattono su quel poco che è rimasto. Se questo dovesse avvenire, si sappia che dal 12 settembre 2012 una intera provincia, quella Irpina, sarà cancellata dalla geografia ferroviaria italiana… in attesa che venga realizzata la tanto agognata linea ad alta capacità. Sabato 8 settembre ad Avellino si riuniranno alcune delle associazioni di utenti per dare vita alla costituzione del “COORDINAMENTO REGIONALE PENDOLARI DELLA CAMPANIA”, che vuole rappresentare le migliaia di pendolari della regione, al fine di poter affrontare tutti insieme le problematiche di interesse comune. In quella occasione si discuterà di quanto sta accadendo nel settore trasporti in Campania e delle forme di condivisione della lotta intrapresa dal movimento sindacale contro questa ennesima e scellerata politica di smantellamento del trasporto su ferro operata dall’assessore Vetrella il cui unico scopo è quello di “cacciare” Trenitalia dalla Campania.
    Pietro Mitrione
    In_loco_motivi

  145. 157 Pietro Mitrione 31/08/2012 alle 9:33 am

    L’assessore Vetrella, l’Avellino-Rocchetta e…i bimbi scemi

    Giovedi 30 Agosto 2012 16:34 Pietro Mitrione

    AVELLINO – (c.s.) Sulla polemica originata dalle recenti dichiarazioni dell’assessore regionale Vetrella che, in risposta alle dichiarazioni del presidente della Provincia, Sibilia, sulla scarsa operatività della giunta regionale presieduta da Caldoro – rilasciate nel corso di un dibattito svoltosi alla fiera di Calitri – ha accusato l’Irpinia di non avere idee e di non andare al di là di una politica del lamento – il tutto condito da una serie di insulti cui, naturalmente, non s’intende replicare per non scendere ad un livello che con la politica ha poco a che fare e che definire infimo ci pare poco – ospitiamo un intervento di Pietro Mitrione, responsabile dell’associazione In_loco_motivi.

    Una sottolineatura, però, vogliamo farla: venire nella città di Guido Dorso, quello della Rivoluzione meridionale che aveva come suo interlocutore privilegiato Piero Gobetti, quello della Rivoluzione liberale, venire nella terra di Francesco De Sanctis e di Pasquale Stanislao Mancini, i due grandi irpini dell’Ottocento che sono stati tra i protagonisti dell’Italia unita, venire nella terra dei Tino, dei Muscetta, dei La Penna, dei Della Terza, dei Marinari, tanto per citare solo alcuni dei nomi venutaci in mente mentre scriviamo, venire e dire che questa è una terra che non produce idee, ci sembra a dir poco azzardato. Probabilmente per gli irpini sta reagendo all’assessore Vetrella dalla tomba il presidente Pertini che era ligure e che per spiegare il livello d’intelligenza degli irpini scomodava un po’ Tito Livio (qualcuno spieghi a Vetrella di che stiamo parlando e che cosa intendiamo dire).

    Ricorrere poi – e non è la prima volta – a battute e battutine in dialetto napoletano per camuffare una presunta analisi sui temi dello sviluppo ci sembra proprio la negazione della politica. E poi ogni volta questa storiella che non ci sono soldi (naturalmente tranne che per discutibili manifestazioni folcloristiche a Napoli). Lo sappiamo. È inutile allora presentarsi ai convegni e ripetere sempre le stesse cose senza uno straccio di idea, questa sì, sulle cose da farsi. Limitarsi, invece, a fare passerella per insultare la gente, tra un assaggio e l’altro del famoso caciocavallo di Calitri, è un esercizio che non paga e che mortifica la politica.

    * * *

  146. 158 Pietro Mitrione 31/08/2012 alle 11:49 am

    Ripubblico qui, a distanza di un anno, un articolo scritto per l’edizione di Avellino del Mattino; l’argomento mi sembra ancora attuale, e soprattutto oggi vedo crescere un grande pericolo: che le potenzialità imprenditoriali della nostra terra possano essere lo strumento per l’infiltrazione camorristica nel nostro territorio.

    (Il Mattino, 5 agosto 2011)

    Non è lontano dalla realtà immaginare i sorrisi con i quali molti avranno accolto la provocazione lanciata da Franco Arminio su queste pagine a margine delle manifestazioni di protesta seguite alla diffusione della notizia della smobilitazione dell’Irisbus da parte di Fiat.
    Lo scrittore di Bisaccia prefigurava il ritorno all’agricoltura e alla pastorizia come vocazione identitaria dei nostri territori: una provocazione, appunto.
    I dati forniti sul Mattino di domenica 31 luglio da Antonio Sicuranza circa un ritorno dei giovani alle attività imprenditoriali di vocazione contadina sembrerebbero incoraggiare l’auspicio di Arminio.
    Ma l’Irpinia è davvero pronta ad affrontare la sfida per un “ritorno alla ruralità”? I fatti dicono di no. Solo pochi mesi fa veniva approvata la legge regionale con la quale si trasferisce dalle Province ai Comuni la competenza per il rilascio delle autorizzazioni agli scarichi nei corsi d’acqua: in buona sostanza devono essere i comuni a controllare la corretta gestione del ciclo delle acque, soprattutto in riferimento agli scarichi di acque reflue. Invece l’Arpac – nell’inchiesta del Mattino di lunedì e martedì scorso – ci informa che due fiumi come il Calore ed il Sabato versano in condizioni di preoccupante degrado e diffida gli agricoltori ad utilizzare le loro acque per usi irrigui. Altro che il ritorno all’agricoltura e alla pastorizia invocato da Arminio!
    Ma si può essere certi che molti dei sorrisi alla lettura delle parole di Arminio sono venuti proprio da quegli stessi amministratori locali che avrebbero il compito di vigilare sulla salubrità delle nostre acque.
    A molti irpini avrà suscitato forti suggestioni la lettura degli articoli di Paolo Rumiz (La Repubblica di domenica 31 luglio) e di Carlos Solito (Il Mattino, inserto Estate, lunedì 1 agosto): entrambi accostavano differenti angoli della nostra provincia all’immagine del drago.
    Il primo parlava di creste del drago riferendosi alle antenne abbandonate dell’ex base Nato di Montevergine; il secondo citava la Bocca del Dragone di Volturara in riferimento alla ricchezza delle sorgenti di Cassano, citate nella descrizione del quadro d’insieme del potenziale ambientale dei Monti Picentini.
    E se l’articolo di Solito indicava con immediatezza la strada della difesa e della valorizzazione delle risorse ambientali e paesaggistiche, quello di Rumiz necessitava di un rimando alla parte riguardante il borgo dell’Appennino abruzzese trasformato in albergo diffuso da una coppia romana che ha lasciato la Capitale per realizzare quest’idea imprenditoriale. Credo che in molti saranno corsi con la memoria alla notizia dell’elezione di Calitri, da parte dell’autorevole magazine online International Living, a uno dei luoghi più vivibili del pianeta. Proprio l’Amministrazione Comunale di Calitri, nei giorni scorsi, ha provato a innescare un dibattito sulla valorizzazione del borgo e sullo stimolo di nuove attività imprenditoriali, legate in particolare ai settori dell’artigianato e dei prodotti tipici. Ottima cosa, ovviamente; il limite è che se ne sia parlato soprattutto in termini di auto-imprenditorialità. Viene da chiedersi: ma perché gli imprenditori “veri”, soprattutto quelli irpini, non investono sulle ricchezze ambientali e paesaggistiche della nostra provincia?
    Spesso si parla e si dibatte di cultura ambientale. E se intellettuali come Arminio fanno la loro parte per costruire e diffondere la propria visione, lo stesso non si può dire di chi dovrebbe creare le condizioni amministrative e socio-economiche per il passaggio dal dibattito culturale all’azione concreta. Del lassismo in ordine alla tutela delle acque s’è già detto.
    Se poi si guarda a specifici strumenti amministrativi (ad esempio il bilancio ambientale) che altrove vengono puntualmente utilizzati e qui invece provocano altri sorrisini saccenti, scopriamo che eventuali investitori poco o nulla sanno – in ordine ad azioni specifiche poste in essere dalle amministrazioni locali – a proposito di governo del verde pubblico e privato, governo dei sistemi naturali, tutela degli animali, interventi infrastrutturali per la mobilità sostenibile, tecnologie e provvedimenti per la mitigazione del traffico, riqualificazione e recupero di siti produttivi e industriali dismessi, qualità dell’ambiente urbano, riduzione dell’impatto ambientale delle opere pubbliche, gestione delle acque (siano esse reflue o di approvvigionamento), educazione allo sviluppo sostenibile, ascolto e dialogo con la comunità locale: tutte voci del succitato e sconosciuto Bilancio Ambientale.
    Mi piacerebbe essere smentito con la diffusione di decine di bilanci ambientali approvati dagli enti irpini e fatti oggetto di attente valutazioni da parte di possibili investitori. Per il momento dobbiamo accontentarci delle provocazioni degli intellettuali e delle suggestioni degli inserti estivi dei giornali.
    In attesa degli imprenditori.

  147. 159 Pietro Mitrione 10/09/2012 alle 8:41 am

    LETTERA AL MINISTRO FABRIZIO BARCA
    CHIUDE LA STAZIONE DI AVELLINO, L’ IRPINIA NON HA PIU’ UN KM DI FERROVIE

    Egregio ministro,

    le scrivo riguardo la chiusura della linea ferroviaria Benevento-Salerno, che lascia di fatto senza un km di ferrovie l’ intera provincia di Avellino, dal momento che va a fare il paio con la soppressione, avvenuta nel 2010 della tratta Avellino-Rocchetta. La suddetta tratta chiusa oggi su provvedimento dell’ assessore Sergio Vetrella, si trova a cavallo tra l’ hub dell’ Alta Velocita’ di Salerno a Sud, e la futura linea AC/AV Napoli-Puglia a Nord, a mio avviso e’ assurdo chiuderla. Lei potrebbe controbattere dicendo che non e’ un argomento di sua competenza, che queste decisioni spettano alle regioni, ma credo sia giusto informarla del fatto che a partire da oggi i cittadini irpini sono stati privati del diritto alla mobilita’, infatti la provincia di Avellino attualmente e’ l’ unica a non essere servita dalla ferrovia; si dice che molti treni avevano una scarsa frequentazione, in parte e’ vero, ma andrebbero ricercati i motivi, ve li posso elencare io: innanzitutto, i tempi di percorrenza sono altini, dal momento che la linea andrebbe potenziata consentendo velocita’ elevate, e gli orari sarebbero da migliorare in modo da consentire l’ interscambio in quel di Benevento e Salerno con i treni AV da e per il Centro/Nord e la Puglia. Avellino paga a caro prezzo l’ ubicazione della sua stazione rispetto al centro citta’, ma a questo si sarebbe potuto sopperire con un adeguato interscambio ferro/gomma. Aggiungo, il capoluogo Irpino fino a 10 anni fa vantava uno scalo merci abbastanza movimentato, un treno a lunga percorrenza per Milano, ben frequentato, che purtroppo fu soppresso a causa della trazione diesel; fino ad oggi ha circolato un Regionale Veloce Avellino-Roma, anch’esso ben frequentato specie nei weekend, nonostante fosse espletato con delle vetuste ALn 663 (sarebbe stato meglio un Minuetto diesel), e con una traccia oraria larga visto il giro del piffero da Mercato San Severino (l’ instradamento corretto sarebbe stato via Benevento/Caserta). Poi vogliamo parlare della mancanza di collegamenti diretti tra Avellino e Napoli? Assurdo. E pensare che quando fu inaugurata la nuova stazione di Avellino nel 1982, subito dopo il terremoto, l’ allora direttore generale delle FS, Ercole Semenza promise un ruolo strategico per la stazione del capoluogo irpino, affermando che sarebbe divenuta il centro dei collegamenti tra Roma/Napoli e la Puglia; purtroppo le cose sono andate in maniera differente. Io mi chiedo, perche’ penalizzare ulteriormente i cittadini irpini costringendoli ad utilizzare gli autobus al posto dei treni, che costeranno 3 volte piu’ della gomma ma sono piu’ comodi, veloci e sicuri. Quella linea va riaperta, ora piu’ che mai, e gli orari andrebbero stilati in base alle partenze/arrivi dei treni AV in quel di Salerno/Napoli e Benevento. In alcune ore della giornata, ci puo’ stare che i treni siano sostituiti dai bus, ma non tutte le coppie, solo quelle in orario di morbida. Credo sia opportuno mettere a gara i servizi ferroviari su questa tratta, in Italia esistono diverse imprese ferroviarie, che effettuano i treni a prezzi molto piu’ bassi di quelli applicati da Trenitalia. Un accenno alla ferrovia Avellino-Rocchetta: ho letto con profondo rammarico le dichiarazioni alquanto offensive dell’ assessore Sergio Vetrella, nei riguardi dei ragazzi del gruppo Amici della Ferrovia Avellino-Rocchetta-In_Loco_Motivi; io vivo in Puglia e in qualita’ di presidente dell’ Associazione Amici delle Ferrovie del Mediterraneo, sono fiero di essere anch’io assieme ai membri del gruppo, uno stupido idealista, e da ultimo un bambino scemo, dal momento che anche noi auspichiamo la riapertura della tratta in questione, e come me sparsi in tutta Italia ci sono tanti altri stupidi idealisti che vorrebbero riveder sferragliare il treno irpino. I ragazzi guidati da
    Pietro Mitrione, a cavallo del biennio 2009-2010 hanno organizzato innumerevoli treni turistici nel weekend, attirando gente anche da fuori regione, persino dal Centro-Nord; ci hanno messo tanta passione e tanto amore per il loro territorio, trascurando i rispettivi affetti e le proprie famiglie per
    organizzare quegli eventi che hanno riscosso un enorme successo, la linea non lo consentiva altrimenti ogni weekend sarebbero stati molti di piu’ i passeggeri trasportati; l’ assessore Vetrella li ha definiti degli stupidi idealisti e bambini scemi, solo perche’ amano i treni e la loro terra. L’ assessore non aveva alcun diritto di offenderli, ne si e’ mai scusato con loro. Lo stesso assessore suggerisce (e qui mi trova d’ accordo) un’ iniziativa di carattere imprenditoriale per recuperare la ferrovia Avellino-Rocchetta, che vorrei ricordarle, attraversa una delle piu’ belle province del Sud Italia, beh arrivati a questo punto l’ unico ente che puo’ salvare questa bellissima ferrovia e’ la provincia di Avellino. Occorrono nell’ immediato due milioni e mezzo di euro per rendere nuovamente fruibile la linea, in seguito altri 10 per il consolidamento di gallerie e ponti. Chiaramente l’ amministrazione provinciale irpina non potrebbe mai accollarsi
    totalmente gli oneri economici per il ripristino della tratta, per questo occorre procedere nel seguente modo:
    dei due milioni e mezzo di euro necessari per la riattivazione della tratta (seppur con marcia a vista in diversi tratti), 750 sarebbero stanziati dalla provincia di Avellino, altri 500 attraverso il contributo degli assessorati al turismo delle regioni di Campania (125 milioni), Basilicata e Puglia, dalla provincia di Potenza e da quella di Foggia, e da tutti i comuni serviti dalla
    linea; mancano all’ appello 1.250.000 euro, ed e’ qui che entrerebbero in ballo gli imprenditori e le strutture ricettive dislocate lungo la tratta, con dei contributi a mo’ di sponsorizzazione; le Associazioni ferroviarie farebbero la
    loro parte, ed infine con il contributo dei cittadini attraverso un azionariato popolare si riuscirebbe a raggiungere la cifra necessaria. Una volta sistemata l’ infrastruttura potrebbero riprendere i treni del weekend organizzati dal
    gruppo In_Loco_MOTIVI, mentre nei giorni feriali spazio ai treni delle scolaresche e perche’ no a dei convogli charter per i Laghi di Monticchio o del Laceno, per le Cascate di San Fele, o dei treni di pellegrini per il santuario di San Gerardo a Materdomini. Come accennavo prima, servirebbero altri 10
    milioni di euro per la messa in sicurezza dell’ infrastruttura, per ottenerli la provincia di Avellino dovrebbe richiedere un mutuo, cosi come gia fatto da altri enti in precedenza (vedi Calabria per salvare le ex ferrovie Calabro-Lucane. Tutti gli enti sopracitati (compresi cittadini ed aziende) continuerebbero a contribuire economicamente ogni anno per la manutenzione
    ordinaria della linea a cura di RFI. In seguito, occorre organizzare un incontro con le aziende che si affacciano lungo la tratta per discutere di un eventuale ripristino del traffico merci, l’ Impresa Ferroviaria pugliese GTS Rail da me contattata tempo fa, si e’ detta disponibilissima a creare un proprio hub in quel di Avellino, l’ importante e’ che le linee in questione siano opportunamente riqualificate. La provincia di Siena, con una strategia simile attuata con l’ Associazione Treno natura Val d’ Orcia, ha recuperato per scopi turistici la tratta Asciano-Monte Antico. Chiudo con questa domanda: perche’ alla linea Potenza-Foggia sono stati destinati 200 milioni di euro per il suo ammodernamento, mentre alla Benevento-Avellino-Salerno non e’ andato neanche un centesimo, dal momento che anch’essa, opportunamente ammodernata, sarebbe un ottimo affluente per la futura linea AC/AV Napoli-Bari?Nell’ attesa di un suo riscontro, colgo l’ occasione per porgerle
    Cordiali saluti,

    Giuseppe Terruli,
    Associazione Amici delle Ferrovie del Mediterraneo,
    Martina Franca (Ta)

  148. 160 Pietro Mitrione 11/09/2012 alle 6:55 PM

    Claudia Cardinale, «Ultima fermata»
    film sulle speranze dell’Irpinia
    viste dal treno (che non c’è più)

    di Stefania Marotti
    AVELLINO – All’Irpinia, dove girerà il film di Giambattista Assanti sulla ferrovia Avellino-Rocchetta San’Antonio, dedica un pensiero sorridente. «Un bacio, a una terra generosa», dice Claudia Cardinale. «Ultima fermata» dovrebbe avere l’atteso ciak in Irpinia a ottobre.

    Oltre questa terra, riguarderà anche la Puglia, con alcune riprese che saranno effettuate a Foggia. Una storia d’amore ambientata lungo la tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, per riscoprire il fascino della verde Irpinia, seguendo i binari di una linea di percorrenza ormai inattiva da due anni.

    «Ultima fermata», il film scritto dall’autore irpino Giambattista Assanti, è un emozionante racconto di sentimenti, ma anche la ricostruzione del ruolo che il collegamento ferroviario ha rivestito nel passato, consentendo a tanti abitanti della provincia di raggiungere Napoli, Benevento, Salerno.

    Un racconto per immagini suggestivo e attuale, dopo la chiusura, avvenuta pochi giorni fa, anche della stazione di Avellino al Borgo Ferrovia. Una decisione che, oltre a causare disagio nei pendolari, apre il varco alla nostalgia in quanti ricordano il suono delle vecchie littorine che scandiva il trascorrere del tempo. «Il film non ha contenuti politici, – spiega Assanti – ma nasce dal desiderio di promuovere il territorio, con una narrazione suggestiva, fatta di paesaggi, di luoghi, ma anche di memoria. Lungo la tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, infatti, tante generazioni hanno sognato un futuro migliore».

    Speranze, desideri e vissuto caratterizzano una trama intensa, in cui il passato lascia presagire un futuro precario, e il fascino della provincia irpina con i suoi colori e la sua particolare vegetazione aggiunge originalità. Il film sarà interpretato da Enrico Lo Verso, Philippe Leroy e Claudia Cardinale.

    Un cast d’eccezione, dunque, per una storia che pone al centro dell’attenzione anche temi di grande attualità, come il dialogo intergenerazionale.
    Da Venezia, dove è stata tra gli ospiti del Festival Internazionale del Cinema, Claudia Cardinale, l’indimenticabile e splendida Angelica de «Il Gattopardo» di Luchino Visconti, si racconta con spontaneità. Siede elegante e sorridente nella raffinata hall dell’Hotel Excelsior, dove sono passati i grandi nomi del cinema, da Charles Chaplin ad Orson Welles, da Pier Paolo Pasolini a Mario Monicelli, da Roberto Rossellini ad Ingrid Bergman.

    Un’icona del cinema internazionale, dalla bellezza mediterranea e dalla classe invidiabile, che attira intorno a sé folle di ammiratori. Vive a Parigi, ma l’Italia è sempre nel suo cuore. In particolare la città delle gondole, che riporta alla memoria le emozioni di una carriera luminosa.

    «Venezia ha un fascino irrinunciabile. – commenta l’attrice – La prima volta che venni qui, fu con mia madre e, all’epoca, non avevo fatto ancora cinema.
    Non capivo tanta confusione. L’anno successivo, mi ritrovai in questo posto, con Monicelli, Gassman e Mastroianni. Avevo girato ”I soliti ignoti”. Sarò venuta alla Laguna una decina di volte, con Werner Herzog per ”Fitzcarraldo” e con Pasquale Squitieri per ”Claretta”. Adesso, sono stata al Festival per ”O gebo de ombra” di Manuel De Oliveira, regista portoghese di 104 anni che, con una vitalità incredibile, è riuscito a girare un film in 25 giorni, anche se le riprese si sono svolte in teatro. Inoltre, sono la madrina di un premio cinematografico all’ambiente e all’ecologia».

    Cardinale, lei ha lavorato con i grandi maestri del cinema, come Federico Fellini e l’irpino Sergio Leone. Che ricordo ha di entrambi?

    «Quando lavoravo con Fellini, mi faceva la corte Marcello Mastroianni. – risponde – Con Sergio Leone, è stata un’esperienza magnifica. Solo pochi giorni fa, ero con Ennio Morricone a Rimini, per la Fondazione Fellini, e lì abbiamo rivissuto tante emozioni».

    Quanto è difficile oggi fare cinema?

    «Ai miei tempi, – racconta Claudia Cardinale – per un regista era più semplice lavorare. Bastava una buona idea e tanto entusiasmo. Oggi è tutto più complicato. Per il cinema, ci sono sempre meno soldi. In passato, c’era anche collaborazione tra registi e produttori».

    Lei ha girato 130 film. A quali è affezionata?

    «A tutti. Ricordo che con Alberto Sordi andammo a girare in Australia ”Bello, onesto”. Gli italiani che erano lì venivano a salutarci e a ringraziarci. Quando partimmo per rientrare in Italia, vennero a vederci tutti, felici come fossimo stati la loro squadra di calcio. Ricordo l’eleganza di Mastroianni con il ”Bell’Antonio”, ”Otto e mezzo” e con il film di Liliana Cavani, ”La pelle”. Ricordo Stefano Satta Flores ne ”L’orma” di Squitieri».

  149. 161 Pietro Mitrione 11/09/2012 alle 7:21 PM

    COMUNICATO PER LA SALVAGUARDIA DEL PATRIMONIO FERROVIARIO MERIDIONALE.

    Noi, cittadini Meridionali, abbiamo diritto ad avere treni puliti, confortevoli e veloci e linee ferroviarie moderne.
    Se si ricorda che “Le Ferrovie sono lo specchio del progresso, lo sviluppo e l’andamento di una Nazione…”, uno dei motivi dell’arretratezza attuale in cui si trova il Meridione è la carenza infrastrutturale, in primis quella ferrata.
    Non sono solo le linee del Nord l’asse strategico della rete Italiana ma l’intera architettura ferroviaria italiana sicché non è accettabile che al Sud ci siano linee ferrate dismesse o spesso impresenziate.
    Ne è una dimostrazione il fatto che, ad esempio, a partire dal 2006 sono state chiuse al traffico, nel Meridione, centinaia di km di linee ferroviarie secondarie.
    Laddove ne è sopravvissuta qualcuna, è stata pesantemente ridimensionata l’offerta dei treni, lasciando spazio agli autobus sostitutivi.
    Per questo i pendolari che la mattina vanno a lavoro o a scuola sono costretti, spesso, ad arrivare in ritardo oltre che a viaggiare in condizioni disagevoli. E mentre al Centro – Nord si viaggia fino a 300 Km/h, in Sicilia e in molte altre regioni del Sud la velocità media è di circa 120km/h, se non inferiore.
    A ciò si è unita la scomparsa di quasi tutti i treni notte che collegavano il Sud con le località del Centro-Nord Italia, lasciando pochi convogli che si attestano in gran parte a Roma o Bologna.
    Il traffico merci, poi, è stato notevolmente ridimensionato, se non addirittura dismesso, nella Sicilia Meridionale, dove è stato soppiantato da quello su gomma. Quest’ultima modalità di trasporto a lungo andare s’è rivelata completamente antieconomica per le imprese meridionali. Il caro trasporti dovuto, infatti, all’aumento del gasolio e delle altre componenti del costo del gommato (compensi delle ditte di autotrasporto, autisti, impiegati, eventuali magazzinieri, bollo, assicurazione, etc.), ha reso non competitive le merci in partenza destinate sia al resto della penisola che all’estero.
    Altresì il treno promette una puntualità e una garanzia di mobilità che il trasporto su gomma non può di per sé assicurare ma soprattutto, permette una riduzione dell’inquinamento che con gli attuali limiti imposti dalle convenzioni internazionali troverebbe ancora più giovamento dallo sviluppo ferroviario.
    Ma va anche modificato il sistema di assegnazione dei contratti di servizio giacché le regioni (e ancora di più quelle del Sud) non possono sobbarcarsi il peso dei tagli operati dal governo nazionale, lasciando ad esse una percentuale risicata degli introiti del trasporto.
    Occorre, pertanto, ricucire i collegamenti ferroviari sfilacciati tra le principali città del meridione, perché il Sud può crescere solamente se riuscirà a recuperare il gap infrastrutturale con il resto del paese. Chiedo quindi il rilancio immediato della nostra rete ferroviaria. Non servono opere faraoniche ed inutili ma tanti piccoli interventi, quali:

    il reinserimento di treni per il trasporto regionale che si avvicinino il più possibile alle richieste dei passeggeri, attraverso orari cadenzati e opportunamente combinati in modo che non vi siano sovrapposizioni con le altre modalità di trasporto;
    manutenzione e rilancio delle linee siciliane strategiche (come ad es., la Siracusa – Gela, la Agrigento – Porto Empedocle, la Palermo – Trapani e la Catania – Gela);
    potenziamento delle linee Siracusa – Messina e Catania – Palermo;
    riapertura degli scali merci più rilevanti, che servano come punto di partenza per una maggiore intermodalità nel trasporto ferro – gomma;

    una maggiore integrazione tariffaria tra le diverse modalità di trasporto, sull’esempio di quanto già avviene in alcune zone.

    Questi interventi renderebbero appetibili le nostre linee agli occhi dei dirigenti delle vecchie e nuove imprese ferroviarie passeggeri e merci. Vogliamo, pertanto, collegamenti veloci e dignitosi tra il Sud e le principali città del Centro-Nord, provvedendo al rilancio anche delle reti secondarie e scongiurando una loro probabile chiusura.
    Salvo Morale

  150. 162 Pietro Mitrione 14/09/2012 alle 8:34 PM

    LO SCEMPIO È COMPIUTO

    Quello che si temeva, purtroppo, si è avverato. Segniamoci questa data: 9 settembre 2012, un giorno triste perché segna la chiusura della stazione ferroviaria di Avellino, aperta nel 1879. Dopo 133 anni, la città, che si appresta a perdere anche il suo status di capoluogo di provincia a causa della spending review, non ha più collegamenti su strade ferrate. Non è che fosse messa poi tanto bene, ridotta sempre più nel tempo esclusivamente a snodo di linee minori come le tratte Benevento-Avellino, Cancello-Avellino e Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, con un’utenza sempre più ridotta. E la Regione Campania non ha avuto esitazioni a tagliarla come un ramo secco, escludendo Avellino dal traffico ferroviario in superficie, passante, di diramazione. Da lunedì la sua storia finisce. Resteranno desolatamente vuoti il fabbricato viaggiatori che ospitava al suo interno diversi servizi oltre alla dirigenza per il movimento ferroviario. Condannati all’abbandono i cinque binari passanti per il servizio passeggeri, anche se soltanto i primi quattro venivano effettivamente utilizzati, le tre banchine unite tramite sottopassaggio, gli altri binari sia passanti che tronchi per il servizio merci, adibiti da tempo a scalo inutilizzato o al ricovero di carri merci. La stazione aveva in orario 50 treni al giorno, quasi tutti regionali per Benevento e Salerno: dalla stazione partiva una volta anche un interregionale per Roma e per un breve periodo si poteva raggiungere in treno Milano. Da qualche anno, per rilanciare lo scalo ferroviario, erano stati aggiunti anche alcuni treni per Napoli Centrale. A dicembre 2010 è stata definitivamente soppressa la linea Avellino- Rocchetta, senza che sia stato fatto nulla per renderla più efficiente. D’altronde c’era un solo treno diretto per Rocchetta Sant’Antonio e l’unico tratto percorribile era quello che portava a Lioni.
    Da lunedì scorso, tutti i treni sono stati sospesi e sostituiti con autobus. Per la definitiva vittoria del trasporto su gomma, a scapito del più ecologico trasporto su rotaia. Nell’indifferenza generale dei politici nostrani, soprattutto dei nostri rappresentanti in Parlamento, soltanto a parole pronti, appena si presentasse l’occasione di conquistare un po’ di visibilità in chiave elettorale, a promettere fuoco e fiamme per impedire la chiusura della ferrovia, ma poi alla fine completamente defilatisi davanti al provvedimento di soppressione, ora attuato. In barba ai tanti nostalgici del mezzo ferrato, che hanno provato invano a rivitalizzare un corpo già morto o la cui fine era stata già stabilita, lanciando iniziative di turismo culturale lungo la tratta ferroviaria che attraversava i più ridenti paesi dell’Irpinia. Senza nulla eccepire alla regressione imposta alla città di Avellino, ritornata di colpo alla situazione di fine Ottocento. Ora non ci resta che elaborare il lutto per quest’ennesima dipartita, aggiornando l’elenco delle cose perdute, dopo fabbriche, posti di lavoro, giovani obbligati a riprendere le strade dell’emigrazione, ospedali e tribunali. Mentre la rabbia degli avellinesi consapevoli cresce sempre di più ed in particolare quella dei cittadini dello storico rione di Borgo Ferrovia, a cui hanno regalato il micidiale inquinamento da amianto dell’Isochimica, senza alcuna credibile bonifica, ma hanno tolto la stazione intorno a cui è nato il quartiere. Lì un tempo sorgeva il cuore moderno del capoluogo, da lì lentamente si è estesa la città che oggi conosciamo. Grazie allo sviluppo della stazione ferroviaria, che ha sempre rappresentato un carattere distintivo della città evoluta nella civiltà europea ed occidentale, Avellino ha vissuto il processo di urbanizzazione e modernizzazione, con la trasformazione della sua economia essenzialmente agricola e rurale. Intere generazioni hanno avuto in solerti ferrovieri i loro nonni ed antenati. Adesso tutto questo non c’è più. Ed il pericolo più grande, nell’assenza di proposte alternative di riconversione, è che tutta la struttura sia condannata all’abbandono. Allora sì che il destino di Avellino sarà equiparato a quello dei tanti comuni dell’entroterra irpino che negli anni hanno visto i loro suggestivi scali ferroviari ridotti a un cumuli di erbacce ed edifici decrepiti. Tanto, poi, ci sono gli autobus.

  151. 163 Pietro Mitrione 20/09/2012 alle 8:43 PM

    rpinia – Sciopero dei ferrovieri per la chiusura della tratta Benevento-Avellino-Salerno

    Irpinia – Mancava solo la riorganizzazione del servizio di pronto soccorso con le ambulanze nella nostra Irpinia per sancire una ulteriore decurtazione dei livelli di qualità della vita nel nostro territorio. Quando sembrava che si fosse raggiunto l’apice dei tagli eccone un altro: le ambulanze. Ormai non c’è più limite a queste scelte : siamo diventati abitanti di una realtà considerata “ramo secco”

    e come tutti i rami secchi vanno potati dai gestori dei flussi economici. In burocratese queste scelte si chiamano “riorganizzazione” o “efficientamento”: astuti eufemismi per mascherare lo smantellamento dello stato sociale. Paradossale è quanto accaduto per il trasporto su ferro nella nostra provincia. Dopo le tante lamentazioni istituzionali l’Irpinia resta cancellata dalla geografia ferroviaria nazionale. Nessuna decisione politica di far recedere il governo regionale campano dagli ultimi tagli è stata assunta con la dovuta fermezza. Qualcuno, addirittura, ha subito potenziato il trasporto su gomma sulle tratte soppresse creando ulteriori duplicazioni di concessioni. D’altronde la strana considerazione di non aver un adeguato servizio su ferro in Irpinia è stata la pretesa per foraggiare il trasporto gommato senza mai prevedere una necessaria integrazione ferro/gomma. Addirittura anche sulle tratte ferroviarie competitive come quella che da Avellino va a Benevento si è assistito al proliferare di analoghe corse su gomma per cui la ferrovia, anello debole del sistema trasportistico in Irpinia, ne ha conseguentemente subito le ricadute. Del sistema della metropolitana regionale, che prevedeva l’elettrificazione della linea Salerno-Avellino-Benevento, non si ha più traccia, del trasporto merci su ferro ci restano i grandi raccordi ferroviari realizzati, con grande dispendio economico, a servizio della FMA a Pianodardine e di di San Mango sul Calore… per non parlare del dramma ISOCHIMICA. Di questi scandali nessuno ha dato conto o chiamato in causa. Eppure a Pratola Serra modificarono il corso del fiume Sabato e sbancarono terreni agricoli senza che un solo carro ferroviario sia entrato nello stabilimento FMA, 50cm di binario mai raccordato alla linea Avellino-Benevento sono ancora lì a ricordare questo scandalo mai rimosso come per l’ISOCHIMICA, uno scandalo nello scandalo. Tutto questo accade mentre avanza il nuovo! Ancora una volta ci aggrappiamo ad una opera faraonica di grande importanza qual è la costruzione della linea ad Alta Capacità, per recuperare … l’ultimo treno per lo sviluppo del nostro territorio. Il futuro sarà testimone di questa speranza, intanto la stazione ferroviaria di Avellino resta “allucinantemente” chiusa con la prospettiva di diventare come la ferrovia Avellino-Rocchetta, dimenticata da tutti, la cui demolizione è nei fatti. Domani 21 ci sarà lo sciopero dei ferrovieri dalle 10,00 alle 18,00 per far rientrare i provvedimenti adottati dalla regione Campania. Alla lotta di questi lavoratori va la solidarietà dei cittadini in quanto le loro proposte vanno nella direzione di un giusto riequilibrio del Trasporto Pubblico Locale a difesa delle zone interne. Comunque vada a finire, questa vicenda resterà per sempre una pagina nera scritta, da autori ben noti, contro Avellino e l’Irpinia.

    Pietro Mitrione
    in_loco_motivi

  152. 164 Pietro Mitrione 23/09/2012 alle 12:07 PM

    L’INCHIESTA
    Ad Avellino dopo 133 anni
    il treno non passa più
    “I tagli? Colpa del governo centrale”. Intanto nasce il coordinamento regionale dei pendolari
    di PIER LUIGI MELILLO
    La stazione ferroviaria di Avellino
    Sui cinque binari morti ormai già cresce l’erba. E oggi nella stazione ferroviaria di Avellino, chiusa da dieci giorni dopo una storia lunga 133 anni, resiste solo il barbiere Armando, che apre il locale anche di domenica mattina per i pochi, affezionati, clienti. Lui non vuole rassegnarsi. Ci sarebbero ancora in servizio anche il bigliettaio e il capostazione di Trenitalia, ma loro ormai passano le giornate leggendo il giornale e guardandosi attorno, tra la desolazione e il silenzio di una stazione dove non arriva e non parte più nessun treno.

    Sulla bacheca c’è un avviso per qualche viaggiatore che capita per sbaglio da quelle parti: “Orari non validi”. Avellino è stata cancellata dalla geografia della strada ferrata dopo che sono stati tagliati gli ultimi collegamenti su rotaia con Salerno e Benevento: un brutto colpo per studenti e lavoratori pendolari, l’Irpinia resta senza più treni per raggiungere le Università di Fisciano e del Sannio. Ma l’agonia durava già da qualche anno. Ora che cos’è accaduto?

    Sulla ferrovia irpina, come una mannaia, si è abbattuta la delibera regionale datata 9 agosto 2012, che ha cancellato le ultime diciannove corse locali.

    Il declino era stato annunciato da altri tagli, nel giro di pochi anni la soppressione dei treni per Roma e Milano fino alla chiusura nel 2010 della storica tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, raccontata da Francesco De Sanctis nel suo viaggio elettorale e ormai definita “un ramo secco” da tagliare.

    “Si tratta invece di una linea che potrebbe avere un ruolo strategico per il rilancio del turismo nelle zone interne”, nota con amarezza Pietro Mitrione, ex ferroviere della Cigl, oggi animatore dell’associazione “In Loco Motivi”, che si batte per salvare il trasporto pubblico locale. Lui e gli altri del movimento si sono sentiti definire dall’assessore regionale ai Trasporti, Sergio Vetrella, nei suoi blitz in Irpinia, come dei “quattro stupidi idealisti”, oppure “bimbi scemi, che chiedono al padre disoccupato di comprargli la Ferrari”.
    “I tagli? Colpa del governo centrale”, si è giustificato Vetrella, accusato però di aver penalizzato solo l’Irpinia.

    E pensare che l’ex assessore regionale ai trasporti Ennio Cascetta puntava a elettrificare i collegamenti tra Benevento, Avellino e Salerno per realizzare la metropolitana regionale, progetto ormai chiuso nei cassetti di Palazzo Santa Lucia. E in silenzio resta per ora anche la politica locale, dopo che è caduta nel dimenticatoio la richiesta dei gruppi di opposizione del centrosinistra alla Provincia di convocare un consiglio interprovinciale, con la partecipazione dei presidenti delle Province di Salerno e di Benevento e dei sindaci dei Comuni che si ritrovano con le stazioni ferroviarie ormai dismesse.

    L’ex parlamentare del Pd, Alberta De Simone, ex presidente della Provincia, rilancia l’idea di un “patto tra le Province per ottenere la sospensione e l’annullamento della delibera regionale che ha chiuso la stazione di Avellino”. “Una decisione scellerata e assurda”, aggiunge.

    L’Irpinia resta isolata proprio nel momento in cui tutti si battevano per non restare fuori dall’Alta Capacità Napoli-Bari. Sindacati, amministratori e imprenditori hanno strappato un impegno alla giunta Caldoro per la realizzazione della stazione “Hirpinia” nell’area di Valle Ufita. Ma ora Avellino diventa il simbolo della battaglia dei pendolari: qui è nato, qualche giorno fa, il coordinamento regionale che ha coinvolto comitati e associazioni dal Sannio a Caserta, da Ischia alla Valle del Sarno. Obiettivo comune: salvare il sistema del trasporto e fermare il piano di Vetrella, “il cui unico scopo – denunciano – è quello di cacciare Trenitalia dalla Campania”.
    http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/09/21/news/ad_avellino_dopo_133_anni_il_treno_non_passa_pi-42971911/

  153. 165 Pietro Mitrione 23/09/2012 alle 12:13 PM

    L’INCHIESTA
    Ad Avellino dopo 133 anni
    il treno non passa più
    “I tagli? Colpa del governo centrale”. Intanto nasce il coordinamento regionale dei pendolari
    di PIER LUIGI MELILLO
    La stazione ferroviaria di Avellino
    Sui cinque binari morti ormai già cresce l’erba. E oggi nella stazione ferroviaria di Avellino, chiusa da dieci giorni dopo una storia lunga 133 anni, resiste solo il barbiere Armando, che apre il locale anche di domenica mattina per i pochi, affezionati, clienti. Lui non vuole rassegnarsi. Ci sarebbero ancora in servizio anche il bigliettaio e il capostazione di Trenitalia, ma loro ormai passano le giornate leggendo il giornale e guardandosi attorno, tra la desolazione e il silenzio di una stazione dove non arriva e non parte più nessun treno.

    Sulla bacheca c’è un avviso per qualche viaggiatore che capita per sbaglio da quelle parti: “Orari non validi”. Avellino è stata cancellata dalla geografia della strada ferrata dopo che sono stati tagliati gli ultimi collegamenti su rotaia con Salerno e Benevento: un brutto colpo per studenti e lavoratori pendolari, l’Irpinia resta senza più treni per raggiungere le Università di Fisciano e del Sannio. Ma l’agonia durava già da qualche anno. Ora che cos’è accaduto?

    Sulla ferrovia irpina, come una mannaia, si è abbattuta la delibera regionale datata 9 agosto 2012, che ha cancellato le ultime diciannove corse locali.

    Il declino era stato annunciato da altri tagli, nel giro di pochi anni la soppressione dei treni per Roma e Milano fino alla chiusura nel 2010 della storica tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, raccontata da Francesco De Sanctis nel suo viaggio elettorale e ormai definita “un ramo secco” da tagliare.

    “Si tratta invece di una linea che potrebbe avere un ruolo strategico per il rilancio del turismo nelle zone interne”, nota con amarezza Pietro Mitrione, ex ferroviere della Cigl, oggi animatore dell’associazione “In Loco Motivi”, che si batte per salvare il trasporto pubblico locale. Lui e gli altri del movimento si sono sentiti definire dall’assessore regionale ai Trasporti, Sergio Vetrella, nei suoi blitz in Irpinia, come dei “quattro stupidi idealisti”, oppure “bimbi scemi, che chiedono al padre disoccupato di comprargli la Ferrari”.
    “I tagli? Colpa del governo centrale”, si è giustificato Vetrella, accusato però di aver penalizzato solo l’Irpinia.

    E pensare che l’ex assessore regionale ai trasporti Ennio Cascetta puntava a elettrificare i collegamenti tra Benevento, Avellino e Salerno per realizzare la metropolitana regionale, progetto ormai chiuso nei cassetti di Palazzo Santa Lucia. E in silenzio resta per ora anche la politica locale, dopo che è caduta nel dimenticatoio la richiesta dei gruppi di opposizione del centrosinistra alla Provincia di convocare un consiglio interprovinciale, con la partecipazione dei presidenti delle Province di Salerno e di Benevento e dei sindaci dei Comuni che si ritrovano con le stazioni ferroviarie ormai dismesse.

    L’ex parlamentare del Pd, Alberta De Simone, ex presidente della Provincia, rilancia l’idea di un “patto tra le Province per ottenere la sospensione e l’annullamento della delibera regionale che ha chiuso la stazione di Avellino”. “Una decisione scellerata e assurda”, aggiunge.

    L’Irpinia resta isolata proprio nel momento in cui tutti si battevano per non restare fuori dall’Alta Capacità Napoli-Bari. Sindacati, amministratori e imprenditori hanno strappato un impegno alla giunta Caldoro per la realizzazione della stazione “Hirpinia” nell’area di Valle Ufita. Ma ora Avellino diventa il simbolo della battaglia dei pendolari: qui è nato, qualche giorno fa, il coordinamento regionale che ha coinvolto comitati e associazioni dal Sannio a Caserta, da Ischia alla Valle del Sarno. Obiettivo comune: salvare il sistema del trasporto e fermare il piano di Vetrella, “il cui unico scopo – denunciano – è quello di cacciare Trenitalia dalla Campania”.

  154. 166 Pietro Mitrione 23/09/2012 alle 12:17 PM

    Trasporti, la Regione riapre
    la stazione Fs di Avellino
    Dopo l’inchiesta di “Repubblica” l’assessore Vetrella annuncia la riapertura dello scalo ferroviario di Avellino. Ma resta il nodo di Castellammare di Stabia

    “Grazie a un impegnativo lavoro dei funzionari e tecnici dell’assessorato regionale ai Trasporti e intervenendo in modo mirato sulle proposte di Trenitalia, siamo riusciti con una deliberazione approvata dalla giunta a scongiurare la chiusura della stazione di Avellino delle Ferrovie dello Stato, mantenendo alcuni importanti collegamenti sulla direttrice Avellino-Benevento-Salerno, così come ci era stato richiesto anche dalle associazioni di utenti e pendolari nel corso dell’ultima seduta della Consulta della mobilità”.
    Così l’assessore ai Trasporti della Regione, Sergio Vetrella.

    “Per quanto riguarda il tratto Castellammare-Torre Annunziata – aggiunge Vetrella – resta confermato per ora quanto stabilito nella delibera di agosto, con il necessario approfondimento in corso con Trenitalia per acquisire tutti i dati necessari ad una decisione definitiva, e per avere delucidazioni sui motivi che hanno portato in questi giorni alla chiusura della stazione. L’intervento previsto dalla delibera di giunta, che riguarda anche altri tratti, sarà oggetto di un monitoraggio nel tempo per valutare in modo accurato il vero livello di utenza che si verrà a creare”.

    “Si tratta – prosegue l’assessore – di uno sforzo davvero significativo da parte della Regione, data la ben nota e ormai insostenibile situazione dei tagli ai trasferimenti statali per i servizi di trasporto pubblico locale, contro i quali è in corso una difficile e dura battaglia delle Regioni con il Governo centrale. Vorrei infatti ricordare che già nel 2011 abbiamo dovuto subire un taglio complessivo del 30 per cento circa, a fronte del quale siamo comunque riusciti a contenere la necessaria riduzione delle corse regionali a una percentuale del 10 per cento. A dicembre 2011 abbiamo poi firmato con il Governo un accordo per distribuire per il 2012 – per tutte le Regioni – circa 1.748 milioni, ma da allora a oggi questo accordo non ha ancora avuto esito positivo, nonostante più solleciti da parte della Conferenza delle Regioni e della sua Commissione Trasporti, da me presieduta Non solo, ma non sono state ancora neanche ripartite le risorse tra le Regioni”.

    “Dunque, per quanto riguarda il 2012, a poco meno di tre mesi dalla fine dell’anno, non abbiamo ancora avuto dal Governo un solo euro per i servizi di Trenitalia – spiega Vetrella – Come se non bastasse, infine, dal 2013 in poi, la legge attuale prevede una ulteriore riduzione a 1.200 milioni di euro dei trasferimenti complessivi da distribuire alle Regioni, quasi dimezzando, quindi, i fondi del 2010. Un grave problema, che oltre che i tagli ai servizi, condiziona anche le gare che la Regione Campania deve bandire al più presto, ma che naturalmente diventano impossibili da effettuare senza avere certezza dei fondi a disposizione”.
    http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/09/22/news/trasporti_la_regione_riapre_la_stazione_fs_di_avellino-43075667/
    (22 settembre 2012)

  155. 167 Pietro Mitrione 23/09/2012 alle 12:23 PM

    “……così come ci era stato richiesto anche dalle associazioni di utenti e pendolari nel corso dell’ultima seduta della Consulta della mobilità”. Detto da Vetrella è una “rivoluzione”…….o “involuzione”?

  156. 168 Pietro Mitrione 23/09/2012 alle 10:06 PM

    Non esultiamo, aspettiamo di vedere le intenzioni della Giunta regionale scritte nero su bianco». E’ questa la reazione di Pietro Mitrione, capostazione in pensione e animatore dell’associazione In Loco Motivi, alla notizia della riapertura della stazione ferroviaria di Avellino e al ripristino di metà delle corse verso Benevento e Salerno. Soluzione definita «ragionevole» dal vicepresidente Giuseppe De Mita, a margine della riunione di giunta a Palazzo Santa Lucia, che ha decretato un netto passo indietro rispetto alla decisione assunta, lo scorso 9 agosto, di eliminare le 19 corse rimaste in provincia. «Considerando – continua Mitrione – i personaggi in questione, gli stessi che durante l’estate hanno tentato l’ennesimo scippo ai danni dell’Irpinia, cioè quello della stazione in Valle Ufita sulla linea dell’Alta Capacità Napoli Bari, aspettiamo di vedere le ‘carte’». I ‘personaggi’ a cui fa riferimento Mitrione sono l’assessore regionale ai trasporti, Sergio Vetrella e il vicepresidente della giunta regionale Giuseppe De Mita. «Ogni tanto chi fa politica a livelli così alti, invece di provare a rianimare il morto, dovrebbe avere la capacità di dire ‘abbiamo sbagliato’. Se realmente riapre la ferrovia, niente dovrà essere come prima. E’ necessario mettere in campo un’idea complessiva per il trasporto pubblico in provincia. Innanzitutto pensando ad un serio programma di integrazione del trasporto su ferro con quello su gomma. Bisogna prendere coscienza dell’importanza del trasporto ferroviario sul nostro territorio, altrimenti si proseguirà con la politica delle concessioni che servono solo ad alimentare clientele e favoritismi, come è accaduto con la chiusura della tratta Benevento-Avellino-Salerno. Il 9 settembre mentre a Borgo Ferrovia si sentivano i rumori della partenza dell’ultimo treno, qualcuno altrove stava festeggiando. Lo stesso sta accadendo con la chiusura dell’Avellino- Rocchetta Sant’Antonio: quella tratta è già interessata da operazioni di smantellamento. L’Air può diventare il volano per una nuova politica di integrazione ferro-gomma, ma attraverso una concorrenza leale. Che senso ha ripristinare un treno verso Benevento e avere, in contemporanea, il bus privato che parte da Piazza Macello? La chiusura della stazione, i continui tagli al settore trasporti, sono segni di una mancata programmazione politica. Che fine ha fatto, ad esempio, il discorso della metropolitana regionale, l’unico che potrebbe mettere effettivamente Avellino nelle condizioni di definirsi città? Questa vicenda – conclude Mitrione – non può finire a tarallucci e vino: se non si rilancia il trasporto su ferro, significa condannare l’Irpinia a vivere costantemente con l’assillo della sopravvivenza, rinviando semplicemente il problema di qualche anno. Comunque vada a finire, questa resterà sempre una pagina nera scritta da autori ben noti, contro Avellino e l’Irpinia».
    Rossella Fiero
    il Mattino del 23 sett 2012

  157. 169 Vincenzo Pacifico 25/09/2012 alle 2:36 PM

    Caro Pietro,condivido tutte le tue battaglie per la ferrovia irpina.Purtroppo i nostri sig.ri politici irpini,sono sordi alle nostre richieste.Ormai ci hanno fatto togliere tutto.i tribunali di S.Angelo dei Lombardi e di Ariano Irpino,gli ospedali,le scuole,l’Avellino-Rocchetta.Rappresentano il nulla del nulla.VERGOGNA—VERGOGNA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Noi lotteremo sempre per il bene della nostra cara ed amata terra d’irpinia.

  158. 170 Pietro Mitrione 02/10/2012 alle 4:42 PM

    Ancora silenzio sulla stazione ferroviaria di Avellino
    “Grazie ad un impegnativo lavoro dei funzionari e tecnici dell’assessorato regionale ai Trasporti e intervenendo in modo mirato sulle proposte di Trenitalia, siamo riusciti con una delibera, approvata nella seduta di ieri della Giunta, a scongiurare la chiusura della stazione di Avellino delle Ferrovie dello Stato, mantenendo alcuni importanti collegamenti sulla direttrice Avellino-Benevento-Salerno, così come ci era stato richiesto anche dalle associazioni di utenti e pendolari nel corso dell’ultima seduta della Consulta della mobilità” Questa fu una parte della dichiarazione resa dall’assessore Sergio Vetrella il 22 settembre 2012, con un apposito comunicato stampa, in merito alla stazione di Avellino chiusa dal 10 settembre c.a. Questo stralcio del citato comunicato stampa fu riportato con grande evidenza dalla stampa regionale e provinciale e qualcuno usò, con poco pudore, anche la solita dizione: “ grazie all’interessamento di…” incurante del grave danno che era stato commesso nei confronti della nostra città. La riapertura sembrava imminente, fu consumato anche uno sciopero regionale dei ferrovieri di TRENITALIA per protestare contro i tagli previsti, ed invece a distanza di circa un mese dalla soppressione di tutti i treni afferenti la stazione di Avellino, decisa con una delibera blitz in pieno ferragosto dalla Giunta Regionale della Campania, quasi alla chetichella, nessuna iniziativa atta al ripristino del servizio ferroviario è stata adottata. La velocità con la quale si caratterizzò la chiusura della stazione ferroviaria perché non viene adoperata per la sua riapertura stante la volontà dichiarata del prof. Vetrella di scongiurare la chiusura dello scalo avellinese? Come associazione in_loco_motivi, pur prendendo atto della marcia indietro operata dal biassessore, professore nonché senatore Sergio Vetrella, esprimemmo forti dubbi sulla dichiarata volontà di riattivare il servizio in quanto conoscendo il personaggio politico in questione e gli altri che gli fanno da corona, gli stessi che dal dicembre 2010 hanno consentito la chiusura della storica tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta, c’è poco da essere tranquilli. Anche allora ci furono tanti buoni proponimenti ma tutti sappiamo come sta andando questa questione nonostante che esista la possibilità di ripristino della tratta utilizzando i fondi previsti dal progetto “La via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” deliberato dalla giunta regionale della Campania numero 1336 del 31 luglio 2009 con la quale si individuava un Polo turistico lungo l’asse del territorio percorso dalla ferrovia con un finanziamento di oltre 100 milioni di euro per questa linea delle zone interne irpine. Anche su questo progetto è caduto il silenzio istituzionale a cominciare da quello del vice governatore nonché assessore al turismo della regione Campania che tanti proclami di sviluppo turistico sta “elaborando” per l’Irpinia. I ritardi che si stanno consumando per la riapertura della stazione ferroviaria di Avellino sono estremamente preoccupanti e non vorremmo che qualcuno adottasse anche in questo caso la stessa tecnica utilizzata per chiudere la ferrovia Avellino-Rocchetta: il silenzio!! Lo stesso silenzio usato per il rilascio di nuove concessioni automobilistiche…….!!!

  159. 171 crescita personale 06/10/2012 alle 10:00 am

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  160. 172 Pietro Mitrione 06/10/2012 alle 10:26 PM

    Benvenuto in Irpinia, Sig. Ministro. Qui sta per accadere quello che ormai da sempre si prospetta per la ferrovia Avellino- Rocchetta Sant’Antonio: la sua completa soppressione. Dal 13 dicembre 2010, infatti, la storica ferrovia Ofantina, voluta fortemente dagli illustri meridionalisti Francesco de Sanctis e Giustino Fortunato, su decisione inopinata della Regione Campania è “sospesa”. …
    A questa decisione occorre aggiungere quella più devastante del 9 settembre 2012 che ha determinato la chiusura della stazione ferroviaria di Avellino per cui l’Irpinia è stata cancellata dalla geografia ferroviaria italiana.
    In questo contesto a nulla è valsa la concreta esperienza di promozione territoriale dal basso e senza fondi pubblici promossa da in_loco_motivi con il treno irpino del paesaggio, che ha visto letteralmente rinascere a nuova vita il treno sulla più antica tratta irpina, come mezzo a servizio del turismo e della conoscenza del territorio.
    Quello che la nostra associazione ha svolto non è una operazione nostalgica ma una idea per un nuovo e moderno utilizzo di una tratta ferroviaria tipica delle zone interne della Campania. Sappiamo che la dismissione della Avellino Rocchetta non è il risultato dell’analisi della stessa valutandone potenzialità e difetti, ma il taglio di quello che ingiustamente viene considerato un ramo secco, una sorte comune a tante tratte cosiddette “minori” .
    Eppure quella tratta un futuro può averlo, alla rete di associazione di In Loco Motivi il merito di averlo individuato. L’Avellino Rocchetta Sant’Antonio può essere rivisitata anche come tratta turistica.
    L’intera proposta messa in campo dal gruppo de “In Loco Motivi” è guidata da una visione di politica ambientale che pone l’accento sulla necessità di perseguire soluzioni strategiche che ridiano senso infrastrutturale ed economico alla più antica linea ferroviaria dell’Irpinia e tra le più antiche della Campania.
    Si è proposta una visione di un uso del treno legato alla fruizione del paesaggio ed ai principi del turismo ambientale che ha visto la partecipazione di migliaia di visitatori e studenti sul treno irpino del paesaggio: circa 3000 persone in sole venti iniziative nel 2010.
    La ferrovia Avellino-Rocchetta: è la ferrovia delle acque: attraversa e lambisce in più punti i fiumi Sabato, Calore ed Ofanto.
    E’ la ferrovia dei grandi vini docg : attraversa i territori, servendoli con stazioni dei comuni degli areali del Taurasi e del Fiano. E’ la ferrovia del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini.
    E’ la ferrovia delle aree a tutela della biodiversità. I Siti di Importanza Comunitaria irpini.
    E’ la ferrovia dei Borghi: storia, cultura ed identità territoriale. Eppure questa ferrovia è l’asse portante del progetto” la Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” approvato con delibera della giunta regionale campana risalente al 31 luglio 2009.
    In quella seduta di giunta arrivò la proposta di candidatura del citato progetto al programma “A.G.C. 13 – Turismo e Beni Culturali – Deliberazione n. 1336 del 31 luglio 2009 – PaIn Fas 2007-2013 “Attrattori Culturali, Naturali e Turismo”.
    Questo progetto turistico irpino, interessante tutta l’area che va dalla Valle del Sabato alla Valle dell’Ofanto, risultò primo come punteggio, ma ebbe una sola osservazione di tornare al numero dei comuni originari (cha da circa trenta erano diventati, infatti, quasi sessanta).
    Solo questa fu l’osservazione del Comitato Tecnico Congiunto per l’Attuazione, costituito, per l’occasione, dal Cipe. Poi? Più niente. Chissà perché…
    A lei Sig. Ministro ci rivolgiamo con fiducia per avere una risposta in merito.

  161. 173 Pietro Mitrione 16/10/2012 alle 6:52 PM

    “Un virus di origine vetrelliana sta attaccando il trasporto su ferro in Irpinia”
    Dall’8 di ottobre 2012 la lenta agonia della ferrovia Avellino-Rocchetta si sta per compiere. Da linea “sospesa” dal 10 dicembre 2010 diventa una delle tante linee ferroviarie “minori” “interrotta” fino nuovo avviso. Comincia in questo modo una silenziosa opera di disattivazione degli impianti di sicurezza e di segnalamento, praticamente sarà una ex ferrovia ove la vandalizzazione sarà la fotografia costante della dilapidazione di ingenti risorse economiche impegnate anche in tempi recenti su cui sarebbe utile capirne eventuali risvolti giudiziari. A qualcuno questa operazione risulterà completamente indifferente, in primis all’assessore regionale ai trasporti della Campania, Sergio Vetrella, che ha voluto questo scempio, a qualcun altro forse un po’ di meno, tipo il vicegovernatore De Mita jr, che in silenzio ha avallato questa decisione ad altri scapperà il consueto…“che peccato”, la stessa espressione che si pronuncia nell’apprendere la notizia di una morte. Ci sarà, fortunatamente, chi come noi di “in_loco_motivi” che insieme a tante persone che vogliono bene all’Irpinia che continueranno a battagliare perché la nostra storica ferrovia Avellino-Rocchetta possa ritornare ad essere un patrimonio della nostra terra. Eppure, da alcuni decenni, sembrava che si fosse fermata l’emorragia di linee ferroviarie che aveva caratterizzato gli anni della motorizzazione di massa ed anzi il numero di chilometri riaperti all’esercizio avesse leggermente superato le chiusure. Oggi l’emergenza finanziaria che sta vivendo il nostro Paese rischia di produrre un nuovo consistente attentato al patrimonio ferroviario italiano: oltre 600 chilometri della rete in gestione a Trenitalia sono stati cancellati nell’ultimo biennio. Tra le linee colpite c’è la nostra straordinaria Avellino – Rocchetta la più alta ferrovia del sud Italia che con i suoi 120 km costituiva una possibilità di accesso alle zone interne dell’Irpinia nel pieno rispetto del paesaggio e delle compatibilità ambientali. E’ la ferrovia delle acque: attraversa e lambisce in più punti i FIUMI Sabato, Calore ed Ofanto. E’ la ferrovia dei grandi vini docg: percorre i territori , servendoli con stazioni dei comuni degli areali del Taurasi e del Fiano. E’ la ferrovia del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini. E’ la ferrovia delle aree a tutela della biodiversità. E’ la ferrovia dei Borghi: storia, cultura ed identità territoriale. E’ la ferrovia costituente l’asse portante del progetto “ le vie del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” cui programma “A.G.C. 13 – Turismo e Beni Culturali – Deliberazione n. 1336 del 31 luglio 2009 – PaIn Fas 2007-2013 “Attrattori Culturali, Naturali e Turismo della regione Campania. Un progetto di oltre 100 mln di euro caduto nel dimenticatoio. Chissà perché?
    Tutto ciò dimostra la scarsa considerazione in cui versa il trasporto su rotaia, a dispetto di decenni di promesse circa il necessario riequilibrio modale a fini di tutela ambientale e di servizio universale, principi nei fatti sacrificati da molte Regioni che continuano evidentemente a ritenere superfluo il contributo delle ferrovie locali, tanto da sacrificarle a fronte delle difficoltà di bilancio. Nonostante tutto è necessario che non siano abbandonate queste preziose risorse infrastrutturali, ereditate in virtù dei sacrifici delle generazioni che ci hanno preceduto e, nell’attesa, di valutare caso per caso le prospettive delle singole linee. Per questi motivi ci rivolgiamo alla Presidenza del Consiglio, al Ministro delle Infrastrutture, al Governatore della regione Campania, alla deputazione nazionale e regionale irpina ed al Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Avellino di imporre a RFI, il gestore della rete ferroviaria italiana, l’onere di garantire la manutenzione ordinaria della ferrovia Avellino – Rocchetta,onde non pregiudicare definitivamente le possibilità di ripristino dell’esercizio ferroviario, sia a servizio delle comunità locali, sia quale strumento di valorizzazione turistica compatibile con la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale italiano, una eccellenza, questa, del nostro territorio irpino. Tutto questo accade mentre continua vergognosamente a restare chiusa la stazione ferroviaria di Avellino e addirittura rischia di chiudere anche la funicolare di Montevergine. Sembra che un virus di origine vetrelliana…, dal nome dell’assessore regionale ai trasporti della Campania, stia attaccando il trasporto su ferro in Irpinia.

  162. 174 Pietro Mitrione 17/10/2012 alle 6:58 PM

    Angelo Verderosa
    … ecco il manifesto che dovrebbe essere la base condivisa di una nuova politica:
    • Unire i piccoli Comuni per ingiungere a Regioni e Governo di fermare l’ulteriore consumo di suolo nelle già devastate e inquinate aree metropolitane: bloccare subito il ‘piano casa’.
    • Sviluppare il trasporto pubblico su rotaia nelle aree interne e non solo sulle poche dorsali dell’alta velocità (in Campania, recuperare la ferrovia esistente come linea metropolitana tra Napoli e Foggia).
    • Istituire, immediatamente, in attesa della ripresa ferroviaria, efficienti linee di trasporto pubblico lungo le principali arterie di collegamento provinciale (in Campania, Valle Sele, Ofantina, Ufita, Calore, ecc.), collegando i paesi con alta velocità ed aeroporti. I piccoli paesi non devono sentirsi isolati; ogni ora, anche notturna, dovrebbe passare un mezzo pubblico per collegarli tra loro e con la città.
    • Favorire, con una premialità socio-economica (casa, servizi, asili nidi, scuole) l’insediamento di giovani coppie che non trovano posto nelle fasce costiere (in Campania, alleggerire la pressione demografica e l’abusivismo su isole, costa e falde del Vesuvio).
    • Rafforzare il distretto delle energie alternative a vantaggio di enti ed investitori locali. Insegnare ed incentivare l’artigianato e tutto ciò che veicoli bellezza, unicità e qualità.
    • Radicare centri di ricerca legati alla terra, all’acqua, all’aria, al vento, alle energie ed ai materiali eco-sostenibili.
    • Sviluppare la produzione e la lavorazione del legname di bosco rinnovabile.
    • Consumare in loco e promuovere i prodotti agricoli tipici : 5000 di questi provengono proprio dai piccoli paesi.
    • Prendere coscienza e amministrare oculatamente i doni preziosi che abbiamo ricevuto: acqua sorgiva e ambiente naturale.
    • Imparare a comunicare per portare qui nuovi viaggiatori; accogliendoli come parenti che tornano da lontano, invitandoli a restare per riabitare.
    • Creare eventi sulla bellezza e sul silenzio, focalizzando l’attenzione sull’acqua, sul vento, sulla terra.
    • Valorizzare la miniera dei beni culturali ed eno-gastronomici dei centri storici e rurali già esistente.
    Riequilibrare il territorio appenninico per poterlo riabitare significa utilizzare al meglio le risorse già disponibili; significa vivere meglio in un ambiente sano e a misura d’uomo. Significa creare nuovi posti di lavoro, ripensando innanzitutto l’agricoltura e innescando finalmente, poi, quell’indotto turistico che ci hanno voluto finora impropriamente far credere essere il nostro nuovo eldorado. Sappiamo che dobbiamo imparare a comunicare per incuriosire nuovi viaggiatori; dobbiamo creare eventi sulla bellezza e sul silenzio. Focalizzare l’attenzione sull’acqua, sul vento, sulla terra dell’Italia ‘minore’, risorse che la città ha ormai depauperato. Riequilibrare significa mettere in relazione le due parti d’Italia che sempre più si stanno allontanando.

  163. 175 Pietro Mitrione 25/10/2012 alle 7:55 PM

    Negli ambienti ferroviari irpini sta circolando da alcuni giorni la probabile offerta commerciale di Trenitalia per la riapertura della stazione di Avellino, a far data dal 28 ottobre 2012, dopo lo stop imposto dall’assessore ai trasporti della regione Campania, Sergio Vetrella il 9 settembre 2012. Se questa dovesse essere la proposta si tratterebbe di una colossale beffa in quanto significherebbe l’anticamera della sua chiusura definitiva come successe per la Avellino-Rocchetta, una progressiva diminuzione dei servizi. Una programmazione che prevede il fermo della circolazione dei treni fra Avellino e Benvento/Salerno dopo le 16. L’unica relazione che permetteva di raggiungere Roma in treno viene inesorabilmente cancellata. Tutta la zona del solofrano/montorese viene fortemente penalizzata da questa rimodulazione di collegamenti ferroviari in quanto resterebbero solo una coppia di treni al mattino ed una al pomeriggio. Si tratterebbe di una decisione che continuerà a privilegiare il trasporto su gomma, non a caso nuovi collegamenti vennero istituiti appena ci fu la soppressione dei treni. Tutta questa vicenda ha del paradossale perché non si può chiudere e riaprire una stazione ferroviaria come se fosse una pratica amministrativa. Una funzione importante, qual è quella del trasporto su ferro, non può essere banalizzata da scelte operate da burocrati o assessori estranei ai bisogni di un territorio, non a caso nessuna consultazione è stata effettuata con gli amministratori locali . Si sta scrivendo una ennesima pagina nera per Avellino e l’Irpinia……. nonostante questa parvenza di “riapertura”. Eppure, proprio, in questi giorni si sta parlando di unificazione del territorio sannita con quello irpino con enevento probabile capoluogo di questa nuova entità. Un po’ di lungimiranza avrebbe voluto che si cominciasse a capire che il sistema di mobilità fra questi territori, comunque vada a finire la faccenda dell’accorpamento, è fondamentale per la qualità della vita dei cittadini di queste zone. Si vede che la lungimiranza non è in sintonia con la politica praticata dai vari assessori al ramo.
    Avellino è l’unica provincia della Campania a non essere collegata con Napoli, altro che metropolitana regionale, che subisce notevoli tagli sulle relazioni con Salerno e Benevento, che vede la completa soppressione delle relazioni su ferro da e per la stazione di Ariano irpino, la riduzione di servizi della ex Circumvesuviana e Metrocampania, che ha assistito impassibile alla dismissione della linea Avellino-Rocchetta, l’unica tratta ferroviaria cancellata dalla smania ragionieristica di Vetrella… eppure la modestia del risparmio ottenuto, rispetto allo sperpero di danaro pubblico che assistiamo quotidianamente, imponeva una diversa sensibilità da parte della classe politica irpina, la stessa che a Milano ha parlato in questi giorni dei borghi irpini a fini turistici. Forse, inconsapevolmente, stavano anche parlando della ferrovia Avellino-Rocchetta: la ferrovia dei borghi, della storia, della cultura e della identità territoriale dell’Irpinia.
    Da anni, purtroppo, nella nostra provincia abbiamo assistito al progressivo abbandono della rete ferroviaria a vantaggio del trasporto su gomma forse perché più sensibile agli interessi clientelari che ne derivavano.
    Ai tanti che parlano di turismo e di programmazione della mobilità provinciale di questo dovrebbero tenerne conto … invece preferiscono tacere. Si può tranquillamente affermare che per l’Irpinia la ferrovia è ormai una infrastruttura residuale in attesa della costruzione della fantomatica Alta Capacità che avverrà, se tutto dovesse andare per il verso giusto, fra 20/25 anni.
    Nonostante il contentino che qualcuno sta preparando con la probabile riapertura part-time della stazione ferroviaria di Avellino dovremmo ribellarci alla prosopopea conseguente, altro che riconoscergli qualche merito con la solita affermazione “grazie all’interessamento del tal dei tali di turno ”. I tanti qualcuno dovranno, invece, SPIEGARE PERCHE’ TUTTO QUESTO è ACCADUTO!
    Pietro Mitrione

  164. 176 Pietro Mitrione 26/10/2012 alle 6:24 am

    Dalle indiscrezioni circolanti in ambiente ferroviario e sindacale, la tanto sbandierata riapertura della stazione di Avellino porterebbe al ripristino di appena cinque coppie di treni Benevento-Avellino e due coppie Avellino-Salerno.
    Ripristino che già sta venendo procrastinato di settimana in settimana con un evidente effetto negativo sull’utenza che necessariamente è costretta a trovare soluzioni alternative che poi finiscono per essere una sola: l’utilizzo dell’autovettura privata.
    Il treno che invece collegava, fino allo scorso Agosto, Avellino con Caserta e Roma servendo anche la valle dell’Irno e la valle del Sarno oltre ad essere primo ed ultimo collegamento con Benevento, risulta ad oggi deviato via Telese senza più servire quindi alcun comune delle provincie di Avellino, Salerno e Napoli (ad es.: Nola, Palma Campania, San Gennaro, Sarno, Mercato San Severino, Solofra, Avellino, ecc.). Tale soppressione appare veramente inspiegabile se si considera che forse questo collegamento, assieme a quelli con Napoli già soppressi dal 2010, era tra i pochi a godere di una discreta utenza oltre a rappresentare un potenziale collegamento a cui addurre utenza con servizi integrati su gomma.
    Va ricordato che i collegamenti Avellino-Napoli hanno rappresentato il fulcro della linea in questione fin dalla sua nascita. Già nel 1861, quando la ferrovia non raggiungeva ancora Avellino, si poteva usufruire di treni Montoro-Napoli; ora invece nessun collegamento con il nostro capoluogo di regione nonostante lo stesso sia raggiunto ogni giorno da tanti studenti e lavoratori avellinesi e salernitani.
    La riduzione delle risorse doveva indurre, come conseguenza, a concentrare i servizi sulla direttrice Avellino-Napoli consentendo di raggiungere Salerno con una semplice coincidenza a Mercato San Severino.
    Anche un’integrazione con i trasporti su gomma sarebbe implementabile quasi a costo zero, praticamente semplicemente rivedendo orari e percorsi degli autobus. Ciò tenendo conto soprattutto della vicinanza dell’Università di Salerno, ancora privata del famoso raccordo ferroviario, ma pur sempre polo attrattore di migliaia di persone provenienti anche da altre regioni. Discorso simile per la stazione di Avellino che con degli autobus in coincidenza vedrebbe crescere i viaggiatori provenienti dal centro cittadino e dalla vicina Atripalda. Osservando tratte ed orari di AIR, SITA e CSTP si potrebbe effettuare un’integrazione ferro-gomma presso le stazioni di Avellino, Mercato San Severino, Montoro-Forino, Montoro Superiore e Serino: a beneficiare quindi del trasporto ferroviario sarebbero anche i comuni attualmente non direttamente serviti dalla ferrovia; ulteriore beneficio sarebbe presente anche per le casse degli enti locali che userebbero in modo più efficiente le risorse destinate al trasporto su gomma anche considerando lo stato di salute non ottimale delle relative società.
    Sarebbe un’integrazione che in realtà i cittadini già pagano, ogni volta infatti che acquistiamo un biglietto UnicoCampania ci avvaliamo del diritto di utilizzare più mezzi di trasporto per raggiungere la nostra destinazione, diritto che paghiamo lautamente; peccato però che in provincia di Avellino fatichiamo a trovarne anche uno solo di mezzo adatto per le nostre necessità.
    Vale la pena ricordare che questa situazione drammatica dei collegamenti attuali preclude anche un’integrazione ferro-ferro, ad esempio a Salerno dove sfrecciano treni ad alta velocità ed intercity difficilmente usufruibili dagli irpini; la assoluta insufficienza di collegamenti con Salerno e Napoli non può che allontanare una consistente parte dell’utenza dall’utilizzo del mezzo ferroviario anche per collegamenti a medio e lungo raggio in ambito nazionale.
    Un ulteriore opportunità di sviluppo per mezzo della linea ferroviaria verrebbe dall’utilizzo della stessa per il trasporto merci viste anche le ingenti risorse spese negli anni per la creazione di raccordi industriali e vista la possibilità di sperimentare forme di trasporto di piccola taglia che risulterebbero di sicuro convenienti visto il continuo incremento dei costi sia diretti che indiretti del trasporto su gomma.
    In ultimo, ma non per importanza, si può notare anche come le linee ferroviarie irpine, inclusa la Avellino-Rocchetta Sant’Antonio sono indispensabili per lo sfruttamento di una risorsa potenzialmente remunerativa per l’Irpinia quale il turismo spesso declamata da tanti amministratori ma senza avere un seguito nei fatti. E’ questo il momento di sperimentare un avvicinamento delle persone alle nostre particolarità geografico-turistiche proprio mediante il treno come del resto avviene in tutta Italia ed in tutta Europa da decenni.
    A questo punto è necessario quanto prima che tutti i rappresentanti dei cittadini, nazionali, regionali e locali insieme agli amministratori ed alla società civile lavorino ad un piano comune per l’organizzazione dei trasporti in Irpinia e necessariamente in tutta la Campania al fine di non precludere i diritti alla mobilità dei cittadini e di non strozzare ulteriormente le possibilità di crescita economica e sociale di questi territori.

    ing. Luca Pappalardo

  165. 177 Pietro Mitrione 15/11/2012 alle 6:26 PM

    Un solo dato rende l’idea dello sperpero di danaro pubblico impegnato per la costruzione completa della impiantistica ferroviaria: mai un solo carro ferroviario ha percorso il raccordo! Eppure trattasi di una grande realizzazione infrastrutturale sulla quale si riponeva grande aspettativa poiché “la domanda di trasporto su ferro è in continua e costante espansione”. Questa è la considerazione che esponeva il progettista dei lavori iniziati alla fine degli anni 80 del secolo scorso.Oggi, a distanza di oltre 20 anni, i lavori eseguiti giacciono nel completo abbandono ed resta, ancora, incompiuta la costruzione di pochi metri di binari per raccordare gli impianti alla linea ferroviaria Avellino-Benevento. Questa è la situazione ad oggi … eppure l’attuale presidente dell’ASI chiama in causa le ferrovie dello stato per giustificare il fallimento asserendo che le stesse non hanno interesse ad investire a Pianodardine in quanto non c’è domanda da parte delle aziende. Una palese contraddizione. Un breve storia degli accadimenti forse serve a comprendere lo scempio causato da queste “opere faraoniche” che hanno comportato la modifica del corso del fiume Sabato, lo sbancamento di una grande estensione di terreno a vocazione agricola e la variazione del percorso di una strada provinciale. Tutto realizzato con danaro pubblico. L’opera iniziò in varie fasi ed in diversi periodi storici di espansione dell’area ASI di Pianodardine, nell’ordine:
    1. Tratto SUD: per i binari destinati al raccordo FMA
    2. Tratto NORD: per i binari diretti alla Novolegno,
    3. Area merci e Carrellamento: per le industrie non raccordate mediante operazioni di carico e scarico direttamente dai vagoni ferroviari.
    Una perfetta operazione di integrazione ferro/gomma che non ha visto mai la luce. Una ennesima cattedrale nel deserto che si somma con la paventata dismissione della stazione ferroviaria di Avellino. La cronologia delle costruzione sta a dimostrare la scarsa attenzione prestata alla effettiva utilizzazione del raccordo e dell’area merci. Forse il raccordo serviva a spuntare tariffe meno onerose nei confronti degli autotrasportatori, nonostante la possibilità che le aziende avessero per chiudere la filiera della spedizione in modo unico per ogni destinazione sia nazionale che internazionale? La costruzione della linea ad AC Napoli/Roma/Bari impone una scelta decisiva per il trasporto su ferro della nostra città . La medianità di Avellino fra questa costruzione ed il porto di Salerno impone un ripensamento della area industriale di Pianodardine per cui il completamento di questa opera ferroviaria a servizio delle industrie non è rinviabile. Le gerarchie territoriali si costruiscono con queste opere infrastrutturali ed. Avellino e la sua area vasta hanno bisogno di ferrovie altro che ragionamenti ragionieristici alla Vetrella che apre e chiude la stazione ferroviaria di Avellino a suo piacimento. Il destino di un “capoluogo” si costruisce sulla base di idee e proposte ed il presidente dell’ASI di Avellino farebbe bene ad imporre la costruzione di quei pochi metri di binario che impediscono di poter fruire di quelle opere che hanno costruito. Il rischio di una opera incompiuta è sotto gli occhi di tutti e solo la lontananza da una visione quotidiana impedisce di chiamarla con il suo vero nome: vergogna!

  166. 178 Pietro Mitrione 16/11/2012 alle 4:32 PM

    Il Sud è sempre stato terra di emigrazione. Quanti ne ha portati nelle nebbie il mitico espresso Lecce-Zurigo via Milano. E quanti il Bari-Torino. Ora l’emigrazione è intellettuale, dopo le valigie di cartone vanno i nostri ragazzi laureati col trolley e il computer. Ma vanno e vengono anche i pendolari. Vanno e vengono gli imprenditori e gli uomini d’affari. Vanno e vengono le merci. E vanno e vengono anche i turisti, soprattutto vengono sempre più nelle terre del sole.

    Non ci fossero i treni, le strade, le autostrade, gli aerei, il Sud resterebbe ancor più la periferia d’Europa che è: bisogna raggiungerlo di proposito, non ci si passa per andare altrove in questa lunga Italia che il buon Dio ha disegnato così con un po’ di distrazione.Perciò se qualcuno decidesse di far male al Sud, il sistema sarebbe rapido: isolarlo. Farlo diventare, ad esempio, un binario morto, come dice un dolente cartellone affisso in Puglia con la foto delle coppole che partivano sùbito dopo la guerra, e le mamme con i figli al collo.

    Detto e fatto. Dopo due anni e due governi, la missione è compiuta. Per restare alla Puglia, le indiscrezioni sui nuovi orari invernali la danno collegata solo con tre Freccia Argento per Roma. Ma nella capitale non si potrà arrivare prima delle 11,30, quando già stanno pensando alla pausa pranzo. E dalla capitale non si potrà rientrare più tardi delle 18, lasciando nel mezzo non solo il binario morto ma ore morte nelle quali si potrà concludere meno che niente.

    Neanche a pensarci alle ore piccole: niente notturni giornalieri con la capitale, niente Taranto-Milano (e a Taranto c’è una cosina come l’Ilva per la quale qualche viaggio su e giù s’immagina sia necessario). Ma come, proprio i treni notturni che fanno risparmiare tempo e riducono i costi per il Sud? Mah, rispondono da Trenitalia, ormai ci sono i voli low cost, a basso prezzo, che li hanno soppiantati ovunque in Europa. Ma il Mezzogiorno non è un caso particolare in Európa? Cosa vuole che ci interessi, noi siamo una società privata e dobbiamo fare utili.

    Quindi meno treni perché ci sarebbero meno passeggeri. Ma non è che ci sono meno passeggeri perché ci sono meno treni? Sembra la storiella del comico Petrolini. II quale, a uno spettatore che disturbava dalla galleria del teatro disse di non avercela con lui, ma con i suoi vicini che non lo buttavano giù. Non dovremmo avercela con Trenitalia, ma con un governo disinteressato a farle capire che il trasporto non è un’eventualità come un gelato dopo pranzo, ma un diritto fondamentale protetto dalla Costituzione. La quale non dice che ci si può muovere di più o di meno a seconda di dove si è nati.

    Ma questo è il Paese che in 150 anni si è guardato bene dal collegare il Sud dal Tirreno all’Adriatico, tipo Bari-Napoli, dovesse mettersi in testa di essere più unito per far valere le proprie ragioni. Si è guardato bene dal collegare decentemente le città meridionali fra loro, dovessero concludere affari in comune. Si è guardato bene dal far arrivare un treno a Matera, dovesse la città lucana perdere il suo primato nazionale di noncuranza. E ora si guarda bene dal dare al Sud l’alta velocità ferroviaria come al Nord. Forse perché il Sud è l’eterno posto in cui si prenderebbe tempo e si perderebbe tempo, quindi a bassa velocità?

    Guardi, sviluppiamo l’alta velocità dove più alto è lo sviluppo economico. Appunto, Paese a due velocità. Che pensa allo sviluppo di chi è già sviluppato e se ne infischia di chi è meno sviluppato. Paese in cui se va la locomotiva del Nord, il Sud può ringraziare di essere il bagaglio appresso. E Paese che anche per questo non solo non cresce più da oltre vent’anni, ma ora va indietro pur avendo in casa un tesoro considerato invece una vergogna da tenere nascosta. Così si spiega l’autostrada Salerno-Reggio Calabria in costruzione da cinquant’anni. Così si spiega una statale ionica che divide Puglia, Basilicata e Calabria invece di unirle.

    Ma del resto, il ministro dell’economia, Grilli, parla a un giornale tedesco e dice che il modello di crescita del Sud è fallito. Signor ministro, questo è più o meno evidente. Si vorrebbe sapere piuttosto se intende rimediare togliendo al Sud i treni invece di darglieli, così come terapia d’urto. E si vorrebbe sapere se la conclusione è far morire il malato, anche se ci hanno provveduto prima di lei.

    (Ultime notizie. Per almeno metà dei politici italiani il Sud non esiste. Questa sconveniente parola non è stata mai pronunciata, se non di sfuggita da Bersani, durante il dibattito televisivo fra i candidati alle elezioni primarie del centro sinistra. L’intervistatore non lo ha chiesto, ma nessuno impediva agli intervistati di parlarne. Quindi il Sud non è il principale problema d’Italia e non è la principale soluzione ai problemi d’Italia. Evviva).

    da: La Gazzetta del Mezzogiorno del 16 novembre 2012

  167. 179 Pietro Mitrione 18/11/2012 alle 3:11 PM

    Tantaa gente all’incontro con i giornalisti, al quale hanno preso parte anche Francesca Tasini, alla sua prima esperienza cinematografica, e Sergio Assisi reso noto al grande pubblico dalla fortunata serie televisiva “Capri”. Presenti anche il regista Gianbattista Assanti, i produttori, i sindaci dei comuni foggiani, irpini e lucani scelti come location del film
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    Tanta gente questa mattina a Foggia ad accogliere Claudia Cardinale per la presentazione del film, che la vede protagonista, “Ultima fermata”, dedicata alla dismessa linea ferroviaria Avellino-Rocchetta. La conferenza stampa, trasmessa dal nostro sito internet in livestream, è stata vista da oltre 600 persone. L’evento, svoltosi in piazza Federico II, ha visto la partecipazione, oltre che del regista Giambattista Assanti e dei produttori, anche di Sergio Assisi, l’attore napoletano reso noto al grande pubblico dalla fortunata serie televisiva “Capri”, e la giovanissima attrice Francesca Tessi, alla sua prima esperienza cinematografica. Nel cast c’è Phileppe Leroy, protagonista insieme alla Cardinale che torna al cinema italiano dopo 15 anni e vestirà i panni di una sarta di Rocchetta Sant’Antonio, dove domani girerà il primo ciak. Alla conferenza stampa erano presenti anche molto sindaci dei comuni irpini e lucani scelti come location del film, oltre che il sindaco di Rocchetta Ranieri Castelli e l’assessore alle attività produttive Alfonso Di Stefano. A fare gli onori di casa, per il Comune di Foggia c’era il vicesindaco Federico Iuppa. Semplice, immediata, Claudia Cardinale ha apprezzato molto la conferenza stampa a Foggia: «da questi parti – ha detto – ero già stata e ci sono tornata volentieri». «Perché ho scelto di fare questo film? Per ragioni emotive, perché mio papà era ferroviere, e perché mi piace molto aiutare i giovani registi, considerato che il nostro Governo fa mancare il sostegno alla produzione cinematografica italiana, il che mi fa molto arrabbiare», ha detto la Cardinale. In realtà, il film viene reso possibile dal sostegno di diverse aziende, tra cui la Granoro che ha dato il contributo maggiore. Entusiasta di far parte del cast Sergio Assisi. «E’ un film intimo, che parla di di una storia essenziale, emotivamente coinvolgente, come quelle che fanno bene al nostro Meridione e alla sua riscoperta», ha detto il famoso attore partenopeo. Emozionata la giovane Francesca Tessi: «Per me è la prima volta sul grande schermo, dopo tanto teatro, e sono felice di farne parte». La gratitudine ai sindaci, agli attori, ai produttori è stata, invece, espressa dal regista irpino Giambattista Assanti. Poche battute, quelle raccolte da attori e produttori del film, a causa della pioggia che ha interrotto la magia della conferenza stampa all’aperto: l’incontro con i giornalisti è poi continuato al chiuso, nel locale bellissimo del Consorzio Start di Capitanata, animato da Roberto Parisi (che ha presentato anche la conferenza stampa), che ha consentito ai partecipanti di assaporare anche alcuni prodotti enograstronomici della Capitanata.
    https://www.facebook.com/media/set/?set=a.4547300053227.165790.1613077517&type=1

  168. 180 Pietro Mitrione 19/11/2012 alle 10:25 PM

    Stefania Marotti
    Atmosfera di festa oggi, a Rocchetta Sant’Antonio, dove iniziano le riprese di “Ultima Fermata”, il film scritto e diretto dal regista irpino Giambattista Assanti. Emozionata, Claudia Cardinale, la diva del cinema internazionale, sarà la madrina e la protagonista, del primo, attesissimo “ciak”, che rilancia, con una commovente storia d’amore, la triste vicenda della linea ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio, inaugurata da Francesco De Sanctis e sospesa due anni fa per ragioni legate alla recessione economica. “ Sono rimasta profondamente colpita dalla sceneggiatura,- commenta l’attrice- che mi ha fatto rivivere la mia infanzia a Tunisi, dove sono nata. Mio padre era un ingegnere tecnico e lavorava per la ferrovia locale. Ricordo che mi comportavo da maschiaccio. Quando veniva fischiata la partenza del treno, inevitabilmente le carrozze rimanevano ferme, in attesa che papà mi cercasse. Nel film, Domenico Capossela, il capotreno, interpretato da Philippe Leroy, fischia sempre in ritardo la partenza del convoglio, per consentire agli emigranti di abbracciare, per l’ultima volta, i loro parenti. Sono scene struggenti, nostalgiche, ma anche ricche di poesia”-. Claudia Cardinale parla di sé con naturalezza, a dispetto della sua indole riservata. “ Sul set, sono Rosa Santarcangelo- continua- una donna disperata, che ritrova l’amore. Rosa è anche uno dei miei nomi. Infatti, all’anagrafe, sono Claude Josephine Rose. Questo film mi è sembrato un segno del destino. Incontrando personalmente il regista, ho appreso della chiusura della linea ferroviaria, che collegava tre regioni, Campania, Puglia e Basilicata. Mi sembra un’assurdità privare la popolazione di un’importante strumento di trasporto, come il treno. Da un po’ di tempo, cerco di sostenere i giovani registi, che promuovono valori importanti con l’opera cinematografica. “Ultima Fermata” è un progetto in cui credo molto e che mi consente di ritornare in Irpinia, dopo avere girato il film “I briganti”, diretta dal mio compagno Pasquale Squitieri”-. Ieri mattina, a Foggia, dove c’è stata la conferenza-stampa di presentazione del film, Claudia Cardinale ha incontrato Sergio Assisi, con il quale sarà sul set a Rocchetta. “ Sergio- spiega l’attrice- interpreta il ruolo di Francesco Capossela, il figlio di Domenico. Anche il suo, secondo me, è un bel personaggio. Francesco, infatti, cerca di ricostruire la personalità del padre dopo la sua morte, di conoscerne il passato, di penetrarne i segreti. Spero con tutta me stessa che questo film contribuisca alla riscoperta dei sentimenti, diventando la voce di quelle persone che non possono parlare. Da ambasciatrice dell’UNESCO, mi occupo dell’infanzia povera, malata ed emarginata, come i bambini della Cambogia. Il mio impegno, anche nel cinema, nasce dal desiderio di favorire l’emancipazione sociale. In “Ultima Fermata” si condensano le storie vissute di tanti ferrovieri, emigranti, abitanti dell’Irpinia e della Puglia. Il mio auspicio è che la narrazione cinematografica riesca a mantenere alta l’attenzione sullo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia. In fondo, il nostro Paese ed il nostro Sud sono un museo dell’arte. Lavorando in America, ho conosciuto i più grandi registi, come Coppola, Scorsese, Woody Allen. Le loro opere, mi hanno confessato, si sono ispirate all’Italia. Il nostro Governo, tuttavia, deve impegnarsi a sostenere il cinema, la cultura, come avviene in Francia, per migliorare la sensibilità sociale e favorire il progresso”-. Tra gli irpini, Claudia Cardinale ricorda con affetto e nostalgia il regista Sergio Leone. “ E’ stato un grande maestro. Con lui, ho girato “C’era una volta il west”. Un’esperienza fantastica, nel cast ero l’unica donna. Ancora oggi, quando partecipo agli incontri ufficiali, sono accompagnata dalla musica di Ennio Morricone. Ogni volta, provo un’emozione indescrivibile”-. A proposito di musica, la colonna sonora del film di Assanti è stata scritta dal Premio Oscar Nicola Piovani. “ Un compositore sensibile e di grande talento- conclude l’attrice- che ha creduto in questo progetto”-. Il cantautore di origini irpine Vinicio Capossela, invece, partecipa al film con il brano “Franceschina la Calitrana”. Ieri mattina, a Foggia, ha partecipato all’incontro con la stampa anche il presidente dell’associazione “In Loco Motivi” Pietro Mitrione. “ La ferrovia- dichiara- è l’anima dell’Irpinia. Il film di Assanti diventa parte integrante della storia della nostra gente. Un’operazione culturale che riaccende i riflettori sul territorio, in un momento molto difficile per l’economia locale. Il film produce nell’opinione pubblica nuovi stimoli, per lavorare in modo corale alle iniziative tese al ripristino della linea ferroviaria, almeno per scopi culturali”-.

  169. 181 Pietro Mitrione 11/12/2012 alle 4:38 PM

    Sono passati due anni dalla decisione dell’assessorato ai trasporti della regione Campania di “chiudere” la ferrovia Avellino-Rocchetta. Fu l’inizio di una serie di decisioni che stanno desertificando la nostra Provincia. Da quel giorno, 13 dicembre 2010, è iniziata la cancellazione del trasporto su ferro in Irpinia fino ad arrivare alla chiusura della stazione ferroviaria di Avellino. Di pari passo si è accompagnata anche la rimozione di questa storica ferrovia dalla memoria di noi irpini per la cui costruzione si impegnarono Francesco de Sanctis e Giustino Fortunato.
    In questi giorni è stato pubblicizzata una trasmissione televisiva per ricordare il viaggio elettorale descritto da Francesco de Santis nel suo libro. Da tempo un passo di questo scritto è diventato il motto della nostra ASSOCIAZIONE “in_loco_motivi”.
    “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli. L’industria, il commercio, l’agricoltura saranno i motori di questa trasformazione. VEDREMO MIRACOLI. PERCHE’ QUI GL’INGEGNI SONO VIVI E LE TEMPRE “
    Era l’intuizione e la collera di un uomo politico che lottava per il benessere del proprio territorio. Dopo oltre 130 anni da quel viaggio”elettorale” quella sua ferrovia sta morendo nel silenzio “culturale” della nostra città. Proprio in questi giorni sono iniziate le riprese del film “ L’ultima fermata” diretto dal regista irpino Gianbattista Assanti che si avvale della presenza di Claudia Cardinale e Sergio Assisi. Si tratta di un film dedicato alla nostra storica ferrovia Ofantina lungo i cui binari si snoda il viaggio di un uomo alla scoperta di sé, delle proprie origini e dell’amore.
    Sembra la perfetta rappresentazione della storia di tanti irpini che, a vario titolo e per tanti anni, si è intrecciata con questa ferrovia di montagna.
    A nulla è valsa l’opera di “in_loco_motivi” tesa al recupero turistico di questa storica tratta ferroviaria. La nostra è stata una concreta esperienza di promozione territoriale dal basso e senza fondi pubblici che ha visto letteralmente rinascere a nuova vita il treno sulla più antica tratta irpina, come mezzo a servizio del turismo e della conoscenza del territorio. Con il nostro treno irpino del paesaggio abbiamo tracciato un solco profondo e fertile nell’arido terreno sotto i piedi dei decisori politici e delle realtà istituzionali irpine.E’ la ferrovia delle acque : attraversa e lambisce in più punti i FIUMI Sabato, Calore ed Ofanto. E’ la ferrovia dei grandi vini docg : attraversa i territori , servendoli con stazioni dei comuni degli areali del Taurasi e del Fiano.E’ la ferrovia del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini.E’ la ferrovia delle aree a tutela della biodiversità. E’ la ferrovia dei Borghi.
    Spero che fra i tanti politici irpini qualcuno si ricordi che da due anni la nostra ferrovia Avellino-Rocchetta è chiusa e che nel cassetto dell’assessorato regionale al turismo giace il progetto: PAIn – FAS 2007/2013 – “Attrattori Culturali, Naturali e Turismo “LA VIA DEL VINO TRA I CASTELLI DELL’IRPINIA VERDE” Deliberazione n. 1336 del 31 luglio 2009.
    Un progetto che fu individuato dalla regione Campania in base ai seguenti principali indicatori: il vino, la ferrovia in via di dismissione Avellino – Rocchetta Sant’Antonio
    e il circuito dei Castelli e dei borghi prevalentemente sottoutilizzati o disabitati.
    E’ possibile saperne la fine che ha fatto? Si tratta, forse, di un ennesimo scippo/beffa per la nostra Irpinia?

  170. 182 Pietro Mitrione 15/12/2012 alle 4:40 PM

    Qualche tempo fa, la notizia del riordino delle province italiane in base a criteri di estensione o numero di abitanti ha creato molto malcontento tra coloro che si son visti scippare lo status di capoluogo di provincia. A quanto pare, ad esempio, la provincia di Avellino dovrebbe essere accorpata con quella di Benevento che, per questioni numeriche di cui qui ci interessa davvero poco, sarebbe il capoluogo di provincia ufficiale della neonata Benevento-Avellino, facendo così scomparire il precedente status dalla città irpina. I mal di pancia, ad Avellino, son diventati tanti: manifestazioni di piazza, programmi pomeridiani della RAI in diretta, trasmissioni locali, proposte di cortei, torpedoni diretti a Roma. Al di là di qualche giorno in cui tali manifestazioni hanno occupato i quotidiani locali e le chiacchiere da bar, ora il silenzio è calato sulla faccenda.
    A motori spenti è giusta una riflessione su cosa sia attualmente la città di Avellino, pronta a ergersi a paladina di uno status amministrativo. Questo è il momento per farlo; ormai stagnanti nella melma della crisi, dobbiamo trovare strade per uscirne analizzando criticamente il territorio. E la crisi è profonda, anche peggio che altrove, in questo pezzo di sud interno, che va sui giornali a ogni terremoto e dove i giovani vanno via, dove chi resta deve cercare il compromesso, dove la politica locale offre spettacoli sempre al ribasso, manco si fosse a un triste spettacolo di burattini in una deserta piazza estiva.
    Qui ad Avellino, dove la borghesia locale è blindata nei salotti e non scende per strada se non per lo “struscio”, non osserva, al massimo guarda e va avanti. Qui ad Avellino, dove la carogna putrida del centralissimo centro commerciale “Mercatone” è chiusa da più di vent’anni, e ora è rovina, ruggine, erba selvatica, divieti di transito su letti di fogliame. Qui ad Avellino, dove di un edificio storico fascista, ex cinema rimesso a nuovo e mai utilizzato, non si sa cosa farne, e con quali soldi.
    Qui, ad Avellino, dove nel 2009 è stato inaugurato il parco pubblico Santo Spirito che doveva ospitare un maneggio, una struttura comunale, un bar, una palestra, una reggia, un tutto-quello-che-di-più-roboante-possa-venirvi-in-mente, sulle sponde del fiume Fenestrelle: la natura, l’ambiente, le ranocchie, i bimbi che giocano con i cani, le ninfe di fiume (i lappazzoni, avete presente?). E invece il parco chiude al pubblico a giugno 2012, senza un motivo ufficiale ma solo voci di corridoio e pettegolezzi da ufficio. Intanto nel letto del fiume ci sono resti di mura di cemento; di maneggi neanche l’ombra, qualche struttura è costruita ed è pure in degrado, e due locali società di rugby (Avellino Rugby e Wolves Avellino) per giocare su quel campo devono pregare il comune che gli conceda una delega, e l’acqua delle docce è fredda a meno che non porti un generatore.
    Qui ad Avellino, che finisce su quotidiani e programmi nazionali come esempio di speculazione e gestione clientelare della cosa pubblica del Mezzogiorno. Qui ad Avellino, dove l’edificio ormai diroccato della Dogana dei Grani si erge da decenni in stato di abbandono al centro città, e qualcuno (http://www.avellinesi.it/salviamodogana.htm) ha provato ad alzare la voce, ma poi ci si stufa pure a correre dietro alle beghe burocratiche. Qui ad Avellino, dove l’arredo urbano del corso principale sarà pure costato un sacco di soldi e pare faccia scena, ma è brutto e non funzionale. Qui ad Avellino, dove le condizioni in cui versa il campo CONI, riferimento per gli allenamenti di molte società sportive e amatori di vari sport, sono da città bombardata, ma le società sportive irpine sono “solide realtà dello sport regionale”. Qui ad Avellino, dove il sindaco si è dimesso per tentare la scalata al Parlamento, dopo aver apparecchiato la tavola al malaffare e al clientelismo. Qui ad Avellino, dove ormai si decide la spartizione dei voti per il consiglio direttivo dell’ente di erogazione idrica: a ogni elezione ci si gioca l’incarico alla roulette, si puntano i numeri in base ai voti presi alle ultime elezioni, e i cittadini indovinano il candidato con “Indovina Chi?”. Qui ad Avellino, dove gli incontri pubblici non hanno a che fare con la cultura, la ricerca o la conoscenza, ma col potere politico, la propaganda elettorale e il favore all’amico di turno. Qui ad Avellino, dove il terremoto ha fatto crescere giri vita, comprare macchine, costruire palazzi, speculare su una vaga idea di sviluppo uguale a cemento e rendita economica.
    Qui ad Avellino, dove c’era bisogno di un tunnel per decongestionare il traffico al centro, peccato che i lavori non sono stati neanche conclusi. Qui ad Avellino, piccola e pianeggiante al punto da poterla percorrere a piedi o in bicicletta almeno nel centro città, ma non si possono proporre politiche per lasciare la macchina a casa, godersi la passeggiata e non inquinare. Qui ad Avellino, dove la stazione ferroviaria chiude dopo essersi fatti togliere sotto al naso anche la tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, e il diritto alla mobilità lo si è venduti a Trenitalia. Qui ad Avellino, dove si allestiscono le luci di Natale, ma andateci in periferia a Quattrograne o a Borgo Ferrovia. Qui ad Avellino, dove se vedeste le condizioni di sicurezza di alcune scuole vi mettereste le mani nei capelli. Qui ad Avellino, dove per anni si è taciuto sull’amianto dell’Isochimica, sugli ammalati e sui morti del nucleo industriale. Qui ad Avellino, dove si scende in piazza per difendere delle linee immaginarie, delle questioni amministrative di quart’ordine per asserire la propria identità di “lupi”, ma non per sbattere questi mostri, residui familistici e clientelari, in prima pagina. Qui ad Avellino, dove si è in crisi da anni, ma i cocci non li ha spazzati via nessuno.
    Lì, ad Avellino, perché chi vi scrive abita in provincia, ma è irpino come Avellino. E vede una città al proprio capezzale, stantia in questo ritornello martellante di morte civile. Una città che molti, in questo pezzo vilipeso di sud, sentono come propria, pur non vivendoci, e vorrebbero che fosse il proprio salotto di casa: funzionale, vivibile, comodo, accessibile. Il proprio “qui”. (giuseppe forino)

  171. 183 Pietro Mitrione 15/12/2012 alle 4:59 PM

    FERROVIA – L’incantevole tratta chiusa da due anni

    Ci hanno detto che non conveniva economicamente tenere aperta la nostra storica Avellino – Rocchetta Sant’Antonio. Nonostante i decenni privi di investimenti, nei quali si è preferito dare tutti i soldi al trasporto su gomma, e nonostante la spesa ingente dei nostri padri per realizzare questa tratta, prendiamo per buona la tesi della non convenienza.

    Sicuro che conviene di più farla morire così?

    E se la si riutilizzasse come meta turistica?

    Un progetto di questo tipo è stato anche già approvato in Regione, ma poi non si sa perché sia caduto nel dimenticatoio. Forse perché contiamo poco, o meglio, i politici irpini si interessano di tutto tranne di quello che serve davvero a noi. Detta meglio: si fanno solo i cazzi loro. Così come per il capoluogo: se non si fossero mossi i cittadini, l’avremmo perso.

    La nostra tratta si intreccia ai nostri paesi, ai nostri paesaggi, ai nostri fiumi, ai nostri vigneti, alle nostre tradizioni, alla nostra storia. Turisticamente sarebbe potuta essere (e potrebbe essere) straordinaria ed inimitabile. Basta confrontare la vista che si ha nelle tratte ferroviarie nazionali del tipo Roma-Napoli, Roma-Firenze o Firenze-Bologna: si vedono soltanto case di merda, gallerie o ferro battuto.

    Quando invece partiva la nostra locomotiva, avevi gli occhi pieni di verde, di querce, di ulivi, di natura e cieli azzurri. Avevamo (e vorremmo riavere) una delle ferrovie più in armonia con la natura, come alcune in Svizzera.

    La tratta italiana più spettacolare, chiusa perché gli amministratori regionali sono degli emeriti co…..ni.

    BASTA!!!

  172. 184 Pietro Mitrione 05/01/2013 alle 4:41 PM

    Gli ultimi mesi del 2012 hanno consegnato alla Campania ed in particolar modo alle zone interne tagli indistinti ai servizi pubblici. Per quanto riguarda il trasporto pubblico possiamo ricordare: il completo taglio dei collegamenti tra Benevento ed Avellino e tra Avellino e Salerno che nel mese di Settembre aveva costretto alla chiusura della stazione di Avellino, collegamenti poi solo parzialmente recuperati dopo le proteste dei cittadini che hanno costretto la Regione Campania ad un rapido dietrofront; la soppressione del collegamento ferroviario con Roma utile anche per la valle dell’Irno, l’agro sarnese ed il nolano; a questi si aggiungono la soppressione dei collegamenti con Napoli e la chiusura della linea Avellino-Rocchetta Sant’Antonio già in vigore dal 2010.
    Pendolari, utenti e società civile hanno in più occasioni proposto delle soluzioni alternative che comunque tenessero conto delle risorse limitate a disposizione senza ottenere ad oggi alcuna risposta in merito.
    Ad esempio si è pensato di mantenere i collegamenti con Napoli e Roma come capisaldi della linea così come è avvenuto sin dal 1861, anno di inaugurazione della linea ferroviaria, e di integrare a questi dei collegamenti su gomma in grado di servire i centri abitati più distanti dalle stazioni ferroviarie. In tal modo si realizzerebbe un’ottimizzazione non solo del trasporto su ferro ma anche di quello su gomma combinando la possibilità di raggiungere molti centri abitati con la rapidità del mezzo ferroviario.
    Una rivisitazione di orari e percorsi degli autobus in tal senso sarebbe pienamente favorita anche dalla vicinanza dell’Università di Salerno che potrebbe fungere da polo di questo sistema di trasporti anche vista la posizione di cerniera occupata dai comuni limitrofi di Mercato San Severino, Montoro, Fisciano rispetto alle provincie di Salerno, Avellino e Napoli.
    In tutta risposta a ciò, dobbiamo apprendere da fonti giornalistiche che anche la Sita si appresta a ridurre drasticamente il servizio in Campania se non verranno pagati i numerosi crediti che sostiene di vantare nei confronti degli enti che commissionano il servizio.
    E’ stata anche proposta la creazione di ulteriori fermate sulla linea ferroviaria che, a fronte di una spesa esigua, sarebbero in grado di attrarre ulteriori utenti che si trovano in centri abitati sviluppatisi negli ultimi decenni e che sono attraversati dalla linea ferroviaria senza avere possibilità di usufruirne. Ciò andrebbe nella direzione di creare una vera e propria Metropolitana Regionale, idea di cui si è parlato già da anni ma a cui non è stato mai dato seguito.
    Inoltre, proprio in tema di Metropolitana Regionale, resta ancora in sospeso il progetto di raggiungere l’Università di Salerno con la linea ferroviaria nonostante le sollecitazioni arrivate anche dal Rettore consapevole delle esigenze di collegamento per un ateneo che ha avuto una così rapida espansione.
    La carenza dei collegamenti attuali impedisce agli irpini anche di utilizzare treni nazionali che partono dalla stazione di Salerno allontanando di fatto molta utenza dall’utilizzo di un mezzo di trasporto sostenibile sia economicamente che da un punto di vista ambientale come il treno.
    Anche le richieste di utilizzare le linee ferroviarie irpine non solo come mezzo di trasporto ma anche come vettore turistico sono cadute nel vuoto; infatti è di pochi giorni fa la notizia della volontà da parte della provincia di Avellino di proporre la conversione della Avellino – Rocchetta Sant’Antonio in una pista ciclabile, dopo tanti soldi pubblici spesi per adeguarla agli standard nazionali. Ancora una volta questo significherebbe distruggere risorse ed infrastrutture che potrebbero divenire fonte di sviluppo e turismo. Si può ricordare infatti che la linea potrebbe facilmente essere recuperata e potenziata favorendo il trasporto merci soprattutto verso la zona industriale di Lioni, creando dei collegamenti diretti Lioni-Salerno in orari utili per gli studenti universitari e creando dei collegamenti treno-bus periodici a scopo turistico da Napoli e Foggia per Laceno e Monticchio, senza contare la possibilità di poter raggiungere tanti luoghi di importanza storica, ambientale e turistica, e le numerose aziende agricole ed enogastronomiche situate lungo la linea.

    Alla luce di ciò, in questo 2013, è necessario che tutti i cittadini sostengano e collaborino a tutte le iniziative di sensibilizzazione, di petizione e propositive, messe in campo per difendere e ricostruire la rete di trasporti irpini prima che agli stessi vengano preclusi ancora di più i diritti alla mobilità e le possibilità di crescita e sviluppo.” LUCA PAPPALARDO

  173. 187 Pietro Mitrione 29/01/2013 alle 10:03 am


    ultimo viaggio sull’Avellino-Rocchetta 10 dic 2010

  174. 188 Pietro Mitrione 04/02/2013 alle 4:58 PM

    http://www.ilciriaco.it/attualita/news/?news=27729
    NO alla trasformazione della storica ferrovia Avellino-Rocchetta in una green-way
    PARTECIPAZIONE delegazione al Convegno sui Borghi dell’Irpinia del 5.02.2013
    OSSERVAZIONI al PTCP adottato dalla Provincia di Avellino in data 27.12.2012
    Ai consiglieri provinciali della Provincia di Avellino
    Al progettista del PTCP Prof. Fabrizio Mangoni
    p.c. Ai consiglieri regionali della Campania
    Ai rappresentanti parlamentari della Provincia di Avellino

    I sottoscritti rappresentanti delle associazioni territoriali irpine, riuniti in data 1.2.2013 a Montella, presa visione delle ultime variazioni riportate nel PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale), adottato dalla Giunta Provinciale con delibera n.184 del 27.01.2013, riguardanti la storica tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta S.A., che “propone la riconversione come Greenway della Ferrovia dismessa Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, a partire dal tratto che ricade interamente nella Provincia di Avellino. Si tratta di un’infrastruttura di notevole importanza ai fini turistici interamente collocata all’interno del corridoio ecologico principale del provinciale e che si sviluppa su un tracciato prevalentemente lontano dagli abitati e circondato da contesti ambientali di notevole bellezza”, osservano quanto segue:
    1. La ferrovia Avellino – Rocchetta S.A. è attualmente una ferrovia “sospesa” e non “dismessa”, come riporta il PTCP, ovvero è stato interrotto il servizio ma l’infrastruttura è totalmente funzionante. La proprietà è di RFI e non si può cambiarne la destinazione d’uso o dismetterla a piacimento da parte di un ente pubblico o privato senza l’approvazione della stessa RFI.
    2. Nell’ambito del PTCP, si parla dell’Avellino-Rocchetta S.A. come di un’ “infrastruttura di notevole importanza ai fini turistici”, se questo è vero non si capisce perché la si voglia riconvertire in pista ciclabile.
    3. Sempre nel PTCP, si considera l’importanza di tale infrastruttura nell’ambito del corridoio ecologico principale provinciale proponendo la riconversione della stessa in una Greenway, quando nei fatti la tratta è già una greenway (strada verde), per i seguenti motivi:
    a. L’uso della mezzo ferrovia riduce sensibilmente quello delle autovetture, anche solo nell’ambito dell’uso turistico.
    b. Il mezzo treno, attualmente diesel, potrebbe essere riconvertito in mezzo ecologico, diminuendo ulteriormente, se non eliminando totalmente, le emissioni di polveri sottili e l’inquinamento dato dalla combustione (si consideri comunque che un treno ha emissioni notevolmente già più basse rispetto a quelle che si sommano per l’elevato numero di autovetture che verrebbero utilizzate in alternativa ad esso).
    c. Convertirlo in pista ciclabile non elimina le autovetture private che vengono utilizzate dai numerosissimi turisti che ogni fine settimana decidono di visitare queste zone.
    d. Esiste già una notevole rete di percorsi naturalistici ciclabili e pedonali nel territorio irpino che non giustifica l’inserimento di un’ulteriore percorso peraltro complesso in diversi punti come quello collinare delle zone delle DOCG e quello montano dell’area del parco dei monti picentini. A questo punto si potrebbe pensare piuttosto a mettere in sicurezza tratturi e strade interne dell’Irpinia se si volesse maggiorare la dotazione di piste ciclabili e sentieri naturalistici in generale.
    4. La tratta Avellino-Rocchetta S.A., comprensiva delle stazioni, dei ponti, dei binari e di tutti gli elementi e opere d’arte che costituiscono tale infrastruttura, considerata nel suo complesso e completo disegno e percorso originario, costituisce un bene storico-architettonico-paesaggistico di valore inestimabile e come tale va salvaguardato in ogni parte che la compone. Sarebbe una perdita gravissima la dismissione della tratta. Si è più volte segnalato alla Soprintendenza competente l’opportunità dell’apposizione del vincolo.
    5. L’idea della greenway, di per sé non errata in toto, non può essere sposata ovunque. Esistono sicuramente buoni esempi di greenway, in Italia come in Europa, ma spesso si parla di vecchissimi tratti di ferrovie, dismessi quindi da molti anni e per lo più di brevi lunghezze. Nel caso della Avellino-Rocchetta si parla di quasi 120 km, distesi su tutto il territorio irpino, assai variegato. Si tratterebbe quindi di spezzettare l’infrastruttura, domandandosi cosa si possa fare dei tratti di ferrovia eventualmente non dedicati alla greenway. Ci sono inoltre vincoli architettonici e orografici che impediscono l’uso della bicicletta in sicurezza su molti tratti ferroviari, soprattutto nel tratto San Mango-Nusco : pendenze elevate, gallerie lunghe diversi km., viadotti, tratti a mezza costa, su pendii scoscesi. Abbiamo calcolato che mettere in sicurezza tali tratti, illuminarli, coprire i binari con asfalto o cemento per farne una pista, fare un progetto esecutivo, richiederebbe spese pari a quelle di 10 anni di gestione dell’attuale tratta così com’è.
    6. La greenway è quindi, per infrastrutture come la ferrovia, l’ultimissima spiaggia per la salvaguardia di un percorso storico e di un particolare tipo di paesaggio, ma questa, come ricorda anche il DDL in presentazione da parte di Co.Mo.Do., può essere una soluzione a patto che, quando ancora sussista l’infrastruttura e tutte le sue opere d’arte, queste non siano messe in alcun modo in pericolo, ma anzi salvaguardate ulteriormente. Come intende procedere il progetto greenway sull’Avellino-Rocchetta a riguardo?
    Per questi motivi, le associazioni propongono :
    1. La dichiarazione di interesse storico-architettonico-paesaggistico dell’intera tratta ferroviaria, poiché la decisione di trasformarla in greenway metterebbe a serio rischio la salvaguardia delle componenti l’infrastruttura e, nell’ottica della sostenibilità e della tutela ambientale e del paesaggio, non possiamo permettere che nostre decisioni oggi comportino perdite per le generazioni future, cosa che si verificherà trasformando in pista ciclabile, non riconvertibile nuovamente in linea ferroviaria, un’infrastruttura così importante che oggi miopi visioni politiche non riescono a cogliere ma che potrebbe essere così considerata in futuro.
    2. L’uso della ferrovia a fini turistici e di trasporto passeggeri, eliminando le piccole fermate intermedie, con la programmazione di corse feriali veloci tra le stazioni di Avellino, Montella, Lioni, Calitri e Rocchetta S.A. Così facendo si ridurrebbero i tempi di percorrenza consentendo i medesimi tempi impiegati da una autovettura privata. Obiettivo : un’ora da Lioni (mezzeria della tratta) sia per Avellino che per Rocchetta. Le fermate nelle stazioni suddette sarebbero funzionali all’utilizzo di ulteriori mezzi di trasporto per muoversi agevolmente nel resto del territorio, sono infatti limitrofe ad autostazioni. Durante i giorni festivi l’orario potrebbe essere corredato da corse “più lente” a fini esclusivamente turistici, reinserendo fermate alle stazioni corrispondenti a borghi storici di interesse culturale e a percorsi naturalistici già presenti nel territorio (Sorbo Serpico, Taurasi, Montefalcione, Castelfranci, Bagnoli, Nusco, Conza-Cairano, ecc.)
    3. Favorire una collaborazione logistica ed economica tra pubblico e privati; questi ultimi, in particolare, in diverse occasioni hanno mostrato il loro interesse a investire sulla tratta sia dal punto di vista turistico che meramente trasportistico. Considerata non solo la presenza di borghi storici e delle diverse bellezze presenti in Irpinia, ma anche la presenza di aziende e scuole, la ferrovia potrebbe, se usata nel modo illustrato al punto uno, essere un ottimo mezzo integrato alla gomma, sia per raggiungere luoghi di interesse turistico che posti di lavoro e commerciali. I privati interessati all’ auto-gestione della tratta (con comodato d’uso di almeno un vettore) si sono dati appuntamento, unitamente ai sottoscritti, in data 20 febbraio 2013 presso la sala riunioni del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi. I destinatari della presente sono invitati ad intervenire.
    4. La presente è inviata al Consiglio Provinciale di Avellino, quale documento contenente osservazioni al PTCP.
    Rappresentanti delle Associazioni firmatarie :
    In_Loco Motivi, capogruppo
    Irpinia_Turismo
    Piccoli Paesi
    Stati Generali dell’Alta Irpinia

  175. 190 Pietro Mitrione 12/02/2013 alle 4:44 PM

    Quando l’utopia si scontra con la realtà è difficile raccogliere le idee. Proviamo a vedere se questo vale anche per la nostra stazione ferroviaria e per la storica ferrovia Avellino-Rocchetta, senza scomodare “cose” da film “Cinema Paradiso”. Iniziamo col ricordare che uno dei motivi per cui il Sud risulta al giorno d’oggi in ritardo rispetto alle moderne dotazioni infrastrutturali ferroviarie del resto d’Italia e d’Europa è la mancanza di attenzione da parte delle classi dirigenti alla rete meridionale e ai continui tagli che pregiudicano il mantenimento di un servizio universale essenziale sia per il pendolarismo lavorativo e turistico sia per il trasporto merci. Questo concetto applicato alla nostra Irpinia significa che il nostro territorio è cancellato dalla geografia ferroviaria italiana. Una logica di continui tagli lineari ha falcidiato, infatti, i collegamenti ferroviari con Napoli, Salerno, Benevento e la “sospensione” dell’intera tratta Avellino-Rocchetta. Siamo arrivati al punto che dopo 133 anni, per la prima volta, la stazione ferroviaria di Avellino è stata chiusa, per alcuni mesi, al servizio ferroviario su decisione dell’assessore regionale ai trasporti della regione Campania per poi riaprirla a mezzadria a dimostrazione di una banalizzazione di funzione, non a caso dopo le 16,30 si sospende ogni servizio. E’ prevalsa, in questi anni, la logica per cui dire che una singola corsa trasporta in media pochi passeggeri va abolita. Nulla di più errato in un territorio come il nostro dove la densità di popolazione è inversamente proporzionale all’estensione del territorio. Le zone interne della Campania rappresentano l’80% del territorio campano ma sono abitate da appena il 20% dell’intera popolazione campana. Questa situazione a tanti sembra un peso per pochi rappresenta una opportunità. Gli anni a venire dovranno necessariamente tenere conto di questo paradosso per cui un riequilibrio territoriale è necessario. Le infrastrutture determineranno le gerarchie territoriali per cui senza un valido sistema di trasporti su ferro si farà poca a strada. Eppure mentre aspettiamo la partenza dei lavori della linea ad alta capacità fra Napoli/Roma e Bari nel nostro territorio si smantella quel poco di ferrovia che è rimasto dopo la chiusura, speriamo non definitiva, della Avellino Rocchetta per la quale è necessario garantire l’impegno a non smantellarne massicciate e binari al fine di garantire la sacrosanta reversibilità delle scelte future evitando, in tal modo, progetti “strani” come la ipotizzata green way proposta in questi giorni. Anche per questa bistrattata tratta un discorso di riuso è possibile. A Lioni, ad appena 100 metri dalla stazione ferroviaria, è stata costruita una autostazione. E’ possibile immaginare un sistema di integrazione ferro/gomma, a stella, utile per servire i paesi del circondario con appositi servizi su gomma? Una idea questa che necessita della rivisitazione dei tempi di percorrenza con la soppressione di fermate intermedie unitamente all’attivazione di opportuni interventi strutturali quali le limitazioni di velocità in ingresso ed uscita dalle stazioni e qualche raggio di curvatura. Questi accorgimenti, che non necessitano di grandi somme di denaro, potrebbero consentire di percorrere il tratto ferroviario fra Avellino e Lioni in poco meno di un’ora un tempo sicuramente competitivo con il servizio su gomma. Nell’immediato, pertanto, si può proporre l’apertura almeno fino a LIONI in attesa di una definitiva soluzione in merito. Per noi in Irpinia, in attesa che venga costruita la linea ad AC fra Na e Ba, resta fondamentale l’elettrificazione della Salerno-Avellino-Benevento solo in questo modo si esce dalla marginalità ferroviaria attuale per collegarsi finalmente alla ferrovia che conta, dal lato salernitano l’alta velocità e dall’altro versante beneventano l’alta capacità. In tal modo si rientrerebbe nel progetto della metropolitana regionale immaginata dall’ex assessore ai trasporti della regione Campania Ennio Cascetta. Una idea nella quale c’era e continua ad esserci spazio anche per la Avellino-Rocchetta. La medianità della nostra città rispetto a questi due terminali, l’individuazione della area vasta nella zona di Pianodardine e la ultimazione della metropolitana leggera di Avellino impongono una nuova e moderna riflessione sulla problematica della mobilità provinciale. Immaginare un diverso scenario per il trasporto su ferro per la mobilità locale diventa perciò una strategia sulla quale occorre costruire il futuro. Dopo la vergogna delle montagne di soldi spesi in progetti faraonici, tipo raccordi ferroviari a Pianodardine o a San Mango sul Calore, non si può decidere un bel giorno di chiudere una stazione con relativa linea ferrata che con opportuni accorgimenti poteva essere e potrebbe essere il futuro sopratutto a livello turistico della nostra zona….. utopia a parte.
    Pietro Mitrione

  176. 191 Pietro Mitrione 13/02/2013 alle 9:36 PM

    Non si poteva immaginare peggior battesimo per il nuovo PTCP della provincia di Avellino.
    I tecnici provinciali e il capogruppo del progetto del piano territoriale hanno dovuto assorbire le critiche massicce e trasversali di numerosi sindaci ed associazioni territoriali. L’assenza degli attori politici, in un momento così delicato di confronto, è stata la delusione maggiore. La presentazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale è stata, dunque, una sconfitta politica e per certi versi tecnica. Proposta come un approfondimento su VAS e VIA è stata invece la consegna vera e propria dello strumento urbanistico, ormai adottato, che dovrebbe governare da qui al futuro lungo il territorio irpino proponendone una visione di sviluppo. Il PTCP rientra in quella legge urbanistica, di recente acquisizione, per cui la “partecipazione” diviene punto focale della progettazione. Ne è quindi anche articolo di legge, obbligo di legge che spesso viene rispettato più formalmente che sostanzialmente. E forse è questo il caso del PTCP. Proprio perché credo fortemente che il Piano Territoriale, così come tutti i piani urbanistici, sia uno strumento politico, di alta politica, credo al contempo che l’unica forma di “progettazione” del piano abbia la sua epifania nello strumento della partecipazione, strumento, il cui uso incondizionato va, se si può dire, cercato e ricercato, preteso dall’ente propulsore del piano e dai soggetti su cui inevitabilmente ricadrà. È questa la politica alta di cui il piano deve essere informato. Invece oggi è stato presentato come un pacchetto ormai chiuso al quale era possibile opporre solo osservazioni: checché ne dica l’architetto Lanzillotta, questo non è un piano “aperto”, ma uno strumento che loro hanno chiuso, adottandolo un po’ a tradimento. Per venire al tema per il quale noi di Inlocomotivi siamo coinvolti direttamente, ovvero la proposta di progetto strategico riguardo la trasformazione della linea ferrata Avellino-Rocchetta S.A. in “greenway”, possiamo affermare con certezza che di partecipazione non ne abbiamo neanche sentito parlare. Eppure sono anni che siamo presenti, che con progetti realizzati dimostriamo o quanto meno proponiamo una visione possibile del riuso della tratta che, a differenza di quanto riportato nel piano, è sospesa ma non dismessa. Se le parole sono importanti allora usarle con il loro significato muta completamente anche le direttive di questo piano. Se la linea fosse stata dismessa, quindi obsoleta e logora da anni, forse si sarebbe potuto anche ragionare su un suo riuso, diverso da quello proprio (anche in questo caso dissentirei a ragione), ma la linea è solo sospesa, da un paio d’anni, il che significa che domani, con l’ordinaria manutenzione potrebbe rientrare in funzione.
    Molte imperfezioni dunque. La prima: nella relazione di piano si parla di progetto strategico di green way che punta al riuso e la valorizzarione della antiche strade territoriali dismesse, tra le quali la ferrovia appunto, senza inficiare il “paesaggio tradizionale”. Ora, cosa si intende per paesaggio tradizionale? Si intende quella parte o il tutto di un territorio dove sono evidenti le tracce dell’azione dell’uomo (paesaggio), in particolare legate alla sua storia, ad avvenimenti ritenuti di valore storico, culturale, architettonico, che insomma arricchiscono il territorio in questo caso provinciale. Bene! L’Avellino Rocchetta è un segno dell’uomo sul territorio, un segno forte ma amalgamato al territorio stesso, una costruzione ottocentesca di alta ingegneria che disegnò all’epoca il territorio per il volere di personaggi cari alla nostra “tradizione”. Oggi l’Avellino-Rocchetta, che è stata anche il mezzo di sviluppo e di apertura del nostro territorio, è un segno tradizionale del paesaggio. Va quindi salvaguardato. Ora, cosa significa invece trasformarla in green way? Per il PTCP significa, smembrarla, forse ricoprirne una parte di cemento, non sapere cosa fare bene delle stazioni, toglierla ad RFI e ridarla ai comuni. E il progetto della green way sarà un progetto provinciale? Riguarderà tutta la tratta? Si ascolteranno i comuni in quel caso? E allora perché non li si è ascoltati prima, magari loro sarebbero stati di avviso diverso, e avrebbero voluto mantenere la tratta, magari rivista, corretta, dedicata solo al turismo o anche al trasporto passeggeri. Era una responsabilità che i progettisti e i committenti avevano e non hanno rispettato, era un diritto/dovere che avevano i comuni, i territori, le associazioni che invece è stato negato. La tratta che è un’infrastruttura del nostro territorio è stata deliberatamente tagliata dal novero delle infrastrutture territoriali che si riducono ai soli poli di convergenza, ossia stazione di Avellino, dalla quale non si sa quali treni dovrebbero partire, la piattaforma logistica di Grottaminarda, un sogno, un’utopia, comunque sia un progetto lontano nel tempo per quanto possa avere le sue ragioni e le ha solo se esiste una rete infrastrutturale all’interno del territorio, altrimenti servirà da semplice fermata di passaggio per il territorio avellinese che morirà desertificato dall’assenza di una visione di sviluppo; infine, il polo di Lioni, con autostazione e stazione perfettamente funzionante ma che per miopia non si vuole tenere in considerazione.
    Ma consideriamo quella che è una parte della visione di sviluppo dichiarata dal PTCP: valorizzazione turistica attraverso il buon uso del paesaggio e dei beni naturalistici e culturali del territorio, ivi compresi i centri storici. Parliamo di beni culturali ed io ho riscontrato un’assenza totale delle soprintendenze territoriali. La soprintendenza ha sempre dichiarato la Avellino-Rocchetta un bene culturale e sua intenzione era proporre un azione di salvaguardia a riguardo, perché il PTCP non si è sentito in dovere di tenerne conto? Troppe incertezze e maldestri scatti in avanti di tecnici e politici che con tale strumento decretano lo sviluppo futuro di un’intera provincia. La responsabilità di cui sono investiti è talmente grande che inviterei loro ad una riflessione più attenta ed approfondita, consigliando di riaprire il confronto con i soggetti territoriali in modo da non forzare un strumento ad alta potenzialità e che può dare la stura allo sviluppo dell’Irpinia o inficiarlo per sempre.
    Valentina Corvigno
    In_loco_motivi
    Avellino

  177. 192 Pietro Mitrione 16/02/2013 alle 1:00 PM

    il grande bluff del PTCP della Amministrazione Provinciale di avellino: la green way al posto della ferrovia Avellino-Rocchetta

  178. 193 Pietro Mitrione 23/02/2013 alle 1:03 PM

    La desertificazione delle zone interne della Campania e la ferrovia

    Ci risiamo. Un’altra «dismissione».
    Dopo la chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta ora è il turno della linea ferroviaria Benevento Campobasso.
    Dal 16 febbraio anche questa tratta resta “sospesa” fino a Boscoredole.
    Ormai la parte interna della Campania è presa di mira, in maniera continua ed anche irritante, da parte della Regione Campania che, dopo gli ospedali, ha proseguito con i tagli al trasporto su gomma ed ora a quello su rotaie in un’area di per sé già colpita forte.
    Il nostro territorio era ed è quello dell’osso fatto di continue lotte per conservare od ottenere diritti ad essere considerati abitanti di un paese civile.
    Ancora una volta si ripropone il senso di quanto scrisse tanti anni fa Francesco de Sanctis, figura nobile della politica irpina, quella con la P maiuscola. Lungi dall’addentrarci in discussioni filosofiche noi vogliamo ricordare Francesco de Sanctis con una sua semplice ma lungimirante frase, tratta dal suo famoso “Viaggio elettorale”:
    “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”.
    Erano quelle le speranze di una intera popolazione quella stessa che oggi assiste alla scomparsa delle ferrovie rurali, la chiusura dei plessi ospedalieri e delle scuole, la drastica riduzione del servizio di trasporto pubblico che significano la fine dello stato sociale e di diritto.
    Un terra buona soltanto per ospitare discariche o le contraddizioni di questo modello di sviluppo. Di questo passo il rischio è di passare da “terra di mezzo” a terra “tolta di mezzo”.
    Una terra che, nonostante ciò, cerca di resistere con le sue eccellenze del settore primario, il coraggio di tanti intelligenti e generosi operatori economici, della filiera eno-gastronomica ma anche del settore terziario e dell’artigianato e della piccola impresa.
    A questi soggetti una classe dirigente intellettualmente onesta e avveduta dovrebbe guardare per tentare quanto meno di arginare il disegno distruttivo dell’identità delle zone interne cosi ben pianificato.
    Stiamo parlando di quella parte della Campania considerata l’osso.
    Eppure proprio questo territorio caratterizzato da una bassa densità demografica può diventare la “polpa”. Il “mostro” napoletano deve guardare queste terre martoriate come una moderna opportunità legata ad un nuovo modello economico: la green economy.
    Queste zone rappresentano l’80% del territorio campano sul quale vive, però, appena il 20% della popolazione della regione Campania.
    Siamo una zona prevalentemente montagnosa dove tutto è parametrato sullo scarso insediamento di popolazione aggravato negli ultimi anni dal secolare dramma dell’emigrazione. Abbiamo comuni che si vantano appena 25 abitanti per kmq.
    Su queste zone ancora una volta, purtroppo, le scelte napolicentriste condizionano la vita sociale e civile del nostro territorio destinato a spopolarsi sempre di più.
    Ormai i nostri paesi sono diventati quasi dei cronicari sui quali è possibile scaricare le scelte più scabrose che si possano fare come quella di chiudere strutture ospedaliere.
    Perciò, sempre a Napoli, si decide, ancora una volta sulla nostra pelle, di poter :
    • Costruire una mega discarica regionale proprio sul territorio più bello attraversato dalla ferrovia Ofantina, quello dell’Irpinia d’Oriente,
    • proporre la trasformazione della stessa con la costruzione di una green way che ne prevede la competa cementificazione dopo aver speso alcune decine di milioni per posizionare 120 km di fibre ottiche e di aver istituito un moderno sistema di esercizio della tratta e di sicurezza della marcia dei treni,
    • decidere l’inizio dei lavori di trivellazione per la ricerca del petrolio.
    Un paradosso, da un lato si immagina di proporre il territorio a fini turistici, sfruttando le poche eccellenze che il nostro territorio possiede: il PAESAGGIO e l’ACQUA, dall’altra si paventa, con i numeri che la politica napoletana possiede, di portarci tutta la “munnezza” che Napoli e dintorni produce o la mefitica puzza del petrolio. Sempre di puzza, comunque, si tratta.
    Ad oggi, purtroppo, a vincere è la politica dei numeri e di conseguenza addio servizi universali quale il diritto al trasporto, dopo i tagli operati alla scuola e alla sanità. A noi interessa immaginare un moderno percorso di politica dei trasporti che tenga insieme ferro e gomma. Per tanto tempo ha imperato l’unimodalità su gomma perché pervasa da interessi clientelari ed oggi se ne paga lo scotto, basti pensare che Avellino è l’unica città capoluogo della Campania a non essere collegata ferroviariamente con Napoli! Addirittura, su proposta dell’assessore regionale ai trasporti della regione Campania, la stazione ferroviaria di Avellino è stata CHIUSA per alcuni mesi e riaperta successivamente con una soluzione a mezzadria. Alle 16,00 i servizi ferroviari cessano. Un provvedimento utile solo a sancire la sua marginalità in attesa di una definitiva cancellazione.
    Le ferrovie locali, e quindi anche la nostra “cenerentola” rete provinciale, debbono e possono rappresentare il futuro per i collegamenti in quanto costituiscono una garanzia di vivibilità negli ambienti urbani.
    In questa visione sistemica ferro/gomma si integrano e creano le condizioni per un trasporto pubblico all’altezza delle esigenze economiche ed ambientali da tanto tempo trascurate.
    I tagli apportati al sistema ferroviario irpino hanno di fatto ridotto al lumicino questo servizio: soppressione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta, eliminazione del servizio locale fra Benevento e Foggia che taglia fuori dai collegamenti ferroviari la seconda città irpina, quella di Ariano irp., cancellazione del collegamento con Napoli, dimezzamento dei servizi con Salerno e Benevento, preludio alla completa dismissione dei collegamenti ferroviari, in attesa dell’ALTA CAPACITA’…..se ci sarà e se interesserà la nostra Provincia.
    Possono considerarsi “civili” una città, Avellino, e una provincia, l’Irpinia, che non hanno una rete ferroviaria all’altezza della crescente richiesta di mobilità?
    L’Irpinia è, di fatto, cancellata dalla geografia ferroviaria italiana.
    Come non capire che è da queste opportunità infrastrutturali che si determinano le gerarchie territoriali!
    Il rischio che corre l’Irpinia, in conseguenza di tali scelte, è di un ulteriore arretramento dei livelli di vivere civile nella nostra provincia, in particolare per gli abitanti delle zone interne, quelle dell’alta Irpinia per intenderci.
    La nostra Associazione “In_loco_motivi” non è solo un insieme di persone che credono in tutto ciò ma sono convinti che la battaglia per la ” nostra ” ferrovia” Avellino-Rocchetta, chiusa dopo 116 anni e beffardamente in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, sia la metafora di questa battaglia di civiltà.
    Noi vogliamo ancora sperare, a fronte dell’indifferenza e della rassegnazione che spesso accompagnano i destini di questa parte del Mezzogiorno, che possano prendere vigore le idee di un diverso sviluppo economico e civile per far capire, prima a noi irpini, che nella difesa di questo mondo c’è tanta modernità.
    Così fece 150 anni fa con la sua lungimiranza intellettuale Francesco De Sanctis nel chiedere al nuovo Regno d’Italia la strada ferrata Avellino – Rocchetta, così dovrebbe fare una classe dirigente illuminata oggi, in tempi di miserie morali e ideali, prima che ritornino anche quelle civili.
    Ritorna alla mente un brano scritto da P. Rumiz nel suo libro “l’Italia in seconda classe”: La fine dei territori comincia così, col bar e la panetteria che chiude , poi con le stazioni del silenzio. Sento che comincia il viaggio in uno straordinario patrimonio dilapidato.
    E’ una maledizione vivere nelle zone interne? Può decidere per noi chi non conosce la nostra realtà?
    Verrebbe da dire, ancora una volta, che si è forte con i deboli e debole con i forti.
    Difenderemo i nostri ospedali, la nostra ferrovia, i nostri paesi con un nuovo e moderno orgoglio che ci viene da un riscoperto senso di appartenenza alla nostra terra. Un sentimento che non ha colori politici.

  179. 194 Pietro Mitrione 24/02/2013 alle 12:21 PM

    Relazione di Albano Marcarino al Convegno CO.MO.DO DEL 22 FEBBRAIO a Milano
    Il patrimonio ferroviario in abbandono: è tempo di dire basta!

    Albano Marcarini, past-president di CoMoDo

    Fra le poche ma decorose cose che CoMoDo ha realizzato in questi quasi dieci anni di attività – la Confederazione per la mobilità dolce è nata nel 2004 – ce n’è una che mi sta particolarmente a cuore ed è la Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate. Un nostro piccolo grande successo. La prima volta, nel 2008, si pensava fosse una cosa fra pochi intimi, di risonanza limitata. Invece subito dopo abbiamo intuito che era nato qualcosa di bello e di grande. Prima 50, poi 80, una volta quasi 100 eventi in tutto il Paese. Anche quest’anno moltissimi eventi. Per fare cosa? Niente. Per ricordarci che esistono ancora le ferrovie. Strano, no? C’è bisogno di ricordarsene. Perché ce ne stiamo dimenticando. Buffo un Paese che si dimentica delle cose che ha.
    Ero talmente entusiasta che pensavo che la Giornata delle ferrovie dimenticate, col tempo, avrebbe perso di importanza perché si sarebbe finalmente capito, di lì a poco, che lasciare allo sbando un patrimonio così cospicuo, e capillare, e unico, e prezioso era una vera follia. Pensavo che da ‘Giornata della memoria’ ferroviaria si sarebbe infine passati alla ‘Giornata del grande ritorno del treno’.
    Non è stato così e adesso, anno dopo anno, la Giornata accumula sempre nuove tristi sorprese, altre linee dismesse, altri abbandoni, altri attacchi al patrimonio storico ferroviario. Mai è stata così necessaria una giornata di recriminazione, di ripensamento su quello che si sta compiendo: un vero assassinio del territorio. Anche quest’anno.
    Togliere una ferrovia – lo sapete – significa togliere storia, sentimenti, piccole economie, speranze per tutte le aree emarginate d’Italia. Chi lo fa pensa solo di togliere qualche traversina marcia e stop. Non è così, toglie anche una fetta di paesaggio, perché il treno sta nel nostro paesaggio, dal finestrino lo si osserva, lo si misura e lo si apprezza. Elide il rispetto per il passato, per i nostri avi che 100 o 150 anni fa si impegnarono fortemente per dare infrastrutture al nostro Paese, in modo egualitario, ovunque, nella grande città come nel più piccolo circondario, in pianura dove era facile costruire ferrovie fino sulle Alpi e negli Appennini dove l’impegno fu invece inimmaginabile e ancora poco raccontato, a mio avviso.
    Ma oggi siamo abituati a buttare via tutto, anche le cose che potrebbero tornare utili, e non ci facciamo più caso. Destinazione: discarica! Bisognerebbe reagire, bisognerebbe dire basta a questa follia che vedrà fra qualche anno la nostra rete su ferro limitata a quattro, cinque o sei grandi direttrici, alle reti metropolitane e basta: il resto in abbandono. Se questo è il futuro, e i segni si vedono ormai chiari, dobbiamo reagire.
    Dobbiamo passare dalle parole ai fatti, veri, concreti. Innanzitutto non dobbiamo più credere alle promesse. Dal 2006 a oggi CoMoDo ha presentato – credo – 4 o 5 progetti di legge sul recupero del patrimonio ferroviario dismesso. Nessuno di questi ha avuto il bene di arrivare a una discussione in una commissione parlamentare. Dal 2008 ci sono due milioni di euro, presso il Ministero dell’Ambiente, che nessuno si premura di spendere a favore del recupero delle ferrovie dismesse.
    Signori, amici delle ‘ferrovie dimenticate’, se lo Stato non si prende carico di questo problema è necessario che lo facciamo noi, seriamente. Dobbiamo fare in modo che tutto il patrimonio ferroviario dismesso diventi patrimonio della collettività, come è sempre stato. Quando un secolo fa si fecero queste linee, i terreni dove farle correre furono espropriati per ‘pubblica’ utilità e non per ‘privato’ interesse. Se le Aziende concessionarie, e oggi Regioni e Province che le hanno ereditate, non sono in grado di gestire questo patrimonio è bene che lo passino di mano. E se credono di ripianare i propri bilanci passivi con la vendita dei sedimi dismessi a valore di mercato immobiliare si sbagliano. Soprattutto perché abusano di un patrimonio che non è privato, ma è pubblico. Questo è bene metterlo in chiaro, una volta per tutte.
    Ma noi dobbiamo organizzarci. Non possiamo andare in formazione sparsa a questo confronto. Bisogna fare un fronte comune, esercitare una pressione che non conduca a singole contrattazioni linea per linea, come a una fiera del bestiame. Occorre aprire i tavoli sulla base di principi condivisi e non trattabili: a) l’assoluta rilevanza pubblica dei manufatti ferroviari; b) l’urgenza del loro recupero; c) il valore storico e testimoniale, che supera ogni misero interesse speculativo.
    Per fare questo bisogna è indispensabile una cosa. Dare vita a una Fondazione – sul modello del Fondo per l’ambiente, il Fai, ad esempio – che acquisisca man mano le linee dismesse e le metta in cassaforte. Non possiamo più lasciarle in mano a chi non se ne fa nulla accentuandone il degrado e la sparizione. Il Fai si occupa di ville, castelli, monumenti… beni culturali in altre parole, ma non crediate, signori, che i nostri 6000 e passa chilometri di ferrovie in abbandono siano una cosa molto diversa. Certo, forse non così celebrate, ma queste ferrovie sono state un segno incancellabile della nostra storia recente, del progresso tecnico, della vicenda umana e sociale di intere popolazioni. A loro modo sono esse pure ‘monumenti’ e come tali vanno rispettate e valorizzate.
    Dobbiamo impossessarci delle stazioni non presenziate che sono, forse, l’oltraggio più grande alla nostra tradizione ferroviaria. La stazione, e il capostazione, in ogni comune d’Italia erano una istituzione. Ricordo un film di Toto’ capostazione a colloquio con il Sindaco, con il farmacista e con il maresciallo dei Carabinieri, le istituzioni erano quelle. Oggi le stazioni sono case senza porte e senza finestre.
    Ma, attenzione, non voglio cadere verso il nostalgico, altra tara nella quale spesso ci crogioliamo. Contrastare l’oblio non significa affidarsi alla nostalgia e al fascino del passato. Al contrario. Ciò che ci differenzia è proprio l’idea di progetto che sta dentro di noi. Noi sappiamo cosa vorremmo fare di questo patrimonio, gli altri no. Per questo lo dobbiamo avere. La nostra non è un’ambizione conservatrice, ma è progettuale. Una vecchia ferrovia può diventare tante cose utili: tornare ferrovia se ci saranno le condizioni (e con il mercato libero del trasporto su ferro questo può anche diventare più facile), diventare una greenway, favorire il recupero di un territorio, trasformarsi in un parco naturale, in un corridoio ecologico. Oppure si può tenerla semplicemente ‘congelata’, in attesa di tempi migliori, ma ‘protetta’ da ogni abuso, depredazione, degrado.
    Bisogna che la futura Fondazione si occupi di queste cose. In essa devono entrare a pieno titolo le nostre associazioni, dalla più piccola alla più grande, i Comuni, le associazioni di cittadini, i singoli cittadini, i Consorzi delle aziende di trasporto pubblico, i mecenati se ce ne sono ancora e così via. Si devono mettere in atto forme di azionariato popolare in grado di riscattare questo patrimonio.
    Una Fondazione come è stata fatta in Spagna, con la Fundacion de los ferrocarriles españoles, (www.ffe.es) il cui obiettivo, badate bene, non fu in origine quello di realizzare greenways sulle vecchie ferrovie, bensì quello di «mantenere viva nell’opinione pubblica l’importanza e il ruolo che aveva avuto la ferrovia in quel Paese», semplicemente perché gli spagnoli se ne stavano dimenticando.
    Poi, una volta che ce le siamo portate a casa, decideremo cosa fare di queste ferrovie. Non voglio entrare nella sterile polemica pista ciclabile o ferrovia, che ci fa solo disperdere tempo e forze mentre intanto ci toglie la terra sotto i piedi. Vorrei anzi che fra di noi di questa cosa non se ne parlasse più, per il momento. Almeno fino a quando non saremo in grado di decidere veramente cosa fare di una ferrovia dismessa, in tutta autonomia.
    Occorre allora valutare il reale, e non gonfiato valore economico di questo patrimonio e giungere a dei termini per la cessione: vendita? comodato d’uso? affitto? noleggio? donazione? Ci sono tanti modi. Esploriamoli finalmente, per favore. Non fermiamoci dinanzi al – «Eh, chissà quanto vorranno per quei binari?» – Dobbiamo stabilirlo noi quanto valgono quei binari, veramente. E se lo diremo con forza, e se lo diremo con clamore, sarà più facile vincere le resistenze e i miseri interessi di mercato. Mettiamo in campo fin da subito una squadra di nostri esperti in grado di valutare questi parametri economici e dirci, linea per linea, qual’è la soluzione migliore.
    Direi di più. Prepariamo un librino, un piccolo manuale da diffondere nel territorio, del tipo ‘Ex-ferrovie: istruzioni per il riuso’. Molte piccole associazioni vorrebbero far qualcosa per salvare un viadotto, una stazione, un deposito, qualche chilometro di linea ma non sanno come gestire queste situazioni. Si spaventano di fronte ai numeri, ai fogli e alle visure catastali, alle questioni amministrative e agli atti di proprietà. Diamo loro un vademecum su come si deve affrontare la questione, chi bisogna contattare, come si può sensibilizzare e mobilitare la popolazione, quali iniziative prendere, quali soluzioni ipotizzare, come predisporre un progetto di recupero con tutte le sue alternative. Facciamo delle nostre conoscenze specifiche un patrimonio condiviso da tutti.
    Oggi dobbiamo uscire da questa nuova grande Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate non con la solita consapevolezza del problema che ci compiace ma non risolve nulla. Questo non basta più se vogliamo davvero cambiar qualcosa. Dobbiamo uscire con una strategia completamente diversa. Dobbiamo metterci a fare, perché non c’è più tempo per aspettare. Qualche centinaio di chilometri l’anno di nuove dismissioni vi sembrano poca cosa? Fino a quando saremo disposti a sopportare tutto questo?

    Milano, marzo 2013, in occasione della VI Giornata nazionale delle Ferrovie Dimenticate

  180. 195 pietro mitrione 13/04/2013 alle 8:26 am


    per la nostra ferrovia

  181. 196 pietro mitrione 09/05/2013 alle 10:19 PM

    L’ass, regionale Vetrella ospite oggi nella sala Grasso della Provincia di Avellino è stato uno schiaffo all’Irpinia e all’intelligenza degli Irpini.Ad un apparente discorso di risparmio di sperperi di soldi pubblici con tabelle di valutazione del tutto soggettive l’assessore ha ridotto la politica ad un raffronto di pareggio di tipo aziendalistico dimenticando,evidentemente,che la mobilità delle zone interne può costituire lo sviluppo e non il contrario in una visione strategica di area vasta.Ma l’assessore ha mai sentito parlare delle forti potenzialità dell’Irpinia?: della sua posizione baricentri nella regione,dei suoi paesaggi , della generosità di acqua e di vento e sopratutto della storia della sua ferrovia!Come può affermare che la linea Avellino-Rocchetta è un giocattolino”quando non si è reso neppure conto dei territori che può servire e dell’economia che può sviluppare?Non si costruisce se si taglia,magari si cerca di potenziare e migliorare l’esistente;questo è il compito della politica:Lavorare nell’interesse del bene comune e non il contrario!.Ma come si può parlare di improduttività se si escludono i territori dai percorsi su ferro limitandosi a dire che non ci sono abbastanza utenti ma pur affermando che l’utente è utente!E’ arrivato anche a dire che si potrebbe giungere a servizi di taxi come se l’Irpinia fosse un grande parcheggio di persone messe per stare e non per fare!L’economia è lontana dai progetti dell’ass.Vetrella che da docente universitario si permette anche di dire che i suoi predecessori “gli fanno schifo” dimostrando oltre che supponenza e inconsistenza anche una mancanza di “stile”!L’ho ascoltato e mi sono sentita ancor di più orgogliosa di questa orgogliosa terra d’Irpinia che non può tollerare di essere così maltrattata da un falso predicatore napolicentrista e che sopratutto ha dimostrato,nonostante la sua equipe,di non aver né una visione globale della mobilità in Campania ,né del ruolo delle città capoluogo ,né della funzione socio-economica della mobilità stessa che diventa motore e attrattore di una nuova visione di partecipazione e sviluppo dei territori in grado di contrastare la fuga di cervelli e la desertificazione delle zone interne.
    Amalia Leo

  182. 197 pietro mitrione 09/05/2013 alle 10:20 PM

    Questa la somma risparmiata chiudendo la ferrovia Avellino Rocchetta…….un milione di euro all’anno, meno di centomila euro al mese. Questo il costo della ferrovia Avellino-Rocchetta, mentre centinaia di milioni vengono buttati nel marasma napoletano. Ancora una volta l’assessore Sergio Vetrella ha fatto sfoggio della sua scarsa conoscenza del territorio irpino. La sua “strana” concezione del rapporto con il nostro territorio è stata la costante del confronto svoltosi ad Avellino. Una corretta politica dei trasporti non può affidarsi unicamente alla rigidità dei numeri o al terrorismo umorale di un professore “prestato” alla politica. Abbiamo già verificato cosa significa la politica dei professori: supponenza e costanza dell’io a tutti i costi. Quanto affermato da Vetrella per la ferrovia Avellino Rocchetta è una offesa alla dignità della popolazione irpina, ha considerato un gioco la battaglia per una riutilizzazione di questa tratta ferroviaria. Vetrella è lo stesso che, dopo la chiusura della Rocchetta, ha chiuso la stazione di Avellino, ha soppresso ogni relazione con Napoli ed a quasi azzerato il trasporto su ferro in Irpinia. Di fatto la nostra provincia è cancellata dalla geografia ferroviaria italiana. Vetrella non può banalizzare la funzione di una città capoluogo aprendo e chiedendo la stazione ferroviaria a secondo del suo metro ragionieristico. Un capoluogo di provincia esercita questo ruolo se ha adeguate funzioni. Non è possibile affidare ad un sistema unimodale l’intero trasporto pubblico: 325mila kmtreni a confronto di oltre 15ml di kmbus in Irpinia. Un bravo politico proporrebbe un adeguato riequilibrio, invece… Non è un paese civile quello che chiude ferrovie con pura scelta di tagli lineari. La nostra realtà irpina è fatta di “case sparse” e non potrà essere un sistema di mobilità a chiamata a sopperire al diritto di muoversi alla pari degli altri cittadini campani. La stizza con la quale Vetrella ha espresso le sue convinzioni sulla nostra storica ferrovia Avellino Rocchetta è la palese dimostrazione del suo scarso rapportarsi con i territori. L’espressione “fanno schifo”, usata da Vetrella nei confronti di suoi predecessori, sono epiteti che denotano scarsa stabilità relazionale. Vetrella sarà anche un bravo professore universitario ma sicuramente oggi, qui ad Avellino, è stato un “cafone”. Per quello che sta accadendo nel settore trasporti della Campania, in virtù delle scelte operate dall’assessorato diretto da Vetrella ed in particolare nella nostra provincia, ci sarebbe voluta la presenza della “celere” per contenere la collera dei pendolari e dei cittadini invece nella nostra civile Avellino c’è stato solo un duro e forte dibattito civile. Un politico deve avere la capacità di riconoscere i propri errori. Occorre umiltà, una virtù sconosciuta, a quanto pare, ai cosiddetti professori. E’ questo l’invito che ho rivolto e ancora rivolgo all’assessore Vetrella. Dargli il benvenuto nella nostra Irpinia, con tutta la mia buona volontà, come ha fatto qualcuno nell’odierno incontro, non mi è stato proprio possibile. Un dovuto e civile saluto all’assessore Vetrella è stato da me formulato anche a nome degli amici di in_loco_motivi in quanto, volente o nolente, è un referente istituzione della mia Campania!
    Pietro Mitrione

  183. 198 pietro mitrione 09/05/2013 alle 10:22 PM

    Si è tenuto presso la sede della Provincia di Avellino un tavolo di confronto tra l’assessore regionale ai trasporti Sergio Vetrella, enti locali ed associazioni di utenti e pendolari tra cui In_Loco_Motivi.
    L’assessore Vetrella ha brevemente sintetizzato il processo di riprogrammazione dei servizi minimi che la struttura tecnica della Regione Campania insieme con l’ACAM (Agenzia Campana per la Mobilità sostenibile) sta portando avanti e che porterà alla completa revisione dei servizi di trasporto sia su gomma che su ferro nella Regione Campania.
    In seguito l’assessore ha mostrato i criteri che la Regione Campania sta seguendo nell’effettuare questa riprogrammazione. La prima impressione è che si voglia applicare “tout court”gli stessi criteri utilizzati per aree metropolitane come quella di Napoli e del suo hinterland ad aree come l’Irpinia che hanno una loro specificità che poi discende da una differente densità abitativa, da una differente configurazione morfologica ed urbanistica della provincia di Avellino.
    Non è possibile abbandonarsi alla freddezza dei numeri “così come sono”, le risorse sono di certo limitate ma è necessario procedere ad una ottimizzazione delle stesse senza sprechi ma senza nemmeno togliere opportunità di sviluppo alle aree appartenenti alla provincia di Avellino.
    E’ troppo facile dire che l’utenza è scarsa e quindi il costo per trasportare ogni viaggiatore è troppo alto; dopo tanti anni di inefficienze, disservizi, soppressioni e mancanza di programmazione, l’utenza per forza di cose è scesa notevolmente.Non si può pertanto assumere questi dati come unico riferimento per una programmazione dei servizi di trasporto, bisogna invece sforzarsi di trovare delle soluzioni che riavvicinino tanti cittadini ai servizi di trasporto pubblico.
    Per questo l’associazione In_Loco_Motivi, durante il proprio intervento, ha proposto di ragionare in un’ottica di “investimento” sul sistema trasporti ovvero determinare le condizioni affinché si possano aumentare gli utenti del sistema stesso attraverso piccoli accorgimenti e modifiche mirate che possono essere realizzate quasi a costo zero.
    In tal senso, per In_Loco_Motivi, appare fondamentale dare maggior impulso all’integrazione ferro-gomma anche qui in Irpinia in modo che laddove esiste una ferrovia, i bus vengano utilizzati come adduzione al ferro e ridurre il forte scompenso esistente tra le due modalità di trasporto in Irpinia che vede 15.000.000 di km circa assegnati a servizi su gomma a fronte di poco più di 300.000 km realizzati con collegamenti su ferro.
    In_Loco_Motivi continuerà a promuovere le proposte presentate durante il tavolo di confronto chiedendo di discutere i relativi dettagli tecnici anche con i tecnici della Regione e dell’ACAM; parallelamente promuoverà anche degli incontri per discutere le esigenze specifiche dei vari territori e bacini.
    A margine si è parlato anche di Funicolare di Mercogliano e di Avellino-Rocchetta: per entrambi la risposta della Regione ricalca lo stesso schema: i costi di ammodernamento e di manutenzione sono eccessivi e quindi non compatibili con le risorse a disposizione. Se poi rinunciare a queste eccellenze della Campania comporti la rinuncia a sviluppare un sistema turistico locale su cui erano stati approvati anche progetti regionali, pazienza: si ragiona “a compartimenti stagni”: i mezzi di trasporto muovono studenti e lavoratori, i turisti invece, si sa, camminano a piedi.

  184. 199 pietro mitrione 14/05/2013 alle 8:33 am

    http://www.spaziarendere.it/spaziarendere/index.php/spazi-resi/16-stazioni/avellino-rocchetta/13-stazione-di-calitri
    In assenza di idonei interventi finanziari da parte degli enti pubblici direttamente interessati, appare sufficientemente chiaro come non sussistano le condizioni per la riattivazione dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, dovendosi escludere che sia RFI a dover farsi carico di oneri disarmonici rispetto al grado di utilizzo –e quindi al beneficio- atteso.” (Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, qui)

    L’Irpinia se la sono mangiata, l’hanno rivoltata come un calzino, le hanno estirpato radici, germogli, boccioli. Son rimaste i sassi e i ceppi svelti dal terreno in attesa che qualcuno li pulisca dalla terra, li tagli e ne faccia almeno legna da ardere per i prossimi inverni.

    La chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio è uno di questi ceppi. Il viaggio elettorale di De Sanctis ci aveva accompagnato per mano nei paesaggi attraversati da questa ferrovia, che da Avellino si immergeva nel verde e nel biondo dell’Alta Irpinia per poi giungere al confine pugliese. Una ferrovia “minore”, una tratta interna che ha fatto viaggiare famiglie quando allora era impossibile comprare un auto o quando non c’era ancora l’Ofantina, che ha colmato gli occhi degli adolescenti con la visione del grano, della boscaglia, del borgo arroccato. Una ferrovia che ha fatto conoscere Castelvetere, Conza, Aquilonia, Monteverde; qualcuno poteva prendere un treno e godersi il panorama, arrivare ad Avellino e fare una passeggiata, una visita medica, poteva sbrigare faccende.

    La vicenda della chiusura della linea non è solo una questione dell’entroterra irpino, che è ormai un ramo secco della ferrovia italiana. Né è solo una questione di Avellino, capoluogo di provincia che a stento è riuscito a mantenere, col contagocce, minimi collegamenti su ferro con Benevento e Salerno. Avellino schiava del trasporto su gomma, volutamente isolatasi dalla rete ferroviaria italiana con una stazione mai ben collegata, ma almeno esistente come “servizio pubblico”.

    E’ una questione di questa Campania napolicentrica, che hai voglia di scrivere che ha bisogno di nuove assi di sviluppo, di pianificazione strategica, di turismo panacea delle aree interne e di vabbè-qualcosa-domani-inventeremo, ma alla fine la pappa resta a Napoli, bacino collettore di sogni, speranze e denaro pubblico sperperato. Che poi questa diatriba con Napoli non è che faccia piacere, se l’Irpinia piange Napoli non ride (e di cose avrebbe da ridere, di grazia?), ma la verità è che come si può pensare che l’istituzione regionale dia retta a noi pecorari, quando lì sotto al Vesuvio hai giusto un problemino da risolvere?

    E’ una questione irpina e campana, si diceva, ma è anche una questione nazionale, di rami secchi ferroviari tagliati, di piccole tratte che vengono cancellate perché il ritorno economico non c’è, perché con quei soldi si guarda al veloce, al futuro, alla TAV, alla necessità di essere comunque e dovunque, a discapito di territori e di vite. Togliendo il diritto di viaggiare a chi non abita nei grandi centri urbani, a chi può investire il proprio denaro solo su treni più lenti, magari dai servizi più scadenti, con l’obiettivo però di giungere a destinazione. E ciò che è accaduto all’Avellino Rocchetta è il sentore di ciò che accade sempre più recentemente, con la soppressione dei treni dei pendolari che fanno spola giornaliera tra l’hinterland e Roma, Milano, Torino. La soppressione di corse a breve e media percorrenza in alcuni orari costringe i treni a ospitare più passeggeri. Li vedi incastrati come cassette di pomodori in agosto sui tir, madidi di sudore, sbilenchi nel loro aggrapparsi a maniglie anticaduta, dall’imprecazione facile agli scatti d’ira ancor più facili.

    Abbiamo chiesto maggiori informazioni a Pietro Mitrione, ex ferroviere e rappresentante dell’Associazione In Loco Motivi, che da tempo si batte per portare attenzione sulla questione dell’Avellino- Rocchetta.

    Buongiorno Pietro, ci introduce brevemente le motivazioni della chiusura della linea ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio?

    Dal 13 dicembre 2010 la storica ferrovia Ofantina, su decisione inopinata della Regione Campania è “sospesa”. A nulla è valsa una delle concrete esperienze di promozione territoriale dal basso e senza fondi pubblici che ha visto letteralmente rinascere a nuova vita il treno sulla più antica tratta irpina, come mezzo a servizio del turismo e della conoscenza del territorio. Questa nostra idea di far conoscere la nostra Irpinia in treno ha tracciato un solco profondo e fertile nell’arido terreno sotto i piedi dei decisori politici e delle realtà istituzionali irpine. Spetta ad essi ricredersi delle scelte operate.

    Può descriverci brevemente cosa è la linea ferroviaria Avellino- Rocchetta?

    Questa tratta fu inaugurata il 27 ottobre del 1895. E’ lunga circa 120 km e attraversa tutto l’Appennino campano toccando tre regioni. Fu voluta fortemente da Francesco de Sanctis e contribuì a migliorare le condizioni di vita della popolazione irpina, in particolare quella dell’alta Irpinia. La sua tipicità di essere una ferrovia di montagna non ha consentito, pertanto, lo svilupparsi di grossi traffici. La sua esistenza è stata per questo motivo sempre tribolata. Una grande opportunità per un suo sviluppo fu il dopo terremoto dell’80 allorquando furono costruiti numerosi insediamenti industriali lungo la ferrovia. Si pensò a costruire solo strade senza nessuna programmazione di potenziamento di questa ferrovia. Da quell’evento terribile per la nostra Irpinia lentamente i servizi ferroviari furono ridotti fino a giungere alla sua “sospensione” del dicembre 2010 nonostante il successo che il treno irpino del paesaggio aveva riscontrato con le iniziative turistiche attivate. Circa 3000 persone in venti viaggi! Poteva e doveva essere un incentivo a continuare, invece niente. Altrove i treni di montagna diventano opportunità turistiche, da noi si chiude. La linea ferroviaria Avellino Rocchetta può avere un nuovo significato come infrastruttura anche a servizio del turismo, capace di veicolare fruitori – anche provenienti da oltre provincia – nelle qualità paesaggistiche, naturalistiche, culturali, enogastronomiche dell’Irpinia sud-orientale. Su queste considerazioni noi andiamo avanti convinti delle nostre ragioni.

    Quando e perché è stata chiusa?

    La tratta è stata chiusa a decorrere dal 13 dicembre 2010 a seguito della decisone adottata dalla Regione Campania di tagliare i fondi per il trasporto pubblico locale.

    Quali sono le responsabilità istituzionali a fronte della chiusura?

    Le responsabilità sono prevalentemente della Provincia di Avellino che non si è dotata di un moderno Piano dei Trasporti Provinciale, per cui le scelte “napolicentriche” ricadono sul nostro territorio senza nessuna preventiva informazione.

    La sua chiusura è sbagliata?

    A nostro avviso, senza partigianeria, questa scelta è di scarsa lungimiranza politica in quanto questa tratta attraversa sette nuclei industriali, di cui uno raccordato alla ferrovia. Inoltre, il notevole spessore paesaggistico potrebbe consentire a questa ferrovia di montagna di diventare una valida opportunità di attrattore turistico.

    Cosa comporta l’assenza di una ferrovia per il territorio irpino?

    L’impossibilità per la nostra Irpinia di agganciarsi alla rete ferroviaria nazionale, tale da impedirgli la fruizione delle prossime realizzazioni di grandi infrastrutture su ferro quale l’alta capacità e l’alta velocità.

    Recentemente è stata proposta una green way sul tracciato della linea chiusa. Quali sono le sue opinioni in merito?

    Il treno è già una green way per cui non c’è la necessità di trasformare il tracciato della ferrovia in pista ciclabile. Questa linea opportunamente ristrutturata in tempi brevi può ritrovare nuova vita con un suo utilizzo a fini turistici e commerciali. Occorre una inversione di tendenza: una cura di ferro in tutta l’Italia.

    Cosa si può fare, oggi, di questa ferrovia?

    Innanzitutto amarla, quindi conoscerla, ed avere il coraggio di ritenerla una infrastruttura non marginale e di conseguenza proporre soluzioni com’è accaduto in Basilicata di investire 200 ml di euro per ristrutturare una analoga ferrovia la Potenza-Foggia.

    Riaprire la ferrovia è davvero antieconomico, come l’ottica sempre più aziendalista della cosa pubblica ci propone?

    Dipende cosa significa antieconomicità di una scelta. Se significa solo rapporto costi/ricavi non c’è spazio non solo per la ferrovia ma per tutti i servizi pubblici resi in un territorio come l’Irpinia. A mio avviso dovremmo riferirci alla logica dei costi/benefici nel caso nostro innanzitutto integrazione ferro/gomma.

    Gli appassionati e coloro che volessero approfondire la questione a chi possono rivolgersi?

    https://avellinorocchetta.wordpress.com

    https://www.facebook.com/groups/172263226153182/?fref=ts

    pietro.mitrione@tin.it

    https://www.facebook.com/pietro.mitrione

    In assenza di idonei interventi finanziari da parte degli enti pubblici direttamente interessati, appare sufficientemente chiaro come non sussistano le condizioni per la riattivazione dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, dovendosi escludere che sia RFI a dover farsi carico di oneri disarmonici rispetto al grado di utilizzo –e quindi al beneficio- atteso.” (Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, qui)

    L’Irpinia se la sono mangiata, l’hanno rivoltata come un calzino, le hanno estirpato radici, germogli, boccioli. Son rimaste i sassi e i ceppi svelti dal terreno in attesa che qualcuno li pulisca dalla terra, li tagli e ne faccia almeno legna da ardere per i prossimi inverni.

    La chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio è uno di questi ceppi. Il viaggio elettorale di De Sanctis ci aveva accompagnato per mano nei paesaggi attraversati da questa ferrovia, che da Avellino si immergeva nel verde e nel biondo dell’Alta Irpinia per poi giungere al confine pugliese. Una ferrovia “minore”, una tratta interna che ha fatto viaggiare famiglie quando allora era impossibile comprare un auto o quando non c’era ancora l’Ofantina, che ha colmato gli occhi degli adolescenti con la visione del grano, della boscaglia, del borgo arroccato. Una ferrovia che ha fatto conoscere Castelvetere, Conza, Aquilonia, Monteverde; qualcuno poteva prendere un treno e godersi il panorama, arrivare ad Avellino e fare una passeggiata, una visita medica, poteva sbrigare faccende.

    La vicenda della chiusura della linea non è solo una questione dell’entroterra irpino, che è ormai un ramo secco della ferrovia italiana. Né è solo una questione di Avellino, capoluogo di provincia che a stento è riuscito a mantenere, col contagocce, minimi collegamenti su ferro con Benevento e Salerno. Avellino schiava del trasporto su gomma, volutamente isolatasi dalla rete ferroviaria italiana con una stazione mai ben collegata, ma almeno esistente come “servizio pubblico”.

    E’ una questione di questa Campania napolicentrica, che hai voglia di scrivere che ha bisogno di nuove assi di sviluppo, di pianificazione strategica, di turismo panacea delle aree interne e di vabbè-qualcosa-domani-inventeremo, ma alla fine la pappa resta a Napoli, bacino collettore di sogni, speranze e denaro pubblico sperperato. Che poi questa diatriba con Napoli non è che faccia piacere, se l’Irpinia piange Napoli non ride (e di cose avrebbe da ridere, di grazia?), ma la verità è che come si può pensare che l’istituzione regionale dia retta a noi pecorari, quando lì sotto al Vesuvio hai giusto un problemino da risolvere?

    E’ una questione irpina e campana, si diceva, ma è anche una questione nazionale, di rami secchi ferroviari tagliati, di piccole tratte che vengono cancellate perché il ritorno economico non c’è, perché con quei soldi si guarda al veloce, al futuro, alla TAV, alla necessità di essere comunque e dovunque, a discapito di territori e di vite. Togliendo il diritto di viaggiare a chi non abita nei grandi centri urbani, a chi può investire il proprio denaro solo su treni più lenti, magari dai servizi più scadenti, con l’obiettivo però di giungere a destinazione. E ciò che è accaduto all’Avellino Rocchetta è il sentore di ciò che accade sempre più recentemente, con la soppressione dei treni dei pendolari che fanno spola giornaliera tra l’hinterland e Roma, Milano, Torino. La soppressione di corse a breve e media percorrenza in alcuni orari costringe i treni a ospitare più passeggeri. Li vedi incastrati come cassette di pomodori in agosto sui tir, madidi di sudore, sbilenchi nel loro aggrapparsi a maniglie anticaduta, dall’imprecazione facile agli scatti d’ira ancor più facili.

    Abbiamo chiesto maggiori informazioni a Pietro Mitrione, ex ferroviere e rappresentante dell’Associazione In Loco Motivi, che da tempo si batte per portare attenzione sulla questione dell’Avellino- Rocchetta.

    Buongiorno Pietro, ci introduce brevemente le motivazioni della chiusura della linea ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio?

    Dal 13 dicembre 2010 la storica ferrovia Ofantina, su decisione inopinata della Regione Campania è “sospesa”. A nulla è valsa una delle concrete esperienze di promozione territoriale dal basso e senza fondi pubblici che ha visto letteralmente rinascere a nuova vita il treno sulla più antica tratta irpina, come mezzo a servizio del turismo e della conoscenza del territorio. Questa nostra idea di far conoscere la nostra Irpinia in treno ha tracciato un solco profondo e fertile nell’arido terreno sotto i piedi dei decisori politici e delle realtà istituzionali irpine. Spetta ad essi ricredersi delle scelte operate.

    Può descriverci brevemente cosa è la linea ferroviaria Avellino- Rocchetta?

    Questa tratta fu inaugurata il 27 ottobre del 1895. E’ lunga circa 120 km e attraversa tutto l’Appennino campano toccando tre regioni. Fu voluta fortemente da Francesco de Sanctis e contribuì a migliorare le condizioni di vita della popolazione irpina, in particolare quella dell’alta Irpinia. La sua tipicità di essere una ferrovia di montagna non ha consentito, pertanto, lo svilupparsi di grossi traffici. La sua esistenza è stata per questo motivo sempre tribolata. Una grande opportunità per un suo sviluppo fu il dopo terremoto dell’80 allorquando furono costruiti numerosi insediamenti industriali lungo la ferrovia. Si pensò a costruire solo strade senza nessuna programmazione di potenziamento di questa ferrovia. Da quell’evento terribile per la nostra Irpinia lentamente i servizi ferroviari furono ridotti fino a giungere alla sua “sospensione” del dicembre 2010 nonostante il successo che il treno irpino del paesaggio aveva riscontrato con le iniziative turistiche attivate. Circa 3000 persone in venti viaggi! Poteva e doveva essere un incentivo a continuare, invece niente. Altrove i treni di montagna diventano opportunità turistiche, da noi si chiude. La linea ferroviaria Avellino Rocchetta può avere un nuovo significato come infrastruttura anche a servizio del turismo, capace di veicolare fruitori – anche provenienti da oltre provincia – nelle qualità paesaggistiche, naturalistiche, culturali, enogastronomiche dell’Irpinia sud-orientale. Su queste considerazioni noi andiamo avanti convinti delle nostre ragioni.

    Quando e perché è stata chiusa?

    La tratta è stata chiusa a decorrere dal 13 dicembre 2010 a seguito della decisone adottata dalla Regione Campania di tagliare i fondi per il trasporto pubblico locale.

    Quali sono le responsabilità istituzionali a fronte della chiusura?

    Le responsabilità sono prevalentemente della Provincia di Avellino che non si è dotata di un moderno Piano dei Trasporti Provinciale, per cui le scelte “napolicentriche” ricadono sul nostro territorio senza nessuna preventiva informazione.

    La sua chiusura è sbagliata?

    A nostro avviso, senza partigianeria, questa scelta è di scarsa lungimiranza politica in quanto questa tratta attraversa sette nuclei industriali, di cui uno raccordato alla ferrovia. Inoltre, il notevole spessore paesaggistico potrebbe consentire a questa ferrovia di montagna di diventare una valida opportunità di attrattore turistico.

    Cosa comporta l’assenza di una ferrovia per il territorio irpino?

    L’impossibilità per la nostra Irpinia di agganciarsi alla rete ferroviaria nazionale, tale da impedirgli la fruizione delle prossime realizzazioni di grandi infrastrutture su ferro quale l’alta capacità e l’alta velocità.

    Recentemente è stata proposta una green way sul tracciato della linea chiusa. Quali sono le sue opinioni in merito?

    Il treno è già una green way per cui non c’è la necessità di trasformare il tracciato della ferrovia in pista ciclabile. Questa linea opportunamente ristrutturata in tempi brevi può ritrovare nuova vita con un suo utilizzo a fini turistici e commerciali. Occorre una inversione di tendenza: una cura di ferro in tutta l’Italia.

    Cosa si può fare, oggi, di questa ferrovia?

    Innanzitutto amarla, quindi conoscerla, ed avere il coraggio di ritenerla una infrastruttura non marginale e di conseguenza proporre soluzioni com’è accaduto in Basilicata di investire 200 ml di euro per ristrutturare una analoga ferrovia la Potenza-Foggia.

    Riaprire la ferrovia è davvero antieconomico, come l’ottica sempre più aziendalista della cosa pubblica ci propone?

    Dipende cosa significa antieconomicità di una scelta. Se significa solo rapporto costi/ricavi non c’è spazio non solo per la ferrovia ma per tutti i servizi pubblici resi in un territorio come l’Irpinia. A mio avviso dovremmo riferirci alla logica dei costi/benefici nel caso nostro innanzitutto integrazione ferro/gomma.

    Gli appassionati e coloro che volessero approfondire la questione a chi possono rivolgersi?

    https://avellinorocchetta.wordpress.com

    https://www.facebook.com/groups/172263226153182/?fref=ts

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    https://www.facebook.com/pietro.mitrione

    “In assenza di idonei interventi finanziari da parte degli enti pubblici direttamente interessati, appare sufficientemente chiaro come non sussistano le condizioni per la riattivazione dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, dovendosi escludere che sia RFI a dover farsi carico di oneri disarmonici rispetto al grado di utilizzo –e quindi al beneficio- atteso.” (Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, qui)

    L’Irpinia se la sono mangiata, l’hanno rivoltata come un calzino, le hanno estirpato radici, germogli, boccioli. Son rimaste i sassi e i ceppi svelti dal terreno in attesa che qualcuno li pulisca dalla terra, li tagli e ne faccia almeno legna da ardere per i prossimi inverni.

    La chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio è uno di questi ceppi. Il viaggio elettorale di De Sanctis ci aveva accompagnato per mano nei paesaggi attraversati da questa ferrovia, che da Avellino si immergeva nel verde e nel biondo dell’Alta Irpinia per poi giungere al confine pugliese. Una ferrovia “minore”, una tratta interna che ha fatto viaggiare famiglie quando allora era impossibile comprare un auto o quando non c’era ancora l’Ofantina, che ha colmato gli occhi degli adolescenti con la visione del grano, della boscaglia, del borgo arroccato. Una ferrovia che ha fatto conoscere Castelvetere, Conza, Aquilonia, Monteverde; qualcuno poteva prendere un treno e godersi il panorama, arrivare ad Avellino e fare una passeggiata, una visita medica, poteva sbrigare faccende.

    La vicenda della chiusura della linea non è solo una questione dell’entroterra irpino, che è ormai un ramo secco della ferrovia italiana. Né è solo una questione di Avellino, capoluogo di provincia che a stento è riuscito a mantenere, col contagocce, minimi collegamenti su ferro con Benevento e Salerno. Avellino schiava del trasporto su gomma, volutamente isolatasi dalla rete ferroviaria italiana con una stazione mai ben collegata, ma almeno esistente come “servizio pubblico”.

    E’ una questione di questa Campania napolicentrica, che hai voglia di scrivere che ha bisogno di nuove assi di sviluppo, di pianificazione strategica, di turismo panacea delle aree interne e di vabbè-qualcosa-domani-inventeremo, ma alla fine la pappa resta a Napoli, bacino collettore di sogni, speranze e denaro pubblico sperperato. Che poi questa diatriba con Napoli non è che faccia piacere, se l’Irpinia piange Napoli non ride (e di cose avrebbe da ridere, di grazia?), ma la verità è che come si può pensare che l’istituzione regionale dia retta a noi pecorari, quando lì sotto al Vesuvio hai giusto un problemino da risolvere?

    E’ una questione irpina e campana, si diceva, ma è anche una questione nazionale, di rami secchi ferroviari tagliati, di piccole tratte che vengono cancellate perché il ritorno economico non c’è, perché con quei soldi si guarda al veloce, al futuro, alla TAV, alla necessità di essere comunque e dovunque, a discapito di territori e di vite. Togliendo il diritto di viaggiare a chi non abita nei grandi centri urbani, a chi può investire il proprio denaro solo su treni più lenti, magari dai servizi più scadenti, con l’obiettivo però di giungere a destinazione. E ciò che è accaduto all’Avellino Rocchetta è il sentore di ciò che accade sempre più recentemente, con la soppressione dei treni dei pendolari che fanno spola giornaliera tra l’hinterland e Roma, Milano, Torino. La soppressione di corse a breve e media percorrenza in alcuni orari costringe i treni a ospitare più passeggeri. Li vedi incastrati come cassette di pomodori in agosto sui tir, madidi di sudore, sbilenchi nel loro aggrapparsi a maniglie anticaduta, dall’imprecazione facile agli scatti d’ira ancor più facili.

    Abbiamo chiesto maggiori informazioni a Pietro Mitrione, ex ferroviere e rappresentante dell’Associazione In Loco Motivi, che da tempo si batte per portare attenzione sulla questione dell’Avellino- Rocchetta.

    Buongiorno Pietro, ci introduce brevemente le motivazioni della chiusura della linea ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio?

    Dal 13 dicembre 2010 la storica ferrovia Ofantina, su decisione inopinata della Regione Campania è “sospesa”. A nulla è valsa una delle concrete esperienze di promozione territoriale dal basso e senza fondi pubblici che ha visto letteralmente rinascere a nuova vita il treno sulla più antica tratta irpina, come mezzo a servizio del turismo e della conoscenza del territorio. Questa nostra idea di far conoscere la nostra Irpinia in treno ha tracciato un solco profondo e fertile nell’arido terreno sotto i piedi dei decisori politici e delle realtà istituzionali irpine. Spetta ad essi ricredersi delle scelte operate.

    Può descriverci brevemente cosa è la linea ferroviaria Avellino- Rocchetta?

    Questa tratta fu inaugurata il 27 ottobre del 1895. E’ lunga circa 120 km e attraversa tutto l’Appennino campano toccando tre regioni. Fu voluta fortemente da Francesco de Sanctis e contribuì a migliorare le condizioni di vita della popolazione irpina, in particolare quella dell’alta Irpinia. La sua tipicità di essere una ferrovia di montagna non ha consentito, pertanto, lo svilupparsi di grossi traffici. La sua esistenza è stata per questo motivo sempre tribolata. Una grande opportunità per un suo sviluppo fu il dopo terremoto dell’80 allorquando furono costruiti numerosi insediamenti industriali lungo la ferrovia. Si pensò a costruire solo strade senza nessuna programmazione di potenziamento di questa ferrovia. Da quell’evento terribile per la nostra Irpinia lentamente i servizi ferroviari furono ridotti fino a giungere alla sua “sospensione” del dicembre 2010 nonostante il successo che il treno irpino del paesaggio aveva riscontrato con le iniziative turistiche attivate. Circa 3000 persone in venti viaggi! Poteva e doveva essere un incentivo a continuare, invece niente. Altrove i treni di montagna diventano opportunità turistiche, da noi si chiude. La linea ferroviaria Avellino Rocchetta può avere un nuovo significato come infrastruttura anche a servizio del turismo, capace di veicolare fruitori – anche provenienti da oltre provincia – nelle qualità paesaggistiche, naturalistiche, culturali, enogastronomiche dell’Irpinia sud-orientale. Su queste considerazioni noi andiamo avanti convinti delle nostre ragioni.

    Quando e perché è stata chiusa?

    La tratta è stata chiusa a decorrere dal 13 dicembre 2010 a seguito della decisone adottata dalla Regione Campania di tagliare i fondi per il trasporto pubblico locale.

    Quali sono le responsabilità istituzionali a fronte della chiusura?

    Le responsabilità sono prevalentemente della Provincia di Avellino che non si è dotata di un moderno Piano dei Trasporti Provinciale, per cui le scelte “napolicentriche” ricadono sul nostro territorio senza nessuna preventiva informazione.

    La sua chiusura è sbagliata?

    A nostro avviso, senza partigianeria, questa scelta è di scarsa lungimiranza politica in quanto questa tratta attraversa sette nuclei industriali, di cui uno raccordato alla ferrovia. Inoltre, il notevole spessore paesaggistico potrebbe consentire a questa ferrovia di montagna di diventare una valida opportunità di attrattore turistico.

    Cosa comporta l’assenza di una ferrovia per il territorio irpino?

    L’impossibilità per la nostra Irpinia di agganciarsi alla rete ferroviaria nazionale, tale da impedirgli la fruizione delle prossime realizzazioni di grandi infrastrutture su ferro quale l’alta capacità e l’alta velocità.

    Recentemente è stata proposta una green way sul tracciato della linea chiusa. Quali sono le sue opinioni in merito?

    Il treno è già una green way per cui non c’è la necessità di trasformare il tracciato della ferrovia in pista ciclabile. Questa linea opportunamente ristrutturata in tempi brevi può ritrovare nuova vita con un suo utilizzo a fini turistici e commerciali. Occorre una inversione di tendenza: una cura di ferro in tutta l’Italia.

    Cosa si può fare, oggi, di questa ferrovia?

    Innanzitutto amarla, quindi conoscerla, ed avere il coraggio di ritenerla una infrastruttura non marginale e di conseguenza proporre soluzioni com’è accaduto in Basilicata di investire 200 ml di euro per ristrutturare una analoga ferrovia la Potenza-Foggia.

    Riaprire la ferrovia è davvero antieconomico, come l’ottica sempre più aziendalista della cosa pubblica ci propone?

    Dipende cosa significa antieconomicità di una scelta. Se significa solo rapporto costi/ricavi non c’è spazio non solo per la ferrovia ma per tutti i servizi pubblici resi in un territorio come l’Irpinia. A mio avviso dovremmo riferirci alla logica dei costi/benefici nel caso nostro innanzitutto integrazione ferro/gomma.

    Gli appassionati e coloro che volessero approfondire la questione a chi possono rivolgersi?

    https://avellinorocchetta.wordpress.com

    https://www.facebook.com/groups/172263226153182/?fref=ts

    pietro.mitrione@tin.it

    https://www.facebook.com/pietro.mitrione

  185. 200 pietro mitrione 14/05/2013 alle 8:35 am

    https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=v1ekheQDHswTogliere una ferrovia significa togliere storia, sentimenti, piccole economie, speranze per tutte le aree emarginate d’Italia.
    Chi lo fa pensa solo di togliere qualche traversina marcia e stop. Non è così, toglie anche una fetta di paesaggio, perché il treno sta nel nostro paesaggio, dal finestrino lo si osserva, lo si misura e lo si apprezza.
    Se questo è il futuro, e i segni si vedono ormai chiari, dobbiamo reagire.
    Dobbiamo fare in modo che tutto il patrimonio ferroviario dismesso diventi patrimonio della collettività, come è sempre stato.
    Dobbiamo organizzarci. Non possiamo andare in formazione sparsa.
    Assessore Sergio Vetrella, questo è diventata la ferrovia Avellino Rocchetta. E’ possibile ripensare ad una diversa utilizzazione della stessa? Ostinatamente le chiedo di promuovere una valutazione di questa proposta!!

  186. 202 pietro mitrione 19/05/2013 alle 8:43 am

    – Ampio lo schieramento dei candidati alla carica di sindaco di Avellino, zeppa di proposte la borsa contenente idee e progetti per il futuro della città (fa piacere constatare che molti hanno messo la famiglia, i giovani senza lavoro e gli anziani emarginati al centro del loro programma). Non molte le soluzioni originali capaci di dare uno scossone ad una città che tutti i candidati si affannano a definire morente, eppure le circostanze, le fregature subite dal capoluogo, vaghi ma non futili progetti sull’asse porto di Salerno-Benevento-Adriatico dovrebbero suggerire un tema che stranamente non è stato individuato – e quindi proposto – da chi cerca il consenso. Ci riferiamo al tema della ferrovia inteso sia come problema del rilancio della linea, resa negli ultimi mesi quasi inutilizzabile, Avellino-Rocchetta Sant’Antonio; sia come riproposizione di un progetto borbonico” (e questa etichetta non sta a significare che quel progetto ottocentesco sia ormai superato, anzi) riguardante il collegamento su strada ferrata tra Napoli ed Avellino.A volte bastano scelte oculate ma producenti effetti ampiamente positivi per dare ad un territorio, ad una città, una valorizzazione di notevoli proporzioni. La riapertura – previo
    ammodernamento – della Avellino-Lioni-Rocchetta (linea, giova sempre ricordarlo, che attraversa le aree industriali realizzate nel dopo terremoto) rimetterebbe in gioco la stazione di
    Avellino del cui destino, la chiusura, si sapeva da tempo; destino oggi ribaltabile cogliendo al volo l’idea del presidente degli industriali irpini, Basso, neo presidente di Confindustria Campania, che da mesi va ripetendo, inascoltato, che l’area industriale di Pianodardine va rilanciata attraverso l’istituzione di una porta avellinese della linea ad Alta capacità, linea posta trenta chilometri più a Nord di Avellino, ovvero la Napoli-Benevento-Puglia con tanto di stazione “Irpinia” a Grottaminarda, e chissà perché soltanto in Valle Ufita.Un effetto devastante, poi, avrebbe la realizzazione della diretta Napoli-Avellino, con tanto di nuova stazione in zona centrale (Petrignani nella versione del 1987 del suo Prg la prevedeva sotto l’autostazione con tanto di scavalcamento del Fenestrelle sotto il ponte allora previsto sulla direttrice Bellizzi-Variante-Piazza Perugini). Il “devastante”, naturalmente, sta per foriera di nuove attività, nuovi servizi, nuovo baricentro della città. Un’iniziativa nuova che è stata
    oscurata fin dai tempi della scelta dell’autostrada che fu ritenuta sufficiente a chiudere ogni 1 / 2La citta lotti per una nuova ferrovia
    Scritto da Severino E. Serra Sabato 18 Maggio 2013 09:13
    discorso sul tema dello sviluppo.Naturalmente per realizzare queste opere occorrono nuovi finanziamenti. Ma se nessuno prepara i relativi progetti, se nessuno va a spiegare a Napoli e a Roma (magari oggi anche a
    Salerno dal neopromosso “sindaco dei fatti e dei cantieri”) la bontà e la “produttività” degli elaborati, chi darebbe mai il via libera ad un’idea che l’ingegnere Emanuele Melisurgo propose a Ferdinando II nel 1859? E vuoi vedere che, intanto, con altri soldi (di Bruxelles) qualcun altro,
    Benevento od altri ci rifilano una nuova fregatura? Ma i candidati sindaco ne sanno qualcosa?

  187. 203 pietro mitrione 10/07/2013 alle 8:39 PM

    Viaggio nella memoria con lo sguardo rivolto al futuro

    In 5 giorni abbiamo ripercorso a piedi la linea ferroviaria dell’Irpinia: l’Avellino– Rocchetta Sant’Antonio. Questa tratta è tra le più antiche della Campania, fu voluta fortemente da Francesco de Sanctis e successivamente fatta ultimare da Giustino Fortunato. Oggi è tra le linee ferroviarie considerate, ingiustamente, “minori” e, quindi, a rischio di chiusura dopo la sua sospensione avvenuta nel dic del 2010, su decisione inopinata dell’ attuale assessore regionale ai trasporti della Campania Sergio Vetrella. Questa iniziativa di percorrere a piedi la ferrovia Ofantina è una delle tante che abbiamo proposto per sostenere la battaglia per il ripristino della nostra storica ferrovia. Questa linea è completamente automatizzata con sistemi di sicurezza di avanzata tecnologia e lungo tutto il suo tragitto sono stati posizionati 120 km di fibre ottiche. Abbiamo attraversato tutti i nuclei industriali localizzati sulla dorsale appenninica dopo il triste terremoto dell’80, abbiamo apprezzato ancora di più il paesaggio che attraversa e toccato con mano, anzi con i piedi, gli sprechi e il degrado che si stanno determinando.
    Da circa tre anni nessun intervento manutentivo è stato operato da parte di RFI e pertanto la linea versa nel totale abbandono. Allo stato attuale nessun grave pregiudizio infrastrutturale si è verificato per cui nell’arco di 5/6 mesi il ripristino potrebbe avvenire. Il perdurare della chiusura può, purtroppo, condizionare ogni altra ipotesi di riuso.
    La proposta degli anni ’90 resta attuale. Questa linea attraversa tutti i nuclei industriale dell’area del cratere, fra questi quello di San Mango/Taurasi che è raccordato alla ferrovia Avellino Rocchetta. Si tratta di un investimento di notevole importanza che può essere recuperato ad uso di nuovi reinsediamenti industriali in quell’area dove opera una grossa azienda come la Zuegg interessata ad espandere la sua produzione. Si tratta di un collegamento di circa 25 km da Avellino che alla luce della costruenda AC fra NA/Roma/Ba può significare uno scenario completamente diverso rispetto allo studio di fattibilità proposto dall’allora Presidente della provincia di Avellino, Gino Anzalone, e fatto proprio da Pino Soriero allora sottosegretario ai trasporti del 1° governo Prodi, nel 1997. Seguendo questa linea a vocazione “industriale” la tratta si presta ad essere utilizzata anche per i nuclei industriali di Lioni/Morra e Calitri. Si sa bene quante aspettative industriali si appuntano su queste zone.. L’ipotesi di una reindustrializzazione in quest’area resta in piedi per cui si potrebbe trovare anche un nuovo e giusto ruolo per la ferrovia in questione.
    La tratta lunga 120 km è completamente automatizzata, cablata con fibre ottiche, dotata di tutte le tecnologie per la sicurezza di esercizio, sistema SSC, e fornita di autonomo sistema di collegamento telefonico GSM. Questa dotazione di antenne telefoniche potrebbe essere anche fonte di reddito se utilizzato a sostegno delle compagnie di telefonia mobile per captare il segnale laddove ne sono sprovviste. In partica questa ferrovia è passata dall’arcaico al post moderno dal punto di vista delle tecnologia ……. peccato che tutte queste strutture stanno abbandonate nel degrado e quindi oggette di attività vandaliche. Un patrimonio tecnologico ed economico in via di distruzione senza che nessuno ne risponda di quanto accade. In alcune parti della linea sono ancora funzionanti i segnali ferroviari.
    Nel PTCP della provincia di Avellino, come associazione in_loco_motivi, abbiamo inserito delle osservazioni miranti al ripristino, in questa fase, almeno fino a Lioni. Questa considerazione nasce dal fatto che in questo paese dell’ ”altra” Irpinia è possibile integrare ferro/gomma in quanto proprio nei pressi della stazione ferroviaria è stata costruita un’autostazione che può permettere tale organizzazione per la mobilità dei cittadini. Una velocizzazione della tratta fino ad Avellino può permettere il collegamento con la città in circa un’ora, un tempo quasi competitivo con l’attuale uso dell’auto privata. Questa soluzione comporterebbe un alleggerimento dell’Ofantina che non riesce a sopportare il crescente aumento di traffico veicolare. Se tutto questo lo si inseriamo nel più grande discorso della costruzione dell’area vasta di Avellino, della realizzazione della metropolitana leggera, della vicinanza della città ospedaliera alla stazione di Avellino, della costruzione dell’alta capacità, delle diverse allocazioni di attività amministrative, tribunali, ospedali etc, delle due università afferenti la nostra Irpinia possiamo pensare ad un futuro anche per questa “miserabile” ferrovia Avellino Rocchetta…..aldilà della sua più spiccata vocazione turistica sulla quale occorre un discorso a parte. E’ la ferrovia delle acque: attraversa e lambisce in più punti i FIUMI Sabato, Calore ed Ofanto. E’ la ferrovia dei grandi vini docg: attraversa i territori dei comuni degli areali del Taurasi e del Fiano. E’ la ferrovia del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini. E’ la ferrovia delle aree a tutela della biodiversità. E’ la ferrovia dei Borghi, della storia, della cultura ed dell’identità territoriale irpina
    Questo è quello che abbiamo visto e pensato percorrendo a piedi i 120 km di questa linea ferroviaria insieme agli amici del Comitato a difesa del fiume Calore, di Irpinia Trekking, di Rouge di Lioni, dell’associazione Liberamente di Rocchetta e del gruppo di lavoro del Cinema Eliseo di Avellino. Pensieri e proposte che sottoponiamo ai decisori politici della nostra Irpinia. Questo degrado sociale dovrebbe far indignare chiunque.

  188. 204 pietro mitrione 10/07/2013 alle 8:42 PM

    fotocronaca del tour dal 3 al 7 luglio sui binari della ferrovia Av Rocchetta

  189. 205 pietro mitrione 12/07/2013 alle 4:23 PM

    fotocronaca del tour dal 3 al 7 luglio sui binari della ferrovia Av Rocchetta

  190. 206 pietro mitrione 19/07/2013 alle 12:46 PM

    La Ferrovia Sognata

    E’ l’11 dicembre e fa un freddo cane! Ma l’emozione è tanta, per questo che sarà l’ultimo viaggio del treno Avellino – Rocchetta Sant’Antonio. Una tratta ferroviaria minore, inaugurata nel 1895 grazie ad una padre dell’Italia e dell’Irpinia: Francesco De Sanctis.

    Un uomo che ha fatto la storia. Avendo a cuore il suo territorio vi fece costruire la ferrovia, il futuro che porta crescita e sviluppo. Oggi questa tratta ferroviaria è ufficialmente un peso, una fissazione di pochi nostalgici che, in questo trenino che viaggia slow tra valli e distese di prati, vedono un simbolo e ancora un potenziale di crescita e di sviluppo. Chi avrà ragione?

    L’altoparlante gracchia l’imminente partenza. <> è il comando che fa muovere la dolente brigata. Si prende posto, si scambiano pensieri e colazioni, battute e informazioni sull’itinerario. Dal finestrino trasmettono l’alba.

    L’Irpinia vista da questo treno è un Paese delle Meraviglie. Ad ogni curva, scandita da un fischio corposo, ti stuzzica una meraviglia, ti rilassa uno stupore. E’ il piacere delle piccole cose, con cui abbiamo perso la confidenza, che ti bagnano come la rugiada al mattino e ti donano la pace del cuore e un senso di armonia con il mondo.

    Insomma, tutte cose che, per chi non sa guardare, non sono assolutamente remunerative. Eppure anche noi teniamo i piedi per terra e affondiamo le mani nelle tasche e quando il Guerriero Saggio di In Loco_Motivi ci ha indicato l’orizzonte del futuro, noi non abbiamo guardato il dito…

  191. 207 pietro mitrione 23/07/2013 alle 9:16 PM

    In questi giorni si sta tanto parlando dei collegamenti con l’Alta Irpinia. I tagli operati al trasporto pubblico locale sta determinando l’isolamento di questa parte del nostro territorio. E’ una pratica particolarmente odiosa perché scarica sulla parte più debole dell’Irpinia la conseguenza di questi provvedimenti di tagli lineari che corrispondono solo a logiche ragionieristiche. Ovunque si assiste allo scadimento del servizio pubblico sembra che si stia lavorando per favorire l’uso dell’auto privata o per qualche soluzione privatistica del comparto. A questa pratica di tagli non si sottrae l’A.ir, la principale azienda che opera sul territorio in materia di TPL. La questione posta prima alla azienda privata CLP di Napoli e poi anche all’A.ir per trovare una soluzione ai collegamenti da e per l’alta/altra Irpinia dimostra la incertezza del sistema di trasporto per questa zona. Per questa parte dell’Irpinia si impone una diversa programmazione dei servizi di trasporto per quella popolazione e in questo contesto l’A.ir deve rivendicare il suo ruolo propulsivo proponendo sue scelte per l’alta Irpinia onde evitare avventure privatistiche in questo settore. Questa società, a prevalente capitale regionale, non può agire da monopolista sulle tratte dove guadagna, tipo Napoli/Fisciano, e tagliare quelle poco frequentate. Alcuni servizi su queste tratte redditizie possono anche essere esercitate a rischio d’impresa e conseguentemente servire con più frequenza il territorio irpino più lontano dal capoluogo. Nello specifico si può collegare questo territorio con l’area del Calaggio creando le condizioni per effettuare l’interscambio gomma/gomma con servizi interprovinciali via autostrada. Con poco dispendio di risorse, si potrebbero istituire delle corse dirette NA/AV fino a Lacedonia/Calaggio prolungando il percorso di quelle che oggi arrivano a Grottaminarda. E’ evidente che non può bastare l’impegno dei singoli per la risoluzione del problema del trasporto pubblico provinciale in quanto occorre una programmazione che abbia alla base il diritto alla mobilità per tutti.
    Tutto questo accade alla vigilia dell’attivazione di nuovi collegamenti interregionali a cura dell’A.ir. Sembra un paradosso: abbiamo paesi che non sono raggiungibili dopo il primo pomeriggio lesinando anche su collegamenti minimi che potrebbero migliorare la qualità della vita di tante persone e, nel contempo, ci sono le condizioni per attivare servizi per collegare Avellino con città del Nord e centro Italia!
    Sarà sicuramente una oculata politica aziendale quella che ha adottato l’A.ir per farci girare l’Italia in salotto, come si legge nella sua pubblicità, a proposito di questi nuovi collegamenti automobilistici in vigore dal 28 luglio 2013, ma non poter raggiungere l’alta Irpinia o altri posti della nostra provincia, anche con uno “sgangherato” bus perché non ci sono fondi, ci rende, a dir poco, fortemente “incazzati” !
    Tutto questo accade nella nostra Avellino, capoluogo dell’Irpinia!
    Pietro Mitrione
    In_loco_motivi

  192. 208 pietro mitrione 31/07/2013 alle 11:27 am

    Lo scandalo ferroviario in Irpinia:

  193. 209 pietro mitrione 31/07/2013 alle 3:33 PM

    bentornata Mariarosa………. nella “donnaccia” Irpinia!

    Dopo 50 anni Mariarosa, la protagonista del film la “donnaccia”, decide di far ritorno a Cairano. E’ ancora una donna avvenente, nonostante l’età. L’accompagna nel ritorno verso il proprio paese d’origine il ricordo di una vita intrisa di fatica e di tristezza. La stanchezza del lungo viaggio è superata, però, dall’entusiasmo di rivedere luoghi e facce conosciute. L’ultimo tratto del viaggio quello in treno da Foggia a Conza è il più faticoso: si lascia a Foggia la ferrovia che conta ed inizia quella che porta nei poveri territori del lavoro contadino. Ne ricorda ancora i rumori, il paesaggio, il fiume Ofanto, la stazione di Rocchetta, dove deve scendere per trovare la coincidenza per la stazione di CONZA/ANDRETTA/CAIRANO. E’ un brulicare di emozioni e di sensazioni nuove che fanno diventare brevissimo il viaggio da Foggia a Rocchetta. Il treno si ferma nella stazione di questo paese che una volta apparteneva alla provincia di Avellino.Scende e si guarda intorno mentre il treno riparte. Resta da sola nel silenzio assordante che la circonda. Non un bar, non una persona cui chiedere informazione. Cerca di capire come poter continuare il suo viaggio. Cammina lungo il marciapiede che tante volte, per il passato, ha percorso ed quasi come una automa si trova davanti a quella che una volta era la biglietteria. E’ sbarrata! Ritorna sui suoi passi e si reca nell’unico ufficio rimasto aperto. Un omino solitario, nell’immensità, della stazione, è l’unico essere umano presente in quella struttura che una volta brulicava di tante persone che portavano sulle spalle le famose “valigie di cartone” degli emigranti. Chiede a quest’uomo che indossa la divisa di ferroviere come poter raggiungere Cairano. Il “capostazione” di fronte a questa richiesta resta sbalordito ma ancor di più preoccupato. Sbalordito perché è da anni che la ferrovia Avellino Rocchetta è chiusa e preoccupato perché sa di essere impotente a dare assistenza a questa arzilla vecchietta. Con aria addolorata dice: il proseguimento non esiste, niente da fare: i decisori politici hanno stabilito che la ferrovia dell’Alta Irpinia, la famosa Avellino RocchettaS.A./Lacedonia dovesse chiudere in quanto non trasportava persone in numero sufficiente e quindi non c’era più bisogno di questo mezzo di trasporto. Ma almeno c’è qualche bus per raggiungere Conza o Lioni? ribatte Mariarosa. Niente da fare il viaggio per chi vuole proseguire per i paesini dell’alta Irpinia finisce nel deserto della stazione di Rocchetta. Un telefono per poter avvisare i familiari a Cairano? impossibile: niente telefono pubblico e niente funzionamento di telefoni cellulari, non c’è “campo” dice sconsolato il povero capostazione. Nell’era della globalizzazione esistono ancora posti simili sulla terra, ammette quasi piangendo! A Mariarosa sembra di essere ripiombata ancora una volta nell’arretratezza e nella povertà che caratterizzavano gli anni 50/60, quelli della sua gioventù e si intristisce. La vecchia “littorina” non la condurrà a Cairano, non potrà rivedere i tanti paesi che affollavano i suoi ricordi, tutto resterà un ricordo. Le verrebbe da chiedere, provocatoriamente ma almeno un mulo! quello stesso che la condusse dalla stazione di CONZA/ANDRETTA/CAIRANO su al paese quando fece ritorno per la prima volta dopo il viaggio verso il “benessere” dell’Italia del Nord. Vorrebbe gridare la sua rabbia, la sua delusione ma l’atavica educazione contadina prende il predominio per non offendere quell’omino che, da solo, in quel desolato luogo rappresenta lo Stato. Ancora una volta, come tante volte per il passato, la proverbiale disponibilità dei ferrovieri, quelli che in queste piccole stazioni erano riferimenti quasi “familiari” per chi prendeva il treno, fa superare ogni difficoltà: sarà lui ad accompagnare Mariarosa a Cairano. Anche a nome degli amici di in_loco_motivi ti diciamo: bentornata Mariarosa. Immagino quante “storie” avrai raccontato al mio amico ferroviere. Scusaci, se puoi, per come abbiamo ridotto la nostra Irpinia e……… mi raccomando cerca di stare bene durante il tuo soggiorno perché qui hanno chiuso anche gli ospedali, siamo ritornati a 50 anni fa. In questo racconto di fantasia c’è solo il ritorno di Mariarosa, il resto è, purtroppo, la triste ed invereconda realtà della odierna nostra Irpinia.

  194. 210 pietro mitrione 01/08/2013 alle 9:04 am

    Anche in_Loco_motivi si associa al lutto che ha colpito i familiari dei viaggiatori scomparsi a seguito dell’incidente avvenuto sull’autostrada A16.
    La tragedia sofferta dalla Campania la scorsa Domenica purtroppo non rappresenta un caso isolato per quanto riguarda la carenza di sicurezza nei trasporti.
    Oltre all’immensa tragedia sofferta in questa settimana, purtroppo registriamo negli ultimi anni una sequenza di incidenti, diversi dei quali anche mortali, sulle principali arterie di comunicazione irpine: l’autostrada Napoli – Bari, l’Ofantina Bis ed il raccordo autostradale Avellino-Salerno.

    Ad una prima analisi emerge sicuramente la necessità di adeguati interventi di miglioramento e soprattutto manutenzione alle strade ed ai mezzi circolanti ma questa è l’occasione per fare una riflessione più profonda, più alla radice del problema.
    Bisogna prioritariamente recuperare un’ottimale organizzazione dei trasporti in modo che diventi efficiente non solo dal punto di vista economico ma anche della sostenibilità e della sicurezza: spostare per quanto possibile e fattibile persone e merci dal trasporto su gomma al trasporto su ferro promuovendone l’utilizzo tra la popolazione.
    Il treno è il mezzo di trasporto terrestre più sicuro ma lo dimentichiamo troppo spesso.
    Ed infatti la logica di adduzione della gomma al ferro è stato uno dei principi formulati sia dagli ultimi governi sia nel programma della Regione Campania ma al momento è rimasta lettera morta.
    Assistiamo invece, giorno dopo giorno, al progressivo impoverimento ed alla conseguente chiusura di linee ferroviarie con relativo aumento del traffico su strada,spesso al di sopra delle capacità delle stesse infrastrutture esistenti.

    Siamo forse l’unica provincia italiana, e di sicuro l’unica in Campania, che ha una ferrovia ma non la utilizza, a partire dal 2010 un susseguirsi ininterrotto di chiusure e soppressioni: chiusura della linea Avellino-Rocchetta Sant’Antonioed eliminazione completa dei collegamenti su ferro Avellino – Napoli nel Dicembre del 2010, pesante riduzione dei collegamenti ferroviari tra Avellino e Salerno nel 2011 e 2012, eliminazione di tutti i collegamenti locali sulla Benevento-Foggia, soppressione del treno Avellino – Roma nel Settembre del 2012, impoverimento delle relazioni sulla ferrovia della Valle Caudinasostituzione di collegamenti ferroviari con autobus a discapito delle esigenze degli utenti, riduzione continua dei chilometri assegnati al trasporto su gomma fino alla recente previsione del “servizio a chiamata”. Immaginiamo che in tutti questi casi non si siano adeguatamente soppesati i pro ed i contro di queste decisioni, e sicuramente tra questi la differenza di sicurezza intrinseca tra mezzi su gomma e mezzi su ferro.
    Possediamo una ferrovia dotata di apparecchiature di sicurezza che sono all’avanguardia non solo in Italia ma in Europa, in alcuni casi sono stati investiti milioni di euro per aggiornare gli impianti di sicurezza delle linee passando dall’arcaico al post-moderno; e pensare che addirittura sulla tanto bistrattata Avellino-Rocchetta oggi non sarebbe possibile un incidente simile a quello recentemente avvenuto in Spagna.

    Negli ultimi mesi però stiamo assistendo alle fasi della riprogrammazione del trasporto regionale in Campania che continuano a non dare certezze circa il mantenimento delle relazioni su ferro e quindi delle stesse linee ferroviarie.
    Si può dire normale una provincia che pur essendo dotata di ferrovie vede programmate relazioni su ferro per soli 300mila km-treno a fronte di 15 milioni di km-bus per quelle su gomma?
    Ha senso che Avellino sia l’unico capoluogo di provincia campano a non essere collegato su ferro con Napoli?
    Ha senso portare ogni giorno migliaia di studenti all’Università di Salerno su autobus senza pensare minimamente ad un discorso di integrazione ferro-gomma e senza pensare che con un semplice raccordo alla ferrovia Avellino-Salernosi potrebbe portare la quasi totalità degli studenti con relazioni su ferro?
    Ha senso che mentre si parla della metropolitana leggera cittadina di Avellino che collegherà centro con autostazione e stazione ferroviaria, quest’ultima sia utilizzata “part-time” e costantemente a rischio chiusura invece che essere potenziata con collegamenti verso gli altri centri campani?
    Ha senso costringere le persone residenti nell’Alta Irpinia ad usare quasi esclusivamente il mezzo privato per i propri spostamenti andando a riempire le poche arterie stradali presenti dopo aver cancellato numerose corse su gomma ed aver pensato di istituire un “servizio a chiamata” ?

    Ha senso consentire alle aziende di trasporto di effettuare corse interregionali e nazionali su gomma quando queste potrebbero essere svolte tranquillamente su ferro migliorando semplicemente coincidenze ed integrazione locale con trasporto su gomma?

    Inoltre viene spontaneo chiedere a chi da Napoli e da Roma continua a dirci che la chiusura delle linee su ferro è legata al loro maggior costo e a chi ha deciso di chiudere ferrovie per risparmiare qualche decina di migliaia di euro di manutenzione, quanto sia il costo per la collettività di queste tragedie.

    Pertanto è assolutamente necessario riprendere e dare seguito al principio di integrazione ferro-gomma, massimizzare le relazioni su ferro e fare in modo che l’organizzazione dei trasporti sia fatta valutando l’intero contesto che vi si muove attorno, insomma fatta con un’idea di fondo, secondo una logica razionale, di sviluppo e di coesione territoriale. Non potrà accadere che si cancellino relazioni ferroviarie e corse su gomma per meri calcoli contabili senza valutarne la ricaduta in tutti gli ambiti interessati, compreso quello della sicurezza.

    Stesso discorso si può affrontare per il trasporto merci: ad Avellino giace inutilizzato uno scalo merci ed un intero snodo ferroviario di raccordo alla zona industriale di Pianodardine, quest’ultimo non collegato alla ferrovia per solo 20 centimetri, questi pochi centimetri che appunto possono rappresentare la distanza tra portare le merci in modo sicuro ed affidabile attraverso la ferrovia ed invece sovraccaricare le strade di autoveicoli e mezzi pesanti con inevitabili ripercussioni sull’ambiente e la sicurezza.
    Anche in questo ambito la ferrovia Avellino-Rocchetta potrebbe rappresentare un ruolo non marginale, ricordiamo che la ferrovia attraversa ben 7 nuclei industriali che potrebbero facilmente essere raccordati ed è già raccordata al nucleo industriale di San Mango sul Calore.

    Infine la tragedia si intreccia ancora una volta con la questione Irisbus, un’azienda capace di produrre autobus moderni ed affidabili che rimane chiusa, quasi come fosse una beffa, mentre sarebbe urgente un piano nazionale per i trasporti che contenga al suo interno anche interventi per l’ammodernamento dei mezzi.

    Oggi un piano nazionale trasporti e tutti gli interventi infrastrutturali di miglioramento sia in campo ferroviario che stradale restano sicuramente prioritari rispetto a progetti quali l’Alta Capacità che si concretizzeranno tra 20 o 30 anni.

    Oggi è necessario che politici, amministratori e classe dirigente diano seguito alle dichiarazioni di responsabilità rese immediatamente dopo la tragedia non solo impegnandosi per gli interventi del caso per la messa in sicurezza ma effettuando un vero e proprio cambio di rotta nel modo in cui vengono organizzati i trasporti in ambito locale e nazionale.
    lUCA pAPPALARDO

  195. 211 pietro mitrione 08/08/2013 alle 9:57 PM


    la vergogna del raccordo FMA, migliaia di milioni di lire/euro buttati al vento

  196. 212 pietro mitrione 16/08/2013 alle 4:38 PM

    https://www.facebook.com/notes/rosella-roselli/binario-morto-di-antonello-caporale/10151828409286171
    AVELLINO, L’ITALIA CHE HA UCCISO I TRENI E I SOGNI
    Viaggio sulla strada ferrata nata nel 1892 per portare gli irpini alla stazione di Rocchetta Sant’Antonio: luogo delle speranze da dove partivano i convogli “Espresso” per Torino, Milano e per la Germania. Dal dicembre 2010 quei 119 Km non vengono più percorsi: ormai è solo deserto

    Avellino – Se puoi, se ti va bene, tra le sette e le dieci del mattino trovi il treno. Se ritardi torni a casa e aspetti. Perché intorno alle 14 ripassa una locomotiva ma alle 18 finisce ogni ansia, ogni movimento. D’altronde è corretto: quasi tutti i treni sono stati soppressi. Tenere aperta un intero giorno la stazione di Avellino a cosa serve? E soprattutto: a chi? L’Italia sprecona, che ha consumato ogni pudore dirottando verso tasche bucate miliardi di euro, solo con la ferrovia ha avuto la mano di ferro. In mezzo secolo sono stati dismessi circa seimila chilometri di binari, solo negli ultimi vent’anni un supplemento di qualche centinaia di tratte sono state destinate alla ruggine e alle erbacce. Il treno costa e non passa più. Non sostenibile economicamente. Troppo pesante il salasso delle casse pubbliche, troppo oneroso tenere aperta una strada ferrata, specie se corre tra le montagne. Adesso ci sono le strade (e ponti, viadotti, assi attrezzati) e i bus. E tutti oggi hanno l’auto. Chi vuole parte. All’ora che gli piace, quando gli fa comodo. Veloce, sicuro, tranquillo.
    E’ così? Siamo proprio sicuri che sia così?
    Allora partiamo. Partiamo dal punto più debole dell’Italia, dall’osso del Sud, come scriveva Manlio Rossi Doria, dalle montagne irpine lungo il tragitto che da ovest spostava i contadini verso est, gli operai verso nord, i malati verso la speranza di un ospedale decente, di una cura possibile. La Avellino-Rocchetta, completata tra il 1892 e il 1895, era il treno dei sogni, delle speranze, del lavoro. Era il treno di chi partiva: “Rocchetta era l’alba, il punto di non ritorno, la nuova frontiera di una vita finalmente felice. Chi cercava lavoro, a Torino, a Milano, in Germania, sapeva che a Rocchetta doveva andare. Lì intercettava le linee veloci, i treni “espresso”. “Quanti pianti ci siamo fatti, quanti abbracci alla stazione di Rocchetta. E quanti ritorni!”. Le lacrime, sì. Pietro Mitrione, una vita nelle ferrovie, ricorda la tratta della speranza e della disperazione, della fatica e della salute. Chi partiva per curarsi e chi tornava dalla cura. Chi partiva per il lavoro e chi tornava per la pensione. Oggi non esiste nulla più, solo la finzione. I binari sono rimasti, i treni se ne sono andati per sempre. Trent’anni dopo, e con qualche centinaio di miliardi di euro spesi, si parte per gli stessi motivi: la salute, perché gli ospedali stanno chiudendo, non sono attrezzati, non ispirano fiducia e quelli del nord sono migliori. Per il lavoro, perché la vita nelle montagne è rinsecchita ancora, l’osso si è fatto pietra e se non ti muovi non esisti. L’altrove resta il nostro destino. Ieri come oggi.

    Quell’assurdo parco giochi già chiuso per abbandono
    La ferrovia per Rocchetta -dismessa il 12 dicembre 2010- è il monumentale documento di un viaggio mancato ma anche dello spreco, dell’irragionevolezza, della mancanza di idee e della assoluta mediocrità di una classe di governo che sta facendo affogare l’Italia come un barcone di migranti. A quaranta chilometri da Avellino inizia l’area metropolitana di Napoli. Lì si ammassano tutti. Tutti sulla sponda del mare, tutti verso Napoli. La più alta concentrazione demografica è sulla costa. Lì si muore perché gli ospedali affogano sotto il peso dell’emergenza. Qui si muore perché gli ospedali sono vuoti. E se sono vuoti risulta insopportabile il loro costo. E dunque chiudono. Lì non si trova casa. Qui sono stati costruiti quattrocentomila vani in più del necessario, il cosiddetto ristoro della ricostruzione seguita al sisma del 1980. Lì le case si alzano fin dentro la bocca del Vesuvio, e si decide addirittura per legge, la cosiddetta VesuVia, di finanziare i traslochi e gli abbattimenti. Qui le case aspettano da anni un inquilino. Rimaste vedove, si sgretolano da sole, muoiono senza che nessuno le abbia mai per un solo giorno abitate. Il declino è costante e visibile. Ogni anno una lesione in più, un pezzo di intonaco che si stacca, una ringhiera che si arrugginisce. Lì, sulla costa, la pressione demografica è tale che l’immondizia non è possibile stoccarla. Occorre sigillare sui treni (i cosiddetti “treni della monnezza”) il surplus di rifiuti prodotti e mandarli nell’Europa del Nord. Pagando il tragitto e il disturbo naturalmente. La crisi dei rifiuti è endemica e irrisolta: finora Napoli da sola ha inghiottito, nel turbinìo di opere vuote e inconcludenti che si sono succedute, sette miliardi di euro. Resta in piedi un termovalorizzatore, quello di Acerra, che brucia a singhiozzo, e per il resto è quasi tutto identico a prima. Qui, nelle aree interne, gli spazi sono ampi, la vista è nuda, le possibilità di ingegnarsi ci sarebbero, anche di resistere se solo la vita fosse resa più facile, più logica, più comoda. Crisi endemiche sul fronte mare per sovrappopolamento. Non trovi un letto in ospedale, se sei fortunato una barella al pronto soccorso. Crisi endemiche nelle aree interne per spopolamento. Gli ospedali a bassa intensità non reggono il regime del rapporto costi-benefici. Si svuotano le corsie, si chiudono i reparti. Chi vuol farsi curare deve partire. Bastava tenere ferma la congiunzione mare-monti per rendere più equilibrata la navigazione del barcone. La ferrovia serviva a questo. Trasportare da ovest verso est, rendere possibile la vita nei paesi e il lavoro in città con uno spostamento celere ed economico. Invece eccoci qua, ad ammirare la ferrovia chiusa. Giungiamo sul Ponte Principe, siamo a Lapìo, terra di grandi vini: il Fiano, il Taurasi, l’Aglianico. E’ un’opera magnifica, sembra la Torre Eiffel adagiata su un piano nell’atto di addormentarsi. Intatta, maestosa. E vuota. Doveva traghettare speranze, rimane un segno all’orizzonte, un filo che lega due montagne. Sotto la torre abita Anila Haxhiraj. Fuggì dall’Albania vent’anni fa, come migliaia di connazionali. Ha trovato qui, sotto questo ponte la vita, l’America. Un futuro, una famiglia: “Coltiviamo la terra, abbiamo aperto un b&b. Mi trovo bene, ho una vita felice e anche tanti impegni. Mi sono persino candidata alle ultime elezioni municipali. Abbiamo perso però”.
    I binari avanzano verso San Mango sul Calore , che è il punto del disonore. Qui il Sud ha perso la dignità, lo Stato ogni prudenza e tutela. Qui il nord ha saccheggiato le provvidenze, e i meridionali hanno fatto da palo. Collusi o felicemente ignavi del sacco. La ferrovia doveva condurre le merci e il lavoro nell’area industriale di San Mango, nuova di zecca. Miliardi (di lire) impegnati per realizzare fabbriche, contributi a fondo perduto, compresi nelle provvidenze della legge sulla ricostruzione dal terremoto del 1980. Ecco i binari. Entrano ed escono dalle fabbriche. Vuoti i primi, cadenti le seconde. Sembra una zona di morte, è un maestoso monumento allo spreco. Imprenditori falsi che hanno corrotto, funzionari che si sono fatti corrompere, soldi finiti nel nulla. Dovevano esserci aziende meccaniche, altre di trasformazione. Niente, solo scempio. Un’azienda, la Dragon Sud, che aveva ottenuto i contributi per impiantare un’attività di carpenteria metallica e trattamento dei rifiuti, trasforma lo stabilimento ricevuto dallo Stato in un parco giochi. Davvero: un parco giochi nell’area industriale! Un giudice della Corte dei conti, Maria Teresa Polito, non crede all’idea. Le sembra uno scherzo, un pesce d’aprile. Manda i finanzieri a controllare. Scriverà nella sentenza, afflitta e incredula: “Dall’accertamento diretto nell’area si è constatata l’effettiva trasformazione dello stabilimento in parco divertimenti, attualmente chiuso e in avanzato stato di abbandono”.

    Conza, il borgo antico “regalato” ai richiedenti asilo
    Solo saccheggio. I treni costano, e invece quest’area industriale? Cos’è lo spreco, chi rende conto dello spreco e, soprattutto, chi lo paga? E’ in attività solo la Zuegg, fa le marmellate. Sede principale nell’Alto Adige. Certo, anche Zuegg ha ottenuto più di quanto avrebbe dovuto, si è fatta pagare per aprire l’azienda: “Si evidenzia che la somma erogata, 12 miliardi 748 milioni di lire, è superiore al contributo definitivo. Nel collaudo finale la commissione ha inoltre rilevato una serie di variazioni rispetto al progetto originario mai approvate”, scrivono i magistrati contabili. Si sono fatti pagare, e tanto. Ma in questo deserto almeno la fabbrica c’è. Non fa confetture di nocciole, non confeziona le buonissime castagne che qui, tra Montella e Lioni sono il prodotto tipico. Arrivano pesche e albicocche da lontano. Il prodotto cosiddetto a chilometro zero non esiste. Però ci sono gli autotreni, che corrono lungo la Fondovalle, la nuova bretella di scorrimento veloce. E’ già intasata, sono bastati pochi anni di attività a renderla inadeguata.
    A Lioni la stazione è terra di nessuno. Troviamo Angelo, il capotreno di vent’anni fa. Lui e un gruppo di ex ferrovieri la accudiscono, montano di guardia: “Che peccato, era una linea tutta automatizzata”. Lioni è un paese con più case che abitanti. Vani vuoti, palazzi deserti. Il terremoto ha colpito, e si vede. Chi può scappa. Resiste il diavoletto del rancore. I paesi infatti vivono nel sentimento del rancore. Alcuni ragazzi hanno occupato una saletta pubblica, pochi metri quadrati, e hanno realizzato un centro sociale: si chiama Rouge. Vedono film, si ritrovano con una birra, parlano, contestano, discutono. Nel paese vuoto, un fiore rosso, un punto vivo. L’amministrazione ha deciso di sfrattarli. Non hanno il permesso. Si sfratta la ragione, mentre il treno immaginario prende la via di Conza della Campania. Il paese è nuovo di zecca, lucido e senz’anima. Il terremoto rase al suolo il vecchio borgo. I superstiti hanno deciso di lasciare le macerie e trasferirsi in pianura. Casone a due piani, strade larghe come neanche a Los Angeles. Il monumento principale in piazza è costituito dall’antenna per la ricezione dei telefonini. E’ la modernità che irrompe, il nuovo che incrudelisce gli animi. In collina, nel paese morto, hanno sistemato gli stranieri richiedenti asilo. Vengono dall’Asia e dall’Africa, dalle zone di guerra. Corpi perseguitati, fuggiti per non morire. La loro pelle è nera. In Italia esistono luoghi di stazionamento. Uno di essi è proprio qua. Il Comune ha trovato una sistemazione ai venticinque residenti temporanei, un ritrovo turnario. Ciclo di arrivi e di ripartenze. Gli ospiti ricevono per il proprio sostentamento un pocket money dal governo italiano (due euro e cinquanta centesimi più buoni pasto). Hanno l’obbligo di spenderli presso i negozi del paese che li ospita. Li ospita, ma li tiene a distanza. Si fa pagare, ma insomma li ha sistemati nelle retrovie, tra le macerie. Nella disperazione che c’è, questa piccola fabbrica della speranza, fuggitivi, testimoni di carestie e di morte, frutta qualcosa. Sono tutti in cima alla montagna, nell’unico edificio restato in piedi dopo la tremenda scossa del terremoto dell’80. Lontani dagli occhi, lontani dal cuore. Davanti Conza della Campania si scorge la gola che conduce a Rocchetta. Era la stazione da dove si partiva per andare lontano o si arrivava dopo anni di sacrifici. Ora è il deserto. Binari alla memoria.

    (ha collaborato Valentina Corvigno)

    da Il Fatto Quotidiano, mercoledì 14 agosto 2013

  197. 213 pietro mitrione 16/08/2013 alle 4:41 PM

    http://www.orticalab.it/Il-Fatto-e-l-Avellino-Rocchetta
    Era l’estate del 2005 quando l’Ente per il Turismo di Avellino era al lavoro per Il Mangiastorie, il grande progetto di animazione territoriale per promuovere le tipicità enogastronomiche delle aree interne. Il progetto era tutto imperniato su percorsi del gusto con l’utilizzo di navette. Poiché avevo già elaborato in passato, per passione e “tigna”, un progetto che prevedeva di trasformare l’Avellino Rocchetta in vettore di tipo prevalentemente turistico, proposi questo progetto all’allora presidente dell’Ente. Dopo una accoglienza entusiasta, grandi pacche sulle spalle e sperticati complimenti non se ne fece più nulla. Era molto più facile pagare delle navette su gomma che mettere in piedi un progetto a lunga durata che trasformasse una volta per tutte quella linea in una risorsa e non, come si sono ostinati a ripetere fino ad ammazzarla, un costo inutile e troppo ingente.
    La politica è scelta che incide sul territorio e le scelte modificano il tessuto economico e sociale. Scegliere che Avellino e Napoli dovevano essere collegate dalla gomma è stata una scelta determinante che ha come conseguenza la dismissione della stazione di Avellino. Certo il passaggio non è così immediato, in mezzo ci sono aggiustamenti, finti rilanci, spese inutili, battaglie solitarie e gridi di allarme inascoltati. Ma quel battito d’ali di quella farfalla del passato ha prodotto oggi il disastro che conosciamo tutti. Un risultato che conosciamo bene perché lo vediamo in atto, ma che pure è stato annunciato con largo anticipo almeno 4 anni fa da un gruppo di folli considerati stupidi sognatori. Io sono una stupida.
    Perché riparlare oggi della ferrovia Avellino Rocchetta, dopo 3 anni dalla sospensione della linea? Perché l’indignazione di una rievocazione post mortem a mezzo stampa è più cocente dell’oblio cui eravamo abituati. Il Fatto Quotidiano dedica due pagine alla ferrovia del vino, lo fa adesso che sono passati tre anni dalla sua sospensione e cinque dai disperati tentativi del gruppo di “stupidi nostalgici” che hanno attuato un progetto di conversione turistica della linea senza una lira di finanziamento e senza alcun appoggio politico.
    Di quel miracolo che si è chiamato “Il treno irpino del paesaggio” nessuno ha parlato, e non ne parla nemmeno Antonello Caporale nelle sue due pagine di retorica dell’abbandono, del degrado e dello spreco. La costruzione, le buone idee, i progetti nati e gestiti dal basso ad opera di un gruppo di pazzi che ci hanno rimesso i soldi di tasca propria, ma che rifarebbero tutto daccapo, non parla nessuno. Questo non fa notizia, altrimenti il sud perde la sua aura di calma piatta post atomica. Quel rassicurante silenzio del subire.
    Noi avevamo reagito alla presunta ineluttabilità della dismissione della ferrovia Avellino Rochetta scrivendo ad Anna Donati che allora era direttrice dell’Acam. Scrisse Pietro Mitrione, ex ferroviere e combattente non in pensione. Fummo fortunati, questo è vero, scrivemmo ad una donna intelligente che per professione si era occupata di linee come la nostra. Scrivemmo ad una professionista di tipo europeo che ripose alla lettera, per interesse, per educazione.
    Allora l’Avellino Rocchetta viaggiava solo da settembre a giugno, una sola corsa alle 6 e 45 del mattino, nulla nel week end. La richiesta fu proprio avere delle corse al sabato e alla domenica. Per un anno riempimmo i treni del sabato e della domenica di viaggiatori che venivano da tutta la regione per vedere il paesaggio di Irpinia dai finestrini di un vecchio treno. Per guardare il ponte principe di Lapio, esempio unico costruito con la stessa tecnica della Tour Effeil da maestranze francesi. A Lapio, guarda caso, c’è una singolare tradizione di commedia dell’arte.
    Migliaia di persone hanno pagato per poter viaggiare su un treno non comodo, con una percorrenza lunga e ondeggiante, uno di quelli in cui c’è solo seconda classe, ma sul quale accadevano cose magiche. Su quel treno si parlava di irpinia, di futuro, di sviluppo, di territorio. Su quel treno abbiamo fatto politica attiva, pur senza parlare di partiti.
    Quel treno è un vettore economico, non un nostalgico percorso della memoria. Questo non ha visto il distratto Caporale. Malgrado la sua retorica stanca e sterile, quel treno non è più quello degli emigranti che andavano a cercare fuori la speranza, quel treno poteva essere la speranza per chi decide di restare. Invece di contestare la produzione della Zuegg (che grande colpa essere ancora una fabbrica attiva nella terra dell’abbandono), avrebbe dovuto scovare i motivi di una dismissione che interessa tutta la provincia. Una dismissione che è lenta sottrazione di servizi, dai treni (ma adesso anche i bus) agli ospedali, senza sconti perché siamo pochi. Ma soprattutto siamo la terra che paga il contro per conto di chi ha potuto prendere tutto.
    Quello che non è scritto nella sagra della retorica messa in pagina da Caporale è che un progetto di sviluppo turistico, proprio quel turismo di cui si riempiono la bocca tutti i nostri rappresentanti istituzionali, è stato buttato a mare, annientato, con motivazioni che per la loro pretestuosità rasentano la violenza. Sono stati invece commissionati studi per immaginare di sostituire il treno con le biciclette. La ferrovia turistica che già c’era si deve annientare perché bisogna cancellare quel che del passato può essere salvato, meglio farci camminare i cicloturisti. Vorrei ricordare che la ferrovia Avellino Rocchetta cammina a valle dei centri abitati, perché i paesi irpini (tranne rari casi) sono arroccati su alture. Davvero uno studio ritiene adatto quel percorso per il cicloturismo?
    Queste sono vicende che riguardano l’oggi, e non i racconti in bianco e nero di cento anni fa, quelli degli emigranti con valigie di cartone che “Trevico Torino” sembra un film girato ieri. Certo puntare sull’oleografia è sempre più facile, ma si sarebbe potuto dire qualcosa di utile. Visto che a al Fatto interessano tanto i vinti avrebbero potuto raccontare la battaglia che non ha dato i suoi frutti, l’inutile lotta contro Vetrella e contro un assessorato al Turismo determinato a non dialogare. Tutti arroccati dietro numeri sterili che mettono in relazione i nostri sempre esigui e contro quelli sempre vincenti della costa.
    Si poteva raccontare che forse è il punto di vista che andrebbe cambiato, che non c’è più bisogno di far piovere soldi, ma che oggi i valori sono le idee e le idee sono stare mortificate. Forse si poteva raccontare quando il gruppo di pazzi cercava di attirare l’attenzione su un problema più serio, spiegando che chiudere la Avellino Rocchetta era solo il primo passo per la chiusura della Stazione di Avellino. Si poteva dare voce ad un gruppo di pazzi capace di costruire. Ma a quanto pare dell’Irpinia interessano sempre più le macerie.
    N.B. aroppo chiuoppito che bell’acqua: dopo che ha piovuto si constata che c’è molta acqua.
    Avellino – Rocchetta, l’occasione persa

  198. 214 pietro mitrione 17/08/2013 alle 8:20 PM


    Ecco la Avellino Rocchetta , abbandono , degrado e sporcizia nelle stazioni , complimenti ai miei conterranei per questo scempio e per aver perso ancora una volta una buona occasione per incentivare il turismo in Irpinia

  199. 215 pietro mitrione 20/08/2013 alle 7:22 am

    Assessore Sergio Vetrella, togliere una ferrovia significa togliere storia, sentimenti, piccole economie, speranze per tutte le aree emarginate d’Italia.
    Chi lo fa pensa solo di togliere qualche traversina marcia e stop. Non è così, toglie anche una fetta di paesaggio, perché il treno sta nel nostro paesaggio, dal finestrino lo si osserva, lo si misura e lo si apprezza.
    Se questo è il futuro, e i segni si vedono ormai chiari, dobbiamo reagire.
    Dobbiamo fare in modo che tutto il patrimonio ferroviario dismesso diventi patrimonio della collettività, come è sempre stato….
    Facciamo riaprire la ferrovia Avellino Rocchetta: è possibile ripensare ad una diversa utilizzazione della stessa? Ogni giorno, ostinatamente, le chiederò di promuovere una valutazione di questa proposta. Oggi sono 980 i giorni trascorsi ….. dall’effettuazione dell’ultimo treno!!!
    Quel dito puntato vuole significare : prof. Sergio Vetrella ecco cosa è diventata la ferrovia che lei ha fatto chiudere dopo che sono stati spesi milioni di euro per attivare impianti di avanzata tecnologia.

  200. 216 pietro mitrione 20/08/2013 alle 7:23 am

    BENTORNATA MARIAROSA
    Dopo 50 anni Mariarosa, la protagonista del film” la donnaccia”, fa ritorno a Cairano. Per la verità noi di in_loco_motivi la aspettavamo sul nostro treno irpino del paesaggio, quel trenino che “4 stupidi idealisti” pensavano e pensano di far ripercorrere sui binari della ferrovia Avellino Rocchetta. E’ ancora una donna avvenente, nonostante l’età.L’accompagna nel ritorno verso il proprio paese d’origine il ricordo di una vita intrisa di fatica e di tristezza. La stanchezza del lungo viaggio è superata, però, dall’entusiasmo di rivedere luoghi e facce conosciute. L’ultimo tratto del viaggio quello in treno da Foggia a Conza è il più faticoso: si lascia a Foggia la ferrovia che conta ed inizia quella che porta nei poveri territori del lavoro contadino. Ne ricorda ancora i rumori, il paesaggio, il fiume Ofanto, la stazione di Rocchetta, dove deve scendere per trovare la coincidenza per la stazione di CAIRANO. E’ un brulicare di emozioni e di sensazioni nuove che fanno diventare brevissimo il viaggio da Foggia a Rocchetta. Il treno si ferma nella stazione di questo paese che una volta apparteneva alla provincia di Avellino.Scende e si guarda intorno mentre il treno riparte. Resta da sola nel silenzio assordante che la circonda. Non un bar, non una persona cui chiedere informazione. Cerca di capire come poter continuare il suo viaggio. Cammina lungo il marciapiede che tante volte, per il passato, ha percorso ed quasi come una automa si trova davanti a quella che una volta era la biglietteria. E’ sbarrata! Ritorna sui suoi passi e si reca nell’unico ufficio rimasto aperto. Un omino solitario, nell’immensità, della stazione, è l’unico essere umano presente in quella struttura che una volta brulicava di tante persone che portavano sulle spalle le famose “valigie di cartone” degli emigranti. Chiede a quest’uomo che indossa la divisa di ferroviere come poter raggiungere Cairano. Il “capostazione” di fronte a questa richiesta resta sbalordito ma ancor di più preoccupato. Sbalordito perché è da anni che la ferrovia Avellino Rocchetta è chiusa e preoccupato perché sa di essere impotente a dare assistenza a questa arzilla vecchietta. Con aria addolorata dice: il proseguimento non esiste, niente da fare: i decisori politici hanno stabilito che la ferrovia dell’Alta Irpinia, la famosa Avellino Rocchetta dovesse chiudere in quanto non trasportava persone in numero sufficiente e quindi non c’era più bisogno di questo mezzo di trasporto. Ma almeno c’è qualche bus per raggiungere Conza o Lioni? ribatte Mariarosa. Niente da fare il viaggio per chi vuole proseguire per i paesini dell’alta Irpinia finisce nel deserto della stazione di Rocchetta. Un telefono per poter avvisare i familiari a Cairano? impossibile: niente telefono pubblico e niente funzionamento di telefoni cellulari, non c’è “campo” dice sconsolato il povero capostazione. Nell’era della globalizzazione esistono ancora posti simili sulla terra, ammette quasi piangendo! A Mariarosa sembra di essere ripiombata ancora una volta nell’arretratezza e nella povertà che caratterizzavano gli anni 50/60, quelli della sua gioventù e si intristisce. La vecchia “littorina” non la condurrà a Cairano, non potrà rivedere i tanti paesi che affollavano i suoi ricordi, tutto resterà un ricordo. Le verrebbe da chiedere, provocatoriamente ma almeno un mulo! quello stesso che la condusse dalla stazione CAIRANO su al paese quando fece ritorno per la prima volta dopo il viaggio verso il “benessere” dell’Italia del Nord. Vorrebbe gridare la sua rabbia, la sua delusione ma l’atavica educazione contadina prende il predominio per non offendere quell’omino che, da solo, in quel desolato luogo rappresenta lo Stato. Ancora una volta, come tante volte per il passato, la proverbiale disponibilità dei ferrovieri, quelli che in queste piccole stazioni erano riferimenti quasi “familiari” per chi prendeva il treno, fa superare ogni difficoltà: sarà lui ad accompagnare Mariarosa a Cairano. A nome degli amici di in_loco_motivi ti diciamo: bentornata Mariarosa. Scusaci, se puoi, per come abbiamo ridotto la nostra Irpinia e……… mi raccomando cerca di stare bene durante il tuo soggiorno perché qui hanno chiuso anche gli ospedali, siamo ritornati a 50 anni fa. In questo racconto di fantasia c’è solo il ritorno di Mariarosa, il resto è, purtroppo, la triste ed invereconda realtà della odierna nostra Irpinia.

  201. 217 pietro mitrione 20/08/2013 alle 9:30 PM

    Amarcord

  202. 218 pietro mitrione 20/08/2013 alle 9:36 PM

    4 MILIONI ALLA “FONDAZIONE” DI BRUNETTA- IL GENEROSO CONTRIBUTO DELLA REGIONE CAMPANIA, UNA DELLE PIU’ INDEBITATE DELL’UNIVERSO

  203. 219 pietro mitrione 22/08/2013 alle 8:29 am

    BINARIO MORTO di Antonello Caporale
    13 agosto 2013 alle ore 21.12

    AVELLINO, L’ITALIA CHE HA UCCISO I TRENI E I SOGNI
    Viaggio sulla strada ferrata nata nel 1892 per portare gli irpini alla stazione di Rocchetta Sant’Antonio: luogo delle speranze da dove partivano i convogli “Espresso” per Torino, Milano e per la Germania. Dal dicembre 2010 quei 119 Km non vengono più percorsi: ormai è solo deserto

    Avellino – Se puoi, se ti va bene, tra le sette e le dieci del mattino trovi il treno. Se ritardi torni a casa e aspetti. Perché intorno alle 14 ripassa una locomotiva ma alle 18 finisce ogni ansia, ogni movimento. D’altronde è corretto: quasi tutti i treni sono stati soppressi. Tenere aperta un intero giorno la stazione di Avellino a cosa serve? E soprattutto: a chi? L’Italia sprecona, che ha consumato ogni pudore dirottando verso tasche bucate miliardi di euro, solo con la ferrovia ha avuto la mano di ferro. In mezzo secolo sono stati dismessi circa seimila chilometri di binari, solo negli ultimi vent’anni un supplemento di qualche centinaia di tratte sono state destinate alla ruggine e alle erbacce. Il treno costa e non passa più. Non sostenibile economicamente. Troppo pesante il salasso delle casse pubbliche, troppo oneroso tenere aperta una strada ferrata, specie se corre tra le montagne. Adesso ci sono le strade (e ponti, viadotti, assi attrezzati) e i bus. E tutti oggi hanno l’auto. Chi vuole parte. All’ora che gli piace, quando gli fa comodo. Veloce, sicuro, tranquillo.
    E’ così? Siamo proprio sicuri che sia così?
    Allora partiamo. Partiamo dal punto più debole dell’Italia, dall’osso del Sud, come scriveva Manlio Rossi Doria, dalle montagne irpine lungo il tragitto che da ovest spostava i contadini verso est, gli operai verso nord, i malati verso la speranza di un ospedale decente, di una cura possibile. La Avellino-Rocchetta, completata tra il 1892 e il 1895, era il treno dei sogni, delle speranze, del lavoro. Era il treno di chi partiva: “Rocchetta era l’alba, il punto di non ritorno, la nuova frontiera di una vita finalmente felice. Chi cercava lavoro, a Torino, a Milano, in Germania, sapeva che a Rocchetta doveva andare. Lì intercettava le linee veloci, i treni “espresso”. “Quanti pianti ci siamo fatti, quanti abbracci alla stazione di Rocchetta. E quanti ritorni!”. Le lacrime, sì. Pietro Mitrione, una vita nelle ferrovie, ricorda la tratta della speranza e della disperazione, della fatica e della salute. Chi partiva per curarsi e chi tornava dalla cura. Chi partiva per il lavoro e chi tornava per la pensione. Oggi non esiste nulla più, solo la finzione. I binari sono rimasti, i treni se ne sono andati per sempre. Trent’anni dopo, e con qualche centinaio di miliardi di euro spesi, si parte per gli stessi motivi: la salute, perché gli ospedali stanno chiudendo, non sono attrezzati, non ispirano fiducia e quelli del nord sono migliori. Per il lavoro, perché la vita nelle montagne è rinsecchita ancora, l’osso si è fatto pietra e se non ti muovi non esisti. L’altrove resta il nostro destino. Ieri come oggi.

    Quell’assurdo parco giochi già chiuso per abbandono
    La ferrovia per Rocchetta -dismessa il 12 dicembre 2010- è il monumentale documento di un viaggio mancato ma anche dello spreco, dell’irragionevolezza, della mancanza di idee e della assoluta mediocrità di una classe di governo che sta facendo affogare l’Italia come un barcone di migranti. A quaranta chilometri da Avellino inizia l’area metropolitana di Napoli. Lì si ammassano tutti. Tutti sulla sponda del mare, tutti verso Napoli. La più alta concentrazione demografica è sulla costa. Lì si muore perché gli ospedali affogano sotto il peso dell’emergenza. Qui si muore perché gli ospedali sono vuoti. E se sono vuoti risulta insopportabile il loro costo. E dunque chiudono. Lì non si trova casa. Qui sono stati costruiti quattrocentomila vani in più del necessario, il cosiddetto ristoro della ricostruzione seguita al sisma del 1980. Lì le case si alzano fin dentro la bocca del Vesuvio, e si decide addirittura per legge, la cosiddetta VesuVia, di finanziare i traslochi e gli abbattimenti. Qui le case aspettano da anni un inquilino. Rimaste vedove, si sgretolano da sole, muoiono senza che nessuno le abbia mai per un solo giorno abitate. Il declino è costante e visibile. Ogni anno una lesione in più, un pezzo di intonaco che si stacca, una ringhiera che si arrugginisce. Lì, sulla costa, la pressione demografica è tale che l’immondizia non è possibile stoccarla. Occorre sigillare sui treni (i cosiddetti “treni della monnezza”) il surplus di rifiuti prodotti e mandarli nell’Europa del Nord. Pagando il tragitto e il disturbo naturalmente. La crisi dei rifiuti è endemica e irrisolta: finora Napoli da sola ha inghiottito, nel turbinìo di opere vuote e inconcludenti che si sono succedute, sette miliardi di euro. Resta in piedi un termovalorizzatore, quello di Acerra, che brucia a singhiozzo, e per il resto è quasi tutto identico a prima. Qui, nelle aree interne, gli spazi sono ampi, la vista è nuda, le possibilità di ingegnarsi ci sarebbero, anche di resistere se solo la vita fosse resa più facile, più logica, più comoda. Crisi endemiche sul fronte mare per sovrappopolamento. Non trovi un letto in ospedale, se sei fortunato una barella al pronto soccorso. Crisi endemiche nelle aree interne per spopolamento. Gli ospedali a bassa intensità non reggono il regime del rapporto costi-benefici. Si svuotano le corsie, si chiudono i reparti. Chi vuol farsi curare deve partire. Bastava tenere ferma la congiunzione mare-monti per rendere più equilibrata la navigazione del barcone. La ferrovia serviva a questo. Trasportare da ovest verso est, rendere possibile la vita nei paesi e il lavoro in città con uno spostamento celere ed economico. Invece eccoci qua, ad ammirare la ferrovia chiusa. Giungiamo sul Ponte Principe, siamo a Lapìo, terra di grandi vini: il Fiano, il Taurasi, l’Aglianico. E’ un’opera magnifica, sembra la Torre Eiffel adagiata su un piano nell’atto di addormentarsi. Intatta, maestosa. E vuota. Doveva traghettare speranze, rimane un segno all’orizzonte, un filo che lega due montagne. Sotto la torre abita Anila Haxhiraj. Fuggì dall’Albania vent’anni fa, come migliaia di connazionali. Ha trovato qui, sotto questo ponte la vita, l’America. Un futuro, una famiglia: “Coltiviamo la terra, abbiamo aperto un b&b. Mi trovo bene, ho una vita felice e anche tanti impegni. Mi sono persino candidata alle ultime elezioni municipali. Abbiamo perso però”.
    I binari avanzano verso San Mango sul Calore , che è il punto del disonore. Qui il Sud ha perso la dignità, lo Stato ogni prudenza e tutela. Qui il nord ha saccheggiato le provvidenze, e i meridionali hanno fatto da palo. Collusi o felicemente ignavi del sacco. La ferrovia doveva condurre le merci e il lavoro nell’area industriale di San Mango, nuova di zecca. Miliardi (di lire) impegnati per realizzare fabbriche, contributi a fondo perduto, compresi nelle provvidenze della legge sulla ricostruzione dal terremoto del 1980. Ecco i binari. Entrano ed escono dalle fabbriche. Vuoti i primi, cadenti le seconde. Sembra una zona di morte, è un maestoso monumento allo spreco. Imprenditori falsi che hanno corrotto, funzionari che si sono fatti corrompere, soldi finiti nel nulla. Dovevano esserci aziende meccaniche, altre di trasformazione. Niente, solo scempio. Un’azienda, la Dragon Sud, che aveva ottenuto i contributi per impiantare un’attività di carpenteria metallica e trattamento dei rifiuti, trasforma lo stabilimento ricevuto dallo Stato in un parco giochi. Davvero: un parco giochi nell’area industriale! Un giudice della Corte dei conti, Maria Teresa Polito, non crede all’idea. Le sembra uno scherzo, un pesce d’aprile. Manda i finanzieri a controllare. Scriverà nella sentenza, afflitta e incredula: “Dall’accertamento diretto nell’area si è constatata l’effettiva trasformazione dello stabilimento in parco divertimenti, attualmente chiuso e in avanzato stato di abbandono”.

    Conza, il borgo antico “regalato” ai richiedenti asilo
    Solo saccheggio. I treni costano, e invece quest’area industriale? Cos’è lo spreco, chi rende conto dello spreco e, soprattutto, chi lo paga? E’ in attività solo la Zuegg, fa le marmellate. Sede principale nell’Alto Adige. Certo, anche Zuegg ha ottenuto più di quanto avrebbe dovuto, si è fatta pagare per aprire l’azienda: “Si evidenzia che la somma erogata, 12 miliardi 748 milioni di lire, è superiore al contributo definitivo. Nel collaudo finale la commissione ha inoltre rilevato una serie di variazioni rispetto al progetto originario mai approvate”, scrivono i magistrati contabili. Si sono fatti pagare, e tanto. Ma in questo deserto almeno la fabbrica c’è. Non fa confetture di nocciole, non confeziona le buonissime castagne che qui, tra Montella e Lioni sono il prodotto tipico. Arrivano pesche e albicocche da lontano. Il prodotto cosiddetto a chilometro zero non esiste. Però ci sono gli autotreni, che corrono lungo la Fondovalle, la nuova bretella di scorrimento veloce. E’ già intasata, sono bastati pochi anni di attività a renderla inadeguata.
    A Lioni la stazione è terra di nessuno. Troviamo Angelo, il capotreno di vent’anni fa. Lui e un gruppo di ex ferrovieri la accudiscono, montano di guardia: “Che peccato, era una linea tutta automatizzata”. Lioni è un paese con più case che abitanti. Vani vuoti, palazzi deserti. Il terremoto ha colpito, e si vede. Chi può scappa. Resiste il diavoletto del rancore. I paesi infatti vivono nel sentimento del rancore. Alcuni ragazzi hanno occupato una saletta pubblica, pochi metri quadrati, e hanno realizzato un centro sociale: si chiama Rouge. Vedono film, si ritrovano con una birra, parlano, contestano, discutono. Nel paese vuoto, un fiore rosso, un punto vivo. L’amministrazione ha deciso di sfrattarli. Non hanno il permesso. Si sfratta la ragione, mentre il treno immaginario prende la via di Conza della Campania. Il paese è nuovo di zecca, lucido e senz’anima. Il terremoto rase al suolo il vecchio borgo. I superstiti hanno deciso di lasciare le macerie e trasferirsi in pianura. Casone a due piani, strade larghe come neanche a Los Angeles. Il monumento principale in piazza è costituito dall’antenna per la ricezione dei telefonini. E’ la modernità che irrompe, il nuovo che incrudelisce gli animi. In collina, nel paese morto, hanno sistemato gli stranieri richiedenti asilo. Vengono dall’Asia e dall’Africa, dalle zone di guerra. Corpi perseguitati, fuggiti per non morire. La loro pelle è nera. In Italia esistono luoghi di stazionamento. Uno di essi è proprio qua. Il Comune ha trovato una sistemazione ai venticinque residenti temporanei, un ritrovo turnario. Ciclo di arrivi e di ripartenze. Gli ospiti ricevono per il proprio sostentamento un pocket money dal governo italiano (due euro e cinquanta centesimi più buoni pasto). Hanno l’obbligo di spenderli presso i negozi del paese che li ospita. Li ospita, ma li tiene a distanza. Si fa pagare, ma insomma li ha sistemati nelle retrovie, tra le macerie. Nella disperazione che c’è, questa piccola fabbrica della speranza, fuggitivi, testimoni di carestie e di morte, frutta qualcosa. Sono tutti in cima alla montagna, nell’unico edificio restato in piedi dopo la tremenda scossa del terremoto dell’80. Lontani dagli occhi, lontani dal cuore. Davanti Conza della Campania si scorge la gola che conduce a Rocchetta. Era la stazione da dove si partiva per andare lontano o si arrivava dopo anni di sacrifici. Ora è il deserto. Binari alla memoria.

    (ha collaborato Valentina Corvigno)

    da Il Fatto Quotidiano, mercoledì 14 agosto 2013

  204. 220 pietro mitrione 22/08/2013 alle 8:34 am

    BINARIO MORTO di Antonello Caporale
    17 agosto 2013 alle ore 21.12
    ROTAIE ASFALTATE, BUFALE D’ORO E AUTO DI LEGNO
    Lungo la tratta da Sicignano a Lagonegro s’incontrano aziende funzionanti e mega inganni di imprenditori “mariuoli” con i soldi pubblici.
    A Polla, 5mila anime in provincia di Salerno, in piazza i binari sono stati sepolti sotto al cemento per agevolare il passaggio degli autobus

    Lagonegro (Potenza) – Lasciato il binario morto alla vista della piana di Foggia, mi dirigo verso il mare. Adesso ho la Puglia alle spalle e Agropoli all’orizzonte, nel Cilento. Percorro la fondo Valle Sele: una strada dritta e nell’ultimo tratto deserta che sbuca sulla Salerno-Reggio Calabria, l’opera più illustrata d’Italia, capitale degli appalti, mangiatrice di commesse, teatro immobile di uno spreco immane di energie, di parole e di buone intenzioni. Inondata di milioni e di lavori, attende oramai sfinita dall’indigenza e dalla vecchiaia di esser degna del nome di autostrada. Se la strada subisce, all’altezza di Maratea, in Lucania, restringimenti e incolonnamenti, i binari cominciano a infettarsi di ruggine centoventi chilometri prima. L’alta velocità si ferma a Salerno. Da lì il treno prende il singhiozzo, si fa lento e infine -presa la via delle montagne- scompare. Un po’ come l’Italia. Roma è lontana e la locomotiva ha il passo ancora buono quando taglia la piana di Battipaglia e sfiora i templi di Paestum. La magia della Magna Grecia è insieme un monumento alla memoria, una sfida dell’arte all’uomo ed esposizione universale dei nostri difetti. Paestum è inglobata in assi stradali, case, villette, bancarelle. Non ha respiro, come se le mancasse una prospettiva di felicità. A pochi metri di distanza risiedono, costipate in campetti di fango, le bufale a cui dobbiamo la più buona mozzarella italiana. M’incuriosiva capire perché la bufala s’inzozzasse, perché preferisse rilassarsi nel fango anziché adagiarsi sul prato.

    L’uomo che parla alle vacche

    Ho interrogato Antonio Palmieri, di sicuro il più talentuoso allevatore del nostro Paese: “In verità quell’animale non ama lo sporco, siamo noi umani che l’abbiamo costretta ad entusiasmarsi del fango”. A riprova della sua assoluta convinzione mi ha illustrato il regime di vita di cui godono nel suo recinto le predilette. Da lui la bufala si fa la doccia almeno due volte al giorno, dorme su un materasso ad acqua, decide da sola quando procedere alla mungitura, sceglie quotidianamente un massaggio rilassante. Palmieri -ritenendo che la bufala sia intelligente almeno quanto una mucca (gli svedesi, che gli hanno venduto il sistema computerizzato di gestione della stalla si erano incaponiti nel ritenerla una sorella scema)- ha dotato la sua azienda casearia di un sistema che lascia all’animale allevato la libertà di iniziare un quotidiano tour della necessità e del benessere. Quando ha fame mangia, quando ha sete beve, quando ha caldo si lava, quando ha sonno dorme, quando è gravida esce all’aperto e viene lasciata in pace. Un chip guida i suoi movimenti, apre e chiude le barriere, indica il percorso e governa le sue esigenze. La bufala in autogestione insomma. “Quanto più elevato è il benessere dell’animale tanto più è elevata la qualità del latte che produce”. L’equazione di Palmieri è insuperabile e certificata dal suo prodotto. Su piazza non c’è mozzarella migliore della sua.
    E’ anche un bel bottino per proseguire il viaggio verso sud. La prima interruzione di linea è all’altezza di Sicignano degli Alburni. Se vuoi andare a Potenza puoi (naturalmente senza badare all’orologio: il treno c’è ma è lento). Se scegli Reggio Calabria, il corridoio ferrato è ancora aperto verso il mare (naturalmente non c’è l’alta velocità, costerebbe troppo!) Se stai in mezzo, tra le vallate del salernitano, ti fermi e attendi il bus. Quando passa.
    L’Italia non ha una sua metà. Il barcone ti attende sempre ai lati. O ti ammassi sul Tirreno, oppure ti dirigi con un salto verso l’Adriatico. Tutte le città, i paesi, i villaggi interni sono scavalcati e annullati. Insignificanti. A Polla inizia il Vallo di Diano, terra fertile e piena di aziendine. In questo spicchio di Sud i soldi, a contare le concessionarie di auto di lusso, non mancano. La crisi si sente ma il benessere resiste. In questo crocevia di affari non poteva mancare la grande stazione di autolinee. Negli ultimi trent’anni si è rivelato un business eccellente, un centro lobbistico che ha piegato le resistenze degli amministratori locali, usurpando dalle Regioni il diritto imperituro alla concessione, spesso al contributo a fondo perduto, di sicuro all’assistenza eterna. I treni costano. E i bus? A Polla dà battaglia Rocco Panetta che, in un percorso didattico, fortifica la convinzione di come lo Stato abbia affidato ai privati i suoi affari. Il binario che scorreva fino a Lagonegro è stato tranciato in più parti. Era una linea dritta, una ferrovia secondaria che sviluppava un discreto flusso di viaggiatori lungo la direttrice nord-sud, da Lagonegro, in Lucania, verso Salerno. Linea chiusa per far posto ai bus. Nella piazza di Polla i binari sono stati asfaltati, si dice per permettere ai bisonti gommati una più agevole traiettoria nell’operazione di ingresso e uscita dal deposito. Il Comune -quando ha potuto- ha fatto costruire fin dentro la ferrovia in modo che l’idea di un treno di nuovo in funzione scomparisse per sempre da queste parti.

    Sei milioni buttati a Cutro

    Il treno costa, vero? E’ sicuramente questa la più grande, maestosa, bugia della contemporaneità. Ai lati dei binari, che avrebbero condotto studenti e operai, famiglie a basso salario, nonne e nipoti, dalla città al paese, riducendo le distanze, agevolando la vita delle campagne ed alleviando quella delle città, sono stati sversati, come quei veleni che imprenditori rapaci rilasciano nei corsi d’acqua, circa 80 miliardi di contributi pubblici (europei e nazionali) sotto il nome della famigerata legge 488, aiuti all’imprenditoria. Un buco nero così vergognoso che Pier Luigi Bersani, quando fu ministro dell’Industria, dovette denunciare con queste parole: “Chiudo la 488 perché tanti miliardi di euro, fra fondi europei e quelli provenienti dalle nostre tasche, sono finiti nella mani della criminalità organizzata e in progetti senza capo né coda”.
    Tenere aperta una ferrovia significa tenere aperta una strada, una vita, una possibilità di sviluppo, un regolatore demografico. Tenere vivo il binario è questione di civiltà. E questo binario, che ci sta conducendo verso Cosenza, avrebbe avuto bisogno di pochi soldi per resistere e concorrere allo sviluppo sostenibile del traffico di persone e merci. Soldi per le ferrovie non ce ne sono stati, mentre montagne di euro, lungo queste tratte, sono stati mobilitati per imprenditori del nulla, ladri di Stato, mariuoli matricolati.
    Un esempio? La storia del signor Paparoni. La sua pietra miliare giace dal 2001 nell’area industriale di Cutro, in Calabria. Un fantomatico insediamento premiato dallo Stato con 120 milioni e capace -sempre secondo la fantasia- di offrire lavoro a 350 giovani del posto. La pietra di Paparoni è costata 6 milioni di euro, oltre qualche bottiglia di spumante e il nastro tricolore per l’inaugurazione. Paparoni doveva costruire un impianto di ricambi auto, un approdo sicuro per operai in attesa di impiego. La Guardia di finanza ancora si chiede dove sia finito questo capitano coraggioso. E -esempio numero due- la macchina di legno di Gioia Tauro? Da sbellicarsi dalle risate. Non tutti, non i 190 operai dell’Isotta Fraschini, senza salario e senza una risposta. Già, la domanda: chi ha creduto che un imprenditore, noto per i suoi precedenti per bancarotta, potesse assemblare una macchina ultramoderna? Eppure Giuliano Malvino, proprietario della Fissore, calato da Cuneo per la gloria di Gioia Tauro, ottiene i fondi della 488 e altre agevolazioni. Tra consulenze dell’Isotta alla Fissore dello stesso Malvino, IVA evasa, contributi statali, Tfr degli operai -secondo la Finanza- l’imprenditore di Cuneo aveva rastrellato 20 miliardi di lire.

    Ladri di Stato

    Per verità cristiana, bisogna aggiungere che una macchina (di legno) è uscita dallo stabilimento di Gioia Tauro. O meglio: un prototipo è stato trasportato da un tir e impalato dinanzi alla fabbrica, non aveva né carte in regola, né rudimenti tecnici per camminare su strada. E prima di iniziare la produzione, l’Isotta Fraschini è stata decretata in bancarotta. Una raffinata strategia, anche se un po’ sfrontata, è stata la fortuna del bresciano Codenotti, anch’egli ingolosito dal patto territoriale di Gioia Tauro. L’imprenditore aveva dichiarato 22 milioni di spese proprie, aveva dichiarato, appunto, e aveva documentato allo Stato con un capannone spacciato per nuovo di zecca, ma importato dalla Germania e riverniciato nella sede di Leno. Lo Stato ha abboccato e ha stanziato 9 milioni di euro. Codonetti sembrava davvero l’uomo giusto, aveva prenotato soltanto 60 operai per il riciclo del metallo. Aveva le manie dell’educatore, i suoi cartelli “Non rubare, piuttosto chiedi” sono rimasti appesi alle pareti di un santuario vuoto, trafugato della sua reliquia principale: i contributi, riscossi sino alla penultima trance. L’ultima doveva coincidere con l’apertura della fabbrica. Che non c’è mai stata.
    A volte finisce peggio. All’imbarco, o addirittura sulle scalette di un aereo. Daniele Morandini fu arrestato, aveva già un biglietto di sola andata per il Brasile e depositato sette milioni di euro sui conti protetti di San Marino. Desiderava mettersi alle spalle la brutta faccenda di Amantea, Cosenza. Sarebbe stato un colpo di magia mettersi alle spalle 15mila metri quadrati di capannone, il tempio della Bm Filati e l’ipotetica salvezza per 130 persone strappate dall’indigenza. Per spirito di ospitalità, il Comune di Amantea aveva allargato l’area Pip in favore dell’imprenditore bresciano. E lui, di rimando, voleva allargare le sue conoscenze in Brasile. Dal Tirreno allo Ionio. Da Amantea a Spezzano Albanese, sempre provincia di Cosenza.

    Imbroglio solare autorizzato

    Energia alternativa. Due imprenditori cosentini presentano un progetto: sofisticato impianto per la produzione di pannelli fotovoltaici; 190 operai da sfamare, mercati nazionali da dominare. Nasce la Solaris, lo Stato partecipa con 13 milioni. La Guardia di finanza all’interno della Solaris trova una decina di persone, macchinari inutilizzabili e altri taroccati, persino quadri elettrici senza fili. E la cabina di collaudo per le celle, il testimone non plus ultra della tecnologia, da sottrarre al logorio della polvere e degli agenti esterni, era ricoperta da un telone da camion. Fatture gonfiate, assegni fittizi, ricevute fasulle per macchinari altrettanto fasulli. I promotori della Solaris erano esperti del settore: presiedevano una decina di società e, provando e riprovando, avevano già ottenuto dallo Stato circa 60 milioni di euro. Era una professione, insomma.
    Fermiamoci qui con questo ripasso della truffa autorizzata. Ecco come abbiamo speso i soldi, ecco la radice della crisi, le ragioni dello spreco. Ecco la fandonia dei soldi che non c’erano per le ferrovie. I soldi c’erano, eccome!
    L’autostrada, dopo lo stop del tratto lucano ancora interessato ai lavori di ammodernamento, si è fatta larga. Corriamo veloci verso Cosenza.

  205. 221 pietro mitrione 22/08/2013 alle 8:35 am

    Dove le ’ndrine si sono mangiate anche i treni

    binariomortoDELLA MEGA STAZIONE DI COSENZA RIMANE SOLO IL PARCHEGGIO INTERRATO RIDOTTO A PICCOLA DISCARICA URBANA, L’ATRIO DESOLATO E LA LITTORINA DIESEL CHE ASPETTA DI PARTIRE VERSO IL NULLA. IN DIREZIONE CATANZARO SOLO POCHE FERMATE POI BISOGNA LASCIARE IL CONVOGLIO PER SALIRE SULLA CORRIERA SU GOMMA

    A Cosenza la stazione ferroviaria è divenuta una escrescenza, un abuso, un punto dell’anoressia sociale. I treni si sono ridotti al punto da sostenere il traffico delle poche tratte locali, lo scalo merci è chiuso, chi deve partire di certo non ha cuore di mettere piede qui dentro. Resistono due tassisti sotto il sole di luglio. Il primo ha sistemato una poltroncina di tela sul marciapiede. C’è da aspettare molto e da avere fede nel prossimo. Chiesero allo studio Nervi di progettare questa stazione, e farla grande, importante. Infatti furono spesi tanti soldi, e al solito, oggi, di quei soldi restano grandiosi vuoti tecnici. Il parcheggio interrato ridotto a piccola discarica urbana, l’atrio desolato, la littorina diesel che aspetta, afflitta e sola, di partire verso il nulla. Hanno chiuso ogni speranza ai binari, tutti hanno l’obbligo di viaggiare su gomma attraverso le strade interrotte, le frane ricorrenti, i lavori in corso. Bisogna fare la fila, stare in fila anche qui, anche in questo territorio che non conosce metropoli, ma solo affari metropolitani.
    Calabria una e trina
    La Calabria si divide in tre città, e ciascuna è dominata da un pool di famiglie oppure da un arbitro monocratico che ne decide il destino e il flusso finanziario. A nord c’è Cosenza e i gruppi familiari sono numerosi, agguerriti, anche piuttosto affamati. Il clan dei Gentile (Pdl), quello degli Occhiuto (Udc), la brigata Adamo-Oliverio (un po’ dentro un po’ fuori il Pd). A Reggio Calabria il dominus si chiama Giuseppe Scopelliti, il governatore. Il resto della truppa è una forma di gregariato senza nome. Ineffabili precari della politica e del pendolo: dal centrosinistra verso il centrodestra, se il centrodestra è forte. Al contrario se il voto dovesse ribaltarsi, e qualche volta succede. A Catanzaro frattaglie miste di centrodestra e centrosinistra. Le linee di demarcazione sono nuvole bianche e trasparenti. Si trasmigra senza dolore e senza rumore. Così fan tutti. È faticoso attraversare la Calabria in auto. Quasi impossibile provarci in treno. È praticamente irraggiungibile sulla costa ionica. I paesi sono persi tra i monti, o le case spolverate alla rinfusa – come sale sulle alici fritte – sulla spiaggia, meglio se con i piedi di cemento nell’acqua per non perdere il piacere di tuffarsi in mare dalla camera da letto. I paesi sono destinati a morire. E le città? Piovono progetti mirabolanti perché i tre capoluoghi abbiano ciascuno una propria metropolitana. 450 milioni di euro divisi per tre, il solito rito dei grandiosi piani che hanno inizio e mai fine.
    Le invasioni barbariche
    I soldi ci sono, e verrebbe da dire purtroppo. Sono i figli legittimi di una dedizione allo spreco, alla teatralità dell’opera politica, alla conquista delle clientele attraverso gli appalti. La regione muore di fame, disossata della sua cultura, della civiltà, dei talenti che fuggono. Non c’è c h a n ce alcuna: o stai in fila con la mano tesa oppure rappresenti l’inutile testimonianza della dignità. I soldi ci sono, dicevamo. Ben 7 milioni di euro sono destinati a edificare ilMuseo di Alarico, il re di Visigoti. Si ritrova la memoria nelle invasioni barbariche e si perde il senso dell’appartenenza, della comunità. Dell’oggi. Una pioggia di milioni di euro confluiscono nei cosiddetti piani integrati di sviluppo locale. Sono i titoli che l’Unione europea dà ai programmi di sviluppo e sembrano belli e giusti. C’è però un dire e un fare. Lungo il tragitto che da Bruxelles giunge fin qui i piani si snaturano, i programmi diventano fantascienza, un tragico mix di appalti sconnessi, una terribile coordinazione nel fare in modo che non un euro frutti. Anche questa volta pare inevitabile. Come sempre: più dire che fare. Destinazione spreco.
    Parte la locomotiva per Catanzaro. Con una manutenzione appena decente e investimenti misurati e coerenti, il tragitto tra le due città si potrebbe compiere in un’ora e 20 minuti. Troppo bello, eh? La lobby della gomma che si nutre di politica che infatti sistematicamente sovvenziona, ha i suoi bus di linea: in un’ora e mezza sei là. Quindi il treno è inutile, perché inutili sono divenuti i paesi che attraversa. Il treno da Cosenza parte per Catanzaro, ma si ferma a Rogliano, pochi chilometri a sud. Da lì trasbordo su bus. Se vuoi è così. Il sindaco: “Cosa devo dirle, ci sono lavori da una vita, la linea è interrotta ufficialmente per una frana. Manca la volontà politica, questo è quanto”. Garibaldi è passato di qua, veniva da Soveria Mannelli e si dirigeva a nord. Lui ha unito ciò che oggi è invece disunito. La stazione vuota, due auto, un bus che aspetta il niente. Soldi mandati al macero deliberatamente nella regione più povera di tutte. È più di un peccato capitale, è l’ufficializzazione che la ragione non abita da queste parti, e non c’è cuore per il bene comune. Anzi: non c’è senso comune del bene comune. La Valle del Savuto, poi la catena del Reventino. Sarebbe una terra ricca se solo venisse sfruttata la sua vocazione agricola. Sono decine i prodotti tutelati, ma è un marchio improduttivo. Non c’è sviluppo locale, i frutti della terra non si conoscono oltre la cinta della provincia. Non c’è impresa, prevale l’assistenza. O si fugge al nord oppure si devia, volendo restare calabresi in Calabria, verso le due piane, quella lametina (che si sviluppa in direzione di Catanzaro) e quest’altra: la piana di Gioia Tauro. Il treno l’abbiamo lasciato 60 chilometri fa. Il nome di Gioia Tauro è accostato sistematicamente alle famiglie della ’ndrangheta, le cosiddette ’ndrine. Sembra la capitale della perdizione, dell’anti-Stato. L’urbanistica conferma l’idea che non una regola è stata fatta salva. È una città allagata di cemento, ingolfata, incolonnata. Tra Gioia Tauro e Palmi ci sono nove chilometri di distanza. E un binario che collega le due cittadine, da centro a centro. Ferrovie taurensi, si chiamavano. Naturalmente, non c’è neanche bisogno di dirlo, la tratta è stata soppressa. “È clamoroso, ed è segno della indicibile incuria, del senso incredibile della volontà di far male. Questi binari sono la vita, potrebbero trasportare gli studenti da un luogo all’altro, chi è diretto all’ospedale, chi agli uffici. Questa è una metropolitana leggera bella e pronta. Si ridurrebbe il traffico, i costi dello spostamento, il tempo del tragitto. Invece niente. Devi prendere il bus o l’auto. Devi fare la fila, devi incolonnarti, devi spendere il triplo. Sembra il frutto di una regia malefica”. È Domenico Gattuso, ingegnere dei trasporti, curatore amorevole di questi binari morti. Aspetta nella stazione di Gioia Tauro, naturalmente vuota. Con lui Carmen Pellicanò, la capostazione di questa ferrovia fantasma: “Sono l’ultima assunta. E la mia assunzione è coincisa con la soppressione della tratta. Adesso vendo i biglietti dei bus. È avvilente, ma è la realtà”. Carmen è stata assunta per un malinteso.
    I cantieri dell’inutile
    Strano ma vero: la forbice pubblica è stata implacabile solo con i treni. Rami secchi da tagliare. Non c’è capitolo della spesa statale che abbia subìto una punizione così feroce, anche quando le ragioni che si oppongono a queste decisioni sono così piene, inoppugnabili. Le lobby, in Italia, funzionano bene, ma quelle dei trasporti su gomma hanno segnato una vitalità, una intraprendenza e conseguito un palmares di successi inarrivabile. La Fiat ha aperto la strada, e pian piano tutti i gruppi imprenditoriali che hanno investito sul trasporto pubblico sovvenzionato hanno fatto il resto. Hanno tagliato oltre il senso logico delle cose, e sui binari la dissennatezza pubblica è stata plateale. Tutto il Sud, in dieci anni, ha sprecato, sperperato, destinato ai cantieri dell’inutile circa 100 miliardi di euro. Eppure, non un euro è stato disponibile per tenere in vita questo sistema di mobilità sicura, popolare e persino veloce. Niente. Quaggiù non solo i Frecciarossa non arrivano, ma neanche le littorine per i pendolari funzionano più. È un’Italia appiedata, senza il diritto di avanzare nemmeno la richiesta di un trattamento di seconda classe. Nulla. E il bello deve ancora arrivare. Si parte in auto per raggiungere lo Stretto, poi l’attesa per i traghetti. Il pedaggio è aumentato a ritmi vertiginosi negli ultimi anni, le famiglie monopoliste hanno deciso di far lievitare come il pane la tariffa per il passaggio tra Reggio Calabria eMessina. Dieci, venti, cinquanta, centoventi per cento in pochi anni. Le proteste si infittiscono, ma chi li sente? A Messina una piccola, pacifica rivoluzione: il sistema clientelare cittadino è collassato al punto da permettere la conquista del Comune a Renato Accorinti, il sindaco scalzo, figura iconoclasta e sfottente, contestatore irrefrenabile, solitario testimone d’opposizione.
    da: Il Fatto Quotidiano, 21 agosto 2013

  206. 222 pietro mitrione 25/08/2013 alle 9:03 am

    BINARIO MORTO di Antonello Caporale
    24 agosto 2013 alle ore 21.12
    GARIBALDI E’ ANCORA FERMO A MARSALA

    L’Eroe dei due Mondi aspetta il monumento alla sua impresa dal 12 maggio 1860, il giorno successivo allo sbarco dei Mille in Sicilia. Terra dove è tutto fermo, a cominciare dai treni: da Castelvetrano a Porto Empedocle-Agrigento le strade ferrate e le stazioni sono ormai abbandonate dal lontano 1986

    Agrigento – La stazione di Alcamo è un bel covo di rondini. Lasciata in territorio franco, una campagna aperta e assolata, è stata presto conquistata dall’aria e dalla terra agli animali. Le rondini hanno deciso di realizzare nel salone desolato e lungo la pensilina defunta una piattaforma mediterranea di partenze e arrivi, una centrale demografica della loro specie, un sistema di cure per volatili infermi o affaticati, per gli appena nati, rondini-baby bisognose di attenzioni. Da terra, i cani randagi presidiano la piazzola d’ingresso in un via vai impressionante, un traffico di bocche affamate e assetate, meste testimoni dell’inoperosità dell’uomo. C’è, è vero, un capostazione. E’ solo al comando. Qualche vagone ancora parte, direzione Palermo. Quanti viaggiatori si affaccino fin quaggiù è questione aperta al mistero.
    La ferrovia va a scartamento ridotto, i treni la raggiungono quando possono, come possono. Meglio l’auto o, naturalmente, il bus. La costa meridionale della Sicilia occidentale è un lungo, impressionante binario morto. Ramo secco non solo la ferrovia, ma gli arbusti, i terreni, le case, i paesi e le città. Limpida metafora dell’inutilità, della superfluità, di un’Italia da mandare in cantina, sotterrare alla vita civile, lasciarla deperire, mortificare, annullare in un’agonia disperata. Non c’è Stato quaggiù. Ed è così visibile l’assenza di un ordine che la bellezza straripante della natura riesce a malapena a mitigare lo sforzo della classe politica di rendere inospitale un’esposizione universale della cultura classica e di quella araba, incrocio formidabile di conquiste, terra da sbarco, terra da guerre e di fede. Di là c’è Marsala, e i Mille di Garibaldi. Ma prima, verso Calatafimi, il treno dei desideri, se solo ci fosse, ci condurrebbe a Segesta, antica città dorica. Il suo magnifico tempio domina la valle e alla sua ombra è defunta la ferrovia. Roba vecchia, inutile, dismessa. Non c’è nulla che funzioni più, l’ultimo treno è passato da qui il 25 febbraio di quest’anno. “Allontanarsi dai binari, treno in transito”: è il nastro registrato che continua a fare imperterrito il suo lavoro. “Si avvertono i signori viaggiatori…”. Si piange o si ride?
    La strada ferrata si chiude per vecchiaia. Una frana che non si ripara, un ponte che inizia a scricchiolare, un binario che si sbullona. Ovunque è stato così. Quando la manutenzione diviene necessaria, la scelta è quella di fare l’opposto: invece che riparare la strada ferrata, meglio chiuderla. Ma dolcemente. In una prima fase vengono sospese, temporaneamente sia chiaro, le corse. Passano i mesi e la sospensione diviene definitiva. Con gli anni la linea viene raggiunta e accerchiata dalla vegetazione, quando non asfaltata se lambisce case o piazze. RFI, la società pubblica che ne è titolare, chiude spesso un occhio quando non tutti e due. Del resto, che importa? E’ un ramo secco consegnato all’aldilà!

    L’oltraggio all’Unità d’Italia
    Se esiste una ragione del fatto che i nostri beni culturali sono messi così male, è anche perché sfibriamo sistematicamente, dolosamente e con una crudeltà inaudita il viaggiatore, turista o viandante, che voglia visitarli, accudirli, ritrovarli. La forza maestosa della memoria, queste colonne greche che si aprono al cielo meriterebbero di essere soltanto rispettate, magari connesse le une alle altre in un itinerario turistico segnato da testimonianze così preziose. Aperte alla vista, disponibili con chi ha piacere di mirarle.
    Esisteva un binario che collegava Segesta ad Agrigento e le sue vestigia, le sue meraviglie ancora intatte. C’era una via di transito tra una natura spettacolare, tour tra le ricchezze archeologiche e insieme attraversamento delle città di mare che si affacciano davanti alle coste africane. Poi più niente. Se il ministro dei Beni culturali Massimo Bray dovesse domandarsi il motivo per cui l’Italia malmena i suoi tesori, ne avrebbe davanti a sé mille. Ma potrebbe ottenere, se volesse impegnarsi a cercarlo, un elenco lungo e preciso di mandanti politici, responsabili ai quali imputare il degrado, l’abbandono, lo spreco.
    Se solo il ministro sapesse, per esempio, cosa hanno fatto a Giuseppe Garibaldi gli si rizzerebbero i capelli. Dovevano erigere un ceppo alla memoria. Racconta Giacomo di Girolamo, giornalista di Marsala: “La prima delibera che annuncia il monumento è del 12 maggio del 1860, il giorno dopo lo storico sbarco. Nell’attesa viene posta una colonna celebrativa, distrutta da un temporale poco tempo dopo. Non ci sono i soldi, passano gli anni e arriva un finanziamento per la costruzione, siamo agli anni Venti, di un progetto dello scultore Ettore Ximenes, ai tempi uno dei più grandi artisti italiani. Ximenes fa il bozzetto, viene anche stampata una cartolina celebrativa, ma il monumento non verrà mai costruito, e i soldi, equivalenti a mezzo milione di euro di oggi, si perderanno…”. Nel centenario dello sbarco, 1960, si indice un concorso internazionale di idee con un progetto grandioso firmato dall’architetto Emanuele Mongiovì: “Due poppe di nave, in travertino e a grandezza quasi naturale, che si fondono in una sola prua a ricordare i due bastimenti dell’impresa, il Piemonte e il Lombardo, convergenti nell’unicità del Risorgimento”. Misure: 70 metri di lunghezza per 26 di larghezza. Più “un albero maestro che si innalza per 47 metri”. Più le vele: “Un panneggio marmoreo di 550 metri quadri. A prua, svettante per 5 metri, Giuseppe Garibaldi”. Per l’avvio dell’iter ci vogliono altri due decenni. I nuovi lavori per la costruzione della mastodontica opera, al centro del lungomare, furono inaugurati dall’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, nel luglio 1986. Fradicio di sudore in un mare di garofani rossi pose la prima pietra. “Speriamo che non resti un’incompiuta”, si lasciò sfuggire. Ci indovinò. Perché due anni dopo un funzionario del demanio fermò i lavori: il monumento era totalmente abusivo. Poche settimane e un dispaccio Ansa illustrava il dettaglio della controversia: “La Capitaneria di porto di Trapani ha ingiunto al Comune di Marsala di demolire, entro trenta giorni, il basamento costruito su terreno del demanio marittimo sul quale doveva sorgere il monumento-museo in ricordo dello sbarco dei Mille di Garibaldi avvenuto nel 1860. Nell’ingiunzione la Capitaneria scrive, tra l’altro, che se il Comune non ottempererà all’invito sarà la stessa Capitaneria a procedere d’ufficio”. Sono passati, da allora, 21 anni e mezzo. E mentre spuntavano ogni tanto nuovi appelli a sbloccare i lavori e nuove proposte per rendere il ciclopico manufatto più leggero (e se si rinunciasse alle vele? E se si facessero le vele di metallo invece che di granito? E se queste vele suonassero al vento?) lo scheletro del monumento ai Mille è un segno compiuto del degrado e dello spreco.
    Il conto economico di questa vergogna non si conosce esattamente, ma sono alcuni miliardi di lire buttati in faccia alla storia e al decoro delle istituzioni. I miliardi, tutti quei miliardi, sono serviti a costruire un obbrobrio, una specie di casamatta. E neanche il fastoso compleanno, i 150 anni dell’Unità d’Italia, segnati da favolosi impegni pubblici, continue rincorse ufficiali al dovere della memoria e al patriottismo, sono serviti a rendere degno, finalmente accettabile, quel ceppo così decisivo.

    Ecco il paradosso: il treno è un costo insopportabile, lo spreco un’eventualità infinita e reiterabile. Il treno fa le spese dei furti di massa. Il binario, che c’era prima ancora che l’Italia si ritrovasse unita, diviene una carcassa, un fondo inutile, un esercizio d’amore di retrovia. Avanzano i viadotti, si allargano le strade, si concentrano i bus. Tutti insieme, incolonnati e felici, con le montagne divaricate, i costoni tagliati. Sull’asfalto le migliori tangenti possibili, con l’asfalto i sogni più incredibili e le opere più vomitevoli.
    Un viadotto a metà, chiuso al nulla, sorvola la stazione ferroviaria di Porto Empedocle. Naturalmente chiusa. Quel viadotto mai completato, è l’esempio scintillante, poderoso, inequivoco di quanto siano grandi la malafede e la falsità della rappresentazione ufficiale. Di come la verità si trasformi in bugia, l’opera pubblica in spreco sistemico, nesso funzionale tra la politica e la società. Come i cittadini siano ridotti a clientes e solo la merce, il denaro dell’appalto, sia il collante ideologico. Resta, sotto quel viadotto interrotto e sospeso in aria, una verità semplice, minuta ma esplosiva nella sua identità. Si è tolta a intere comunità una via di collegamento sicura e veloce, un mezzo potente ed economico come il treno, pur essendoci, vedendo quanti soldi e come sono stati buttati al vento, i mezzi economici per conservarlo. La falsità del costo insostenibile riempie gli occhi e li fa bruciare per l’indignazione. Porto Empedocle era la stazione d’arrivo di un percorso che partiva da Castelvetrano, in provincia di Trapani. Tra i due poli, la lunga teoria degli scempi edilizi e un luogo, una città, Sciacca, madre di tutte le più ardite interpretazioni circa l’uso che si può fare del denaro pubblico, frutto, è bene ricordarlo, delle famose imposte (di chi le paga). Sciacca è il punto di non ritorno di come siano state devastate le casse pubbliche. Questa città è stato il teatro negli anni settanta della più ciclopica rincorsa alla fantasia sprecona. In quegli anni si immaginò di far divenire Sciacca un mix tra una spiaggia tropicale e un fiordo norvegese. Si pensò possibile di sviluppare, attraverso una gragnuola di appalti pubblici, l’idea di tenere insieme fondali caraibici e orche scandinave, la neve al sole, il mare alla montagna.

    La funivia e la neve al mare
    Una corda d’acciaio (una corda sì!) avrebbe reso possibile la spettacolare coniugazione. Una funivia sarebbe partita dal mare e avrebbe condotto i turisti in montagna, superate le case. Palle di neve artificiale avrebbero reso stupenda, imperdibile la risalita. “Dite ai vostri figli di ritornare a Sciacca -raccomandò Calogero Mannino, il rappresentante eterno del partito egemone, la Democrazia cristiana-. C’è lavoro per tutti finalmente”. Seicento miliardi di lire è costato il sogno caraibico, solo (sic!) quattrocento milioni le orche. Degli undici alberghi, dei settemila posti letto, della neve e di tutto il resto, nulla è dato sapere. Fuggiti via i sogni e il lavoro, buttati alle ortiche i soldi, fallita la società pubblica che avrebbe dovuto trasformare Sciacca in un giardino, una sede termale internazionale, un meraviglioso luogo dove andare e scordarsi di ripartire. Appalti evaporati, come l’acqua che bolle nell’inutile attesa degli spaghetti. Sciacca è più povera di prima, se possibile. Anche gli ospedali, attraverso la famosa razionalizzazione, si fanno più distanti, le strade più bucate, i municipi più vuoti e inospitali, le scuole blindate in manufatti derelitti, la ruggine come segno distintivo del tricolore.
    Chiude la ferrovia e con il treno che si ferma, come questo a Porto Empedocle che testimonia il fallimento civile dell’organizzazione pubblica, si chiude ogni idea di rinascita. L’unica cosa che ci resta da fare, con questo caldo, è un tuffo a mare. E anche qui, malgrado la spiaggia meravigliosa che si stende ai piedi di Agrigento, l’ingombro della centrale elettrica dell’Enel. “L’acqua potrebbe essere inquinata, e il bagno non è veramente consigliabile. Però nessuno ci fa caso oramai. La centrale è brutta e ci toglie la visuale e mette anche un po’ paura. Ma cosa ci vuoi fare?”. E’ la domanda di Claudio, ingaggiato dal lido per rendere serene e divertenti le giornate sotto l’ombrellone: “Curo la musica, si balla, si canta…”

    https://www.facebook.com/notes/rosella-roselli/binario-morto-di-antonello-caporale/10151851760561171

    da Il Fatto Quotidiano, domenica 25 agosto 2013

  207. 223 pietro mitrione 25/08/2013 alle 9:04 am


    ed ora stanno chiudendo tante ferrovie “minori”………….una vergogna!!

  208. 224 pietro mitrione 27/08/2013 alle 5:11 PM

    22 Febbraio 2013 – Convegno Nazionale Co.Mo.Do.
    Le ferrovie regionali italiane: un patrimonio da difendere e valorizzare
    La desertificazione delle zone interne della Campania e la
    ferrovia
    Pietro Mitrione, Presidente Associazione In-Loco-Motivi, Avellino
    Ci risiamo. Un’altra «dismissione».
    Dopo la chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta ora è il turno della linea ferroviaria Benevento Campobasso. Dal 16 febbraio anche questa tratta resta “sospesa” fino a Boscoredole. Ormai la parte interna della
    Campania è presa di mira, in maniera continua ed anche irritante, da parte della Regione Campania che,
    dopo gli ospedali, ha proseguito con i tagli al trasporto su gomma ed ora a quello su rotaie in un’area di per
    sé già colpita forte. Il nostro territorio era ed è quello dell’osso fatto di continue lotte per conservare od ottenere diritti ad essere considerati abitanti di un paese civile. Ancora una volta si ripropone il senso di quanto
    scrisse tanti anni fa Francesco de Sanctis, figura nobile della politica irpina, quella con la P maiuscola. Lungi
    dall’addentrarci in discussioni filosofiche noi vogliamo ricordare Francesco de Sanctis con una sua semplice
    ma lungimirante frase, tratta dal suo famoso “Viaggio elettorale”:
    “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia, e in piccol numero
    d’anni si farà il lavoro di secoli”.
    Erano quelle le speranze di una intera popolazione quella stessa che oggi assiste alla scomparsa delle
    ferrovie rurali, la chiusura dei plessi ospedalieri e delle scuole, la drastica riduzione del servizio di trasporto
    pubblico che significano la fine dello stato sociale e di diritto. Un terra buona soltanto per ospitare discariche
    o le contraddizioni di questo modello di sviluppo. Di questo passo il rischio è di passare da “terra di mezzo”
    a terra “tolta di mezzo”. Una terra che, nonostante ciò, cerca di resistere con le sue eccellenze del settore
    primario, il coraggio di tanti intelligenti e generosi operatori economici, della filiera eno-gastronomica ma
    anche del settore terziario e dell’artigianato e della piccola impresa.
    A questi soggetti una classe dirigente intellettualmente onesta e avveduta dovrebbe guardare per tentare
    quanto meno di arginare il disegno distruttivo dell’identità delle zone interne cosi ben pianificato.
    Stiamo parlando di quella parte della Campania considerata l’osso.
    Eppure proprio questo territorio caratterizzato da una bassa densità demografica può diventare la “polpa”. Il
    “mostro” napoletano deve guardare queste terre martoriate come una moderna opportunità legata ad un
    nuovo modello economico: la green economy. Queste zone rappresentano l’80% del territorio campano sul
    quale vive, però, appena il 20% della popolazione della regione Campania. Siamo una zona prevalentemente
    montagnosa dove tutto è parametrato sullo scarso insediamento di popolazione aggravato negli ultimi anni
    dal secolare dramma dell’emigrazione. Abbiamo comuni che si vantano appena 25 abitanti per kmq.
    Su queste zone ancora una volta, purtroppo, le scelte napolicentriste condizionano la vita sociale e civile del
    nostro territorio destinato a spopolarsi sempre di più.
    Ormai i nostri paesi sono diventati quasi dei cronicari sui quali è possibile scaricare le scelte più scabrose che
    si possano fare come quella di chiudere strutture ospedaliere.
    Perciò, sempre a Napoli, si decide, ancora una volta sulla nostra pelle, di poter :
    • Costruire una mega discarica regionale proprio sul territorio più bello attraversato dalla ferrovia Ofantina, quello dell’Irpinia d’Oriente,
    • proporre la trasformazione della stessa con la costruzione di una green way che ne prevede la completa cementificazione dopo aver speso alcune decine di milioni per posizionare 120 km di fibre ottiche e
    di aver istituito un moderno sistema di esercizio della tratta e di sicurezza della marcia dei treni,
    • decidere l’inizio dei lavori di trivellazione per la ricerca del petrolio.
    Un paradosso, da un lato si immagina di proporre il territorio a fini turistici, sfruttando le poche eccellenze che il nostro territorio possiede: il PAESAGGIO e l’ACQUA, dall’altra si paventa, con i numeri che la
    politica napoletana possiede, di portarci tutta la “munnezza” che Napoli e dintorni produce o la mefitica
    puzza del petrolio. Sempre di puzza, comunque, si tratta.
    Ad oggi, purtroppo, a vincere è la politica dei numeri e di conseguenza addio servizi universali quale il
    diritto al trasporto, dopo i tagli operati alla scuola e alla sanità. A noi interessa immaginare un moderno percorso di politica dei trasporti che tenga insieme ferro e gomma. Per tanto tempo ha imperato
    l’unimodalità su gomma perché pervasa da interessi clientelari ed oggi se ne paga lo scotto, basti pensare che Avellino è l’unica città capoluogo della Campania a non essere collegata ferroviariamente con
    Napoli! Addirittura, su proposta dell’assessore regionale ai trasporti della regione Campania, la stazione
    ferroviaria di Avellino è stata CHIUSA per alcuni mesi e riaperta successivamente con una soluzione a
    mezzadria. Alle 16,00 i servizi ferroviari cessano. Un provvedimento utile solo a sancire la sua marginalità
    in attesa di una definitiva cancellazione.
    Le ferrovie locali, e quindi anche la nostra “cenerentola” rete provinciale, debbono e possono rappresentare il futuro per i collegamenti in quanto costituiscono una garanzia di vivibilità negli ambienti urbani.
    In questa visione sistemica ferro/gomma si integrano e creano le condizioni per un trasporto pubblico
    all’altezza delle esigenze economiche ed ambientali da tanto tempo trascurate.
    I tagli apportati al sistema ferroviario irpino hanno di fatto ridotto al lumicino questo servizio: soppressione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta, eliminazione del servizio locale fra Benevento e Foggia
    che taglia fuori dai collegamenti ferroviari la seconda città irpina, quella di Ariano irp., cancellazione del
    collegamento con Napoli, dimezzamento dei servizi con Salerno e Benevento, preludio alla completa
    dismissione dei collegamenti ferroviari, in attesa dell’ALTA CAPACITA’….. se ci sarà e se interesserà la nostra Provincia. Possono considerarsi “civili” una città, Avellino, e una provincia, l’Irpinia, che non hanno
    una rete ferroviaria all’altezza della crescente richiesta di mobilità? L’Irpinia è, di fatto, cancellata dalla
    geografia ferroviaria italiana.
    Come non capire che è da queste opportunità infrastrutturali che si determinano le gerarchie territoriali!
    Il rischio che corre l’Irpinia, in conseguenza di tali scelte, è di un ulteriore arretramento dei livelli di vivere civile nella nostra provincia, in particolare per gli abitanti delle zone interne, quelle dell’alta Irpinia per
    intenderci.
    La nostra Associazione “In_loco_motivi” non è solo un insieme di persone che credono in tutto ciò ma
    sono convinti che la battaglia per la ” nostra ” ferrovia” Avellino-Rocchetta, chiusa dopo 116 anni e beffardamente in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, sia la metafora di questa battaglia di civiltà.
    Noi vogliamo ancora sperare, a fronte dell’indifferenza e della rassegnazione che spesso accompagnano i
    destini di questa parte del Mezzogiorno, che possano prendere vigore le idee di un diverso sviluppo economico e civile per far capire, prima a noi irpini, che nella difesa di questo mondo c’è tanta modernità.
    Così fece 150 anni fa con la sua lungimiranza intellettuale Francesco De Sanctis nel chiedere al nuovo
    Regno d’Italia la strada ferrata Avellino – Rocchetta, così dovrebbe fare una classe dirigente illuminata
    oggi, in tempi di miserie morali e ideali, prima che ritornino anche quelle civili.
    Ritorna alla mente un brano scritto da P. Rumiz nel suo libro “l’Italia in seconda classe”: tori comincia così, col bar e la panetteria che chiude , poi con le stazioni del silenzio. Sento che comincia
    il viaggio in uno straordinario patrimonio dilapidato.
    E’ una maledizione vivere nelle zone interne? Può decidere per noi chi non conosce la nostra realtà?
    Verrebbe da dire, ancora una volta, che si è forte con i deboli e debole con i forti.
    Difenderemo i nostri ospedali, la nostra ferrovia, i nostri paesi con un nuovo e moderno orgoglio che ci
    viene da un riscoperto senso di appartenenza alla nostra terra. Un sentimento che non ha colori politici.

    Fai clic per accedere a Mitrione.pdf

  209. 225 pietro mitrione 29/08/2013 alle 8:25 PM

    l’impegno per la nostra ferrovia Avellino Rocchetta. L’ultimo viaggio turistico…..poi la sospensione!

  210. 226 pietro mitrione 02/09/2013 alle 10:25 PM

    Un treno lungo una speranza
    Ripartire dalla linea ferroviaria Avellino–Rocchetta è parlare di futuro. Ieri il confronto a Lioni con Vinicio Capossela

    Lorenzo CoronaLunedì, 2 Settembre 2013SCARICA IL PDF PER LA STAMPA
    Ripartire dalla linea ferroviaria Avellino–Rocchetta non è un ricominciare da un sogno, da una nostalgica malinconia, ma è parlare di futuro, di progettualità, di praticità.
    Questo il senso del bellissimo incontro promosso dai ragazzi dell’associazione Rouge Spa di Lioni presso gli ormai famigerati locali di via Torricella, un dibattito condotto magistralmente dall’instancabile Pietro Mitrione dell’associazione “in LocOmotivi”, che ha visto la presenza, tra gli altri, del meraviglioso Vinicio Capossela, spettatore attento e curioso, emblema di un amore viscerale e sincero verso la propria terra.
    Partendo da ciò che è ancora presente, come i 120 Km di fibra ottica di cui è dotata la linea, o come i sistemi di sicurezza così straordinariamente all’avanguardia nonostante l’abbandono e la scarsa rilevanza di tale tratta, che non avrebbero consentito, ad esempio, il verificarsi della terribile sciagura ferroviaria accaduta alle porte di Santiago de Compostela a fine luglio, si è giunti a parlare di ciò che potrebbe essere e di ciò che è meglio non sia.
    Una pista ciclabile, come previsto da PTC di Avellino, per investimenti pari a circa 30 Mln€, in opposizione al rilancio di un territorio, con sullo sfondo il monito di Rocchetta Sant’Antonio, stazione con oltre seicento lavoratori e in continuo movimento solo qualche decennio fa, dove è difficile, oggi, trovare anche un solo cane, e non in senso metaforico.
    Governare oggi i percorsi del domani per prevenire ciò che è accaduto dopo il sisma dell’80. Ribaltare le prospettive dell’Irpinia: da territorio in cui si è costretti a rincorrere le emorragie sociali, per difendere diritti e futuro dagli scellerati tagli lineari dell’assessore Vetrella come sottolineato dalla consigliera regionale D’Amelio, a luogo in cui investire tramite proposte atte a prevenire. Ripensare quindi ai 110 Mln€ stanziati nella scorsa consiliatura regionale per la valorizzazione della tratta, rilanciando un percorso che valorizzi le vie del vino, sul modello francese, attraverso le stazioni di Lapio, Taurasi, Monterano, Castelfranci, rivitalizzando l’unica stazione sciistica presente tra Campani e Puglia, quella di Bagnoli, utilizzando le centinaia di milioni di fondi europei 2007-2013 che stanno andando in disimpegno per una gestione scriteriata della cosa pubblica regionale.
    Seguire l’esempio della Basilicata, che si prepara ad investire 200 Mln€ per creare quello che, in gergo, viene definito un baffo, per collegare i punti strategici della regione alla linea ad alta capacità di Foggia, tentando così di rivitalizzare l’economia locale, oltre a spalancare le porte ad un turismo confortevole e ad un viaggiare possibile.
    Tutto ciò senza dimenticare le conseguenze sociali dovute all’assenza di mezzi di comunicazioni alternativi, l’impatto ambientale, una mobilità sostenibile e gli incidenti stradali figli della stanchezza, dell’alta velocità, dell’inadeguatezza dell’apparato stradale. Rivitalizzare quindi il treno attraverso un progetto più ampio, come provocatoriamente suggerito dal cantautore calitrano, che esalti, come evidenziato da Massimo Bottini, autore del libro “Ferrovie delle Meraviglie” e consulente scientifico di Italia Nostra, le bellezze e i segreti dell’Appennino, custode dell’Italia più vera, solcato da oltre 6.400 km di FS dismesse e in continua crescita, come testimonia il rischio della chiusura della tratta tra Termoli e Campobasso, per rivitalizzare il diritto ad una Comunicazione in Modalità Dolce, magnificamente nascosto dietro l’acronimo Co.Mo.Do. dell’associazione che se ne fa promotrice, in un’Italia che ha quattro o cinque velocità, non solo quella dell’alta velocità presente nella T dei collegamenti Milano-Napoli e Torino-Venezia.
    Una nuova strategia sul come fare paesaggio, in conformità alla convenzione europea del paesaggio, e al contempo una possibilità di sviluppo del territorio, che reimpieghi gli snodi industriali presenti, che potenzi le vie del turismo, renda raggiungibili paesaggi e luoghi sconosciuti ai più e accompagni percorsi enogastronomici d’eccellenza.
    La speranza di ridare a questa nostra terra una possibilità, a partire già dal quattro settembre, quando il sindaco di Avellino, Paolo Foti, incontrerà l’associazione per farsi portavoce di un’esigenza, e dall’incontro presso la Fiera di Calitri con il deputato Luigi Famiglietti, per testimoniare la necessità di una battaglia comune, non solo teorica, con una proposta che veda il ripristino della prima tratta che rilanci la baricentricità del capoluogo di provincia e l’intelligente funzione intermodale di Lioni.
    Per ricominciare, come testimonia benissimo il paese altirpino, da una politica in cui pensiero ed azione avevano il primato sulla parola che si contrapponga a quanto accade oggi: il concepimento del progetto intermodale ferro/gomme dell’allora sindaco Colantuono e la realizzazione dello stesso sotto la giunta D’Amelio, contro le vuote chiacchiere di chi, amministratore in carica, non ha perso l’ennesima occasione per farsi trovare assente ingiustificato e mostrare la propria inadeguatezza.
    Perché ripartire si può.
    http://www.orticalab.it/Un-treno-lungo-una-speranza

  211. 227 avellinorocchetta 05/09/2013 alle 8:59 am

    Non ho parole per descrivere la commozione di vederci uniti, praticare l’arte della gioia, della gentilezza, della disponibilità e del rispetto.
    Mostrare a chi non conosce e ri-conoscere questo paese, in un altro modo, sentirlo pieno di voci, di musica, di racconto, di chiacchiere, di iniziative. È una esperienza che ci può aiutare a vedere il grande patrimonio che questa terra porta in seno, che è il territorio, il paesaggio, le persone, la cultura. È un grande patrimonio silente, come addormentato, ma che è in grado di sollevarsi, di fiorire se gli se ne si dà l’occasione………. Vinicio Capossela

  212. 228 avellinorocchetta 05/09/2013 alle 9:00 am

    ……………..sì, anch’io ho sognato il treno
    Questo inizio di settembre per noi di in_loco_motivi è stato molto impegnativo in quanto abbiamo avuto l’opportunità di far conoscere lo stato attuale della nostra battaglia civile per la riapertura della ferrovia Avellino Rocchetta. Insieme ai giovani del centro sociale Rouge di Lioni e successivamente durante un convegno svoltosi all’interno della fiera di Calitri la vicenda di questa nostra storica ferrovia è stata riproposta all’attenzione della classe politica irpina. Siamo passati dal “non si sa mai” pronunciato dal vice ministro, sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca a quello lasciatoci da Vinicio Capossela : “si mi sono sognato il treno!”.
    Il primo messaggio è stato un breve ma significativo impegno, forse anche di cortesia, rispetto al “niente da fare” che subì qualcuno che accompagnava il vice ministro in visita alla fiera rispetto alla sciagurata decisione dell’assessore Sergio Vetrella di chiudere la ferrovia Avellino Rocchetta. Lo stesso che decise, successivamente, anche la chiusura della stazione ferroviaria di Avellino, poi rientrata anche se a mezzadria.
    L’altro messaggio ci è stato consegnato, anche come impegno personale, da un bravo artista irpino, Vinicio Capossela, che a Lioni, insieme a vecchi e nuovi amici, hanno disegnato uno scenario nuovo per la ferrovia Ofantina. Abbiamo discusso insieme per tre ore, abbiamo ascoltato testimonianze di quello che è stata e poteva essere questa ferrovia, abbiamo assistito insieme a Vinicio al filmato” il treno irpino del paesaggio”, realizzato dal canale tematico Tesori d’Irpinia che ricorda l’ultimo viaggio compiuto sulla nostra tratta, ed abbiamo avuto la convinta adesione di Vinicio alla nostra battaglia. Le sue considerazioni per il ripristino della ferrovia Avellino Rocchetta ci saranno molto utili per il prosieguo della nostra attività.
    Il suo messaggio: sì, anch’io ho sognato il treno da oggi diventa uno stimolo in più per tramutare in realtà questo sogno che sta affascinando tante persone che hanno in comune l’amore per la propria terra: l’Irpinia.
    Pietro Mitrione

  213. 229 avellinorocchetta 06/09/2013 alle 9:03 am


    120 km in 5 giorni: Vito, orlando, betty e Anna
    grazie ragazzi

  214. 230 pietro mitrione 21/09/2013 alle 3:33 PM


    treno merci in manovra nella stazione di Montella
    La ferrovia Avellino Rocchetta segnò il progresso per il territorio irpino….

  215. 231 pietro mitrione 21/09/2013 alle 3:36 PM


    l’arrivo di una doppia aln 556 nella stazione di Montella
    Una volta la stazione era un orgoglio oggi si assiste passivamente alla sua rovina

  216. 232 pietro mitrione 25/09/2013 alle 4:55 PM

    La trasmissione televisiva di RAI3, Presa diretta, ha descritto perfettamente lo stato delle infrastrutture in Italia ed in particolare nel Mezzogiorno. Abbiamo visto l’Italia spaccata in due: una parte che fa fatica a stare al passo con l’Europa ed un’altra che sta ormai fuori dal vecchio continente e destinata, quindi, ad essere sempre di più un peso per l’economia nazionale. Ha spiccato nel contesto giornalistico la problematicità delle ferrovie: un patrimonio nazionale che sta andando in rovina! Una vergogna nazionale senza fine! L’inchiesta di Rai3 ha raccontato il disastro dei collegamenti ferroviari del sud Italia, stazioni abbandonate, treni soppressi, linee tagliate. Un pezzo del nostro paese staccato dal resto del mondo.
    Ancora una volta la nostra Irpinia è stata al centro di queste problematicità, abbiamo visto la nostra città, Avellino, cancellata dalla geografia ferroviaria italiana: un territorio che sta morendo giorno dopo giorno, mentre altrove, vedi Salerno, si inaugura la metropolitana cittadina………….Può considerarsi paese civile una nazione che abbandona al suo destino infrastrutture ferroviarie che sono state la spina dorsale dei collegamenti fra zone diverse dal punto di vista demografico e costate ingenti investimenti economici? Qui in Irpinia si è preferito impostare la mobilità di uomini e cose solo su gomma, una organizzazione che prima o poi è destinata a scoppiare. Un sistema fatto di circa 15mln di km bus a fronte di appena 325 mila km treni. Solo a citare questo dato una classe politica assennata dovrebbe pensare, da subito, ad un riequilibrio del sistema trasportistico. Invece abbiamo subito l’onta vetrelliana della chiusura della stazione ferroviaria di Avellino, dopo la chiusura della Avellino Rocchetta e della Funicolare di Montevergine. Avellino è ormai cancellata dalla geografia ferroviaria italiana, è l’unica città della Campania a non avere un collegamento con Napoli, è di fatto esclusa da ogni ipotesi di costruzione della metropolitana regionale mentre potrebbe essere baricentrica fra Tirreno ed Adriatico se si elettrificasse la tratta SA/AV/BN. Una idea da praticare in attesa della costruzione della linea ad ALTA CAPACITA’ Roma/Napoli/Bari. Tre anni fa, quando fu chiusa la ferrovia desanctisiana, lanciammo l’allarme per quanto sarebbe accaduto per la nostra Irpinia ed infatti siamo arrivati allo scippo dell’acqua. Togliere una ferrovia significa togliere storia, sentimenti, piccole economie, speranze per tutte le aree emarginate d’Italia. Chi lo fa pensa solo di togliere qualche traversina marcia e stop. Non è così, toglie anche una fetta di paesaggio, perché il treno sta nel nostro paesaggio, dal finestrino lo si osserva, lo si misura e lo si apprezza. Se questo è il futuro, e i segni si vedono ormai chiari, dobbiamo reagire. Dobbiamo fare in modo che tutto il patrimonio ferroviario dismesso diventi patrimonio della collettività, come è sempre stato. Ho rivisto senza audio il servizio televisivo ed è stato come sfogliare un libro che abbiamo scritto, nel bene e nel male, tutti insieme. Nell’ultima pagina c’era scritto: NON ARRENDETEVI!

  217. 233 pietro mitrione 02/10/2013 alle 8:43 am

    La visita di Caldoro e Squinzi in Irpinia giunge in un periodo di forte crisi per i nostri territori. Una delle problematiche fondamentali è sicuramente il gap infrastrutturale della provincia di Avellino rispetto alle altre provincie campane e comunque rientrante nello enorme scenario di arretratezza dei trasporti nel Sud così come efficacemente descritto nell’ultima puntata di Presadiretta andata in onda su Raitre.
    Lo stesso discorso più volte fatto da In_loco_motivo per il trasporto pubblico locale in Irpinia, si può affrontare per il trasporto merci: la priorità è sviluppare un sistema di trasporto sostenibile anche per le merci e, vista la mancanza di grandi arterie stradali ed i volumi da movimentare, appare evidente la necessità di farlo attraverso la ferrovia: un’infrastruttura già esistente che andrebbe solo potenziata con degli interventi mirati che non richiedono investimenti particolarmente rilevanti.
    Ad Avellino giace inutilizzato uno scalo merci ed un intero snodo ferroviario di raccordo alla zona industriale di Pianodardine, quest’ultimo non collegato alla ferrovia per solo 20 centimetri, questi pochi centimetri che appunto possono rappresentare la distanza tra portare le merci in modo sicuro, economico ed affidabile attraverso la ferrovia ed invece sovraccaricare le strade di autoveicoli e mezzi pesanti con inevitabili ripercussioni sull’ambiente e la sicurezza e con maggiori costi per le imprese.
    Anche in questo ambito la ferrovia Avellino-Rocchetta potrebbe rappresentare un ruolo non marginale, ricordiamo che la ferrovia attraversa ben 7 nuclei industriali che potrebbero facilmente essere raccordati ed è già raccordata al nucleo industriale di San Mango sul Calore.
    Oggi è necessario collegarsi con i nodi che “contano” anche per il trasporto merci, quindi sicuramente trarre beneficio dalla cosiddetta “retroportualità” di Salerno e collegarsi agli scali del napoletano e del casertano attraverso gli sbocchi verso tali zone offerti dalla ferrovia Avellino-Mercato S.Severino – Cancello.
    Un piano nazionale trasporti e tutti gli interventi infrastrutturali di miglioramento sia in campo ferroviario che stradale restano sicuramente prioritari rispetto a progetti quali l’Alta Capacità che, se ce ne sarà la possibilità, si concretizzeranno tra 20 o 30 anni.Le conseguenti proposte : completamento del raccordo industriale di Pianodardine, rettifica di tracciato ed adeguamento della Benevento-Avellino-Salerno e sua elettrificazione, incentivo all’utilizzo del trasporto merci su ferro verso nodi strategici.
    Inoltre c’è la questione Irisbus, un’azienda capace di produrre autobus moderni ed affidabili che rimane chiusa, quasi come fosse una beffa, mentre sarebbe urgente un piano nazionale per i trasporti che contenga al suo interno anche interventi per l’ammodernamento dei mezzi.
    Parlare di sviluppo nella nostra terra significa però parlare anche di un forte settore dell’impresa italiana che però sembra essere poco incentivato nella nostra Irpinia: il turismo. La provincia di Avellino è ricca di bellezze artistiche, eccellenti tradizioni enogastronomiche e soprattutto di un paesaggio unico, tutte risorse potenzialmente remunerative ma di fatto poco sfruttate. Un’infrastruttura che avrebbe consentito di fruirle e di goderne a pieno i frutti quale è la ferrovia Avellino-Rocchetta viene abbandonata al suo destinodpo aver speso milioni per il suo adeguamento, schiava di rovi ed erbacce ma soprattutto della politica miope che negli ultimi anni non ha saputo guardare oltre i monti che racchiudono l’entroterra irpino. Si pensi a cosa potrebbe significare per lo sviluppo dei territori potersi connettere ai bacini turistici di Salerno, nuovo polo crocieristico del sud, e del napoletano. Un’esperienza in tale senso era stata fornita fino al 2010 dal “Treno irpino del paesaggio” che puntava a far conoscere le bellezze dell’Irpinia fruendo della storica tratta ferroviaria, esperienza sfociata poi nel progetto “La Via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” che puntava ad attirare turisti attraverso l’utilizzo del treno come vettoreturistico.
    Un appello quindi a Caldoro ed a Confindustria affinché analizzino e soprattutto trovino valide soluzioni a queste problematiche che hanno notevole influenza sullo stato di crisi della provincia di Avellino.
    Luca Pappalardo
    in_loco_motivi

  218. 234 pietro mitrione 05/10/2013 alle 9:27 am

    Soppresso un sempre maggior numero di ferrovie locali. Dalla Sulmona-Carpinone alla Alba-Asti. Un’aggressione alla storia, alle piccole economie locali e alle speranze delle aree emarginate
    Sono fragili e preziose e stanno scomparendo. Le ferrovie minori sono sempre meno, eppure sono quelle che uniscono i piccoli centri e si avvicinano all’anima più segreta dell’Italia. Ai suoi paesaggi e alle persone. Sulmona-Castel di Sangro-Carpinone o Alba-Asti. Sono nomi che evocano paesaggi e storie. Gli Appennini o i luoghi di Beppe Fenoglio. Sono solo tra le più recenti a essere state fatte fuori. Tante sono però quelle che vengono dismesse e abbandonate. Troppi costi per pochi passeggeri, si dice. Così, se si digitano i loro nomi sul sito delle Ferrovie Italiane, se si cerca di comprare un biglietto, al più ci si ritrova davanti agli occhi l’orario di un autobus sostitutivo. A oggi le ferrovie in abbandono ammontano a oltre 6mila chilometri in tutta Italia e il numero tende a aumentare di anno in anno.

    Del destino del patrimonio infrastrutturale storico italiano si parla il 3 e il 4 ottobre a
    Rimini al convegno di CoMoDo, la Confederazione per la mobilità dolce che raccoglie venti associazioni che si occupano di tutela dell’ambiente e del paesaggio legati al recupero delle ferrovie in abbandono. Albano Marcarini, urbanista e presidente di CoModo, sostiene che se si sopprime un treno locale “si cancella la memoria e l’identità di un territorio, il suo presidio viene sganciato dal palinsesto della nazione. Ciò significa accentuare isolamento e perdita di relazioni. E questo accade spesso in aree già emarginate dallo sviluppo. Per questo è necessaria la realizzazione di una rete nazionale di mobilità dolce, basata sul recupero delle infrastrutture dismesse o male utilizzate: ex-ferrovie, strade, argini di fiumi e canali”.

    Le linee regionali del Piemonte o la Avellino-Rocchetta S. Antonio in Campania sono altri esempi di linee abbandonate nonostante lo straordinario interesse ingegneristico e paesaggistico. La chiusura della Sulmona-Carpinone, che cavalca gli Appennini tra Abruzzo e Molise rende ormai impossibile quel viaggio-impresa che era la Terni-Carpinone, un itinerario che comincia al mattino e si conclude sul ciglio del tramonto. Otto ore per percorrere il dorso degli Appennini.

    La difesa di un treno locale, di una ferrovia abbandonata, è tutt’altro che un atto nostalgico. E’ come bloccare un pezzo di un apparato circolatorio. “Le vicende che, fra la fine dell’800 e primi del Novecento, hanno condotto alla realizzazione in tutta la nostra penisola di migliaia di chilometri di ferrovie ‘minori’ – dice Marcarini – svelano il significato della loro presenza come capisaldi del territorio, identificazione delle comunità locali e investimento in capitale fisso sociale. E fanno capire tutti i benefici che potrebbero ancora arrecare sia sotto il profilo turistico, se recuperate come ferrovie, sia sotto quello del tempo libero e della mobilità dolce se trasformate in greenways aperte a una pluralità di fruitori: pedoni, ciclisti, portatori di handicap.”

    Molte di queste ferrovie minori, quelle dismesse e quelle che sono ancora in vita, possiedono un potenziale turistico immenso. Basti pensare alla ferrovia, vero miracolo ingegneristico, che sulla Siracusa-Ragusa attraversa tutto il Val di Noto tra digradare di terrazze, gallerie, la pietra bianca e i miracoli barocchi di Modica, Scicli e Noto. Certo, non sempre è così. Ma non per questo però, devono essere lasciate a se stesse. Per Marcarini bisogna essere chiari su questo punto: “Non tutte le vecchie ferrovie possono essere una risorsa per il turismo. Molte però sì, ma per tutte comunque è possibile un destino migliore dell’abbandono che significa soltanto degrado e incuria del territorio, fenomeni non degni di un Paese che si considera avanzato”.

    Da fare ci sarebbe molto. In Europa si stanno già dando da fare per tutelare questo patrimonio. E alcuni modelli andrebbero osservati con attenzione. “Per quanto riguarda la valorizzazione turistica delle linee secondarie – racconta Marcarini – la Svizzera fa da modello, ma ora anche in Italia con il successo della linea Merano-Malles. Per quanto riguarda il recupero, direi la Spagna, con il progetto ‘Viàs Verdes’, che ha portato in pochi anni alla trasformazione in piste ciclopedonali di oltre 1000 km di ex-ferrovie”.

    Ma è possibile un futuro programmabile per queste linee regionali italiane. Albano Marcarini che è un viaggiatore, soprattuto a piedi e in bici, e autore di numerose guide di viaggio e che l’Italia la conosce quasi palmo a palmo confessa che proprio in questo momento di crisi generale “sarebbe un lusso troppo grande disperdere e buttare al vento questo patrimonio” e lancia una proposta: “noi di CoMoDo proponiamo la sua conservazione immediata e la sua futura valorizzazione nelle migliori forme possibili anche attraverso l’istituzione di una Fondazione… o, mi si passi la battuta, di un’Opera Pia per la salvezza delle vecchie ferrovie”.
    Albano Marcarini

  219. 235 pietro mitrione 16/10/2013 alle 7:25 PM


    i 120 km della ferrovia Avellin o Rocchetta a piedi in 5 giorni

  220. 236 pietro mitrione 23/10/2013 alle 9:08 PM

    l’espresso delle 21: speranze e delusioni

  221. 237 pietro mitrione 24/10/2013 alle 8:39 PM

    Le linee ferroviarie italiane sono patrimonio nazionale, non spreco di risorse
    Dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta era praticamente cessato anche in Italia lo stillicidio di chiusure che aveva colpito le ferrovie secondarie nel decennio precedente. Semmai, avevamo assistito a qualche riapertura (spesso ottenuta al prezzo di costose ricostruzioni) per ovviare agli evidenti errori del passato.

    Così, tanto per citare qualche caso, la Casalecchio-Vignola e la Saronno-Seregno sono state ripristinate a beneficio delle aree metropolitane di Bologna e Milano rispettivamente, la linea della Val Seriana è stata recuperata come tranvia veloce da Albino a Bergamo, mentre il successo della nuova Merano-Malles ha potentemente favorito la valorizzazione turistica della Val Venosta. Negli ultimi tre anni, tuttavia, è ripresa in misura molto preoccupante la cessazione del servizio ferroviario su parecchie linee periferiche, seppur mascherato dietro le fuorvianti classificazioni di “sospensione” o “interruzione temporanea”. Clamoroso il caso della Regione Piemonte che, a metà del 2012, ha scelto di sospendere la circolazione dei treni su ben 14 tratte (pari ad un quarto della rete subalpina!) per recuperare somme (per altro irrisorie: si parla di circa 8 milioni di euro) destinate a tamponare le falle di bilancio provocate da ben altri sprechi. Ma anche in Abruzzo, in Campania ed in Calabria si è assistito ad uno stillicidio di “sospensioni”, mentre in Friuli (Sacile-Gemona) ed in Sicilia (Caltagirone-Gela) guasti subiti dall’infrastruttura hanno fornito il pretesto per l’interruzione “sine die” del servizio. Nel Lazio, tra Roccasecca ed Avezzano, addirittura Rfi ha invocato la mancanza di fondi per l’ordinaria manutenzione (che contrattualmente dovrebbe essere a carico dell’azienda) per sospendere l’esercizio.

    Allo stato attuale, pertanto, circa 1.300 chilometri di linee (in gestione a Trenitalia, alla Sangritana ed alle Ferrovie della Calabria) risultano “sospese”. Se tale condizione, come è lecito temere, divenisse definitiva, significherebbe che quasi il 10 per cento del patrimonio ferroviario nazionale risulterebbe sacrificato, reiterando così gli errori compiuti mezzo secolo addietro, poi da (quasi) tutti deprecati (a parole). Stavolta, però, mancano persino gli alibi che, nel periodo della corsa alla motorizzazione, avevano in qualche modo giustificato quelle scelte. Nessuno oggi crede ancora che l’auto possa assolvere ad ogni esigenza di mobilità locale: inquinamento, infortunistica e congestione stradale hanno evidenziato i limiti della motorizzazione individuale, mentre proprio la crisi economica induce molte famiglie a ridurre e talora a rinunciare del tutto alla propria vettura. Parimenti, nessuno può decentemente sostenere che l’autobus costituisca una valida alternativa alla rotaia (per la verità, insiste su questa tesi, speriamo solo per dovere d’ufficio, il presidente di Anav, Biscotti): l’esperienza ha dimostrato come, dove il treno ha cessato di circolare, il numero di passeggeri sulle autocorse sostitutive, nel giro di pochi anni, si è ridotto al lumicino, determinando in pratica la rinuncia al servizio pubblico (non però ai contributi sprecati per far girare bus praticamente vuoti!). E nemmeno si teorizza una “potatura dei rami secchi”, come a metà degli anni Ottanta ai tempi del ministro Signorile: il risanamento del bilancio del gruppo Fs si è già realizzato grazie alle nuove tecnologie che hanno consentito di dimezzare il numero dei dipendenti, mentre le linee ad alta velocità hanno riproposto la centralità del treno (a prezzi di mercato) tra i grandi centri della penisola. Non pago di questi risultati, tuttavia, l’ing. Moretti, AD del Gruppo Fs, dichiara che “bisogna eliminare le operazioni a pioggia: nei grandi centri si va in treno, nei piccoli in pullman” (più corretto sarebbe dire “in auto”, visto che il bus sostitutivo non sembra esercitare alcuna attrattiva su potenziali clienti). L’affermazione è apparentemente logica, ma in realtà pericolosamente fuorviante: cosa significa perorare l’uso del treno verso i “grandi centri”, dove le linee afferenti ai principali nodi sono insufficienti (pensiamo, ad esempio, a Palermo) o ancora inadeguate ad assorbire il traffico (come nel caso di Roma). E quali sono i “piccoli centri” che dovrebbero rinunciare al treno? Quelli sotto i 5.000 abitanti, o forse sotti i 20.000, o, magari, gli stessi capoluoghi di provincia “minori”? Questo in pratica significa perorare la chiusura di altre linee locali (quante? Un quarto della rete? O magari un terzo?), senza, per altro, avere le risorse per convertire alla rotaia tutto il traffico diretto verso le aree metropolitane (che, in un Paese densamente urbanizzato come l’Italia, tendono talvolta a sovrapporsi: dove finisce l’area di attrazione di Torino e dove comincia quella di Milano?). Contravvenendo, oltre tutto, al proprio ruolo di gestore, per cui sono semmai le Regioni a decidere quali collegamenti finanziare. Orbene, potremmo convenire con Moretti sul fatto che, se il vettore ferroviario facesse solo ora la propria comparsa nel mondo dei trasporti (come sta avvenendo, ad esempio, nella penisola arabica), varrebbe la pena investire unicamente nei collegamenti veloci e nei servizi pendolari attorno alle grandi città. Ma il punto è che le linee locali esistono (grazie ai sacrifici dei nostri avi), sono ampiamente ammortizzate (e nemmeno avrebbe senso esigere gli esosi canoni di utilizzo previsti da Rfi, esattamente come l’Anas non impone pedaggi per l’uso delle strade statali ) e sono perfettamente integrate nel paesaggio. Il loro costo è, dunque, puramente marginale (già molto contenuto, visto l’impresenziamento di quasi tutte le stazioni) ed ulteriormente comprimibile (molti treni locali potrebbero circolare con il solo conducente a bordo, esattamente come un autobus, ma svincolati dalla congestione viaria).

    E allora, perché non sfruttarne le potenzialità, talvolta davvero notevoli, come dimostrano le migliori esperienze estere ed anche qualche virtuoso caso nazionale (vedi la Foggia-Lucera, riaperta da qualche stagione con successo dopo mezzo secolo d’abbandono)? Forse per fare un favore alle 1.400 imprese di trasporto su gomma, che potrebbero essere accorpate – seguendo una logica di effettiva razionalizzazione -in una ventina di aziende regionali, come ha proposto il segretario della Uil Angeletti? O magari per evitare a qualche governatore regionale lo sforzo di potare altre voci di bilancio, di cui però beneficiano gli amici degli amici?

    Massimo Ferrari

    Presidente Assoutenti/Utp

    (Ass. Utenti del Trasporto Pubblico)

    Confederata alla Confederazione della mobilità dolce Co.Mo.Do.

  222. 238 pietro mitrione 28/10/2013 alle 4:56 PM

    L’assessore Vetrella: l’affossatore della Ferrovia Avellino Rocchetta

  223. 239 pietro mitrione 31/10/2013 alle 9:15 am

    LE LINEE FERROVIARIE LOCALI SONO UN PATRIMONIO NAZIONALE E NON UNO SPRECO DI RISORSE

    Dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta era praticamente cessato anche in Italia lo stillicidio di chiusure che aveva colpito le ferrovie secondarie nel decennio precedente. Semmai, avevamo assistito a qualche riapertura (spesso ottenuta al prezzo di costose ricostruzioni) per ovviare agli evidenti errori del passato.
    Così, tanto per citare qualche caso, la Casalecchio-Vignola e la Saronno-Seregno sono state ripristinate a beneficio delle aree metropolitane di Bologna e Milano rispettivamente, la linea della Val Seriana è stata recuperata come tranvia veloce da Albino a Bergamo, mentre il successo della nuova Merano-Malles ha potentemente favorito la valorizzazione turistica della Val Venosta.
    Negli ultimi tre anni, tuttavia, è ripresa in misura molto preoccupante la cessazione del servizio ferroviario su parecchie linee periferiche, seppur mascherato dietro le fuorvianti classificazioni di “sospensione” o “interruzione temporanea”. Clamoroso il caso della Regione Piemonte che, a metà del 2012, ha scelto di sospendere la circolazione dei treni su ben 14 tratte (pari ad un quarto della rete subalpina!) per recuperare somme (per altro irrisorie: si parla di circa 8 milioni di euro) destinate a tamponare le falle di bilancio provocate da ben altri sprechi.
    Ma anche in Abruzzo, in Campania ed in Calabria si è assistito ad uno stillicidio di “sospensioni”, mentre in Friuli (Sacile-Gemona) ed in Sicilia (Caltagirone-Gela) guasti subiti dall’infrastruttura hanno fornito il pretesto per l’interruzione “sine die” del servizio. Nel Lazio, tra Roccasecca ed Avezzano, addirittura Rfi ha invocato la mancanza di fondi per l’ordinaria manutenzione (che contrattualmente dovrebbe essere a carico dell’azienda) per sospendere l’esercizio.
    Allo stato attuale, pertanto, circa 1.300 chilometri di linee (in gestione a Trenitalia, alla Sangritana ed alle Ferrovie della Calabria) risultano “sospese”. Se tale condizione, come è lecito temere, divenisse definitiva, significherebbe che quasi il 10 per cento del patrimonio ferroviario nazionale risulterebbe sacrificato, reiterando così gli errori compiuti mezzo secolo addietro, poi da (quasi) tutti deprecati (a parole).
    Stavolta, però, mancano persino gli alibi che, nel periodo della corsa alla motorizzazione, avevano in qualche modo giustificato quelle scelte.
    Nessuno oggi crede ancora che l’auto possa assolvere ad ogni esigenza di mobilità locale: inquinamento, infortunistica e congestione stradale hanno evidenziato i limiti della motorizzazione individuale, mentre proprio la crisi economica induce molte famiglie a ridurre e talora a rinunciare del tutto alla propria vettura.
    Parimenti, nessuno può decentemente sostenere che l’autobus costituisca una valida alternativa alla rotaia (per la verità, insiste su questa tesi, speriamo solo per dovere d’ufficio, il presidente di Anav, Biscotti): l’esperienza ha dimostrato come, dove il treno ha cessato di circolare, il numero di passeggeri sulle autocorse sostitutive, nel giro di pochi anni, si è ridotto al lumicino, determinando in pratica la rinuncia al servizio pubblico (non però ai contributi sprecati per far girare bus praticamente vuoti!).
    E nemmeno si teorizza una “potatura dei rami secchi”, come a metà degli anni Ottanta ai tempi del ministro Signorile: il risanamento del bilancio del gruppo Fs si è già realizzato grazie alle nuove tecnologie che hanno consentito di dimezzare il numero dei dipendenti, mentre le linee ad alta velocità hanno riproposto la centralità del treno (a prezzi di mercato) tra i grandi centri della penisola.
    Non pago di questi risultati, tuttavia, l’ing. Moretti, AD del Gruppo Fs, dichiara che “bisogna eliminare le operazioni a pioggia: nei grandi centri si va in treno, nei piccoli in pullman” (più corretto sarebbe dire “in auto”, visto che il bus sostitutivo non sembra esercitare alcuna attrattiva su potenziali clienti).
    L’affermazione è apparentemente logica, ma in realtà pericolosamente fuorviante: cosa significa perorare l’uso del treno verso i “grandi centri”, dove le linee afferenti ai principali nodi sono insufficienti (pensiamo, ad esempio, a Palermo) o ancora inadeguate ad assorbire il traffico (come nel caso di Roma). E quali sono i “piccoli centri” che dovrebbero rinunciare al treno? Quelli sotto i 5.000 abitanti, o forse sotti i 20.000, o, magari, gli stessi capoluoghi di provincia “minori”?
    Questo in pratica significa perorare la chiusura di altre linee locali (quante? Un quarto della rete? O magari un terzo?), senza, per altro, avere le risorse per convertire alla rotaia tutto il traffico diretto verso le aree metropolitane (che, in un Paese densamente urbanizzato come l’Italia, tendono talvolta a sovrapporsi: dove finisce l’area di attrazione di Torino e dove comincia quella di Milano?). Contravvenendo, oltre tutto, al proprio ruolo di gestore, per cui sono semmai le Regioni a decidere quali collegamenti finanziare.
    Orbene, potremmo convenire con Moretti sul fatto che, se il vettore ferroviario facesse solo ora la propria comparsa nel mondo dei trasporti (come sta avvenendo, ad esempio, nella penisola arabica), varrebbe la pena investire unicamente nei collegamenti veloci e nei servizi pendolari attorno alle grandi città. Ma il punto è che le linee locali esistono (grazie ai sacrifici dei nostri avi), sono ampiamente ammortizzate (e nemmeno avrebbe senso esigere gli esosi canoni di utilizzo previsti da Rfi, esattamente come l’Anas non impone pedaggi per l’uso delle strade statali ) e sono perfettamente integrate nel paesaggio. Il loro costo è, dunque, puramente marginale (già molto contenuto, visto l’impresenziamento di quasi tutte le stazioni) ed ulteriormente comprimibile (molti treni locali potrebbero circolare con il solo conducente a bordo, esattamente come un autobus, ma svincolati dalla congestione viaria).
    E allora, perché non sfruttarne le potenzialità, talvolta davvero notevoli, come dimostrano le migliori esperienze estere ed anche qualche virtuoso caso nazionale (vedi la Foggia-Lucera, riaperta da qualche stagione con successo dopo mezzo secolo d’abbandono)? Forse per fare un favore alle 1.400 imprese di trasporto su gomma, che potrebbero essere accorpate – seguendo una logica di effettiva razionalizzazione -in una ventina di aziende regionali, come ha proposto il segretario della Uil Angeletti? O magari per evitare a qualche governatore regionale lo sforzo di potare altre voci di bilancio, di cui però beneficiano gli amici degli amici?

    Massimo Ferrari
    Presidente Assoutenti/Utp
    (Ass. Utenti del Trasporto Pubblico)

  224. 240 pietro mitrione 07/11/2013 alle 7:11 PM

    “Sarebbe importante capire che in Italia non ci sono soltanto Italo o Freccia Rossa. C’è la quotidianità che è fatta di tante, piccole linee ferroviarie”.

  225. 241 pietro mitrione 11/11/2013 alle 4:35 PM

    Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, quella ferrovia dimenticata
    di Anna Elena Caputano
    In principio c’erano una ferrovia e un treno. Con una funzione importante: collegare due posti distanti ben 119 km. In mezzo a questo tragitto, 31 stazioni originarie e 31 fermate totali. È la tratta storica Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, cerniera dauno-irpina-lucana. Una linea ferroviaria con una storia lunga 115 anni, che oggi non è più in funzione. Sospesa al servizio viaggiatori. Il giorno della sua “morte”? Il 12 dicembre 2010, quando è avvenuto l’ultimo viaggio che ha collegato i due poli estremi. Ma all’epoca dei fatti la tratta era già da tempo “dimenticata”. Nessuno più ci saliva per raggiungere Avellino. Ci voleva troppo tempo per raggiungere il capoluogo irpino su strada ferrata: ben tre ore di viaggio. Con l’auto, invece, ce ne vogliono appena una e mezza. Forse anche di meno. Nei suoi ultimi viaggi, prima del 12 dicembre 2010, veniva utilizzata solo per scopi turistici.
    E dire che la tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio non è seconda a nessuna per la sua storia. Fu istituita il 27 ottobre 1895 per volontà dello scrittore e politico Francesco De Sanctis, che volle collegare la Daunia, una subregione geografico-culturale della Puglia, con Avellino. Una strada ferrata che univa tre Regioni: la provincia irpina, la provincia di Potenza e quella foggiana. L’intenzione del De Sanctis era quella di creare un collegamento che in qualche modo doveva unire tutti i centri del Cratere con la zona del foggiano, un treno che congiungeva la dorsale appenninica con quella tirrenica. Fino al 1940 la cittadina di Rocchetta faceva parte della provincia di Avellino. In seguito è diventata provincia di Foggia, quando furono ridisegnati i confini amministrativi. Oggi rappresenta un’enclave irpina in terra pugliese.
    «Allo stato attuale questa linea è semplicemente sospesa perché è viva, nel senso che sono ancora attivi i segnali e si fa ancora manutenzione – spiega Pietro Mitrione, ex capo settore stazioni di Trenitalia, attivo sostenitore della ripresa della ferrovia e membro dell’associazione “In Loco Motivi” -. Viviamo in una realtà che è fatta di pochi numeri: 30-40 persone su un treno corrispondono a circa 3000-4000 napoletani. Questa logica imperante ha determinato la sospensione della linea. Non è stata una scelta di Trenitalia quella di chiudere, lo ha fatto la Regione Campania». Una linea che attraversava le zone più interne dell’Irpinia. Da Nusco a Sant’Angelo dei Lombardi, da Lioni a Morra De Sanctis-Teora, da Conza-Andretta-Cairano a Calitri, solo per citarne alcune. In provincia di Potenza ci si fermava a Pescopagano, Rapone-Ruvo-San Fele, San Tommaso del Piano, Monticchio e Pisciolo. Un lungo viaggio prima di arrivare a destinazione. Molte di queste stazioni sono state soppresse ben prima dell’ultima corsa dell’Avellino-Rocchetta.
    Le persone che abitano in queste zone lontane sono legate alla memoria. «Un giovane non la conosce mentre per un anziano questa linea è parte di se stesso – continua a raccontare Pietro Mitrione -. Rocchetta sostanzialmente ha tutte le sembianze del territorio irpino e i suoi abitanti si sentono irpini. Il comune era legato al fenomeno dell’emigrazione e c’era una grande stazione. Fino agli anni ‘70 Rocchetta assumeva la funzione di snodo per la Campania, la Puglia e la Basilicata. Tutti gli spostamenti all’epoca avvenivano sul treno. Si diceva: “Va à piglià ‘o tren à Rocchetta!”. Gli emigrati si muovevano da qui per raggiungere città lontane e qui ritornavano. Rocchetta ha significato tutto questo per l’Alta Irpinia».
    Il treno dell’emigrazione: da Lioni o da Calitri si prendeva il convoglio che arrivava a Rocchetta. Poi quello per Foggia, la stazione più importante, dove si prendeva il diretto per Milano o Torino, per la Germania o la Francia. C’è tanto da scrivere e da raccontare su questa tratta ferroviaria. Non si possono cancellare all’improvviso 115 anni di storia. L’Avellino-Rocchetta è una ferrovia che ha segnato la vita di tanti emigrati, che lasciavano le loro terre con la valigia di cartone in mano e tante speranze di trovare una vita migliore altrove nel loro cuore. Una linea che ha vissuto episodi importanti, come il primo terremoto nel 1930 e il secondo nel 1980. «Nel primo caso la ferrovia è diventato un punto di riferimento per i soccorsi, l’unica arma per risollevare l’intero territorio dopo il terremoto – dice Andrea Gisoldi, giornalista di Rocchetta. Anche lui, come Mitrione, si occupa della rinascita della tratta ferroviaria -. Nel secondo, lungo la ferrovia hanno viaggiato i soccorsi e molte risorse che sono state utilizzate per poter rialzare il territorio. Dopo la seconda guerra mondiale è stata il punto di riferimento per cercare una vita migliore in altri posti. Rocchetta veniva chiamata la “Bologna del Sud” per il suo traffico ferroviario. Negli anni d’oro c’erano anche 60-70 treni al giorno. Nella maggior parte dei casi gli scali ferroviari erano dei veri e propri paesi e creavano un indotto».
    Una linea ferrata completamente automatizzata, con antenne telefoniche in tutte le stazioni che garantivano un sistema di sicurezza all’avanguardia, ma lasciata al suo destino. Per salvarla sono state realizzate varie manifestazioni di protesta e dei flash mob, l’ultimo agli inizi di marzo. Mobilitazione anche in rete: prima la creazione sul social network Facebook di un gruppo (“Amici indignati della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta”, che attualmente conta quasi 2500 iscritti), poi un sito, “In Loco Motivi” (nato il 1 settembre 2009 in seguito alla proposta su Facebook di Pietro Mitrione di incontrarsi alla riapertura della ferrovia dopo l’estate. Quasi 120 persone si diedero appuntamento alla stazione di Avellino e viaggiarono in treno).
    Un’idea di ripresa potrebbe venire dal settore turistico: la tratta ferroviaria attraversa una delle eccellenze dell’Irpinia, il paesaggio. «Da ex dirigente delle Ferrovie ho diretto questa linea dal punto di vista tecnico – riprende Pietro Mitrione -. Poi, insieme a degli amici, ho iniziato a vederla dal punto di vista paesaggistico. Stavo col naso incollato al finestrino del treno. Ho visto il paesaggio come un museo, con l’unica differenza che non stavi fermo a fissare un quadro, ma era un quadro in movimento, fatto di tante sensazioni. Si dovrebbe creare un turismo diverso da quello di massa. Più un turismo di nicchia, fatto di rispetto dell’ambiente, del paesaggio e del territorio, un turismo non invasivo. Il treno attraversa tre vallate: quella del Sabato, quella dell’Ofanto e quella del Calore. Dal punto di vista geografico dovrebbe essere un valore aggiunto. Con un’opportuna azione di integrazione ferro-gomma può anche essere riscoperta una nuova valenza commerciale. Questa linea può essere riattivata nell’arco di un mese, un mese e mezzo, attraverso una manutenzione ordinaria. Non è vero che la tratta è stata chiusa perché ha problemi. Se non si riesce a capire che al di là della competizione industriale diventa importante anche lo sviluppo economico intorno al turismo allora si fa poca strada». «Per la tutela della ferrovia ci siamo mossi e abbiamo creato delle giornate ad hoc che hanno funzionato – aggiunge Andrea Gisoldi -. Ogni domenica riuscivamo a portare 300 persone a Rocchetta. Questa chiusura è un fallimento per il territorio, il cui sviluppo passa direttamente per la valorizzazione del patrimonio storico-architettonico. È l’unica cosa che nessuno può clonare, è l’unica arma su cui poter puntare. A differenza delle altre ferrovie, questa ha un valore aggiunto perché passa attraverso una zona naturalistica bellissima, quella che va dal Basento all’Ofanto. Dal finestrino non vedi fabbriche o cemento ma un panorama stupendo. Vogliamo il ripristino di almeno una corsa settimanale per poter pianificare le nostre iniziative culturali. Riconvertire questo treno non più come trasporto ma come mezzo turistico».

  226. 242 pietro mitrione 23/11/2013 alle 9:12 am

    Siamo Assunta e Nilo,i due figli del Capostazione Titolare della stazione di Conza Andretta. NIGRO CATALDINO. Avremmo avuto il piacere di essere presenti, ma purtroppo per motivi di lavoro siamo impossibilitati ad essere presenti. Siamo lieti di ringraziarVi per questa giornata memorabile per tutti i defunti ferrovieri , che nella giornata di oggi vengono commemorati.
    Ci troviamo in Calabria , dove lavoriamo , di cui un figlio svolge il lavoro di nostro padre presso la stazione di Sibari – Cosenza.
    Fu il 23 Novembre del 1980, quando il terremoto si abbattè sulla stazione di Conza- Andretta causando morte . Erano le ore 19,34 nostro padre presenziò l’ultimo treno prima della sua morte insieme a sua moglie e gli altri 2 figli. Era così fiero del suo lavoro amava il suo operato come la sua famiglia. Uomo galante , di grande stima, ha sempre valorizzato l’impegno, il ruolo e la professionalità disponibile all’ascolto , al confronto , al lavoro con gli altri. Assunse servizio nel lontano 1954 presso la stazione di Conza-Andretta dove li trovò la donna della sua vita.
    Le cause ? sono da ricercarsi in quello che fu un avvenimento eclatante per l’ intera Irpinia, ossia il terremoto del 23 novembre 1980 che portò ingentissimi danni al territorio e di conseguenza alla ferrovia che lo attraversava: gli effetti di questo catastrofico avvenimento sono ben rintracciabili nella totale ricostruzione dei fabbricati delle stazioni delle stazioni con elementi prefabbricati che le rendono tristemente tutte uguali, grigie ed anonime; per di più, a causa del terremoto, vennero ritardati i lavori di riapertura della variante di Conza resasi necessaria dopo la realizzazione dell’ invaso sul fiume Ofanto. La ricostruzione post-terremoto, in un certo senso, fu ancora più devastante per la ferrovia Rocchetta – Avellino: infatti, confermando una tendenza già in atto nel nostro Paese, venne ampiamente privilegiata l’ infrastruttura stradale a scapito di quella ferroviaria, così, in seguito alla realizzazione della Statale Ofantina la ferrovia è stata messa completamente fuori competizione; tant’ è vero che attualmente esiste una unica coppia di treni che coprono l’ intera linea.
    La stazione di Conza – Andretta – Cairano è una delle più nuova dell’intera linea. Venne costruita alla fine degli anni ’70 – inizi degli anni ’80 a seguito dello spostamento più a monte della linea ferroviaria nel tratto che lambiva il lago di Conza. Si approntò così una variante che correva più a monte, che comportò la ricostruzione della fermata di Sanzano – Occhino e della stazione di Conza – Andretta. Quest’ultima inglobò anche la fermata di Cairano. Nel 1982 la nuova stazione fu inaugurata. Oltre al fabbricato viaggiatori erano presenti anche uno scalo merci, una rimessa per rotabili ed un alloggio per i ferrovieri. Infatti Conza era capolinea di una corsa che giungeva a tarda sera da Avellino e ripartiva la mattina successiva. Per un periodo, tale corsa venne prolungata a Calitri-Pescopagano . Ma tutto il complesso ebbe vita breve. Prima furono sospesi i treni con capolinea a Conza rendendo così inutili la rimessa e l’alloggio ferrovieri; poi nel 1987 la stazione rimase impresenziata. Da allora è iniziato il degrado per le strutture. Oggi la rimessa rotabili risulta semidistrutta, mentre l’alloggio ferrovieri è aperto e quindi alla mercè di chiunque come confermano le molteplici tracce di bivacchi e i numerosi atti di vandalismo. Lo stesso fabbricato viaggiatori giace in condizioni di sporcizia e vandalizzato. Nei dintorni della stazione solo poche case e neanche un collegamento su gomma nonostante l’ampio piazzale esterno. Fino al 12 dicembre 2010 in orario risultava una sola coppia di treni (uno in direzione Rocchetta ed uno in direzione Avellino) che effettuavano fermata. Dal 12 dicembre 2010 la fermata è soppressa a seguito della sospensione del servizio ferroviario. La ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio oggi divenute un “Ramo secco”, e un ammasso di alberi che sembrano boschi , il tutto aggravato da ripetuti episodi di vandalismo. Una linea cosi importante , perché non riaprirla .Ci associamo anche noi figli di ferrovieri,sperando che il nostro sogno possa diventare realtà,un sogno che sta impegnando tantissime persone che hanno in comune l’amore per la propria terra, dove sono radicate le proprie origini. Lottiamo per i nostri cari ferrovieri che hanno dato la vita per il proprio lavoro.
    Assunta Nigro e Nilo Nigro
    I figli di Nigro Cataldino

  227. 243 pietro mitrione 23/11/2013 alle 9:56 PM

    http://www.youreporter.it/video_LIONI_AV_-_23_novembre_2013
    …..abbiamo un sogno: riaprire la ferrovia Avellino Rocchetta!

  228. 244 pietro mitrione 26/11/2013 alle 7:37 PM

    http://webtv.camera.it/archivio?id=4350&position=0

    un passo in avanti per la difesa delle ferrovie minori………!!

  229. 245 pietro mitrione 19/12/2013 alle 10:59 PM

    Tre anni fa, il giorno 11 dicembre del 2010, dopo 115 anni veniva effettuata l’ultima corsa sulla ferrovia Avellino Rocchetta. Una decisione presa dalla regione Campania senza nessun confronto con le istituzioni locali. Fu l’inizio dei tagli lineari nella nostra provincia che avrebbero interessato scuole, ospedali, tribunali, uffici postali, ed altri presidi ad essi collegati. Si iniziò con l’anello più debole delle strutture a servizio dei cittadini dell’alta Irpinia, la ferrovia voluta da Francesco de Sanctis e Giustino Fortunato. Questi illustri uomini politici della metà dell’ 800 capirono che attraverso le linee ferrate era possibile collegare tutti i pezzi grandi o piccoli di un paese da poco unito, la ferrovia diventava, perciò, una rete di conoscenza e di sviluppo sociale ed economico. Questa nostra tratta ferroviaria consentì di penetrare nelle zone più impervie dell’Irpinia seguendo tracciati che avrebbero sconfitto le asperità delle montagne e dei fiumi che attraversava. Fu un lavoro di grande tecnica ed ingegneria ferroviaria per i tempi in cui fu compiuta che consentirono di domare l’Ofanto da sempre temuto dalle popolazione di quei luoghi. Anche allora valsero, purtroppo, le solite rivendicazioni campaniliste che ne pregiudicarono una corretta progettazione, le stesse che oggi stanno interessando la linea ad alta capacità fra Roma/Napoli/Bari per quanto riguarda l’attraversamento dell’Irpinia. Se questo dovesse verificarsi sarebbe un ulteriore danno per la nostra Irpinia, una idea discriminatoria ancora una volta partorita in stanze “napoletane che poco conoscono la nostra terra e che stanno portando alla desertificazione di questa parte della Campania interna.
    Oggi come allora si tratta di unire questa parte povera dell’Irpinia con il resto dell’Italia con collegamenti che determineranno scambi commerciali utili alla crescita del tessuto civile e economico fino ad oggi sconosciuti. Da sempre la storia della ferrovia Avellino Rocchetta si è intrecciata con quella della nostra provincia, una storia fatta di speranze e delusioni. Dopo aver investito ingentissime somme di danaro pubblico per la sua razionalizzazione, investimenti tecnologici di alta caratterizzazione innovativa, tipo fibre ottiche ed impianti di sicurezza avanzati, qualcuno, a Napoli, ha deciso che per questa ferrovia si potesse e dovesse scrivere la parola fine. Contro questa logica noi di in_loco_motivi stiamo lavorando per promuovere il riuso di questa tratta considerata, alla pari di altre in Italia, come ramo secco seguendo la logica assurda per cui il tronco può sostenersi senza rami, senza foglie e senza frutti. L’intento della nostra azione è la riattivazione di un flusso di linfa vitale che produca cultura ed economia, elementi portanti per costruire e gestire un progetto di valorizzazione territoriale legato anche allo sviluppo turistico.
    Cultura, perchè il viaggio è più lento e quindi in grado di penetrare il territorio seguendone anche le vie più tortuose e impervie mostrandolo attraverso il suo paesaggio che significa tipologie di abitazioni, collocazioni di paesi, forme urbanistiche, campanili, tipologie di colture, colori di stagioni, lavori agricoli, boschi, fiumi, abbandoni e tanto altro, tutte cose che la nostra Irpinia può vantarsi di possedere e di considerarle fra le sue eccellenze. .
    Economia, perchè un riammodernamento della nostra Avellino Rocchetta può consentire di evitare l’abbandono di queste zone della Campania interna e quindi di tenere in vita attività commerciali e industriali dal momento che questa tratta attraversa buona parte degli insediamenti costruiti dopo il sisma del 1980. Una opportunità, questa, mai valorizzata nel passato perché fu allocata solo paccottiglia in cerca di finanziamenti pubblici. Economia, perchè la produzione di tradizione legata al territorio che si può far conoscere, apprezzare ed acquistare attraverso internet è raggiunta, conosciuta, compresa, amata attraverso il viaggio nel paesaggio in cui nasce.
    Economia, perchè l’uomo istintivamente percorre strade per conoscere luoghi e culture diventando turista. Queste sono le idee che avevamo messo in campo con successo e che dal giorno successivo alla chiusura dell’Avellino Rocchetta hanno mosso il nostro progetto per rivitalizzare la nostra ferrovia con la caparbietà necessaria che ci ha consentito di entrare nel circuito della Confederazione per la Mobilità Dolce da cui è scaturito un Disegno di legge per la valorizzazione e la salvaguardia delle ferrovie “dimenticate”. Con queste idee chiediamo la collaborazione di quanti credono che anche per la nostra Irpinia un futuro diverso sia possibile, basta crederci con il cuore e con la testa: passione e ragione.
    Pietro Mitrione

  230. 246 pietro mitrione 20/12/2013 alle 3:37 PM

    La nostra ferrovia Avellino Rocchetta è stata “sospesa” per far risparmiare alla regione campania circa un milione di eurio all’anno cioè 80mila euro al mese. Un risparmio non credo decisivo e fondamentale per le casse del suo assessorato!!! Qui ad Avellino a chi confutava i suoi “conti” l’assessore ai trasporti disse: fate schifo! Ha ragione abbiamo votato in Campania gente come lui.

  231. 249 pietro mitrione 05/01/2014 alle 12:49 PM

    la ferrovia Avellino Rocchetta: un capolavoro ferroviario immerso nello splendore del paesaggio irpino.

  232. 250 pietro mitrione 08/01/2014 alle 9:32 PM

    L’IRPINIA FUORI DAL FINESTRINO

    L’antiviaggiatore che volesse, in poche ore, farsi una veloce idea di paesaggi ed atmosfere della nostra terra natale, potrebbe bene utilizzare a questo scopo la corsa mattutina del treno Avellino-Rocchetta S.Antonio.
    Io l’ho fatto, tre euro e novanta a tratta. E’ un trenino del ventennio, una “littorina” a due vagoni che parte alle 6.40 dei giorni feriali, arriva alle 9.25 e subito riparte, per rientrare ad Avellino alle 11.53. Non si può scendere al capolinea, perché poi non ci sono altre corse di ritorno in giornata. E d’altronde la stazione di Rocchetta, persa nelle aride lande del Tavoliere, non invita certo alle soste.
    La tratta, invece, vale decisamente la levataccia e le cinque ore e passa al finestrino. Si attraversano prima noccioléti e poi boschi impenetrabili di faggi e castagni, interrotti soltanto da qualche vigneto, su binari orlati di mura muschiate, lungo una rotta semiabbandonata e minacciata di inghiottimento dalla rigogliosa e tentacolare vegetazione circostante, che sentirete spesso sbattere e frusciare sui fianchi della vettura. A testimoniarne l’antica antropizzazione, qualche vecchio bacino di fontana: attraversiamo più volte il letto prima del Calore e poi dell’ Ofanto, e potete immaginare le donne dei tempi andati scendere al fiume a lavare e strigliare i panni…
    Altri momenti notevoli sono l’attraversamento di un lungo ponte in struttura metallica all’altezza di Lapìo – costruito senza adoperare bulloni, con punzoni ad incastro proprio come la torre Eiffel, mi spiega orgogliosa la bigliettaia – il paese di Castelfranci che appare come un delizioso presepe adagiato sulla collina, l’ingresso nella vallata tra Montella, Cassano e Bagnoli, con il santuario sul colle a pan di zucchero ed i borghi immersi in un verde così intenso da sembrare quasi irreale, lo specchio un po’ spettrale del lago di Conza ed infine il passaggio ad Aquilonia, denso per me delle reminiscenze dell’antica resistenza in battaglia dei nostri avi sanniti contro l’invasore latino. Le cronache di Tito Livio raccontano di ragazzi spinti in un cerchio di spade e costretti a giurare di combattere fino alla morte, pena l’uccisione immediata ad opera dei loro stessi commilitoni, e che i nostri sconfitti antenati fossero stati tra i più fieri nemici di Roma lo dice la presenza, secoli dopo nei giochi del circo, di una temibile figura di gladiatore, il Sannita per l’appunto.
    Ad interrompere il flusso dei miei pensieri, durante la mattinata mi hanno tenuto compagnia prima allegre e rumorose scolaresche salite da Castelvetere a Lioni, poi l’improvvisa, inaspettata apparizione di una femmina di fagiano, noncurante di tutto all’intorno, come la regina di un territorio in cui l’uomo sembra soltanto un ospite della bellissima, malinconica natura che ancora vi domina.

    (tratto da “L’antiviaggiatore”, Carlo Crescitelli 2010)
    http://lavitaeuntreno.ilfattoquotidiano.it/

    Pietro, complimenti. Grazie a te siamo oggi di nuovo alla ribalta della stampa nazionale, anche se per l’ennesima storia di fallimenti e degrado non importa, combattiamo e in qualche modo ce la faremo. Il video che avete girato, frattanto, è davvero molto bello.
    Questa della nostra defunta, bellissima ferrovia è una faccenda che sta molto a cuore anche a me. Io la percorsi proprio pochi mesi prima della sua chiusura, per raccontarne nel mio “antiviaggiatore”: certo di farti piacere, ti riporto qui sotto il testo di quel capitoletto del mio libro.
    Ancora complimenti e in bocca al lupo per tutto!

    Carlo

  233. 251 pietro mitrione 10/01/2014 alle 10:17 am


    ………..un film dedicato ai tanti Sergio Vetrella che stanno sconquassando il trasporto ferroviario in Italia!

  234. 252 pietro mitrione 16/01/2014 alle 7:13 PM

    ……seconda puntata dello scandalo delle ferrovie dimenticate!

  235. 255 pietro mitrione 21/01/2014 alle 9:36 PM

    http://www.youtube.com/watch?v=3MmC4HB4U9M centenario avellino rocchetta

  236. 258 pietro mitrione 22/01/2014 alle 4:48 PM

    http://lavitaeuntreno.ilfattoquotidiano.it/ terza puntata de: la vita è un treno

  237. 259 pietro mitrione 29/01/2014 alle 10:09 PM

    Manutenzione ordinaria delle linee ferroviarie sospese al traffico passeggeri
    Sospensione della rimozione del sistema GSM‐R sulla tratta Avellino‐Rocchetta S.A.
    L’Associazione inLocoMotivi, da tempo impegnata nella difesa del trasporto pubblico locale e nella
    salvaguardia del patrimonio ferroviario sostenendone un suo utilizzo produttivo e componente della
    Confederazione per la Mobilità Dolce (CO.MO.DO.),
    TENUTO CONTO
    che a partire dal Dicembre 2010 il traffico passeggeri è cessato (in alcuni casi tecnicamente solo “sospeso”)
    su oltre 1500 chilometri della rete ferroviaria nazionale;
    che tra le linee colpite dai provvedimenti di sospensione c’è la ferrovia Avellino‐Rocchetta che collega
    Avellino con le zone interne dell’Irpinia. Tale linea, inaugurata il 27 ottobre 1895, non è percorsa da treni a
    partire dal cambio d’orario ferroviario del 12 dicembre 2010.
    che si tratta di un’infrastruttura di notevole importanza in quanto attraversa tutta la zona interessata dal
    sisma del 1980 ed ha soprattutto una notevole valenza non solo trasportistica ma anche turistica e
    paesaggistica. Questa tratta è interamente collocata all’interno di un corridoio ecologico, che si sviluppa su
    un tracciato circondato da contesti ambientali di notevole bellezza tra cui la zona del famoso vino “Taurasi”
    e i fiumi Ofanto e Calore che danno l’acqua alla Regione Campania.
    che è stato deciso da Rete Ferroviaria Italiana (RFI spa) di rimuovere strutture ed apparati del sistema GSMR
    sulla linea Avellino‐Rocchetta con nota RFI/DAC/0000485;
    che i lavori di rimozione di cui al punto precedente impegneranno risorse pari a circa 800mila euro, risorse
    che potrebbero invece venire impiegate proficuamente per la manutenzione della suddetta linea e delle
    altre linee complementari attualmente in esercizio;
    CONSIDERATO
    che la ferrovia Avellino‐Rocchetta rappresenta un’infrastruttura di notevole importanza sia da un punto di
    vista trasportistico che turistico in quanto attraversa tutta la zona interessata dal sisma dell’80 ma
    soprattutto ha una notevole valenza a fini turistici.
    che questa tratta è interamente collocata all’interno di un corridoio ecologico, che si sviluppa su un
    tracciato lontano dagli abitati e circondato da contesti ambientali di notevole bellezza; si caratterizzata
    anche perché incontra la zona del famoso vino “Taurasi” e i fiumi che danno l’acqua alla Regione Campania.
    che la tratta ferroviaria Avellino‐Rocchetta attraversa ben 7 nuclei industriali di cui uno già interamente
    raccordato alla ferrovia stessa;
    che la tratta ferroviaria Avellino‐Rocchetta è interessata da un progetto “Le vie del vino tra i castelli
    dell’Irpinia verde” più volte presentato alla Regione Campania ed inizialmente finanziato parzialmente dai
    fondi PAIn;
    che nel PTCP della Provincia di Avellino, approvato dalla Regione Campania, è previsto uno studio di
    fattibilità sulle opzioni di recupero della tratta ed suo utilizzo come vettore ferroviario anche a fini turistici;
    che sono interessate dalle stesse criticità altre linee ferroviarie ricadenti nel territorio italiano;
    che la manutenzione ed il mantenimento in efficienza delle linee rientri negli obblighi di RFI spa, quale
    concessionario della rete ferroviaria nazionale secondo il DM 138T/2000 e successive modifiche ed
    integrazioni;
    che il provvedimento di rimozione della rete GSM‐R sia in palese contrasto con gli obblighi di manutenzione
    delle linee ferroviarie;
    che è in discussione alla Camera dei Deputati una proposta di legge (numero 1640) con l’obiettivo di
    recuperare l’utilizzo di tali linee ferroviarie minori anche per scopi turistici e per la cosiddetta “mobilità
    dolce”;
    che la tratta Avellino‐Rocchetta è stata percorsa fino al Dicembre 2010 non solo dai servizi minimi di
    trasporto ma anche da treni turistici autonomamente organizzati dalle associazioni operanti sul territorio;
    che per quanto sopra risulta fattibile la possibilità di un ripristino dell’esercizio ferroviario sulla linea in
    tempi brevi;
    RITENUTO PRIORITARIO
    che non siano abbandonate queste preziose risorse infrastrutturali, ereditate in virtù dei sacrifici delle
    generazioni che ci hanno preceduto;
    che non vengano pregiudicate le possibilità di utilizzo della linea ferroviaria come mezzo di trasporto
    sostenibile anche in considerazione delle possibilità di integrazione ferro/gomma;
    che non vengano pregiudicate le possibilità di trasporto delle merci su ferro per i nuclei industriali situati in
    prossimità della linea ferroviaria;
    CHIEDONO
    • di sospendere la rimozione delle attrezzature GSM‐R sulla tratta indicata in oggetto;
    • di garantire la manutenzione ordinaria delle linee con traffico passeggeri sospeso, onde non
    pregiudicare definitivamente le possibilità di ripristino dell’esercizio ferroviario, sia a servizio delle
    comunità locali, sia quale strumento di valorizzazione dell’escursionismo compatibile con la tutela
    dell’ambiente e del patrimonio culturale italiano.

  238. 261 pietro mitrione 30/01/2014 alle 4:36 PM

    quarta puntata la vita è un treno

  239. 262 pietro mitrione 06/02/2014 alle 5:26 PM

    Intervento del Consigliere FRANCESCO RUSSO al Consiglio Comunale del 28/01/2014 sulla Ferrovia Avellino Rocchetta Sant’Antonio e sul sistema ferroviario complessivo dell’Irpinia

    Buona sera a tutti; un saluto particolare lo rivolgo a Pietro Mitrione ed agli amici della associazione “In_Loco_Motivi”; queste persone non sono “QUATTRO STUPIDI” o “STUPIDI SOGNATORI”, come qualcuno in passato li ha apostrofati, che vogliono tenere in piedi una nota di FOLCLORE, ma sono Irpini che con il loro apprezzabile e lodevole impegno, con la loro costanza, con la loro tenacia spingono tutti noi nel difendere la storica tratta ferroviaria Avellino Rocchetta Sant’Antonio, insieme a tutto il sistema ferroviario provinciale.
    Dobbiamo discutere del sistema del trasporto su ferro in questa Provincia nel suo complesso, nella sua globalità; io chiedo, a gran voce da questo microfono, in difesa della nostra storia e dei nostri diritti di Irpini, il recupero ed il potenziamento di questa tratta ferroviaria. Ma chiedo anche che Avellino, diventi punto centrale, diventi baricentrica rispetto alla Alta Velocità (Salerno) ed alla Alta Capacità (Benevento-Grottaminarda).
    Io mi auguro che da questo Consiglio Comunale venga fuori una proposta forte e condivisa, rispetto al trasporto su ferro, che ci permetta di far sentire la voce dell’Irpinia oltre gli stretti confini provinciali. Io mi auguro che su questo argomento, essenziale per lo sviluppo del nostro territorio, si possa portare avanti un dibattito, già iniziato all’interno del Partito Democratico, che sia più ampio ed articolato e che coinvolga tutte le forze politiche e la società civile. La tratta Avellino Rocchetta è una parte importante ma è una parte del trasporto su ferro della nostra Provincia; come dire, è un pezzo del puzzle; noi dobbiamo discutere del sistema trasporto su ferro in Irpinia ma in modo chiaro, ben congegnato, complessivo; insomma, dobbiamo comporre tutto il puzzle dei trasporti su ferro.
    La tratta ferroviaria Avellino Rocchetta Sant’Antonio è nata nel 1895 per la esigenza di allora di collegare, di avvicinare le Province di Avellino, Potenza e Foggia; ricordo l’impegno in tal senso di Francesco De Sanctis. Questa tratta era ed è fondamentale per lo sviluppo industriale dell’Irpinia perché è l’unica linea ferroviaria che collega i vari nuclei industriali nel territorio provinciale (sono otto); inoltre, ricordo che questa linea permette il collegamento tra i due nuclei industriali di Melfi e Pratola Serra dove è presente la FIAT e permette il trasporto merci verso Napoli, Bari e le grandi direttrici di traffico. Essa attraversa le vallate dei fiumi Sabato, Calore ed Ofanto, vallate di grande valore ambientale; infatti, il trasporto su ferro può essere determinante per il turismo, per la promozione dei prodotti di eccellenza di quest’area, a partire da quelli enogastronomici, e per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della zona. Lungo quella tratta insistono paesaggi davvero splendidi; le potenzialità sono tantissime e però ancora poco sfruttate; occorre fare di più, occorre organizzare e pubblicizzare in maniera massiccia e capillare un pacchetto turistico appetibile da percorrere in treno.
    Ancora, aggiungo che per i cittadini dell’Irpinia questa linea ferroviaria è determinante per il raggiungimento delle sedi universitarie di Fisciano e Benevento e per lo sviluppo delle comunicazioni tra le popolazioni ed è indispensabile per evitare l’isolamento delle aree interne, che, a sua volta, è il primo passo verso lo spopolamento.
    Il potenziamento della linea ferroviaria comporterebbe anche un decongestionamento del traffico su gomma, riducendo così l’inquinamento ad esso legato ma riducendo anche il rischio di incidenti sulla strada Ofantina e Ofantina Bis; tale decongestionamento appare più significativo se questa tratta consentirà non solo il collegamento ferroviario dell’Irpinia, ma progettando anche sinergie con la prevista linea di Alta Velocità Napoli-Bari; ricordo che la Alta Velocità/Alta Capacità non passa per la città di Avellino che è l’unico capoluogo di provincia a non avere un collegamento diretto con Napoli, a non avere un collegamento diretto con il capoluogo regionale.
    Questa tratta ferroviaria è stata sospesa dal 13 dicembre 2010 e, fino ad ora, non è stato effettuato nessun intervento di manutenzione; al contrario, è stato previsto lo smantellamento ad iniziare dalle apparecchiature GSM-R necessarie alla circolazione dei treni in quanto garantiscono le comunicazioni telefoniche ed il costo per tale operazione demolitiva è di circa un milione di euro; ricordo che ne sono stati spesi tanti altri di milioni di Euro per installare queste apparecchiature, comprese le fibre ottiche.
    Noi tutti insieme dobbiamo fare in modo che la capacità ATTRATTIVA della città di Avellino, dell’area vasta e del territorio provinciale tutto sia molto più forte, sia migliore di quella di adesso. Non abbiamo molte risorse ma quelle che teniamo (ambiente, natura, gastronomia, un poco di industria rimasta) è il caso di difenderle con le unghie e con i denti. E per difendere e migliorare le nostre risorse abbiamo la assoluta necessità di potenziare il sistema dei trasporti in generale ma in particolare dobbiamo potenziare il trasporto su ferro.
    Avellino, lo dicevo prima, è l’unico capoluogo di Provincia che non ha un collegamento diretto con Napoli, con il nostro capoluogo regionale; e noi dobbiamo partire da questo dato per fare un ragionamento; i cittadini Avellinesi e Irpini ma anche le merci quando si spostano dove hanno maggiore necessità di andare? Devono andare verso i centri della conoscenza, le Università quindi soprattutto Fisciano e Benevento ma anche Napoli, devono andare verso le poche industrie rimaste, devono andare verso le aree costiere, Salerno e Napoli. Per poter fare questo di cosa hanno bisogno i cittadini Avellinesi e Irpini? Hanno bisogno, secondo me, non della soppressione e dello smantellamento della tratta Avellino Rocchetta Sant’Antonio ma hanno, abbiamo bisogno del potenziamento di questa tratta; abbiamo bisogno di rafforzare il sistema dei trasporti su ferro in Irpinia a partire dalla stazione di Avellino; sì proprio dalla stazione di Avellino che oggi funziona a scartamento ridotto, oggi funziona a mezzo servizio o giù di lì; occorre potenziare il percorso verso l’alta Irpinia, ma anche quello verso Benevento come anche quello verso Fisciano-Salerno mediante la elettrificazione della tratta Salerno-Avellino-Benevento; il potenziamento della stazione ferroviaria di Avellino darebbe maggiore senso, utilità e finalità anche alla nostra Metropolitana Leggera. Insomma, dobbiamo restare in gioco per non essere tenuti fuori dalle direttrici di sviluppo; insomma, dobbiamo restare in gioco anche per non rimanere isolati quando succede, come in questi giorni, in cui l’autostrada ha avuto problemi per il maltempo. Non è comprensibile, non è possibile che una Provincia intera possa restare isolata a causa di uno smottamento, a causa di una perturbazione atmosferica.
    Non voglio essere noioso ma mi permetto di leggere qualche dato che io considero alquanto curioso; nel nostro territorio provinciale si percorrono ogni anno circa 15.000.000 (15 milioni) di Km su gomma (Km Bus) e circa 300.000 (trecentomila) Km su Treno. Insomma, udite udite, ben il 97-98% del traffico totale annuale si effettua su gomma nel nostro territorio provinciale e nemmeno il 2-3% di questo traffico si effettua su treno.
    Ancora qualche altro dato sul trasporto delle merci; circa il 92% delle merci viene trasportato su gomma e solamente un misero 8% viene trasportato su ferro. Nei decenni passati si è puntato quasi tutto, per ragioni varie, sul trasporto su gomma; noi di questo abbiamo beneficiato da quando fu dirottata l’autostrada nel nostro territorio; ricordo le infinite polemiche con Benevento per questo; l’autostrada che attraversa Avellino ha creato un aggancio al mondo ed una spinta propulsiva allo sviluppo del nostro territorio; però questa spinta nel tempo si è esaurita ed, in un certo qual modo, è mancata la visione strategica alternativa per il futuro dell’Irpinia rispetto alla mobilità. Noi siamo rimasti indietro. Però adesso dobbiamo recuperare questo ritardo.
    Ancora qualche altro dato; sapete che noi, anche se non collegati direttamente a Napoli, possiamo raggiungere lo stesso il capoluogo di Regione e come e in quanto tempo possiamo farlo? Da Avellino, attraversando Serino, Solofra, Montoro e poi ancora Nocera, Torre Annunziata, possiamo raggiungere Napoli. E lo facciamo in un tempo che più o meno è di 75 minuti; un’ora e un quarto da Avellino per arrivare a Napoli con la linea attuale che, sapete tutti, è molto lenta. Con questa stessa linea, quando sarà elettrificata, se tutto andrà a sistema, il tempo di percorrenza sarà di circa un’ora; vale a dire lo stesso tempo che adesso impiegano gli autobus per andare a Napoli; se aggiungiamo che con la metropolitana leggera si potrà arrivare agevolmente alla stazione ferroviaria di Avellino si potrà completare il percorso per raggiungere abbastanza facilmente Napoli e questo non è poco.
    Esiste un vecchio progetto regionale denominato “La via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”; questo progetto nacque grazie alla lungimiranza politica dell’allora assessore regionale ai lavori pubblici senatore Enzo De Luca che riuscì a coagulare l’impegno di vari comuni e dell’imprenditoria privata. Grande merito ai comuni capofila Montefalcione e Morra De Sanctis che trascinarono tutti gli altri comuni in questa avventura. Questo progetto, passato al vaglio del nucleo di valutazione regionale, venne approvato dalla allora giunta regionale di centrosinistra della Campania a luglio 2009 e venne finanziato con fondi europei (fondi PAIn FAS 2007-2013) per un importo di 110.000.000 (centodieci milioni) di Euro. Per l’entità del finanziamento è sicuramente uno dei progetti più importanti per l’Irpinia degli ultimi decenni. Ricordo che il progetto fu approvato anche dal comitato tecnico del CIPE. Io non conosco esattamente la cifra ma sono sicuro che la regione Campania rimanderà indietro un bel po’ di soldi non utilizzati dei fondi europei 2007-2013; ebbene c’è ancora possibilità e tempo, da parte della stessa regione Campania, di recuperare quei 110.000.000 (centodieci milioni) di Euro e concretizzare quel vecchio progetto che porterebbe investimenti e sviluppo nella nostra Provincia e tutti sappiamo di quanto ne abbiamo bisogno.
    Allo stato le conoscenze in mio possesso mi permettono di affermare che questa tratta ferroviaria, anche se ormai abbandonata e senza cura, è ancora in ottime condizioni e pronta o quasi a ripartire per tutti gli investimenti infrastrutturali che sono stati apportati nel tempo (fibre ottiche, apparecchiature GSM-R ecc…). Si potrebbe valutare volta per volta la prospettiva della singola linea ferroviaria così come è avvenuto in Toscana con il ripristino, in uno specifico caso, della tratta Cecina Volterra. Si potrebbe anche valutare caso per caso di cedere eventualmente la gestione, mediante apposita gara, a vettori nazionali o internazionali anche diversi da Trenitalia come realizzato con successo altrove (in Alto Adige per la tratta Merano-Malles).
    Adesso permettetemi qualche nota sulla Funicolare che porta da Mercogliano a Montevergine. Si parla tanto di attrarre meglio e di più i flussi turistici; noi abbiamo sostanzialmente tre tipi di turismo: enogastronomico, ambientale e religioso; abbiamo il turismo enogastronomico grazie alle produzioni del nostro territorio (vino, olio, salumi, formaggi, castagne eccetera); abbiamo il turismo ambientale grazie alle nostre bellezze naturali (non per niente siamo la verde Irpinia); abbiamo il turismo religioso e l’Abbazia di Montevergine è una delle più belle e frequentate del Mezzogiorno. Pare che l’assessore regionale Vetrella sia questa volta ben intenzionato; speriamo sia vero; c’è stato un impegno dell’Ente Provincia; io ho ascoltato le notizie date anche dal Direttore dell’AIR Dino Preziosi. Credo di aver capito che l’impegno c’è ma è relativo però ad un periodo limitato; va bene, è sicuramente meglio che tenerla ferma ma, ovviamente, dobbiamo tutti fare la nostra parte perché la funicolare abbia assicurato non solo il futuro vicino ma anche il futuro lontano. Io mi auguro che si possa, una volta e per tutte, definire la strategia per il futuro della funicolare Mercogliano-Montevergine che deve essere considerata dalla politica regionale come una risorsa per l’Irpinia intera e non come un peso. Ho finito; permettetemi solo un augurio finale: che ci sia una gradita, anzi graditissima sorpresa tra qualche mese ad inaugurare la apertura della funicolare appena rinnovata; che possa essere presente il Santo Padre, possa essere presente Papa FRANCESCO, ovviamente, per la gioia di tutti noi Irpini.
    Adesso vi leggo la proposta

    OGGETTO: Appello-Proposta al Ministro e al Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, al Governatore della Regione Campania, al Commissario Straordinario dell’Amministrazione Provinciale di Avellino

    IL CONSIGLIO COMUNALE

    Premesso che

    La tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta S. Antonio-Lacedonia è nata nel 1895 dall’esigenza di trovare un punto di incontro tra le province di Avellino, Foggia e Potenza e dalla necessità di superare l’assenza di viabilità nell’alta Irpinia per favorire il traffico merci;

    La tratta era ed è fondamentale per lo sviluppo industriale dell’Irpinia perché è l’unico tratto ferroviario che collega ben otto nuclei industriali nel territorio, attraversando le vallate dei fiumi Sabato, Calore ed Ofanto, vallate di grande valore ambientale; in particolare, attraverso questa linea ferroviaria, è possibile il collegamento tra i due nuclei industriali di Melfi e Pratola Serra dove è presente la Fiat, per il trasporto merci verso Napoli, Bari e le grandi direttrici di traffico;

    Considerato che

    Il trasporto su ferro può diventare un importante attrattore di persone anche a fini turistici, favorendo la promozione dei prodotti di eccellenza di quest’area, a partire da quelli enogastronomici, e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della zona, ed appare inutile recuperare i centri storici e portare le industrie in montagna se poi non si creano strutture e collegamenti in grado di dare slancio socio-economico alle popolazioni;

    Per i cittadini dell’Irpinia questa linea ferroviaria è determinante per il raggiungimento delle sedi universitarie di Fisciano e Benevento e per lo sviluppo delle comunicazioni tra le popolazioni e che quindi è necessario intervenire per evitare l’isolamento, che è il primo passo verso lo spopolamento;

    Il potenziamento della linea ferroviaria comporterebbe il decongestionamento del traffico su gomma, contenendo in tal modo anche la minaccia dell’inquinamento e la pericolosità delle tratte stradali Ofantina e Ofantina bis; tenuto conto che tale decongestionamento apparirà tanto più necessario se tale tratta consentirà il collegamento ferroviario dell’Irpinia progettando sinergie con la prevista linea di alta velocità Napoli-Bari, che non passa per la città di Avellino – unico capoluogo di provincia a non avere un collegamento con il capoluogo regionale – ed eventualmente costruendo anche un tratto di collegamento fra Taurasi e Grottaminarda;

    Preso atto che

    Questa tratta è “sospesa” dal giorno 13 dicembre 2010 e nessun intervento manutentivo è stato effettuato anzi ne è stato previsto lo smantellamento ad iniziare dalle apparecchiature GSM-R necessarie alla circolazione dei treni in quanto garantiscono le comunicazioni telefoniche, operazione demolitiva, questa, che ammonta a circa un milione di euro, dopo che sono state spese ingenti risorse per installarle, fibre ottiche comprese;

    Chiede alle istituzioni succitate di intervenire con risolutezza al fine di

     Revocare il provvedimento di sospensione e procedere alla riqualificazione della linea ferroviaria Avellino – Rocchetta S. Antonio rendendola efficiente e funzionale per il trasporto di merci, viaggiatori e turisti e nel contempo assicurare la manutenzione della tratta onde impedirne l’ulteriore degrado;

     Inserire la tratta ferroviaria Avellino – Rocchetta S. Antonio nel circuito economico locale e nella programmazione regionale e nazionale delle infrastrutture, così come previsto nel PTCP della Provincia di Avellino, insieme al potenziamento della stazione ferroviaria di Avellino, come emerge dai primi indirizzi del Piano Strategico della città di Avellino;

     Ricercare sinergie per potenziare i collegamenti su ferro da Avellino verso il Campus universitario di Fisciano e verso Benevento in virtù della sede universitaria, elettrificando la tratta Salerno – Avellino – Benevento, onde intercettare le due direttrici dell’Alta Capacità a Benevento – Grottaminarda e dell’Alta Velocità a Salerno;

     Salvaguardare la funzionalità della funicolare di Mercogliano per il Santuario di Montevergine, garantendone la manutenzione, la sicurezza e la efficienza nel tempo;

     Convocare al più presto un tavolo tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Regione Campania, Province di Avellino, Potenza e Foggia, Comuni e Comunità montane interessate dalle tratte e comitati di cittadini esistenti, allo scopo di discutere e di programmare il rilancio della linea ferroviaria Avellino – Rocchetta S. Antonio, la difesa della funicolare da Mercogliano a Montevergine ed il potenziamento del sistema trasporti in Irpinia;

    Al contempo si impegna il Sindaco e la Giunta

     Alla costituzione di un coordinamento dei Sindaci dei Comuni attraversati dalla linea ferroviaria e dal servizio della funicolare al fine di porre in essere una battaglia sinergica volta alla difesa ed al miglioramento della condizione generale dei trasporti nel nostro territorio provinciale.
     Di chiedere alla regione Campania di non effettuare tagli lineari ma di tenere in debita considerazione le esigenze delle singole Province e dei relativi capoluoghi di Provincia. Infatti, in un’area come quella della Provincia di Avellino, non avendo strade ferrate, ulteriori tagli isolerebbero l’intera Provincia e interi quartieri della città.
     Di chiedere altresì di reinvestire le somme tolte alla funicolare ed al Laceno, pari a circa 700.000 Euro, nel territorio provinciale, anziché utilizzarle per le Province campane che hanno procurato deficit enorme nel sistema, generando i detti tagli.

  240. 263 pietro mitrione 06/02/2014 alle 6:36 PM

    Avellino.-.Rocchetta Sant’Antonio, e il pensiero va al fischio del treno che sentivi nella valle; al bel ponte con le arcate di mattoni rossi sul Sabato ad Atripalda; a quel vagone azzurro, che vedevi transitare al passaggio a livello e ti stupiva per l’esiguo numero dei passeggeri; alle storie del vecchio ferroviere che raccontava della fatica di alimentare la locomotiva a carbone negli anni del dopoguerra o dello straordinario lavoro fatto nel primo dopo terremoto dell’80 allorquando i primi aiuti e ricovero per i terremotati arrivarono in treno. Per anni carri ferroviari furono le abitazioni per migliaia di persone di un territorio “ballerino”.
    Dal 13 dicembre 2010 qualcuno, poco a conoscenza del valore paesaggistico, ambientale e storico di questa tratta ferroviaria, ha deciso di “sospenderla”: un modo elegante per determinarne la morte nel silenzio colpevole di chi poteva e può ancora evitare questo ulteriore scippo alla nostra provincia. Fra i tanti provvedimenti che stanno penalizzando l’Irpinia questo è quello che meno colpisce nell’immediato ma è quello che meglio rende evidente lo stato di abbandono delle infrastrutture del nostro territorio.
    Paolo Ruiz ha scritto “la fine dei territori comincia così, col bar e la panetteria che chiude, poi con le stazioni del silenzio. Sento che comincia il viaggio in uno straordinario patrimonio dilapidato. ” sembra una profezia dedicata alla nostra Irpinia!
    In questi giorni tanti stanno discutendo dell’avvenire dei piccoli paesi tanti dei quali legati alla storia della ferrovia Avellino-Rocchetta. A Cairano, addirittura, Franco Dragone, il fondatore del cirque du soleil, ed altri artisti stanno sperimentando un progetto per valorizzare turisticamente questa parte della nostra Irpinia. Una idea che tiene insieme territorio e paesaggio elementi caratterizzanti questi luoghi così lontani dai circuiti turistici tradizionali. E’ possibile legare questi progetti alla valorizzazione della ferrovia Avellino-Rocchetta? E’ pensabile che operatori economici possano intervenire economicamente, in sinergia con le istituzioni locali, per programmare iniziative turistiche in treno come accade in Toscana, in Lombardia, in Sicilia ed in altre parti d’Italia? E’ proponibile estendere questi eventi alla partecipazione delle scuole in modo da far conoscere l’Irpinia ai tanti studenti che, forse, nemmeno ne conoscono la bellezza paesaggistica? Altrove queste iniziative hanno avuto un grande successo, da noi, invece, hanno deciso, inopinatamente, di cancellare la storica ferrovia Ofantina tanto cara a Francesco de Sanctis e Giustino Fortunato.
    Si tratta di proporre un viaggio in treno che penetra nel cuore della nostra Irpinia: un susseguirsi di terre coltivate, vigneti e boschi, case sparse e paesi, chiese, casolari diroccati ma soprattutto tanti corsi di acqua (Sabato, Salzola, Calore, Ofanto) talvolta color smeraldo, tal altra torbida e gialla per i residui di terra che violente piogge hanno reso tali, passando per l’Oasi di Conza e fino al lago San Pietro. Man mano che ci si allontana da Avellino il paesaggio diventa mutevole, sempre più spesso appaiono colline coltivate a cereali, a volte sembrano terre senza tempo, se non fosse per la linea elettrica che di tanto in tanto ti riporta all’oggi. Si attraversano stazioni, forme morte, con le loro porte e finestre murate, che provocano una stretta al cuore. Infine appaiono le pale eoliche, che ad alcuni possono sembrare ingombranti per l’impatto sul territorio, ma che sono l’espressione dell’unica strada che abbiamo, l’energia alternativa, se vogliamo lasciare un mondo vivibile ai nostri nipoti. Si vedono quei bracci enormi girare incessantemente, ma ancora non ci si rende conto della forza che li muove, si capirà lassù sulle sommità dei paesi altirpini, quando un forte vento tagliente costringe a coprirsi la faccia, ma non si rinuncia allo spettacolo di un paesaggio ampio e silente, quasi del tutto disabitato seppure curato, un susseguirsi di colline dal dolce pendio tra le quali si intravede Lacedonia o Sant’Agata di Puglia, arroccata sulla collina. Vengono in mente le parole di Francesco de Sanctis a proposito del suo paese, appena visto dal suo nucleo industriale: “Non c’è alcun morrese che non possa dire: io posseggo con l’occhio vasti spazi di terra”.
    Il grande critico aveva anche previsto: “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia e in picciol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”. La linea ferroviaria, infatti, arrivò nel 1895 e segnò una tappa importante per superare l’isolamento che contraddistingueva le contrade dell’Alta Irpinia. (In quell’epoca Rocchetta Sant’Antonio era parte della nostra provincia; ne sarà staccata alla fine degli anni 30, quando entrò a far parte della Provincia di Foggia). La ferrovia divenne un mezzo di trasporto agevole per i prodotti agricoli del territorio, ma amaro per migliaia di uomini: non è immaginabile il numero di emigranti che l’hanno percorsa per raggiungere le terre europee o d’oltreoceano da cui inviavano quelle rimesse di danaro che contribuivano a risollevare la situazione economica di queste zone e, in generale, con i depositi postali, a finanziare tante opere pubbliche italiane.
    Successivamente, con la costruzione di nuove vie di comunicazione, la ferrovia è stata utilizzata sempre meno, fino a far registrare la sua attuale quasi soppressione. E’ chiaro che, nell’era dell’alta velocità, non è pensabile una locomotiva che percorre, quasi priva di passeggeri e in due ore e mezza la distanza tra le due località. Ma proprio gli elementi che ne determinano la passività sono fondamentali per proporre un diverso uso, puntando l’attenzione sul loro valore paesaggistico, storico ed architettonico.
    In Irpinia, ad opera di pochi pionieri è sorta una associazione, meglio dire un gruppo di appassionati, “In-loco-motivi” _ Il treno irpino del paesaggio che si propongono:
    – “la dichiarazione di importanza storico-culturale” della tratta;
    – “iniziare un lavoro didattico nelle scuole”;
    – “la conoscenza del territorio e delle sue potenzialità ambientali, storiche, architettoniche,
    Quante gite scolastiche vengono organizzate ogni anno, con trasporto su strada e in località lontane, quando luoghi bellissimi e a portata di mano sono ignorati? Quanti bambini e ragazzi sognano di fare un viaggio in treno e non l’hanno mai fatto? Questi paesi sono ricchi di testimonianze storiche e archeologiche (Compsa), di realtà museali (Aquilonia, Morra, Nusco, S. Andrea di Conza, Calitri), di castelli, molti dei quali ristrutturati (Rocchetta, Monteverde, Bisaccia). Quanti ragazzi li conoscono?
    Ci sarebbe da fare, poi, il discorso del rilancio turistico, tema sempre presente. Negli ultimi decenni, certo, alcune località hanno visto aumentare il numero di visitatori; molto meno i paesi dell’Alta Irpinia; ma fa ben sperare per il futuro l’iniziativa e la buona volontà di associazioni che vedono la partecipazione di tanti giovani, come l’ “Associazione LiberaMente” di Rocchetta, che non si rassegnano al destino di declino al quale per molti anni questi paesi sembravano condannati. D’altronde, il grandissimo numero di turisti che richiama ogni anno la manifestazione “Grande spettacolo dell’acqua”, organizzata a Monteverde, dimostra che quando si propone un prodotto di alta qualità la gente risponde con entusiasmo.
    Non è un caso se Calitri è stato riconosciuto come una delle nove località al mondo dove si può meglio vivere la Terza età. Calitri, sede di un rinomato Istituto statale d’Arte, che forma ceramisti che nulla hanno da invidiare a località ben più rinomate, non potrebbe che avere dei benefici dal raggiungimento degli obiettivi suddetti. Ci sarebbe poi il turismo enogastronomico. Questa linea ferroviaria attraversa paesi che hanno raggiunto una rinomanza internazionale per la produzione di eccellenti vini, il Fiano, l’Aglianico e il Taurasi, o prodotti che hanno ottenuto il riconoscimento IGP, come la castagna di Montella, o il tartufo nero di Bagnoli Irpino. Per non parlare dei prodotti dell’industria casearia, degni di figurare tra i migliori in Italia come i latticini e, in piccola parte, il caciocavallo podolico.
    E’ troppo pensare che questo treno un giorno possa accompagnare numerosi gruppi di turisti in queste località? E’ utopico sperare che possa contribuire, sia pure in piccolissima parte, a fermare quello che sembra un inarrestabile processo di depauperamento dell’Irpinia a causa di un’emigrazione, soprattutto giovanile sempre troppo elevata? Già, l’emigrazione: questo è stato il tema di un brano scritto da Franco Arminio, il “paesologo” di Bisaccia che nei suoi scritti analizza senza pietà la realtà di questi paesi: “Chi visita i paesi d’estate o la domenica ne cattura un’impressione del tutto illusoria: il piacere del silenzio, del buon cibo, aria buona. Tutto questo è solo una facciata, una realtà apparente che nasconde un’inerzia acida, un tempo vissuto senza letizia” […] Se i sani scappano lontano, nel paese restano i malati”. Siamo costretti a riflettere su queste comunità che vedono diminuire inesorabilmente il numero dei loro abitanti, ma dove ancora c’è chi non si arrende, e lotta perchè il domani possa essere diverso.
    Antonietta Favati

  241. 264 pietro mitrione 13/02/2014 alle 9:58 PM

    Trenta anni fa, il 13 febbraio del 1984, fu inaugurata la nuova stazione ferroviaria di Avellino. Una data ignorata dalla maggior parte della città. Eppure quella ricostruzione, dopo lo spaventoso sisma dell’80, fu una delle prime realizzazioni del dopo terremoto. In quella inaugurazione furono in molti a vedere un momento decisivo per la rinascita del nostro territorio. Ancora oggi questa struttura è lì a testimoniare quello che poteva essere e che, purtroppo, non è stato per la nostra città. La stazione di Avellino in questi trenta anni ha vissuto di luce riflessa di quello che ha fatto la politica per l’Irpinia. Dopo le illusioni di un effimero sviluppo economico, legato prevalentemente alla ricostruzione post sisma, si è assistito al progressivo ma inesorabile declino che ha coinvolto l’omonimo quartiere avellinese, il nucleo industriale di Pianodardine e la stazione stessa che ha subito, addirittura, l’onta della sua chiusura totale nel settembre del 2012 a seguito dei tagli operati dalla regione Campania. Ci restano le grandi incompiute, i raccordi ferroviari realizzati e mai utilizzati, le opere di grande impatto telematico quali le fibre ottiche posizionate lungo i 120 km della tratta Avellino Rocchetta, completamente automatizzata, gli scempi degli opifici chiusi, il dramma dell’Isochimica, le paure di un intero quartiere, i lutti causati dall’amianto, scoibentato prima all’aria aperta nella stazione e poi nello stabilimento, e la cancellazione dell’Irpinia dalla geografia ferroviaria italiana. Tutto questo viene ingigantito dalla indifferenza di chi poteva indirizzare le scelte economiche verso coerenti politiche di coesione territoriale. L’affronto della totale chiusura della stazione di Avellino proprio nel momento più alto della discussione sulla costruzione della linea ad Alta Capacità Roma/Napoli/Bari è stata la palese semplificazione della nullità programmatrice dei nostri decisori politici. Una scelta operata nelle stanze di chi ignora la realtà irpina non solo fisicamente ma soprattutto politicamente. L’ubicazione mediana di Avellino fra Salerno e Benevento impone una riflessione per potenziare questa struttura ferroviaria mediante la elettrificazione della tratta BN/AV/SA: un’opera che può consentire alla nostra città di recuperare un ruolo determinate fra il Tirreno e l’Adriatico in attesa della realizzazione della linea ad Alta Capacità. La costruzione dell’area vasta avellinese impone questa scelta: da un lato l’alta velocità a Salerno dall’altra l’alta capacità a Grottaminarda/Benevento. Si tratta semplicemente di potenziare e migliorare l’esistente patrimonio ferroviario irpino così come prevedono i nuovi finanziamenti europei per il 2014/2020 mirati, in materia di mobilità per uomini e merci, solo a migliorare la rete ferroviaria esistente. Una opportunità da concretizzare con progetti mirati al recupero di quello che resta della ferrovia in Irpinia, Avellino Rocchetta compresa.
    Per noi di in_loco_motivi, che da anni ci battiamo per il rilancio del sistema su ferro in Irpinia, questa data del trentennale della ricostruzione della stazione ferroviaria di Avellino assume una particolare importanza in quanto riponiamo nello sviluppo dell’infrastrutturazione ferroviaria l’aggancio dell’Irpinia all’Europa, basta ricordare che fra qualche anno in poco più di due ore sarà possibile raggiungere Roma e già oggi, con piccoli miglioramenti alla rete esistente si può giungere a Napoli in circa 75 minuti. Per queste motivazioni vogliamo ricordare questa data con un incontro che, volutamente, si svolgerà presso la stazione ferroviaria di Avellino domenica 16 febbraio alle ore 17,00. Nell’occasione sarà proiettato il film-documentario: LA VITA E’ UN TRENO di Antonello Caporale che sarà presente all’iniziativa.
    Sarà una narrazione dei trenta anni trascorsi dalla ricostruzione fino all’attuale situazione attraverso testimonianze del vissuto quotidiano dal quartiere, dalle fabbriche e dalla stazione.
    Oltre 130 anni fa il grande politico irpino Francesco de Sanctis scriveva nel suo capolavoro letterario“Viaggio elettorale”: . Come allora la linea ferroviaria arrivò nel 1895 e segnò una tappa importante per superare l’isolamento che contraddistingueva le contrade dell’Alta Irpinia, così oggi si ripropone la sua straordinaria intuizione di riaprire in Irpinia “ la questione ferrovia” quale unica possibilità concreta per far uscire la nostra terra dall’isolamento cui è stata ricondannata da scelte scellerate operate da una incapace classe politica negli ultimi decenni.

  242. 265 pietro mitrione 14/02/2014 alle 9:08 PM

    Avellino, l’Italia che ha ucciso i treni e i sogni

    binariomortoVIAGGIO SULLA STRADA FERRATA NATA NEL 1892 PER PORTARE GLI IRPINI ALLA STAZIONE DI ROCCHETTA SANT’ANTONIO: LUOGO DELLE SPERANZE DA DOVE PARTIVANO I CONVOGLI “ESPRESSO ” PER TORINO, MILANO E PER LA GERMANIA DAL DICEMBRE 2010 QUEI 119 KM NON VENGONO PIÙ PERCORSI: ORMAI È SOLO DESERTO
    Se puoi, se ti va bene, tra le sette e le dieci del mattino trovi il treno. Se ritardi torni a casa e aspetti. Perché intorno alle 14 ripassa una locomotiva ma alle 18 finisce ogni ansia, ogni movimento. D’altronde è corretto: quasi tutti i treni sono stati soppressi.
    Tenere aperta un intero giorno la stazione di Avellino a cosa serve? E soprattutto: a chi? L’Italia sprecona, che ha consumato ogni pudore dirottando verso tasche bucate miliardi di euro, solo con la ferrovia ha avuto la mano di ferro. In mezzo secolo sono stati dismessi circa seimila chilometri di binari, solo negli ultimi vent’anni un supplemento di qualche centinaia di tratte sono state destinate alla ruggine e alle erbacce.
    Il treno costa e non passa più. Non sostenibile economicamente. Troppo pesante il salasso delle casse pubbliche, troppo oneroso tenere aperta una strada ferrata, specie se corre tra le montagne. Adesso ci sono le strade (e ponti, viadotti, assi attrezzati) e i bus. E tutti oggi hanno l’auto. Chi vuole parte. All’ora che gli piace, quando gli fa comodo. Veloce, sicuro, tranquillo.
    È così? Siamo proprio sicuri che sia così?
    Allora partiamo. Partiamo dal punto più debole dell’Italia, dall’osso del Sud, come scriveva Manlio Rossi Doria, dalle montagne irpine lungo il tragitto che da ovest spostava i contadini verso est, gli operai verso nord, i malati verso la speranza di un ospedale decente, di una cura possibile. La Avellino-Rocchetta, completata tra il 1892 e il 1895, era il treno dei sogni, delle speranze, del lavoro. Era il treno di chi partiva: “Rocchetta era l’alba, il punto di non ritorno, la nuova frontiera di una vita finalmente felice. Chi cercava lavoro, a Torino, a Milano, in Germania, sapeva che a Rocchetta doveva andare. Lì intercettava le linee veloci, i treni “espresso”. “Quanti pianti ci siamo fatti, quanti abbracci alla stazione di Rocchetta. E quanti ritorni!”. Le lacrime, sì. Pietro Mitrione, una vita nelle ferrovie, ricorda la tratta della speranza e della disperazione, della fatica e della salute. Chi partiva per curarsi e chi tornava dalla cura. Chi partiva per il lavoro e chi tornava per la pensione. Oggi non esiste nulla più, solo la finzione. I binari sono rimasti, i treni se ne sono andati per sempre. Trent’anni dopo, e con qualche centinaio di miliardi di euro spesi, si parte per gli stessi motivi: la salute, perché gli ospedali stanno chiudendo, non sono attrezzati, non ispirano fiducia e quelli del nord sono migliori. Per il lavoro, perché la vita nelle montagne è rinsecchita ancora, l’osso si è fatto pietra e se non ti muovi non esisti. L’altrove resta il nostro destino. Ieri come oggi.
    Quell’assurdo parco giochi già chiuso per abbandono
    La ferrovia per Rocchetta – dismessa il 12 dicembre 2010 – è il monumentale documento di un viaggio mancato ma anche dello spreco, dell’irragionevolezza, della mancanza di idee e della assoluta mediocrità di una classe di governo che sta facendo affogare l’Italia come un barcone di migranti.
    A quaranta chilometri da Avellino inizia l’area metropolitana di Napoli. Lì si ammassano tutti. Tutti sulla sponda del mare, tutti verso Napoli. La più alta concentrazione demografica è sulla costa. Lì si muore perché gli ospedali affogano sotto il peso dell’emergenza. Qui si muore perché gli ospedali sono vuoti. E se sono vuoti risulta insopportabile il loro costo. E dunque chiudono. Lì non si trova casa. Qui sono stati costruiti quattrocentomila vani in più del necessario, il cosiddetto ristoro della ricostruzione seguita al sisma del 1980. Lì le case si alzano fin dentro la bocca del Vesuvio, e si decide addirittura per legge, la cosiddetta VesuVia, di finanziare i traslochi e gli abbattimenti. Qui le case aspettano da anni un inquilino. Rimaste vedove, si sgretolano da sole, muoiono senza che nessuno le abbia mai per un solo giorno abitate. Il declino è costante e visibile. Ogni anno una lesione in più, un pezzo di intonaco che si stacca, una ringhiera che si arruginisce. Lì, sulla costa, la pressione demografica è tale che l’immondizia non è possibile stoccarla. Occorre sigillare sui treni (i cosiddetti “treni della monnezza”) il surplus di rifiuti prodotti e mandarli nell’Europa del Nord. Pagando il tragitto e il disturbo naturalmente. La crisi dei rifiuti è endemica e irrisolta: finora Napoli da sola ha inghiottito, nel turbinìo di opere vuote e inconcludenti che si sono succedute, sette miliardi di euro. Resta in piedi un termovalorizzatore, quello di Acerra, che brucia a singhiozzo, e per il resto è quasi tutto identico a prima. Qui, nelle aree interne, gli spazi sono ampi, la vista è nuda, le possibilità di ingegnarsi ci sarebbero, anche di resistere se solo la vita fosse resa più facile, più logica, più comoda. Crisi endemiche sul fronte mare per sovrappopolamento. Non trovi un letto in ospedale, se sei fortunato una barella al pronto soccorso. Crisi endemiche nelle aree interne per spopolamento. Gli ospedali a bassa intensità non reggono il regime del rapporto costi-benefici. Si svuotano le corsie, si chiudono i reparti. Chi vuol farsi curare deve partire.
    Bastava tenere ferma la congiunzione mare-monti per rendere più equilibrata la navigazione del barcone. La ferrovia serviva a questo. Trasportare da ovest verso est, rendere possibile la vita nei paesi e il lavoro in città con uno spostamento celere ed economico. Invece eccoci qua, ad ammirare la ferrovia chiusa.
    Giungiamo sul Ponte Principe, siamo a Lapìo, terra di grandi vini: il Fiano, il Taurasi, l’Aglianico. È un’opera magnifica, sembra la Torre Eiffel adagiata su un piano nell’atto di addormentarsi. Intatta, maestosa. E vuota. Doveva traghettare speranze, rimane un segno all’orizzonte, un filo che lega due montagne. Sotto la torre abita Anila Haxhiraj. Fuggì dall’Albania vent’anni fa, come migliaia di connazionali. Ha trovato qui, sotto questo ponte la vita, l’America. Un futuro, una famiglia: “Coltiviamo la terra, abbiamo aperto un b&b. Mi trovo bene, ho una vita felice e anche tanti impegni. Mi sono persino candidata alle ultime elezioni municipali. Abbiamo perso però”.
    I binari avanzano verso San Mango sul Calore, che è il punto del disonore. Qui il Sud ha perso la dignità, lo Stato ogni prudenza e tutela. Qui il nord ha saccheggiato le provvidenze, e i meridionali hanno fatto da palo. Collusi o felicemente ignavi del sacco.
    La ferrovia doveva condurre le merci e il lavoro nell’area industriale di San Mango, nuova di zecca. Miliardi (di lire) impegnati per realizzare fabbriche, contributi a fondo perduto, compresi nelle provvidenze della legge sulla ricostruzione dal terremoto del 1980. Ecco i binari. Entrano ed escono dalle fabbriche. Vuoti i primi, cadenti le seconde. Sembra una zona di morte, è un maestoso monumento allo spreco. Imprenditori falsi che hanno corrotto, funzionari che si sono fatti corrompere, soldi finiti nel nulla. Dovevano esserci aziende meccaniche, altre di trasformazione. Niente, solo scempio.
    Un’azienda, la Dragon Sud, che aveva ottenuto i contributi per impiantare un’attività di carpenteria metallica e trattamento dei rifiuti, trasforma lo stabilimento ricevuto dallo Stato in un parco giochi. Davvero: un parco giochi nell’area industriale!
    Un giudice della Corte dei conti, Maria Teresa Polito, non crede all’idea. Le sembra uno scherzo, un pesce d’aprile. Manda i finanzieri a controllare. Scriverà nella sentenza, afflitta e incredula: “Dall’accertamento diretto nell’area si è constatata l’effettiva trasformazione dello stabilimento in parco divertimenti, attualmente chiuso e in avanzato stato di abbandono”.
    Conza, il borgo antico ”regalato” ai richiedenti asilo
    Solo saccheggio. I treni costano, e invece quest’area industriale? Cos’è lo spreco, chi rende conto dello spreco e, soprattutto, chi lo paga? È in attività solo la Zuegg, fa le marmellate. Sede principale nell’Alto Adige. Certo, anche Zuegg ha ottenuto più di quanto avrebbe dovuto, si è fatta pagare per aprire l’azienda: “Si evidenzia che la somma erogata, 12 miliardi 748 milioni di lire, è superiore al contributo definitivo. Nel collaudo finale la commissione ha inoltre rilevato una serie di variazione rispetto al progetto originario mai approvate”, scrivono i magistrati contabili. Si sono fatti pagare, e tanto. Ma in questo deserto almeno la fabbrica c’è. Non fa confetture di nocciole, non confeziona le buonissime castagne che qui, tra Montella e Lioni sono ilprodotto tipico. Arrivano pesche e albicocche da lontano. Il prodotto cosiddetto a chilometro zero non esiste. Però ci sono gli autotreni, che corrono lungo la Fondovalle, la nuova bretella di scorrimento veloce. È già intasata, sono bastati pochi anni di attività a renderla inadeguata. A Lioni la stazione è terra di nessuno. Troviamo Angelo, il capotreno di vent’anni fa. Lui e un gruppo di ex ferrovieri la accudiscono, montano di guardia: “Che peccato, era una linea tutta automatizzata”. Lioni è un paese con più case che abitanti. Vani vuoti, palazzi deserti. Il terremoto ha colpito, e si vede. Chi può scappa. Resiste il diavoletto del rancore. I paesi infatti vivono nel sentimento del rancore. Alcuni ragazzi hanno occupato una saletta pubblica, pochi metri quadrati, e hanno realizzato un centro sociale: si chiama Rouge. Vedono film, si ritrovano con una birra, parlano, contestano, discutono. Nel paese vuoto, un fiore rosso, un punto vivo. L’amministrazione ha deciso di sfrattarli. Non hanno il permesso. Si sfratta la ragione, mentre il treno immaginario prende la via di Conza della Campania. Il paese è nuovo di zecca, lucido e senz’anima. Il terremoto rase al suolo il vecchio borgo. I superstiti hanno deciso di lasciare le macerie e trasferirsi in pianura. Casone a due piani, strade larghe come neanche a Los Angeles. Il monumento principale in piazza è costituito dall’antenna per la ricezione dei telefonini. È la modernità che irrompe, il nuovo che incrudelisce gli animi. In collina, nel paese morto, hanno sistemato gli stranieri richiedenti asilo. Vengono dall’Asia e dall’Africa, dalle zone di guerra. Corpi perseguitati, fuggiti per non morire. La loro pelle è nera. In Italia esistono luoghi di stazionamento. Uno di essi è proprio qua. Il Comune ha trovato una sistemazione ai venticinque residenti temporanei, un ritrovo turnario. Ciclo di arrivi e di ripartenze. Gli ospiti ricevono per il proprio sostentamento un pocket money dal governo italiano (due euro e cinquanta centesimi più buoni pasto). Hanno l’obbligo di spenderli presso i negozi del paese che li ospita. Li ospita, ma li tiene a distanza. Si fa pagare, ma insomma li ha sistemati nelle retrovie, tra le macerie. Nella disperazione che c’è, questa piccola fabbrica della speranza, fuggitivi, testimoni di carestie e di morte, frutta qualcosa. Sono tutti in cima alla montagna, nell’unico edificio restato in piedi dopo la tremenda scossa del terremoto dell’80. Lontani dagli occhi, lontani dal cuore. Davanti Conza della Campania si scorge la gola che conduce a Rocchetta. Era la stazione da dove si partiva per andare lontano o si arrivava dopo anni di sacrifici. Ora è il deserto. Binari alla memoria. (Ha collaborato Valentina Corvigno).
    da: Il Fatto Quotidiano, 14 agosto 2013

  243. 266 pietro mitrione 22/02/2014 alle 9:29 am

    E’ necessario discutere del sistema del trasporto su ferro in questa provincia e bisogna farlo nel suo complesso. Sono assolutamente in sintonia con quanto affermano i rappresentanti dell’associazione “in loco motivi” e chiedo, in difesa della nostra storia e dei nostri diritti di irpini, il recupero ed il potenziamento della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Ma chiedo anche che Avellino diventi punto centrale, baricentrica rispetto all’Alta Velocità (Salerno) e all’Alta Capacità (Benevento-Grottaminarda).

    Spero che dal prossimo consiglio comunale (fissato per lunedì 27 gennaio) venga fuori una proposta forte e condivisa rispetto al trasporto su ferro, che ci permetta di far sentire la voce dell’Irpinia oltre gli stretti confini provinciali, e che su questo argomento, essenziale per lo sviluppo del nostro territorio, si possa aprire un dibattito, già iniziato all’interno del Pd, che sia più ampio ed articolato e che coinvolga tutte le forze politiche e la società civile.

    La tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio è nata nel 1895 per l’esigenza di collegare le province di Avellino, Potenza e Foggia. Tutti ricordano, in tal senso, l’impegno di Francesco De Sanctis.
    Questa tratta era ed è fondamentale per lo sviluppo industriale dell’Irpinia perché è l’unica linea ferroviaria che collega i nuclei industriali nel territorio provinciale. A tal proposito, ricordo che permette il collegamento tra Melfi e Pratola Serra, nuclei dove è presente la FIAT, e consente il trasporto merci verso Napoli, Bari e le grandi direttrici di traffico. Inoltre, attraversa le vallate dei fiumi Sabato, Calore ed Ofanto, luoghi di primissimo piano sotto il profilo turistico e tutti sanno quanto il trasporto su ferro può essere determinante per il turismo, per la promozione dei prodotti di eccellenza di quest’area -a partire da quelli enogastronomici- e per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della zona.

    Questa linea ferroviaria, ancora, può rappresentare una valida alternativa per il raggiungimento delle sedi universitarie di Fisciano e Benevento ed evitare l’isolamento delle aree interne. Il suo potenziamento comporterebbe, poi, un decongestionamento del traffico su gomma, riducendo così l’inquinamento ad esso collegato, oltre al rischio di incidenti lungo le strade Ofantina e Ofantina Bis.
    Purtroppo, però, tutto è sospeso dal 13 dicembre 2010 e, fino ad ora, non è stato effettuato nessun intervento di manutenzione. Al contrario, è stato previsto lo smantellamento, ad iniziare dalle apparecchiature GSM-R, per un costo di circa un milione di euro.

    ***

    Non abbiamo molte risorse, ma quelle che abbiamo (ambiente, natura, gastronomia, e quel poco di industria rimasta) è il caso di difenderle con le unghie e con i denti. Per farlo abbiamo la necessità di potenziare il sistema dei trasporti in generale e quello su ferro in particolare.
    Avellino è l’unico capoluogo di provincia che non ha un collegamento diretto con Napoli e bisogna partire da questo dato per impostare un ragionamento complessivo. Dove hanno maggiore necessità di andare gli avellinesi e gli irpini? Verso i centri della conoscenza, le Università, quindi, soprattutto, Fisciano, Benevento e Napoli. Devono andare verso le aree industriali e verso le aree costiere, Salerno e Napoli.
    E per poter fare questo di cosa hanno bisogno i cittadini avellinesi e irpini? Hanno bisogno, secondo me, non della soppressione e dello smantellamento della tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio ma del suo potenziamento.

    ***

    Permettetemi di ricordare qualche dato che io considero alquanto curioso. Nel nostro territorio provinciale si percorrono ogni anno circa 15.000.000 (15 milioni) di Km su gomma (Km Bus) e circa 300.000 (300mila) Km su Treno. Insomma, ben il 97-98% del traffico totale annuale si effettua su gomma e nemmeno il 2-3% su ferro.

    Circa il 92% delle merci viene trasportato su gomma e solamente un misero 8% viene trasportato su ferro. Non solo. Sapete che noi, anche se non collegati direttamente a Napoli, possiamo raggiungere lo stesso il capoluogo di Regione su ferro? Da Avellino, attraversando Serino, Solofra, Montoro e poi ancora Nocera, Torre Annunziata, possiamo arrivare fino a Napoli in un tempo 75 minuti.

    ***

    Esiste un vecchio progetto regionale denominato “La via del vino tra i castelli dell’Irpinia verde”; questo progetto nacque grazie alla lungimiranza politica dell’allora assessore regionale ai lavori pubblici Enzo De Luca che riuscì a coagulare l’impegno di vari comuni e dell’imprenditoria privata. Grande merito ai comuni capofila Montefalcione e Morra De Sanctis che trascinarono tutti gli altri in questa avventura.

    Tale progetto, passato al vaglio del nucleo di valutazione regionale, venne approvato nel luglio del 2009 dalla allora giunta di centrosinistra e finanziato con fondi europei (fondi PAIn FAS 2007-2013) per un importo di 110.000.000 (centodieci milioni) di euro. Per l’entità del finanziamento è sicuramente uno dei progetti più importanti per l’Irpinia degli ultimi decenni. Ricordo che fu approvato anche dal comitato tecnico del CIPE.

    Io non conosco esattamente la cifra ma sono sicuro che la regione Campania rimanderà indietro un bel po’ di soldi non utilizzati dei fondi europei 2007-2013. Ebbene, c’è ancora possibilità e tempo, da parte della regione Campania, di recuperare quei 110.000.000 (centodieci milioni) di euro e concretizzare quel vecchio progetto che porterebbe investimenti e sviluppo nella nostra provincia.

    Allo stato le conoscenze in mio possesso mi permettono di affermare che questa tratta ferroviaria, anche se ormai abbandonata e senza cura, versa ancora in ottime condizioni ed è pronta o quasi a ripartire grazie a tutti gli investimenti infrastrutturali che sono stati apportati nel tempo (fibre ottiche, apparecchiature GSM-R ecc…). Si potrebbe valutare volta per volta la prospettiva della singola linea ferroviaria così come è avvenuto in Toscana con il ripristino, in uno specifico caso, della tratta Cecina Volterra. Si potrebbe anche valutare caso per caso di cedere eventualmente la gestione, mediante apposita gara, a vettori nazionali o internazionali diversi da Trenitalia come realizzato con successo altrove.
    orticalab

  244. 267 pietro mitrione 27/02/2014 alle 10:04 am

    https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=xlXNn2hrwRQ una idea per unire con la ferrovia Salerno-Avellino e Benevento

  245. 269 pietro mitrione 27/02/2014 alle 4:35 PM

    Note di un viaggio in treno sull’Avellino-Rocchetta dell’onorevole Giustino Fortunato.

    Siamo nell’Italia post-unitaria, siamo nell’Italia in cui finito l’ardore del risorgimento iniziano i primi problemi, in quell’Italia della classe dirigente liberale. E’ questa l’epoca dove la questione meridionale e il brigantaggio sono di grande attualità, periodo storico in cui si costruisce dal nulla uno stato unito che non esisteva da innumerevoli secoli. In questo periodo di grandi difficoltà, culminato con l’uccisione del re Umberto I nel 1900, l’Italia ebbe una delle classi dirigenti migliori della sua storia!
    A questa classe dirigente apparteneva Giustino Fortunato autore del pamphlet. Fortunato non racconta la nostra terra, la fa rivivere attraverso i suoi appunti. E’ l’anima dell’Irpinia più antica e autentica quella che appare agli occhi dello scrittore. Un posto idillico, senza tempo. La narrazione non è dettagliata, va al cuore delle cose parlando di tutto in generale e di nulla approfonditamente. Lo scritto ha un ritmo lento ed affascinante come il corso delle acque dell’Ofanto. Usa uno stile verista e colto allo stesso tempo; stile al quale è difficile sfuggire, più facile è immedesimarsi nei panni del passengero che percorreva i posti descritti a bordo del treno. In alcuni punti usa un linguaggio poetico, proprio di colui che amò la natura e la sua terra più di ogni altro.
    L’opera pubblicata a Napoli nel novembre 1895 è dedicata alla memoria di Francesco Genala, politico che si occupò della costruzione della rete ferroviaria nazionale. Le note sono prese durante uno dei suoi viaggi sull’Avellino-Rocchetta, per la cui costruzione il senatore di Castel Volturno si era battuto. Si suddivide in tre parti: una descrizione generale del fiume, una di Conza della Campania e una del Goleto. Inizia come un lavoro geografico e poi diviene un testo storico.
    L’Ofanto è secondo per lunghezza solo al Volturno ed è pari al Garigliano, ma già nel secolo scorso era uno scolatoio di acque piovane (pieno in inverno e secco d’estate). Precisa che l’acqua non era potabile per la presenza di solfati di calce, di sali alcalini e di cloruri di magnesio. Diciotto secoli prima Orazio aveva attribuito a questo corso d’acqua l’aggettivo “tauriforme” e Strabone lo diceva navigabile per sedici chilometri! A quei tempi foreste di abeti e roveri ricoprivano il suo percorso, mentre l’agricoltura era poco diffusa. Alla fine dell’ottocento l’Ofanto presentava numerose secche in cui l’acqua ristagnava provocando la malaria. Circondata da colli e monti in creta, la valle è lunga sessantacinque chilometri dallo spartiacque di Nusco al Ponte di Santa Venere. Le sorgenti del fiume sono a settecento metri s.l.m. nel comune di Torella dei Lombardi, a Lioni le acque precipitano in una gola profonda ventidue metri e riescono a vedere il cielo a Conza per poi ritornare tra le strette a Cairano. A Calitri incorporano l’affluente Atella, si serrano tra le rocce a Monticchio e il percorso tortuoso termina a Monteverde dove raggiungono l’altezza di duecento metri s.l.m. , per proseguire lentamente fino al porto di Barletta. Il treno parte dalla secca e gialla Puglia, quindi a colpire Giustino Fortunato è il contrasto con la verde Irpinia che inizia a Monteverde. Successivamente giunge a Calitri che descrive così:”la falda, aspra, cui si accalcano, l’una più dell’altra, le abitazioni di Calitri, è tutta un ammasso di creta lucida, levigata, che nel verno dee a trasformarsi in una fangaia.” Confessa di provare tristezza guardando dal finestrino le assolate paludi alla confluenza con l’Atella, lì sostiene che si sommino tutti i mali dell’uomo: dal brigantaggio alle carestie passando per le malattie. Sino a Conza le campagne erano abbandonate con mulini cadenti e ruderi di colombaie. “Quanti sudori e quante vittime, laggiù, nella ricerca indomita, non mai interrotta, di una legge di adattamento alla convivenza sociale. E com’è vera, laggiù, la efficacia poderosa, invincibile, che la fatalità geografica esercita sugli esseri umani!”, esclama contemplando queste campagne. Tre ponti costruiti a quell’epoca tagliavano il corso del fiume in prossimità di Calitri, Conza e Lioni; di vecchi attraversamenti sul corso ne esistevano uno (appartenuto all’Appia Antica) a Santa Venere e uno (parte di un tratturo medioevale) a Pietra dell’Olio. Accenna poi a casali costruiti a mezza costa sui monti vicino Calitri in epoche remote e scomparsi ai suoi tempi: Pietra Palomba, Monticchio de Normanni, Castiglione della Regina e Cisterna. Arriva, poi, a Lioni che descrive come paese “dalle balconate in legno e dalle logge in muratura sotto il tetto sporgente, giace in fondo alla vallata perchè ivi la malaria perde intensità.” Ci racconta che i monti di Caposele erano chiamati “Paflagonj” dagli accademici del seicento e confessa che il Tuoro di Chiusano gli ricorda vagamente il monte del purgatorio dantesco. Dalla valle dell’Ofanto la ferrovia, innagurata solo alcuni mesi prima, passava a quella del Calore formata da monti calcarei e bacino idrico per due regioni. Il capitolo secondo si conclude con l’affermazione dell’uomo sul corso del fiume grazie alla ferrovia: “La civiltà, ormai, è vittoriosa dalla valle dell’Ofanto. Onore all’Italia!”
    Dedica, quindi, un capitolo al Goleto e uno a Conza. Quest’ultima fu roccaforte militare sin dall’epoca romana e i ruderi di una costruzione di quell’epoca si trovavano ai suoi piedi. In questo paesino si rifugiò Annibale su invito del cittadino Trebio e secoli dopo Ragnari a capo dei Goti sconfitti al Vesuvio da Giustiniano. La narrazione si focalizza sul periodo medievale che vide prima i Longobardi e poi i Normanni abitare nel paese. Carlo Magno chiese addirittura la distruzione di Conza nel 788! Fortunato non può, poi, non parlare del celeberrimo assedio dell’866 per mano del sultano di Bari. Descrive così Conza ai suoi tempi: “L’abitato, dalla porta alla sommità, è tutta una scalea accidentata, che s’inerpica tortuosa ed aspra fra casette minuscole, con piccoli vani con imposte, qua e là, sporgenti in fuori: usci e finestre, da cui pare impossibile, quasi, non si mostrino gli armigeri di una volta!”
    Il libro si conclude con una digressione sul Goleto, attrattiva alla fine dell’alta valle dell’Ofanto a pochi chilometri dalla stazione ferroviaria di Sant’Angelo dei Lombardi. In questa terra aspra e selvaggia, nel 1138 Gesù Cristo apparve a San Guglielmo ordinandogli d’erigere un monastero per vergini religiose. Nel 1895 il monastero venne così descritto: “Oggi la badia di San Guglielmo , disabitata e abbandonata, da circa novanta anni, cade in rovina, senza nè usci nè finestre, col tetto e i pavimenti sconquassati. Soppresso la prima volta, nel 1807 gli ordini religiosi e trasportate le reliquie del fondatore nel santuario di Montevergine, tutti quei fabbricati, in parte goffamente riparati sullo scorcio del seicento, furono, di nuovo preda del saccheggio.E’ difficile indovinare fra rottami informi e le grandi moli della parte posteriore del recinto, nelle fitte macchie di rovi e pruni, che invadono tutti gli angoli delle mura screpolate, ciò che era l’edificio nei primi cento anni.” Due sole costruzioni rimanevano all’epoca di Fortunato: una torre del 1212 rivestita con i bassorilievi del monumento di Marco Paccio Marcello membro della tribù di Galeria e l’oratorio, cappella gotica trasformata in immondezzaio. Ora come allora, molti sono i monumenti storici che in Irpinia versano in questo stato d’incuria e d’abbandono. Poi si parla dell’urna del santo realizzata dallo scultore Orso, disfatta nel 1647 per un anonimo mausoleo in marmo. In seguito, accenna a un castello nei pressi del Fredane tra Rocca San Felice e Sant’Angelo dei Lombardi. “Da maggesi e dalle stoppie dell’Ofanto, nelle prime ore del mattino, si levano tuttora liete, e spandono per i cieli volate di trilli squillanti, le allodole della pianura.”, con la descrizione di quest’idillico paesaggio irpino si conclude l’opera, dopo sole quarantuno pagine. Giustino Fortunato non fu solo un semplice politico, ma il politico per eccellenza del territorio. Non era un lavoro, bensì una passione quella per il suo meridione. Attraversò l’intero territorio come alpinista e amò davvero la terra che rappresentava. Grande meridionalista influenzò personalità del calibro di Gaetano Salvemini e Benedetto Croce. Lottò contro la diffusione della malaria e capì da subito il pericolo del fascismo. Solo il tempo ha evidenziato i grandi meriti di questa personalità, modello per chiunque voglia amministrare la nostra terra!
    Federico Lenzi

  246. 270 pietro mitrione 28/02/2014 alle 10:00 PM

    https://www.youtube.com/w atch?v=nwskiGQiMWw Carmine gargiulo nel parco della stazione ferroviaria di Avellino

  247. 273 pietro mitrione 01/03/2014 alle 9:53 PM

    Cari Amici e simpatizzanti di Co.Mo.Do.,
    nel dare vita alla Giornata di domenica 2 marzo che vuole essere una vera festa, rivolta alla scoperta del patrimonio ferroviario, sia storico, sia attuale, proiettata al riuso e alle valorizzazione delle ferrovie minori e di quelle dismesse da tempo, in ogni parte del Paese e istanze di riutilizzo o trasformazione in percorsi verdi, Vi invito a declamare il Decalogo di Co.Mo.Do.
    1. Una ferrovia dismessa è un capitale fisso sociale, utilizzato da molte generazioni prima del suo abbandono. E’ una memoria fisica della vita e della storia di un territorio.
    2. Il valore storico e ingegneristico di molte linee ferroviarie dismesse merita la più attenta considerazione sotto il profilo paesaggistico, ambientale, culturale.
    3. Il patrimonio di una ferrovia dismessa- il sedime, le opere d’arte, i suoi impianti fissi e il materiale rotabile – non deve mai essere smembrato, ma deve essere conservato e finalizzato al suo recupero.
    4. Il recupero e il riuso di una ferrovia dismessa devono essere oggetto di attenta valutazione che combini lo stato attuale, le aspettative delle comunità locali, le prospettive future di sviluppo dei territori interessati.
    5. Gli Enti pubblici e le aziende titolari delle proprietà ferroviarie devono agevolare gli interventi di recupero delle ferrovie dismesse attraverso convenzioni con altri Enti o associazioni locali che garantiscano la gestione di eventuali nuovi utilizzi considerando questo patrimonio una risorsa collettiva e non un valore di mercato.
    6. Ogni ipotesi di recupero deve garantire la conservazione del “canale fisico” dell’infrastruttura dismessa e un riuso, anche temporaneo, non deve pregiudicare un eventuale futuro ripristino del servizio ferroviario.
    7. Nello studio di un progetto di recupero e riuso di una ferrovia dismessa devono essere evidenziare e valorizzate tutte le tracce e i documenti fisici che possano servire a conservare la memoria dell’originaria funzione.
    8. Gli Enti pubblici locali, le categorie economiche, le associazioni devono assumere il tema del recupero delle ferrovie dismesse come parte integrante dell pianificazione territoriale e della rigenerazione del paesaggio.
    9. Ogni eventuale futura dismissione di tronchi ferroviari deve essere fatta precedere e seguire da un realistico progetto di recupero e riutilizzo con altri fini e funzioni.
    10. In definitiva il recupero e il riuso di una linea ferroviaria dismessa è un’operazione di “buon governo del territorio” contro il degrado, l’abbandono, l’incuria, la rimozione della nostra memoria storica.
    Buona giornata a Voi tutti.
    Massimo Bottini, Presidente di Co.Mo.Do.

  248. 274 pietro mitrione 02/03/2014 alle 10:34 PM

    Abbiamo partecipato alla 7 Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate con grande passione. E’ stata la giornata di domenica 2 marzo una vera festa, una iniziativa rivolta alla scoperta del patrimonio ferroviario, sia storico, sia attuale. Il nostro impegno è sempre di più proiettato al riuso e alla valorizzazione delle ferrovie minori e di quelle dismesse da tempo. La nostra storica ferrovia Avellino Rocchetta va riaperta perché è una eccellenza paesaggistica della nostra Irpinia

  249. 279 pietro mitrione 04/03/2014 alle 5:07 PM

    Abbiamo partecipato alla 7 Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate con grande passione. E’ stata la giornata di domenica 2 marzo una vera festa, una iniziativa rivolta alla scoperta del patrimonio ferroviario, sia storico, sia attuale. Il nostro impegno è sempre di più proiettato al riuso e alla valorizzazione delle ferrovie minori e di quelle dismesse da tempo. La nostra storica ferrovia Avellino Rocchetta va riaperta perché è una eccellenza paesaggistica della nostra Irpinia.

  250. 280 pietro mitrione 11/03/2014 alle 9:15 am

    La soluzione europea per le Ferrovie dimenticate
    Ridare vita all’Avellino-Rocchetta, col Velorail si può
    Intervista a Valentina Corvigno di In_Loco_Motivi: «E’ uno dei modi per salvare la tratta ma in Italia manca la cultura di proteggere i propri patrimoni»

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    Carrelli o mezzi di trasporto a pedali riadattati per circolare sulle rotaie dismesse, si chiamano Velorail o Railbike o draisine. Non sono altro che gli strumenti utilizzati in Francia, in Inghilterra e in tutto il nord europa per ridare vita alle Ferrovie dimenticate, le cosiddette linee minori, quelle cancellate perché ritenute non più necessarie per il trasporto di persone e merci.

    In Italia si contano circa 6000 chilometri di tracciati e linee smantellate. Un fenomeno che non ha risparmiato le altre nazioni che, a differenza del Bel Paese, stanno trovando le soluzioni idonee per riportare in vita percorsi incantevoli. I benefici dal punto di vista del turismo e dell’economia sono molteplici. E’ sicuramente una trovata vincente.

    La Toscana è la prima regione d’Italia ad aver sperimentato il Velorail. In Val d’Orcia il percorso di cinquanta chilometri che unisce Monte Antico ed Asciano si presta alla perfezione al concetto di carrello a pedali. Il progetto sperimentale ha funzionato e non è escluso che in futuro possa diventare lo strumento per tenere in vita la tratta e favorire allo stesso tempo il turismo.

    Da queste parti, almeno una volta nella vita, si è sentito parlare della tratta ferroviaria “Avellino-Rocchetta Sant’Antonio”. Un percorso di 119 chilometri che tocca oltre trenta comuni della provincia di Avellino fino ad arrivare alla stazione del comune foggiano. Comuni vivi, che non aspettano altro di essere visitati e vissuti. Da anni l’associazione In_Loco_Motivi sta portando avanti una battaglia per la tutela e la rivalutazione di una percorso. Prima della chiusura avvenuta nel 2010 ha organizzato una serie di eventi che ha puntualmente registrato il tutto esaurito.

    Dalla chiusura ad oggi non si è mai fermata e crede ancora nella riqualificazione e nel riutilizzo di una tratta che rischia di essere seppellito dalla vegetazione e dimenticato dalla popolazione. Il Velorail e la settima giornata delle ferrovie dimenticate ci hanno offerto lo spunto per parlare con Valentina Corvigno, vicepresidente dell’associazione In_Loco_Motivi .

    «La giornata delle ferrovie dimenticate – dice il vicepresidente di In_Loco_Motivi – potrebbe apparire come un ritrovo per veterani di guerra o nostalgici di un tempo romantico. In realtà siamo, paradossalmente fuori dal tempo e fuori dal progresso. Sì, perché progresso non vuol dire solo “Alta velocità” ma vuol dire saper utilizzare e spendere bene quello che si ha».

    La tua professione ti ha portato a lavorare all’estero. Che differenze sostanziali hai potuto notare?

    «Ho conosciuto luoghi e culture dove la sostenibilità, nella conservazione, non è un concetto astratto o un semplice tema di conferenze, ma un modus operandi, una opportunità che altrove sfruttano per fare anche economia. Tra Inghilterra e Irlanda ho conosciuto due realtà che sfidano la crisi attraverso l’uso di “progetti” alternativi. Per loro non è una novità: la conservazione va ormai di pari passo con l’uso dell’“alternativo” e la partecipazione delle popolazioni lo è ugualmente».

    Già conoscevi il Velorail?

    «Certo, ne avevo sentito parlare per l’uso che ne avevano fatto i francesi. In inghilterra è stata introdotto non da molto. Qui hanno capito che se ne può trarre benessere sia per la popolazione locale che per il turismo. Noi abbiamo altre abitudini, siamo tendenzialmente pigri, il nostro è un turismo dell’abbuffata e dello spreco e quindi dobbiamo avere posti facili da raggiungere con tutti i comfort ed economici».

    Il Velorail rappresenta una delle possibilità per salvare la tratta ferroviaria “Avellino-Rocchetta”?

    «Sembra quasi una domanda retorica. la risposta è chiaramente sì ma non è l’unica. Qualche tempo fa, ad esempio alcuni ragazzi hanno organizzato una passeggiata durata più giorni sull’intera tratta. Se esistesse un’associazione, una fondazione che potesse provvedere alla manutenzione della tratta e magari mettesse insieme le offerte di B&B locali, luoghi di ristoro, queste manifestazioni potrebbero tenersi più spesso. Si otterrebbero due risultati: fare un buon turismo, anche sportivo, e manutenere la tratta. Basterebbe prendere esempio dall’Inghilterra».

    Perché, cosa è successo in Inghilterra?

    «Nel 2012 per il lancio del Velorail su una tratta della Conwy Line, in Galles, le popolazioni locali si sono occupate di ripulire i binari per vedere sfrecciare il Velorail. Il progetto era parte di un masterplan di 4 milioni di sterline stanziato dal Gwynedd Council e dalla Welsh Assembly, assieme a privati per dare servizi turistici, e che oltre al Velorail comprendeva numerose altre attività sul territorio. Qui sono abituati a partecipare alla conservazione di un bene. Da quando parte la proposta di tutela fino a progetto avvenuto».

    Il Velorail è una soluzione per ridare vita alla tratta. Ma è l’unica?

    «Non sto qui ad elencare altre soluzioni perché qualsiasi alternativa funziona lì dove c’è la capacità di pensare ed investire in un’idea che non è un “mordi e fuggi”, che non è un guadagno per arricchire poche tasche ma è un mezzo per migliorare il benessere delle persone e preservare beni di tutti. Viviamo in un Paese che possiede la storia dell’umanità e la lascia andare in pezzi. Di cosa parliamo…».

    Pompei potrebbe essere un esempio?

    «E calza a pennello visto che il British Museum ha realizzato un numero esorbitante di turisti con la mostra su Pompei. Da precisare che il museo londinese è gratis, la mostra di Pompei era a pagamento, questo significa una sola cosa, che la gente è disposta a pagare per questi “servizi”».

    La gente, qui, sarebbe disposta a pagare per questi servizi?

    «Sicuramente sì, quando c’è l’offerta, ed è ben organizzata, la risposta va anche oltre le aspettative. Lo avevamo dimostrato anche noi di InLoco_Motivi, la gente sarebbe stata disposta a continuare a pagare e a pagare anche in più se il servizio di ferrovia turistica fosse rimasto. Ovvio c’era bisogno di un investimento iniziale, per il fitto del mezzo di trasporto, ma poi si sarebbe rientrati sicuramente a regime».

    Dunque quale è il punto della questione?

    «Capire se il Velorail è una soluzione o chiedersi se vogliamo tutelare questa ferrovia. Oppure, in quale modo vogliamo vivere domani, quanto ancora vogliamo sfruttare energie esauribili e quando invece decidere che il riuso e la conservazione sono in realtà il futuro ed il progresso. Oppure la vera domanda è quale crediamo sia il benessere per la popolazione? Il problema dunque è sempre lo stesso, ovvero non la soluzione da trovare piuttosto il problema che è di doppia natura: economico e culturale e se il primo con un po’ di impegno si risolve il secondo è duro da scardinare».

    Tutto chiaro ma restando in tema, di cosa avrebbe bisogno l’Avellino – Rocchetta?

    «Di qualcuno che guardi lontano, che abbia una visione futuribile, ovviamente composta da tanti piccoli step a breve termine. Un imprenditore, magari una squadra di piccoli imprenditori, anche territoriali, che sappiano guardare non solo alla ferrovia, ma alla ferrovia come parte di un progetto più ampio di sviluppo territoriale, che abbiano il coraggio di investire. Non si aspetti più il fondo pubblico, anche se resto convinta che noi non abbiamo la capacità di sfruttare quelli europei. Molti dei fondi che l’Europa stanzia tornano indietro, non vengono utilizzati o quando lo si fa lo si fa male. Non è mia materia ma credo che vada più o meno così».

    Non per essere ripetitivi ma giusto per fare una sintesi, il Velorail è una soluzione…

    «Sì, una delle tante che potrebbero essere in grado di salvaguardare la tratta ferroviaria anche in assenza delle corse a differenza della Greenway che in alcuni casi smantella la tratta. Il Velorail si potrebbe prevedere per le zone pianeggianti, tutta la zona Ofantina si presterebbe perfettamente alla pratica, ma come questa anche altri tratti, con pendenze confortevoli».

    Cosa significa per te e per In_Loco_Motivi salvare la tratta?

    «Significa costringere ad una manutenzione costante per renderla sicura a coloro che la utilizzano».

  251. 281 avellinorocchetta 19/03/2014 alle 10:23 PM

    “La Provincia di Avellino rispetti gli accordi sottoscritti e continui a garantire il funzionamento dell’OASI WWF LAGO DI CONZA”, senza se e senza ma.

    Mancava all’appello delle chiusure quella dell’OASI WWF di Conza ed ecco che anche questa cancellazione diventa possibile. La provincia di Avellino, retta da circa un anno da un Commissario, non assegna all’Oasi i fondi dovuti per la gestione della struttura. Ancora una volta si ignora realtà che altrove ci invidiano per la bellezza paesaggistica e naturalistica che rappresentano. Correre dietro le emergenze sta diventando lo sport praticato nella nostra Irpinia. E’ trascorso un mese da quando il caso funicolare sembrava chiuso con roboanti proclami e conseguenti sviolinature al politico di turno ed invece tutto tace. Per la funivia del Laceno è dovuta intervenire l’Amministrazione provinciale con propri fondi per sopperire alla chiusura di finanziamenti da parte della regione Campania per cui stante la incertezza istituzionale dell’ente Provincia il futuro di questa struttura, a servizio di una eccellenza turistica del nostro territorio, è in dubbio. Tutto questo avviene mentre si discute dell’avvenire turistico della nostra Irpinia: tanta convegnistica ma poca concretezza. Oggi si mette in discussione l’avvenire dell’Oasi WWF di Conza: una infamia determinata dalla insipienza di una istituzione quale è la Amministrazione Provinciale di Avellino, quella stessa che impassibilmente ha contribuito alla chiusura della ferrovia Avellino Rocchetta. L’Oasi e la ferrovia negli anni passati hanno costituito un perfetto connubio, migliaia di persone, in prevalenza giovani, hanno conosciuto questa realtà ed il territorio irpino in modo nuovo e moderno, utilizzando il treno irpino del paesaggio: un successo che aveva visto la convinta adesione anche del Provveditorato agli studi di Avellino. Insieme alla direzione dell’Oasi ed al provveditorato agli studi era stato anche programmato un calendario di visite turistico/culturali. Migliaia di prenotazioni furono raccolte, poi tutto finì…..arrivò il famigerato assessore ai trasporti della regione Campania, Sergio Vetrella, un nome che in Irpinia abbiamo conosciuto per aver cancellato il nostro territorio dalla geografia ferroviaria italiana. Questa nuova emergenza colpisce un altro simbolo per il riscatto civile delle zone interne, una situazione che non doveva assolutamente verificarsi, anche in considerazione della modesta quantità economica in discussione. La ferrovia Avellino Rocchetta, chiusa/sospesa da tre anni, impegnava 70mila euro mensili per la regione Campania, una inezia nel bilancio regionale. A fronte di tale modesta spesa si sta distruggendo un patrimonio di tecnologie costato milioni e milioni di euro, fra cui 120 km di fibre ottiche senza che nessuno dia conto di questo disastro che sta rendendo la ferrovia ofantina una discarica a cielo aperto, stante la mancanza di sorveglianza. Sarebbe bello se qualche giudice mettesse mano a questo impudente dilapidare di danaro pubblico. Non vorremmo che la stessa cosa accadesse per l’OASI WWF di Conza, l’opinione pubblica non deve consentire questo ulteriore scempio.
    Pietro Mitrione

  252. 282 avellinorocchetta 26/03/2014 alle 9:13 am

    Un viaggio in bus lungo il percorso della tratta ferroviaria soppressa Avellino – Rocchetta S.Antonio, compiuto nella 7a giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate.
    Si ringraziano: Pietro Mitrione e l’Associazione InLocoMotivi, Francesco Celli e l’Associazione Info Irpinia, Rosanna Rebulla, Giambattista Assanti, l’Amministrazione ed i residenti del Comune di Rocchetta S.Antonio, Giuliana Raffaele per le riprese nella stazione fantasma ed Antonio Siniscalchi per le basi sonore.
    An amazing one-day trip through the beatiful landascapes of Irpinia, following an old, abandoned railway route.

  253. 283 avellinorocchetta 22/04/2014 alle 6:59 PM

    Ci sono progetti che sono nelle competenze ed alla portata delle casse comunali. Così come ci sono idee trasformabili in realtà ma attivabili soltanto se in municipio ci sono tanti soldi da poter trasformare in cosa concreta idee che sarebbero certamente utili alla comunità. Prendiamo ad esempio una vicenda che sta proprio in questo periodo interessando la città di Salerno. Un bel servizio di ferrovia metropolitana (nove stazioni) è stato lì inaugurato poco meno di due mesi fa. Ma la gestione di quel servizio costa e non poco. Poiché la Regione ha stretto i cordoni della borsa il servizio è stato sospeso. Se il Comune di Salerno otterrà dalla Regione certezze sulla copertura finanziaria del servizio la metropolitana ripartirà, altrimenti dovrebbe impegnarsi direttamente il Comune di Salerno. Che, però, non gode (come tutti i Comuni italiani) di particolare serenità finanziaria. Ed eccolo allora guerreggiare con la Regione il sindaco De Luca che non fa complimenti e tuona…

    Perché abbiamo parlato di Salerno e della sua metropolitana e del mai discreto e quieto suo sindaco? Perché Avellino, per tante concomitanti cause più volte qui sottolineate, è purtroppo priva di progetti ed idee che contano, naturalmente non ha un euro per investimenti su infrastrutture e – qui sta il punto – non ha qualcuno che urli qualcosa di sensato alla Regione, al governo e persino alla sua Provincia.

    Da dove vogliamo cominciare? Dalla linea ferroviaria Salerno-Avellino-Benevento, ad esempio. Ipotesi compresa nel progetto di rilancio della conca avellinese varato pochi anni fa dal gruppo di esperti messo all’opera appositamente dall’amministrazione del capoluogo irpino. Asse ferroviario che oggi andrebbe a collegare l’area Asi di Pianodardine (a proposito, a quando la realizzazione del piccolo tratto che collegherebbe lo scalo di via Francesco Tedesco al nucleo industriale?) con la linea ad Alta capacità di prossima (?) realizzazione sul percorso Napoli-Benevento-Bari. Naturalmente non va ignorato lo scempio che si sta consumando lungo la ex ferrovia (come chiamarla oggi visto il furto di cavi e l’invasione della massicciata da parte dei privati?) Avellino-Rocchetta-Sant’Antonio che per lo stato in cui è ridotta ci sono associazioni ambientaliste che vorrebbero trasformarla in pista ciclabile.

    E poi vogliamo parlare del vecchio, secolare sogno della realizzazione della ferrovia Napoli-Avellino, l’unico tratto mancante a quella che tanti alla Regione continuano a chiamare metropolitana regionale dimenticando che Avellino è l’unico capoluogo campano a non essere collegato con Napoli? Di recente la Regione ha incominciato a distribuire i cosiddetti “fondi per l’accelerazione della spesa”; per ora si è prestato attenzione ai piccoli Comuni. Quando toccherà ai centri più grandi Avellino troverà il suo spazio?

    Si parla da tanto tempo del rilancio dell’area industriale di Pianodardine che dal 2008 “ospita” anche migliaia di eco balle (rifiuti) ma nessuno ha risposto all’invito del presidente degli industriali campani, Basso, di fare di Pianodardine la prima porta irpina della linea ad Alta capacità Napoli-Bari. I primi a mettersi di traverso i sindaci della Valle dell’Ufita che vedono in questa ipotesi la riduzione del ruolo della piattaforma di Grottaminarda (anch’essa di là da venire). Ancora una riflessione. Ma quando si parla di risanamento dell’area Isochimica e di borgo Ferrovia c’è qualcuno che ricordi cosa in passato è stato fatto per ottenere fondi per riqualificare, anzi rifare quel pezzo della città? La risposta è semplice: non è stato fatto niente né per il risanamento né per il rilancio.

    Il Comune di Avellino non ha mai chiesto di partecipare, tanto per fare un esempio, al programma delle zone franche urbane. Né faceva parte – fino all’irruzione del sindaco Foti – delle parti in causa del cosiddetto Patto per lo sviluppo dell’Irpinia. Avellino rimane sempre fuori dal gioco. Dicevamo del sindaco Foti che certamente eredita una situazione economica, burocratica e sociale davvero pesante; ma che deve ormai capire che a quasi un anno dalla sua elezione ha pochissimo spazio per le recriminazioni e un buon periodo davanti per assumere la guida della protesta della città per come viene trattata da governo, Regione e gli stessi Comuni della provincia.

    Foti deve capire che nella qualità di sindaco del capoluogo deve assolutamente proporsi come l’uomo forte della città. Uomo forte del quale Avellino ha in questo momento bisogno. Inutile farsi illusioni. Non auguriamo a Foti di mettersi sullo stesso piano del sindaco di Salerno De Luca. Ma se aspetta che qualcuno si impressioni per i suoi silenzi si sbaglia. Non trroverà una sola persona disposta a capirlo.

  254. 284 avellinorocchetta 29/04/2014 alle 8:14 am

    http://nonsoloturisti.it/2014/04/avellino-ultima-fermata-ferrovie-dimenticata/
    Partiamo? E come si fa? La linea ferroviaria sono ormai quattro anni che ce l’hanno soppressa, i servizi pubblici di trasporto su gomma ce li diradano sempre più… ditemi voi come si fa a percorrere le nostre belle e verdi colline senza un’auto a disposizione.

    “Aree interne”, le chiamano in burocratese, e di questa bella espressione si riempiono la bocca tutte le volte che qualcuno, dal capoluogo regionale o dal governo centrale di Roma, si ricorda di noi per patteggiare, in cambio delle solite vaghe promesse elettorali, l’ennesima chiusura di un ospedale o di un tribunale. “Lì tanto non c’è niente, ci sono già abituati”. È così che ci vedono, i politici della grande città e i cittadini dell’Italia rampante convinta di poter fare a meno di noi. Come se due interi massicci montani fossero “niente”, salvo poi individuare nell’area il sito di una nuova megadiscarica.

    Irpinia – Avellino, Italia

    Ma sì, forse hanno ragione, in tanti ce ne siamo già andati, e noi pochi rimasti alla fine ci siamo abituati, come dicono loro. Ma come si fa ad abituarsi del tutto all’idea di dover scomparire dalla carta geografica? Di essere destinati alla cancellazione dalle pagine dell’atlante di geografia fisica, politica ed economica, per sopravvivere soltanto nelle vestigia di un intrepido remoto passato di orgoglio prelatino e preromano? E a questo punto immagino che vi starete ancora chiedendo dove diamine siamo: siamo in Irpinia, provincia di Avellino, ma non è poi così importante, perché sono sicuro che, stando ai discorsi fatti finora, avremmo potuto essere in parecchi altri posti in Italia…

    Pietro Mitrione ci ha lavorato una vita, sui treni, e adesso proprio non ci sta, a veder le rotaie seppellite dal bosco che lentamente, inesorabilmente le inghiotte. Quelle stesse rotaie che erano il senso del suo appassionato lavoro di servizio al territorio ed il legame di speranza per la propria terra di tante generazioni di emigranti e di pendolari. È per questo che ha fondato l’Associazione InLocoMotivi, che si batte per il ripristino della strada ferrata prima che sia troppo tardi, prima che i nostri cuori cessino definitivamente di desiderarlo, per un futuro degno di tal nome per i nostri paesini arroccati in cima alle rupi che troneggiano sulle valli disseminate di noccioleti e di vigne. Vi piace il vino, vero? Il nostro è dei migliori nel mondo. Chissà se tutti quelli che lo bevono se lo chiedono ogni tanto, da dove viene, Il Greco di Tufo, il Fiano, il Taurasi.

    Callitri (AV), Italia

    Ma torniamo a Pietro: con lui abbiamo trascorso, il 2 marzo scorso, la Settima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate. Siamo in Irpinia, il treno che avremmo voluto prendere non c’è più e così abbiamo noleggiato un autobus, con cui partiamo dalla anch’essa moribonda stazione ferroviaria di Avellino per dirigerci verso quello che era il nostro vecchio capolinea, nonché ex snodo delle altre tre importanti direttrici di Foggia, Potenza, e Gioia del Colle: la stazione di Rocchetta Sant’Antonio, nell’attuale provincia di Foggia. Che oggi è l’ennesimo scalo abbandonato e deserto, posizionato com’è al centro di un vasto altopiano che sarebbe completamente vuoto, se non fosse per la presenza di enormi pale eoliche che ruotano nel vento freddo e incessante. Il paese? A quindici chilometri di strada dissestata: ci siamo arrivati per pranzo, ma il grande calore della spontanea e genuina accoglienza a noi riservata è riuscito a stemperare solo in parte il senso di profondo isolamento che proviamo.

    Rocchetta Sant’AntonioSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateAvellino IMG_1204Settima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate
    Giambattista Assanti è uno sceneggiatore e regista cinematografico, ma soprattutto un amico di Pietro: basandosi sui tanti spunti di vita vissuta forniti dai suoi racconti, si era messo in testa di girare un film che parlasse della futura riapertura della ferrovia. E caparbiamente ci è riuscito: accaparrandosi addirittura, conquistati alla sua romantica causa, attori del calibro di Claudia Cardinale e Sergio Assisi. Dopo la visione del film, intitolato “Ultima fermata”, Giambattista ce ne ha parlato nel silenzio spettrale della stazione di Rocchetta, che colma con la gioia del suo sogno realizzato e dell’annuncio della prossima, prestigiosa anteprima al Taormina Film Fest.

    Pietro lo affiancava orgoglioso, e stava di certo pensando che forse anche altri sogni ben più ambiziosi potrebbero un domani divenire realtà. Quel giorno però, consentitemelo, la realtà più bella eravamo noi: i due guerrieri Pietro e Giambattista reduci dalle loro ardue imprese, Francesco Celli ed i suoi amici dell’Associazione Info Irpinia, che sono qua per testimoniare cosa vuol dire avere vent’anni da queste parti e non volersi rassegnare ad andarsene, Rosanna Rebulla che ricorda di quando “di fronte alla stazione sostavano ancora le carrozzelle”, Valentina che è ferroviera anche lei e che, avendo saputo di noi dal web, è venuta addirittura da Orvieto per trascorrere questa giornata, l’intera popolazione ed amministrazione locale del minuscolo paesino di Rocchetta, che ci ha accolto – e pantagruelicamente rifocillato! – alla stregua di veri e propri graditissimi ospiti d’onore, e da ultimi permettetemi anche di automenzionarci, Giuliana ed io con la nostra videocamera…

  255. 285 avellinorocchetta 03/06/2014 alle 4:21 PM

    ponte principe: rappresentazione Liceo scientifico Atripalda

  256. 286 avellinorocchetta 03/06/2014 alle 4:23 PM

    L’odio per il diverso, il disprezzo per la dignità umana, una terribile psicosi collettiva: sono gli elementi di una storia recente impossibili da cancellare…

  257. 287 avellinorocchetta 03/06/2014 alle 9:15 PM

    Se ieri mattina foste transitati su l’Ofantina avreste visto un nutrito gruppo di persone in tenuta da scampagnata e armati di zaino percorrere a piedi i binari che, parallelamente all’asfalto, collegano Nusco e Lioni.

    Non erano degli sprovveduti che si sono persi in qualche percorso di montagna o degli eccentrici ai quali andava di rivisitare il concetto di binario, ma delle persone intente ad accendere i riflettori su una questione dai tanti risvolti, sociali, economici e logistici: la chiusura della tratta ferrata Avellino e Rocchetta Sant’Antonio.

    La giornata di ieri ha visto le due associazioni, Info Irpinia ed In_Loco_Motivi, organizzare una marcia sui binari ormai sommersi dai rovi, dalle erbacce e dall’indifferenza in ricordo di Miguel, l’ennesimo ragazzo morto sull’Ofantina Bis. L’obiettivo era quello di sensibilizzare e porre l’attenzione sul tema del trasporto nella nostra Provincia.

    «Un misto di rabbia ed emozione ha accompagnato i nostri passi su quei binari – commentano Francesco Celli, fondatore di “Info Irpinia’, e Pietro MItrione, presidente di In_Loco_Motivi – che da Nusco portano a Lioni, in compagnia dei tanti ragazzi di Info Irpinia che hanno rinunciato ad un giorno di ferie per affrontare un tema ben più importante».

    Il senso della loro iniziativa si riassume nella volontà di sollecitare le amministrazioni locali e regionali a rivedere la scelta di rinunciare al trasporto su ferro sulla tratta Avellino-Rocchetta e la messa in sicurezza dell’Ofantina bis che «fu ideata e realizzata come strada alternativa di montagna, per un’utenza relativamente bassa – ricordano i vertici delle associazioni promotrici dell’iniziativa – mentre il taglio delle corse degli autobus, sommato alla soppressione della tratta ferroviaria ed al trasporto delle merci affidato soltanto ai mezzi pesanti, crea un sovraffollamento che, considerate anche le avverse condizioni atmosferiche che spesso attanagliano l’Irpinia, spesso risulta letale».

    Tutto questo si innesta nella più ampia analisi sul problema dell’isolamento dei territori della nostra provincia determinato dalle scelte compiute in merito dagli organi amministrativi che limitano tantissimo la mobilità tra i Comuni dell’ampio territorio provinciale di Avellino e che la soppressione del servizio di trasporto su ferro ha aggravato ulteriormente.

    Molto lucida è l’analisi di Mitrione e Celli sull’argomento: «Da alcuni anni è stata cancellata l’unica alternativa che poteva essere utile ad alleggerire il traffico sulla strada Ofantina: la ferrovia Avellino Rocchetta che corre praticamente in modo parallelo a questa arteria. Si è preferito non utilizzare una struttura, che opportunamente integrata al trasporto su gomma, avrebbe permesso un utilizzo diverso di una tratta ferroviaria sulla quale sono stati installati sistemi di sicurezza moderni e raccordi ferroviari a servizio dei nuclei industriali afferenti alla ferrovia».

    Insomma, la denuncia di Info Irpinia e In_Loco_Motivi ha lo scopo di sollecitare tutti, opinione pubblica e amministrazioni, a riaprire il discorso sulla mobilità nella nostra provincia che beneficerebbe tanto, in tutti i contesti, della riapertura delle tratte ferroviarie soppresse, economicamente e logisticamente.

  258. 288 avellinorocchetta 16/06/2014 alle 8:32 PM

    Ai Sindaci di Avellino, Ariano Irpino e Montoro
    Lettera aperta sulla mobilità nella provincia di Avellino
    Egregi Sindaci,
    la nuova riforma dell’ente Provincia pone nelle mani delle amministrazioni comunali, in particolare di quelle dei comuni con più di 15000 abitanti, una responsabilità anche in materia di programmazione per l’Area Vasta con la possibilità di portare sui tavoli regionali e nazionali proposta anche in tema di infrastrutture.
    E’ comunemente risaputo che la dotazione infrastrutturale insieme a servizi di trasporto efficienti sono tra i principali volani per lo sviluppo economico di un territorio.
    Ebbene le tre maggiori realtà territoriali da voi rappresentate sono accomunate dalla medesima condizione di isolamento rispetto ai poli più importanti della Campania; un isolamento determinato dai tagli che dal 2010 hanno interessato la provincia di Avellino ed hanno ridotto il trasporto pubblico, sia su ferro che su gomma, ai minimi termini.
    Non a caso i tre comuni sono accomunati dall’avere una linea ferroviaria e non poterla utilizzare a causa di uno dei maggiori danni perpetrati alla nostra provincia ovvero la sua sostanziale cancellazione dalla geografia ferroviaria italiana:
    ad Avellino, seppur comune capoluogo, rimane asfitticamente aperta una stazione ferroviaria utilizzata part-time con sole 5 coppie di treni che la collegano a Benevento ed Avellino e 2 coppie con Salerno;
    ad Ariano Irpino il traffico ferroviario è stato praticamente azzerato rimanendo disponibili solo due coppie giornaliere di Intercity e con il trasporto regionale completamente affidato a servizi autosostitutivi;
    a Montoro, nonostante la stazione sia situata in pieno centro abitato e nonostante la vicinanza con Salerno e Napoli, transitano esclusivamente due coppie giornaliere per Salerno e pochissimi collegamenti su gomma per Avellino e Salerno.
    Tre situazioni che ben descrivono l’isolamento della provincia di Avellino dalle realtà che contano, cominciato con la chiusura della ferrovia Avellino – Rocchetta e la cancellazione dei treni per Napoli e proseguito con l’eliminazione di tutti i collegamenti regionali tra Benevento, Ariano e Foggia e la rarefazione dei collegamenti su gomma sia locali che interprovinciali.
    Per queste ragioni ci appelliamo alla vostra responsabilità di rappresentare questo territorio, chiedendovi di portare, in modo unitario, nelle sedi opportune alcune proposte per il miglioramento delle condizioni di mobilità nella nostra provincia:
    • ripristino dei collegamenti diretti tra Avellino e Napoli a beneficio anche del serinese, solofrano e montorese;
    • ripristino dei collegamenti tra Benevento, Foggia e Napoli a servizio dell’arianese;
    • agganciodel territorio montorese alla Metropolitana di Salerno e della valle dell’Irno attraverso il prolungamento dei treni che già percorrono la tratta Salerno-Mercato S. Severino;
    • riorganizzazione del trasporto su gomma come adduzione al trasporto su ferro ovvero come distribuzione dei viaggiatori tra le varie frazioni dei comuni serviti dalle linee ferrate.
    Per quanto riguarda gli investimenti in infrastrutture, in attesa della realizzazione tra 20 o 30 anni dell’Alta Capacità (Roma)-Napoli-Bari, è necessariopotenziare la rete esistente anche per poterla mettere a sistema con quella che sarà la futura rete veloce nazionale. Qualche esempio: la realizzazione del raccordo ferroviario all’Università di Salerno alla ferrovia Benevento – Avellino – Salerno con relativi interventi di rettifica ed elettrificazione del tracciato, ripristino della ferrovia Avellino – Rocchetta almeno fino a Lioni, creazione di fermate aggiuntive laddove le linee ferroviarie attraversano centri abitati in modo da consentirne un utilizzo di tipo metropolitano / suburbano.
    La Regione Campania, nella sua recente programmazione attuale del trasporto pubblico,ha fatto completa astrazione da queste problematiche di fatto condannando la nostra provincia ad una sorta di “serie B” in tema di servizi di trasporto e di infrastrutture. A ciò si può rispondere solo con una posizione forte ed unita degli amministratori di questi territori; un’idea da riprendere potrebbe essere quella del coordinamento dei sindaci interessati dalle linee ferroviarie che era stata lanciata dal Comune di Avellino qualche mese fa.
    Ci appelliamo a voi sindaci affinché possiate, anche coinvolgendo gli amministratori dei territori limitrofi, impegnarvi in questa battaglia di civiltà che serva anche come traino per determinare condizioni concrete di sviluppo e progresso per un territorio così vasto.

  259. 289 avellinorocchetta 18/06/2014 alle 4:08 PM

    https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Vj5AQlTiRVU La valle del Sabato straziata dai guai ambientali causati da una industrializzazione stracciona: isochimica, FMA, Stir, Novolegno. Ci resta l’amarezza per quello che poteva essere e non è stato

  260. 290 avellinorocchetta 29/06/2014 alle 8:32 am

    Stefania Marotti
    “Ultima fermata”, il racconto cinematografico scritto e diretto da Giambattista Assanti, ha affascinato i 400 spettatori del Taormina Film Festival, dove la pellicola è stata selezionata nella sezione “Omaggio a Claudia Cardinale”, la protagonista dell’intensa vicenda sentimentale ambientata in Irpinia. Standing ovation per la diva del cinema internazionale, che, nella finzione cinematografica, ha ritrovato anche una parte di se stessa. “Un gran bel film- commenta- Sono molto contenta per le reazioni positive della critica, ma anche per la mia interpretazione nel ruolo di Rosa. Ho scelto “Ultima Fermata” per la sua scrittura, a tratti molto poetica, ma anche perché è una storia in cui tante persone possono ritrovarsi. Lavorare nel Sud d’Italia mi ha reso felice, ho ritrovato le mie radici. I miei genitori hanno origini siciliane e nel Mezzogiorno riscopro il mio passato. Dopo 130 film, ho deciso di aiutare i giovani registi, che si impegnano nel cinema d’autore. Leggendo il copione di Assanti ho deciso di far rivivere i sospiri, le speranze delle tante famiglie che hanno affidato, per più di un secolo, i loro sogni ai binari dell’Avellino- Rocchetta”-. Il film, pensato e realizzato tra l’Irpinia e la Puglia, è un omaggio alle storie di tanti ferrovieri e pendolari, sulla tratta inaugurata da Francesco De Sanctis nel 1895 e dismessa 4 anni fa, perché divenuta “un ramo secco” delle Ferrovie dello Stato. “Papà- continua la diva- lavorava nelle ferrovie. Quando, da piccola, vivevo a Tunisi, correvo da un vagone all’altro, senza sosta. Per me, era un gioco, ero un maschiaccio. Questo film, l’unica opera inedita italiana prescelta per la retrospettiva che mi hanno dedicato qui, a Taormina, risveglia anche i miei ricordi d’infanzia, a cui, nonostante il successo, sono sempre molto legata”-. Nel cast, accanto all’attrice che tutto il mondo ci invidia, Sergio Assisi, Luca Lionello, Francesca Tasini e Nicola Di Pinto. La colonna sonora è di Paolo Jannacci, il figlio del compianto cantautore milanese Enzo, affiancato dal gruppo napoletano degli “Acqua Loca”. La musica sembra scandire il ritmo della speranza dei tanti viaggiatori che, sulla linea di percorrenza irpina, avevano imparato a conoscere altre aree del Sud. La tratta ferroviaria, infatti, collegava il nostro hinterland con Napoli, con le province della Lucania e della Puglia, evitando l’isolamento del territorio. “ La musica mi ha fatto emozionare- aggiunge Claudia Cardinale- e le immagini trasmettono il fascino di una terra ricca di storia, di tradizioni, di folklore popolare”-. A Taormina, anche il produttore di “Ultima Fermata”, Francesco Dainotti. “ Ho creduto molto nel progetto di Assanti- ha dichiarato- e nella sua passione visionaria, a tal punto da sostenerlo pienamente. Ho scelto di fare un film diverso, che parla dei centri più piccoli, dei cosiddetti paesi minori, come i comuni dell’Irpinia, una provincia che ha una bellezza dei paesaggi, un’accoglienza, una capacità di amare che traspaiono nel racconto cinematografico, offrendo allo spettatore lo spaccato dell’altra Italia, dove la generosità delle donne e degli uomini prevale sulla logica dell’utile”-. Un film da Neorealismo del Terzo Millennio, dove, accanto ai volti noti del cinema, compare tanta gente comune. “ Il progetto- spiega Assanti- ha coinvolto le associazioni dei ferrovieri, le loro famiglie, per cercare di mantenere alta l’attenzione sul valore storico, ma anche sociale, della linea ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio, che ci ha consentito di proiettarci verso il progresso. Il racconto è anche una riscoperta dei legami familiari e per questa finalità educativa sarà distribuito da Agis Scuola”-. Il successo ottenuto a Taormina lascia presagire ad altre rassegne prestigiose, come il Festival Internazionale del Cinema di Venezia. “ Grazie a Claudia Cardinale ed all’intero cast del film- continua Assanti- porteremo un po’ di Irpinia in una delle rassegne più prestigiose. Il nostro lavoro dimostra che le belle storie, sullo sfondo di verità storiche, hanno ancora un pubblico sensibile e rigoroso”-. Il cinema non è, dunque, solo la fabbrica dei sogni, ma anche un efficace strumento di conoscenza. “ Il mio impegno- conclude Claudia Cardinale- è promuovere i registi che sappiano comunicare i valori etici e morali in un’epoca segnata dal declino. “Ultima Fermata” è un film che porterò per sempre nel cuore, anche per il suo scopo di contribuire al dibattito sul ripristino della linea ferroviaria irpina”-.

  261. 291 avellinorocchetta 03/07/2014 alle 8:51 PM

    Cairano 7x 2014
    Vivere l’Appennino

  262. 292 avellinorocchetta 03/07/2014 alle 8:52 PM

    Strutture in abbandono ed emergenza profughi

    Da alcuni anni il fenomeno dell’immigrazione dai paesi sub sahariani e dal medio oriente sta diventando una emergenza nazionale. Si tratta per la maggior parte di persone che scappano dai propri paesi perché guerre, carestie o persecuzioni religiose/politiche non permettono una vita civile. Le immagini che ogni giorno scorrono sugli schermi delle televisioni ci consegnano un esodo inarrestabile di donne, bambini ed uomini in cerca di una stabilità nei paesi europei. L’Italia è il trampolino verso queste nuove mete che significano un futuro senza nefandezze. Un popolo come il nostro che ha vissuto le angustie dell’emigrazione sta dando dimostrazione di grande civiltà nonostante le manifestazioni razziste che per mera speculazione politica qualche forza politica avanza. Anche la nostra Irpinia sta contribuendo ad accogliere queste persone, centinaia di persone immigrate si alternano a soggiornare nella nostra provincia in attesa di una definizione delle pratiche amministrative relative ai permessi di soggiorno o di richiesta di asilo politico. Alcuni paesi irpini vivono da anni questa realtà con grande senso civico e di tolleranza razziale. Molti immigrati ormai sono integrati in queste comunità. Accanto a questa contingenza coesiste il problema delle strutture per ospitare questi profughi. All’emergenza si risponde spesso con altra emergenza per sistemare in alloggi funzionali queste persone. Strutture alberghiere vengono utilizzate a questo scopo, con notevole esborso economico, mentre si dovrebbe prendere in considerazione una razionalizzazione di questa situazione dal momento che questi flussi continueranno ad investire le nostre coste mediterranee, vere e proprie porte di ingresso verso l’Europa, ancora per alcuni anni. Nella nostra provincia, nel comune di Conza, da anni un intero fabbricato ubicato nella locale stazione ferroviaria è in disuso mentre potrebbe essere utilizzato per ospitare questi profughi. Si tratta di una proposta di utilizzazione di una complessa struttura che opportunamente ristrutturata darebbe dignità a questo patrimonio in abbandono e creare le condizioni per una migliore fruizione di questi locali in grado di poter accogliere in futuro ospiti interessati ad un turismo sostenibile in questi luoghi di notevole interesse paesaggistico. Due palazzine, un capannone, una rimessa, il fabbricato viaggiatori con due appartamenti di tre e quattro stanze sono strutture che non possono essere abbandonate all’incuria come sta accadendo per la ferrovia Avellino Rocchetta e per il territorio da essa attraversata. Chi può intervenga……!

  263. 293 avellinorocchetta 06/07/2014 alle 5:02 PM

    Partiamo? E come si fa? La linea ferroviaria sono ormai quattro anni che ce l’hanno soppressa, i servizi pubblici di trasporto su gomma ce li diradano sempre più… ditemi voi come si fa a percorrere le nostre belle e verdi colline senza un’auto a disposizione.

    “Aree interne”, le chiamano in burocratese, e di questa bella espressione si riempiono la bocca tutte le volte che qualcuno, dal capoluogo regionale o dal governo centrale di Roma, si ricorda di noi per patteggiare, in cambio delle solite vaghe promesse elettorali, l’ennesima chiusura di un ospedale o di un tribunale. “Lì tanto non c’è niente, ci sono già abituati”. È così che ci vedono, i politici della grande città e i cittadini dell’Italia rampante convinta di poter fare a meno di noi. Come se due interi massicci montani fossero “niente”, salvo poi individuare nell’area il sito di una nuova megadiscarica.

    Irpinia – Avellino, Italia

    Ma sì, forse hanno ragione, in tanti ce ne siamo già andati, e noi pochi rimasti alla fine ci siamo abituati, come dicono loro. Ma come si fa ad abituarsi del tutto all’idea di dover scomparire dalla carta geografica? Di essere destinati alla cancellazione dalle pagine dell’atlante di geografia fisica, politica ed economica, per sopravvivere soltanto nelle vestigia di un intrepido remoto passato di orgoglio prelatino e preromano? E a questo punto immagino che vi starete ancora chiedendo dove diamine siamo: siamo in Irpinia, provincia di Avellino, ma non è poi così importante, perché sono sicuro che, stando ai discorsi fatti finora, avremmo potuto essere in parecchi altri posti in Italia…

    Pietro Mitrione ci ha lavorato una vita, sui treni, e adesso proprio non ci sta, a veder le rotaie seppellite dal bosco che lentamente, inesorabilmente le inghiotte. Quelle stesse rotaie che erano il senso del suo appassionato lavoro di servizio al territorio ed il legame di speranza per la propria terra di tante generazioni di emigranti e di pendolari. È per questo che ha fondato l’Associazione InLocoMotivi, che si batte per il ripristino della strada ferrata prima che sia troppo tardi, prima che i nostri cuori cessino definitivamente di desiderarlo, per un futuro degno di tal nome per i nostri paesini arroccati in cima alle rupi che troneggiano sulle valli disseminate di noccioleti e di vigne. Vi piace il vino, vero? Il nostro è dei migliori nel mondo. Chissà se tutti quelli che lo bevono se lo chiedono ogni tanto, da dove viene, Il Greco di Tufo, il Fiano, il Taurasi.

    Callitri (AV), Italia

    Ma torniamo a Pietro: con lui abbiamo trascorso, il 2 marzo scorso, la Settima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate. Siamo in Irpinia, il treno che avremmo voluto prendere non c’è più e così abbiamo noleggiato un autobus, con cui partiamo dalla anch’essa moribonda stazione ferroviaria di Avellino per dirigerci verso quello che era il nostro vecchio capolinea, nonché ex snodo delle altre tre importanti direttrici di Foggia, Potenza, e Gioia del Colle: la stazione di Rocchetta Sant’Antonio, nell’attuale provincia di Foggia. Che oggi è l’ennesimo scalo abbandonato e deserto, posizionato com’è al centro di un vasto altopiano che sarebbe completamente vuoto, se non fosse per la presenza di enormi pale eoliche che ruotano nel vento freddo e incessante. Il paese? A quindici chilometri di strada dissestata: ci siamo arrivati per pranzo, ma il grande calore della spontanea e genuina accoglienza a noi riservata è riuscito a stemperare solo in parte il senso di profondo isolamento che proviamo.

    Rocchetta Sant’AntonioSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateAvellino IMG_1204Settima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate
    Giambattista Assanti è uno sceneggiatore e regista cinematografico, ma soprattutto un amico di Pietro: basandosi sui tanti spunti di vita vissuta forniti dai suoi racconti, si era messo in testa di girare un film che parlasse della futura riapertura della ferrovia. E caparbiamente ci è riuscito: accaparrandosi addirittura, conquistati alla sua romantica causa, attori del calibro di Claudia Cardinale e Sergio Assisi. Dopo la visione del film, intitolato “Ultima fermata”, Giambattista ce ne ha parlato nel silenzio spettrale della stazione di Rocchetta, che colma con la gioia del suo sogno realizzato e dell’annuncio della prossima, prestigiosa anteprima al Taormina Film Fest.

    Pietro lo affiancava orgoglioso, e stava di certo pensando che forse anche altri sogni ben più ambiziosi potrebbero un domani divenire realtà. Quel giorno però, consentitemelo, la realtà più bella eravamo noi: i due guerrieri Pietro e Giambattista reduci dalle loro ardue imprese, Francesco Celli ed i suoi amici dell’Associazione Info Irpinia, che sono qua per testimoniare cosa vuol dire avere vent’anni da queste parti e non volersi rassegnare ad andarsene, Rosanna Rebulla che ricorda di quando “di fronte alla stazione sostavano ancora le carrozzelle”, Valentina che è ferroviera anche lei e che, avendo saputo di noi dal web, è venuta addirittura da Orvieto per trascorrere questa giornata, l’intera popolazione ed amministrazione locale del minuscolo paesino di Rocchetta, che ci ha accolto – e pantagruelicamente rifocillato! – alla stregua di veri e propri graditissimi ospiti d’onore, e da ultimi permettetemi anche di automenzionarci, Giuliana ed io con la nostra videocamera…
    Partiamo? E come si fa? La linea ferroviaria sono ormai quattro anni che ce l’hanno soppressa, i servizi pubblici di trasporto su gomma ce li diradano sempre più… ditemi voi come si fa a percorrere le nostre belle e verdi colline senza un’auto a disposizione.

    “Aree interne”, le chiamano in burocratese, e di questa bella espressione si riempiono la bocca tutte le volte che qualcuno, dal capoluogo regionale o dal governo centrale di Roma, si ricorda di noi per patteggiare, in cambio delle solite vaghe promesse elettorali, l’ennesima chiusura di un ospedale o di un tribunale. “Lì tanto non c’è niente, ci sono già abituati”. È così che ci vedono, i politici della grande città e i cittadini dell’Italia rampante convinta di poter fare a meno di noi. Come se due interi massicci montani fossero “niente”, salvo poi individuare nell’area il sito di una nuova megadiscarica.

    Irpinia – Avellino, Italia

    Ma sì, forse hanno ragione, in tanti ce ne siamo già andati, e noi pochi rimasti alla fine ci siamo abituati, come dicono loro. Ma come si fa ad abituarsi del tutto all’idea di dover scomparire dalla carta geografica? Di essere destinati alla cancellazione dalle pagine dell’atlante di geografia fisica, politica ed economica, per sopravvivere soltanto nelle vestigia di un intrepido remoto passato di orgoglio prelatino e preromano? E a questo punto immagino che vi starete ancora chiedendo dove diamine siamo: siamo in Irpinia, provincia di Avellino, ma non è poi così importante, perché sono sicuro che, stando ai discorsi fatti finora, avremmo potuto essere in parecchi altri posti in Italia…

    Pietro Mitrione ci ha lavorato una vita, sui treni, e adesso proprio non ci sta, a veder le rotaie seppellite dal bosco che lentamente, inesorabilmente le inghiotte. Quelle stesse rotaie che erano il senso del suo appassionato lavoro di servizio al territorio ed il legame di speranza per la propria terra di tante generazioni di emigranti e di pendolari. È per questo che ha fondato l’Associazione InLocoMotivi, che si batte per il ripristino della strada ferrata prima che sia troppo tardi, prima che i nostri cuori cessino definitivamente di desiderarlo, per un futuro degno di tal nome per i nostri paesini arroccati in cima alle rupi che troneggiano sulle valli disseminate di noccioleti e di vigne. Vi piace il vino, vero? Il nostro è dei migliori nel mondo. Chissà se tutti quelli che lo bevono se lo chiedono ogni tanto, da dove viene, Il Greco di Tufo, il Fiano, il Taurasi.

    Callitri (AV), Italia

    Ma torniamo a Pietro: con lui abbiamo trascorso, il 2 marzo scorso, la Settima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate. Siamo in Irpinia, il treno che avremmo voluto prendere non c’è più e così abbiamo noleggiato un autobus, con cui partiamo dalla anch’essa moribonda stazione ferroviaria di Avellino per dirigerci verso quello che era il nostro vecchio capolinea, nonché ex snodo delle altre tre importanti direttrici di Foggia, Potenza, e Gioia del Colle: la stazione di Rocchetta Sant’Antonio, nell’attuale provincia di Foggia. Che oggi è l’ennesimo scalo abbandonato e deserto, posizionato com’è al centro di un vasto altopiano che sarebbe completamente vuoto, se non fosse per la presenza di enormi pale eoliche che ruotano nel vento freddo e incessante. Il paese? A quindici chilometri di strada dissestata: ci siamo arrivati per pranzo, ma il grande calore della spontanea e genuina accoglienza a noi riservata è riuscito a stemperare solo in parte il senso di profondo isolamento che proviamo.

    Rocchetta Sant’AntonioSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateAvellino IMG_1204Settima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate
    Giambattista Assanti è uno sceneggiatore e regista cinematografico, ma soprattutto un amico di Pietro: basandosi sui tanti spunti di vita vissuta forniti dai suoi racconti, si era messo in testa di girare un film che parlasse della futura riapertura della ferrovia. E caparbiamente ci è riuscito: accaparrandosi addirittura, conquistati alla sua romantica causa, attori del calibro di Claudia Cardinale e Sergio Assisi. Dopo la visione del film, intitolato “Ultima fermata”, Giambattista ce ne ha parlato nel silenzio spettrale della stazione di Rocchetta, che colma con la gioia del suo sogno realizzato e dell’annuncio della prossima, prestigiosa anteprima al Taormina Film Fest.

    Pietro lo affiancava orgoglioso, e stava di certo pensando che forse anche altri sogni ben più ambiziosi potrebbero un domani divenire realtà. Quel giorno però, consentitemelo, la realtà più bella eravamo noi: i due guerrieri Pietro e Giambattista reduci dalle loro ardue imprese, Francesco Celli ed i suoi amici dell’Associazione Info Irpinia, che sono qua per testimoniare cosa vuol dire avere vent’anni da queste parti e non volersi rassegnare ad andarsene, Rosanna Rebulla che ricorda di quando “di fronte alla stazione sostavano ancora le carrozzelle”, Valentina che è ferroviera anche lei e che, avendo saputo di noi dal web, è venuta addirittura da Orvieto per trascorrere questa giornata, l’intera popolazione ed amministrazione locale del minuscolo paesino di Rocchetta, che ci ha accolto – e pantagruelicamente rifocillato! – alla stregua di veri e propri graditissimi ospiti d’onore, e da ultimi permettetemi anche di automenzionarci, Giuliana ed io con la nostra videocamera…

    Partiamo? E come si fa? La linea ferroviaria sono ormai quattro anni che ce l’hanno soppressa, i servizi pubblici di trasporto su gomma ce li diradano sempre più… ditemi voi come si fa a percorrere le nostre belle e verdi colline senza un’auto a disposizione.

    “Aree interne”, le chiamano in burocratese, e di questa bella espressione si riempiono la bocca tutte le volte che qualcuno, dal capoluogo regionale o dal governo centrale di Roma, si ricorda di noi per patteggiare, in cambio delle solite vaghe promesse elettorali, l’ennesima chiusura di un ospedale o di un tribunale. “Lì tanto non c’è niente, ci sono già abituati”. È così che ci vedono, i politici della grande città e i cittadini dell’Italia rampante convinta di poter fare a meno di noi. Come se due interi massicci montani fossero “niente”, salvo poi individuare nell’area il sito di una nuova megadiscarica.

    Irpinia – Avellino, Italia

    Ma sì, forse hanno ragione, in tanti ce ne siamo già andati, e noi pochi rimasti alla fine ci siamo abituati, come dicono loro. Ma come si fa ad abituarsi del tutto all’idea di dover scomparire dalla carta geografica? Di essere destinati alla cancellazione dalle pagine dell’atlante di geografia fisica, politica ed economica, per sopravvivere soltanto nelle vestigia di un intrepido remoto passato di orgoglio prelatino e preromano? E a questo punto immagino che vi starete ancora chiedendo dove diamine siamo: siamo in Irpinia, provincia di Avellino, ma non è poi così importante, perché sono sicuro che, stando ai discorsi fatti finora, avremmo potuto essere in parecchi altri posti in Italia…

    Pietro Mitrione ci ha lavorato una vita, sui treni, e adesso proprio non ci sta, a veder le rotaie seppellite dal bosco che lentamente, inesorabilmente le inghiotte. Quelle stesse rotaie che erano il senso del suo appassionato lavoro di servizio al territorio ed il legame di speranza per la propria terra di tante generazioni di emigranti e di pendolari. È per questo che ha fondato l’Associazione InLocoMotivi, che si batte per il ripristino della strada ferrata prima che sia troppo tardi, prima che i nostri cuori cessino definitivamente di desiderarlo, per un futuro degno di tal nome per i nostri paesini arroccati in cima alle rupi che troneggiano sulle valli disseminate di noccioleti e di vigne. Vi piace il vino, vero? Il nostro è dei migliori nel mondo. Chissà se tutti quelli che lo bevono se lo chiedono ogni tanto, da dove viene, Il Greco di Tufo, il Fiano, il Taurasi.

    Callitri (AV), Italia

    Ma torniamo a Pietro: con lui abbiamo trascorso, il 2 marzo scorso, la Settima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate. Siamo in Irpinia, il treno che avremmo voluto prendere non c’è più e così abbiamo noleggiato un autobus, con cui partiamo dalla anch’essa moribonda stazione ferroviaria di Avellino per dirigerci verso quello che era il nostro vecchio capolinea, nonché ex snodo delle altre tre importanti direttrici di Foggia, Potenza, e Gioia del Colle: la stazione di Rocchetta Sant’Antonio, nell’attuale provincia di Foggia. Che oggi è l’ennesimo scalo abbandonato e deserto, posizionato com’è al centro di un vasto altopiano che sarebbe completamente vuoto, se non fosse per la presenza di enormi pale eoliche che ruotano nel vento freddo e incessante. Il paese? A quindici chilometri di strada dissestata: ci siamo arrivati per pranzo, ma il grande calore della spontanea e genuina accoglienza a noi riservata è riuscito a stemperare solo in parte il senso di profondo isolamento che proviamo.

    Rocchetta Sant’AntonioSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateAvellino IMG_1204Settima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie DimenticateSettima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate
    Giambattista Assanti è uno sceneggiatore e regista cinematografico, ma soprattutto un amico di Pietro: basandosi sui tanti spunti di vita vissuta forniti dai suoi racconti, si era messo in testa di girare un film che parlasse della futura riapertura della ferrovia. E caparbiamente ci è riuscito: accaparrandosi addirittura, conquistati alla sua romantica causa, attori del calibro di Claudia Cardinale e Sergio Assisi. Dopo la visione del film, intitolato “Ultima fermata”, Giambattista ce ne ha parlato nel silenzio spettrale della stazione di Rocchetta, che colma con la gioia del suo sogno realizzato e dell’annuncio della prossima, prestigiosa anteprima al Taormina Film Fest.

    Pietro lo affiancava orgoglioso, e stava di certo pensando che forse anche altri sogni ben più ambiziosi potrebbero un domani divenire realtà. Quel giorno però, consentitemelo, la realtà più bella eravamo noi: i due guerrieri Pietro e Giambattista reduci dalle loro ardue imprese, Francesco Celli ed i suoi amici dell’Associazione Info Irpinia, che sono qua per testimoniare cosa vuol dire avere vent’anni da queste parti e non volersi rassegnare ad andarsene, Rosanna Rebulla che ricorda di quando “di fronte alla stazione sostavano ancora le carrozzelle”, Valentina che è ferroviera anche lei e che, avendo saputo di noi dal web, è venuta addirittura da Orvieto per trascorrere questa giornata, l’intera popolazione ed amministrazione locale del minuscolo paesino di Rocchetta, che ci ha accolto – e pantagruelicamente rifocillato! – alla stregua di veri e propri graditissimi ospiti d’onore, e da ultimi permettetemi anche di automenzionarci, Giuliana ed io con la nostra videocamera…

  264. 294 avellinorocchetta 29/07/2014 alle 10:00 PM


    Decreto cultura riporta al centro del dibattito in tema della meraviglia”.

  265. 295 avellinorocchetta 02/08/2014 alle 8:21 am

    “Cari amici e non, noi ci siamo sognati il treno, e così speriamo di voi.
    Con l’espressione “mi sono sognato il treno”, al paese dell’Eco, il paese dei mulattieri Calitrani, si voleva dire, o anche minacciare, di essersi messi in testa qualcosa di impossibile, qualche idea temeraria.
    Ora che la gloriosa linea Avellino-Rocchetta, giace deserta, inchiodata come lo zoccolo del mulo alla terra, nel paesaggio western della valle dell’Ofanto, il treno bisogna sognarselo veramente, evocarlo nel racconto. Il treno, questo mezzo di sogno, in via di estinzione, che va scomparendo nelle tratte minori, nei convogli notturni, esaltato maniacalmente solo nelle tratte di alta velocità, ispirate più all’aeroplano che al treno.
    Noi vi invitiamo a sognarvi il treno con noi, nella valle dell’Ofanto, tra le stazioni di Lioni, Calitri e Monteverde, in alta Irpinia, dal 20 al 31 agosto.
    Dalla mattina alle notte, camminate e racconti sui binari, trenini per bambini, bivacchi da campo, proiezioni, incontri di studio, di opinione, di storia, geografia e scienze. Incontri di musica, seminari, concerti, feste di paese.
    Si inizia il 20 di agosto con il concerto dei Los Lobos, i leggendari Lobos nella terra dei lupi.
    Il 21 Tinariwen, il 22 si prende la transiberiana.
    Si prosegue per stazioni fino al 27.
    Dal 28 al 30 si lascia la ferrovia e si sale a Calitri, il paese dello Sponz Fest.
    Tre giorni di Calitri Sponz Film Fest: il primo concorso per film dedicati all’unione e allo sposalizio. Incontri, ricette di cucina, barberia, giochi. Film dal pomeriggio alla notte.. Film amatoriali (fatti per amore), film originali (Matrimonio all’italiana) film totali ( Il tempo dei gitani versione integrale), film introvabili su schermo gigantesco, in collaborazione con la cineteca di Bologna.
    Il 30 agosto, premiazione con una giuria spettacolare e inattesa e gran concerto con la Banda della Posta, a seguire sponzafesta della notte.
    Il 31 addio ai binari con Giovanna Marini.
    Non mancate a questa occasione di fare “comunità”.. un’occasione per scoprire la terra dell’osso, nella stagione in cui le stoppie di grano raccolto si tingono a strisce di nero, come la coda della malogna.
    Portate la busta, prendetevi la bomboniera. Sogniamoci il treno!
    A presto.
    Vinicio Capossela”

  266. 297 avellinorocchetta 02/08/2014 alle 8:26 am


    “………il treno è come l’acqua, un bene comune. Non si può sopprimere una linea ferroviaria solo perchè è minore ed è costosa, in favore della politica della velocità. Una linea ferroviaria è un servizio, è un patrimonio.”
    cit. Vinicio Capossela.

  267. 298 avellinorocchetta 04/08/2014 alle 4:00 PM

    L’altra faccia dell’Irpinia
    Avellino – Rocchetta: destinazione Paradiso
    “Il gran tour delle occasioni sprecate”, Tappa 4: un treno ci salverà

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    NOME – Tratta ferroviaria “Avellino- Rocchetta Sant’Antonio”

    TIPOLOGIA – Linea Ferroviaria Complementare

    INDIRIZZO – Dalla stazione di Avellino a quella di Rocchetta Sant’Antonio, per 119 km (googlemaps, con tutta la tratta campana)

    DATAZIONE – Inaugurata il 27 ottobre 1895

    ENTE RESPONSABILE – RFI (Rete Ferroviaria Italiana) per la gestione, facente a sua volta capo a Ferrovie dello Stato per il traffico ferroviario.

    DATE ED ORARI DI APERTURA – Chiusa al trasporto passeggeri dal dicembre 2010

    PARTICOLARITA’ – Alla costruzione della Ferrovia sono legate alcune delle più importanti personalità della storia irpina come Michele Capozzi e Francesco De Sanctis. Per molti paesini della tratta, la ferrovia era l’unica comunicazione diretta col capoluogo

    CONTATTI: http://www.rfi.it

    Finora ho idealmente immaginato tutti gli itinerari di questa rubrica come itinerari a piedi. Ma oggi si cambia mezzo, saliamo su un treno, un treno da sogno, per meglio dire sognato, ma ancora possibile. A me non resta che augurarvi buon viaggio.
    Affezionarsi al destino dell’Avellino-Rocchetta per quelli come me è troppo facile, troppo: la riconosco in Irpinia come una delle poche battaglie condivise e non divise, dove non si combatte per sé, ma per tutti e ogni giorno che passa è goccia che scende da un rubinetto che perde. Ogni goccia è una vita, se ne perde almeno una ogni due mesi sull’Ofantina bis, mal strutturata ed ipercaricata soprattutto dalla sospensione dell’Avellino-Rocchetta. Omicidio previsto e programmato, dalla storia prima, dalla politica poi, ma è meglio andare con ordine.

    I rapporti della politica e della società avellinese con i treni sono sempre stati molto difficili. Da una parte, tra promesse non mantenute ed ingenti oneri di spesa, ci sono voluti 60 anni per ultimare una ferrovia che legasse Avellino all’est Campania fino alla Puglia, dall’altra, per conformazione del territorio, a differenza di quanto ancor oggi accade nelle altre principali città della regione, Avellino e provincia non hanno mai potuto avere una ferrovia adeguata. Gran parte della zona era purtroppo in montagna, non raggiungibile da linee “fondamentali” (quelle ancor oggi più veloci a funzionali) con l’unico collegamento tra stazioni possibile solo nel fondovalle, ovvero lontano dai centri dei paesini toccati. Ancora oggi per tutto l’est Campania, ai confini con Basilicata e Puglia, esistono solo linee dette “complementari”, separate tra loro e riunite nei capoluoghi, tutti però (tranne, ovviamente Avellino), dotati di infrastrutture moderne e all’avanguardia. Unica eccezione, la Caserta-Montaguto, anch’essa però a binario semplice e non doppio, tranne alla stazione di Benevento.

    Dove finisce la colpa della natura, inizia quella dell’uomo, nella fattispecie di chi (la Regione e la Provincia) non ha ritenuto opportuno intervenire, pensando che la seconda regione più popolata d’Italia e quella col maggior indice di natalità, avessero bisogno, soprattutto in provincia, di uno sfogatoio naturale di trasporto da unire alle normali strade. Soprattutto se le quelle strade si chiamano “Ofantina bis”, progettata come una strada di montagna, alternativa ed in gran parte a scartamento ridotto dove ad oggi si concentra il massimo del traffico di chi, da Avellino, sui dirige verso l’interno. Riaprire la tratta che, tanto per ricordarlo, con le sue 31 fermate (al massimo splendore) collegava tantissime piccole località irpine ad Avellino, Foggia e Potenza, è innanzitutto un dovere civico, di cui siamo responsabili di fronte ai morti dell’Ofantina (e che, en passant, costerebbe meno del pur necessario adeguamento della strada). Subito dopo diventa un motivo economico, capace di creare indotto reale nelle singole fermate. L’istituzione necessaria, in molte zone, Avellino in primis, di navette collegate alle istituzioni scolastiche, motivo principale dell’uso della tratta negli ultimi decenni, e la riapertura delle stazioni connesse possono creare lavoro vero e riaffezione nei territori per una storia sottratta, anch’essa di valore. Quella delle emigrazioni della seconda parte del secolo scorso, a cui si potrebbe addirittura dedicare un museo fotografico che si estenda di stazione in stazione. È storia nostra, è conoscenza e la conoscenza crea interesse.

    Il modo migliore di procedere alla riapertura, che, nei fatti, risulterà più vantaggiosa per le istituzioni stesse rispetto ai modesti risparmi derivati dal taglio della tratta, è creare un virtuoso circolo progressivo che faccia ripartire l’Avellino – Rocchetta fino al completo funzionamento. La prima riapertura dovrebbe quindi interessare il tratto Avellino-Lioni con scalo a Ponteromito. Località non scelte a caso perché al momento sono le uniche due, Ponteromito e Lioni ad avere subito funzionante uno scalo ferroviario che serve anche da stazione pullman (condizione necessaria, come detto, per il trasporto). Una volta riaperta almeno la prima tratta, si aprono diverse opzioni e tutte interessanti, nonché contemporaneamente praticabili. Una premessa però è d’obbligo: un investimento iniziale è necessario, non solo per mettere a posto la prima tratta utile, ma soprattutto per renderla interessante per Ferrovie dello Stato, al fine di far tornare definitivamente anche solo quegli orari soppressi dal 2010.

    Detto questo, veniamo alla valorizzazione. Come detto ci sono tre strade: si potrebbe innanzitutto approvare un piano legato alla mobilità scolastica, iniziando appunto da Lioni e Ponteromito, con possibilità di abbonamenti mensili o annuali. In linea con le tariffe praticate dai pullman, il viaggio si potrebbe attestare sui 3 euro a biglietto (navetta compresa) e molte famiglie risparmierebbero tempo e ansie potendo godere dell’offerta scolastica completa ed adeguata del capoluogo. A sua volta Avellino ne guadagnerebbe in salute e parcheggi evitando almeno in parte le congestioni stradali del mattino. Gli orari, certi e sicuri, dovranno essere affissi sulle bacheche ferroviarie di tutti i comuni interessati, nonché su una appropriata pagina facebook dove lanciare un concorso di idee, dal titolo “Il treno che vorrei”.

    La seconda è quella di destinare sulla tratta riaperta almeno parte del trasporto merci, smaltendolo quindi su rotaia. In tal senso indicazioni arrivano addirittura dall’Unione Europea, che in un’interessante relazione di un mese fa, incrociata, a livello italiano, con un rapporto Eurispes di Febbraio 2013, fa sapere quanto segue: 1) che l’Italia è fanalino di coda in Europa per percentuale di merci trasportate su rotaia 2) che non c’è, in questo campo, un solo aspetto in cui il treno non sia migliore del trasporto su strada (ed è soprattutto molto più impermeabile alle infiltrazioni mafiose), nonostante l’Italia sia in controtendenza. Provocazione, anche malevola: vuoi vedere che in Italia le autostrade prendono maggiori finanziamenti perché private, mentre tutte le strutture ferroviarie son pubbliche? Allora è l’ora di far entrare anche il privato in campo nella gestione delle Ferrovie. Ma come attirare nuovi capitali? E qui si viene al terzo punto.

    In Italia sta sempre più prendendo piede il concetto di ferrovia turistica, maniera assolutamente originale di godere di aree anche vaste in assoluta comodità a bordo di treni d’epoca o destinati alla dismissione per valorizzare anche il patrimonio macchine italiano, in questo comparto tra i più antichi ed apprezzati del mondo. L’idea di fondo è tanto semplice quanto geniale, riutilizzare le tratte ferroviarie chiuse per creare percorsi ad hoc nell’ottica, in un terreno economicamente ancora vergine, di uno sviluppo turistico a basso impatto ambientale. Le prospettive per l’Avellino – Rocchetta sarebbero infinite, ne citiamo solo quattro come “assaggio”: la Ferrovia delle acque, che unisce Sabato Calore e Ofanto, quella dei Siti di Importanza Comunitaria (leggere alla voce “il WWF ci ama”), la Ferrovia dei vini DOCG (Fiano e Taurasi) e la Ferrovia del Parco Regionale dei Monti Picentini (di gran lunga il più grande della Campania). Laddove il progetto è stato intrapreso, le tratte turistiche sono ormai regolari, sempre soldout, con indotti importanti certificati e soprattutto con la partecipazione delle Ferrovie dello Stato, felici di veder valorizzati beni dismessi.

    Per questo bisogna, anche a tratta ancora chiusa, andare a parlare con la Fondazione FS Italiane e la F.T.I. (Ferrovie Turistiche Italiane) per invitarle ad analizzare il potenziale di questa zona. Anche soltanto collegando un treno turistico agli eventi irpini (magari con vendita e degustazione di tipicità a bordo) si creerebbe una nuova frontiera di finanziamento che porterebbe introiti a tutta l’area, nel pieno rispetto dell’ambiente e dell’obiettivo primario, alleggerire l’Ofantina bis e prevenire il rischio di altre morti. “Chiunque salva una vita, salva il mondo intero” dicono molti precetti religiosi e Schindler’s list di Spielberg. Noi, più sommessamente, ci accontenteremmo di salvare l’Irpinia.

    (Si ringrazia Info Irpinia e soprattutto Francesco Celli e Pellegrino Tarantino per le informazioni, le proposte e la fotogallery).

  268. 299 avellinorocchetta 04/08/2014 alle 4:56 PM

    più potere ai sognatori………….

  269. 300 avellinorocchetta 04/08/2014 alle 9:43 PM


    Stazione di Conza Andretta Cairano della ferrovia Avellino Rocchetta: il tango rievoca ricordi e passioni

  270. 301 avellinorocchetta 04/08/2014 alle 9:44 PM


    Stazione di Conza Andretta Cairano della ferrovia Avellino Rocchetta: la famosa canzone IMAGE………….che possa ritornare il treno

  271. 302 avellinorocchetta 04/08/2014 alle 9:47 PM


    L’inno nazionale risuona nella Stazione di Conza Andretta Cairano della ferrovia Avellino Rocchetta fra degrado ed abbandono

  272. 303 avellinorocchetta 07/08/2014 alle 4:32 PM

    …secondo me l’Irpinia ci prova a gusto ad andare controcorrente…

  273. 304 avellinorocchetta 09/08/2014 alle 4:49 PM

    …secondo me l’Irpinia ci prova a gusto ad andare controcorrente…

  274. 305 avellinorocchetta 10/08/2014 alle 3:26 PM

    INFO IRPINIA a Cairano per non smettere di sognare.

  275. 306 avellinorocchetta 19/08/2014 alle 4:33 PM

    L’altra faccia dell’Irpinia
    Di castelli, orchi e imprese oniriche: passo dopo passo con Vito e gli altri…
    Da Avellino a Rocchetta a piedi, tagliando rovi e seguendo i binari della nostra identità

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    Un modo diverso di viaggiare. Un modo inedito ed alternativo di guardare all’Irpinia per scoprire il suo fascino, per così dire, più selvaggio. Si chiama “Wild Irpinia Route” e già il nome è indicativo del percorso che ci apprestiamo a fare. La nostra guida si chiama Vito Rago. Vito che ogni estate, mappa della provincia alla mano, traccia una pista differente attraverso l’Irpinia più selvaggia e, dunque, meno nota. A piedi, lontano dai tracciati normalmente battuti, ritrovando un legame originario con la propria terra e la sua natura.

    La pista attraverso cui ci guida questa volta è quella della route seguita la scorsa estate e ribattezzata “Irpinia Rail Trekking”, lungo i binari dell’Avellino Rocchetta Sant’Antonio, quel binario morto che attraversa, materialmente e simbolicamente, la nostra storia e, magari, il nostro futuro.

    «La locomotiva di questo viaggio sulle rotaie della strada ferrata dismessa, siamo stati io ed il mio amico Orlando Porcaro. Locomotiva perché durante i nostri cinque giorni di cammino ci hanno raggiunto altri compagni di viaggio che, proprio come i vagoni di un treno, si sono agganciati a noi anche solo per un tratto di strada». Il tracciato della route di luglio dello scorso anno nacque nel marzo precedente, durante la “giornata delle ferrovie dimenticate”. «È stato un viaggio non solo attraverso la natura ma anche attraverso la nostra memoria, in una continua commistione tra passato e presente». Percorrendo a piedi lunghe e fredde gallerie, armati di machete per aprirsi un varco anche tra la vegetazione più fitta, attraverso rovi e spine che, non di rado, hanno lasciato sui loro corpi i segni di un’avventura da documentario, Vito e Orlando hanno incontrato persone, incrociato volti che a noi sono apparsi la trasposizione nel presente di modi di vivere d’altri tempi. Testimonianze del vero spirito dell’Irpinia e della sua capacità di accoglienza. «Dopo i primi momenti di incredulità e di scetticismo da parte delle persone incontrate, che non riuscivano a spiegarsi l’utilità e il senso della nostra traversata, la sintonia era immediata ed essere accolti in maniera assai ospitale, mettendoci a disposizione quanto poteva esserci dato, era estremamente naturale. E questa è una delle cose che, insieme alla bellezza mozzafiato dei paesaggi, mi ha colpito di più». Ci fa sorridere sentire Vito che dice che la domanda che, più di frequente, lui e Orlando si sono sentiti rivolgere è stata: «A chi apparteniti?». CI fa sorridere nella consapevolezza che quel breve interrogativo è espressione e sintesi di un intero sistema di pensiero.

    «Ogni giorno percorrevamo tra i 15 e 20 chilometri. Il silenzio, la concentrazione, il legame profondo che sentivamo nascere spontaneo con la natura sono stati i motori del nostro andare, in alcuni tratti davvero faticoso. E per me anche la musica: la mia armonica blues art mi ha accompagnato in questo percorso fuori dagli schemi, fatto mangiando frutta raccolta dagli alberi o bagnandoci nei corsi d’acqua che incrociano l’antica ferrovia». Più di tutti Vito ricorda il bagno nel fiume Ofanto, poco prima di arrivare ad Aquilonia, penultima tappa di un viaggio lungo il quale su lui e Orlando hanno vegliato i falchi di questa parte della provincia che, dalle parole di Vito e dalle foto che ci mostra, assume il sapore d’una terra vergine. Insieme ai possenti e silenziosi custodi dell’aria, a seguire i due giovani anche Pietro Mitrione che, lungo le strade interpoderali, ha compiuto lo stesso percorso in automobile, per accertarsi che tutto si svolgesse senza problemi di sorta.

    La locomotiva Vito-Orlando si è messa in movimento il 3 luglio dalla stazione di Rione Ferrovia per fare scalo, dopo i primi 12 chilometri, a Paternopoli. Qui hanno pernottato alla masseria Imperiale, ospiti di Franco, amico di Vito. Il secondo giorno di cammino, da Paternopoli a Bagnoli, alla locomotiva formata dai due trakkers si è aggiunto il vagone di Anna e Betty e quello, più corposo, dei giovani del Comitato Difesa Fiume Calore, di Montemarano. «Alla fine eravamo intorno alla decina di persone a viaggiare alla volta di Bagnoli». Il treno, giunto a destinazione dopo 22 chilometri di marcia, ha trovato rifugio in un luogo davvero particolare e fuori dal tempo: due Torri Normanne in legno che, fiammelle nell’oscurità di una notte senza luci artificiali, a noi che le vediamo immortalate in foto sembrano illustrazioni d’un libro di fiabe che narrano di castelli, orchi e imprese oniriche.

    Qualcosa che nessuno s’aspetta da una terra sconosciuta e presuntuosamente sottovalutata.

    La terza fermata ha portato i ragazzi da Bagnoli a Morra De Sanctis, con altri vagoni agganciatisi: i ragazzi del “Rouge” di Lioni che, all’arrivo nel loro paese, hanno accolto i viaggiatori con festeggiamenti al gusto di frutta e buona musica. Dopo altri 30 chilometri, i due capitreno avevano condotto fino a Morra circa venti persone. Prima della sosta notturna, però, una tappa a Campo Nusco dove «ad aspettarci c’era Giovanni Marino, col quale abbiamo deposto dei fiori sulla porta della stazione del posto a memoria della famiglia Labbiento-Chieffo, i casellanti che vivevano lì negli anni ’60».

    A Morra De Sanctis, l’equipaggio del treno è stato ospitato alla masseria di Gennaro Scalese, altro amico di Vito che in loro onore «ha dato una vera e propria festa, durata fino alle 3, le 4 del mattino. Una festa fatta di frutta, gelato e ottimo cinghiale. Il tutto accompagnato da tanta musica».

    Nonostante la meta s’avvicinasse, da un certo punto in poi, nel quarto giorno di marcia, i vagoni si sono staccati dai locomotori tornati a calcare i binari da soli. Un cammino che avanzava attraverso paesaggi che andavano mutando in maniera marcata, nei colori, negli odori, nelle forme. «Un po’ alla volta, le montagne che accompagnano la partenza del viaggio s’addolciscono e, da Nusco in poi, lasciano gradualmente il posto alle spianate di grano di Monteverde che segnalano l’approssimarsi alla Puglia». E come cambia il paesaggio, così cambia il clima che, lungo la strada, «si fa sempre più caldo, accrescendo la fatica di camminare al sole».

    Lasciata la masseria Scalese, nel quarto giorno di cammino, Vito e Orlando si sono messi in marcia diretti proprio verso Aquilonia e Monteverde, lungo le vie storiche dei briganti provenienti dalla Lucania. «Un percorso suggestivo, la cui carica emozionale è stata sicuramente accresciuta dall’esperienza fatta nell’ultima notte trascorsa in viaggio, prima di raggiungere Rocchetta». Vito, infatti aveva conosciuto, tempo prima, don Vito Picone, vaccaro transumante a Summonte. Un omone imponente, dai baffi a punta eco d’un tempo lontano, che li ha poi ospitati nella sua masseria «dove vive una vera e propria tribù di cui lui è il capostipite. In quella masseria sono riunite tre generazioni: da lui, che è il nonno, fino ai nipoti. Noi abbiamo dormito su letti di fieno e mangiato i formaggi che abbiamo visto produrre. Siamo rimasti fino al mattino, fino alla colazione col latte ancora caldo di mungitura». Veramente un mondo fuori dal tempo.

    Il quinto giorno, il liberatorio arrivo a Rocchetta Sant’Antonio, là dove il treno ricomincia a correre verso Foggia. Sì perché solo la tratta irpina è un binario morto. «All’arrivo abbiamo sentito un senso di serena liberazione e leggerezza, difficile da spiegare». Un senso di liberazione che il tempo stesso parve assecondare e rimarcare: «mentre eravamo in macchina con Pietro, che ci riportava verso Avellino, il caldo ha lasciato il posto ad un fortissimo temporale».

    Da questa esperienza, a cavallo tra storia, memoria e natura, nasce la collaborazione con Vinicio Capossela e il coinvolgimento dell’associazione “Irpinia Trekking”, presieduta da Tonino Maffei e di cui Vito è associato, in questa edizione dello “Sponz Fest” di Calitri. «Vinicio» ci spiega Vito «ci ha raggiunti tramite Virginio Tenore dei “Makardia”. A bordo del suo camper si è fatto raccontare del nostro viaggio “Irpinia Rail”. Ne ha compreso lo spirito, lo ha condiviso e ci ha chiesto di costruire, con Tonino, dei percorsi storico-naturalistici appositi, da proporre, in concomitanza con il festival, a quanti vogliano fare questa particolare esperienza alla scoperta della nostra terra».

    Con “Camminare al treno”, dunque, nome della particolare iniziativa che partirà domani 20 agosto, la locomotiva lungo il binario dell’Avellino-Rocchetta si rimette in movimento. Un binario che, proprio come questa nostra meravigliosa terra, non sarà mai morto del tutto fino a che ci sarà qualcuno disposto a percorrerlo e a viverlo.
    orticalab

  276. 307 avellinorocchetta 27/08/2014 alle 8:38 am

    IL TRENO DELLA CIVILTÀ
    Un importante reportage del 1895 sulla ferrovia Avellino-Rocchetta

    PAOLO SPERANZA

    E’ stato il 30 ottobre del 1895 che l’opinione pubblica italiana apprese nei dettagli la nascita – e l’importanza storica – della “nuova linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Santa Venere”, come titolava l’articolo a firma di T. Corsi su “Il Secolo illustrato”.
    Fu il supplemento illustrato del “Secolo” di Milano, edito da Sonzogno, all’epoca il quotidiano più letto in Italia con oltre 115.000 copie di tiratura, ad informare i lettori del Paese sulla nuova opera di progresso tecnologico e civile che segnava una svolta storica per il Mezzogiorno interno. Un’opera che l’articolista non esitava a definire “fra le più difficili che siansi eseguite nel mezzogiorno d’Italia a tutt’oggi”.
    Il reportage era corredato da un’intera pagina di preziose illustrazioni: otto disegni da altrettante foto dello stesso Corsi, che documentavano non solo alcuni aspetti tecnici (ponti, gallerie ecc.) della colossale opera pubblica, ma anche il paesaggio naturale ed umano delle zone attraversate, ovvero gran parte dell’Irpinia e alcuni lembi della Basilicata. Un documento importante che, acquisito dall’Archivio di Cultura Contemporanea ArCCo, fondato da chi scrive, è oggi disponibile in una riproduzione a tiratura limitata, realizzata in occasione del CalitriSponzFest, che ha per tema conduttore dell’edizione 2014 “Mi sono sognato il treno”. A collaborare con ArCCo alla diffusione della pagina del “Secolo Illustrato”, finalizzata ad informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla “questione ferroviaria” esistente (non da oggi) in Irpinia, sono state la Cgil irpina (la segreteria provinciale, guidata da Vincenzo Petruzziello, e la categoria Filctem, segretario Franco Fiordellisi), che da sempre è impegnata su questo tema, l’associazione “In loco motivi”, di cui è storico animatore Pietro Mitrione, la rivista “Quaderni di Cinemasud” e il Photoclub “Werner Bischof”.
    Dall’articolo del “Secolo illustrato” si percepisce inoltre, con precisione e dovizia di particolari, la portata di un’opera davvero straordinaria. Ecco i passi del reportage:
    “La linea si stacca da Avellino all’estremità verso Napoli, attraversa il fiume Sabato e dopo aver costeggiato il torrente Salzola e passati diversi valloni, si immette al km. 20 nella vallata dell’altro fiume Calore che segue ed attraversa parecchie volte.
    Da Paternopoli la linea costeggia il Calore fin quasi alla fermata di Cassano, percorre quindi la vallata dell’Avella fino ai pressi della stazione di Nusco, per la valle dell’Acquabianca raggiunge presso Sant’Angelo dei Lombardi il fiume Ofanto che costeggia ed attraversa più volte prima di arrivare a Monteverde, dopo la quale stazione la linea continua a svolgersi nella stessa vallata dell’Ofanto fino all’ingresso nella stazione di Rocchetta Santa Venere. Il raggio minimo delle frequenti curve che si trovano su tutta la linea è di metri 250 e la pendenza massima è del 25 per 1000.
    Lungo la linea si costrussero 21 stazioni e 6 fermate: i principali centri abitati sparsi sui pendii delle valli attraversate sono i seguenti: Salza Irpina, Montefalcione, Montemiletto, Taurasi (dai vini molto apprezzati), Paternopoli, Castelfranci, Montemarano, Montella (che è posta sul pendio di una collina, conta 8100 abitanti ed è capoluogo di mandamento). Così pure Sant’Angelo dei Lombardi, che è anche capoluogo di circondario, Andretta, Calitri. Debbo poi ricordare Lioni, Morra, Conza ed infine Rocchetta Santa Venere (4000 abitanti), paese steso in collina, bagnato ai confini dal torrente Calaggio e dal fiume Ofanto: il suolo vi è fertile e sparso di molti altipiani. Tutte le stazioni furono munite di apparati di sicurezza sistema Bianchi-Servettaz per la manovra degli scambi e dei semafori.
    Le gallerie costruite sulla linea furono 17, lunghe in totale m.9300, le più importanti delle quali sono quelle denominate di Montefalcione, Parolise, Lioni, Vallone oscuro, Montemiletto, lunghe rispettivamente metri 2595, 1303, 835, 756, 685 e 643.
    I manufatti speciali furono 58, di cui 26 con travate metalliche, gli altri con arcate in muratura. I ponti sul Calore sono 10; quelli sull’Ofanto 23; e gli altri ponti e viadotti furono costruiti su valloni secondari. Si hanno inoltre sulla linea: 390 manufatti di luce inferiori a m.10; 30 chilometri di muro di sostegno e rivestimenti del corpo stradale; 12 chilometri di dighe di difesa e scogliere lungo il Calore e l’Ofanto; 40 chilometri circa di fognature per raccogliere le acque sotterranee, ed infine uno sterminato sviluppo di cunette, cunettoni, canali, ecc., tutti in muratura, che raccolgono a monte ed a valle le acque esteriori per convogliarle fuori della linea”.
    Era per questa colossale opera di ingegneria e di progresso che si era speso per anni in Parlamento Giustino Fortunato, il meridionalista di Rionero in Vulture che giunse a minacciare l’ostruzionismo e l’occupazione dell’aula di Montecitorio, pur di ottenere – come poi avvenne – l’approvazione definitiva della nuova linea ferroviaria, la più ambiziosa tra le linee Ofantine. Tanto che, sette anni dopo, un altro importante uomo politico del Sud, Francesco Saverio Nitti, potè affermare con convinzione: “La costruzione delle Ofantine non è stata punto nè una buona impresa nè tanto meno un buon affare: ma è stata un grande atto di civiltà”: una lezione più che mai valida in questa fase di liberismo sfrenato e di “spending review” senza metodo e prospettiva.

  277. 308 avellinorocchetta 02/09/2014 alle 4:33 PM

    “La musica può essere un’occasione di resistenza culturale”. Così Vinicio Capossela commenta l’iniziativa dello Sponz Fest, il festival culturale da lui diretto e ideato in Irpinia, che durerà fino al 31 agosto. A fianco del nome dell’evento, la frase “Mi sono sognato il treno”, perché quella zona è orfana di ferrovia dal 2010, quando la linea Avellino-Rocchetta è stata dismessa. Dalle sue stazioni partivano treni verso il Nord Italia – Milano, Torino – ma anche verso la Germania, e la chiusura del binario ha lasciato gli abitanti delle “terre dell’osso” isolati, inibendone fortemente le spinte sia centrifughe che centripete. Capossela ha parlato all’HuffingtonPost dell’importanza di “coltivare il vuoto” in risposta all’isolamento.

    “Mi sono sognato il treno” è un po’ come dire “volere la luna”, ma un treno dovrebbe essere un desiderio ben più accessibile. La mancanza della ferrovia in un territorio risulta in un’emarginazione culturale e sociale. Un evento come lo Sponz Fest riesce a trasmettere un messaggio di apertura e rinnovamento all’Irpinia?

    A volte è importante rendersi conto di quello che c’è, più che fare caso a cosa non c’è. Per esempio, un bene comune come la ferrovia. Una ferrovia realizzata con sacrificio e investimento. Una ferrovia che – come scrisse Gustino Fortunato, diede “onore all’Italia” – deve essere sentita come un bene comune. Il fatto di accenderci una luce sopra può ricordare che esiste.

    Trovarsi dentro a una bellissima struttura come la stazione di Conza – Andretta – Cairano, o in prossimità di un ponte, un miracolo di ingegneria realizzato come la torre Eiffel, senza una saldatura, soltanto con bulloni, sono cose che rinnovano lo stupore. Si ha la sensazione di essere in un territorio che ha nel vuoto la sua principale risorsa. Io spero che questo festival accenda la consapevolezza che è importante coltivare il vuoto, affinché non si trasformi in abbandono e degrado.

    Le zone interne, le terre cosiddette dell’osso, come queste, sono un bene collettivo. In un mondo di agglomerati urbani di alta cementificazione e densità abitativa, il vuoto è il nostro polmone, una realtà che ci permette di respirare, di rifiatare, di immaginare. Il vuoto non deve però diventare un campo abbandonato, un luogo saccheggiato dal ciclo del consumo energetico. Perché, come la ferrovia, è un nostro bene comune. E il bene comune non finisce dove termina l’affollamento; anzi, quasi inizia da lì.

    La cultura per uscire dall’isolamento. In questo senso, quanto è importante la musica per segnare un’identità territoriale?

    È importante non vivere il vuoto, e dunque anche la sensazione di isolamento che comporta, come un fatto depressivo, ma considerarne le risorse e cercare di impiegarle. La musica può essere un’occasione di resistenza culturale, così come la lingua e il dialetto. I luoghi muoiono per gli uomini quando muore la loro lingua. La musica da queste parti ha segnato un’identità, legata però anche al lavoro e al mondo della terra, dei contadini. La stessa cosa vale per il cibo. Si mangiava in un modo perché si zappava, si facevano i lavori pesanti. Quei piatti ora non ci creano problemi di digestione. Si cantava per accompagnarsi al lavoro, per stare insieme. Ora quei lavori non si praticano più. Gli sposalizi sono diventati un’altra cosa. La musica può avere ancora il gusto di quei piatti, ma ha anche un’altra prospettiva e risorsa, quella di farci abitare il mondo. Un mondo più vasto che può risuonare in questo vuoto, proprio perché ha spazio .

    Dall’Irpinia partivano treni verso il nord dell’Italia o la Germania. Hai avuto modo di sentire delle storie di chi è partito per andare a cercare fortuna?

    Queste storie le ri-conosco da sempre, appartengono a tutti i nostri paesi interni. La migrazione è stato il combustibile dello sviluppo economico. Il prezzo è stato la fine di un modello di vita, la fine dei paesi, perché quello che fa i paesi sono le persone che li abitano, e se queste se ne sono andate , resta solo l’involucro. Però resta. Ci si è abituati a essere una specie di comunità mobile, si sono trovati altri modi di stare insieme. Una specie di zolla di terra attaccata ai piedi di corpi precipitati nel mondo. Il nostro concetto di unità si è fatto più mobile, più immateriale. È importante allora darsi delle occasioni per materializzarci. È quello che abbiamo cercato di fare in questi giorni, per scoprire magari che nel piccolo si nasconde il gigantesco.

    Gli appuntamenti del festival si tengono tutti in prossimità della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta, nella macchia estesa tra nove comuni sparpagliati: Calitri, Aquilonia, Andretta, Cairano, Conza Della Campania, Lioni, Monteverde, Morra de Sanctis e Teor. In dialetto locale la parola “Sponz”, da spugna, viene usata per riferirsi all’ammollamento dello stoccafisso in acqua, prima di mangiarlo. L’immagine è chiara: imbeversi, inzupparsi di musica e racconti per uscire dalla rigidità e dalla fissità, condizioni ben poco digeribili.

    Musica e parole, migrazione e immigrazione, paesaggio e attesa, confronto sociale sono al centro della programmazione. A questa edizione 2014 hanno partecipato grandi nomi della cultura nostrana: Dan Fante, Adrian Paci, Enrico De Angelis, Paolo Nori, Remo Ceserani, Antonello Caporale, Lello Arena, la sorella di Vinicio Mariangela Capossela, Claudia Losi, Enrico Fierro, Toni Ricciardi, Vincenzo Costantino Cinaski, Luigi Mascilli Migliorini, Giovanni Rinaldi, il Mago Christopher Wonder e Valerio Corzani.

    Dopo il concerto “La lunga notte del treno” di sabato scorso, Vinicio Capossela e la Banda della Posta Sabato si esibiranno ancora gratuitamente sabato 30 sera a Calitri e presenteranno in anteprima alcuni brani del prossimo disco dell’autore. A chiudere il festival, domenica 31, sarà invece il concerto di Giovanna Marini e Francesca Breschi. Qui la pagina con tutti gli eventi.

  278. 309 avellinorocchetta 04/09/2014 alle 4:19 PM

    Un piccolo miracolo, capace di portare l’Alta Irpinia alla ribalta nazionale e insieme di favorire la riflessione sulle emergenze del territorio. E’ lo SponzFest 2014, che ha fatto registrare ancora una volta un vero bagno di folla. A chiudere la rassegna è stato il concerto al tramonto di Giovanna Marini, accompagnata da Francesca Breschi, nello scenario del casello San Tommaso di Calitri. Un itinerario suggestivo, tra canzoni legate alla ferrovia, canti anarchici, di lavoro e di resistenza. A sottolineare la propria soddisfazione Vinicio Capossela, ideatore e direttore artistico della manifestazione, che ha sottolineato il contributo dei cittadini. «Il treno non c’è e probabilmente non ci sarà – spiega Capossela – quello che è importante è che in questi undici giorni abbiamo percorso questi binari, ci siamo ricordati che esistono, che sono un bene di tutti, come queste canzoni ci ricordano. Una ferrovia realizzata con sacrificio e investimento, che – come scrisse Gustino Fortunato, diede “onore all’Italia” – deve essere sentita come un bene comune, che è doveroso reclamare. Un enorme patrimonio che c’è e che è un grande spreco dare alle ortiche e al degrado. Questi giorni passati insieme spero vi facciano ricordare che la ferrovia non è cosa morta, ma è viva, a patto che noi la rendiamo viva. Trovarsi dentro a una bellissima struttura come la stazione di Conza – Andretta – Cairano, o in prossimità di questo ponte, un miracolo di ingegneria, sono cose che rinnovano lo stupore. Si ha la sensazione di essere in un territorio che ha nel vuoto la sua principale risorsa; in un mondo di agglomerati urbani di alta cementificazione e densità abitativa, il vuoto è il nostro polmone, una realtà che ci permette di respirare, di rifiatare, di immaginare. Spero che questo festival accenda la consapevolezza che è importante coltivare questo vuoto, affinché non si trasformi in abbandono. Bisogna considerare le risorse di queste terre e cercare di impiegarle». Ad andare in scena un viaggio lungo undici giorni che dall’alba del 20 agosto al tramonto del 31, ha attraversato i paesi irpini che hanno aderito al progetto, promosso dal Comune di Calitri, con la collaborazione dei Comuni di Aquilonia, Andretta, Cairano, Conza Della Campania, Lioni,Monteverde, Morra de Sanctis, Teora. La sola serata del 30 agosto con il concerto di Vinicio Capossela e la Banda della Posta ha richiamato a Calitri oltre 10,000 persone. Scoppiettante il finale a sorpresa, con i giochi di prestigio del mago Wonder, i duetti improvvisati di Neri Marcorè, i balli di Sabrina Impacciatore e le gag del tenore Ciccillo di Benedetto, cui Vinicio ha dedicato la canzone “Al veglione”. Una memorabile notte bianca dell’intero paese con i vicoli del centro storico che hanno risuonato di musica fino alle 9.00 del mattino.
    Corriere Irpinia

  279. 310 avellinorocchetta 04/09/2014 alle 9:37 PM


    Calitrisponzfest 2014
    mi son sognato il treno

  280. 312 avellinorocchetta 15/09/2014 alle 12:36 PM

    Articolo di Michele Fumagallo

    Dovremmo tutti concentrarci in Italia sulle strutture culturali che cadono a pezzi o chiudono o semplicemente in molti territori mancano. Ogni manifestazione culturale “di consumo” dovrebbe essere finalizzata a questa situazione drammatica. Invece accade spessissimo il contrario con un distacco netto tra consumi culturali/spettacolari e strutture. Non va bene e stiamo pagando un prezzo salato per tutto questo. Qualcuno tuttavia ci prova a dare un senso non strettamente effimero al consumo culturale. Parliamo dello “Sponz Fest” di Vinicio Capossela che ha calamitato l’attenzione di migliaia di persone sulla ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio (non strettamente una “struttura culturale” ma soltanto perché è qualcosa di molto più forte), storica tratta di penetrazione dell’Irpinia in Basilicata e Puglia, messa in piedi a fine Ottocento grazie alla lotta di personalità di rilievo tra cui Francesco De Sanctis, e sospesa poco meno di quattro anni fa unilateralmente dall’assessore ai trasporti della giunta di centro destra della regione Campania Sergio Vetrella con complicità varie. “Mi sono sognato il treno” è stato infatti il titolo dell’edizione di quest’anno (la seconda) dello Sponz Fest e dunque lungo alcune stazioni della ferrovia in Alta Irpinia e in alcuni Comuni tra cui Calitri, paese d’origine del cantautore e centro organizzatore della manifestazione, si è snodato per undici giorni alla fine di agosto questo curioso festival dedicato allo sposalizio (“sponz” sta per “sponzarsi”, termine dialettale che allude al giorno del banchetto, ma qui viene usato nel senso metaforico del sudore, del “lasciarsi andare”) diviso in tre sezioni: concerti, rassegna cinematografica, installazioni d’arte. Con l’aggiunta di dibattiti vari a cui hanno partecipato tanti giornalisti e studiosi tra cui Remo Ceserani (autore di “Treni di carta”, sul rapporto tra ferrovia e letteratura), protagonista insieme al cantautore di una bella discussione tra i binari della stazione di Lioni. E indubbiamente, nonostante il successo delle manifestazioni (ma per l’amor di dio via l’ennesimo e banale concorso dalla rassegna cinematografica), svoltesi nel centro storico di Calitri col gran concerto finale di Vinicio Capossela, le installazioni d’arte rigorosamente sullo sposalizio di Adrian Paci, Claudia Losi, Mariangela Capossela, il festival cinematografico di corti dedicato alle storie “di coppia”, è stata la parte svolta direttamente sui binari la manifestazione di più forte emozione. La stazione di Conza/Andretta/Cairano, ripulita e resa scenario di una piccola epopea western, con la sala di ricovero delle carrozze trasformata in saloone in cui sono avvenute proiezioni di documentari, inediti e non, e film classici (“Come vinsi la guerra” di Buster Keaton); la sala d’attesa adibita a mostre; i marciapiedi tra i binari trasformati in ristorante all’aperto; i binari usati come sedi di performance, letture, set di fotografi (Mario Dondero, tra gli altri), passeggiate. Il tutto intorno al grande palco che domina la scena e dove si sono esibiti tanti artisti: i Tinariwen del Mali, le Fanfare Ciocarlia della Romania, i suoni del deserto di Tucson nella chitarra di Howe Gelb, Otello Profazio, la Banda della Posta, i Makardia, un applauditissimo Robyn Hitchcock. E con Vinicio Capossela a fare da presentatore ma anche a donare ogni sera le sue canzoni. Ascoltare Mario Dondero cantare nella stazione di Conza, e con che voce a 86 anni!, “Fischia il vento” per intero accanto a un Capossela senza parole, è stato di per sé un avvenimento. Dondero, venuto a esporre e ritirare l’importante premio fotografico “Flauto d’argento” ad Avellino, ha voluto visitare per due volte il festival alla stazione di Conza colpito dai paesaggi evocativi e da un’opera ferroviaria che è semplicemente criminale lasciar morire e non rilanciare invece adeguatamente. Con un’appassionata difesa della ferrovia fatta dal fotoreporter: “Il treno è un luogo magico dove si fanno incontri d’amore formidabili”. E dopo gli intensi (fino all’alba) 4 giorni della stazione di Conza, dove persino letture di classici russi fatte tra i binari (Vincenzo Cinaski) e reading di Dan Fante (figlio di John) sono state affollate di giovani, Calitri ha offerto un bellissimo viaggio nel rebetiko di Dimitris Mistakidis, chiacchierate con Luigi Di Gianni su Ernesto De Martino e il meridione che fu, performances di donne del paese sulla loro vita e sui loro ricordi di coppia, la proiezione integrale di quasi 5 ore de “Il tempo dei gitani” di Emir Kusturica. Il finale del concerto di Vinicio Capossela con la Banda della Posta ha visto la partecipazione di migliaia di giovani e non provenienti da varie regioni, mentre gruppi musicali attraversavano il particolare centro storico di Calitri cantato recentemente nei romanzi di Vito De Nicola. Poi c’è l’ultimo concerto, quello dell’ ”addio ai binari” (si fa per dire) di Giovanna Marini e Francesca Breschi al casello ferroviario di San Tommaso, oggi occupato in comodato da una famiglia. Un casello già attraversato nei giorni precedenti da un suggestivo concerto dei Guano Padano. Al tramonto, tra un mirabile ponte in ferro e il fiume Ofanto a scorrere vicino, centinaia di persone sedute sui binari hanno ascoltato con emozione i capolavori del canto sociale. E forse più emozionato di tutti è stato Capossela stesso che ha letto un pezzo del meridionalista Giustino Fortunato, attento studioso allora delle “strade ferrate ofantine”. Un pezzo in cui parla di civiltà portata dalla ferrovia in questa valle dell’Ofanto. “Il treno non c’è ma ciò che è importante – ha concluso il cantautore – è che in questi undici giorni abbiamo percorso questi binari, ci siamo ricordati che esistono, che sono un bene di tutti, come molte canzoni ci hanno ricordato. Una ferrovia realizzata con sacrificio e investimento, che diede onore all’Italia come disse Fortunato, deve essere sentita come un bene comune che è doveroso reclamare. Un enorme patrimonio che c’è e che è un grande spreco dare alle ortiche e al degrado. Questi giorni passati insieme spero vi facciano ricordare che la ferrovia non è cosa morta, ma è viva a patto che noi la rendiamo viva. Trovarsi dentro a una bellissima struttura come la stazione di Conza-Andretta-Cairano, o in prossimità di miracoli di ingegneria come i ponti che attraversano questa tratta, sono cose che rinnovano lo stupore. In un mondo di agglomerati urbani di alta cementificazione e densità abitativa, il vuoto è il polmone di questo nostro territorio, un vuoto che va coltivato affinché non si trasformi in abbandono, una realtà che ci permette di respirare, di rifiatare, di immaginare”. Ora sarebbe davvero una beffa se una manifestazione che ha avuto il merito di riportare all’attualità un problema decisivo per questa fetta di territorio italiano (ma speriamo questa ferrovia rimanga in futuro spina dorsale dello “Sponz”), non fosse preso di nuovo in mano da associazioni, democratici sensibili, gruppi che sanno l’importanza decisiva che ha la ferrovia in un’Italia degradata e resa pericolosa da trasporti assurdi. Chissà, forse Pasolini l’aveva azzeccata quando parlò di “forza rivoluzionaria del passato”.

  281. 313 avellinorocchetta 21/09/2014 alle 11:55 am

    Il convegno
    L’Irpinia che cambia se stessa
    Al circolo della stampa, Info Irpinia festeggia il primo anno con tutti coloro che combattono per questa terra

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    «Dopo un anno, Info Irpinia ha riunito parte dell’Irpinia buona, di quell’Irpinia che vuole continuare ad essere Irpinia e che non si vuole svendere, a nessun livello».
    Niente come le parole d’esordio di Francesco Celli, presidente di Info Irpinia, può introdurre il convegno che oggi si è tenuto al Circolo della Stampa. Con “Un’altra idea di Irpinia”, Info Irpinia festeggia un anno, e raduna accanto a sé gli amici di sempre, i nuovi compagni delle sue battaglie e tutti gli irpini che per mentalità e per sentire pongono al primo posto nel cuore la difesa e la nuova organizzazione del patrimonio e del territorio della nostra provincia.

    Francesco si conferma una calamità naturale di persone e questo convegno ne è l’ennesima prova. In mostra l’Irpinia che si muove, si promuove, e si fa conoscere agli occhi della gente. A loro il presidente di Info Irpinia ha chiesto «Qual è la tua idea d’Irpinia?» e, nelle risposte varie ed articolate, noi l’abbiamo sintetizzata così.

    Franco Mazza (Ambiente e Salute, associazione che opera nella Valle del Sabato) : «L’Irpinia per cui mi batto è un’Irpinia che raccolga l’eredità dei nostri nonni, che noi abbiamo disperso. Quella di stare uniti perché si lavora un e per un territorio comune, che non può essere più sventrato da aziende che non lo rispettano»
    Giovanni Montesano (Comitato No Triv): « L’Irpinia per cui mi batto è un’Irpinia che si informa, si indigna e si mobilita e che sia padrona della sua transizione economica, dal petrolio con cui vogliono invaderci alle energie alternative di cui dobbiamo essere padroni perché sono sul nostro territorio».

    Pietro Mitrione (In_Loco_Motivi): «Mi batto pe un’Irpinia che sappia scusarsi per ciò che ha lasciato si suoi ultimi figli e che riscopra il valore del turismo e delle parole. La tratta Avellino Rocchetta non è “chiusa”, è soltanto “sospesa” per una decisione esterna ed illogica».

    Gerardo Carmine Gargiulo (cantautore): «L’Irpinia per cui mi batto è quella del sogno e dell’avventura, in cui anche chi è costretto a scappare conservi “l’Irpinità” e la fierezza di essere nato qui»
    Mattia Iuliano (Unione degli Studenti): «L’Irpinia che provo a costruire è un’Irpinia che abbia boglia di studiare per vivere il proprio territorio e capovolgere il proprio presente»

    Gianni Foschi: (presidente Pro Loco Avellino): «L’Irpinia per cui mi batto è un’Irpinia che faccia rete associativa e che renda i suoi prodotti, monete di scambio con le regioni circostanti, ovvero Puglia e Basilicata».

    Agostino della Gatta (Irpinia Turismo, Hirpus Event e Albergo Diffuso di Castel Vetere): «L’Irpinia per cui mi batto è l’Irpinia che si lega alle aziende che credono nel territorio, che valorizzi il proprio territorio e che apra le strutture chiuse anche solo per darle in gestione gratuita. LA gratuità è più vantaggiosa del pagare per niente»
    Marcello Giannotti (presidente oasi WWF Lago di Conza) «Mi batto per un’Irpinia che sappia vivere dell’indotto derivato dalla sua natura e che si converta all’educazione ambientale».

    Per nessuno di loro, quindi, può esistere un cambiamento senza un impegno (di tempo, di risorse e di sacrifici) in primissima persona, una lezione che da un anno Francesco Celli ed Info Irpinia portano in tutta la provincia, per cui fa bene lo stesso Celli a dire, nel suo intervento finale, «Non ci possono essere divisioni di sorta laddove si viaggia sui binari di un destino comune, quello di un futuro diverso e sostenibile. Non si può ad esempio, slegare la ferrovia Avellino-Rocchetta e l’integrazione ferro-gomma presente a Lioni dal turismo ecologico o dalle opportunità per i giovani».

    Unione, motivazione, partecipazione e comunità. Se queste sono le promesse, Info Irpinia merita centro di questi anni, in attesa dei prossimi traguardi da raggiungere insieme a tutta l’Irpinia buona.

  282. 316 avellinorocchetta 27/09/2014 alle 9:25 am

    Il rischio è di risultare paranoici però, per chi vive, studia o lavora nelle aree interne della regione, le parole dell’assessore ai Trasporti Sergio Vetrella suonano come una forma di accanimento nei confronti dei cittadini di serie B, quelli che hanno come unica colpa il fatto di risiedere nei Comuni delle province non costiere. “Ci vogliono circa 700 milioni di investimenti a detta di Rfi, e il traffico passeggeri non è elevato. Diamo preferenza al ferro dove c’è un elevato traffico passeggeri. Come Regione abbiamo l’obbligo di fornire servizi di trasporto pubblico dove c’è utenza” – ha dichiarato lunedì l’assessore nel corso di un colloquio con una delegazione del M5S, a proposito della riattivazione della storica linea ferroviaria Avellino-Rocchetta. E’ l’alibi dei numeri a giustificare ogni sua dichiarazione e successiva azione. Dietro i numeri, e i conti che non tornano, di un settore affossato da sprechi e gestioni poco oculate, si celano le scelte dell’assessore regionale da quando è alla guida dei Trasporti campani: in pochi anni taglio dopo taglio il risultato ottenuto da Vetrella è stata la cancellazione pressoché totale dell’Irpinia dalla geografia ferroviaria della regione. Detto in altri termini, in provincia di Avellino treni non ne circolano più: quasi tutto il traffico pubblico locale è dirottato su gomma.
    I numeri che l’Irpinia non ha, sono quelli che la vedono anno dopo anno spopolarsi, vittima di una desertificazione demografica senza soluzione di continuità. E’ noto anche agli irpini che la Avellino-Rocchetta, per cui da tempo si battono associazioni di cittadini ed ex ferrovieri, serviva a pochi già prima della sua chiusura nel 2010. Riscoperta e riportata mediaticamente alla ribalta dallo Sponz Fest di Vinicio Capossela nel mese di agosto, la tratta che unisce il capoluogo avellinese con Foggia attraversando la Valle dell’Ofanto, è più un prodotto per cultori del paesaggio e della bellezza, del turismo di nicchia e della mobilità dolce, che un servizio pubblico competitivo a disposizione delle masse. La sua riattivazione oggi non velocizzerebbe gli spostamenti dall’Alta Irpinia verso Avellino o Napoli, forse li intensificherebbe. Così come è evidente che la sua funzione di infrastruttura a servizio delle aree industriali dislocate lungo il tracciato può considerarsi archiviata da tempo, causa fallimento della stagione di industrializzazione pesante del post terremoto.
    I numeri, che l’Irpinia ha, sono quelli relativi al risparmio che la Regione Campania ha ottenuto a oltre tre anni dalla chiusura della linea: circa un milione di euro all’anno, cioè 80mila euro al mese, secondo le stime dell’associazione In Loco Motivi che sottolinea: “Un risparmio non decisivo e fondamentale per le casse dell’assessorato campano ai Trasporti che ormai viaggia verso il fallimento del TPL campano”. Altri numeri noti, sono quelli forniti nel 2012 dall’allora manager di Trenitalia Mauro Moretti all’europarlamentare Gianni Pittella: “Sarebbero necessari interventi sull’infrastruttura e sugli apparati per circa 60 milioni di euro cui andrebbero aggiunti quelli di gestione corrente della linea (personale, manutenzione ordinaria, connessi servizi)”. Sessanta, e non settecento.
    Nella capacità di instradare sugli stessi binari i numeri di Vetrella e quelli di chi si batte per la ferrovia si nasconde un’idea diversa e possibile di sviluppo, sostenibile e compatibile, per le aree interne. Capire verso quale direzione di progresso si vuole viaggiare e usare in modo intelligente e coraggioso le opportunità che vengono dall’Europa per sfruttare l’infrastruttura esistente evitando che si riduca a uno scempio ambientale, può essere utile a creare occasioni per ritornare o restare, può frenare lo spopolamento, può generare economia che porta altra economia, utenza che porta altra utenza, che pacifica storia e futuro, diritto alla mobilità e conti pubblici. Vetrella in questi quattro anni ha finto di non vederlo, chi si candida nel 2015 ad amministrare la Regione dovrebbe ragionarci sin da adesso.

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  283. 317 avellinorocchetta 27/09/2014 alle 9:28 am

    http://vimeo.com/106746642
    di Lorenzo Giroffi
    Le tratte ferroviarie segnano ancora l’identità di alcuni posti, soprattutto montani. La decisione di interrompere i servizi di trasporto su ferro, contraddice i diktat europei sui parametri di inquinamento da abbassare e di mobilità per tutte le popolazioni. Aree interne del continente ed in particolare dell’Italia progressivamente vedono sparire i loro collegamenti. In Irpinia dal 2010 è praticamente venuta a mancare la possibilità di salire a bordo di treni, per tagli istituzionali. L’interruzione del servizio si è registrata all’interno di una cornice di paradossi, con sperpero di denaro pubblico. Sono stati fatti investimenti quando le stazioni erano già state avviate verso la chiusura. Soldi in fibra ottica, torrette e segnaletiche mai utilizzate.
    I disagi per mobilità mancata hanno intensificato il traffico su strade di montagna, molte volte inadeguate a traffico a scorrimento veloce.
    Una delle spinte verso il riutilizzo della tratta ferroviaria viene da idee volte a funzionalità turistiche, con esempi concreti di realtà che sono riuscite a disegnare linee ferroviarie leggere.
    “I binari dell’abbandono” raccoglie interviste ad attori istituzionali, attivisti, giovani che non hanno mai visto passare treni, movimenti pronti a creare nuove sinergie, vecchi lavoratori ancora legati a tutto quello che offre un treno. Il tutto si svolge lungo i binari della tratta abbandonata.

  284. 318 avellinorocchetta 27/09/2014 alle 4:18 PM


    11 dic. 2010 – arrivo a Conza Andretta Cairano dell’ultimo treno Avellino-Rocchetta

  285. 319 avellinorocchetta 04/10/2014 alle 5:01 PM


    Un sincero grazie a VINICIO CAPOSSELA che continua a dare eco ed attenzione alla storica ferrovia Avellino-Rocchetta S.Antonio, sospesa dal mese di dicembre 2010. In questo video, un estratto dell’intervento di Vinicio Capossela ed un nostalgico racconto del ferroviere Gaetano Paradiso, nel pubblico incontro tenutosi alla stazione ferroviaria di Lioni ( agosto 2014 ) . Nella parte finale del filmato,un simpatico Capossela scherza con i diversi cappelli ed alcune immagini della tratta Avellino-Rocchetta S.A ,accompagnate da una canzone che, non a caso, ripete piu’ volte ” i treni lenti “.

  286. 322 avellinorocchetta 13/10/2014 alle 9:04 PM

    Partiti dalle ferrovie dimenticate, abbiamo
    viaggiato su quelle delle meraviglie e siamo
    arrivati al treno sognato dello Sponzfest di
    Calitri.
    Chissà per quale magico incrocio di binari la
    stazione di.Conza-Andretta-Cairano, chiusa
    dal 2010 anno in cui finirono i lavori di
    ristrutturazione post terremoto, è stata riaperta
    e ri-animata.
    Ci siamo arrivati un sabato sera tardi dopo
    esserci persi per 3 o forse 4 volte tra le strade
    senza indicazioni che le passano intorno,
    musica dal palco, gente sui binari, sul piazzale e
    miracolosamente la stazione non era più senza
    treni.
    Tutti in attesa del treno sognato.
    La linea Avellino-Rocchetta San Antonio
    è solo una delle centinaia di tratte italiane
    addormentate, vittime sacrificali del rito
    dell’alta velocità che viaggia su un unico asse
    centrale da nord verso sud.
    Purtroppo e per fortuna certi luoghi, in verità
    buona parte della nostra penisola, possono
    Conza vecchia, Parco archeologico
    “…un territorio ancestrale, forte, nella stagione
    in cui la terra si tinge di nero, quasi a espiare il
    lutto del grano appena mietuto.”
    Vinicio CaposselaStazione di Conza, Andretta, Cairano
    Morra de Santis, sagrato della piazza di San Rocco
    essere percorsi solo ad una velocità non alta, i
    tornanti, le salite, le strettoie, i ponti in ferro del
    secolo scorso che collegano luoghi e comunità
    si sono adagiati sul paesaggio seguendone la
    morfologia ed in tal modo preservandolo.
    Ai bordi della via ferrata centrale e veloce
    esistono una serie di nervature che per tanti
    anni hanno reso meno isolate tante aree minori.
    Sabato pomeriggio sul sagrato della chiesa
    di Morra de Santis la banda accompagnava
    le celebrazioni del Santo Patrono San Rocco,
    in quello spazio si è parlato di quando ancora
    i treni passavano e di come nel dopoguerra
    accompagnarono migliaia di migranti affamati
    al nord nelle industrie voraci.
    Una emorragia che ha isolato ancora di più
    queste terre, una fuga che nella stragrande
    maggioranza dei casi è stata senza ritorno. Poi
    il terremoto del 1980 dopo il quale è iniziato il
    lungo periodo della “ricostruzione” in cui tra
    l’altro si decise di abbandonare completamente
    il paese di Conza gravemente danneggiato dal
    sisma e di ricostruirne un altro più in basso,
    sistemando in orizzontale persone che da
    secoli erano vissute in verticale, costringendole
    all’amnesia dell’identità comunitaria,
    condannati allo spaesamento.Nonostante tutto ciò la ricchezza culturale di
    questo luogo è ancora ben vitale, per conoscerla
    si può iniziare da un pranzo domenicale in un
    ristorante di Calitri durante il quale si gustano
    tradizione e sapienza seduti ad un tavolo
    sistemato sotto delle logge imbiancate di calce e
    sorseggiando vino di uve cresciute sui pendii su
    cui si è affacciati.
    Sommando le diverse ricchezze di luoghi
    come questi si ottiene il bene più prezioso, la
    biodiversità, l’elemento cioè che rende l’Italia
    ciò che è, quello che ne definisce l’identità. Linee
    dismesse come quella di Rocchetta assumono
    oggi un ruolo determinante nella conservazione
    del patrimonio nazionale e le serate di concerti
    e performance come quelle dello SponzFest
    sono un esempio di riuso di stazioni dismesse
    che fa ben sperare.
    Massimo Bottini
    Presidente nazionale Co.Mo.Do.

  287. 324 avellinorocchetta 17/10/2014 alle 6:40 PM

    Percorrendo la ferrovia avellino rocchetta

  288. 325 avellinorocchetta 27/10/2014 alle 9:55 PM

    Le piccole ferrovie del sud chiudono mentre al nord arrivano finanziamenti a pioggia
    27.10.2014
    Oggi ricorre un compleanno importante per il sud. Difatti era il Il 27 Ottobre 1895 quando veniva inaugurata la tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio che collegava la città di Avellino alle zone interne dell’alta Irpinia, fino ad arrivare allo snodo principale di Rocchetta S.A crocevia tra Adriatico e Tirreno. A 119 anni dall’inaugurazione della tratta e a circa 4 dalla sua chiusura proviamo non si comprende come un piano reale delle infrastrutture per il mezzogiorno non tenga conto della rete ferrata che univa le aree interne. Una regola dei numeri che spesso non gratifica le piccole tratte ma che in questo caso era stata ridisegnata grazie alla presenza di diversi movimenti associativi, come ad esempio In_Locomotivi, che avevano trasformato la linea Rocchetta -Avellino in un itinerario turistico. In un sol colpo la politica ha tagliato e distrutto la storica tratta e le ambizioni e speranze di un progetto turistico che stava già dando buoni frutti. Oggi quindi festeggiamo un compleanno che non ha senso vista la mancanza di treni su quella tratta e lo facciamo mentre si sta consumando l’ennesima ingiustizia per il sud. È, diatti, di qualche giorno fa la notizia che sulle ferrovie il 98,8% di fondi va al Nord, mentre al Meridione restano solo le briciole. Sommando gli stanziamenti dello Sblocca Italia e quelli della legge di Stabilità, al Mezzogiorno è destinato il 19% dei nuovi finanziamenti complessivi e l’1,2% se si considerano soltanto quelli ferroviari. Un vero colpo gobbo che si rinnova di anno in anno a discapito del sud. Se non vogliamo guardare alle percentuali ma ai fatti, basti pensare che da Roma a Milano viaggiano dei treni supersonici, come il Frecciarossa 1000, capaci di raggiungere i 400 Km/h mentre da Napoli in giù, dove la ferrovia c’è, viaggiano treni di vecchia generazione a volte anche a diesel con velocità imbarazzanti e con servizi a dir poco da terzo mondo. La rete, inoltre, è tra le più obsolete del Paese e da qualche tempo si risparmia anche sulle fermate, chiudendo in massa le stazioni che per anni hanno contrastato l’isolamento delle aree interne. Una vero piano Salva Italia del Nord e distruggi Sud, che ha come unico obiettivo quello di peggiorare le cose per giustificare tagli e riorganizzazioni. Nella pratica si continua a creare disservizi per invogliare gli utenti a fare altre scelte così da ottenere numeri risicati sulle tratte e di conseguenza terminare l’opera con un bel pacchetto di provvedimenti di chiusura o sospensione. Davanti a questa realtà possiamo solo augura un buon compleanno all’Avellino – Rocchetta, sapendo già che lo stato comatoso in cui versa è causato da chi ha come unico obiettivo quello di distruggere. Un augurio che rivolgiamo anche a tutti quei volti della politica che prima o poi inesorabilmente saranno vittime del destino e come per la storica tratta, saranno messi da parte per fare spazio ad un marciume di interessi che portano acqua ai mulini del centro- nord

  289. 326 avellinorocchetta 04/11/2014 alle 8:54 PM

    Ancora una volta proviamo a svolgere una funzione di stimolo per recuperare ritardi consistenti e silenzi assordanti circa il problema del trasporto pubblico in Campania e più particolarmente in Irpinia.
    E’ possibile che un infrastruttura ferroviaria si abbandoni ad uno scandaloso stato di degrado quando invece potrebbe essere un importante vettore per lo sviluppo delle aree interne? Senza voler scomodare gli altri paesi europei, basta ricordare che in altre zone d’Italia si sta investendo nel recupero di ferrovie secondarie che possono avere una alta valenza turistica e di raccordo per aree interne o decentrate del nostro Paese. Eppure la nostra ferrovia non è caratterizzata solo da un’elevata valenza paesaggistica ma potrebbe svolgere un ruolo di supporto anche nella rete molto deficitaria dei trasporti della nostra regione. In questi giorni si è discusso molto sul ruolo dell’autostazione collocata nella città di Avellino; un scandalo di pari importanza è rappresentato dall’autostazione costruita a Lioni, in pieno centro ed a soli 50 metri dalla stazione ferroviaria, mai messa in funzione. Ebbene questa autostazione avrebbe consentito di realizzare l’integrazione ferro-gomma ottenendo come risultato anche un alleggerimento del traffico che ormai satura da anni l’Ofantina con conseguenze purtroppo troppo spesso nefaste. Inoltre l’utilizzo di questa ferrovia, e di altre che nella nostra provincia sono sottoutilizzate, permetterebbe di costruire un reticolo di collegamenti tale da potersi agganciare alle future reti Alta Velocità ed Alta Capacità che verranno realizzate consentendo anche alle zone più distanti di trarne vantaggio.
    Per questi motivi abbiamo scritto questa richiesta / appello affinché non si getti alle ortiche un patrimonio infrastrutturale costruito con tanti sacrifici dai nostri padri ed anzi poterne trarre beneficio per i nostri territori.

    Presidenza del Consiglio dei Ministri
    Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
    Viceministro delle Infrastrutture e Trasporti
    Sottosegretario Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
    Ministro per gli Affari Regionali
    Camera dei Deputati
    on. D’Agostino Angelo Antonio
    on. De Mita Giuseppe
    on. Famiglietti Luigi
    on. Giordano Giancarlo
    on. Paris Valentina
    on. Sibilia Carlo
    Senato della Repubblica
    sen. Sibilia Cosimo
    Regione Campania
    Presidente della Giunta Regionale della Campania
    Assessore con delega al Turismo
    Consiglio Regionale della Campania
    Parlamento Europeo
    on. Adinolfi Isabella
    on. Aiuto Daniela
    on. Caputo Nicola
    on. Cozzolino Andrea
    on. Ferrara Laura
    on. Martusciello Fulvio
    on. Paolucci Massimo
    on. Patriciello Aldo
    on. Pedicini Piernicola
    on. Picierno Pina
    on. Pittella Gianni
    Parlamento Europeo – PETI – Commissione per le Petizioni
    TRAN – Commissione Trasporti e Turismo
    REGI – Commissione sviluppo regionale
    Commissione Europea
    Direzione Generale Mobilità e Trasporti
    Presidente della Provincia di Avellino
    Sindaci dei Comuni interessati
    Ministero delle Infrastrutture e Trasporti
    Direzione Generale per il Trasporto ferroviario
    Direzione Generale per il trasporto pubblico locale
    Direzione Generale per le Infrastrutture ferroviarie e per l’interoperabilità
    Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane
    FSI – Amministratore Delegato
    FSI – Direzione Centrale Strategie e Pianificazione
    RFI – Amministratore Delegato
    RFI – Direzione Pianificazione Strategica
    RFI – Direzione Produzione
    Fondazione FS – Presidente
    Fondazione FS – Direttore
    Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie
    Soprintendenza ai Beni Culturali di Avellino e Salerno
    Ente per il Turismo della Provincia di Avellino
    Organizzazioni sindacali dei lavoratori
    Confindustria Avellino
    Confcommercio Avellino
    CO.MO.DO. – Confederazione per la Mobilità Sostenibile
    Organi di stampa
    OGGETTO: Manutenzione ordinaria delle linee ferroviarie sospese al traffico passeggeri
    Linea ferroviaria Avellino-Rocchetta S.A.
    L’associazione InLocoMotivi con sede in Avellino, componente della Confederazione Mobilità Dolce (CO.MO.DO.), da tempo impegnata nella difesa del trasporto pubblico locale e nella salvaguardia del patrimonio ferroviario sostenendone un suo utilizzo produttivo;
    TENUTO CONTO
    che a partire dal Dicembre 2010 il traffico passeggeri è cessato (tecnicamente “sospeso”) sulla ferrovia Avellino-Rocchetta che collega Avellino con le zone interne dell’Irpinia;
    che si tratta di un’infrastruttura di notevole importanza in quanto attraversa tutta la zona interessata dal sisma del 1980 ed ha soprattutto una notevole valenza non solo trasportistica ma anche turistica e paesaggistica. Questa tratta è interamente collocata all’interno di un corridoio ecologico, che si sviluppa su un tracciato circondato da contesti ambientali di notevole bellezza tra cui la zona del famoso vino “Taurasi” e i fiumi Ofanto e Calore che danno l’acqua alla Regione Campania;
    che è stato deciso da Rete Ferroviaria Italiana (RFI spa) di rimuovere strutture ed apparati del sistema GSM-R sulla linea Avellino-Rocchetta con nota RFI/DAC/0000485;
    CONSIDERATO
    che la tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta attraversa ben 7 nuclei industriali di cui uno già interamente raccordato alla ferrovia stessa;
    che la tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta è interessata da un progetto “Le vie del vino tra i castelli dell’Irpinia verde” più volte presentato alla Regione Campania ed inizialmente finanziato parzialmente dai fondi PAIn;
    che nel PTCP della Provincia di Avellino, approvato dalla Regione Campania, è previsto uno studio di fattibilità sulle opzioni di recupero della tratta ed suo utilizzo come vettore ferroviario anche a fini turistici;
    che è in discussione alla Camera dei Deputati una proposta di legge, N° 1640, con l’obiettivo di recuperare l’utilizzo di tali linee ferroviarie minori anche per scopi turistici e per la cosiddetta “mobilità dolce”,
    che la manutenzione ed il mantenimento in efficienza delle linee rientri negli obblighi di RFI spa, quale concessionario della rete ferroviaria nazionale secondo il DM 138T/2000 e successive modifiche ed integrazioni;
    che il provvedimento di rimozione della rete GSM-R sia in palese contrasto con gli obblighi di manutenzione delle linee ferroviarie;
    che la tratta Avellino-Rocchetta è stata percorsa fino al Dicembre 2010 non solo dai servizi minimi di trasporto ma anche da treni turistici autonomamente organizzati dalle associazioni operanti sul territorio;
    che per quanto sopra risulta fattibile la possibilità di un ripristino dell’esercizio ferroviario sulla linea in tempi brevi;
    che la mancata manutenzione costituisce un pretesto per poter depositare fraudolentemente materiale inquinante, come ad esempio fusti contenenti liquidi di dubbia provenienza, lastre di eternit, etc;
    RITENUTO PRIORITARIO
    che non siano abbandonate queste preziose risorse infrastrutturali, ereditate in virtù dei sacrifici delle generazioni che ci hanno preceduto;
    che non vengano pregiudicate le possibilità di utilizzo della linea ferroviaria come mezzo di trasporto sostenibile sia di merci che di persone anche in considerazione delle possibilità di integrazione ferro/gomma presso la stazione di Lioni nelle cui prossimità è stata costruita una autostazione ad oggi inutilizzata;
    CHIEDE
    di garantire la manutenzione ordinaria delle linee con traffico passeggeri sospeso, onde non pregiudicare definitivamente le possibilità di ripristino dell’esercizio ferroviario, sia a servizio delle comunità locali, sia quale strumento di valorizzazione dell’escursionismo compatibile con la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale italiano.
    associazione InLocoMotivi
    c/o dott. Pietro Mitrione
    via U. Nobile, 17
    83100 Avellino

  290. 327 avellinorocchetta 04/11/2014 alle 9:42 PM


    L’impegno di Vinicio Capossela per salvare la ferrovia Avellino Rocchetta

  291. 328 avellinorocchetta 23/11/2014 alle 8:59 PM

    http://www.youreporter.it/video_LIONI_23_NOVEMBRE_2014_-_I_FERROVIERI_NON_DIMENTICANO
    34 anni dal terrificante terremoto del 1980.

    Il tempo sta offuscando questa triste data. Lo spopolamento dei paesi del cratere sembra voglia portare via con se anche questo tragico ricordo.
    Eppure tante cose parlano ancora di questo dramma che colpì le zone più povere della Campania. I nuclei industriali costruiti ed abbandonati sono la testimonianza del fallimento avvenuto. Eppure intorno a quella tragedia la solidarietà nazionale fu tangibile. Fu, forse, l’ultimo vero atto di coesione nazionale.
    Restano i lutti… quelli non si cancellano. Per quelle migliaia di persone che perirono la sera del 23 novembre del 1980 ci sovviene il loro ricordo che ci sprona a credere che un futuro migliore sia ancora possibile.
    Il nostro territorio non può essere violentato da progetti che vedono nelle trivellazioni petrolifere opportunità economica. Il nostro petrolio è la ricchezza di acqua che sgorga dalla terra d’Irpinia e che consente a milioni di persone di potersi rifornire di questo bene essenziale e niente e nessuno deve attentare a questa sua funzione.
    Le nostre aree sono caratterizzate da un assoluto valore paesaggistico in cui la bellezza del territorio si combina all’unicità della produzione legata all’enogastronomica: da queste considerazioni deve ripartire ogni idea di sviluppo per la nostra Irpinia, il modo migliore per onorare le vittime del terremoto dell’80.
    L’associazione in_loco_motivi ricorderà questa triste ricorrenza deponendo una corona di fiori accanto alla lapide, situata nel piazzale antistante la stazione ferroviaria di Lioni, dedicata ai ferrovieri e alle tante persone che morirono in quella tragica sera.
    Ci ritroveremo alle ore 10,30 di domenica 23 novembre davanti alla stazione di Lioni, sarà anche l’occasione per discutere della situazione in cui versa la ferrovia Avellino-Rocchetta, abbandonata e dimenticata da circa 4 anni, uno dei tanti scippi che sta subendo sistematicamente e silenziosamente la nostra Irpinia.

  292. 329 avellinorocchetta 26/11/2014 alle 5:26 PM

    Non è solo nostalgia……………..

  293. 330 avellinorocchetta 27/11/2014 alle 11:03 PM

    IN RICORDO DEL 34 ° DEL SISMA DELL’80

  294. 331 avellinorocchetta 09/12/2014 alle 10:11 PM

    Caro assessore Sergio Vetrella e caro CALDORO Stefano – Presidente della REGIONE CAMPANIAggi sono circa 4 anni dalla chiusura della tratta ferroviaria Avellino Lioni Rocchetta: la FERROVIA DEI PICCOLI PAESI. Il risparmio per la regione Campania è stato di circa un milione all’anno cioè 80mila euro al mese. Un risparmio non credo decisivo e
    fondamentale per le casse del suo assessorato!!! Qui ad Avellino a chi confutava i suoi “conti” l’assessore disse: fate schifo! Venite a vedere com’è ridotta la ferrovia Avellino Rocchetta, valutate la situazione del trasporto in Campania e traetene le conclusioni……………
    Avete ridotto la ferrovia Avellino Rocchetta ad un ammasso di rottami ed a rischio discarica a cielo aperto, mentre con poca spesa sarebbe possibile recuperarla a nuova vita, altro che 700milioni di euro..
    Fin quanto mi sarà possibile, anche a costo di apparire paranoico, ve lo ripeterò ogni giorno: l’Irpinia è stata cancellata dalla geografia ferroviaria italiana e voi ne siete i principali responsabili!!!!!!!!!!!!!
    Pensate di risolvere i guai dei trasporti in Campania chiudendo:
    la funicolare di Montevergine,
    la funivia del Laceno,
    la ferrovia Avellino Rocchetta,
    i collegamenti ferroviari con Napoli, Benevento e Salerno,
    il trasporto locale su ferro da Benevento a Foggia, isolando completamente la città di Ariano irpino…………..
    Questo è quanto avete combinato per l’Irpinia…………mentre noi conduciamo una battaglia per il ripristino delle ferrovie “dimenticate”, qualcuno lavora per cancellarle definitivamente. Anche lo scempio che sta avvenendo sulla nostra ferrovia è colpa delle vostre decisioni.
    Fortunatamente il 2015 non è lontano…….. caro assessore oggi Lei si lamenta per i tagli che il Governo centrale propone per le Regioni ed usa un linguaggio che a noi delle associazioni è musica. Sono le stesse che in questi anni le abbiamo più volte rivolte a lei fra i suoi sorrisini, battute e ironie. Lei il massacro del TPL in Campania lo ha compiuto, adesso mettete mano agli sprechi che la Regione Campania perpreta quotidianamente. Utilizzi la stessa “cattiveria” che ha usata nei confronti del trasporto pubblico, in particolare nelle zone interne, vedrà che ci riuscirà!
    Noi continueremo la battaglia per far uscire dal degrado in cui versa la ferrovia Avellino Rocchetta con la forza che viene dalle proposte di Calitri Sponz Fest , la manifestazione voluta da VINICIO CAPOSSELA
    Anche la devastazione della stazione di Lioni è nel conto…
    La ferrovia dei piccoli paese deve essere ripristinata!
    …….quello che non fece il terremoto dell’80, lo ha fatto lei, caro assessore Sergio Vetrella: far morire la ferrovia Avellino Rocchetta!
    E continuate a parlare di realizzazione di impianti, di interventi infrastrutturali di linee ferroviarie di interesse regionale e di altri sistemi di trasporto pubblico.
    Sicuramente non state parlando della nostra Irpinia….

  295. 332 avellinorocchetta 09/12/2014 alle 10:13 PM

    La storica ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio è vincolata! Non è esatto! Ciò che è esatto è che la ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio ha iniziato l’iter di bene dichiarato di interesse architettonico e paesaggistico. Questa è una buona notizia. Ma cosa significa davvero? La ferrovia è un insieme di elementi: stazioni, ponti, binari come elementi materiali, storia dell’architettura, dell’ingegneria, storia del paesaggio, storia di popoli come elementi “immateriali”, intangibili si direbbe oggi.
    E’ per questi motivi che questa ferrovia è stata ritenuta degna di far parte di quell’alveo di cose che definiamo “monumenti” nel senso stretto della parola, ovvero dal latino mŏnĕo, informare, ricordare. Ricordare la storia, ricordare come si costruiva e mantenere i tratti caratteristici del nostro territorio, quelli che costituiscono, formano e disegnano il nostro paesaggio, come lo conosciamo oggi. Una ferrovia con i suoi ponti, le stazioni, la scia di binari che segue pendici e valli, disegna e si amalgama con il territorio, in questo caso lo “rispetta”.
    Questa infrastruttura, figlia dell’ottocento ingegneristico ha lottato con la forza di valli e montagne per raggiungere paesi altrimenti non raggiungibili, porta con sé la storia di lotte territoriali e anche di errori, di conquiste e di sbagli. I suoi elementi, tipiche costruzioni ottocentesche e in alcuni casi avanguardistiche realizzazioni di ingegneria dei trasporti, si fondono col territorio diventando tutt’uno con esso.
    Cosa significa, materialmente, apporre all’Avellino-Rocchetta il vincolo monumentale? Non significa imbalsamarla e non significa fermarla, significa invece tutelare alcuni elementi e caratteristiche del bene architettonico e del paesaggio, significa proteggerli perché si ritiene che siano così importanti da essere degne di diventare patrimonio ed eredità per le generazioni future.
    A chi controbatte che in tal modo si possa fermare il progresso e non si permetta nuova e più veloce linea di trasporto, rispondo che nessuna nuova linea di trasporto, ragionevolmente, avrebbe lo stesso disegno di quella traccia di binari ma rispondo anche che il vincolo, o meglio la dichiarazione di interesse storico, architettonico e paesaggistico non bloccherà, non deve bloccarne, l’uso compatibile con le sue caratteristiche, dunque l’uso come linea di trasporto passeggeri non sarà interdetto, l’uso delle stazioni non sarà impedito in egual modo.
    Si avrà solo la sensibilità di operare sul quel bene col rispetto per la sua storia e le sue peculiarità, le sue caratteristiche architettoniche. Se questo iter si concludesse con successo, la tutela di questa linea ferroviaria sarebbe la prima in Italia, sarebbe un prototipo e per noi una vittoria, ma non basta, al contrario diventerebbe deleteria, così come l’abbandono, se a questa non seguissero processi reali di interesse, riuso e sviluppo, per essa come per tutti i beni dichiarati di interesse culturale in Italia.
    Un patrimonio ricco e di tal pregio senza una politica che sappia valorizzarlo diventa inutile. L’interesse per un monumento sta nella “cura”; appunto nella “tutela” dello stesso e non nella semplice apposizione di un vincolo. Quindi siamo orgogliosi, lo sono in prima persona, di aver partecipato, piuttosto direi innescato, questo processo di valorizzazione, un processo in cui, e capita davvero di rado, il tandem Ricerca universitaria – Soprintendenza ha lavorato e continua a lavorare simbioticamente. Un lavoro non semplice, portato avanti in maniera estremamente professionale dai tecnici della Soprintendenza di Avellino e dal dipartimento di Restauro dell’Università di Napoli “Federico II”.
    Ma questo è solo l’inizio, inizio dell’iter di tutela ma anche l’inizio di una nuova visione che non può prescindere da una nuova politica di valorizzazione del bene. È necessario che la comunità capisca e si riappropri del bene sapendo che da esso può venirne un arricchimento per sé e per le generazioni future, un arricchimento per il territorio, per l’economia di quest’ultimo e dunque per il benessere delle popolazioni che quel territorio lo vivono e lo vivranno. Bisogna che la ferrovia rientri a far parte della progettualità territoriale, oggi più che mai. E la progettualità esige idee che sia nel lungo che nel breve periodo possano mantenere e tutelare quel bene.
    Il progetto, ambizioso senz’altro, di riaprire la ferrovia è, ovviamente, quello che si spera di realizzare ma finché non saremo in grado, per disponibilità di capitali o per impedimenti burocratici, di attuarlo, bisognerà trovare strategie intermedie che permettano di non lasciare gli elementi della ferrovia in un’obsolescenza senza ritorno.
    E allora, stazioni e tratti ferroviari, nel rispetto degli elementi caratteristici, vanno utilizzati con funzioni compatibili. Penso all’uso delle stazioni che anche di recente RFI ha ricordato di poter dare in gestione, così come è stato fatto durante l’ultima manifestazione calitrana, con Vinicio Capossela, così può essere ripetuto, magari con un uso più costante di un semplice festival annuale.
    È vero anche che spesso le stazioni hanno posizioni geografiche non facili, per questo motivo serve un progetto forse più ampio che includa più di un comune, che metta assieme più parti del territorio, che coinvolga più enti; la collaborazione e la partecipazione sono l’essenza di una progettualità sana e finalizzata al bene comune e allo sviluppo collettivo.
    Allora, lavorare alla tutela della Ferrovia Avellino-Rocchetta S.A. significa sentire la responsabilità di non lasciare che un’eredità così preziosa venga persa, significa pensare e realizzare tutte quelle idee, grandi e piccole, che siano in grado di tenerla viva, di manutenere le sue strutture. Significa permettere che questo avvenga, facilitando la messa in pratica della moltitudine di idee che il territorio irpino è costantemente in grado di fornire. Questo è ciò che il “vincolo” in barba al suo significato più stretto, vorrebbe fare.
    Valentina Corvigno

  296. 333 avellinorocchetta 25/01/2015 alle 10:06 am

    Vetrella e la ferrovia irpina: un sogno o una beffa?

    In una intervista ad un giornale online irpino, l’assessore regionale ai Trasporti, Sergio Vetrella, ha dichiarato che per risolvere il problema trasporti in Irpinia è necessario investire nel potenziamento del trasporto su ferro e che l’amministrazione regionale ha in mente la possibilità di investire nella linea ferroviaria irpina sfruttando la prossima programmazione di fondi europei.
    No, non stiamo sognando: basta fare una ricerca su Internet e trovare queste dichiarazioni. Siamo sicuri che non si tratti solo di dichiarazioni ad uso elettorale dopo che in 5 anni i problemi di trasporto dell’Irpinia sono stati trascurati ed anzi sono stati aggravati proprio grazie alla Regione Campania?

    Ebbene questo Sergio Vetrella è lo stesso che si è reso artefice del completo taglio dei collegamenti tra Benevento ed Avellino e tra Avellino e Salerno che aveva costretto alla chiusura della stazione di Avellino, riaperta poi solo part-time dopo le proteste dei cittadini che hanno costretto la Regione Campania ad un rapido dietrofront; inoltre ha determinato la cancellazione dei collegamenti Avellino – Napoli ed Avellino – Roma, di tutti i collegamenti locali tra Benevento e Foggia per finire con la “sospensione” della linea Avellino-Rocchetta Sant’Antonio con sostanziale risultato di cancellare l’Irpinia dalla geografia ferroviaria italiana.

    Nel corso dell’intervista l’assessore ha citato un possibile intervento infrastrutturale, non meglio definito, tra Avellino e Benevento senza fornire ulteriori dettagli. Vetrella dimentica di evidenziare però che vista la posizione occupata da Avellino e vista la distribuzione nella provincia della popolazione irpina sono necessari interventi che guardino verso più direttrici: verso Napoli, verso Salerno e verso l’Alta Irpinia. Proprio il tratto tra Benevento ed Avellino è quello in cui si registra la più alta convenienza del treno rispetto alla gomma, eppure proprio a seguito delle determinazioni di Vetrella, diverse relazioni su ferro hanno dovuto lasciare spazio alla gomma.

    Più volte dalla nostra associazione sono state avanzate delle proposte che mirassero a ridare dignità al trasporto su ferro nei nostri territori ed a risolvere situazioni di perenne isolamento dalle realtà che contano.
    Ad esempio, in relazione alla linea Benevento – Avellino – Salerno abbiamo più volte proposto che si desse un forte impulso alla costruzione del raccordo ferroviario con l’Università di Salerno e quindi alla conseguente rettifica del tracciato tra Borgo e Solofra ed elettrificazione dell’intero percorso oltre alla possibilità di creare nuove fermate laddove la ferrovia attraversa centri urbani o industriali.
    Numerose proposte che vanno nella direzione di creare una vera e propria Metropolitana Regionale, idea di cui si è parlato già da anni ma a cui non è stato mai dato seguito. Inoltre questo consentirebbe alla stazione di Avellino di diventare baricentrica tra le direttrici nazionali Roma-Napoli-Bari e Salerno – Milano.
    Ebbene, tutte le volte che abbiamo portato queste proposte all’attenzione di Vetrella, ci è stato risposto che non era scritto da nessuna parte che l’Irpinia dovesse essere servita da relazioni ferroviarie e che quanto proposto rappresentava uno spreco.
    Apprendiamo oggi che l’assessore ha cambiato idea, peccato che fin dal suo insediamento nella Giunta Regionale ha compiuto atti in senso diametralmente opposto a quello del potenziare il trasporto su ferro. Sarebbe un giusto riconoscimento ad una città, ad un quartiere ed ad una popolazione che sta pagando le scelte tragiche fatte 30 anni fa di localizzare nell’area industriale di Pianodardine l’Isochimica la fabbrica del veleno costituto dall’amianto che veniva coibentato dalle carrozze ferroviarie, nella prima fase, anche nella stazione ferroviaria di Avellino a cielo aperto. Una inversione di tendenza che finalmente può far completare il raccordo ferroviario a servizio della FMA e di tutto il nucleo industriale di Pianodardine e di una giusta collocazione dell’asse ferroviario Avellino Lioni Rocchetta nella progettualità del programma per le aree interne della Campania.

    Eppure basterebbe poco per invertire la rotta, a cominciare da ripristino dei treni tra Avellino e Napoli: oggi sarebbe possibile raggiungere la città partenopea in 75 minuti fornendo una soluzione di trasporto importante non solo per Avellino ma anche per l’area del serinese, solofrano, montorese; una possibilità resa ancora più interessante dal prolungamento della Linea 2 di Napoli fino a S. Giovanni – Barra.

    Nonostante tutto, ancora una volta vogliamo lasciare da parte le polemiche e ragionare in modo costruttivo. Per questo motivo nei prossimi giorni invieremo all’assessore delle proposte, corredate di tutti i dettagli tecnici, sull’istituzione di alcune relazioni ferroviarie, attuabili nell’immediato così da mettere subito alla prova la sua volontà di invertire rotta sul trasporto su ferro in Irpinia anche in funzione dell’utilizzo di specifici fondi europei pregressi e futuri in dotazione alla Regione Campania.
    Un primo segnale positivo sarebbe la sospensione di tutte le corse autosostitutive attualmente esercitate ed il ripristino delle relazioni su ferro……in fin dei conti Vetrella sembra pensarla come noi, chi l’avrebbe detto!

  297. 334 avellinorocchetta 25/01/2015 alle 10:08 am

    Questo anno che va a finire ci consegna un elenco di notizie tinteggiate da colori di poche luci che si perdono fra quelli delle tante ombre che rendono la nostra Irpinia sempre più isolata dalle gerarchie territoriali che contano. Sembra ormai che l’ambientarsi a questi livelli di basso spessore di vita civile sia un inesorabile destino cui abituarsi. La lotta di alcuni anni fa per mantenimento dell’ospedale di Bisaccia fu, a mio avviso, lo spartiacque di questo declino, fu una sconfitta per tutta la popolazione dell’alta Irpinia. Si trattò di una battaglia persa dalla quale difficilmente ci si potrà riprendere perché fu una vera e propria lotta di popolo per la civiltà ed il progresso. L’ospedale era il simbolo della presenza di uno Stato con la s maiuscola in una zona lontana dalle luci della città situato in quella parte della regione Campania che in questi anni si è comportata da matrigna nei suoi confronti e non può bastare una visita lampo, come quella effettuata dal capo del governo, Matteo Renzi, a Morra de Sanctis, per esorcizzare queste problematiche. L’elenco degli scippi subiti dall’Alta Irpinia sarebbe lungo ma nonostante la gravità della situazione socio-economico della nostra provincia occorre guardare avanti e riferirsi a quelle poche cose buone verificatesi proprio alla fine del 2014. Mi riferisco a due fatti in particolare: la prossima riapertura dell’IRISBUS a Grottaminarda e la conclusione dell’iter legislativo per la costruzione della linea ad ALTA CAPACITA’ fra (Roma)Napoli/Bari. Si tratta di due battaglie vinte contro chi immaginava un destino diverso per la loro realizzazione. Entrambe sono state vinte dalla caparbietà di quei pochi che avevano visto giusto. L’IRISBUS riaprirà agli inizi del 2015 e speriamo possa contribuire al miglioramento delle condizioni da terzo mondo in cui versa il parco bus del trasporto pubblico locale in Italia: migliaia e migliaia di autobus obsoleti che attualmente circolano in Italia dovranno essere rottamati. Un colossale affare che potrà garantire lavoro e benessere a tanti lavoratori che con la loro professionalità avevano consentito a “mamma FIAT” di acquisire importanti fette di mercato per la vendita dei bus prodotti in Valle Ufita e che vigliaccamente aveva deciso di spostarne la produzione in Francia. Una eccellenza italiana che resta in Italia grazie alla lotta condotta, molte volte in solitudine, da una avanguardia di operai dell’ex IRISBUS e ai quali va la riconoscenza degli irpini. L’altra è la definizione legislativa del percorso che effettuerà la linea ferroviaria ad Alta Capacità (Roma) Napoli-Bari. Finalmente dopo tante ambiguità e furberie “napolicentristiche” il tracciato attraverserà la valle Ufita con la costruzione della stazione Irpinia in questo territorio. In questi anni di dura contrapposizione è sembrato di udire il monito di Francesco de Sanctis scritto nel suo famoso “VIAGGIO ELETTORALE” allorquando in Irpinia si cominciava a pensare alla costruzione della linea ferroviaria Avellino Rocchetta: “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli. L’industria, il commercio, l’agricoltura saranno i motori di questa trasformazione. VEDREMO MIRACOLI.”. Come allora, fatte le debite proporzioni di quando si immaginava la costruzione della ferrovia ofantina e della sua valenza nazionale, stiamo parlando di una opportunità storica per la nostra Irpinia. In tanti hanno esultato in questi giorni, compresi quelli che avevano lavorato palesemente per sabotare questa realizzazione. Addirittura qualche giorno fa ad un convegno indetto per discutere delle decisioni adottate dal Governo per questa infrastruttura erano presenti Stefano Caldoro, presidente della regione Campania, e Sergio Vetrella, assessore regionale ai trasporti della Campania, i principali responsabili del tentato “scippo” contro l’Irpinia. Gli stessi, in pratica, che hanno cancellato la nostra Provincia dalla geografia ferroviaria italiana. Dal 2010 il nostro territorio è stata falcidiato da tagli al TPL ed in particolare alle corse ferroviarie. Avellino è l’unica città della Campania a non avere più un collegamento diretto con il capoluogo della regione, addirittura la stazione ferroviaria di Avellino fu letteralmente chiusa per alcuni mesi …. altro che integrazione ferro/gomma stiamo parlando di distruzione ferroviaria.
    La realizzazione del raccordo della ferrovia all’Università di Salerno, che comporterebbe la diminuzione di circa 3000 auto al giorno e la movimentazione di più di 8000 persone quotidianamente, secondo studi condotti dall’Università di Fisciano, la conseguente e necessaria rettifica ed elettrificazione della Benevento-Avellino-Salerno e il ripristino della ferrovia Avellino- Rocchetta, almeno fino a Lioni nella prima fase, dove accanto alla stazione ferroviaria è stata costruita una moderna autostazione, sono le proposte per poter avanzare una prima ipotesi di (ri)costruzione di un sistema di trasporto basato sulla integrazione ferro/gomma. L’attesa della realizzazione dell’Alta Capacità non può fare astrazione delle negatività che si riscontrano nel campo del trasporto pubblico, non è concepibile far morire l’esistente sistema ferroviario irpino. Spetta alle amministrazioni locali, alle istituzioni ed al movimento sindacale essere capaci di elaborare idee per la rivitalizzazione delle aree interne della Campania. Occorrono idee da trasformare da subito in progetti perché non si può aspettare il completamento dell’Alta capacità assistendo allo smantellamento ed alla cancellazione dalla geografia ferroviaria del trasporto ferroviario in Irpinia. L’opportunità può venire dalla elaborazione del Progetto Pilota per le aree interne se sapremo mettere da parte i campanilismi che tanto hanno nociuto alle nostre comunità, ma soprattutto se la città di Avellino saprà esercitare davvero il suo ruolo di capoluogo.
    Intanto si registrano, purtroppo, solo silenzi e poche idee.

  298. 335 avellinorocchetta 25/01/2015 alle 10:11 am


    un amore per sempre…………..

  299. 337 avellinorocchetta 09/03/2015 alle 6:23 PM

    ………il nostro sogno comune: il treno!
    httpa//youtu.be/1O7YYibCukg:::http://youtu.be/1O7YYi_Cukg

  300. 338 avellinorocchetta 10/03/2015 alle 4:51 PM

    Sono stati in centinaia ad affollare la piccola stazione di San Tommaso del Piano fra Calitri e Monticchio nella Giornata delle Ferrovie dimenticate, perché i riflettori non si spengano sulla battaglia per l’Avellino Rocchetta. Un’iniziativa promossa su tutto il territorio nazionale da Co.mo.do-Confederazione per la mobilità dolce, in collaborazione con In_loco_motivi, Irpinia Turismo, Donne per il sociale di Calitri e Touring Club. Testimonial d’eccezione dell’iniziativa Vinicio Capossela, cantautore che da tempo ha sposato la battaglia per restituire alla comunità la storica linea ferroviaria dismessa dal dicembre 2010. A lui Pietro Mitrione di In_loco_motivi ha consegnato un gagliardetto raffigurante Franceschina la Calitrana, protagonista di una ballata resa popolare dallo stesso artista irpino. E proprio le note della canzone hanno scandito la giornata in quella che è diventata l’occasione per celebrare la festa dell’8 marzo, a partire dalle donne che hanno segnato la storia della ferrovia e del territorio irpino. Ma Mitrione ha voluto ricordare anche gli uomini che hanno reso possibile negli anni quel progetto, ferrovieri e operai che hanno consegnato un piccolo sogno alla comunità. A portare la propria solidarietà alla battaglia per l’Avellino Rocchetta anche una delegazione delle mamme di Borgo Ferrovia, che portano avanti un’altra lotta, quella per difendere i propri figli dal rischio amianto, a ribadire l’importanza dell’unità dei territori perché le battaglie possano essere vinte. Tanti momenti musicali della Giornata, che è stata insieme una festa e una mobilitazione, con la preziosa presenza dei Makardia. Lo ha ribadito lo stesso Vinicio Capossela, nel presentare il suo libro in via di pubblicazione “Il paese dei coppoloni” che rievoca i luoghi dell’infanzia, a partire dalle suggestioni di Calitri scalo. “La ferrovia, inaugurata all’indomani dell’unità, – ha spiegato Capossela – ha segnato con forza la mia infanzia e ancora oggi resta un’opportunità di valorizzazione del territorio. La ricchezza d’Irpinia è proprio nei suoi paesaggi, in questo cielo speciale che deve essere riempito di musica e poesia, di occasioni come queste in cui la gente può ritrovarsi per godere delle bellezze locali. La mobilitazione popolare si fa spesso portavoce di istanze forti, in grado di scalare le montagne. Ecco perché la politica non può non tenerne conto. Ecco perché battaglie come queste sono importanti per difendere l’identità d’Irpinia”. (lu.di.mi.)

  301. 339 avellinorocchetta 10/03/2015 alle 4:52 PM

    Difendere il diritto alla mobilità, sancito dalla Costituzione, ribadire il ruolo che la linea ferroviaria Avellino-Rocchetta può svolgere sul territorio, favorendone lo sviluppo economico. E’ la mobilitazione lanciata dall’associazione In_loco_motivi, in occasione della Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate perchè il sogno dell’Avellino Rocchetta non tramonti. Questa mattina i partecipanti si ritroveranno alla fermata di San Tommaso del Piano, fra Calitri e Monticchio, dove resiste al degrado imperante una graziosa costruzione ferroviaria situata a pochi metri da un imponente ponte in ferro sul fiume Ofanto. La speranza è quella di riaccendere i riflettori sul problema dei 6000 km di binari dismessi che stanno venendo meno per l’incuria di chi è preposto alla loro cura e che invece potrebbero diventare vie verdi, corridoi ecologici per una multiutenza armonica e per lo sviluppo del turismo ferroviario. Proprio la piccola stazione di San Tommaso del Piano sarà la cornice di un confronto sulla situazione in cui versa oggi la ferrovia, sospesa dal dicembre 2010, e di una vera e propria festa sulle note della famosa ballata popolare, “Franceschina la calitrana”, resa famosa dal celebre cantautore irpino Vinicio Capossela, così da celebrare la festa della donna, protagoniste anche della storia ferroviaria. Lo sottolinea Pietro Mitrione, anima di “In_loco_Motivi”, spiegando che «Così come esiste un paesaggio visto dall’interno di una carrozza ferroviaria, esiste dunque anche un paesaggio in cui il treno, la ferrovia, sono protagonisti e diventano elemento di arricchimento o di disturbo del contesto. Il pensiero corre subito al problema dell’impatto ambientale delle nuove linee ferroviarie ad alta velocità, soprattutto se commisurato al più discreto inserimento nel paesaggio delle linee ottocentesche. Stiamo evidentemente parlando di quelle ferrovie che non sono entrate violentemente nelle città con i loro alti terrapieni o che hanno scardinato le linee delle coste marine – mali questi sui quali anche i nostri avi progettisti non hanno saputo porre rimedio – stiamo parlando delle linee che attraversano ordinatamente campagne e vallate, o che scalano ardite le montagne, come la Roma-Pescara, la Avellino Rocchetta o la Terni-Sulmona-Carpinone. Stiamo parlando delle piccole ferrovie della Sardegna, della Sicilia, della Calabria, della Campania. Stiamo anche parlando di tutto il patrimonio rotabile, che è poi l’essenza di un paesaggio ferroviario, quello che su un’altra scala arricchiva da bambini il nostro plastico: locomotive, carrozze, impianti fissi, rimesse, stazioni. Fin dalla prima edizione di questa mobilitazione si è verificato un risveglio diffuso su tutto il territorio nazionale rispetto alle tematiche di un patrimonio importante, fatto di sedimi continui che si snodano nel territorio e collegano città, borghi e villaggi rurali, di opere d’arte (ponti, viadotti, gallerie), di stazioni e di caselli (spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche), che giacciono per gran parte abbandonati in balia dei vandali o della natura che piano piano se ne riappropria. Un patrimonio da tutelare e salvare nella sua integrità, come proposto dalla Sovrintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici di Avellino e Salerno che ha apposto il vincolo paesaggistico per salvare l’Avellino-Rocchetta anche in funzione di una loro trasformazione in percorsi verdi per la riscoperta e la valorizzazione del territorio o ripristinando il servizio ferroviario con connotati diversi e più legati ad una fruizione ambientale e turistica dei luoghi. Non si tratta solo di rivendicare che il tessuto ferroviario esistente venga salvaguardato per garantire il trasporto locale, ma anche che la sua tutela e manutenzione rappresentino un contributo alla valorizzazione dei territori e contribuiscano a percorsi di sviluppo locale incentrati sul risparmio di suolo. Basti pensare al turismo ferroviario ormai in crescita con la conseguente scoperta di paesaggi e di centri minori, o all’ipotesi di mobilità dolce in cui diverse forme di trasporto lento si integrano, divenendo strumento di una consapevolezza diversa del paesaggio, dove le stazioni disattivate vengono riusate come luoghi di sosta e di ristoro, veri e propri presidi territoriali. Si aprono nuove prospettive e inediti terreni di azione e di proposta per il tessuto associativo sia sul piano della valorizzazione dei beni culturali che su quello del mutamento del modello di sviluppo economico. Quello che chiediamo è che in Irpinia, in attesa della realizzazione della linea ferroviaria ad Alta capacità Napoli/Bari, non si facciano morire quelle esistenti che hanno solo bisogno di essere rivitalizzate e adeguate al nuovo che avanza. Basta volerle coglierle». A sostenere la battaglia dell’associazione ci sarà anche Vinicio Capossela. “Il treno è andato ma il sogno è rimasto. Il “sogno del treno” porta con sé il confine – aveva ribadito il cantautore irpino, – la frontiera, l’assenza, la separazione, la migrazione, l’avventura, il paesaggio, il cammino, l’attesa, il racconto, il confronto sociale. Il treno, questo mezzo di sogno, in via di estinzione, che va scomparendo nelle tratte minori, nei convogli notturni, esaltato maniacalmente solo nelle tratte di alta velocità, ispirate più all’aeroplano che al treno. Cari amici e non, noi ci siamo sognati il treno, e così speriamo di voi.”
    Ritorna, quindi, prepotentemente attuale il monito del grande scrittore e uomo politico irpino Francesco de Sanctis: “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio,venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”. La convinzione da cui muove “In_loco_motivi” è che la ferrovia è una ricchezza che non può essere sperperata. Troppe le occasioni che ofre legate alla valorizzazione del territorio. «E’ la ferrovia – ribadisce Mitrione – delle acque: attraversa e lambisce in più punti i FIUMI Sabato, Calore ed Ofanto. E’ la ferrovia dei grandi vini docg: attraversa i territori , servendoli con stazioni dei comuni degli areali del Taurasi e del Fiano. E’ la ferrovia del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini. E’ la ferrovia delle aree a tutela della biodiversità. E’ la ferrovia dei Borghi, della storia, della cultura e della identità territoriale». Parole che sembrano sposare quelle di Giustino Fortunato “L’Avellino-Santa Venere è una rivelazione del medio evo in mezzo al mondo moderno”, quando aveva salutato con entusiasmo l’ inaugurazione del primo tronco della ferrovia tra Avellino e Paternopoli nell’ Ottobre 1893. Per la sua realizzazione, “da oltre ventotto mesi una vera battaglia si combatte laggiù, una battaglia, che la scienza vince, ma a prezzo di vite umane e di molti milioni”. Fugate dunque le iniziali incertezze sulla condotta dei lavori, Fortunato si interrogava sulle speranze di sviluppo del territorio riposte fin dal principio dei dibattiti nella ferrovia: “L’aura della Campania Felice discenderà per l’Ofanto insieme con la vaporiera, dando vita nuova a tanta parte della nostra Italia irredenta? Sarà l’Avellino- Santa Venere un beneficio economico e sociale, come certamente è un miracolo dell’arte umana?”. La Avellino-Ponte Santa Venere soffrirà fin dall’avvio dell’esercizio di uno scarso rendimento economico. Già tre anni dopo l’inaugurazione, infatti, la stessa Società rilevava che, a fronte delle 27 stazioni e fermate, “ciò che invece fa difetto sono gli elementi del traffico e le vie di comunicazione fra le stazioni ed i paesi” . Avviata con una frequenza giornaliera di tre treni, la ferrovia non riuscirà mai ad andare oltre il servizio locale tra i comuni dell’Irpinia, nemmeno dopo il settembre 1933, quando sarà dotata di automotrici diesel – le celebri “littorine” – al fine di garantire tempi di percorrenza più veloci. Dopo una breve stagione di incremento di viaggiatori, in buona parte legata all’ emigrazione degli anni ’50-’60, la linea subisce una lunga chiusura a seguito dei consistenti danni subiti in occasione del terremoto del novembre 1980. Celebrata in occasione del centenario della linea nel novembre 1995, con il viaggio di un treno storico, la ferrovia rappresenta ancora oggi una sfida per il territorio.

    corriere irpinia
    9 marzo 2015

  302. 340 avellinorocchetta 10/03/2015 alle 4:54 PM

    Ferrovia: Capossela c’è, sindaci assenti
    E’forte l’amarezza di Pietro Mitrione, anima dell’associazione “In loco-motivi”, all’indomani della Giornata delle Ferrovie dimenticate. “E’ paradossale -spiega – che, malgrado la grande partecipazione dei cittadini, ritrovatisi alla stazione di S.Tommaso del Piano(Pz), proprio i sindaci irpini dei comuni della tratta fossero assenti. Unica presenza, quella del primo cittadino di Conza della Campania, Vito Cappiello. E’ il segno della progressiva distanza della politica dai cittadini, come se solo le iniziative di singole associazioni, le proteste della società civile potessero compensare l’assenza di una classe dirigente attenta alle esigenze d’Irpinia.
    Dobbiamo confidare non più nella politica, ma nella sensibilità di artisti e uomini di cultura come Vinicio Capossela, che ha sposato la nostra battaglia, per dare una scossa al territorio. Basti pensare che, di fronte all’incapacità di abbattere il muro di gomma che si registra in Campania sulla questione dell’Avellino-Rocchetta , a mobilitarsi sono in questi giorni i sindaci e i cittadini dei comuni della Basilicata interessati alla tratta, decisi a scrivere un appello al Presidente della Basilicata Marcello Pittella e al Presidente della Campania Stefano Caldoro.
    I primi cittadini della Basilicata appaiono oggi più consapevoli del valore che può avere l’Avellino –Rocchetta per facilitare i trasporti sul loro territorio di quanto non lo siano i nostri sindaci. Ed è un dato sul quale non si può non riflettere”.
    Domenica scorsa è stata comunque una gran bella giornata per la ferrovia “dimenticata”,cui ha partecipato Vinicio Capossela..Tante le figure femminili presenti : “Donne per il sociale”di Calitri”, “La strada dei fiori”, “Amdos”, “Cocis”, attraverso una rappresentanza di mamme di Borgo ferrovia, impegnate nella lotta a difesa della salute contro l’amianto killer. Tutti insieme perché la ferrovia non muoia, in questa occasione voluta dalla Confederazione nazionale per la mobilità dolce, cui hanno aderito In loco-motivi , Irpinia Turismo , Pro-loco, Touring club e la Fondazione Ferrovie dello Stato. L’insensata chiusura della linea Av-Rocchetta, avvenuta dal dicembre 2010, è una ferita aperta per chi, come Mitrione, crede fortemente nel valore di un patrimonio rotabile a basso impatto ambientale, cui la Sovrintendenza dei Beni Architettonici e paesaggistici di Avellino e Salerno ha apposto il vincolo paesaggistico.
    Il progetto per la rinascita si basa su una nuova prospettiva di mobilità dolce, in cui si integrino varie forme di trasporto lento, nel’ottica di riattivare non solo il trasporto locale, ma di acquisire anche una nuova consapevolezza dei luoghi e del paesaggio partendo dalla valorizzazione del turismo ferroviario ambientale.
    A S.Tommaso del Piano è stata innanzitutto una festa, sulle note della musica popolare dei Makardia, ma anche l’occasione per fare il punto, per riflettere sullo scempio che una politica miope sta perpetrando ai danni di una terra che da sempre fatica ad uscire dall’isolamento e che ora rischia di essere completamente dimenticata .
    Eppure l’entusiasmo che si respirava in questa stazioncina di provincia era grande ed è la prova che la mobilitazione dal basso, la forza propulsiva che viene dalle masse può davvero provare a vincere e la politica non può restarsene a guardare. Già Francesco De Sanctis e Giustino Fortunato, 120 anni fa, all’indomani dell’unità, avevano intuito le potenzialità del territorio e l’importanza strategica della ferrovia che “sconfisse l’Ofanto e pose fine all’isolamento e alla schiavitù di queste zone interne, riuscendo ad unire le popolazioni più dell’alfabeto”. V.Capossela ha ricordato che ‘il treno se l’è sognato’,come si leggeva quest’estate sulle locandine dello Sponz Fest, dedicato proprio alla tratta abbandonata.
    E proprio il treno, un treno merci è tra i protagonisti del suo nuovo libro “Il paese dei coppoloni”, in cui rivivono i luoghi reali e un po’ sognati della sua infanzia. Calitri- Scalo è luogo di elezione per il cantautore irpino ,innamorato di queste terre lambite dall’Aufido, che un tempo scorreva in compagnia delle vaporiere.
    “Il vuoto” ,aggiunge Capossela, “che impera in questa terra dove l’urbanizzazione è ancora a misura d’uomo, tanto che si vede un cielo che pare più grande che altrove, è una risorsa, a patto che non si trasformi in degrado. La linea ferroviaria, nata in un’epoca diversa , conserva una sua attualità e potrebbe andare proprio ad alimentare, a riempire di significato questo vuoto, che è anche serbatoio immaginativo e poetico ed è la nostra vera ricchezza. Non esiste, infatti, uno strumento più integrato nel territorio del treno, proprio perché il treno passa in mezzo agli elementi, acqua, terra, aria, seguendo la linea naturale del territorio, la sua fisiologia, senza forzature. Nell’economia contemporanea esiste solo saccheggio a fini energetici, anche con un eolico dissennato. Ora lo spettro delle trivellazioni aleggia su questa terra ancora salubre. Inutile violarla, inutile deturparla :in fondo qua siamo in Irpinia, fuori dai circuiti della movimentazione economica e tanto vale che ci teniamo il cielo e il territorio!”
    Al ritmo della ballata popolare intitolata a Franceschina la calitrana, che l’artista ha riportato in auge, è terminata una giornata densa di passione, ma anche di concretezza. Chissà che la prossima volta, anzicchè in bus ,non si possa tornare a visitare un altro piccolo casello proprio col treno…

  303. 341 avellinorocchetta 10/03/2015 alle 8:50 PM

    Splendida iniziativa di Pietro Mitrione, che con coraggio, impegno, passione continua la sua battaglia di difesa e per la riapertura della linea ferroviaria Avellino Rocchetta S.A..Ieri 8 marzo, Giornata delle Ferrovie dimenticate, celebrata ai confini tra Campania e Basilicata allo Scalo di San Tommaso del Piano, tra Calitri e Ruvo del Monte (PZ) con centinaia di persone, giunte da diversi posti della Campania, due pulman da Avellino,Sindaci, Associazioni di volontariato, Sindacalisti della C.G.I.L., Pro loco e tanta gente, alla scoperta di una tratta ferroviaria, di un territorio, di paesaggi ambiente e natura che gridano il tradimento degli uomini e delle istituzioni. E’ intervenuto anche il famoso cantautore Vinicio Capossela che con semplicità, umiltà ed intelligenza partendo dalle diffuse espressioni sentite dai nonni e dai genitori quando si desiderava o si sognava qualche cosa di grande e di spazi di libertà gli adulti dicevano “…..quagliò te si sunnato lu treno!” egli ha parlato della Forrovia come conquista di libertà e di dignità per i contadini delle zone interne, felice intuizione di Francesco De Sanctis e di Giustino Fortunato, nonchè motore per lo sviluppo economico e turistico. Molto bella è stata l’esibizione di un cittadino di Ruvo del Monte che con la sua fisarmonica ha cantato la storia degli emigrati, che partivano con la “littorina” per paesi lontani, alla ricerca di lavoro, la grande malinconia per il casolare, per il focolare domestico …e per la mamma e per la propria terra.
    Sono intervenuti tra l’altro la dott.ssa Silvia Amodeo-Frieri Consigliera Comunale della Città di Avellino, Rosanna Rebulla, già esponente politico ed Assessore della città capoluogo, il noto Regista Assanti, che sta completando il montaggio del Film” L’ultima fermata” con Claudia Cardinale, l’ex sindaco di Calitri Vito Marchitto,il direttore Sanitario dell’Ospedale “Criscuoli” dott. Angelo Frieri, i presidenti della pro loco di Calitri, di Sant’Angelo dei Lombardi, di Ruvo del Monte, di Rapone, ecc.ecc..tante persone circa un migliaio. Un caloroso, affettuoso e commosso ringraziamento a Pietro Mitrione ed a tutto lo staff di “in loco motivi”, per tutto il suo impegno e per la sua passione umana, tutta emersa ancora di più, quando, tra le tante cose, ha voluto ricordare quanti, nel mondo del lavoro, nel settore delle ferrovie ed in particolare nella tratta Avellino Rocchetta S.A. ,oggi scomparsi, hanno profuso impegno, dedizione e passione. Il mio auspicio ed invito ad unire le forze per continue iniziative e battaglie in difesa dei servizi,( Ferrovia,Sanità,Scuole, ecc.ecc..) dell’ambiente (trivellazioini per il petrolio,tralicci di Alta tensione, discariche,ecc.ecc.), per il lavoro e l’occupazione, per i giovani, per la dignità della gente delle zone interne della Campania e della dorsale appenninica, contro lo spopolamento e la desertificazione. Tony Lucido

  304. 342 avellinorocchetta 10/03/2015 alle 8:58 PM


    Vinicio Capossela alla 8* giornata nazionale delle ferovie dimenticate in Irpinia/Basilicata

  305. 343 avellinorocchetta 10/03/2015 alle 9:12 PM

    Info Irpinia alla 8* giornata nazionale delle ferrovie dimenticate

  306. 344 avellinorocchetta 13/03/2015 alle 10:06 PM


    Lettera semiseria di un immigrato alla moglie
    8* giornata nazionale delle ferrovie dimenticate a san Tommaso del piano ferrovia Avellino Rocchetta

  307. 346 avellinorocchetta 15/03/2015 alle 10:42 PM

    8* giornata nazionale delle ferrovie dimenticate

    Servizio tgr Basilicata

  308. 349 avellinorocchetta 04/04/2015 alle 4:13 PM

    Avellino, lasciando però filtrare
    la più assoluta serenità rispetto
    all’azione intrapresa dal Consorzio
    presieduto da Belmonte. Probabilmente
    nei prossimi giorni,
    gli uffici della Rfi, ai quali ci siamo
    rivolti per chiedere tra l’altro
    costi dell’opera e natura del contenzioso,
    forniranno un quadro
    completo e dettagliato di quanto
    avvenuto nell’arco di 204 mesi.
    Un tempo enorme sul quale ha
    pesato anche la crisi che ha assestato
    duri colpi alle aziende di
    Pianodardine: quella infrastruttura,
    voluta fortemente dalla Fiat
    che nel 1994 fece approvare,
    “quasi sotto ricatto”, ricorda oggi
    un consigliere regionale del tempo,
    le autorizzazioni agli espropri,
    che avrebbe conferito competitività
    grazie allo snodo ferroviario
    in house per ricevere ed effettuare
    spedizioni da e per l’Italia e
    l’Europa, è stata dimenticata rispetto
    ad uno contesto nel quale
    per anni l’imperativo è stato quello
    del primum vivere e non tutti ci
    sono riusciti. Adesso che ci sono
    segnali di ripresa e quando soprattutto
    la Fma versione Marchionne,
    dopo oltre un quinquennio
    di cassa integrazione quasi a
    zero ore, sembra destinata ad
    inaugurare un ciclo produttivo
    poderoso e durevole, le aziende
    sono tornate ad essere molto interessate
    alla messa in esercizio del
    raccordo e guardano con incredulità
    e fastidio a contenziosi che
    andrebbero scansati e comunque
    ricomposti alla luce della sostanziale
    soppressione della stazione
    di Avellino, (sono rimasti attivi
    cinque coppie di treni, da e per
    Benevento, e due coppie, da e per
    Salerno), e soprattutto della soppressione
    risalente ad una decina
    di anni fa del suo scalo merci. Il
    contenzioso che si è aperto rischia
    di allungare ancora di più i
    tempi dell’incompiuta ormai quasi
    maggiorenne e a prima vista
    sembrerebbe innescato più per
    coprire che per fare chiarezza e rivendicare
    diritti. Al contrario, basterebbe
    davvero poco per consentire
    l’entrata in esercizio dei
    due chilometri e mezzo di binari
    costati, tra annessi e connessi,
    cinque milioni di euro per difetto.
    Eventuali contenziosi potrebbero
    scorrere in parallelo anzichè continuare
    ancora a negare alle
    aziende la possibilità di caricare e
    scaricare direttamente nei propri
    siti le merci dai vagoni. Soluzione
    realistica e ragionevole. Ad una
    condizione: che negli armadi di
    questa storia che dura da oltre tre
    lustri non siano stati accantonati
    scheletri ingombranti.

  309. 352 avellinorocchetta 06/05/2015 alle 8:18 am

    20 settembre 1893: Lapio in festa per il ponte Principe

    Il ponte Principe, che si trova a Lapio, già conosciuto e ammirato dagli studiosi di storia e tecnica ferroviaria, negli ultimi tempi è anche diventato il simbolo delle associazioni che giustamente si battono per la salvaguardia ed il rilancio della storica ma ormai dismessa linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Per questo motivo mi piace riproporre ai lettori del “Corriere” alcune note relative al collaudo e all’inaugurazione dell’opera.
    “Giorno memorando”
    Il maestoso ponte in acciaio, che congiunge le sponde del Calore tra i territori di Lapio e Taurasi, venne progettato dall’ingegnere Sangiorgi della Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo, che aveva ottenuto la concessione della linea. Realizzata tra il marzo ed il settembre del 1893 dalla Società Industriale Italiana di costruzioni metalliche, che aveva sede a Castellammare di Stabia, la struttura suscitò l’entusiasmo di quanti esaltavano il trionfante progresso: “L’opera imponente, meravigliosa -leggiamo in una cronaca del tempo- si ammira come trionfo della industria italiana […] Sentite: il viadotto è costituito da tre luci indipendenti larghe metri 98 ciascuna. Le travi sono alte metri 10,60, a grandi maglie, e la ferrovia corre a circa metà altezza. La montatura è stata fatta sopra tre ponti di servizio in legno, i quali per solo legname costarono 60 mila lire. – L’altezza della valle è di metri 35 – Le due pile e le spalle furono fondate ad aria compressa”. Per questo, apprendiamo da un altro resoconto, “gli abitanti di Lapio l’hanno battezzata pel Ponte Principe e per verità un’opera così perfetta potrà fare l’orgoglio di chi l’ha progettata, diretta e costrutta”.
    Una volta conclusa la costruzione, la Mediterranea e la società costruttrice ne organizzarono subito il collaudo. Pur non pubblicizzata, la notizia non sfuggì alla comunità lapiana, che volle festeggiare alla grande l’evento: “Il giorno 20 settembre cadente fu giorno d’inaspettata festa per il Comune di Lapio. Saputosi, appena il dì innanzi, che si sarebbe proceduto alle prove del grandioso ponte in ferro sul Calore, nel tronco ferroviario Avellino-Paternopoli, la voce corse come elettrica per tutto il paese e per i vicini comuni, ed accese di grande entusiasmo l’animo di tutti, già colpiti di ammirazione per la costruzione dell’opera colossale. A secondare il movimento popolare, per iniziativa del sindaco Caprio Errico e dei signori Mottola e Forte, fu improvvisata una dimostrazione, che riuscì veramente splendida ed imponente. Imperocchè il mattino del detto giorno 20 si fece giungere in Lapio una banda musicale, con la quale la intera Rappresentanza Municipale, preceduta dalla bandiera Nazionale, e seguita da una calca di popolo, percorse il paese, e quindi si recò festante alla propria Stazione, una delle più belle della linea per la sua ridente posizione. Quivi fu attesa la Commissione, che alle 8:30 a. m. arrivò con quattro macchine per le prove. L’arrivo fu salutato con tre salve di mortaretti e col suono della marcia reale, in mezzo all’unanime ovazione del popolo che gridava: Viva il Re! Viva la Mediterranea! Viva l’Impresa Industriale! La Commissione, dopo aver ringraziato tutti, procedette agli esperimenti. Al risultato delle prove, che non poteva riuscire più felice, lo scoppio fragoroso di una magnifica batteria echeggiò nella valle del Calore e la musica intonò di bel nuovo la marcia reale, mentre il popolo non cessava dall’acclamare entusiasticamente al re, alla Società, all’Impresa. Quindi la Rappresentanza Municipale sempre preceduta dal Concerto municipale e dal vessillo, percosse, per ben due volte, il ponte, seguitando nelle ovazioni al Capo Sezione, Sig. Menoni ed al corpo degl’ingegneri. Quasi fino a sera, poi, non solo i cittadini di Lapio, ma anche quelli dei vicini paesi si fermarono ad ammirare il maestoso ponte ed a passeggiare su di esso. Il giorno 20 settembre rimarrà memorando per Lapio”.

    La “gita” di Capozzi
    Il riuscito collaudo del ponte consentì l’apertura parziale del primo tratto della linea (Avellino-Paternopoli), che avvenne il 27 ottobre, anche questa volta senza grandi pubblicità, come notò con un certo disappunto il giornale filoradicale “Re di bronzo” : “giovedì, quasi di contrabbando, ebbe luogo l’inaugurazione del primo tronco della strada ferrata da Avellino a Santa Venere, un tronco di 27 chilometri, che, oltre il magnifico viadotto di Lapio, annovera due importantissime opere d’arte: la galleria di Salza, di soli settecento metri, ma difficile per le qualità delle argille, non meno dei trafori di Ariano, e la galleria di Montefalcione, che si estende per tre mila metri circa in terreni anch’essi di costosa e non lieve costruzione. La festa inaugurale, a buon diritto, era ansiosamente attesa. Essa affermava, dopo tanti e tanti anni, un diritto del più alto significato nella storia della viabilità meridionale: l’attuazione, cioè, del voto così fervidamente nutrito e così largamente atteso di una linea ferroviaria per tutta intera la valle dell’Ofanto”. In realtà, una piccola festa si era svolta due giorni prima, proprio a pochi passi dal ponte, presso la stazione di Taurasi, in occasione dell’ultima “visita di ricognizione”: era però stata riservata solo alla commissione di collaudo e ai tecnici della Mediterranea e delle imprese impegnate nei lavori, che consumarono una “colazione di 50 coperti, servita inappuntabilmente dal Restaurant Centrale”.
    Una “gita” ancora più esclusiva, assolutamente degna dei fasti della Bella Epoque, fu poi organizzata la domenica successiva da “re” Michele Capozzi che, considerando la ferrovia una sua creatura (non a caso era riuscito a farla passare per il suo paese, Salza), invitò in treno una folta rappresentanza della notabilità a lui fedele, come risulta da una ulteriore cronaca giornalistica, in cui nuovamente si esprimeva il rammarico per la mancata celebrazione pubblica dell’evento: “In mancanza di una festa ufficiale d’inaugurazione del tronco Avellino-Paternopoli, testé aperto all’esercizio […] domenica scorsa un’altra festa ufficiosa, diciamo così, ma d’indole tutt’affatto privata, promossa dal comm. Capozzi. Perché non si è voluto fare una festa ufficiale d’apertura della linea non sappiamo spiegarcelo, come non ha saputo o voluto spiegarlo la Società del Mediterraneo, la quale non ha nemmeno la scusa delle solite ragioni economiche, poiché se si fosse fatta promotrice della festa, avrebbe speso meno di quanto erogò per la gita di ricognizione, avendo tutti i Municipi interessati, lungo la linea, già votato a tale scopo una quota di concorso per le spese. Questo vuoto ha voluto colmare l’on. Capozzi, a proprie spese, invitando ad una gita di piacere, lungo la nuova linea, diverse famiglie di sua conoscenza e parecchie Autorità, tra cui l’egregio prefetto commendator Segre. La geniale comitiva, nella quale brillava l’eterno femminile, recossi alla stazione con vetture padronali alle 9 a. m. e ne fece ritorno alle 5 p.m. Si percorse la nuova linea in mezzo a geniali acclamazioni. Facevan parte della gita il comm. Segre colla sua gentile signora ed i suoi ospiti, la signora Chiaradia colla coltissima figliuola, signorina Matilde; il comm. Capozzi e famiglia; la simpatica coppia Balestrieri-Figarotta; il capitano dei RR Carabinieri con la sua signora; la famiglia Camiz; il cav. Zampieri; il cav. Viscardi, direttore della Banca Nazionale; il barone Pietro Cocco; il cav. Grimaldi, consigliere delegato; il cav. Modestino; il cav. Balestrieri Nicola; l’avv. Spada ed altri. Dopo una breve sosta fu apparecchiata un’abbondante e squisita colazione, alla quale l’allegra comitiva fece grande onore. Allo champagne brindarono il comm. Segre, il cav. Modestino, il cav. Balestrieri ed il comm. Capozzi ”.

    Fiorenzo Iannino
    Il collaudo del viadotto sul Calore consentì l’apertura del primo tratto della ferrovia
    corriere irpinia
    19-1-2014

  310. 353 avellinorocchetta 19/05/2015 alle 9:43 PM

    Ai Canditati a Presidente della Giunta Regionale della Campania
    Ai Candidati al Consiglio Regionale della Campania
    Lettera aperta sulla mobilità nella provincia di Avellino
    Egregi Candidati,
    questa lettera vuole essere un nostro invito a prendere in considerazione il tema dei trasporti nella vostra campagna elettorale in vista delle elezioni regionali del prossimo 31 Maggio.
    L’organizzazione del trasporto pubblico locale è una delle principali competenze dell’amministrazione regionale e pertanto, qualora sarete eletti, saranno le vostre scelte politiche a determinarne l’efficacia e la rispondenza alle necessità delle popolazioni e dei territori campani.
    Per varie problematiche gli ultimi 5 anni del trasporto pubblico locale in Campania non sono stati dei migliori, anzi: si è passati dalla pesante riduzione dei livelli di servizio alla completa rivisitazione al rialzo del sistema tariffario, dal rallentamento di qualsiasi investimento infrastrutturale all’isolamento di interi territori soprattutto nelle aree interne.
    Questi problemi sono risultati particolarmente critici nella provincia di Avellino che soffre una condizione di isolamento, determinata dai tagli che dal 2010 hanno interessato la provincia di Avellino ed hanno ridotto il trasporto pubblico, sia su ferro che su gomma, ai minimi termini. Questa situazione si potrebbe facilmente riassumere evidenziando che la provincia di Avellino è stata praticamente cancellata dalla geografia ferroviaria: dopo la chiusura della Avellino – Rocchetta, sono stati eliminati tutti collegamenti diretti con Napoli e buona parte dei collegamenti con Benevento e Salerno nonché i collegamenti tra Benevento e Foggia che servivano Ariano Irpino.
    Per queste ragioni ci appelliamo alla vostra responsabilità di rappresentare questo territorio, chiedendovi di portare, in modo unitario, nelle sedi
    opportune alcune proposte per il miglioramento delle condizioni di mobilità nella nostra provincia:
    • Ripristino immediato dei collegamenti diretti con traccia veloce tra Avellino e Napoli a beneficio anche del serinese, solofrano e montorese;
    • ripristino dei collegamenti tra Benevento, Foggia e Napoli a servizio dell’arianese;
    • istituzione di collegamenti veloci tra Avellino e Salerno in coincidenza con i servizi Alta Velocità sulla direttrice Salerno-Napoli-Roma-Milano.
    • Aggancio del territorio montorese e della valle dell’Irno alla Metropolitana di Salerno attraverso il prolungamento dei treni che già percorrono la tratta Salerno-Mercato S. Severino;
    • “Ri-funzionalizzazione” della ferrovia Avellino Rocchetta prevedendo la riapertura della tratta fino a Lioni dove è possibile effettuare interscambio ferro-gomma, presso l’autostazione costruita a soli 50 metri dalla stazione ferroviaria e mai entrata in funzione. Questo consentirebbe l’istituzione di apposite relazioni Lioni – Avellino – Salerno e Lioni – Avellino – Benevento, principalmente a beneficio degli studenti universitari.
    • riorganizzazione del trasporto su gomma come adduzione al trasporto su ferro ovvero come distribuzione dei viaggiatori tra le varie frazioni dei comuni serviti dalle linee ferrate.
    Per quanto riguarda gli investimenti in infrastrutture, in attesa della realizzazione tra 20 o 30 anni dell’Alta Capacità (Roma)-Napoli-Bari, è necessario potenziare la rete esistente anche per poterla mettere a sistema con quella che sarà la futura rete veloce nazionale. Qualche esempio: la realizzazione del raccordo ferroviario all’Università di Salerno alla ferrovia Benevento – Avellino – Salerno con relativi interventi di rettifica ed elettrificazione del tracciato, ripristino della ferrovia Avellino – Rocchetta almeno fino a Lioni, creazione di fermate aggiuntive laddove le linee ferroviarie attraversano centri abitati in modo da consentirne un utilizzo di tipo metropolitano / suburbano. Inoltre per quanto riguarda il trasporto
    merci è necessario allacciare finalmente il raccordo dell’area industriale di Pianodardine, costato miliardi di lire, alla rete ferroviaria mediante il posizionamento di poche decine di centimetri di binario.
    La Regione Campania, nella sua recente programmazione attuale del trasporto pubblico,ha fatto completa astrazione da queste problematiche di fatto condannando la nostra provincia ad una sorta di “serie B” in tema di servizi di trasporto e di infrastrutture.
    E’ comunemente risaputo che l’infrastruttura ferroviaria ed il suo positivo utilizzo sono importanti vettori di sviluppo, pertanto ci appelliamo alla vostra sensibilità affinché possiate, fare vostra questa battaglia di civiltà che serva anche come traino per determinare condizioni concrete di sviluppo e progresso per un territorio così vasto.
    Associazione
    In_Loco_Motivi
    .

  311. 354 avellinorocchetta 21/05/2015 alle 9:53 PM

    I binari dell’abbandono – Perché in Irpinia non passano più i treni

  312. 355 avellinorocchetta 22/05/2015 alle 7:50 am

    Quella del trasporto pubblico su ferro è un’Europa a due velocità: se da un lato le capitali europee sono collegate sempre meglio, i piccoli centri abitati sono tagliati fuori dai collegamenti ferroviari. Ecco perché tra sprechi ed occasioni mancate, in Irpinia non passano più treni.
    Nella penisola, 8.200 chilometri di tratte ferroviarie sono state sospese o addirittura già dismesse. E in alcuni casi si tratta di collegamenti su cui erano stati investiti fondi pubblici per un ammodernamento infrastrutturale.
    In passato la ferrovia in Italia ha rappresentato una possibilità di emancipazione, permettendo a chi lo voleva di continuare a vivere in posti lontani dai grandi centri, senza abbandonare la propria identità territoriale. In Campania, e soprattutto in Irpinia, Trenitalia ed i referenti istituzionali dal 2010 hanno però deciso di dismettere numerosi collegamenti di cittadine montane. Lo stesso capoluogo di Provincia, Avellino, ha una stazione ormai fantasma, con quattro treni durante tutto il giorno: due verso Salerno e due verso Benevento. Le conseguenze sono l’abbandono dei centri abitati e l’incremento del traffico su gomma.
    Una decisione che non è piaciuta a tutti: Francesco Celli, di Info Irpinia, denuncia ad esempio l’alto numero di incidenti sulla strada di collegamento dell’Ofantina, mentre Agostino Della Gatta, di Irpinia Turismo, propone da anni il ripristino della vecchia tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta. Sarebbe un’opportunità, secondo Della Gatta, non solo per venire incontro alle esigenze di giovani o anziani senza patente, ma anche per valorizzare l’area da un punto di vista turistico.
    Qualche anno fa, inoltre, diverse associazioni irpine si sono riunite in Locomotivi, un movimento che tra le altre cose ha portato le carrozze a circolare nuovamente sull’Avellino-Rocchetta in occasione delle giornate per la riscoperta del territorio.
    La stessa Fondazione Fs Italia ha promosso altrove il riutilizzo delle tratte storiche, come la ferrovia dei Laghi in Lombardia, nella valle dei Templi in Sicilia, nel parco nazionale in Abruzzo e in Val d’Orcia in Toscana.
    In Campania però l’assessore ai Trasporti Sergio Vetrella spiega che non è in grado di assicurare nessun intervento su queste proposte. Al momento, spiega, non sono possibili investimenti pubblici che vadano oltre i servizi minimi, molti dei quali, secondo i piani regionali, non sono nemmeno più richiesti dai cittadini irpini. Vetrella spiega infine che un eventuale ripristino della tratta costerebbe almeno 700 milioni.
    Soldi che non ci sono anche perché negli ultimi anni la regione ha concentrato i finanziamenti sull’installazione di una rete di fibra ottica lungo i collegamenti ferroviari. Rete mai utilizzata e per la cui rimozione ora è stato indetto un bando da 700mila euro.
    L’assessore Vetrella spiega che le responsabilità sono incrociate: la responsabilità della Regione riguarda infatti solo la verifica del contratto di servizio, mentre tutto quello che riguarda gli investimenti sulla tratta è affare di Trenitalia, società di Ferrovie dello Stato, che dunque agisce senza un controllo diretto della Regione.

  313. 356 avellinorocchetta 05/06/2015 alle 10:01 PM

    Ai Canditati a Presidente della Giunta Regionale della Campania
    Ai Candidati al Consiglio Regionale della Campania
    Lettera aperta sulla mobilità nella provincia di Avellino
    Egregi Candidati,
    questa lettera vuole essere un nostro invito a prendere in considerazione il tema dei trasporti nella vostra campagna elettorale in vista delle elezioni regionali del prossimo 31 Maggio.
    L’organizzazione del trasporto pubblico locale è una delle principali competenze dell’amministrazione regionale e pertanto, qualora sarete eletti, saranno le vostre scelte politiche a determinarne l’efficacia e la rispondenza alle necessità delle popolazioni e dei territori campani.
    Per varie problematiche gli ultimi 5 anni del trasporto pubblico locale in Campania non sono stati dei migliori, anzi: si è passati dalla pesante riduzione dei livelli di servizio alla completa rivisitazione al rialzo del sistema tariffario, dal rallentamento di qualsiasi investimento infrastrutturale all’isolamento di interi territori soprattutto nelle aree interne.
    Questi problemi sono risultati particolarmente critici nella provincia di Avellino che soffre una condizione di isolamento, determinata dai tagli che dal 2010 hanno interessato la provincia di Avellino ed hanno ridotto il trasporto pubblico, sia su ferro che su gomma, ai minimi termini. Questa situazione si potrebbe facilmente riassumere evidenziando che la provincia di Avellino è stata praticamente cancellata dalla geografia ferroviaria: dopo la chiusura della Avellino – Rocchetta, sono stati eliminati tutti collegamenti diretti con Napoli e buona parte dei collegamenti con Benevento e Salerno nonché i collegamenti tra Benevento e Foggia che servivano Ariano Irpino.
    Per queste ragioni ci appelliamo alla vostra responsabilità di rappresentare questo territorio, chiedendovi di portare, in modo unitario, nelle sedi opportune alcune proposte per il miglioramento delle condizioni di mobilità nella nostra provincia:
    • Ripristino immediato dei collegamenti diretti con traccia veloce tra Avellino e Napoli a beneficio anche del serinese, solofrano e montorese;
    • ripristino dei collegamenti tra Benevento, Foggia e Napoli a servizio dell’arianese;
    • istituzione di collegamenti veloci tra Avellino e Salerno in coincidenza con i servizi Alta Velocità sulla direttrice Salerno-Napoli-Roma-Milano.
    • Aggancio del territorio montorese e della valle dell’Irno alla Metropolitana di Salerno attraverso il prolungamento dei treni che già percorrono la tratta Salerno-Mercato S. Severino;
    • Rifunzionalizzazione della ferrovia Avellino Rocchetta prevedendo la riapertura della tratta fino a Lioni dove è possibile effettuare interscambio ferro-gomma, presso l’autostazione costruita a soli 50 metri dalla stazione ferroviaria e mai entrata in funzione. Questo consentirebbe l’istituzione di apposite relazioni Lioni – Avellino – Salerno e Lioni – Avellino – Benevento, principalmente a beneficio degli studenti universitari.
    • riorganizzazione del trasporto su gomma come adduzione al trasporto su ferro ovvero come distribuzione dei viaggiatori tra le varie frazioni dei comuni serviti dalle linee ferrate.
    Per quanto riguarda gli investimenti in infrastrutture, in attesa della realizzazione tra 20 o 30 anni dell’Alta Capacità (Roma)-Napoli-Bari, è necessario potenziare la rete esistente anche per poterla mettere a sistema con quella che sarà la futura rete veloce nazionale. Qualche esempio: la realizzazione del raccordo ferroviario all’Università di Salerno alla ferrovia Benevento – Avellino – Salerno con relativi interventi di rettifica ed elettrificazione del tracciato, ripristino della ferrovia Avellino – Rocchetta almeno fino a Lioni, creazione di fermate aggiuntive laddove le linee ferroviarie attraversano centri abitati in modo da consentirne un utilizzo di tipo metropolitano / suburbano. Inoltre per quanto riguarda il trasporto merci è necessario allacciare finalmente il raccordo dell’area industriale di Pianodardine, costato miliardi di lire, alla rete ferroviaria mediante il posizionamento di poche decine di centimetri di binario.
    La Regione Campania, nella sua recente programmazione attuale del trasporto pubblico,ha fatto completa astrazione da queste problematiche di fatto condannando la nostra provincia ad una sorta di “serie B” in tema di servizi di trasporto e di infrastrutture.
    E’ comunemente risaputo che l’infrastruttura ferroviaria ed il suo positivo utilizzo sono importanti vettori di sviluppo, pertanto ci appelliamo alla vostra sensibilità affinché possiate, fare vostra questa battaglia di civiltà che serva anche come traino per determinare condizioni concrete di sviluppo e progresso per un territorio così vasto.

    Associazione
    In_Loco_Motivi

  314. 357 avellinorocchetta 05/06/2015 alle 10:04 PM

    Il raccordo ferroviario di Pianodardine verso la sua ultimazione

    I clamori della campagna elettorale per la formazione del nuovo consiglio regionale continuano a far sentire i loro effetti. Vincitori e vinti continuano le loro valutazioni dentro e fuori i rispettivi partiti. Si potrebbe dire che continua la competizione elettorale. Il voto, uno dato incontrovertibile, ci consegna un rovesciamento della direzione del governo regionale. Dopo cinque anni Caldoro esce sconfitto e De Luca, il sindaco di Salerno, vincitore. Determinante il voto delle zone interne, quelle più penalizzate dalle scelte politiche del governatore uscente in particolare quelle adottate nel settore del trasporto pubblico dal suo assessore Vetrella, quello della chiusura anche della funicolare di Montevergine.
    Questi ultimi 5 anni per il trasporto pubblico locale in Campania non sono stati dei migliori, anzi: si è passati dalla pesante riduzione dei livelli di servizio alla completa rivisitazione al rialzo del sistema tariffario, dal rallentamento di qualsiasi investimento infrastrutturale all’isolamento di interi territori soprattutto nelle aree interne.
    Questi problemi sono risultati particolarmente critici nella provincia di Avellino che soffre una condizione di isolamento, determinata dai tagli che dal 2010 hanno ridotto il trasporto pubblico, sia su ferro che su gomma, ai minimi termini. Questa situazione si potrebbe facilmente riassumere evidenziando che la provincia di Avellino è stata praticamente cancellata dalla geografia ferroviaria: dopo la chiusura della Avellino – Rocchetta, sono stati eliminati tutti collegamenti diretti con Napoli e buona parte dei collegamenti con Benevento e Salerno nonché i collegamenti tra Benevento e Foggia che servivano Ariano Irpino. Addirittura abbiamo subito l’onta della cancellazione della stazione ferroviaria di Avellino, praticamente negare per il futuro una prospettiva di sviluppo per il nostro capoluogo e per la nostra Irpinia.
    Eppure questa campagna elettorale ci consegna una speranza in quanto nel programma elettorale del neo governatore della regione Campania c’è la proposta per la elettrificazione della linea Salerno/Avellino/Benevento. Si tratta di una netta inversione di tendenza in quanto ritorna l’idea della metropolitana regionale come opportunita per riammagliare il nostro territorio alla ferrovia che conta in attesa della realizzazione della linea ad Alta Capacità.
    Proprio in questo periodo elettorale fra ASI ed RFI si è tenuto, il 14 maggio, un incontro per definire, dopo circa 20 anni, gli adempimenti necessari per allacciare finalmente il raccordo dell’area industriale di Pianodardine, costato miliardi di lire, alla rete ferroviaria mediante il posizionamento di quelle poche decine di centimetri di binario che mancavano.
    Una notizia che, fortunatamente e volutamente, non è circolata fra le tante promesse elettorali altrimenti avrebbe avuto un sapore diverso da quello che merita per il trasporto merci su ferro.
    In quell’incontro è’ stato definito un percorso comune che porterà entro la fine dell’anno al varo del raccordo in quanto mancano pochi adempimenti amministrativi da parte dell’ASI. Una realizzazione che sana uno scandalo su cui la politica non è stata attenta come accaduto per l’Isochimica.
    L’ultimazione del raccordo a servizio dell’area industriale di Avellino, la realizzazione della elettrificazione della Salerno/Avellino/Benevento e l’ inizio dei lavori per la costruzione della linea alta capacità (Roma)Napoli/Bari sono proposte che possono significare l’inizio di una fase completamente nuova per la nostra Irpinia da cui anche la ferrovia Avellino Rocchetta potrebbe trovare un ruolo diverso per i collegamenti con le aree più interne della Campania. A tal proposito il progetto pilota dovrebbe valorizzare queste tematiche in funzione dello sviluppo di quelle aree.
    Occorre tradurre in fatti queste proposte la cui realizzazione può contribuire al giusto riconoscimento della funzione di capoluogo della nostra città, andando oltre la cinta daziaria cittadina per contribuire al dovuto ristoro per una zona, quella di Borgo ferrovia, devastata dalla peste dell’Isochimica.
    Intorno allo sviluppo della ferrovia può rinascere un territorio proprio come scrisse nel suo libro “ un viaggio elettorale” il buon Francesco de Sanctis: “ venga la ferrovia ed in piccol numer d’anni si farà il lavoro di secoli”.
    In poche parole la modernità di un politico!

    In_loco_motivi

  315. 358 avellinorocchetta 29/06/2015 alle 4:22 PM

    https://youtu.be/6XmcgafhiCM a cairano lungo i binari della ferrovia Avellino Rocchetta per trovare e far ritrovare i “siensi”

  316. 359 avellinorocchetta 29/06/2015 alle 4:36 PM

    La terza tappa di “Estate in Irpinia” di Info Irpinia è stata una giornata indimenticabile. Dal viaggio sui binari dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, attraverso il treno che non c’è, fino al volo sulla rupe di Cairano. “Abbiamo sognato, riflettuto e riscoperto noi stessi” ha affermato entusiasta Francesco Celli, presidente e fondatore di Info Irpinia.
    La giornata è partita dalla Stazione di Sanzano-Occhino, zona in cui è nato e cresciuto Vinicio Capossela, con i cornetti, il caffè e la simpatia di Antonio Peregoluongo (Cairano nel Cuore). Tanta la partecipazione, da diverse parti d’Irpinia ma anche da fuori: da Benevento, da Salerno, da Napoli. La guida sui binari è affidata all’ex ferroviere e cultore della tratta, Pietro Mitrione, di In_loco_motivi. Si parte con un po’ di pioggia ma la passione e la motivazione non ferma il gruppo: non è una semplice passeggiata sui binari, ma la riscoperta della nostra storia e la pretesa forte di un futuro degno per questa terra. Sensazioni che hanno avuto la loro sublimazione quando si è passati sul Lago di Conza, in una cornice paesaggistica di un’emozione infinita.

    All’arrivo alla stazione di Cairano tante persone ad aspettare la locomotiva umana, fra cui il Sindaco di Cairano, Luigi D’Angelis, il Sindaco di Andretta, Guglielmo, il Sindaco di Avellino, Paolo Foti, Dario Bavaro di Cairano 7X, Angelo Verderosa del Club di Territorio Paesi d’Irpinia, Mario Marciano, Rino Figliuolo e tanti altri cittadini ed associazioni. Una stazione gremita con la pittoresca fermata creata dal maestro Spiniello: sembrava quasi che si attendesse davvero il treno. Dopo un momento di riflessione, coordinato dal grande Dario Bavaro, un po’ di musica con Mayumi e l’intrattenimento di Antonio Peregoluongo, il gruppo è salito a Cairano per il pranzo. Ottimi prodotti tipici a cura della Pro Loco ed Aglianico del Vulture proveniente direttamente dalla cantina del Sindaco Luigi D’Angelis.

    Il pomeriggio è stato dedicato interamente all’incantevole borgo di Cairano, sempre guidati dal Sindaco, da Dario e da Antonio, con la visita alla strada dei vini (tradizione molto antica), alla zona storica, ed alla piazza dove, all’ombra dei tigli profumati, si è parlato di esistenza, di modelli di vita diversi, di valori alternativi a quelli generati dal consumismo e dal conformismo. Lentezza anziché velocità, rapporti veri anziché ipocrisia. Si è ristabilito il contatto con le cose davvero importanti quasi come in un sogno. Si sono ritrovati “i siensi dell’intelletto”. In questa magia è nato anche lo slogan “La bellezza salverà il mondo, la ferrovia salverà l’Iprinia” da un’idea di Angelo Verderosa.

    La parte finale è stata riservata alla salita sulla rupe di Cairano, dove ognuno è rimasto incantato da una veduta sensazionale. Un luogo che emoziona chiunque ed un paesaggio che cambia qualcosa dentro: una volta lì sopra non si è più gli stessi. La terza tappa si conclude così, fra pensieri positivi, amore per il territorio, parole ricche di senso, di affetto, abbracci ed occhi pieni di paesaggio straordinario. Emozioni uniche attraverso cui tutto è possibile.

  317. 360 avellinorocchetta 03/07/2015 alle 4:39 PM

    #estateinirpinia ☼

    Sei chilometri di percorso a piedi, sui binari di un treno che non passa più, in un paesaggio spettacolare. Il lago, le colline, i campi. E poi Cairano, quel diamante che si erge, solitario, sulla vetta della rupe. Una bellezza che il banale verbo umano non basterebbe per descrivere in tutta la sua pienezza e magnificenza.

    In questo lungo pellegrinaggio ho provato emozioni uniche, irripetibili: il pellegrinaggio di chi credeva – e tuttora crede – nel sogno di quel treno che attraversa l’intera Irpinia, un sogno che per alcuni è solo un ricordo, ma in cui, secondo noi, vale ancora la pena credere. Domenica il treno eravamo noi: con le nostre energie, la nostra caparbietà, il nostro senso del dovere, il nostro amore per la nostra terra. Abbiamo contribuito a rendere meno isolata la realtà che ci circondava, a manifestare il suo calore accogliente che solo gli insulsi pregiudizi possono offuscare, ritenendo questi piccoli centri abitati indifferenti e chiusi nella loro mentalità.

    Ma Cairano è tutt’altro. Cairano è ospitalità. Cairano è bellezza. Cairano è storia. Cairano è Irpinia. È solo una delle tante ricchezze paesaggistiche e culturali che ci è rimasta e che dobbiamo continuare a difendere e valorizzare. È il guardiano che veglia sulla nostra terra, ma anche sulla Lucania: altra terra ricca di tradizione e di arte, già da qualche anno messa a repentaglio dalle trivellazioni. Da quello stesso nemico che, partendo da Gesualdo, rischia di minacciare una buona parte della nostra Irpinia.

    Come si può pensare di distruggere un paesaggio del genere, dove la traccia umana è presente solo a macchie, e quelle stesse macchie sono meraviglie per i nostri occhi? Come si può pensare di abbandonare al proprio destino queste comunità piccole ma forti, già difficilmente raggiungibili e isolate dai centri abitati più ricchi e popolati? E come si fa a non restare estasiati dal panorama che è possibile ammirare sulla cima delle rupe, dalle vie in salita del centro che è un piacere percorrere, dalle piccole case che ti alleviano il dolore di piedi e gambe in movimento, dalla piazza dove si erge la statua celebrativa di chi ha lottato, incontrando la morte, per difendere il diamante dagli attacchi del nemico?

    Irpini e non, venite a Cairano, se avete davvero voglia di innamorarvi. https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10204572791021384&set=a.10204572684458720.1073741898.1282218556&type=3&theater

  318. 362 avellinorocchetta 14/07/2015 alle 4:19 PM

    ‘Il cassetto delle parole’
    – Parole racconto –
    Un legame con le rotaie che va oltre l’impensabile!
    (di Giuseppina Nadia Tufano)
    Ciò che ricordo della mia infanzia sono due linee parallele su cui si sono dipanate, corse e rincorse, storie, speranze, vite, racconti e destini di gente diversa: le rotaie della stazione ferroviaria Conza- Andretta.
    Rotaie su cui, anche chi scrive, ha trovato il proprio trastullo nei pomeriggi in cui seguivo mio padre ferroviere con l’orario dei treni sempre a portata di mano, i timbri, la bandierina, la lanterna, la lampada e la torcia, la paletta, il fischietto e il suo berretto abbinato alla divisa, che custodisco gelosamente.
    Lui impegnato nelle sue attività, io sui binari cercando di percorrerli senza perdere l’equilibrio e ogni volta che “deragliavo” mi arrabbiavo senza però scoraggiarmi.
    Una divisa indossata con orgoglio e onorata attraverso un servizio prestato con grande senso del dovere, autorevolezza e cordialità da tutto lo staff dell’epoca di ferrovieri, macchinisti, cantonieri, casellanti, sorveglianti, capotreni, capostazioni tra cui Nigro Cataldino, Zoppi Giuseppe, Luongo Rocco, Petrozzino Michele, Zoppi Alfonso, Melillo Nicola, Di Domenico, Ciccone Severina ed infine mio padre, Vincenzo Tufano.
    È questo il ricordo che conservo della stazione Conza-Andretta, crocevia di gente e mondi diversi. Spesso scendevano insegnanti con i quali si diventava subito amici, con i quali era piacevole intrattenersi a parlare sul paese di provenienza, sul percorso di vita personale e professionale che li induceva a prendere il treno per lavoro, per diletto, per amore!
    Era piacevole ascoltare da ognuno di loro racconti di paesaggi, di fiumi, di gallerie, di alberi, di immense distese, di oleandri e montagne innevate che si erano offerti ai loro occhi.
    Quanta vita nei loro racconti di viaggio, quanto fascino nelle tante valige che salivano e scendevano da quel treno, che meraviglia lo scambio di saluti tra il personale di terra e quello di bordo. Ancora oggi mi par di seguire la stretta di mano di mio padre ai macchinisti, che scendevano dal treno anche solo per una semplice bevuta d’acqua fresca o per ritirare pacchi postali, il più delle volte confezioni di uova, salsicce o salami paesani: “scambi” non solo di treni ma anche amicali.
    Ricordo che anche per raggiungere il cinema di Lioni o per andare a ballare alla discoteca “la Mela” si sceglieva il treno, il mezzo di trasporto più amico e sicuro e non solo dell’epoca!
    Per alcuni, in occasioni di tragici eventi, si è rivelato anche un’ancora di salvezza.
    La stazione di Conza, dove anch’io sono nata, era davvero una piccola grande famiglia: ricordo la piazzetta in cui ci si ritrovava per giocare a pallone. Si, un mini campo da calcetto, improvvisato in strada, dove bastava che comparissero tanti “Zoppi’’: Gerardo, Michele, Mario, il portiere Antonio, zi Nino, per formare quasi una squadra di pallone che si completava con i Nigro, i Tufano, i Luongo, i Renna, i Farese, i Mattia, i Ricciardoni, e tanti altri calciatori provenienti da fuori regione e che a diventar figli adottivi della Stazione c’impiegavano proprio poco: 180 minuti di partita moltiplicati per le fasi del Torneo estivo, il tempo di una battuta di pesca presso il grande letto del fiume Ofanto, un altro sport insieme a quello della caccia molto in voga in particolar modo nella mia famiglia; il tempo, anche, di una serata di mezza estate trascorso all’aria aperta seduti sulle scale chi a raccontarsi, chi, come le ragazze della stazione, Assuntina, Maria, Lina, Pasqualina, Angela, a passeggiare lungo il grande ponte sognando ognuno l’arrivo del proprio treno, chi ad ascoltare da un unico stereo, quello con le audiocassette tipo mattoni, canzoni dell’epoca.
    Erano gli anni ʾ70 e si ascoltavano i Beatles, Lucio Battisti ma anche Pupo e Gabriella Ferri.
    Il telefono pubblico di mia nonna poi era aperto 24 ore su 24; anche quando in casa non c’era nessuno! Bastava una spallata e la porta di Totonn’ e Carmela “li napulitan” si apriva ad amici fidati.
    Quanti emigranti provenienti dal Belgio, dalla Svizzera, dalla Francia sono saliti e scesi alla stazione ferroviaria Conza-Andretta dove ad attenderli c’era l’autobus Caputo e/o Trulio, in alternativa il servizio taxi, effettuato da mio padre con la sua Opel Kadett, per chi doveva raggiungere Conza paese, Andretta, Cairano, abitazioni di campagna e cosi via!
    Se dovessi associare un fiore a questo borgo che non c’è più sceglierei la rosa, perché davanti alla maggior parte delle abitazioni c’erano cespugli di rose rosse selvatiche, rose rosa e rose gialle come quelle che ricordo, se la memoria non m’inganna davanti alla casa della famiglia Farese Vincenzo.
    E’ possibile, ma solo chiudendo gli occhi, sentirlo ancora quel fresco profumo di rose rosse, gialle e rosa!
    Ma la rosa non era certo l’unico fiore, c’era Fiore Nicola, Fiore Angelo, Fiore Pietro, Fiore Pasqualino, Fiore Luigi.
    Era sempre la stazione di Conza quella in cui io mi perdevo passando per il Bar di “Mast ‘Vicienz”, dove ricordo che il ghiacciolo alla frutta, che io chiamavo Italia perché era verde bianco e rosso, aveva per davvero il sapore di menta, limone e fragola; e così proseguivo per il mulino dei Cordasco, di cui ricordo ancora il rumore della macina e i sacchi di grano. Era la Stazione della Bimba del latte, Zoppi Colombina, che all’alba di ogni mattino lasciava la bottiglia di latte fresco appena munto davanti la porta, era la Stazione della famiglia Caprio Angelomaria, Zoppi Gaetano, Buscetto Gerardo, della famiglia Caputo Alberico, Megaro Pasquale, Zarra Basilio, Renna Angelo, Imbriani Pasquale, della famiglia Tufano Ciro, Franco, Raffaele, Adelaide e suo marito Michele, della famiglia Cerracchio Pasquale, della famiglia Oliviero Rossi e sua moglie Maria, di Cheropita e Carmela, era la stazione di Zi ‘Ntonio Nacca e il nanetto Gerardo di Andretta, due personaggi carismatici, il primo per la sua sana follia, il secondo per la sua astuta simpatia.
    Io e la mia famiglia, abitavamo a ridosso di un tratto di linea ferroviaria molto vicino alla Stazione e ricordo che, ogni notte, mi capitava di sentire il fischio di un treno che correva lontano nel buio: un fischio che mi faceva pensare a mio padre sempre vigile durante il turno notturno, nonostante il silenzioso tepore della stufa a legna che bruciava traversine dall’odore forte e aspro. Un fischio che mi faceva riaprire gli occhi su mia mamma Rinuccia, un fischio che mi faceva allungare lo sguardo sulle mie sorelle, un fischio che mi faceva alzare gli occhi e sorridere a mio padre, un fischio che potrebbe restituire, se qualcuno lo riuscisse a sentire, la propria anima alle nostre tanto care amate rotaie.

  319. 363 pietro mitrione 12/08/2015 alle 9:36 PM

    ://www.youtube.com/playlist?list=PL695A5D2B288BE7EE
    l’attività svolta col treno irpino del paesaggio

  320. 365 pietro mitrione 12/08/2015 alle 9:48 PM


    vinicio capossela
    anticipa il suo libro: il paese dei coppoloni

  321. 366 pietro mitrione 12/08/2015 alle 9:50 PM


    centenario

  322. 367 pietro mitrione 28/08/2015 alle 9:02 PM

    ‘Il cassetto delle parole’
    – Parole ‘a tema’ –

    Ritorno all’incanto
    (di Nadia Lucchetta)

    Il treno è l’estate, le vacanze arrivate.

    Il treno è il viaggio, lungo, interminabile fatto di ore e ore trascorse tra caldo, sudore, polpette fritte nei panini, umanità accalcata nei vagoni e stanchezza, stanchezza tanta.

    Il treno è un film da guardare al finestrino, traboccante di immagini che si svolgono tra la notte e il giorno lieto, quello del ritorno.

    Il treno è la laguna al calare della sera, il buio, ancora il buio, il nero profondo, qualche luce che si accende, qualche luce che si spegne, la vita oltre il sonno, oltre il sogno, il chiarore albino e il sole che arriva subito poi a costeggiare il mare, le distese di girasoli verso sud che si stiracchiano, pigri, assonnati, aprendo timidi e lenti le corolle.

    Il treno è la sosta forzata, nei grossi snodi ferroviari, in attesa delle coincidenze da altre vie. Il permesso al gioco bambino con le fontanelle dal getto dispettoso verso l’alto.

    Il treno è il binario morto nella stazione di Foggia, da raggiungere correndo, a cuor leggero, per farsi spazio nella calca, con le braccia appesantite dai bagagli, con il ritardo accumulato sulle spalle.

    Il treno è la ‘littorina’, piccola, marrone, affusolata che si arrampica con tenacia sull’ultimo tratto del percorso.

    Il treno è tutte quelle fermate da indovinare in successione. Monteverde, Aquilonia, Monticchio, Ruvo-Rapone, a ricordo, forse stonato, tuttoattaccato, Pescopagano, Calitri, Cairano. Fermate da saltare in elenco, ogni tanto, solo per la fretta di arrivare.

    Il treno è la stazione di Conza (Andretta-Cairano).

    Il treno è il ritorno all’incanto.

  323. 368 pietro mitrione 30/08/2015 alle 9:11 PM

    Auguri Vinicio e auguri anche alla nostra “dimenticata” Avellino Rocchetta
    “Sosteniamo con convinzione interessante progetto di rilancio della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta S.A., che parte sperimentalmente in questi giorni. Un servizio di grande valenza turistico-culturalem, reso possibile con nostre risorse e con il supporto dell’ACAM, la nostra agenzia per la mobilità sostenibile, grazie al nuovo contratto di servizio che abbiamo firmato lo scorso aprile con Trenitalia, e che ci consente di rispondere in modo rapido e flessibile alle richieste dei cittadini e delle comunità locali”
    “Sono sicuro che questo primo esperimento potrà proseguire nel 2010, poiché il trasporto ferroviario non deve servire solo a risolvere i problemi di mobilità e congestione nei nostri territori, ma può anche fornire un valido sostegno alla valorizzazione di zone da riscoprire sul piano paesaggistico, culturale ed enogastronomico, proprio come quelle della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta”
    Così scriveva l’allora assessore ai trasporti della regione Campania Ennio Cascetta…era il 28 ottobre del 2009.
    Purtroppo, sappiamo come andò a finire non solo per la Avellino Rocchetta ma anche per la funicolare di Montevergine, per la stazione ferroviaria di Avellino e per il trasporto pubblico locale in Campania con l’avvento di Sergio Vetrella. Per noi irpini fu la cancellazione della nostra provincia dalla geografia ferroviaria.
    Una inversione di tendenza si intravede con la nuova amministrazione regionale e la proposta di elettrificare la tratta Salerno-Avellino-Benevento ne è la dimostrazione.
    A distanza di circa 5 anni dalla “sospensione” della Avellino Rocchetta, avvenuta il 12 dicembre 2010, si celebra per il secondo anno consecutivo lo SPONZ FEST di Vinicio Capossela nella stazione di Conza-Andretta-Cairano. Una scelta emblematica che richiama tutte le considerazione che furono alla base per l’effettuazione di treni turistici e culturali con il treno irpino del paesaggio.
    Quest’anno ricorre il 120° della nostra “Rocchetta” e migliore occasione non poteva non coincidere con i 25 anni di attività artistica del nostro Vinicio Capossela che coerentemente ha voluto svolgere nella stazione della sua ferrovia di Conza, ai piedi del “paese dei coppoloni”.
    Vinicio Capossela sta facendo rivivere il sogno del treno……….. noi vorremmo incontrare in questo sogno qualcuno che lo facesse diventare realtà per poter festeggiare insieme a lui lo SPONZ FEST del 2016.
    Auguri Vinicio e auguri anche alla nostra “dimenticata” Avellino Rocchetta
    Pietro Mitrione

  324. 369 pietro mitrione 14/09/2015 alle 8:31 PM

    All’inizio di questa settimana Foti ha prima radunato i sindaci della cosiddetta Area Vasta e, il giorno dopo, ha colloquiato con il presidente campano De Luca. L’argomento: due grandi ipotesi infrastrutturali che dovrebbero garantire lo sviluppo di Avellino e del territorio prossimo, grazie ai fondi europei. A parte i comunicati ufficiali diramati dal Comune, non vi è traccia di ulteriori interventi o commenti da parte di altri amministratori o forze politiche. Eppure l’argomento meriterebbe grande attenzione, poiché in ballo vi sarebbero due grandi progetti come l’elettrificazione dell’attuale linea ferroviaria Benevento – Avellino – Salerno, limitatamente al tratto tra Salerno ed Avellino, e il raddoppio dell’attuale raccordo autostradale tra le due città, sul quale il governo tentò in anni recenti di applicare le tariffe delle autostrade vere e proprie. Colpisce innanzitutto che le due idee viaggino insieme, quasi tenendosi per mano, nelle parole dei comunicati ufficiali e quindi per bocca del sindaco. Nei fatti non potrà essere così. Una sopravanzerà l’altra: quale finirà per prevalere? Domanda da porre da subito perché già nelle conseguenze ipotizzabili, i due progetti rinviano a due modelli di trasporto pubblico e privato profondamente diversi. Basta guardare alla vita di ogni giorno delle aree metropolitane o di aggregati urbani europei. Roma non è Parigi e Parigi non è Londra. E Napoli non è Barcellona. E le città intermedie delineate da nostro piano territoriale regionale non assomigliano alla rete delle città olandesi, non solo per le montagne lì inesistenti.
    A quale modello Foti si ispira? Quale delle due “strade” Foti imbocca? Va verso un miglioramento, per quanto possibile, del modello attuale su gomma, o sterza deciso per il passaggio al trasporto su ferro? L’Europa, sempre invocata quando fa comodo, indicherebbe da tempo la seconda, per intuibili vantaggi.
    Scontata era l’attenzione mostrata da De Luca che, negli anni passati, in più occasioni e prima ancora dei sindaci avellinesi, aveva già indicato la necessità di elettrificare la ferrovia ed allargare il raccordo autostradale oltre lo snodo di Fisciano; nel primo caso, come prosecuzione della metropolitana cittadina e per la presenza dell’Università, nel secondo a vantaggio della logistica portuale. Ma dall’altro capo del filo, qui da noi, abbiamo riflettuto abbastanza ed insieme sulle ricadute dei due progetti? Poniamo che la stazione di Avellino rinasca come punto di arrivo o di partenza da e per Salerno: quale sistema di trasporto pubblico troveranno i viaggiatori una volta usciti dalla stazione? La nostra stazione è sacrificata laggiù perché le decisioni politiche dalla stagione postunitaria disegnarono la crescita di Avellino verso Atripalda; i fatti hanno ribaltato la città verso Napoli. Quale trasporto pubblico locale, rapido ed efficiente ( non il “ rapido ed invisibile” della canzone ) collegherà dall’esterno dell’area vasta verso il suo cuore? L’intera Area vasta come dialogherà con una rinnovata ferrovia? Elettrificata solo in senso, poi: perché amputare l’ipotesi verso Benevento, ovvero verso la nuova linea dell’alta capacità? Hai voglia di spernacchiare e sputacchiare sulla “metropolitana leggera” e sui “filobus” che giacciono impolverati in un capannone a Pianodardine. Un nuovo, profondamento nuovo, assetto del trasporto pubblico locale diviene necessario; lo sarebbe da tempo, a prescindere dai desiderata di De Luca, verrebbe da dire.
    Elettrificare il tratto Salerno-Avellino non comporterebbe il tempo dedicato agli espropri con i conseguenti contenziosi, nell’ipotesi del raddoppio del raccordo. Con il vantaggio di distinguere tra persone e merci trasportate: se le persone troveranno conveniente la ferrovia e il sistema di trasporto pubblico, anche le merci locali potranno viaggiare più celermente, almeno finché si trovi una soluzione su ferro anche per queste ( vi ricordate dei raccordi ferroviari con le aree pip sparse in provincia? Un altro problema insoluto del postsisma ). Altrimenti avremo bisogno di accorpare e ingrandire i parcheggi cittadini; e le orecchie già si drizzano ad alcuni nostri sensibili concittadini.
    I comunicati stampa utilizzano un mantra: tutto il gran pensare volge verso lo “ sviluppo sociale, infrastrutturale, culturale ed economico ed ambientale sostenibile “ ( abbiamo dimenticato nulla ? ) dell’Area Vasta, non della sola Avellino. Tradotto: abbiamo bisogno che molte persone scelgano di vivere da noi in modo abbastanza stabile e continuato, non solo di dormirvi. Le persone sveglie ed attive sono un problema. Hanno la sgradevole tendenza a sconvolgere assetti ed andazzi consolidati, a mutare infine il senso di una città. Foti ed i suoi glissano finora, aiutati dal silenzio delle forze politiche. Per quante parole adoperi il nostro sindaco, non abbiamo compreso ancora quale Avellino ipotizzi. Città dormitorio? O attivo centro di qualcosa : cultura, finanza, produzione di bulloni o di cibi e liquidi unici ad origine controllata e garantita, casinò da riserva indiana od altro ancora. Per ora assistiamo ad una trasposizione tra mezzi e fini: quando adopera da solo o in compagnia i termini strategia o strategico, confonde i mezzi con l’ipotetico fine, l’Avellino che vorremmo, persino l’Irpinia che vorremmo. La ferrovia è un mezzo, il raccordo uno strumento per qualcosa. Foti per ora ha pensato di blindare il tutto chiamando a raccolta i sindaci del “contado”, ma la strategia manca ancora. Anche il mantra dello sviluppo sociale e parole a seguire non è un fine, ma una precondizione per un mutamento strategico. Non sempre le strategie si traducono in realtà e quando lo sono, non sempre si rilevano efficaci, ma decidere un fine è l’essenza della politica. I baroni del PD irpino, in Francia li chiamerebbero ténors o éléphants duri a morire, in quanto baroni non hanno interesse a disegnare il cambiamento del territorio baronale e mettere in discussione ruoli e potere.
    Ugo Santinelli
    Da il mattino del 13 sett 2015

  325. 370 pietro mitrione 06/10/2015 alle 8:11 am

    Avellino-Rocchetta, 120 anni. Ed ora?
    By Francesco CelliIn BlogTags 120 anni, avellino-rocchetta, ferrovia, Irpinia
    Avellino-Rocchetta S. Antonio Info Irpinia
    La spettacolare tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio nasce nel lontano 27 ottobre del 1895. Collega l’odierna Campania alla Puglia attraversando una delle zone più belle di tutto l’Appennino. In realtà le Regioni si costituiscono solo nel 1970 ma questa tratta di 119 km, intersecando tre provincie (Avellino, Potenza e Foggia), rappresenta da subito uno dei collegamenti più importanti per tutta l’Italia meridionale. Sicuramente il più importante per l’Irpinia.
    Con l’Avellino-Rocchetta, tratta voluta fortemente da gente come Francesco De Sanctis e Giustino Fortunato, si rompe finalmente l’isolamento del nostro territorio, fornendo il collegamento con le realtà vicine e lontane. Un cambiamento epocale e rivoluzionario, la distruzione di un muro di separazione astratto ma reale come quello di Berlino, una nuova opportunità per la crescita delle nostre speranze. La leva di sviluppo migliore per questa terra. Giustino Fortunato la definisce “una rivoluzione più importante dell’alfabeto obbligatorio”, mentre Francesco De Sanctis durante il suo viaggio elettorale preannuncia: “Venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”.
    Ponte Principe Lapio
    Questi binari sono la nostra storia, intrisi dei nostri sacrifici e delle nostre lacrime. Le nostre partenze, i nostri ritorni, la nostra comunità, l’emigrazione, i nostri studi, le nostre speranze. Con questa tratta abbiamo cominciato a far parte del mondo. Con lei hanno cominciato a viaggiare i nostri vini, quelli che oggi sono famosi in tutto l’universo: il Taurasi, il Fiano di Avellino ed il Greco di Tufo. Questi binari fanno parte dell’Irpinia e di tutti noi.
    E oggi…?
    Avellino-Rocchetta S. Antonio Info IrpiniaLa situazione è tragica dal 12 dicembre del 2010. Per la verità i problemi sono iniziati prima, ma la ferrovia è stata sospesa a tempo indeterminato proprio da quella maledetta data. Un omicidio senza nessuna giustificazione, senza nessuna comunicazione, senza nessun senso: così. Abbiamo subito un lutto ingiusto, scorretto, spietato, senza un grido istituzionale, senza qualcuno che ci difendesse davvero, solo lacrime. O lacrime di coccodrillo per chi ha taciuto.
    Eppure questa tratta avrebbe potuto rappresen- tare uno straordinario volano per il nostro territorio. Turisticamente avremmo avuto la sensazionale possibilità di creare una Strada dei Vini oppure un Percorso di Castelli o Borghi, attirando turisti da tutto il mondo con i nostri paesaggi mozzafiato e la nostra straordinaria enogastronomia. Senza trascurare il trasporto pubblico locale con il possibile interscambio ferro/gomma, visto che oggi ci sono luoghi della Provincia totalmente isolati come prima del 1895. Inoltre sarebbe potuta essere molto importante per il trasporto delle merci, eliminando quella caterva di camion dall’Ofantina Bis che spesso diviene teatro di incidenti mortali proprio a causa dell’eccessivo concentramento di utenza.
    I binari però sono ancora lì a supplicare qualcuno di difenderli prima che sia troppo tardi. E tanti Irpini quei binari li hanno ascoltati provando a farli rivivere nella passione delle parole o percorrendoli a piedi. Lo abbiamo fatto anche noi diverse volte, insieme all’ass. In_loco_Motivi, per indicare un futuro ancora possibile per questa terra.

    E’ il segnale di una sensibilità sempre maggiore attorno a questa ferrovia. Vinicio Capossela ha dedicato l’intero Sponz Fest del 2014 proprio all’Avellino-Rocchetta, intitolandolo il festival “Mi sono sognato il Treno”; a fine 2014 la Soprintendenza ha avuto il “via libera” per l’apposizione del vincolo storico e paesaggistico sull’intera tratta; a breve uscirà il film “Ultima Fermata” di Giambattista Assanti con Claudia Cardinale, Sergio Assisi e le musica di Nicola Piovani, che tratta proprio di una storia d’amore legata alla nostra ferrovia.
    Il 25 ottobre prossimo saremo insieme al Touring Club Italia a Lapio per festeggiare i 120 anni della tratta, con una manifestazione sul maestoso Ponte Principe. Soprattutto saremo lì a chiedere, ancora una volta, che rivogliamo la nostra Ferrovia. Rivogliamo la nostra storia ed il nostro futuro.
    Avellino-Rocchetta Info Irpinia
    http://www.infoirpinia.it/avellino-rocchetta-120-anni-ed-ora_676/

  326. 371 pietro mitrione 06/10/2015 alle 8:13 am

    Isochimica e treni fantasma. L’Irpinia da rilanciare
    Sogni di futuro, evidenze oggi …
    isochimica e treni fantasma l irpinia da rilanciare
    Un’occasione nei trasporti veloci. Un monito dal passato da non tradire
    Avellino. Il presidente della regione De Luca ha affronto i punti programmatici che disegnerebbero il futuro dell’Irpinia. Esaminiamoli:
    Il treno dei desideri: Elettrificare la tratta Salerno – Avellino significa ricollocare il capoluogo irpino in una posizione di primo piano, all’interno del quadro turistico regionale. Avellino come cerniera fra Napoli, Salerno e le bellezze della nostra provincia. Un polo da sviluppare grazie all’incremento delle strutture recettive, ridisegnando la geografia della città: immaginiamo il Viale alberato dei Platani restituito a nuova vita introdurci alla zona passeggio del Corso. Ipotizziamo di avere un’autostazione funzionante e una pista ciclabile che si estenda lungo il Fenestrelle legando il capoluogo con Mercogliano, Atripalda e Monteforte. Lasciamo vivere l’Eliseo come casa della Cultura. Ecco che la porta d’Irpinia comincia a materializzarsi.

    Bonifica Isochimica: Bonificare l’aria di borgo significa ridare dignità a un quartiere ormai abbandonato alla criminalità, alla rassegnazione, all’indolenza amministrativa e allo spettro di un passato terribile che, purtroppo, continua a perpetrarsi. Dare finalmente giustizia agli operai assassinati dal killer dell’amianto e da chi, pur sapendo, decideva di restare in silenzio. (Continua sull’app di Ottopagine)

    Andrea Fantucchiohttp://www.ottopagine.it/av/attualita/39150/isochimica-e-treni-fantasma-l-irpinia-da-rilanciare.shtml#st_refDomain=www.facebook.com&st_refQuery=/

  327. 372 pietro mitrione 24/10/2015 alle 6:58 PM

    L’anniversario
    L’Avellino – Rocchetta nell’Italia dell’Alta Velocità: 120 anni di storia per 120 km di futuro
    Un treno che si inerpica lungo le valli fluviali, salta sui ponti, mastica le montagne, penetra territori dalla forte valenza paesaggistica, sconosciuti ai più, anche nella stessa Campania…

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    E’ la settimana che ricorda i 120 anni dell’inaugurazione della Linea Ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Ferrovia ormai sospesa dall’11 dicembre 2010.

    Fu Francesco De Sanctis, in un percorso propositivo, visionario, lungo e non sempre lineare, a costruire le condizioni politiche per realizzare una infrastrutture che nel 1895 si rivelò anche una impresa di grande valore ingegneristico per le 19 gallerie, di cui una lunga 2595 metri, una 1302 metri, altre quattro tra i 500 metri e 1000 di lunghezza, e soprattutto per i 30 ponti in struttura metallica, vere e proprie testimonianze dell’evoluzione tecnica dell’ingegneria umana, per una lunghezza totale 2174 metri, di cui il più famoso, vero e proprio monumento di valore storico, è il Ponte Principe tra Lapio e Taurasi.

    L’Avellino Rocchetta è una tratta che, sviluppandosi per circa 120 km, unisce il capoluogo irpino alle aree montuose interne e arriva fino in Puglia, toccando la Basilicata.

    Un treno che si inerpica lungo le valli fluviali, salta sui ponti, mastica le montagne, penetra territori dalla forte valenza paesaggistica, sconosciuti ai più, anche nella stessa Campania.

    La lezione di assoluta attualità di Francesco de Sanctis, relativa alla necessità di aprirsi alla responsabilizzazione collettiva attraverso la consapevolezza e la conoscenza acquisita dal popolo – è bene ricordarlo in questi giorni di memoria – ha trovato proiezione e concretezza nell’esperienza di In Loco Motivi .

    Un insieme di associazioni, una rete fattiva ed operativa di persone, che ha dimostrato l’utilità sociale, turistica ed economica della tratta, attraverso la promozione di viaggi turistici, programmi di viaggi di studio per le scuole, incontri ed eventi culturali e produzione di proposte concrete per il suo effettivo utilizzo.

    Non bisogna mai dimenticare che, dal settembre 2009 al dicembre 2010 – in 27 escursioni organizzate in treno, hanno fruito della tratta 2030 visitatori, con una media di 107 passeggeri per 17 borghi e trenta monumenti visitati. Quindi, 6 escursioni di tipo più strettamente naturalistico: dall’innevato altopiano del Laceno all’oasi di Conza. Fu, inoltre, sperimentata una proficua attività di educazione ambientale con le scuole, dalle elementari per finire al Liceo Artistico.

    Nuove prospettive e miglior impiego di risorse, sostengono attività turistiche ed economie locali e “Il Treno Irpino del Paesaggio”, così si chiamava l’azione di In Loco Motivi, è anche diventato caso di studio in molte analisi di ricercatori e studiosi.

    I numeri, ripresi dai nostri archivi personali, dimostrano che rivitalizzare e ripristinare una tratta ferroviaria “sospesa”, ma parte integrante di quel patrimonio storico oggi difeso e rivalutato dall’azione della Fondazione FS Italiane, è una azione politica su cui investire, con raggiunta e matura cognizione di causa.

    Consapevolezza che trova fondamento nelle visione più ampia che oggi si può avere del sistema ferroviario e delle rete di collegamento tra punti nodali del territorio italiano.

    E’ evidente che qualsiasi ragionamento sul sistema ferroviario nazionale ed europeo, anche quello minore, non può prescindere dall’aumento dell’offerta infrastrutturale delle nuove linee e dei servizi dei treni ad Alta Velocità. Nuova offerta le cui relative variazioni dei comportamenti di mobilità hanno diretti ed importanti impatti sul sistema urbano e territoriale più in generale.

    I flussi fondamentali, quelli sui quali si sono concentrati gli investimenti e si concentreranno nel futuro riguardano la rete di interconnessione delle dieci aree metropolitane italiane, di cui sette già ampiamente servite ed interconnesse. Stazioni che ormai sono veri e propri centri di mobilità ed intermodalità urbana oltre che occasione per processi di rigenerazione e densificazione urbana.

    Insomma, i 1000 km di rete ferroviaria dell’Alta velocità danno sostanza a quell’ «area metropolitana», come sistema economico e funzionale piú che come unità insediativa demografico–edilizia. Non è la continuità della edificazione, la quale può risultare interrotta da territori anche ampi, a destinazione agricola o liberi, quanto la presenza di rapporti funzionali, di interrelazioni e di scambi fra le diverse attività e funzioni insediate nel suo ambito. La diversificazione e la trasformazione dei rapporti economici e lavorativi e imprenditoriali tra Roma e Napoli e quindi Salerno ne è un esempio.

    Oggi i corridoi ferroviari dell’Alta Velocità e dell’ Alta Capacita sono come le strade consolari romane, che attraversavano tutti i territori sottomessi per collegarli al centro vitale dell’Impero. Lungo quelle strade per far si che i territori si innovassero e progredissero, si innestavano una miriade di traverse secondarie a volte più importanti di quelle principali.

    Mi pare evidente allora come il derelitto sistema ferroviario irpino possa immaginarsi funzionale soltanto se tutti gli sforzi , politici, strategici, di visione futura tengano come bussola di orientamento la necessità di “ammodernare”, il tratto ferroviario che da Avellino giunge a Mercato San Severino e quindi a Salerno. Non è una battuta di Crozza/De Luca, ma è l’”asset” territoriale per l’Irpinia di principale riferimento.

    Del resto la Valle dell’Irno, con la nuova città di Montoro e Solofra, forse, rappresenta un ambito dove nei prossimi vent’anni passeranno le più importanti politiche di riequlibrio insediativo e di sviluppo economico di tutta la Campania. Lì c’è da immaginare, pianificare e realizzare un unico sistema urbano di oltre trentamila abitanti. Solofra, per esempio, sta per dotarsi di uno strumento urbanistico che trasforma ed innova la città riusando quelle parti altamente compromesse dai comparti industriali ormai incuneati nel tessuto urbano, ridando peso e centralità proprio all’area della Stazione ferroviaria.

    La città di Avellino troverebbe finalmente un minimo di senso nella geografia dei trasporti ferroviaria. Si può e si deve anche tirare fuori dal cassetto il concetto di “Metropolitana Regionale”, messa in cantiere dalle passate amministrazioni e lasciata nei cassetti dall’esperienza della giunta Caldoro, che intendeva raggiungere l’obiettivo di collegare tutti i centri della Campania utilizzando le infrastrutture già esistenti, con lo scopo non banale di fornire, per quanto possibile, pari opportunità di mobilità sia alle zone costiere che alle zone interne della Campania.

    Ecco che si innesta, riaprendosi, lo scenario legato all’Avellino –Rocchetta Sant’Antonio.

    Forse non bastano più i convegni a sottolineare ciò che già è stato dimostrato dall’azione di In Loco Motivi negli anni scorsi, né le diverse proposte di legge che pure giacciono in parlamento in attesa di essere discusse.

    E’ necessario quanto meno dare attuazione, prioritariamente, ad una approfondita attività di studio che sappia tracciare un piano di gestione e di rimessa in esercizio ed oserei dire anche di definizione di destinazione d’uso della stessa linea ferroviaria, sperimentando una integrazione tra treno vero e proprio e percorsi paesaggistici di mobilità alternativa.

    I rappresentanti istituzionali di un territorio ed i decisori politici misurano la propria credibilità sulla capacità di incidere affinché si possa dare seguito a quelli che sono gli strumenti che regolano e pianificano.

    Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale individua, tra gli altri, il progetto strategico “Percorso di interesse storico, architettonico, paesaggistico di valenza territoriale” lungo il tracciato della ferrovia Avellino – Rocchetta S. Antonio.

    La Provincia, quindi, deve promuovere, d’intesa con l’Ente ferroviario, la Regione e i Comuni interessati, uno studio di fattibilità per verificare l’ipotesi di connotare la predetta tratta ferroviaria quale percorso di interesse turistico ed enogastronomico su ferro e/o per la sua riconversione, anche parziale, ai fini della realizzazione di un asse escursionistico e turistico di interesse territoriale e/o percorso di mobilità dolce a beneficio delle comunità locali con ciò promuovendo azioni di valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche locali (vini DOCG, formaggi, ecc) e del patrimonio storico-artistico-culturale-religioso.

    Lo Studio ci dovrà dire se esiste la sostenibilità in termini di investimenti pubblici, investimenti privati, costi di gestione, tecnologie utilizzabili, benefici economici, territoriali e di impatto sull’ambiente delle diverse alternative d’uso del tracciato.

    Insomma, la vera base su cui discutere.

    Magari questa azione così strategica ed importante, vista l’incertezza che regna per il futuro delle Ente Provincia, può entrare di diritto in quei Piani di Sviluppo Locale che sono le fondamenta dell’azione dei quattro GAL irpini. Gruppi di Azione Locale che ancora una volta, nella prossima strategia della Comunità Europea, sembrano essere quelle strutture di raccordo tra i territori e la Regione per ben gestire ingenti finanziamenti europei, attuando quello che viene definito uno Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo.

    Ecco, fatte salve le dovute eccezioni, auspichiamo meno convegni e supporti alle sagre, ma più azioni che tracciano percorsi e disegnano cornici di riferimento all’interno delle quali i privati possano generare una nuova ricchezza.

    Un progetto strategico, e non il progetto spot da farsi finanziare, per l’Avellino-Rocchetta è un tema guida per ogni Piano di Sviluppo che voglia candidarsi a distribuire le risorse della comunità europea.
    luca battista
    da orticalab del 24 ott 2015

  328. 373 pietro mitrione 29/10/2015 alle 5:56 PM

    Il mio obiettivo strategico è di completare la rete metropolitana su ferro della Regione Campania, i collegamenti tra i capoluoghi e gli interventi su alcune reti (Salerno-Avellino-Benevento),
    Prof. Giovanni Acocella

  329. 374 pietro mitrione 29/10/2015 alle 5:59 PM

    GROTTAMINARDA- CONTURSI
    Nei giorni scorsi sui mass-media locali, in occasione dell’avvio del primo lotto della Lioni Grottaminarda, si è svolta un’animata discussione sull’ideazione di questo importante raccordo e sulle fasi della sua approvazione.
    Il problema delle ferrovie irpine è tornato d’attualità con la notizia dell’approvazione del finanziamento del raccordo ferroviario tra l’officina motori di Pratola Serra e lo scalo di Avellino.
    E’ opportuno risalire al Convegno tenuto nel 1962 nella sala del Consiglio provinciale di Avellino, alla presenza delle massime autorità cittadine e provincia e con l’intervento del Direttore generale delle FFSS Severo Rissone, per scongiurare la soppressione della ferrovia Avellino – Rocchetta.
    FAREMO UN ACCENNO ALLE PROPOSTE, Più O MENO ATTUALI O PRATICAMENTE REALIZZABILI AVANZATE IN QUELLA SEDE.
    La prima prevedeva l’inserimento della Avellino Rocchetta in un circuito più importante, la Gioia del Colle- Napoli.
    La seconda l’allacciamento ad un tratta di nuova costruzione tra le Valli dell’Ofanto e del Sele, racchiusa nella proposta del Sen, Indelli di ferrovia Eboli – Calitri.
    La terza, più ridotta, ma già contenuta in un progetto e, forse, ancora attuale , di un prolungamento del binario di Km 2,8 dalla scalo al centro di Avellino, con un percorso pianeggiante, impegnando una scorta di rotaie allo scalo di Pontassieve.
    Il tema passò in secondo orine e così anche il problemi dei Rami secchi. L’attenzione era rivolta al sistema autostradale. Il raccordo ferroviario Avelli Ferrovia con il centro città sembrò a portata di mano, ma nulla si mosse di concreto., anche perché.
    La proposta di collegare il salernitano all’Irpinia attraverso la Valle del Sele trovò uno spazio concettuale nella discussione aperta nella seconda metà degli anni Sessanto nel dibattito aperto sull’equilibrio territoriale della Campania fra zone interne e fascia costiera anche nella prospettiva dell’istituzione delle Regioni. Decongestionare la fascia costiera era una opinione largamente condivisa.
    Presentai uno schizzo rudimentale di collegamento veloce tra il Vallo di Diano e la Valle dell’Ofanto, attraverso la Valle del Sele a Manlio Rossi Doria candidato e futuro senatore dell’Irpinia. Mettevo in evidenza con un semplice calcolo cha l’asse consentiva di ridurre le distanze Nord – Sud di oltre sessanta Km e di collegare meglio il Tirreno e l’Adriatico, oltre che a decongestionare la fascia costiera.
    Era l’opinione di un dilettante. Trovò un consenso autorevole, perché largamente condivisa, nel programma che Manlio Rossi Doria presentò agli elettori a Lioni. E’ la prima vera proposta, che trovò un’eco nei dibattiti urbanistici fioriti in quel periodo.
    Vi furono tracce di queste impostazioni nei vari Documenti d’indirizzo della politica regionale del territorio.
    L’occasione per passare al concreto venne molto più tardi, dopo il terremoto del 1980, quando si risvegliò lo spirito costituente della programmazione territoriale. Venne offerta dal dibattito che si accese sui fondi del Bankers Trust , messi a disposizione per opere strutturali al servizio dello sviluppo delle aree terremotate. Una incauta delibera della Giunta Regionale, che destinava i fondi al progetto speciale per il disinquinamento del golfo, sollevò una generale rimostranza della Commissione Speciale per la ricostruzione, istituita dal Consiglio. Si lavorò costruttivamente attorno a una proposta alternativa della Commissione Speciale, condivisa da tutte le forze politiche, che fu definita in una lunga seduta notturna presso il Ministero degli Interventi straordinari per il Mezzogiorno. Presenti rappresentanti della Giunta e della Commissione Speciale, con la partecipazione dei dirigenti dell’ANAS e dei LLPP. Uno dei cardini era la realizzazione di un’arteri scorrimento veloce che avrebbe collegato Contursi con la valle dell’Ofanto, proseguendo verso Grottaminarda e di un piccolo raccordo da Nerico che avrebbe portato al casello di Lacedonia, utilizzando i tracciati non molto accidentati della SS399 e della Bisaccia – Chiancarelle.
    Da quel momento le opere previste, assieme ad altre collegate con il programma delle aree industriali previste dall’art. 32 della 219, entrano nei piani organici della Regione e dell’Intervento straordinario. Tra appalti. Lotti e annunci periodici, la Contursi-Lioni viene completata nei primi anni del nuovo secolo e, addiritturam anni dpo la bretella di pochi Km di collegamento fra l’Ofantina( Nerico) e la Statale di Bisacciia. Qualche nube, senza esplicite riserve, offuscò la Lioni-Grottaminarda nel quinquennio finale del secolo. Tra annunci vari e proclamazione ripetute d intenti siamo giunti finalmente all’inaugurazione del primo lotto nei giorni scorsi.
    Il tracciato è quanto mai attuale. Alle motivazioni di ieri si aggiunge quella del collegamento in prospettiva con lo scalo Irpinia dell’Alta Capacità e con l’attiguo sistema logistico progettato dall’ASI di Avellino.
    Qualche nuova prospettiva si aprirebbe per il collegamento ferroviario tra lo scalo di Avellino e il centro Urbano. Si aprla di una metropolitana in direzione della sede universitaria di Fisciano, che offre corsi sempre più qualificati. Quale migliore occasione per i pendolari irpini, che quotidianamente raggiungono tale complesso o quello di Benevento? La parola d’ordine è scappare, scappare dalle nostre Università, anche dalle cose valide presenti, contribuendo soltanto a disintegrare la realtà sociale, le famiglie e il territorio. Verso dove? Verso l’ignoto, che, spesso riserva amare sorprese.
    Il Ministro Del Rio( “Se bel rio se bell’auretta.. sono i versi una poesia della nostra infanzia ) potrebbe cogliere l’occasione della presenza in loco della ditta incaricata dell’eecuzione dei lavori per il raccordo con la fabbrica di Pratola Serra per amploare un tantino la spesa per raccordare la ferrovia di Avellino con il centro. Con molta buona volontà si potrebbe prolungare con Torrette e con Monteforte. Va certo ribadita la grande validità del raccordo di Pratola Serra, ricordando che una delle cause della chiusura della TUBI Sud stava nella strettoia di una piccola galleria tra Lapio e Montemiletto, che non consentiva il passaggio di carri merci pesanti. Sarebbe bastato un rimodellamento della volta o della base.
    Il governatore Vincenzo de Luca, che ha già inaurato il primo lotto della Lioni Grottaminarda, può esere un buon garante per la realizzazione completa, come figlio di quella terra del Vulture,che ha prodotto non solo vini ed oli pregiati, ma anche cervelli importanti per la battaglia meridionale. Come amministratore di Salerno non gli sfuggirà l’importanza del raccordo dei pendolari con l’Ateneo di Fisciano.
    Giovanni Acocella

  330. 376 pietro mitrione 01/11/2015 alle 10:03 am


    120 anni della ferrovia Avellino Rocchetta a Lapio

  331. 377 pietro mitrione 17/11/2015 alle 6:53 PM

    Se i treni torneranno ad attraversare Avellino…

    Leggo dalla stampa del completamento del brevissimo, ma essenziale, raccordo fra la stazione ferroviaria di Avellino e l’area industriale della città. Pochi metri per i quali sono stati necessari decenni per il completamento dell’opera. La buona notizia ci consente di tornare su questioni rilevanti.

    La centralità di Avellino rispetto all’altra metà della Campania. Quella che tiene insieme le aree interne con Salerno. A questa notizia si accompagna la volontà, più volte esclamata dal suo Presidente, della giunta regionale della Campania di ammodernare la linea ferroviaria tra Avellino e Salerno (e quindi Benevento).

    In genere sarebbe opportuno invertire l’ordine delle questioni, cioè parlare di infrastrutture dopo, e comunque, a servizio delle idee strategiche per il territorio. Ma queste novità, questa volontà, quest’attenzione su queste opere ci consentono di rimettere al centro le questioni strategiche.

    Qual è il punto essenziale? Le vocazioni civili ed economiche di questa parte della Campania. Fatta di sperimentazioni e di produzioni che reggono il confronto con i mercati più complessi, specialmente nel settore agroindustriale. L’Irpinia, il Sannio, il Cilento, la valle dell’Irno sono realtà fatte di tante punte avanzate che hanno però bisogno di una lettura comune, di un pensiero comune, di azioni condivise che le portino a costituire un’unica grande realtà.

    Attraversate con l’immaginazione questa linea ferroviaria e troverete: il porto di Salerno, la necessità di un’area di servizio retroportuale che ha bisogno di spostarsi sempre più all’interno, il campus universitario di FIsciano, la nuova “città” di Montoro, il polo conciario di Solofra, le potenzialità produttive e ambientali di Serino, l’area commerciale di Atripalda, il nucleo industriale di Pianodardine, la città di Avellino coi suoi centri di ricerca (dalla facoltà di Enologia al CNR in scienze dell’alimentazione) e così via, attraversando il tessuto produttivo irpino, fino a penetrare nel Sannio e a Benevento col l’altro polo universitario.

    Parliamo di cose che esistono ma che non sono tenute insieme da una visione.

    Ecco, una ferrovia può trasportare persone e cose, ma con essi anche pensieri. Ed è questa l’occasione che abbiamo davanti.

    Ci vuole una realtà politica che sappia cogliere l’orizzonte di questa sfida. Penso ad Avellino. Alle tristi, e ripetute, vicende di Palazzo di città. Avremmo bisogno di parlare di ciò e non dei mercatini di Natale. Avremmo bisogno di capire come la nostra città possa ricostruire intorno a queste sfide le sue funzioni. A come si costituisce intorno a queste funzioni l’Avellino del futuro, nella complessità dell’intera area urbana che costruisce una realtà diversa e più complessa rispetto agli antichi confini del capoluogo. A come si ricostruisce una relazione fra quest’area, la nuova città di Avellino, e l’Alta Irpinia: con un rilancio di questa ferrovia può avere un senso anche il rilancio dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, perché le stazioni dell’Alta Irpinia sarebbero collegate a una stazione del capoluogo funzionante e utile.

    Avremmo bisogno di un ragionamento che, all’interno delle rinnovate funzioni di Avellino, si interessi di quella parte di città che è il fulcro dell’area vasta: da Borgo ferrovia fino a Pianodardine. Che diverrebbe di fatto l’area dei servizi, della produzione e della logistica.

    E che rimetterebbe al centro quel dovere che la comunità civile avellinese ha di rimarginare l’enorme ferita dell’ex Isochimica. Quella ferita sta al centro di questo ragionamento. Perché parla di Pianodardine, e quindi di industria, perché parla di Stazione ferroviaria, e quindi di trasporti, perché parla della vicinissima città ospedaliera, e quindi di sanità. La sua bonifica, l’abbiamo detto tante volte con “luoghideali”, dipende dalla funzione che la comunità sceglierà di dare a quell’area. Una funzione che deve saper guardare alla mobilità interna alla città, in modo da riaggregare Borgo ferrovia con il resto della città e dell’area urbana.

    Lavoro, trasporti, sanità, ambiente. Insomma cittadinanza. Un nuovo modello di cittadinanza che può partire da queste occasioni.

    Non sarà il treno dei desideri. Ma se i treni torneranno ad attraversare Avellino c’è speranza che tornino ad attraversarla anche idee e passione civile.
    Francesco Todisco

  332. 379 pietro mitrione 20/11/2015 alle 12:50 PM

    dal 20 novembre 2015 scompare il segnalamento ad ala semaforica nella stazione di Avellino

  333. 380 pietro mitrione 27/11/2015 alle 4:51 PM

    Una favola chiamata stazione….
    La mia bambina ha già tre anni, è ora di iniziare una nuova avventura: un viaggio in treno!
    Si parte…con l’automobile perché la stazione di Rocchetta Sant’Antonio non è solo un edificio, è una vera e propria località , Rocchetta Sant’Antonio Scalo, a 14 chilometri dal paese, e comprende edicola , tabaccaio, scuola, ristoranti.
    Per raggiungerla si percorre una strada faticosa, a curve, in discesa.
    Una volta arrivati, lei, tutta vestita di rosa, scopre incantata un’ampia distesa di binari che corrono in una verde vallata.
    Si diverte saltellando sulla banchina grigia con le sue scarpe da ginnastica-naturalmente rosa- e compie giravolte attorno alle nere colonne di ghisa.
    All’arrivo del treno, sale un po’ intimorita, ma la scoperta del finestrino l’ affascina e si sporge in braccio alla zia : saluta il papà che ci aspetterà a Lagopesole con l’auto per completare l’itinerario turistico dalla Puglia alla Basilicata.
    Durante il viaggio io le leggo il libro di Poochie, il cane rosa con gli occhiali, e a intervalli regolari beve il the dalla borraccia che la zia ha preparato. Poi osserva dal finestrino ampi panorami fra prati, monti ammantati di boschi e macchie, il viadotto dell’acquedotto pugliese che attraversa la fiumara di Atella e la statale che passa sotto la ferrovia. Vede scorrere centri ricchi di storia e paesaggi aperti della regione del Vulture fino all’abitato di Castel Lagopesole, dominato dall’imponente Castello, l’ultimo dei manieri costruiti da Federico II e donato poi da Carlo V ai Doria.
    Allora le narro la storia di zio Domenico, macchinista a Lagopesole, che raccontava sempre del Principe Doria, signore del feudo rustico di Lagopesole , di Lacedonia, Candela, Rocchetta…
    Come fosse una favola ricordava la bonifica realizzata dal Principe e i poderi in cui fu diviso il terreno recuperato.
    Alla stazione scendiamo dal treno e il papà ci accompagna in auto fino al Castello, dalla mole massiccia; all’interno la mia bambina scopre il Salone dell’Imperatore, dove le sembra di veder volteggiare nel ballo giovani eleganti principesse. La fa ridere la leggenda del ritratto del Barbarossa con le orecchie d’asino.
    Mentre si siede sulle mura esterne, immagina il Principe, vestito come il Principe azzurro delle favole, che si affaccia dalla finestra a bifora e la guarda. Sorride allora all’obiettivo della macchina fotografica felice per la bella gita.

    Siamo tornati dopo vent’anni alla Stazione di Rocchetta:la strada per arrivarci è in disuso, tutta buche e smottamenti.
    Quando arriviamo al piazzale della Stazione ferroviaria, completamente deserta e in disarmo, mi sorprendo a pensare a uno scenario da Far West, abbandonato dopo le riprese dell’ennesimo western.
    Sono così triste che non oso entrare a vedere in che stato sia la scritta ROCCHETTA S .A., sotto cui una bambina bionda vestita di rosa aspettava il suo primo treno.
    di Angela Nagari

  334. 381 pietro mitrione 28/11/2015 alle 8:50 am

    https://youtu.be/VsmNWQCmHGU Martedì 1° settembre 2009 in occasione della riapertura della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, un viaggio inaugurale organizzato da Pietro Mitrione e lOsservatorio CGIL sulla città di Avellino, con la collaborazione dellUNPLI e SPI-CGIL di Avellino,

  335. 383 pietro mitrione 28/11/2015 alle 11:09 PM


    Ultima fermata

  336. 384 pietro mitrione 28/11/2015 alle 11:11 PM

    trailer del film Ultima fermata

  337. 387 pietro mitrione 03/12/2015 alle 10:46 PM

    https://www.youtube.com/watch?v=m20kqY6ZSj0 Il ponte ‘Principe’ di Lapio (AV) e la linea ferroviaria Avellino – Rocchetta S. Antonio.
    Dall’inaugurazione della grande opera architettonica alla sospensione della ferrovia.

  338. 389 pietro mitrione 07/12/2015 alle 10:12 am

    http://www.lestradeferrate.it/mono2.htm

    ferrovie.it per la nostra Avellino Rocchetta

  339. 390 pietro mitrione 10/12/2015 alle 4:41 PM

    11 dicembre 2010, 11 dicembre 2015:
    cinque anni dalla “sospensione” della ferrovia Avellino Lioni Rocchetta,
    una decisione che penalizza il nostro territorio.

    A distanza di un lustro tutto sembrerebbe giocare contro la sua esistenza per cui se ne parla solo al passato.
    Non può e non deve essere così, questi nostri territori hanno ancora bisogno di una strada ferrata relativamente veloce, stante l’orografia dei luoghi, e funzionale ai nuovi bisogni che può intercettare.
    All’epoca della sua costruzione la ferrovia Avellino Lioni Rocchetta fu definita un “miracolo” di ingegneria ferroviaria e determinò l’inizio di un percorso di progresso civile per quei territori proprio come aveva scritto Francesco De Sanctis in un passaggio del suo scritto “un viaggio elettorale”:…………….. venga la ferrovia ed in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli.
    La Avellino lioni Rocchetta ha pagato e paga le scelte operate dalla sua costruzione, a cominciare dal suo percorso…..proprio come oggi sta accadendo per la linea ad alta capacità Napoli-Bari.
    La ferrovia Avellino Lioni Rocchetta doveva valicare l’Appennino e raggiungere in breve tempo la Puglia attraverso la valle dell’Ufita.
    Le popolazioni dell’alta Irpinia, giustamente, si ribellarono perchè rischiavano di perdere…il treno ed allora si optò per il tracciato che tutti conosciamo, tortuoso ed affascinante.
    Fino agli anni 70 questa ferrovia ha avuto un ruolo positivo se non altro per aver tolto dall’isolamento civile e sociale quei territori. Poi arrivò la motorizzazione spinta ed infine il terremoto dell’80.
    Quello che poteva essere il dopo sisma purtroppo non fu né per il nostro territorio devastato né per la ferrovia che fu completamente ignorata.
    Restò, colpevolmente, la stessa mentre il processo di spopolamento continuò a riprendere vigorosamente dopo qualche anno.
    Proprio in quel periodo le gestioni commissariali dei trasporti irpini, molto sensibili alle clientele politiche, favorirono il proliferare di collegamenti a pioggia ed in gran parte paralleli alla ferrovia che determinarono il declino di tutto il sistema su ferro irpino che culminò con la chiusura totale della stazione ferroviaria di Avellino. Una vergogna che non si dimenticherà nella storia avellinese.
    In quegli anni logica avrebbe voluto che si realizzasse l’integrazione dei due vettori ma così non fu, prova ne è la infelice costruzione dell’autostazione al centro della città di Avellino.
    In Irpinia abbiamo il più alto differenziale fra ferro e gomma: il TPL nella nostra provincia si snoda su appena 325milakm treni a fronte dei 15mln di quelli su gomma. Praticamente siamo scomparsi dalla geografia ferroviaria a fronte di un monopolio di trasporto su gomma.
    Un riequilibrio di tale sistema a questo punto si rende opportuno e necessario ma le scelte politiche hanno portato alla quasi attuale chiusura della stazione ferroviaria di Avellino.
    Un esempio per rendere comprensibile questo ragionamento: il collegamento su ferro per Benevento, unico ad essere competitivo con la gomma, è stato quasi cancellato dalla concomitante effettuazione di corse su gomma istituite in contrapposizione ed in sovrapposizione a quelle su ferro.
    Questo avviene nonostante i tagli operati al TPL che fanno soffrire sia la gomma che il ferro.
    E’ possibile allora realizzare quello che non è stato fatto per il passato, cioè l’integrazione fra ferro e gomma anche con un diverso e moderno ruolo dell’A.ir? Ad una prima lettura questa considerazione sembrerebbe una provocazione ma proviamo ad immaginare una società regionale che possa gestire l’intero sistema, come è stato fatto altrove, ci rendiamo conto, allora, che non si tratta di fantascienza ma di realismo.
    Il futuro del trasporto sia di persone che di merci ci parla della ipotizzata elettrificazione della Salerno/Avellino/Benevento che renderà possibile la realizzazione della metropolitana regionale con collegamenti di circa 30 minuti con i due capoluoghi attigui e di circa 70m con Napoli……in attesa della realizzazione della linea ad Alta capacità ROMA_NAPOLI_BARI_TARANTO. Il completamento, dopo, circa 20 anni del raccordo ferroviario a servizio del nucleo industriale di Pianodardine, l’individuazione nella zona afferente la stazione ferroviaria dell’area vasta, l’ultimazione della metropolitana leggera di Avellino, la vicinanza della strada Bonatti e della città ospedaliera, il collegamento con il vicino casello autostradale di Avellino est, la posizione mediana della nostra città fra due Università, lasciano intendere un domani positivo per la nostra stazione ferroviaria ed una conseguente rinascita dir Borgo Ferrovia martoriato dai veleni dell’Isochimica.
    Ecco allora l’utilità e l’attualità della ferrovia Avellino-Lioni-Rocchetta quale asse di penetrazione in alta Irpinia i cui territori si servono dell’Ofantina per essere collegata alla città capoluogo. Una strada pericolosa che non permette di superare i 70km/h e che è ormai diventata una camionabile.
    Un collegamento, relativamente veloce, fra Avellino/Lioni/Calitri con poche fermate ed integrazione con la gomma, fermo restante la opportunità turistica, che da sola vale la riattivazione della tratta, rifarebbe vivere una tratta da non….dimenticare.
    I benefici, in un territorio come il nostro, non debbono collimare, necessariamente, con i ricavi altrimenti sarà la fine per la nostra Irpinia, dove sarebbe possibile di tutto: petrolio, eolico, munnezza etc.
    In questi anni molti dicono che la battaglia per la riapertura della ferrovia Avellino Lioni Rocchetta è condotta da sentimentalisti fuori dalla realtà.
    Sarà anche vero ma sapere oggi che tanti si stanno attivando sulla questione riempie di felicità noi della associazione in_loco_motivi.
    Noi siamo convinti che togliere una ferrovia significa togliere storia, sentimenti, speranze per tutte le aree emarginate d’Italia.
    Dobbiamo fare in modo che tutto il patrimonio ferroviario delle ferrovie da non dimenticare diventi patrimonio della collettività, come è sempre stato.
    Ed è questo il motivo della nostra battaglia per far ritornare la ferrovia Avellino Lioni Rocchetta.

    Pietro Mitrione

  340. 391 pietro mitrione 14/12/2015 alle 9:41 am

    ono passati già 5 anni. Sembra ieri che il treno percorreva per l’ultima volta, il 10 dicembre 2010 ,questi binari che da Avellino corrono lungo tutta l’Irpina collegando la Campania con la Puglia. Sembra ieri che da piccolo mi recavo alla stazione di Montemiletto per vedere il treno della sera che da Lioni tornava ad Avellino. Oggi di quella realtà restano questi binari pieni di ruggine,coperti dall’erba. Dopo 130 anni di onorata attività, per una scellerata scelta della Regione Campania e di funzionari e politici che non sanno più ragionare se non con la calcolatrice è morta la nostra ferrovia. Con una semplice passata di penna in un ufficio della grande città hanno cancellato la storia della nostra terra. Per un ridicolo risparmio per le casse della Regione di poche centinaia di migliaia di euro non vedremo più il treno correre lungo questi luoghi incantati che d’inverno si illuminano come tanti presepi. Non è morta solo una ferrovia ma è morta la nostra terra e con essa la speranza di un futuro migliore. Sembra che non riusciamo più a ragionare se non in numeri, cercando di tagliare dove possibile per portare pochi spiccioli nelle casse delle Regioni quando gli sprechi di milioni di euro continuano senza sosta. Siamo caduti nel ridicolo perché solo in Italia si può trovare una ferrovia dove non passa più il treno,una linea strategica tra due regioni che è stata fatta morire. Cosa abbiamo risolto in questi 5 anni con queste poche migliaia di euro risparmiati? Una cosa abbiamo fatto: abbiamo spezzato il nostro futuro,permesso migliaia di euro di truffe di materiale ferroviario,isolato zone interne, cancellato per sempre un possibile sviluppo industriale, buttato all’aria possibili posti di lavoro. Ci stiamo giocando il futuro e non ce ne rendiamo conto; ci stanno togliendo tutto, anche la nostra storia. Una cosa mi chiedo è spero vi chiediate: è questa l’Italia che vogliamo?
    Alessandro Reda

  341. 392 pietro mitrione 15/12/2015 alle 10:26 am

    un amico della nostra ferrovia Avellino Rocchetta che ci ha lasciato per sempre……..rip

  342. 393 pietro mitrione 17/12/2015 alle 4:56 PM

    La leggenda dei rami secchi

    Stampa Email Dettagli Categoria: Opinioni Creato Giovedì, 17 Dicembre 2015 10:14
    Il ragionamento di fondo alla base della soppressione di tronchi ferroviari è in sintesi: una ferrovia richiede ingenti spese per l’infrastruttura fissa; queste si giustificano solo se il numero di persone trasportate è tale da richiedere la grande capacità di trasporto da quella permessa. Se quel numero è inferiore, conviene espletare il servizio pubblico con un mezzo non richiedente infrastruttura fissa quale è l’autobus.
    Cominciamo qui con l’intravedere un primo equivoco: come si contano le persone trasportate? Certo, contare semplicemente i viaggiatori che salgono sui mezzi è un espediente comodo, però anche fuorviante: la direttrice Milano – Roma è quella più richiesta nel panorama ferroviario italiano per lunghe distanze, però, se da Milano a Roma vi fosse, per esempio, un solo treno alla settimana con partenza alle 10 del mattino e arrivo alle 18, quante persone se ne servirebbero? E’ facile prevedere che quel treno viaggerebbe vuoto: aerei, autobus e auto private si contenderebbero il mercato del trasporto.

    Il numero di persone che si rileva servirsi delle singole corse deve servire a calibrare la capacità offerta dalle corse stesse, ovvero, per esempio, il numero di vetture da mettere in composizione al treno, ma non la capacità potenziale del servizio, che deve invece essere calibrata in funzione della domanda globale di trasporto; quest’ultima si deduce rilevando la popolazione residente nel territorio, il numero di posti di lavoro esistenti, i servizi esistenti (commerciali, sanitari, scolastici, amministrativi, ricreativi, ecc) con i rispettivi livelli quantitativi di utenza o di clientela e, in genere, tutto quanto può determinare mobilità.
    Le corse ferroviarie possono infatti risultare scarsamente frequentate, NON perché non vi sia domanda di trasporto, ma perché, di fatto, la maggior parte di questa è smaltita da altri mezzi, in particolare dalla mobilità individuale.

    Se si arriva a quest’ultima conclusione, ci si devono porre due quesiti:
    1^ Quanto costa per l’economia pubblica e per i bilanci privati, direttamente o indirettamente, tale predominio della mobilità individuale, tenendo conto anche dell’inquinamento e del costo sociale degli incidenti?
    2^ Perché la gente preferisce, nonostante il lavoro richiesto dalla guida e la minore sicurezza, servirsi della propria auto? Non sono, almeno in parte, responsabili lacune e carenze del trasporto pubblico per effetto delle quali, piuttosto che servirsi di quello, si preferisce affrontare un’attività prolungata in cui qualche attimo di distrazione può avere tragiche conseguenze per se stessi e per gli altri? Far conto sulla leggerezza e sull’allegra incoscienza con cui molte persone, di fatto, si pongono alla guida, non è un modo corretto di impostare il problema.

    Sinora si è proceduto mantenendosi fermi all’ idea sottoculturale che destinatarie del trasporto pubblico siano le cosiddette “fasce deboli della popolazione”, ovvero coloro che non possono possedere un’autovettura o non possono guidare; tra questi ultimi, in primo luogo, gli studenti. Il servizio è stato pertanto calibrato sulla consistenza numerica di quelle categorie sociali, prescindendo dalla domanda globale di trasporto.
    Possiamo ricostruire cosa è avvenuto con una politica dei trasporti portata avanti con tali presupposti.
    Supponiamo una ferrovia secondaria tipo in cui, ponendoci in una convenzionale posizione temporale di partenza (supponiamo gli anni ’50), vi siano per esempio, 8 coppie di treni nei giorni feriali e 4 nei festivi, effettuate con materiale scomodo, antiquato e con tempi di percorrenza elevati. Non avendo i cittadini alternativa, questa offerta può essere “giustificata” con il principio del prendere o lasciare. Successivamente però, aumentando le esigenze, e anche le possibilità economiche dei cittadini, tale offerta apparirà sempre più spesso insufficiente e inadeguata, così da indurre molti a rinunciarvi, passando appena possibile all’uso di mezzi individuali.

    Determinatasi così una netta diminuzione della frequentazione dei treni, l’Azienda esercente, ravvedendo nell’esistente offerta uno spreco, pensa bene di “ridimensionarla”: per esempio, tutte le corse festive e alcune delle coppie di treni feriali vengono sostituite con più economiche corse di autobus, quasi sempre più lente, anche perché circolanti mischiate al traffico stradale e sottoposte ai relativi vincoli, così da essere meno affidabili. Nel contempo si rinuncia a ogni investimento per rendere più economico l’esercizio: le corse ferroviarie residue continuano così a dover essere scortate da due o tre agenti, mentre molte stazioni e passaggi a livello continuano a dover essere presenziati da apposito personale.
    Il peggioramento e la diminuita affidabilità del servizio creano un ulteriore calo di utenza (con passaggi all’uso di mezzi individuali) che si ripercuote sul bilancio di esercizio rendendo ancora più antieconomiche le residue corse ferroviarie.Vengono così ulteriormente ridotti i servizi; il servizio appare così sempre più precario e meno rispondente alle esigenze di mobilità nel territorio, anche perché, se da una parte le corse effettuate con autobus sono lente e irregolari, in quanto condizionate dal traffico, le corse ferroviarie sono sì un po’ più regolari, ma, essendo effettuate con materiale vecchio su impianti obsoleti e sottoposti a una manutenzione carente, risultano anch’esse scomode e soggette frequentemente a interruzioni e disservizi.
    Cosicchè si ha un’ulteriore emorragia di utenza (capitolante alla mobilità individuale); le Istituzioni competenti trovano così alla fine opportuno ( per evitare “sprechi assurdi di risorse”) sostituire con corse di autobus tutte le residue corse ferroviarie. Il servizio di trasporto pubblico così rimanente sarà così talmente rado, precario e inaffidabile da mettere letteralmente in fuga gli utenti rimasti: continuano a servirsene quasi solo gli studenti nella misura in cui anche questi non preferiscono, o non possono, munirsi di un motorino o farsi accompagnare in auto dai genitori. Anche gli orari delle corse vengono sempre più strutturati eminentemente in funzione delle esigenze degli studenti.

    A questo punto le Istituzioni politiche pensano di aver eliminato dei deplorevoli sprechi e di aver dato un contributo sostanziale al risanamento dei conti pubblici. In realtà cosa hanno fatto? Hanno semplicemente RINUNCIATO alla funzione di garantire il diritto alla mobilità nel territorio, dicendo di fatto ai cittadini di arrangiarsi, ovvero hanno TRASFERITO i costi individuali e sociali dei trasporti sulle spalle dei cittadini stessi. I costi dei trasporti, in pratica, sono stati trasformati in esternalità che, a media o lunga scadenza, si ritorceranno anche a carico dei bilanci pubblici.
    In un territorio ristretto (quale può essere una valle) dove vivono e lavorano diverse migliaia di persone, una mobilità espletata eminentemente con mezzi individuali (occupanti, ciascuno, permanentemente diversi metri quadrati) può apparire più economica, rispetto a un uso prevalente di mezzi collettivi, unicamente in forza dello storno dei maggiori costi della prima dalla pertinenza dei bilanci delle Aziende finanziate con denaro pubblico. Per il resto l’uso generalizzato di mezzi individuali ha dei costi ENORMI, sia a carico dei singoli cittadini (se l’automobile, per una persona che “non naviga nell’oro”, da semplice comodità, diventa un bene necessario per lavorare e vivere, è come se a quella persona si imponesse una nuova pesantissima tassa!), sia della collettività. Si deve considerare il costo, a carico pubblico, delle infrastrutture stradali, delle attrezzature per disciplinare il traffico, della vigilanza, il costo dell’inquinamento e, soprattutto, il costo sociale degli incidenti. L’uso di un mezzo individuale è infatti da 10 a oltre 100 volte più pericoloso dell’uso di un mezzo pubblico; quest’ultimo caso (100 volte di più) è quello degli studenti che, per sfuggire alle carenze e alle scomodità del trasporto pubblico, passano all’uso del motorino! Si deve essere chiari: quando avvengono tragici incidenti di cui rimangono vittime ragazzi in motorino che hanno scelto questo mezzo per sfuggire alle carenze e alle inaffidabilità del trasporto pubblico, la colpa (che dovrebbe pesare sulla coscienza!) è anche di coloro che, rivestendo ruoli decisionali, hanno preso provvedimenti accentuanti tali carenze e inaffidabilità, tra cui anche la soppressione del servizio ferroviario. Dovrebbe apparire evidente che un’economia realizzata promuovendo il passaggio dall’uso di un certo strumento a quello di un altro, che risulta molte volte più pericoloso, non solo sia eticamente criminosa, ma anche, a lungo andare, fittizia!

    Prevedibili sono le obiezioni: “Di fatto la gente usa ugualmente i mezzi individuali per cui non è che, sopprimendo l’esercizio ferroviario, si provochi direttamente un’impennata di incidenti.” E’ vero, ma si deve considerare la cosa in modo più analitico; per i motivi citati, l’attuale situazione in cui la mobilità della popolazione attiva è espletata per la quasi totalità con mezzi individuali, da un punto di vista globale, costituisce una pesante fonte di disfunzioni e di sprechi che qualsiasi politica economica tendente alla razionalizzazione e al risparmio dovrebbe cercare di eliminare. Si deve promuovere un trasferimento di mobilità dal trasporto individuale a quello pubblico e, non essendo pensabili dispotici provvedimenti coercitivi (che comunque creerebbero altre disfunzioni), si può tendere a tale risultato solo creando per il trasporto pubblico delle condizioni di oggettivo vantaggio rispetto alla mobilità individuale. Come si può fare?
    Vi può essere una soluzione naturale: le auto, quando cominciano a diventare troppe, si ingolfano e si intralciano a vicenda, oltre a contendersi i posti di parcheggio: il trasporto pubblico può liberare da queste remore se ne è completamente avulso. Una struttura di trasporto pubblico completamente svincolata dal traffico stradale rappresenta dunque una risorsa preziosa il cui non utilizzo, il cui abbandono o, peggio, la cui distruzione (in funzione di una ricerca isterica di economie settoriali), costituiscono un irresponsabile scempio, un oltraggio alle generazioni passate (che, per la relativa realizzazione, a suo tempo hanno investito capitali, fatica e lavoro con molti sacrifici) e una sberla alle generazioni future che, probabilmente, saranno costrette a investire risorse per la relativa ricostruzione di fronte al probabile aumento delle esigenze di mobilità. In funzione di una più razionale allocazione delle risorse, in particolare in un momento di crisi, è opportuno razionalizzare la mobilità dei cittadini riducendo l’uso dei mezzi individuali in favore di quelli pubblici.

    Disponendo di una capace struttura di trasporto pubblico, quale è appunto una linea ferroviaria, la politica corretta consiste allora, da una parte nel cercare di renderne più economico l’esercizio, dall’altra nel far sì che essa possa servire a soddisfare il massimo possibile di esigenze di mobilità. Riguardo al primo obiettivo è necessario investire per evitare i maggiori costi, non razionalmente giustificabili, rispetto al servizio su gomma. Se, per esempio, un autobus può viaggiare scortato dal solo conducente, non vi è motivo perché un mezzo su rotaia (a meno che trasporti, di fatto, un numero di persone molte volte superiore) non possa fare altrettanto; lo stesso dicasi per il personale a terra addetto all’esercizio: allo stato attuale della tecnologia è possibile sicuramente esercire una linea su rotaia con un numero di agenti fissi non sostanzialmente superiore rispetto a quanto necessario per un’autolinea. Resta sicuramente il personale addetto alla manutenzione dell’infrastruttura, ma se si considera l’infrastruttura ferroviaria come un patrimonio (allo stesso modo delle strade) del Paese, non è in alcun modo corretto considerarne il mantenimento uno spreco, tanto più se si considera che, in un sistema facente conto sulla mobilità individuale per pressoché tutte le esigenze, in caso di, anche relativamente lieve, aumento di queste (connesso anche solo a un fisiologico aumento della popolazione), si rendono necessari notevoli investimenti per l’adeguamento delle strutture stradali, peraltro implicanti forti distruzioni di territorio naturale. Invece, un’infrastruttura ferroviaria può, con relativamente modesti potenziamenti (anche mantenendo il semplice binario, con l’aumento dei punti di incrocio, l’introduzione di più avanzati apparati di sicurezza e l’aumento della lunghezza dei treni, si può raddoppiare o triplicare la capacità complessiva!) fronteggiare gli aumenti di esigenze che si possono verificare nell’arco di decenni! Riguardo al secondo obiettivo si deve intensificare il servizio sino a renderlo utilizzabile per il massimo possibile di esigenze.
    Se ritorniamo così all’esempio prima proposto di un’offerta iniziale costituita da otto coppie di corse nei giorni feriali e quattro nei giorni festivi, si dovrebbe passare a un’impostazione di cadenza oraria o bioraria, dalle prime ore del mattino alla tarda sera, tutti i giorni con opportuni rinforzi nelle ore di punta. Anziché, in altre parole, far circolare pochi treni richiedenti ciascuno la scorta di due o tre agenti, si devono far circolare molti treni ad agente unico. E’ questo il criterio, del resto, adottato con successo in molti Paesi d’Oltralpe, in particolare in Svizzera, per la valorizzazione di ferrovie secondarie. Inoltre, se da una parte, per evitare sprechi, non vi dovranno essere corse di autobus parallele all’esercizio ferroviario, dall’altra si dovrà impostare un sistema di autoservizi complementari che, partendo dalle varie stazioni, raggiungano tutti i centri abitati del territorio, in modo da allargare corrispondentemente il bacino di utenza della ferrovia.

    Dal momento poi che molte persone vivono in case isolate non funzionalmente servibili con mezzi pubblici, è importante che vi siano, presso le stazioni, adeguati parcheggi di corrispondenza. Una volta che le Autorità responsabili della politica dei trasporti avranno avuto così la “coscienza a posto” riguardo alla soddisfazione dei bisogni di mobilità dei cittadini, secondo criteri socialmente virtuosi e responsabili, diverrà lecito, possibile e doveroso limitare gli investimenti di potenziamento delle infrastrutture per la mobilità individuale e, eventualmente, attuare provvedimenti oculati (non fini a se stessi o vessatori) di esclusione o di limitazione della stessa in contesti ambientali delicati, o comunque necessitanti tutela (pedonalizzazioni, zone a traffico limitato, pedaggi, divieti di parcheggio, ecc), in funzione di superiori esigenze collettive.
    Non ha senso, per esempio, tollerare il parcheggio selvaggio in una piazza storica, determinante disagio, fastidio, nocumento estetico, pericolo e degrado, se la netta maggior parte di coloro che lo attuano ha valide alternative all’uso dell’automobile. Una maggiore severità verso le infrazioni non significa favorire artificialmente il trasporto pubblico, a scapito di una libera concorrenza, in quanto una concorrenza realizzata con atti illeciti non può che essere considerata sleale! Il risultato finale sarà comunque un maggiore utilizzo del trasporto pubblico, e quindi anche della ferrovia, nonché un minor degrado ambientale con beneficio per tutti. Allo scopo è però necessario un fondamentale cambiamento culturale: il sistema di trasporto pubblico non deve essere considerato un “servizio sociale” destinato a chi non ha l’automobile, ma il sistema base con cui si assicura ai cittadini il diritto alla mobilità. D’altra parte è utopistico aspettarsi una soluzione dei problemi dell’inquinamento, degli incidenti stradali e dell’alto costo complessivo della mobilità (per l’economia pubblica come per quella dei singoli cittadini) se si conferma il principio che la mobilità è un affare privato del singolo per cui ciascuno deve arrangiarsi con il proprio mezzo. Le economie cercate tagliando le residue sporadiche corse ferroviarie (sinora mantenute letteralmente “per pietà”), previo così l’abbandono di infrastrutture di immenso valore, sono solo miopi e miserevoli espedienti che, a contropartita del risparmio di qualche decina di migliaia di Euro per il bilancio di qualche Ente, non fanno che impoverire il territorio perpetrando così un vero e proprio furto ai danni delle generazioni future.

    Dovrebbe essere chiaro che in un momento di gravi problemi per l’economia pubblica, in cui si devono, per forza di cose, chiedere sacrifici ai cittadini, l’eventuale riduzione di servizi di trasporto pubblico può basarsi solo:

    1) O sul presupposto che i cittadini possano rinunciare a spostarsi, nel qual caso le Autorità devono considerare le implicazioni e le ricadute di questa impossibilità;
    2) Oppure su quello che i cittadini debbano adattarsi a pigiarsi come sardine sui mezzi e, quindi, a viaggiare in condizioni molto disagiate (nel qual caso sarà dovere delle Autorità verificare che sussistano almeno le necessarie condizioni di sicurezza).

    IN NESSUN CASO si deve basare, invece, sul principio secondo cui i cittadini si devono spostare ugualmente, ma arrangiandosi con propri mezzi! Altrimenti, come si è dimostrato, l’economia realizzata è di fatto fittizia.Beninteso: può avvenire che la domanda globale di trasporto nel territorio (per la densità insediativa e per il tipo di attività prevalenti) sia talmente scarsa da non creare alcun problema di viabilità e da poter essere soddisfatta agevolmente anche con automezzi utilizzanti l’esistente rete stradale. Anche in questi casi è un grave errore abbandonare le ferrovie costituenti una risorsa del territorio: se quest’ultimo è già decadente e tendente a spopolarsi, eliminarne le risorse non può che accelerare la decadenza!
    Tuttavia, verificandosi questo caso, può essere giustificato espletare il trasporto pubblico ordinario con autobus e utilizzare l’impianto ferroviario eminentemente per servizi con finalità turistica.Si può concludere che l’abbandono dei servizi ferroviari in base al presupposto “tanto la gente usa la macchina” è solo il risultato di deduzioni miopi connesse a radicati pregiudizi sottoculturali indegni di chi deve affrontare professionalmente i problemi!

    Maurizio Alfisi

  343. 394 pietro mitrione 21/12/2015 alle 10:01 PM

    Rione Ferrovia è un quartiere triste. Questa è la prima impressione che ricevo, tornando in questo quartiere dopo molto tempo. Ricordavo un luogo pieno di vita in cui la gente riempiva le strade del quartiere, con allegria e gentilezza verso i”forestieri”. Cioè quelli che venivano dalla città. Già perché gli abitanti di questo insieme di case si sentivano e si sentono estranei alla città della quale fanno parte. Tale era i loro senso di lontananza dal centro che si diceva e si dice ancora, andiamo ad Avellino, come se si dovesse andare in un’ altra città. Torno ora e lo trovo triste e vuoto. Poca gente per strada, sparita l’ allegria che si respirava un tempo. Rione Ferrovia è triste perché sente che sta morendo. Già. Il quartiere Rione Ferrovia è un quartiere triste. Questa è la prima impressione che ricevo, tornando in questo quartiere dopo molto tempo. Ricordavo un luogo pieno di vita in cui la gente riempiva le strade del quartiere, con allegria e gentilezza verso i”forestieri”. Cioè quelli che venivano dalla città. Già perché gli abitanti di questo insieme di case si sentivano e si sentono estranei alla città della quale fanno parte. Tale era i loro senso di lontananza dal centro che si diceva e si dice ancora, andiamo ad Avellino, come se si dovesse andare in un’ altra città. Torno ora e lo trovo triste e vuoto. Poca gente per strada, sparita l’ allegria che si respirava un tempo. Rione Ferrovia è triste perché sente che sta morendo. Già. Il quartiere sente che il suo destino è segnato, che le prospettive sono quelle di una lenta agonia, intorno alla stazione ferroviaria. Il rione, nato e cresciuto attorno allo scalo ferroviario della città, muore con esso. Condivide la sorte, decisa da chissà chi e chissà dove, di questa piccola stazione di provincia. Entro, in punta di piedi, come si fa entrando nella stanza di un ammalato grave, nell’atrio della stazione. Chiusa l’edicola. Chiuso, per lavori mai iniziati, il piccolo bar. Do un’ occhiata al malinconico tabellone degli arrivi e partenze. Quattro, forse cinque treni al giorno per Benevento, due per Salerno. E questo è tutto. Nessuno sulle banchine, nessun treno in vista. Soli il bigliettaio, fedele al suo orario di lavoro che attende viaggiatori che non arrivano. Da qui, ormai, partono poche decine di persone al giorno. Ritorno sul piazzale dove ho sempre visto gruppi di persone, impegnate in vivaci discussioni. Più nessuno. Solo autobus arrivati al capolinea o auto che passano veloci e noncuranti. Non è stato sempre così. Anzi. Negli anni novanta lo scalo merci di Avellino era il secondo in Campania per volume di traffico. Poi il lento declino fino alla chiusura dell’impianto decretata nel duemiladodici. La stazione è stata riaperta, a furor di popolo e sono state riattivate almeno le poche corse per Benevento. Ma,ormai, il suo destino era segnato, sconfitta dalla civiltà dell’automobile. Insieme allo scalo ferroviario è andato declinando anche il quartiere nato con e attorno alla stazione. Qui abitavano i ferrovieri e gli addetti allo scalo merci. Ora ci abitano solo pensionati. Ma la Ferrovia, come abitualmente viene chiamato il rione è tristemente famoso per un’altra emergenza che dura da più di venti anni e che durerà per almeno altrettanti: l’Isochimica. Quello che in questa fabbrica è avvenuto rappresenta uno degli esempi più impressionanti della politica industriale degli ultimi decenni. In questi capannoni, è storia nota, più di quattrocento operai hanno scoibentato i vagoni ferroviari. Hanno, cioè, tolto il mortale amianto dai treni italiani. Si lavorava, come è stato accertato, anche a mani nude e senza alcun tipo di protezione. Nessuno sapeva che, a distanza di venti anni, le pagliuzze di amianto che volavano libere nell’aria avrebbero rivelato la loro mortale pericolosità. Negli anni novanta nessuno aprì bocca. Nessuno protestò. L’Asl non vide nulla. L’ingegner Graziano, il padrone della fabbrica, accolto nei migliori salotti di Avellino era riverito come un benefattore. Tutti gli erano amici,di tutti era amico. Poi la storia è andata come fiumi di inchiostro ci hanno rivelato. L’Isochimica è stata chiusa, si badi, da un giudice di Firenze. Ora tutti i politici, a scadenza fissa, si affannano a promettere la bonifica. Ma nessuno dice quando e con quali soldi questo avverrà. In perfetta solitudine faccio il mio pellegrinaggio civile alla fabbrica. Intorno tutto è desolazione e silenzio. Anche la rotonda stradale posta sull’incrocio che porta all’ Isochimica è, come il resto, abbandonata. Sul cancello d’ingresso, ricoperto di rovi, una piccola, modesta targa ricorda chi qui ha lavorato e quelli, nove per ora, che per l’Isochimica sono morti. Ma il quartiere è qui a due passi. Per anni le fibre di amianto hanno volteggiato, indisturbate, nell’aria, posandosi,poi, tutto intorno. Ora, rione Ferrovia ha paura che questa bomba ad orologeria, trascorso il suo periodo di latenza, riveli i suoi micidiali effetti. Nulla, tuttavia, accade. All’ ingresso della fabbrica un tabellone informa che è in corso un progetto di messa in sicurezza. Al Comune ci informano che già tre interventi sono stati effettuati e che un ulteriore intervento sarà effettuato non appena l’ ASL avrà dato il suo benestare. Per lo spaventato quartiere nulla al momento sembra essere stato previsto e, comunque, non lo screening di massa che pure era stato chiesto dagli abitanti. Torno indietro e rigiro per le strade. Entro nella chiesa di San Francesco a rivedere lo straordinario murale di Ettore de Conciliis che tanto scalpore provocò quando fu inaugurato. Oggi, mi sembra che tutta l’umanità dolente, ritratta sul muro della chiesa, sia il simbolo di quanti hanno lottato e perso la battaglia per un lavoro che non implicasse, tra i suoi obblighi, anche quello di perdere la vita. Lentamente, a piedi, torno alla stazione. Intorno negozi che avevo visto aperti e luccicanti ancora pochi mesi fa mostrano le vetrine chiuse, sbarrate. No, non è solo la crisi che qui, come altrove, ha colpito duro. Queste chiuse vetrine sono, anch’esse, il segnale della inevitabile decadenza del quartiere. Un altro segnale è che mancano, del tutto, nuove costruzioni, a differenza di quanto avviene in altre parti della città. Nel rione, dopo un insediamente degli anni novanta di alcune cooperative, non si è costruito più nulla e di certo non aiuta il viadotto della Bonatti che corre proprio sopra le teste degli abitanti. Un destino che a me sembra segnato, ineluttabile. Ma almeno uno che la pensa diversamente c’è. E’ Pietro Mitrione, ex ferroviere e presidente dell’ associazione Inlocomotivi che da anni si batte per la riapertura della tratta Avellino – Rocchetta Sant’ Antonio. “ E’ tutta questione di prospettive, mi dice. Bisogna pensare a lungo termine, non traguardare solo il nostro naso. E’ bastato che il neo presidente della Regione Vincenzo De Luca parlasse dell’ elettrificazione della linea Avellino Salerno per riaprire una discussione che sembrava morta per sempre.” Del resto opportunità per ribaltare una sorte che sembra segnata non mancano. Occorre,però, saperle e volerle cogliere. In questo senso un segnale sembra proprio essere il completamento del raccordo ferroviario a servizio del nucleo industriale di Pianodardine. Dopo venti anni è stato,finalmente, completato il tratto di binario mancante. Un primato assoluto. Dopo venti anni si è completato un pezzo di binario lungo un metro, o poco meno. E’ il segno che qualcosa può cambiare anche in un nucleo industriale come quello della città capoluogo che non gode certo di ottima salute. “Un altro segnale, aggiunge Mitrione, è il fatto che proprio davanti alla stazione si attesta uno dei terminal della nuova metropolitana leggera di Avellino. Questo significa più gente che utilizza il mezzo pubblico, maggiore facilità di accesso alla stazione.” Un altro segnale di rilancio della stazione e di rione Ferrovia può venire dalla ipotizzata costruzione di un tratto di binario dalla stazione di Fisciano fino all’ università. Avellino, infatti, è baricentrica rispetto alle due Università, quella di Fisciano, appunto e quella di Benevento. “ Dalla stazione, prosegue, con grande ottimismo Pietro Mitrione, si potrà raggiungere anche la nuova linea ad alta capacità Napoli Bari e il polo logistico previsto a Flumeri”. Al momento, però, tutto questo appare fantascienza. Saranno gli anni che verranno a dire se tutti, o almeno una parte, di questi progetti si realizzeranno. Oggi manca la visione strategica, la capacità di guardare lontano nella compagine che guida il Comune. Non si vedono scelte operative che traguardino verso il futuro. Quello che appare, però, moralmente dovuto è una sorta di ristoro per tutto ciò che gli abitanti di Rione Ferrovia hanno dovuto sopportare in questi anni.

    Ettore de Socio

  344. 395 pietro mitrione 28/12/2015 alle 12:36 PM

    grazie Carlo Crescitelli

  345. 396 pietro mitrione 11/02/2016 alle 9:48 PM

    Per chi non avesse letto o sentito di questo progetto pilota per l’Alta Irpinia – chiamato anche Città Alta Irpinia o Area pilota o quello che vi pare – diciamo subito che i sindaci hanno fatto entrare i comuni in un accordo di sperimentazione che vede regione e ministeri coinvolti per risollevare la zona. Ci sono entrati anche perché i paesi da loro amministrati sono abbastanza arretrati su aspetti fondamentali del vivere civile: sanità e mobilità su tutti. In pratica la zona non possiede le condizioni minime per crescere e forse neanche per sopravvivere visto che di questo passo diventeremo un paese di vecchi e per vecchi. Ma questi luoghi non sono arretrati culturalmente e storicamente. Qualcuno, non tutti, ha conservato pure un territorio potenzialmente attrattivo. Quindi teniamo le qualità!
    Ora succede che ‘sti sindaci si trovino a dover firmare il documento preliminare del progetto, una specie di Costituzione in cui tutto o quasi si muoverà nei prossimi anni. E nel cuore dell’Irpinia versante Est, a Calitri, succede che arrivi un sacco di gente da fuori provincia per la grande riunione. Tecnocrati e burocrati da Napoli e Roma. Imprenditori e innovatori che altrove hanno fatto parecchi bei progetti e presumibilmente si sono fatti pure i soldi ma, si sa, è sempre meglio cercare un po’ di sostentamento a suon di fondi europei. Arrivano architetti ed esperti di marketing. Sviluppo dal basso? Sì, come no… Il dato tragicomico – ma più tragico che comico – è che buona parte di questi tecnocrati non conoscesse una beata mazza della zona povera e arretrata in questione, per usare un linguaggio tecnico. E dire che di questo progetto si discute da anni ormai! Si è entrati nel vivo almeno 12 mesi fa! E dire che loro dovrebbero darci una mano a preparare le carte!
    Scene avvilenti nelle varie commissioni del potere che sarà. C’era il vecchio professore partenopeo che blaterava “qua dovete fare i formaggi col vostro latte”. “Non si fa più il formaggio come ai vecchi tempi” o qualcosa del genere. C’era quella che ha citato Carano o Cariano (avrà letto il libro di Capossela dove si utilizza il secondo nome?) al posto di Cairano. Lo stesso paesino che secondo la funzionaria avrebbe 500 posti letto a disposizione per i visitatori e che invece non arriva a 500 abitanti neanche contando le anime morte. La signora si era confusa con Bagnoli Irpino ed è abbastanza grave che chi presieda il tavolo sul turismo non conosca alla perfezione Laceno e Bagnoli, unico polo sciistico del Sud Italia neve permettendo. Ma non è finita qui. C’era un tizio che esponeva interessantissimi e imperdibili progetti di digitalizzazione e di app per i castelli che aveva sperimentato con successo altrove. Chi paragonava l’Irpinia al Trentino in quanto a potenzialità. Chi discettava di frutta e tutti frutti a battaglione. Chi di verdure rare. Questo sul fronte degli esperti esterni. In casa nostra non hanno fatto brutta figura amministratori e associazioni nella foto in basso.
    Certo, se il sindaco di Teora lancia su Facebook il carnevale e la maschera teorese come possibile strada per il turismo nell’area pilota, c’è un problemuccio. Ma Stefano è più bravo di così, si rifarà. Sempre sugli interni. Sbuffavano, stremati. Si impegnavano a far notare le aggressioni all’ambiente, la scarsa attenzione della regione in questi anni, le potenzialità infinite. Ma erano in tanti, troppi. Una sfilza di richieste da libro dei sogni. Se si realizzasse soltanto un terzo di queste potremmo vivere in una piccola Svezia. Saremmo solo più bassi e più scuri. E a proposito dei nostri. Alla luce della miriade di idee sballate emerse, dobbiamo ammettere una volta per tutte che l’attivista della battaglia per la ferrovia, Pietro Mitrione, ha ragione su tutti i fronti. Pensateci! Riattivare la linea significherebbe centrare almeno quattro degli obiettivi fondamentali di questo progetto pilota delle aree interne della città dell’alta irpinia o come la volete chiamare chiamatela. Col treno si rimarginerebbe buona parte del gap sui trasporti. Con la fibra ottica presente sul percorso si potrebbe usufruire una linea internet decente. I ragazzi potrebbero raggiungere le scuole più facilmente. E si potrebbe finalmente predisporre un’ipotesi di percorso turistico. Insomma, alla fine si fa tutto il bordello con Fabrizio Barca, con i ministeri, coinvolgendo decine di uffici regionali. Alla fine forse basterebbe una cosa sola: riattivare una ferrovia.
    http://www.irpiniapost.it/i-predatori-del-caciocavallo-perduto/

  346. 397 pietro mitrione 11/02/2016 alle 10:03 PM

    Dalle ferrovie dimenticate alle elezioni amministrative di Napoli, passando per lo sviluppo del Mezzogiorno. Sono questi i principali argomenti che abbiamo trattato con l’onorevole Anna Maria Carloni, IX Commissione “Trasporti, Poste e Telecomunicazioni”.

    Onorevole Carloni, in questi giorni è in discussione in Commissione Trasporti alla Camera una proposta di legge per l’istituzione di ferrovie turistiche. Nello specifico, di cosa si tratta?

    La proposta di legge (PDL) 1178 per l’istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso, presentata nel giugno 2013 ed in questi giorni all’esame della Commissione Trasporti, prevede il recupero in chiave turistica di linee temporaneamente sospese all’esercizio commerciale, diffuse su tutto il territorio nazionale. Già diverse tratte sono usate in tal senso: penso alla ferrovia Sulmona-Carpinone, nota come “Transiberiana d’Italia” e che unisce l’Abruzzo con il Molise, o la linea che unisce Agrigento con la Valle dei Templi, in Sicilia. Il fenomeno delle ferrovie turistiche, grazie all’impegno della Fondazione FS Italiane ed a varie associazioni locali, sta crescendo in modo sensibile nel nostro Paese. Pertanto, è emersa le necessità di inquadrare, sistematizzare ed ampliare un trend che, fino ad ora, si è manifestato in modo non coordinato, senza una regia centrale. E’ importante inoltre sottolineare che, nella proposta di legge, individuare una linea come ferrovia turistica “mette al riparo” le sue infrastrutture dall’usura e dal saccheggio, impegnando l’ente gestore a mantenerla in condizioni di efficienza. E’ questo un passaggio fondamentale, in quanto vi sono numerosi casi di tratte ferroviarie che, una volta chiuse al traffico commerciale, sono state sottoposte a scempi indicibili.

    Lei ha presentato diversi emendamenti a questa interessante proposta di legge: cosa prevedono?

    Il testo, nella sua stesura originale, non prevedeva alcuna ferrovia turistica in Campania. Tuttavia, fra tratte dismesse, smantellate, o temporaneamente sospese all’esercizio commerciale, la nostra regione conta quasi 500 km di linee. In particolare, la ferrovia Benevento-Bosco Redole (che unisce la Campania con il Molise), e la ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio/Lacedonia (Campania-Basilicata-Puglia), ambedue chiuse nello scorso quinquennio, presentano tutte le caratteristiche per essere trasformate in ferrovie turistiche: attraversano paesaggi di grande bellezza, con bassa densità abitativa, toccando località note sia per il turismo religioso (Pietralcina) sia per quello eno-gastronomico, come tutto il comprensorio del Parco regionale dei Monti Picentini. Inoltre, queste linee, avendo origine in due capoluoghi di provincia, sono facilmente accessibili da altre tratte ferroviarie o da assi autostradali: va da sé, infatti, che una ferrovia turistica, per essere tale, deve permettere l’agevole raggiungimento da parte di chi sia interessata a visitarla… Pertanto, ho proposto di inserire la Benevento-Bosco Redole e la Avellino-Rocchetta Sant’Antonio/Lacedonia nell’elenco delle ferrovie turistiche da istituire mediante tale progetto di legge.

    In Campania fa particolarmente “gola” la ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio/Lacedonia. Ci sono possibilità di rilancio questa tratta? Se sì, in che modo?

    La volontà di riaprire al traffico commerciale una linea temporaneamente sospesa allo stesso è primariamente qualcosa che spetta alla Regione. La Avellino-Rocchetta fu sciaguratamente chiusa al traffico nel 2010 dalla precedente giunta regionale di centro-destra. Da allora, poco o nulla si è mosso per riaprirla: vedremo che intenzioni ha l’attuale giunta guidata da De Luca. Nel mentre, il mio emendamento mira a mettere in sicurezza le infrastruttura di linea per i motivi di cui sopra. Inoltre, ho proposto di inserire nel testo un altro emendamento, che renda più rapida ed agevole la possibilità di riattivare al traffico commerciale una linea classificata come turistica, qualora l’ente proprietario, di concerto con i Ministeri, le Regioni ed i Comuni competenti, lo ritengano necessario. Quindi, da qualunque lato la si guardi, sia turistico che commerciale, si stanno creando le condizioni affinché l’Avellino-Rocchetta venga o salvaguardata e valorizzata come itinerario turistico, o, un domani, potenziata per renderla di nuovo una tratta a servizio del sistema di trasporto regionale su ferro.

    Recupero delle ferrovie dismesse può essere binomio vincente con il turismo. Lei crede che il turismo possa essere uno dei fattori di sviluppo del Sud?

    Puntare sul turismo è la ratio alla base di questa proposta di legge. Come ho detto, si mira a sistematizzare un fenomeno che sta crescendo in Italia, e che in altri paesi, Austria e Svizzera su tutti, è componente importante dell’offerta turistica. Creare percorsi dedicati, con recupero anche di locomotive storiche, può rivitalizzare certe aree interne del nostro Meridione. Inoltre, ormai con Internet si ha accesso ad una mole sconfinata di informazioni, soprattutto sul turismo, che è sempre più fai da te. Non è più necessario passare per agenzie di viaggi, non servono canali dedicati di promozione: una miniera d’oro per permettere a piccole realtà turistiche, anche nelle grandi città del Sud, di farsi conoscere e rafforzarsi. In tal senso, un esempio positivo è il boom turistico degli scorsi mesi a Napoli: tanto per citarne alcune, senza app come Tripadvisor, Couchsurfing, Booking, Trivago o Airbnb, sarebbe stato difficile pubblicizzare le bellezze partenopee, soprattutto in assenza di una “visione” turistica da parte del Comune. Ecco, quel che manca, spesso, al Sud è proprio questo: istituzioni locali che abbiano un’idea di prospettiva di rilancio turistico, che finisce con l’essere in mano solo alle iniziative e alle forze dei singoli.

    Su quali altri asset dovrebbe puntare il Mezzogiorno per il suo rilancio?

    Lo scorso 26 gennaio il PD ha presentato una mozione, a prima firma dell’On. Stefania Covello, che impegna il Governo ad uno sforzo maggiore sul Meridione, con cronoprogrammi precisi per l’applicazione del Piano per il Sud, e per tutte le azioni che vanno in questa direzione. Dalla prospettiva della Commissione Trasporti, puntare su un potenziamento infrastrutturale è una priorità: lo Sblocca Italia ha gettato delle buoni basi, così come la riforma del sistema portuale, che vedrà diminuire le Autorità Portuali meridionali da undici a sei. Un altro aspetto importante è la formazione. Non è un luogo comune quando si dice che il nostro futuro sono i giovani, di cui regioni come la Campania continuano ad essere ricche, nonostante un fenomeno d’emigrazione molto vigoroso. L’importanza di puntare su processi educativi è stata compresa anche da una multinazionale come la Apple, che stabilirà a Napoli un centro di formazione per gli sviluppatori di app e programmi del futuro. Dunque, reti materiali (quelle dei porti, dei container, delle grandi navi) e reti immateriali (quelle cibernetiche, della formazione, delle giovani idee) sono gli assi lungo i quali immaginare lo sviluppo del Meridione. Tuttavia, come ho ricordato in aula (intervento: https://www.youtube.com/watch?v=0exZ1iZPElg), ciò non basta. Assieme a ponti, strade, ferrovie, porti, industrie, abbiamo bisogno di un scuole aperte fino a sera, di biblioteche, e, perché no, di arte e bellezza, come il recente successo della mostra dei quadri degli Uffizi esposti a Casal di Principe, in provincia di Caserta, ha dimostrato. In molte zone del Sud è necessario ristabilire criteri minimi di legalità e rispetto delle regole: senza questo, ogni sforzo su qualunque altro fronte sarà vano.

    In che modo, secondo Lei, Europa e Governo possono contribuire allo sviluppo del Meridione?

    Innanzitutto con i fondi a disposizione dell’Italia, che per il ciclo 2014-2020 sono circa 33 miliardi. E’ responsabilità nostra non perdere, per l’ennesima volta, l’occasione di spenderli tutti, ed in particolare di spenderli bene. In particolare, è essenziale avanzare nella realizzazione del corridoio di trasporto trans-europeo (TEN-T) Helsinki-Palermo, che attraversa tutto il Meridione. Questo significherebbe potenziare le ferrovie e le autostrade da Salerno verso la Sicilia, passando per la Calabria, oltre ai porti e gli aeroporti. Sullo stesso corridoio è anche inserita la “bretella” verso Bari e Taranto, di cui la ferrovia Alta Velocità/Alta Capacità Napoli-Bari è parte integrante. Dunque, tutte le iniziative prese a livello nazionale sono sempre da inquadrare in un contesto comunitario, e in armonia con esso si devono muovere, onde evitare la perdita di finanziamenti europei o la loro dispersione su opere non prioritarie, come è stato ribadito nell’ultima riunione nell’ultima riunione interparlamentare delle Commissioni competenti in materia di trasporti tenutasi al Parlamento Europeo, sede di Bruxelles, lo scorso ottobre, cui ho preso parte come delegata italiana. La strada è tracciata: basterebbe seguirla, cercando di fare al massimo il proprio dovere.

    In conclusione, Onorevole, una sua opinione sulle primarie del centro-sinistra a Napoli del prossimo 6 marzo…

    Sono certa che sarà una competizione positiva, nell’interesse della città. La determinazione di Antonio Bassolino a che fossero indette le primarie ha già comportato un primo importante risultato: riportare la politica a Napoli, dove per troppo tempo è stata assente. Oggi, la sfida per tutti i candidati alle primarie è prima di tutto quella di riaccendere la scintilla della fiducia e della volontà di partecipazione ad una grande impresa comune per Napoli. Non dobbiamo dimenticare infatti quanto sia stata alta l’astensione nelle ultime tornate elettorali. Dunque, un’elevata partecipazione alle primarie rappresenterebbe la premessa per una ancora più larga partecipazione al voto amministrativo di giugno, e per una stagione nuova e positiva per la vita della città. Napoli è da cinque anni isolata dal sentire generale del Paese ed in conflitto con il governo nazionale. Tutti gli sforzi devono essere concentrati sulla necessità di riconnettere Napoli con il resto d’Italia. Riconnettere è l’opposto di “scassare”, concetto chiave della sindacatura De Magistris. Una stagione fallimentare, che è necessario chiudere, al fine di far uscire Napoli dall’isolamento nel quale il Sindaco l’ha trascinata.

  347. 398 pietro mitrione 14/02/2016 alle 5:27 PM

    Il passato che ritorna, attraverso ricordi, tenuti a freno da un impulso insopprimibile di affermare la propria identità, da parte del protagonista e dall’altra l’immagine forte di un desiderio di rivalsa e di speranza da parte del padre, di avere un figlio “ingegnere”, segno concreto che rappresenta e incarna la voglia di cambiare una situazione precaria – quella della eliminazione della ferrovia Avellino – Rocchetta S. Antonio – trasformandola in possibilità di riscatto di un paese e anche della propria famiglia. Questo il senso del film “Ultima fermata”, scritto e diretto dal regista avellinese Giambattista Assanti che affronta un tema, quello della cancellazione di questo tratto ferroviario, che rimane una ferita ancora aperta nel cuore di molte delle persone che abitano in quella zona. Domenico Capossela, il capostazione, che per anni, ha lavorato nella ferrovia e che in un certo senso “sceglie” di morire proprio là, è un simbolo per tutti e, di fronte a questo simbolo, il figlio Rocco è fuggito, lasciandosi alle spalle il passato, un mondo fermo contro cui non è riuscito a vincere. Profondo è il disagio iniziale del protagonista, tornato dopo la morte del padre, e acclamato da tutti come una sorta di “salvatore”, colui che potrà – sicuramente, a detta di tutti – ripristinare la ferrovia. Rocco si sente avvinto inconsapevolmente da questa rete di affetti, di ricordi e depositario di una responsabilità a cui non riesce a sottrarsi, nonostante continui a mostrare un’immagine falsata della sua vita, ma le sue menzogne sembrano stringersi attorno a lui. Le figure che ruotano attorno al protagonista sono figli e figlie di quel territorio, ancorati a riti, usanze centenarie, fisse nella loro ripetitività, che preservano tuttavia il seme della tradizione e della stabilità, che il protagonista aspira invano a raggiungere. La protagonista femminile, Nina, è a metà strada tra tradizione e modernità, ancorata, sebbene molto giovane, alla sua terra e alla sua famiglia, ma anche lei, ansiosa di fuggire da quel mondo, che però non rifiuta, ma accetta in modo naturale e poi, nel rapporto con Rocco, trasforma in qualcosa di nuovo. Appena tratteggiato è il personaggio del fratello del protagonista,Francesco, un alter ego più pacato, ansioso di capire, quanto il fratello è istintivo: il suo incontro con Rosa è caratterizzato da poche parole, appare più come un ascolto, che come una prevaricazione o un’accusa. Il personaggio di Rosa è bellissimo: la prima immagine che appare di lei è di spalle,come se si volesse definire il silenzio di questa donna che ha amato tacendo, e stando accanto al suo uomo, Domenico, padre del protagonista, come una sorta di ancella, una presenza costante e protettiva, che poteva amarlo solo negli angoli bui e di nascosto. Rosa è una donna umile, che tuttavia conserva in sé una profonda autenticità e determinazione.La recitazione di Claudia Cardinale è stata meravigliosa, intensa, mai sopra le righe, nel delineare questo personaggio, che anche nell’atteggiamento, curva su se stessa, appariva presente, ma senza invadere la vita degli altri: ha dato mestizia e dolore agli occhi del personaggio e le ha regalato una sorta di calma e dolcezza; bellissimo è lo sguardo che rivolge a Francesco, mentre lo abbraccia e gli dice: “Questa è casa tua”. E poi pregnante è la descrizione visiva del paesaggio, brullo e ventoso, che il regista ha caratterizzato in modo preciso, facendo rivivere quel senso di solitudine e attesa spesso vana di un cambiamento che appartiene alla gente di quei luoghi e che, in un certo senso li rende particolari. Molto buona è stata la recitazione degli attori e un particolare risalto va dato alla scelta delle musiche che hanno scandito i momenti importanti del film.
    Ilde Rampino
    Commento al film ULTIMA FERMATA

  348. 399 pietro mitrione 18/02/2016 alle 9:40 am

    AUDIZIONE PARLAMENTARE

    E’ bastata la proposta avanzata dal neo governatore della Campania, Vincenzo De Luca, di elettrificare la linea Salerno Avellino Benevento per far scoprire l’importanza di avere adeguate infrastrutture ferroviarie a servizio di un territorio.
    Le sciagurate scelte operate dal precedente governo regionale hanno portato alla cancellazione della ferrovia in Irpinia, addirittura si arrivò anche alla chiusura della stazione ferroviaria di Avellino.
    In questi ultimi mesi si è sviluppato intorno alla problematica dei trasporti su ferro nella nostra Irpinia un particolare interesse per la tratta ferroviaria Avellino Lioni Rocchetta.
    Non a caso visitando la stazione ferroviaria avellinese, il quartiere di borgo ferrovia e l’Isochimica il neo governatore De Luca ha voluto testimoniare il suo impegno perché questi luoghi possano rinascere, si potrebbe dire che il dopo Vetrella sia cominciato.
    Lo stesso progetto per la realizzazione dell’AREA VASTA recupera la strategicità della ferrovia facendo perno sulla medianità della nostra città fra due grandi opere infrastrutturali su ferro: l’Alta Velocità, esistente, a Salerno e l’Alta Capacità della linea Roma-Napoli-Bari Taranto, da realizzare, a Benevento e fra le due grandi Università a noi attigue: quella del Sannio e quella di Fisciano.
    A tale proposta di sviluppo va associata l’ avvenuta realizzazione, dopo circa 20 anni, del raccordo ferroviario a servizio dell’area industriale di Pianodardine. Un completamento che può favorire lo spostamento dalla gomma al ferro di grandi quantità di merci e che da subito può essere utilizzato per la movimentazione delle migliaia di tonnellate di ecoballe stipate da anni a Pianodardine e che debbono essere trasportate ai luoghi previsti per il loro smaltimento.
    Da queste considerazioni anche il PROGETTO PILOTA per le aree interne può determinare una nuova vita per la ferrovia del “cratere” la Avellino Lioni Rocchetta, sospesa maldestramente, dal 13 dicembre del 2010.
    Nelle varie discussioni che hanno caratterizzato la fase di elaborazione delle proposte una parte è stata dedicata proprio al recupero della tratta in questione prevalentemente a scopi turistici allineando, in tal modo, la “Rocchetta” a quanto sta avvenendo nel resto d’Italia per la riconversione di tratte chiuse/dismesse in “FERROVIE TURISTICHE”. Anche questa proposta sta trovando sponda progettuale favorevole da parte della regione Campania in particolare dal vice governatore Fulvio Bonavitacola.
    Su questo progetto la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni), ha avviato, nella seduta del 18 giugno 2014, l’esame della proposta di legge C. 1178 Iacono ed altri, recante “Disposizioni per l’istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico”. Un ddl che recupera analoghi ddl fra i quali quello presentato dal deputato irpino L. Famiglietti ed altri.
    Su tale iniziativa legislativa la nostra Associazione è stata invitata a partecipare all’audizione presso tale Commissione, che dovrebbe svolgersi nella giornata di martedì 23 febbraio prossimo, a partire dalle ore 13.30. Si tratta di un importante riconoscimento per l’impegno che in_loco_motivi ha profuso in questi anni ma anche motivo di orgoglio per le tante persone che hanno intrapreso questa battaglia fra le tante disattenzioni interessate ed i tanti conniventi silenzi che hanno caratterizzato la scelta politica della “sospensione” della Avellino Lioni Rocchetta.
    La nostra attività non è solo per rivendicare che il tessuto ferroviario esistente venga salvaguardato per garantire il trasporto locale, ma anche che la sua tutela e manutenzione possano contribuire alla valorizzazione dei territori onde permettere percorsi di sviluppo locale incentrati sul risparmio di suolo e contro scempi quali delle trivellazioni petrolifere o della proliferazione di eolico selvaggio. Il turismo ferroviario è diventato una realtà recepita dal Ministero per i beni culturali e da Ferrovie dello Stato attraverso la costituzione di una struttura quale è FONDAZIONE FS che partecipa, fra l’altro alla gestione di alcune tratte ferroviarie a scopi turistici, insieme ad Associazioni territoriali. Si aprono, in tal modo, nuove prospettive e inediti terreni di azione e di proposta per il tessuto associativo sia sul piano della valorizzazione dei beni culturali che su quello del mutamento del modello di sviluppo economico. Si tratta di scoperta di paesaggi e di centri minori, di mobilità dolce in cui diverse forme di trasporto lento si integrano, divenendo strumento di una consapevolezza diversa del paesaggio, dove le stazioni disattivate vengono riusate come luoghi di sosta e di ristoro, veri e propri presidi territoriali.
    Sono queste le considerazioni alla base della Nona Giornata Nazionale delle Ferrovie NON Dimenticate che vedrà come ogni anno tantissimi eventi a piedi, in bicicletta e tour su treni storici: un mix dinamico tra gusto e bellezza, tra paesaggio, tradizioni e storia, dal quale possono riemergere emozioni e nuove attribuzioni di significati. Una iniziativa “lunga un mese” dal 6 marzo al 9 aprile.
    L’iniziativa irpina della 9* giornata è fissata per domenica 3 aprile ed avrà come location Campo di Nusco, una minuscola stazioncina della ferrovia Avellino Lioni Rocchetta, situata nella vasta e spopolata bellezza del paesaggio irpino. Un evento per ricordare il fascino caratteristico delle piccole stazioni di un tempo: minuscole comunità, spesso isolate e per far rivivere la storica ferrovia Avellino Lioni Rocchetta
    Pietro Mitrione

  349. 400 pietro mitrione 24/02/2016 alle 9:31 am

    http://webtv.camera.it/evento/9019
    Martedì 23 Febbraio 2016 ore 12:30
    COMMISSIONE TRASPORTI – Istituzione ferrovie turistiche, audizione Associazione in loco motivi
    Alle ore 12.30, la Commissione Trasporti ha svolto l’audizione di rappresentanti dell’Associazione in loco motivi nell’ambito dell’esame della proposta di legge C. 1178 Iacono ed altri, recante “Disposizioni per l’istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico”.
    iNSIEME ad Agostino Della Gatta per difendere le ragioni della riutilizzazione della ferrovia Avellino Rocchetta

  350. 401 pietro mitrione 25/02/2016 alle 12:27 PM

    Il film “Ultima fermata” al film festival Dublino – 23.02.2016

    Alle 6.00 pm (7.00 orario italiano), la sala 1 del Lighthouse Cinema di Dublino inizia a riempirsi. L’edificio è in una piazza, Smithfield Square, che è uno dei simboli di rinascita e riqualificazione della capitale iralndese. L’evento è il DIFF, Dublin International Film Festival, con il Volta Award, premio alla carriera.
    Alle 6.10 la sala è al completo, non una poltrona libera. La gente continua ad entrare e inizia a sedersi sui gradini laterali. Entra Claudia Cardinale, è per lei tutta quella gente, è per lei il premio Volta, un tributo alla sua carriera, ai suoi 154 film.
    La signora Cardinale è semplicemente ammirabile, un curriculum ininterrotto di centinaia di film che rivela la sua invidiabile capacità di farsi dirigere dai più grandi registi, quelli più eclettici e tutti diversi tra loro. Probabilmente denota umiltà, certamente intelligenza.
    Io sono lì per il film, Ultima Fermata.
    Avellino-Dublino, 2700 chilometri, pochi minuti e mi ritrovo catapultata nuovamente nella mia terra, i miei colori, gli odori.
    Come tutti in quella sala, ho riso durante le scene di “colore folkloristico”, sorriso durante quelle di musica e ballo, poi mentre tutti scoprivano per la prima volta quelle strade, quei paesi, quella ferrovia, io rimandavo a memoria metà della mia vita e i dieci anni, tra studio e battaglie sociali e politiche, spesi su quei binari.
    Per un “emigrato” come me, una persona che ha deciso di andare non per esterofilia ma perché delusa dalla propria terra, fa più male guardare quel film e osservare attorno a sè gente che apprezza e si stupisce come tutto questo possa essere con leggerezza mandato nel dimenticatoio, sospeso, dismesso.
    Torniamo al film. Giambattista Assanti entra a pieno titolo nell’elenco dei registi italiani e merita il mio best-of-luck per il futuro, spero che sia pieno e soddisfacente. Per ora so che l’impegno profuso, per anni e testardamente, cercando di realizzare questi 80 minuti così come li aveva scritti, ha portato i suoi frutti.
    Il risultato è un film molto delicato, a tratti melancolico; la storia è forse un classico: un figlio che ha rinnegato un padre che poi ritrova attraverso i luoghi in cui è vissuto fino alla fine dei suoi giorni. Lo ritrova seguendo la ferrovia che un tempo rese popolare e popolosa quella parte di meridione italiano ma che, bifrontalmente, ne rappresentò anche i momenti di dipartita e addii. Una ferrovia che disegna il paesaggio, corre poggiata su un territorio mutevole, dalle colline dei vitigni Aglianico alle montagne innevate, fino ai tavolati oro di grano al confine con la Puglia.
    Rocco ritrova suo padre, il capostazione Domenico, nei colori, nei sapori, nelle abitudini degli abitanti di una terra, nelle sue tradizioni, nella sua appena percepibile disperazione che non prende mai il sopravvento (nel film) ma che, al contrario, alimenta la fiamma della speranza che la ferrovia, ormai in disuso, possa riaprire.
    E’, ancora, la riscoperta del sud. Quando si ha a che fare per la prima volta con questa terra, è strano come si abbia, sempre, la sensazione di acquisire una strana forza, proveniente da tutto quello di cui è fatta, è come se i sensi si risvegliassero e tu potessi iniziare a provare sensazioni sconosciute – è quel che accade a Rocco, nel film.–Nella realtà questa forza poi svanisce, questa terra improvvisamente ti respinge, ti caccia mettendoti letteralmente alla porta, facendoti capire che le piace percepire il cambiamento ma che, tutto sommato, non le va di farlo.
    E’ degli ultimi giorni la notizia della riapertura, ennesima, di un tavolo di valutazione per una legge che consenta di utilizzare la ferrovia come mezzo turistico; chi battagliava prima continua a battagliare tutti i giorni, da vicino e da lontano, e sui vari tavoli, aperti, ci sono diversi progetti, incluso quello di “dichiarazione di interesse storico-architettonico-paesaggistico” che permetterebbe di proteggere e conservare quello che il tratto ferroviario rappresenta per questo territorio, ovvero Architettura, Ingengeria, Storia, storie come quelle raccontate nel film di Giambattista.
    Lascio la fine in sospeso, come sospeso è il destino della ferrovia Avellino-Rocchetta S.A., sospeso nello stesso vento di cui è pervasa la pellicola.

    Valentina Corvigno, vice-presidente InLoco_Motivi

  351. 402 pietro mitrione 26/02/2016 alle 5:02 PM

    L’Irpinia vista dal finestrino di un treno è un Paese delle Meraviglie. Ad ogni curva scandita da un vigoroso e lungo fischio è un’emozione che ti stuzzica. Che sia il verde brillante della primavera, il bianco dell’inverno, il marrone del letargo autunnale o il giallo oro del grano in estate, ti rapisce i sensi e ti porta a sognare. Guardi fuori appoggiata al finestrino della tua carrozza e nello spazio incapsulato tra la veglia e il sonno, galleggiando nell’aria li vedi apparire: crocchi di case e fumo dai tetti. E’ l’Irpinia, bellezza! Montefalcione, Montemiletto, e Lapio; Taurasi, Montella e Bagnoli; Nusco, Lioni. Poi, ti abbaglia la luce riflessa nelle acque di Conza, la vacca che dorme stesa sul prato, l’airone che volteggia come aquilone silenzioso nell’aria, le case piene di Calitri, la balena di Cairano. L’auto si ferma, è costretta a fermarsi, paziente al passaggio a livello. Ferma, con l’orecchio in attesa. Silenzio, sta arrivando il treno. Con il suo rosario. Venticinque stazioni, diciotto fermate, 119 km di ponti, cascate, traverse e binari. Quello irpino del paesaggio, battezzato cosi dai “folli sognatori” dell’associazione In Loco_Motivi è una cerniera di ferro che attraversa la terra dei lupi. Una tratta minore, inaugurata nel 1895, voluta da Francesco De Sanctis, italiano visionario, irpino di natali. Tratta minore, sospesa a tempo indeterminato, il 12 dicembre del 2010 perché ramo improduttivo. Il giorno prima, alle 6 del mattino, nel gelo di una stazione semideserta, l’ultimo saluto, malinconico e dolente viaggio. Sono trascorsi quasi sei anni da quella data e la linea ferroviaria Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, sembrava avesse imboccato un tunnel con uscita nel dimenticatoio delle cose inutili. Ma coloro che sono abituati a viaggiare lo sanno. Per quanto buio possa sembrare, cullati dalle onde del treno, anche nel tunnel si continua ad andare. In questi ultimi anni, l’Irpinia si è risvegliata dal coma in cui era precipitata con il terremoto del 1980. Una Bella addormentata che ha iniziato a scoprire la bellezza del suo territorio e a capirne le potenzialità. In questi anni, di finanziamenti e attività, sono dovuti maturare concetti come “fare rete”, “green economy”, “mobilità sostenibile”. Tasselli di un processo di sviluppo economico legato al turismo dolce da mettere insieme, magari con il filo di ferro del tracciato dell’Avellino – Rocchetta sant’Antonio. Cosi, pazienti come automobili al passaggio a livello, i folli sognatori che in quella tratta avevano già intravisto una leva di crescita hanno atteso il cambiamento e la consapevolezza. Negli incontri, nei seminari, nelle Giornate nazionali delle Ferrovie dimenticate, nei convegni fino a quelli sul Progetto Pilota. La ferrovia si deve recuperare, la linea ferroviaria è necessaria e “deve diventare il simbolo di un biodistretto” che offra un itinerario unico dal punto di vista paesaggistico naturale “capace di attirare flussi, investimenti e diventare un asset infrastrutturale importante per i collegamenti con i distretti industriali di Melfi e non solo”. Cosi ha detto il vice Presidente della Regione Campania, Fulvio Bonavitacola, in un convegno a Calitri, sul Progetto Pilota. L’8 luglio 2015 alla VIII Commissione Ambiente della Camera, c’era stata la discussione della legge per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono e la realizzazione di una rete della mobilità dolce. Una proposta di legge nata dall’esperienza e dalle indicazioni delle associazioni riunite nella Confederazione Mobilità Dolce (Co.Mo.Do.) di cui fa parte l’Avellino – Rocchetta Sant’Antonio. Una luce, una prospettiva di economia sostenibile legata alle vocazioni del territorio che potrebbe determinare crescita sociale ed occupazionale. In fondo, coloro che sono abituati a viaggiare in treno, lo sanno. Non esiste tunnel, per quanto buio possa sembrare che non possa avere uno sbocco e terminare.”
    Vinia Lasala

  352. 403 pietro mitrione 03/03/2016 alle 9:33 am

    La tua segnalazione su WhatsApp | «Avellino. La Ferrovia rinasce, fiorisce e diventa di nuovo nostra»

    Noi alunni della classe 2°f dell’ istituto comprensivo “Luigi Perna-Dante Alighieri”di Avellino, avendo visto a scuola il film “L’ultima fermata” di Gianbattista Assanti, siamo rimasti colpiti da una storia molto bella, ma che conoscevamo solo in parte, grazie a qualche notizia dataci dai nostri genitori spesso per puro caso: la storia della ferrovia che toccava la nostra città e in particolare la tratta Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Il treno, come veicolo di emozioni, che viaggia su una linea ferroviaria, la Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, che diventa luogo metaforico per mostrare le gioie e i dolori dell’Italia del Sud”.

    Abbiamo compreso l’importanza che ha avuto nel passato questa ferrovia per aAellino, soprattutto per il rione che da essa prende il nome e un po’ l’anima, ovvero “borgo Ferrovia”, per i suoi abitanti, e in particolare per le tante persone che si spostavano per motivi di lavoro e per i suoi commercianti, oltre all’ importanza culturale e sociale dei contatti con le regioni limitrofe Puglia e Vasilicata.

    Cogliendo una sequenza del film che ci ha interessati in particolare, vogliamo proporre un itinerario eno-gastronomico e turistico, attraverso le tre regioni Campania, Puglia e Vasilicata, per il ripristino di questa linea, con un grandissimo vantaggio economico per tutte e tre le aree: il percorso del treno lungo una linea ferroviaria immersa nella natura e nel verde della nostra irpinia e alcuni degli scorci più belli delle altre due regioni, potrebbe realizzarsi intrattenendo i viaggiatori con degustazioni di piatti tipici e vini locali, con l’ascolto di musica etnica e con la possibilità di leggere libri di interesse storico, ad esempio sulla fondazione della Ferrovia e i suoi primi anni di vita.

    Un’iniziativa del genere avrebbe enormi riscontri positivi sia dal punto di vista economico (nuovi posti di lavoro per tante persone e notevoli incentivi per le attività economiche esistenti) sia da un punto di vista culturale e sociale per quanto riguarda i fondi per realizzare tutto ciò, avremmo pensato al coinvolgimento di privati, che potrebbero fare da sponsor, agli imprenditori più importanti e infine ai fondi europei.

    Inoltre il sostegno di promozioni pubblicitarie sarebbe ideale soprattutto se allargato a tutte e tre le regioni coinvolte . E’ troppo difficile realizzare concretamente un progetto del genere? Noi pensiamo assolutamente di no, se chi di competenza almeno per una volta penserà all’interesse e al benessere di tutti i cittadini e non ai propri vantaggi, anche prendendo in considerazione questa nostra proposta.

    Gli alunni della 2F, scuola secondaria di primo grado, “Perna-alighieri”, Avellino: Erika, Antonio, Marco C., Marco A., Luigi, Fabiana, Vittoria, Francesco Pio, Iris, Francesco, Francesca, Carmine, Claudio, Giada.
    Martedì 1 Marzo 2016, 10:16

  353. 404 pietro mitrione 17/03/2016 alle 5:22 PM

    Sul Binario Giusto
    Esperienze e regole per promuovere la mobilità dolce a piedi, in bicicletta ed in treno nel paesaggio Italiano.
    Relazione di Anna Donati, presidente onoraria CoMoDo
    10 marzo 2016

    La voglia del viaggio lento e della mobilità dolce.
    Negli ultimi anni anche in Italia c’è stata un autentica diffusione ed attenzione alla mobilità dolce. Sono aumentati quelli che camminano, pedalano in bicicletta e preferiscono le ferrovie turistiche per muoversi nel paesaggio e nella natura italiana. La stessa Confederazione della mobilità dolce – CoMoDo – mette insieme le principali associazioni che si occupano di questi temi come Greenways Italia, Fiab, Legambiente, Italia Nostra, Ferrovie Turistiche e Museali, UTP Assoutenti, Touring Club, Audax ARI, AIPAI e diversi gruppi locali come Iubilantes, Etnafreebike, Umbria Mobilità, In_loco_motivi, Ferrovie della Calabria. Associazione le Rotaie Molise, TransDolomites.
    Si sta affermando l’idea che il viaggio lento da vivere non è solo uno spostamento per arrivare a destinazione, ma un modo di godersi il tempo libero, la bellezza dei piccoli borghi, il buon cibo a chilometro zero, per incontrare la vitalità delle comunità locali, per apprezzare il silenzio e l’aria pulita, per curare il proprio corpo ed il proprio benessere, per dare valore al tempo. Forse una necessità vitale -dopo anni di rincorsa al fast food, alla velocità, alle infrastrutture “indifferenti al territorio”, all’abbandono delle aree interne, di taglio dei rami secchi – questa positiva riscoperta e valorizzazione dello slow food e dello slow travel come voglia di futuro e non come nostalgia del passato.
    Questi percorsi di mobilità dolce attraversano in genere aree interne a bassa densità e costituiscono un volano anche per il turismo, l’accoglienza, l’artigianato, i beni storici ed i piccoli borghi italiani, la natura ed i parchi: sono quindi anche una opportunità di crescita intelligente. Diventando anche un modo concreto per evitare l’abbandono del territori e contrastare, anche grazie alla manutenzione delle reti e delle ferrovie, il dissesto idrogeologico del paese.
    A ridosso alle reti sia stradali che ferroviarie vi sono anche interessanti manufatti che possono essere recuperati e legati alle attività di promozione ed accoglienza. E’ il caso dei caselli ferroviari e stazioncine ormai chiuse di cui FS promuove il riutilizzo e le case cantoniere – che di recente con un accordo Anas, MIT e Mibact – saranno destinate ad usi turistici e culturali. Diversi operatori privati si stanno aprendo a queste attività con la fornitura di servizi, con proposte integrate di accoglienza, di trasporto bici, assistenza e ciclofficine, con la vendita delle eccellenze del territorio, con guide turistiche. Stanno nascendo dunque piccole economie locali legati alla mobilità dolce molto interessanti, che vanno incoraggiate e sostenute.
    Infine vanno poi ricordate le tante esperienze di promozione del viaggio lento, a piedi, in bicicletta ed in treno, con festival, letterature di viaggio, pubblicazioni dedicate, diari di viaggio dei tanti pedalatori e numerosi siti dove leggere e raccontare le esperienze. Ne citiamo due di sicuro interesse: le guide dei sentieri d’autore raccontate da Albano Marcarini ed il Festival Europeo delle vie Francigene, con oltre 400 eventi culturali lungo i cammini “per incontrarsi e peregrinare”.
    Cammini storici e percorsi a piedi
    Il cammino più noto in Italia è quello della Via Francigena, ma tante altre sono le opportunità diffuse: all’Alta Via dei Parchi in Emilia Romagna ed in Liguria, dai percorsi religiosi come il Cammino di Francesco tra Roma ed Assisi, è tutto un fiorire di percorsi e cammini culturali, naturalistici, religiosi, letterari, storici, devozionali e legati all’arte ed i beni culturali.
    Certamente il più famoso è il cammino europeo della via Francigena, l’antica via che nel medioevo univa Canterbury a Roma ed ai porti della Puglia, riscoperto dai moderni viandanti e riconosciuto nel 2004 con itinerario culturale europeo dal Consiglio d’Europa. Ancora prima in Italia era stata costituita nel 2001 la ”Associazione dei Comuni italiani sulla via Francigena secondo l’itinerario di Sigerico” da qualche decina di enti locali pionieri. Adesso sono ben 86 comuni, 9 provincie e 7 regioni che aderisco a questo progetto di sviluppo sostenibile e valorizzazione di territori rurali e centri urbani di medie e piccole dimensioni. L’obiettivo è crescere ma al contempo mantenere tutte le caratteristiche di qualità e accoglienza di questo cammino definite dalla certificazione. Da sottolineare l’impegno della regione Toscana che ha mappato e creato la segnaletica della via Francigena sul proprio territorio, con oltre 1000 strutture di accoglienza segnalate, il tutto disponibile sul proprio sito.
    Esistono diverse associazioni in Italia che promuovono percorsi e cammini per pellegrini come la Rete dei cammini francigeni, aperta agli enti no profit, attiva in 11 regioni con 25 realtà consociate. L’obiettivo è quello di promuovere i cammini di pellegrinaggio, offrire percorsi sicuri e protetti e promuovere la cultura ed il gusto del camminare “sui passi dell’anima”.
    Vi sono anche tanti camminatori locali che censiscono strade e percorsi utilizzando mappe digitali, come il progetto “Ammappalitalia, percorsi e tracciati da paese e paese” nato nella zona laziale del viterbese ma che si sta allargando a molti percorsi nelle regioni Italiane. La scommessa è quella che tutta l’Italia sia percorribile a piedi e l’idea è quella che ognuno di noi possa condividere e mappare i percorsi a piedi che conosce. Basta guardare sul sito per vedere la ricchezza di proposte e di esperienze.
    Da segnalare anche la Giornata del Camminare, appuntamento annuale promossa da “Federtrek”, che organizza ogni anno più di 1000 escursioni a piedi nella natura ed a tema. Anche il trekking urbano per scoprire la propria città ha molti amici, magare per scoprire con una guida angoli nascosti o leggere con occhi nuovi quello che vediamo ogni giorno. Perchè in fondo “siamo tutti pedoni” come recita un fortunato slogan della campagna promossa dal Centro Antartide di Bologna, per invogliare i cittadini/e ad usare i propri piedi.
    La scorsa estate, il giornalista e scrittore Paolo Rumiz ha percorso a piedi i 600 km sull’antico tracciato romano da Roma a Brindisi sulla regina viarum, alla scoperta dell’Appia Perduta, un tesoro dimenticato e calpestato, raccontando il suo diario quotidiano su Repubblica. Ne è nato anche un documentario su questo “cammino della memoria” ed anche una proposta pubblica di valorizzazione e ripristino di questo percorso.
    Una proposta accolta in modo positivo dal Ministro per i beni e le attività culturali, che ha deciso anche di emanare una Direttiva per indire per l’anno 2016 come l’”Anno dei Cammini d’Italia” per valorizzare il patrimonio degli itinerari escursionistici pedonali o comunque fruibili con altre forme di mobilità dolce sostenibile, di livello nazionale e regionale, che rappresentano una componente dell’offerta culturale e turistica del paese.
    Nella stessa direttiva è previsto il censimento degli itinerari e cammini già esistenti, di quelli in progetto, per poi costituire un “Atlante dei Cammini d’Italia, in collaborazione con Regioni, Enti locali, Comuni, terzo settore, Università, operatori del settore culturale e turistico. Si tratta di obiettivi molto importanti per mettere insieme quanto è già stato fatto, mettere a sistema in modo omogeneo le diverse realtà dei cammini esistenti, valorizzarli e proporli al pubblico in modo semplice ed immediato e garantire un adeguato livello di qualità.
    Pedalando in bicicletta
    La bicicletta è in grande spolvero, soprattutto per muoversi nel tempo libero. Si pedala sulla rete di ciclovie già disponibili, nel tempo libero vicino a casa, sulla meraviglia delle strade bianche, lungo le alzaie di fiumi e canali, nei parchi naturali.
    Si pedala come ciclisti amatoriali e sportivi. Oppure lungo i tracciati di vecchie strade storiche ormai in disuso perché sostituite da superstrade moderne e veloci. O ancora su nuove greenways realizzate su tracciati di ferrovie dismesse da tempo riconvertiti a percorso ciclopedonale. Si pedala molto anche sulle strade a basso traffico ed alta ciclabilità, come fanno i Randonneurs di ARI Audax.
    E numerosi sono i progetti in campo per estendere e ripristinare le reti: la Fiab, insieme al Ministero per l’Ambiente, promuove la rete BicItalia, le grandi ciclovie italiane che fanno parte della rete europea Eurovelo. L’ambizione è di realizzare 18.000 di percorsi ciclabili per il turismo, le economie locali, la conservazione del territorio, anche attraverso la cucitura dei tanti percorsi esistenti. Integrato con le ciclovie è AlbergaBici, la rete censita da FIAB che accoglie con piacere e con servizi dedicati chi pedala.
    In questi anni sono nati altri progetti come Vento, promosso dal Politecnico di Milano, in bicicletta da VENezia a TOrino lungo il fiume Po per fare una esperienza itinerante nel paesaggio e nella cultura del grande fiume. Di estremo interesse è il percorso promosso dal “Coordinamento dal basso per la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese” che dall’alta Irpinia, attraverso la Basilicata, le Murge, la Valle d’Itria arriva a Santa Maria di Leuca, la punta estrema del Salento. Un percorso cicloturistico di 500 km che segue il tracciato di due condotte storiche dell’acquedotto pugliese. Elemento importante è che questo tracciato può contare su 230 km di strade di servizio già esistenti e quasi interamente percorribili che con pochi interventi diventano una via verde. Cosi come una parte del tracciato è stata già trasformata in percorso ciclabile dalla regione Puglia, molto attiva sul fronte del cicloturismo.
    Non può mancare un richiamo al GRAB, il grande Raccordo Anulare della Bici con 45 km di percorsi dentro il comune di Roma e si snoda lungo aree verdi, parchi, argini fluviali, strade a basso traffico. Progetto promosso da VeloLove in collaborazione con Legambiente e Touring, che si snoda tra i principali monumenti della città eterna. San Pietro, Colosseo, Circo Massimo, Caracalla, Appia Antica, che dovrebbe diventare davvero una strada ciclopedonale, sia per la mobilità urbana che come avvio della regina viarum per Brindisi, come nel vecchio ed attualissimo sogno di Antonio Cederna.
    Questi tre progetti, oltre ad una tratto di ciclopista da Verona a Firenze, saranno tra le priorità per i finanziamenti previsti dal DDL Stabilità 2016. Evidente che sono ben più numerosi i progetti di percorsi cicloturistici a tutte le latitudini del paese, dalla Sicilia alla Sardegna, dalla Toscana al Trentino Alto Adige che stanno avanzando nella progettazione, realizzazione ed utilizzo da parte degli amanti delle due ruote.
    Ferrovie dismesse da trasformare in Greenways
    In Italia vi sono oltre 1600 km di linee ferroviarie dismesse (con Decreto Ministeriale) ed abbandonate da tempo, che in buona parte possono diventare greenways per vivere la mobilità dolce nel paesaggio italiano. Da non confondersi con le ferrovie sospese, chiuse all’esercizio, che sono circa 1300 km e di cui CoMoDo ne chiede la riapertura ad uso ferroviario.
    Le ferrovie dismesse, con la pendenza dolce tipica delle ferrovie, il sedime in genere di proprietà di RFI, FS, qualche exconcessa ora delle Regioni, qualche privata, costituiscono un sedime naturale da trasformare in via verde per ciclisti e pedoni. Una parte di queste linee, circa 450 km, sono il risultato di varianti di tracciato (esempio da Vasto ad Ortona) mentre la restante parte sono ferrovie non più in esercizio e dismesse, come la Treviso-Ostiglia. Anche lo stato di conservazione è molto differente perché alcune sono dismesse da decenni, altre non sono mai entrate in funzione, alcune sono state chiuse da poco tempo e sono ancora armate.
    E’ l’Associazione Greenways Italia che porta avanti questi progetti, con un proprio portale sulle vie verdi ed un censimento aggiornato delle ferrovie abbandonate. Alcune vie verdi dalla conversione di exferrovie sono state già realizzate, di cui la più famosa è la San Lorenzo a Mare – Ospedaletti, la pista ciclabile della Riviera dei Fiori in Liguria. Talmente famosa che nel 2015 il Giro d’Italia è partito proprio da qui.
    Un caso interessante in corso di realizzazione è l’itinerario ciclopedale sulla exferrovia Bologna-Verona, che a seguito del raddoppio del binario completamente fuori sede, ha liberato l’exbinario unico. La regione Emilia Romagna insieme alle province e comuni interessati hanno sottoscritto un protocollo con Rfi in cui viene concesso il comodato gratuito per l’utilizzo del bene, che resta quindi di proprietà di RFI. Gli investimenti di riqualificazione sono a carico della Regione e degli Enti Locali, ma alcuni interventi con il sovralzo dei ponti ferroviari lungo la linea saranno effettuati da RFI. Quindi una collaborazione interessante tra l’azienda proprietaria, Regione ed Enti locali per realizzare la greenways, che di recente nel collegato ambientale approvato dal Parlamento, ha ottenuto un finanziamento di 5 milioni di euro assegnati alla Regione Emilia Romagna.
    CoMoDo, la Confederazione per la mobilità dolce, ritiene che in generale una buona parte di questa rete dismessa si possa trasformare in Greenways, ma alcune tratte invece meritano di essere ripristinate in ferrovie turistiche come la Fano Urbino, ancora con il sedime in buono stato e che attraversa aree di interesse turistico. Comodo ha aperto un tavolo di confronto con FS ed RFI sulle ferrovie dismesse, per identificare le linee che possono diventare greenways, e quelle che meritano di essere trasformate in ferrovie turistiche.
    Il successo delle ferrovie turistiche
    Le ferrovie turistiche stanno ottenendo un grande successo di pubblico anche in Italia. Prima ci sono state le storiche esperienze pioniere di treni turistici realizzate dalle associazioni di volontari, come il Treno Blu sul lago d’Iseo. O quelle sulla ferrovia Asciano-Monte Antico, ferrovia della Val d’Orcia chiusa nel 1994 e poi riaperta con treni turistici dai volontari e sostenuta dalla Provincia di Siena con il Treno Natura. Da ricordare anche il Trenino Verde della Sardegna che con quattro linee e 439 km di rete, propone treni turistici nei meravigliosi paesaggi sardi come la Macomer Bosa o la Mandax Arbatax. Essendo linee di proprietà regionali c’è il sostegno della Regione Sardegna ma essendo discontinuo mette a rischio il servizio. Inoltre servono interventi di manutenzione straordinaria dei binari della linee a scartamento ridotto, che hanno dei costi non indifferenti.
    Numerosi sono i gruppi locali di volontari che in tutte le Regioni si impegnano per la riapertura di linee sospese o anche dismesse con servizi turistici, che curano musei ferroviari, materiali rotabili storici, che tengono viva la memoria e che sono riuniti nell’associazione Ferrovie Turistiche Italiane e nella Federazione Ferrovie Turistiche e Museali. Nel Salento ad esempio è attiva AISAF che gestisce un bellissimo museo ferroviario a Lecce e promuovere il Salento Express, treno turistico sulle ferrovie Sud Est.
    Ma adesso, dopo anni di confronti e proposte sono arrivate anche le Ferrovie dello Stato. Infatti dal 2013 è attiva la Fondazione FS, la società che custodisce l’archivio e le biblioteche delle ferrovie italiane, dai progetti infrastrutturali al materiale rotabile, dalle foto d’epoca al magnifico Museo ferroviario di Pietrarsa. Da oltre un anno propone treni turistici su cinque linee locali denominate “binari senza tempo” a partire dalla ferrovia del Parco Sulmona Carpinone, la Transiberiana d’Italia. O sulla ferrovia del Lago d’Iseo, sulla Ferrovia della Val d’Orcia, sulla ferrovia dei Templi da Agrigento bassa a Porto Empedocle, tra i templi della Magna Grecia. Questi treni turistici e quelli realizzati sulle linee locali in occasioni di manifestazioni enogastronomiche e culturali, sono svolti in collaborazione con le associazioni locali e stanno ottenendo un ottimo successo di pubblico.
    Secondo la Fondazione nel 2015 sono stati organizzati 166 treni turistici con 45.000 viaggiatori in 13 regioni ed ora si progetta di aprire altre linee per nuovi treni turistici. Di recente a seguito di un accordo, il Mibact è entrato a far parte di Fondazione FS, per la promozione del turismo slow e del patrimonio storico, a partire proprio dalle ferrovie turistiche.
    Un caso positivo di trasformazione di linee locali in ferrovie per pendolari e turisti con robusti investimenti sulla rete e sul materiale rotabile, è il Trentino Alto Adige, come è avvenuto sulla ferrovia della Val Venosta e della Val Pusteria. Servizi cadenzati, integrazione con la rete nazionale su ferro ed il trasporto locale su gomma, treno più bici, tariffazione integrata, ne hanno determinato l’apprezzamento sia dei residenti che dei turisti. Al contrario di quello che sta avvenendo in Valle d’Aosta, dove la Regione a fine anno 2015 ha sospeso il servizio sulla Ferrovia locale Aosta-Pre Saint Didier.
    Sono ben 1300 attualmente i chilometri di ferrovie sospese in Italia – che secondo CoModo – potrebbero essere riaperte per servizi turistici ed in diversi casi essere anche una buona integrazione per i servizi ordinari per residenti e pendolari.
    E’ evidente che serve attenzione ai costi di investimento, manutenzione e servizio, con un regolamento snello di gestione per le ferrovie turistiche ed una reale integrazione con il turismo e le economie locali.
    CoMoDo ritiene che ferrovie e treni turistici debbano essere riconosciuti come una attività stabile delle ferrovie, e quindi inseriti per la parte manutenzione dei binari all’interno del Contratto di Programma MIT-RFI e per la parte servizio nei contratti di servizio Regioni-Trenitalia, anche con risorse proprie delle istituzioni regionali.
    In modo analogo chiediamo che l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria, adotti regole snelle d’esercizio per le ferrovie turistiche (come è già avvenuto dal 2011 in Francia con apposito regolamento) ed autorizzi la sperimentazione e le regole per l’utilizzo del Velorail per pedalare sui binari.

    Velorail: pedalare sui binari
    L’ultima novità è il Velorail (draisine o railbike o cicloferro), cioè carrelli o mezzi di trasporto a pedali da utilizzare sulle rotaie delle ferrovie. Tanto più in tempi di bicicletta a pedalata assistita e di nuove tecnologie che potrebbero consentire un uso alternativo del tracciato ferroviario o integrato con il treno turistico. In Francia ed oltralpe vi sono già 38 circuiti turistici con il Velorail già in uso su vecchie ferrovie dismesse.
    Partendo ad esempio dal progetto sardo ByRails, una quadriciclo a pedalata assistita ad energia rinnovabile, che può pedalare sia su rotaia che su strada, promosso da ConfCommercio e con il sostegno della regione Sardegna. Un modo per valorizzare i 400 km di ferrovia a scartamento ridotto ed integrare il servizio del trenino verde.
    Ma anche altri progetti si stanno studiando in varie realtà ed anche in Italia dovrebbe essere promossa ed autorizzata una sperimentazione di velorail e definita una regolamentazione di questo nuovo servizio turistico a pedali, che di certo avrebbe grande successo anche nel nostro paese.
    Le proposte di CoMoDo: un Piano per la mobilità dolce e norme di sostegno
    La reti dei percorsi a piedi, in bicicletta e su treni turistici deve essere resa fruibile in modo integrato con una vera e propria rete per la mobilità dolce. Va ricordato che le reti ed i percorsi su cui si cammina e si pedala molto spesso sono le stesse e quindi sono infrastrutture ad uso ciclopedonale. Cambiano ovviamente le esigenze ed i servizi tra chi va a piedi o usa la bicicletta.
    Solo un esempio per comprendere meglio: la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, da Caposele a Santa Maria di Leuca, incontra la ferrovia Avellino Rocchetta San Antonio in Irpinia (adesso purtroppo sospesa) e le ferrovie Sud Est in Puglia e nel Salento. Queste reti devono parlarsi e proporsi in modo integrato a chi vuole camminare, pedalare e prendere un treno turistico, lasciando l’opportunità di pianificare un viaggio secondo il proprio piacere ed esigenza.
    Ma serve anche una buona integrazione con il trasporto ferroviario (non solo locale) ed il trasporto su autobus per poter partire dalle città e vivere il tempo libero lasciando a casa l’automobile. L’intermodalità, con il trasporto della bicicletta sui mezzi del trasporto collettivo ed il deposito e custodia presso stazioni e fermate, deve essere realizzato in modo adeguato.
    Ma anche pedalare sulle strade a basso traffico deve essere riconosciuto e va tutelato chi pedala o cammina indicando ai mezzi di trasporto motorizzati che siamo in presenza di una strada ad alta ciclabilità.
    Questa integrazione di rete, di servizi e strutture per l’accoglienza deve essere pensato come un “Piano per la mobilità dolce” secondo linee guida nazionali con criteri omogenei di qualità, che l’utente deve immediatamente riconoscere. Queste linee guida secondo CoMoDo devono essere emanate dal Ministero dei Beni e le attività culturali, d’intesa con il Ministero dei Trasporti e le Infrastrutture ed il Ministero per l’Ambiente.
    Dovranno essere poi le Regioni d’intesa con gli Enti Locali, che hanno una specifica e consolidata conoscenza del proprio territorio e delle reti, ad elaborare in concreto i Piani regionali di mobilità dolce e coordinarne l’attuazione con i vari soggetti pubblici e privati coinvolti.
    Una specifica attenzione dovrà essere dedicata ai nodi di scambio intermodale, studiando ed offrendo molte opportunità di integrazione per chi cammina, vuole pedale o salire su di un treno turistico e locale. Ci vogliono mappe, servizi, tariffe, posteggi, accoglienza turistica, da realizzare lungo tutto le reti ed i percorsi, valorizzando territori, città ed imprenditoria locale.
    Anche Parlamento e Governo si stanno occupando di tutte queste novità. Il Ministero dei beni e delle attività culturali ha promosso l’anno 2016 come l’Anno dei Cammini e vuole costruire un Atlante dei Cammini per mettere in rete tutte le esperienze. Il Ministro dei trasporti Delrio è molto impegnato per lo sviluppo della bicicletta, un vero mezzo di trasporto sia in ambito urbano che per la rete di ciclovie turistiche. Ha ottenuto un ottimo risultato inserendo nel DDL Stabilità 2016 ben 91 milioni per la bicicletta e di questi tre sono per sostenere la rete dei cammini.
    Anche il Parlamento è molto attento ed in questo momento sono ben tre i provvedimenti di cui si sta discutendo in ben due Commissioni della Camera. Alla Commissione Trasporti si discutono le norme per le ferrovie turistiche, come sostenere i nuovi servizi, vincolare i sedimi, ed indurre regolamenti snelli per l’esercizio di ferrovie a bassa velocità, partendo dal progetto di legge Iacono. Sono state svolte numerose audizioni e nelle prossime settimane sarà presentato dalla relatrice il testo base da discutere e poi approvare.
    Nella stessa Commissione è in discussione la norma per la ciclabilità sia per l’ambito urbano che extraurbano, dove il relatore partendo dal Pdl Decaro nell’ambito del comitato ristretto, sta elaborando il testo base che poi sarà sottoposto alla discussione della Commissione. Si tratta di un testo generale che ridefinisce le regole per promuovere gli spostamenti in bicicletta nelle città ma anche la rete di ciclovie nazionali e locali. E’ auspicabile che all’interno di questo provvedimento vi sia anche il riconoscimento delle “strade ad alta ciclabilità ed a basso traffico” con una segnaletica dedicata e rivolta ai mezzi motorizzati per moderare la velocità e prestare attenzione al ciclista.
    Allo Commissione Ambiente e Territorio è invece in discussione il provvedimento per la mobilità dolce, le ferrovie abbandonate, cammini e greenways, partendo da quattro progetti di legge presentati (Realacci, Bocci, Famiglietti, Busto). Anche qui si sono svolte diverse audizioni ed il relatore presenterà a breve un testo base da sottoporre al confronto in Commissione. L’obiettivo è quello di avere una norma snella, per elaborare il Piano nazionale per la mobilità dolce e le linee guida tecniche con cui mappare, integrare, recuperare reti e servizi, definire i compiti e l’attuazione delle Regioni, vincolare i sedimi, dare incentivi e agevolazioni ai soggetti pubblici e privati che realizzano servizi ed accoglienza, creare un marchio riconoscibile per la mobilità dolce.
    E’ molto positiva questa “voglia” di mobilità dolce, di bicicletta e ferrovia turistica, ma va evitato che vi siano interventi normativi scoordinati tra loro ed anche in leggera sovrapposizione. Per queste ragioni CoMoDo avanza le seguenti proposte:
    • Chiede al Parlamento che vi sia un autentico coordinamento tra questi tre provvedimenti, che devono essere pensati in modo unitario.
    • Suggerisce al Governo ed in particolare ai Ministri Franceschini, Delrio e Galletti, la massima attenzione e collaborazione con le Commissioni parlamentari per arrivare all’approvazione dei testi
    • Richiede l’incremento delle risorse disponibili da inserire nelle norme per far decollare il viaggio slow ed il turismo dolce.
    • Auspica un dialogo con le competenti commissioni del Senato, dove sono stati presentati analoghi testi e dove, una volta approvati dalla Camera i provvedimenti, saranno a loro volta discussi ed approvati
    • Propone che venga utilizzato lo strumento della “sede legislativa” per l’approvazione in Commissione, dato l’ampio consenso dei gruppi su questi temi, perché i tempi sono molto stretti ed per evitare di disperdere questo patrimonio di confronto e di consenso
    Per tutti questi obiettivi e per promuovere la cultura della mobilità dolce, CoMoDo ha organizzato la IX Giornata delle ferrovie NON dimenticate 2016 ed il mese della mobilità dolce dal 6 marzo al 6 aprile. Ha promosso un ricco calendario di eventi, pedalate, cammini, convegni, treni turistici, ed anche una maratona ferroviaria da Palermo a Pietrarsa, utilizzando le reti locali del Mezzogiorno d’Italia.
    E’ il nostro modo di voler bene all’Italia: promuovere il viaggio slow nel paesaggio italiano, per vivere la bellezza e la ricchezza (a volte anche gli orrori) del nostro Belpaese.

  354. 405 pietro mitrione 25/03/2016 alle 10:19 am


    la natura si riappropria

  355. 406 pietro mitrione 31/03/2016 alle 3:44 PM

    L’Irpinia vista dal finestrino di un treno è un Paese delle Meraviglie. Ad ogni curva scandita da un vigoroso e lungo fischio è un’emozione che ti stuzzica. Che sia il verde brillante della primavera, il bianco dell’inverno, il marrone del letargo autunnale o il giallo oro del grano in estate, ti rapisce i sensi e ti porta a sognare. Guardi fuori appoggiata al finestrino della tua carrozza e nello spazio incapsulato tra la veglia e il sonno, galleggiando nell’aria li vedi apparire: crocchi di case e fumo dai tetti. E’ l’Irpinia, bellezza!

    Montefalcione, Montemiletto, e Lapio; Taurasi, Montella e Bagnoli; Nusco, Lioni. Poi, ti abbaglia la luce riflessa nelle acque di Conza, la vacca che dorme stesa sul prato, l’airone che volteggia come aquilone silenzioso nell’aria, le case piene di Calitri, la balena di Cairano. L’auto si ferma, è costretta a fermarsi, paziente al passaggio a livello. Ferma, con l’orecchio in attesa. Silenzio, sta arrivando il treno. Con il suo rosario. Venticinque stazioni, diciotto fermate, 119 km di ponti, cascate, traverse e binari.

    Quello irpino del paesaggio (qui), battezzato cosi dai “folli sognatori” dell’associazione In Loco_Motivi è una cerniera di ferro che attraversa la terra dei lupi. Una tratta minore, inaugurata nel 1895, voluta da Francesco De Sanctis, italiano visionario, irpino di natali. Tratta minore, sospesa a tempo indeterminato, il 12 dicembre del 2010 perché ramo improduttivo. Il giorno prima, alle 6 del mattino, nel gelo di una stazione semi deserta, l’ultimo saluto, malinconico e dolente viaggio. Sono trascorsi quasi sei anni da quella data e la linea ferroviaria Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, sembrava avesse imboccato un tunnel con uscita nel dimenticatoio delle cose inutili.

    Ma coloro che sono abituati a viaggiare lo sanno. Per quanto buio possa sembrare, cullati dalle onde del treno, anche nel tunnel si continua ad andare. In questi ultimi anni, l’Irpinia si è risvegliata dal coma in cui era precipitata con il terremoto del 1980. Una Bella addormentata che ha iniziato a scoprire la bellezza del suo territorio e a capirne le potenzialità. In questi anni, di finanziamenti e attività, sono dovuti maturare concetti come “fare rete”, “green economy”, “mobilità sostenibile”.ferrovia Tasselli di un processo di sviluppo economico legato al turismo dolce da mettere insieme, magari con il filo di ferro del tracciato dell’Avellino – Rocchetta sant’Antonio. Cosi, pazienti come automobili al passaggio a livello, i folli sognatori che in quella tratta avevano già intravisto una leva di crescita hanno atteso il cambiamento e la consapevolezza. Negli incontri, nei seminari, nelle Giornate nazionali delle Ferrovie dimenticate, nei convegni fino a quelli sul Progetto Pilota.

    La ferrovia si deve recuperare, la linea ferroviaria è necessaria e “deve diventare il simbolo di un bio distretto” che offra un itinerario unico dal punto di vista paesaggistico naturale “capace di attirare flussi, investimenti e diventare un asset infrastrutturale importante per i collegamenti con i distretti industriali di Melfi e non solo”. Cosi ha detto il vice Presidente della Regione Campania, Fulvio Bonavitacola, in un convegno a Calitri, sul Progetto Pilota.

    L’8 luglio 2015 alla VIII Commissione Ambiente della Camera, c’era stata la discussione della legge per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono e la realizzazione di una rete della mobilità dolce. Una proposta di legge nata dall’esperienza e dalle indicazioni delle associazioni riunite nella Confederazione Mobilità Dolce (Co.Mo.Do.) di cui fa parte l’Avellino – Rocchetta Sant’Antonio.

    Una luce, una prospettiva di economia sostenibile legata alle vocazioni del territorio che potrebbe determinare crescita sociale ed occupazionale. In fondo, coloro che sono abituati a viaggiare in treno, lo sanno. Non esiste tunnel, per quanto buio possa sembrare che non possa avere uno sbocco e terminare.

    (pubblicato sul CORRIERE dell’Irpinia il 20 febbraio 2016)

  356. 407 pietro mitrione 31/03/2016 alle 3:47 PM

    Non è ancora l’ “Ultima fermata”
    Posted on 31 marzo 2016 by vinialasala
    <>. Il telefono di Giambattista Assanti, sceneggiatore alla sua prima prova da regista, squilla ininterrottamente da quando, martedì scorso, sono state rese note le candidature al David di Donatello 2016. Claudia Cardinale è nella rosa delle finaliste per il titolo di “miglior attrice non protagonista” grazie alla sua interpretazione nel film “Ultima fermata”. Quattro anni fa, racconta Assanti, non immaginava di poter vivere una tale soddisfazione. Per realizzare il suo film, infatti, aveva bussato proprio alle porte di una delle grandi case cinematografiche con la quale si trova oggi a concorrere. La risposta, dice, fu laconica: la Cardinale è fuori mercato e il racconto non è adatto per la grande distribuzione. Insomma, il contrario di quello che è accaduto.

    <>. “Ultima fermata” racconta la vita lavorativa e sentimentale di Domenico Capossela, capo di un treno, che fischiava partenze e ritardi portando via con se uomini e donne verso mete lontane. Storie di eroi comuni, figli di un Sud che faticava, e fatica ancora ad emanciparsi per realizzare i suoi sogni. Nel cast di questa opera prima – distribuito dalla Genoma Film di Paolo Rossi in collaborazione con la Stemo Film di Claudio Bucci – accanto alla straordinaria Claudia Cardinale, Assanti si è avvalso di un avvincente Sergio Assisi, di Luca Lionello e di un emozionate Nicola Di Pinto. Piena di vitalità l’interpretazione di Francesca Tasini, attraverso i suoi occhi, il regista apre lo sguardo su un territorio dai panorami stupendi e dai colori suggestivi.

    claudia_cardinale

    Girato tra il 2013 e il 2014, sullo sfondo di “Ultima fermata” ci sono i paesaggi dell’Irpinia e una ferrovia, ispirazione per il film: l’Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, imparata a conoscere e rimpiangere dagli irpini, solo dopo la sua chiusura (ne ho parlato qui). La tratta, inaugurata nel 1895, è stata sospesa nel 2010 dalla Regione Campania perché considerata “minore”, ovvero improduttiva. E Giambattista Assanti, parlando di “Ultima fermata”, lo definisce un film sul territorio e una dedica alle tante associazioni che si adoperano per mantenere alta l’attenzione su potenzialità di sviluppo delle comunità, che valorizzino le risorse e non le sfruttino. Come l’associazione In_loco motivi, citata quale esempio da Assanti, grazie alla quale per la ferrovia irpina, spina dorsale della storia cinematografica, pare possa esserci ancora un futuro: come tratta turistica o come elemento del Progetto Pilota o dell’Area Vasta.

    Cosi, la nomination alla Cardinale per il David di Donatello 2016 è anche un riconoscimento ideale alla bravura di Assanti, alla sua capacità per aver saputo coniugare la storia con la bravura interpretativa dei suoi attori. Ma la notizia è pure di quelle che ti fanno ben sperare per il futuro della terra in cui vivi e ti riempiono di orgoglio. Con “Ultima fermata”, sai che la bellezza della tua ferrovia e dei tuoi paesaggi, cosi familiari, diventeranno con la magia del cinema, universali e patrimonio di tutti. <>, ripete Assanti prima di concludere. Un riconoscimento del quale, incrociando le dita, attendiamo conferma il 18 aprile. Un buon auspicio, speriamo in ogni caso, per i sogni della nostra terra e per la nostra ferrovia.

    (pubblicato sul CORRIERE dell’Irpinia il 26 marzo del 2016)
    Vilia Lasala

  357. 408 pietro mitrione 04/04/2016 alle 9:44 am


    la tarantella montemaranese suonata e danzata fra i i binari della ferrovia Avellino Rocchetta….

  358. 409 pietro mitrione 05/04/2016 alle 11:46 am

    9° giornata nazionale delle ferrovie NON dimenticate in Irpinia

    Anche quest’anno, si rinnova l’appuntamento con la “Giornata Nazionale delle Ferrovie NON Dimenticate.”
    Un mese intero dedicato alla mobilità dolce su sedimi dismessi e finalizzato al lancio del turismo storico-ferroviario.
    Da domenica 6 marzo e fino al 6 di aprile vari sono gli appuntamenti e i tour che potranno dare ancora più forza e risalto alla missione di Co.Mo.Do.
    Quest’anno la Giornata si è aperta domenica 6 marzo con un viaggio in treno sulla tratta Sulmona Carpinone, organizzato dalla Fondazione FS e Ass. Le Rotaie Molise, poi è continuata con una serie di iniziative articolate durante l’intero mese di marzo, tra le quali un importante convegno a tema nella Capitale, il 10 marzo, nonché il nuovo appuntamento con gli Stati Generali del Turismo MIBACT presso il Museo Ferroviario di Pietrarsa (NA) per i giorni 7/8/9 aprile.
    Una iniziativa dedicata alle tante ferrovie dei piccoli paesi e di di montagna lungo i cui chilometri hanno visto passare persone, vite e storie. Si tratta di un patrimonio importante, fatto di linee che si snodano nel territorio e collegano città, borghi e villaggi rurali, di opere d’arte (ponti, viadotti, gallerie), di stazioni e di caselli (spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche), che giacciono per gran parte abbandonati in balia dei vandali o della natura che piano piano se ne riappropria. Un patrimonio da tutelare e salvare nella sua integrità, trasformandolo in percorsi verdi per la riscoperta e la valorizzazione del territorio o ripristinando il servizio ferroviario con connotati diversi e più legati ad una fruizione ambientale e dei luoghi.
    In Irpinia l’evento si svolgerà il giorno 3 aprile presso la piccolissima stazione di Campo di Nusco della tratta ferroviaria Avellino Rocchetta a testimonianza del compito di civiltà che ha assolto, per il passato, tale ferrovia consentendo a tante persone di fruire di un mezzo di comunicazione per recarsi a lavorare, studiare o emigrare. Una stazioncina situata nella parte più interna e povera della regione Campania, quella caratterizzata, ancora oggi, dalle “case sparse” e dal grave problema dello spopolamento e dell’isolamento.
    La nostra storica ferrovia Avellino Rocchetta percorre zone rimaste fondamentalmente estranee a fenomeni di urbanizzazione ed industrializzazione devastante per cui può ancora rivestire un sostanziale ruolo naturalistico con vocazione alla promozione turistica del territorio che attraversa.
    Dopo oltre 5 anni dalla “sospensione della “Rocchetta”, la nostra Associazione ripropone con questa iniziativa l’impegno per la conoscenza di questa suggestiva tratta ferroviaria per determinare l’amore per l’oggetto stesso della conoscenza. Un impegno che ci porta ad esplicitare, ancora una volta, alcuni interrogativi, quasi come lettera aperta, rivolti alla classe politica del nostro territorio, provinciale e regionale:
    • E’ possibile mantenere viva nell’opinione pubblica ed aprire alle nuove generazioni la memoria e la conoscenza del patrimonio ferroviario irpino, di rilevante valore storico e culturale, come vettore di una mobilità “dolce” da godere, capace di favorire incontri comunitari, di riappropriazione di un senso identitario in una visione avanzata, alternativa, ambientalmente compatibile ed europea dell’uso del treno?
    • Nell’era della alta velocità è ancora possibile uscire dalla logica per cui il treno debba essere preso in considerazione solo e solamente per l’esclusivo spostamento di uomini e cose nel più breve tempo possibile?
    • C‘è ancora la possibilità per cui il treno possa diventare il mezzo per un turismo rispettoso dell’ambiente, non motorizzato e quindi caratterizzato dalla lentezza per meglio godere del paesaggio che esso attraversa?
    • Rivitalizzare e ripristinare una tratta “scarsamente utilizzata” ma che, con nuove prospettive e migliore impiego di risorse, potrebbero sostenere attività turistiche ed economie locali è una azione politica su cui investire?
    • Ragionare in termini di integrazione ferro/gomma per favorire la fruizione delle risorse paesaggistiche, enogastronomiche e urbane dell’Irpinia è uno dei tasselli mancanti a comporre un sistema integrato turistico/ambientale ed economico, partendo da quello che già c’è?
    La nostra risposta è convintamente positiva anche alla luce di quanto annunciato relativamente alla elettrificazione della linea Salerno-Avellino-Benevento, alla ipotizzata linea ad Alta Capacità Roma –Napoli -Bari, alla costruzione dell’Area Vasta di Avellino, alla sperimentazione del Progetto Pilota per le aree interne e, soprattutto, alla attività messa in atto da Fondazione FS e dal Ministero dei Beni e le Attività Culturali e del turismo che hanno individuato nelle ferrovie “minori” opportunità di sviluppo turistico e culturale. Un insieme di idee che se realizzate possono far rientrare la nostra Irpinia nella geografia ferroviaria italiana da cui oggi è cancellata, basti pensare che la nostra città è l’unico capoluogo di provincia della Campania a non essere collegato su ferro con Napoli e che ha dovuto subire l’onta della chiusura totale della stazione ferroviaria qualche anno fa.
    In questo nuovo contesto anche la nostra ferrovia Avellino Lioni Rocchetta, quella dei paesi dei coppoloni, per dirla alla Vinicio Capossela e ricordata nel film di GB Assanti “Ultima Fermata”, con Claudia Cardinale protagonista, da ramo secco può trasformarsi nel tassello di una nuova e moderna visione di sistema territoriale a patto che la classe politica e la società civile si decidano finalmente ad elaborare un progetto complessivo e condiviso di sviluppo costruendolo leggendo il territorio e non calandolo dall’alto.
    In tal caso il famoso brano tratto da “ Un viaggio elettorale” di Francesco De Sanctis, “………… tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia e in picciol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”, diventerebbe un dovuto riconoscimento al grande irpino in occasione del bicentenario della sua morte.

  359. 410 pietro mitrione 05/04/2016 alle 4:06 PM

    il famoso brano tratto da “ Un viaggio elettorale” di Francesco De Sanctis, “………… tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia e in picciol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”, diventerebbe un dovuto riconoscimento al grande irpino in occasione del bicentenario della sua morte.

  360. 411 pietro mitrione 06/04/2016 alle 8:55 PM

    9° giornata nazionale delle ferrovie NON dimenticate in Irpinia

    In Irpinia l’evento si svolgerà il giorno 3 aprile presso la piccolissima stazione di Campo di Nusco della tratta ferroviaria Avellino Rocchetta a testimonianza del compito di civiltà che ha assolto, per il passato, tale ferrovia consentendo a tante persone di fruire di un mezzo di comunicazione per recarsi a lavorare, studiare o emigrare. Una stazioncina situata nella parte più interna e povera della regione Campania, quella caratterizzata, ancora oggi, dalle “case sparse” e dal grave problema dello spopolamento e dell’isolamento.

  361. 412 pietro mitrione 08/04/2016 alle 9:21 am

    Noi il treno lo rivogliamo davvero e lo stiamo già costruendo nei nostri sogni più belli.
    E’ il terzo anno consecutivo che siamo presenti alla Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate (da quest’anno ‘Non Dimenticate’). Questa è la IX, la VII si svolse a Rocchetta Sant’Antonio, lembo estremo della nostra ferrovia ed ex comune della provincia di Avellino, l’VIII fra San Tommaso del Piano – insieme a Vinicio Capossela – e Ruvo del Monte, mentre quest’anno siamo stati alla piccola stazione di Campo di Nusco.
    Una manifestazione bellissima a cui abbiamo partecipato … in treno!
    Vedere per credere! Mentre tutti hanno raggiunto la stazione di Campo di Nusco in auto od in pullman, noi di Info Irpinia ci siamo arrivati via binari partendo dalla stazione di Nusco, qualche km prima. Abbiamo viaggiato sul treno che (ancora) non c’è con ai piedi le rotaie ed agli occhi i finestrini, riscoprendo quell’emozione di paesaggi, colori, suoni e ruscelli, su cui si appoggia l’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Questa marcia su binari e traversine nasce perché questa ferrovia è un simbolo della nostra terra ed ha bisogno d’amore e passione prima di ogni altra cosa.

    Ricordiamo … La decisione scellerata di sospendere la nostra Avellino-Rocchetta Sant’Antonio risale a più di 5 anni fa, precisamente nel dicembre del 2010. Tratta voluta da un politico illuminato come Francesco De Sanctis viene cancellata da politici miopi, senza scrupoli e senza alcuna conoscenza di questa terra: si è calpestata una storia di 120 anni con vergognosa nonchalance. Un’azione criminale giustificata da assurdi calcoli che avrebbero dovuto produrre una razionalizzazione dei costi: in realtà la tratta non pesava neanche per l’1% sulla spesa del comparto trasporti su ferro della Regione Campania. Se si considera la desertificazione odierna, la carenza di trasporto pubblico con paesi addirittura senza collegamenti o con corse rarissime di autobus ed il ricavo attuale del piano costi/benefici per il territorio, possiamo affermare con certezza di aver subìto un vero e proprio ladrocinio: uno scippo anche di speranza.
    Avellino-Rocchetta Campo di NuscoDa quel 12 dicembre 2010 ad oggi, ma anche precedentemente, sono state centinaia le manifestazioni di ogni tipo compiute per rimettere al centro della discussione la mobilità, la sostenibilità e la valenza turistica legata alla ferrovia ed allo sviluppo di questa terra. Pietro Mitrione, promotore instancabile e valoroso, con In_loco_motivi è stato sempre in prima linea e fortunatamente la sensibilità per la nostra ferrovia man mano è andata crescendo fino a raggiungere tanti Irpini e tante associazioni. Quei binari noi li abbiamo camminati, accarezzati, ascoltati tante volte e saranno presenti pure nel nostro programma di riscoperta del territorio, “Estate in Irpinia 2016”, ma è necessario partire da un presupposto fondamentale: se non si fissa il primo obiettivo dell’Irpinia in cultura e trasporto pubblico è impossibile mirare allo sviluppo del territorio. Quelle sono le basi, soprattutto per noi, e senza di esse non si può costruire nulla di solido e duraturo.
    L’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio che sogniamo per il futuro quindi è fatta di mani che si uniscono, così come i territori, i binari, e le comunità, in un abbraccio affettuoso. Sogniamo una tratta che torni pulita, sgombera dai volgari rifiuti che purtroppo l’abbandono attrae sempre, che ritorni funzionale in ogni suo segmento e soprattutto che sia attraversata di nuovo dal treno. Un futuro che diviene ancora più concreto e sostenibile se si immagina per questa provincia, finalmente, un trasporto combinato fra ferro e gomma: ci sono stazioni come quella di Montella, Ponteromito e soprattutto Lioni posizionate in pieno centro urbano e da cui si potrebbe organizzare un punto di smistamento a favore di chi parte da Avellino per raggiungere l’Alta Irpinia e viceversa. Addirittura questo Terminal di combinazione già esiste fisicamente proprio a Lioni: creato ad hoc per il trasporto combinato e costato centinaia di migliaia di euro, non è entrato mai in funzione completamente soprattutto a causa della sospensione della tratta. Immaginiamo inoltre la ferrovia utilizzata a fini turistici, settore che dovrebbe essere traino per l’Irpinia, attraverso cui valorizzare le tantissime eccellenze che abbiamo: dai 3 vini DOCG ai paesaggi straordinari, dai borghi ai castelli, dai prodotti tipici all’enogastronomia di eccellenza. In tante parti del mondo su risorse di questo tipo hanno costruito intere economie, mentre qui sembra che non si riescano mai a mettere a sistema: la ferrovia può servire anche a questo miracolo.
    L’aria e l’ottimismo che abbiamo respirato a Campo di Nusco oggi, in particolar modo, è giustificato, poiché la consapevolezza nella gente inizia ad essere importante: eravamo davvero tanti alla Stazione ed eravamo in tanti a crederci. L’Irpinia inizia ad avere le idee chiare sul proprio futuro ed allo stesso tempo l’Avellino-Rocchetta sta vedendosi riconsiderata sia in Regione Campania che al Parlamento: cose impensabili solo qualche anno fa. Che questa emozionante giornata possa segnare un nuovo punto di svolta per la rinascita della nostra ferrovia e della nostra terra.
    Il treno Irpino del paesaggio non aspetta che di ripartire.
    Avellino-Rocchetta Campo di Nusco
    Info Irpinia

  362. 413 pietro mitrione 09/05/2016 alle 8:47 am

    La riflessione
    Nessun treno potrà portarci via
    Nella stazione di Conza ci siamo stati: i luoghi hanno l’identità che noi scegliamo per essi. I luoghi ci aspettano, pure quelli che abbiamo dimenticato. Eravamo lì per Vinicio ma abbiamo trovato noi stessi: ci siamo rivisti seduti accoccolati sui binari di una stazione che ha visto scorrere la vita e che oggi deve immaginare un futuro per sé e per noi

    «Uno torna sempre al suo vecchio posto dove amò la vita e allora comprende come stan le cose da assente». L’assenza e il ritorno necessario per scoprire come alcuni luoghi abbiano ancora tanto da dire.

    Quei luoghi sospesi come personaggi in cerca d’autore, in attesa di una definizione che ancora nessuno è in grado di concepire. Nella stazione di Conza ci siamo stati ed eravamo in tanti, ci siamo arrivati su strade sconnesse, tra i saliscendi di un asfalto pieno di buche e dislivelli, con la diga al nostro fianco e il pizzo di Cairano a farci da custode. Ma per utilizzare le parole di Vinicio «C’è un premio alla scomodità e alla fatica di arrivarci. L’identità spesso si realizza nei luoghi costruiti per negarla».

    Ed anche il premio è arrivato. Ma, contrariamente a quanto si possa immaginare, non era né Vinicio, né il suo album. Il premio che ci è stato dato in dono era la gente stessa che ha popolato quella stazione, la mitica Conza-Andretta-Cairano. La gente che ha atteso, la gente che ha guardato, la gente che ha spalancato gli occhi dinanzi al verde indomabile di una natura potente, nel pieno della vita.

    I luoghi hanno l’identità che noi scegliamo per essi. I luoghi ci aspettano, pure quelli che abbiamo dimenticato. Eravamo lì per Vinicio ma abbiamo trovato noi stessi: ci siamo rivisti seduti accoccolati sui binari di una stazione che ha visto scorrere la vita e che oggi deve immaginare un futuro per se stessa e per tutte quelle persone che alla stazione non ci vanno più.

    Capossela con il suo album ha acceso una luce sulla nostra storia, sulla nostra identità incompleta ma ancora forte, ancora autentica. “Le canzoni della cupa” è l’album che parla di noi, dei nostri “nomi storti” come i nostri paesi. Che lo si ami o meno, è il biglietto da visita più grande e sonoro che ci sia capitato negli ultimi decenni, considerato il “megafono” attraverso il quale verrà diffuso.

    E allora a quella stazione, così come all’intera linea Avellino-Rocchetta, pare tocchi una nuova possibilità. Dell’Avellino-Rocchetta se ne parla in Regione perché sembra che, dopo tutti questi anni, qualcosa si farà davvero; forse si trasformerà in quel filo che “unisce le genti, più ancora che separarle”, per un turismo diverso che si muove alla riscoperta delle tradizioni, di un fare lento e di ritmi che abbiamo dimenticato.

    La gente pazientemente aspetta: le persone che sabato erano a cavalcioni sui binari sono le stesse che ogni giorno manifestano il proprio impegno per questa terra difficile, come le strade che la attraversano. Per manifestare basta la presenza: è l’esserci, è il tornarci, anche quando i rovi, le buche, il buio, la ruggine ci suggeriscono di non farlo, ci consigliano di preferire la luce, di accettare i compromessi, di chiudere gli occhi sulle battaglie che invece abbiamo fatto nostre e per le quali alzeremo ancora la voce.

    Nessun treno potrà portarci via.
    Lara Tomasetta
    orticalab del 9-5-2016

  363. 414 pietro mitrione 23/05/2016 alle 9:33 PM

    ► Il video che ripercorre la traversata di ieri sull’Avellino-Rocchetta, dalla Stazione di Montella a quella di Bagnoli

  364. 415 pietro mitrione 24/06/2016 alle 4:12 PM

    Quel treno per Rocchetta.
    Stazione di Avellino ;
    binari vuoti ;
    treni che non partono
    e neanche arrivano.
    Biglietteria chiusa;
    ristoro sigillato;
    sale d’attesa
    vuote.
    Un cane randagio,
    solo e annoiato,
    mi chiede :
    “Che succede ?”.
    E’ scoppiata la guerra?
    Gli uomini son fuggiti,
    le cose impaurite;
    paesaggio da foresta senza alberi.
    Camminiamo storditi,
    nel silenzio irreale,
    il vuoto che ci divora
    espelle solo ricordi.
    La littorina,sempre affollata,
    destinazione finale Rocchetta,
    partiva puntuale
    alle 6 di ogni mattina.
    ( Goffredo Napoletano)

  365. 416 pietro mitrione 01/07/2016 alle 3:47 PM

    manca solo il treno per totale incanto……………

  366. 417 pietro mitrione 26/07/2016 alle 9:27 PM

    ospite della trasmissione “A tu per tu”. Mitrione dell’associazione in Loco Motivi parla di infrastrutture ed in particolar modo della tratta Avellino-Rocchetta prossima alla riapertura turistica.

  367. 418 pietro mitrione 31/07/2016 alle 9:03 am


    Montemarano

  368. 419 pietro mitrione 01/08/2016 alle 9:21 PM

    presentazione protocollo d’intesa per la trasformazione della Avellino Rocchetta in ferrovia turistica
    Montemarano 29-7-2016

  369. 420 pietro mitrione 22/08/2016 alle 10:29 PM

    Ritorna il Treno dell’Irpinia
    Dal 13 dicembre 2010 la storica ferrovia Ofantina, su decisione inopinata della Regione Campania, guidata da S.Caldoro e condivisa dal muto consenso di qualche politco locale, è rimasta “sospesa” rischiando concretamente di essere dismessa.
    Invece succede che, …… dopo circa 6 anni, oggi 22 agosto 2016 da Rocchetta a Conza il treno storico di Fondazione Fs, diretto da Luigi Francesco Cantamessa Armati, ha percorso i binari della ferrovia voluta da Francesco De Sanctis. Una festa di popolo ha salutato questo evento.
    Quello che sembrava essere solo un sogno di una sparuta pattuglia di “stupidi idealisti” di far riattivare la ferrovia Avellino Rocchetta Sant’Antonio è diventato realtà.
    In questi lunghi anni la concreta battaglia condotta dal basso da in_loco_motivi, unitamente a personaggi dello spettacolo, della cultura, della politica della nostra provincia ed altre associazioni ha fatto in modo che l’idea di una nuova utilizzazione della tratta ferroviaria potesse essere intrapresa per far rinascere a nuova vita il treno sulla più antica tratta irpina, come mezzo a servizio del turismo e della conoscenza del territorio. I progetti che riguardano il potenziamento della rete ferroviaria irpina: elettrificazione della Sa-Av_Bn e la costruzione della linea ad alta capacita Na-Ba possono far uscire la nostra provincia dall’atavica arretratezza di strutture su ferro. Un ritardo che la politica, senza nessuna distinzione, ha colpevolmente portato alla cancellazione del nostro territorio dalla geografia ferroviaria italiana.
    Quanto realizzato, oggi, non è stata una operazione nostalgica. Sappiamo che la sospensione della Avellino Rocchetta non è stato il risultato dell’analisi della stessa valutandone potenzialità e difetti, ma il taglio di quello che secondo i numeri è un ramo secco come accaduto, peraltro, per tanti altri servizi pubblici che penalizzarono e che continuano a rendere difficile la vita quotidiana principalmente per gli abitanti delle aree interne e le fasce deboli.
    L’Avellino Rocchetta è un parco tematico, rappresenta un viaggio emozionale nella terra del vino, del paesaggio, della luce, del vento, dei fiumi. Noi abbiamo solo dato un nome a quello che già esisteva. Per questo può funzionare, perché non ci sono forzature, non si stravolge nulla.
    Abbiamo proposto una visione di un uso del treno legato alla fruizione del paesaggio ed ai principi del turismo ambientale.
    Il treno può divenire elemento di supporto alla crescita economica del territorio, attraverso una gestione più imprenditoriale, ad esempio con società private, ma anche pubblico-private, vocate alla promozione turistica del territorio e a visioni dell’offerta commerciale più attrattive.
    La ferrovia voluta dal grande irpino Francesco De Sanctis è’ la ferrovia delle acque : attraversa e lambisce in più punti i FIUMI Sabato, Calore ed Ofanto.
    E’ la ferrovia dei grandi vini docg : attraversa i territori , servendoli con stazioni dei comuni degli areali del Taurasi e del Fiano.
    E’ la ferrovia del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini.
    E’ la ferrovia delle aree a tutela della biodiversità e dei siti di Importanza Comunitaria irpini
    E’ la ferrovia dei Borghi, della storia, della cultura e dell’ identità territoriale.
    E’ la ferrovia del mito dell’irpinia……
    Noi di in_loco_motivi abbiamo solo intuito la bontà dell’idea, adesso è tempo di riflettere e pensare al futuro della tratta, perché ora quella tratta un futuro può averlo: l’Avellino Rocchetta Sant’Antonio può essere rivisitata come tratta turistica così come previsto nel protocollo d’intesa firmato il 14 luglio 2016 fra Regione campania, Fondazione Fs, RFI e Ministero per i beni culturali.
    La proposta di legge in discussione in Parlamento è il riferimento normativo per salvare le tante Avellino Rocchetta diffuse sul territorio nazionale.
    Il bicentenario della nascita di Francesco De Sanctis nel 2017 è la tappa che ci prefiggiamo per la sua completa riattivazione. Un impegno che insieme è possibile portare a termine.
    Con questa nota cessa la mia quotidiana conta dei giorni che ricorda i giorni di sospensione della tratta Avellino Rocchetta..
    Ringrazio tutti quelli che in questi 5 anni e 248 giorni hanno subito il mio costante martellamento.
    Non so quello che accadrà nei prossimi mesi ma certamente non si fermerà il nostro impegno per la completa riapertura della linea e del trasporto su ferro che oggi qualcuno scopre esistere anche in Irpinia.
    Un caro saluto a tutti…..rosecatori compresi!

  370. 421 pietro mitrione 22/08/2016 alle 10:37 PM

    L’evento
    «Allontanarsi dalla linea gialla»: è ripartito il treno Dell’Irpinia
    22 agosto 2016, un giorno storico per l’Irpinia che ricomincia il suo viaggio. Seppur ancora breve, è stato straordinariamente emozionante: giocare a fare i cowboy ed assaltare la diligenza, ascoltare Ascanio Celestini leggere dell’Ofanto e del treno dal libro di Giustino Fortunato, vivere l’avventura di un luogo di confine e trattenerlo dentro, dare fuoco alle polveri di parole d’amore sussurrate all’addio
    Stazione di Conza-Andretta-Cairano: il treno da Foggia è in arrivo al binario 1. Allontanarsi dalla linea gialla.
    Così, partito da Milano, guidato dall’ingegnere Cantamessa, direttore della Fondazione Ferrovie dello Stato, il treno irpino del paesaggio è tornato a casa. Sulle note di “C’era una volta il west” si è sentito il fischio emozionante, un faro in lontananza si è lentamente avvicinato e le persone in carrozza hanno iniziato a scuotere le braccia per salutare quanti aspettavano la festa sulla banchina.

    Chi teneva la polvere l’ha sparata, tutta. I quaranta chilometri della tratta Avellino-Rocchetta, riaperti in occasione dello Sponz Fest, curato da Vinicio Capossela, sono stati motivo di orgoglio malinconico per chi vive queste terre. Per chi le ha lasciate e continua a tornare. Per chi in questa stazione ha pianto, per chi il treno lo ha visto arrivare oggi per la prima volta e per chi non lo mai davvero dimenticato.

    Da Rosanna Repole a Michele Di Maio, passando per l’ex Senatore Enzo De Luca e l’Onorevole Famiglietti, fino alla Presidente del Consiglio Regionale Rosetta D’Amelio, insieme al Vice Governatore Fulvio Bonavitacola, c’era anche il desiderio della politica sulla piattaforma della stazione: concordi nel ribadire a gran voce la volontà di andare verso una nuova modernità, allontanandosi dalla nostalgia e guardando con convincimento al rispristino totale della tratta, per creare quel mito della ferrovia anche in Irpinia e restituire al treno la sua importanza, puntando sul valore turistico che collegherebbe ancora questa provincia al resto del mondo. Un impegno che in primis Bonavitacola, montellese, si è sentito di assumersi, insieme alla Presidene D’Amelio.

    Pietro Mitrione, presidente dell’associazione Inlocomotivi, ha pianto lasciando a bordo del convoglio le rotaie di Rocchetta, era evidentemente emozionato anche all’arrivo a Conza. La sua è una battaglia lunga ed ostinata che oggi ha visto un’inversione di tendenza, come ha sottolineato: «Oggi c’è un sentimento nuovo, davanti ai decisori politici, molti dei quali potevano anche fare a meno di essere qua, diamoci un appuntamento per il bicentenario della nascita di Francesco De Sanctis e riapriamo l’intera tratta. Il lavoro di secoli comincia dalla piccole cose come questa. Riportiamo l’Irpinia al centro della geografia ferroviaria. Spenti i riflettori dello Sponz, noi continueremo ad essere qui, sempre combattivi, perché questo territorio non merita altre delusioni».

    22 agosto 2016, un giorno storico per l’Irpinia che ricomincia il suo viaggio. Seppur ancora breve, è stato straordinariamente emozionante: giocare a fare i cowboy ed assaltare la diligenza, ascoltare Ascanio Celestini leggere dell’Ofanto e del treno dal libro di Giustino Fortunato, vivere l’avventura di un luogo di confine e trattenerlo dentro, dare fuoco alle polveri di parole d’amore sussurrate all’addio.

    Grazie a chi questo treno l’ha preso, ma grazie soprattutto a chi questa terra non la farà morire.
    orticalab 22-8-16

  371. 423 pietro mitrione 26/08/2016 alle 8:47 am


    Non sarà l’Orient express….ma sicuramente è da valorizzare come tutta la nostra Irpinia.

  372. 425 pietro mitrione 31/08/2016 alle 8:05 am

    Mentre tutte le cronache nazionali sono collegate in diretta con il dramma del terremoto nel Centro Italia, idealmente, il pensiero va ad un altro evento devastante che fu il terremoto dell’Irpinia. Questo ricordo, tuttavia, in un giorno triste per l’Italia, riemerge in un contesto completamente opposto, in cui l’operosità emerge sulla distruzione. Artefici del cambiamento possono essere anche una ferrovia o un treno. Per noi, viaggiatori sensibili alla cultura, alla bellezza e alla sostenibilità, il territorio è un serbatoio di idee, pronto a rinascere anche dopo le prove più dure. E proprio quello che fu l’epicentro del terremoto del 1980, nel corso dei successivi 25 anni, è stato un territorio in bilico tra l’insufficienza di fondi per la ricostruzione e l’inesorabile abbandono dei suoi abitanti.

    Naturalmente alcuni aspetti sono mutati in seguito, grazie all’azione di intelligenti associazioni e di cittadini dotati di buona volontà. Un esempio positivo arriva dalla ferrovia Rocchetta (FG) – Avellino: fino agli anni ’90 e poi fino alla chiusura nel 2010 (per decisione politica) è stata una via di comunicazione a servizio della Valle dell’Ofanto e dei paesi interni dell’avellinese, 119 km a cavallo di tre regioni: Puglia , Basilicata e Campania. I comuni attraversati sono quelli più colpiti dal terremoto: Calitri, Conza, Pescopagano, S. Angelo dei Lombardi, Lioni. Il 22 agosto si è celebrata la riapertura a scopo turistico delle ferrovia, quando in pochi ci credevano davvero..
    viaggiando a vapore

  373. 426 pietro mitrione 31/08/2016 alle 8:15 am


    l’incanto del treno dell’Irpinia

  374. 427 pietro mitrione 31/08/2016 alle 6:09 PM


    il ritorno

  375. 430 pietro mitrione 03/09/2016 alle 4:47 PM


    festa popolare per il treno dell’Irpinia

  376. 431 pietro mitrione 03/09/2016 alle 4:54 PM


    il ritorno del treno dell’Irpinia

  377. 432 pietro mitrione 03/09/2016 alle 5:30 PM


    considerazioni

  378. 433 pietro mitrione 03/09/2016 alle 9:54 PM


    calitri

  379. 434 pietro mitrione 06/10/2016 alle 4:16 PM

    E’ passato da poco mezzogiorno quando arrivo alla stazione di Conza, Andretta, Cairano. E’ passato un anno da quando, proprio qui, Vinicio Capossela tenne il concerto per il terzo Sponz Festival. Molto è cambiato in quest’anno. Innanzitutto c’è il treno. Riapre la ferrovia di Francesco De Sanctis, anche se solo per la durata del festival. E io sono qui proprio per ripercorrere la tratta Conza Rocchetta S.A. Anche le condizioni organizzative del concerto di Capossela sono molto diverse quest’anno, come scoprirò in serata . Al momento, questo non ha importanza. La stazione è piena di gente. Si balla, si canta, si mangia. C’è un aria da festa paesana. Sembriamo e, forse siamo, bambini che aspettano di giocare col trenino. Il treno è di nuovo qui. Su questi binari, in attesa di ri- partire. D’accordo, è un treno turistico che riapre, a cura di Fondazione FS, solo per i giorni dello Sponz Fest. Ma è, comunque, il treno che riparte, dopo anni di chiusura. E’ la festa, la vittoria di Pierino Mitrione, ex ferroviere, presidente dell’associazione In Locomotivi. Ha vinto la sua, quasi solitaria, battaglia per la riapertura della linea. Poco importa, oggi, che il 29 agosto il tratto sarà di nuovo chiuso. Oggi siamo qui, in attesa di salire su questi vagoni d’epoca che ci trasportano indietro negli anni. E Mitrione ha ottenuto quello che voleva. Con testardaggine ha ricordato la storia di questa linea, ne ha tenuto in vita la memoria e oggi ne celebra la riattivazione. Certo, al viaggio inaugurale erano presenti tanti politici che non avevano mai degnato di attenzione i richiami di Mitrione. Ma la gente che è qui,oggi, sa che loro non c’entrano nulla. Non è la loro festa e questa non è più la loro linea, se mai lo è stata. Andiamo, dunque. Saliamo su questi vagoni di seconda classe, con le panche rigorosamente di legno. Il capostazione fischia, il segnale diventa verde, il treno parte. Lentamente, si avvia verso Rocchetta, verso l’ Ofanto, accanto a cui scorrerà per quasi tutto il viaggio. Ci fermiamo allo scalo di Calitri tra gente festante e commossa. Dall’alto incombe il paese di Vinicio in cui tornerò la sera per l’evento: il concerto del figlio tornato che non se ne è mai andato. Via, dopo una breve sosta, alla folle velocità di quaranta chilometri all’ ora, come si conviene a queste vecchie carrozze in cui si aprono i finestrini e non c’è l’aria condizionata. Per tutto il tragitto non sentirò nessun telefonino squillare. Non mancheranno, certo, le voci, tutt’altro. Ma non sono voci rivolte ad un interlocutore lontano ed invisibile. Si parla col vicino di posto, con gli amici con cui sei venuto a fare questa scampagnata moderna dal sapore antico. Affacciato al finestrino guardo, ammirato, i viadotti che si susseguono, a scavalcare il fiume che scorre, impetuoso, a placare la sete della Puglia delle città e degli altipiani cotti dal sole. Con il passo lento del contadino che calcola il tempo non sugli orologi di marca o sui telefonini, ma sul lento moto del sole, il treno percorre i pochi chilometri che separano Conza da Rocchetta. O meglio, la stazione di Conza da quella di Rocchetta, giacché i paesi che danno il nome alle stazioni, qui non ci sono. Sono da qualche parte, lassù, oltre le prime colline che ci limitano lo sguardo, ridotti,da sempre, a pura astrazione metafisica. Capisco, adesso, senza mai averlo capito da ragazzo, che significa la parola astrazione. Sono astratti i paesi ai cui piedi ferma il treno. Certo ci sono ma nessuno sa dire dove. A Rocchetta, comune foggiano, il treno termina la sua corsa. Abbiamo toccato tre regioni: Campania, Basilicata, Puglia. Per un viaggio può bastare. Alla stazione ci aspetta la banda e il vicesindaco di Rocchetta. Nei locali della stazione si mostra un ricco buffet, omaggio del paese in festa. Ripartiamo dopo un’oretta, non senza aver ascoltato il vicesindaco, l’ing. Cantamessa, presidente della Fondazione e Pietro Mitrione che ribadisce che In Locomotivi continuerà a tenere desta l’attenzione sulla tratta. E’ il giusto sigillo ad un impegno che dura da ormai cinque anni, da quando fu decisa la chiusura della tratta. Al ritorno, di fronte ad un sole che incendia tutti campi di stoppie che si scorgono,ovunque sulle colline, mi aspetta il concertone. Ci andrò, dopo essere tornato ad Andretta, al seguito di uno dei miti di Vinicio Capossela: Cicc’Bennet, alias Ciccio Di Benedetto, mitico proprietario della sala di Andretta dove ci si” sponzava” alle feste di paese ed ai matrimoni. Mi accodo alla macchina di Ciccio per una serie di circostanze sulle quali è meglio sorvolare. Accanto al “ cantante, che più vasto mondo non aveva avuto”, parole di Vinicio, c’è il body guard, al secolo Donato Di Guglielmo, con un passato da giocatore di calcio con l’Avellino della serie A attualmente emigrante nel New Jersey “ limousine driver” cioè autista. Entriamo, come parte del seguito di Ciccillo, dritti fin sotto il palco. Ciccio e il body guard ci salutano e scompaiono. Li rivedrò ore dopo sul palco. Lo sforzo organizzativo, quest’anno, è massiccio. Lo stadio comunale di Calitri, dove di polvere, chiave di lettura di tutto il festival, ce n’è in abbondanza, si è trasformato. A differenza dello scorso anno, stavolta non mi toccherà fare due ore di fila per un panino con la salsiccia. Gli stand ci sono e sono organizzati al meglio, come i bagni che stavolta sono più che sufficienti. C’è persino lo stand di “ cagn e scagn”, ovvero l’ufficio cambio. E sì perché in questa repubblica autonoma che è la festa, non vale la moneta europea, si accettano solo gli “ sponzini” che è la valuta ufficiale della festa. Tutto bello, tutto perfetto, tutto organizzato al meglio. Ma una vocina mi sussurra : ma quanto era più romantica la location alla stazione di Conza, accanto alla diga, sotto la sella di Conza e il paese di Cairano. Così è l’animo umano. L’anno scorso mi lamentavo della scomodità e oggi la rimpiango. Questo indubbio miglioramento organizzativo è il segno di un festival che cresce e tende a diventare adulto, Faccio tacere d’imperio, la mia voce interiore e mi guardo intorno. Tanta gente, tante carrozzine, tanti ragazzi, tanti attempati signori e signore di mezza età. Stavolta il palco per la stampa c’è ed è bello capiente e pieno di gente. Tutti giornalisti? Siamo pur sempre in Italia, il dubbio è lecito. Finalmente, scoccate le dieci, l’evento si compie. Su un palco addobbato con spighe di grano, che da sempre nella cultura contadina e pagana simboleggiano la fertilità compare Lui, colui per il quale siamo tutti qui :Vinicio. Restiamo, doverosamente in silenzio, per ricordare le vittime del terremoto che ha sconvolto l’Italia Centrale. Trovo particolarmente significativo il fatto che ricordiamo i morti di un nuovo terremoto proprio qui in un paese sconvolto dal terremoto del 1980. Vinicio, il menestrello, quest’anno comincia in maniera cupa, malinconica. Presenta, infatti, le “ canzoni della cupa” più intime, più dolenti delle melodie cui ci ha abituato. A lui, dopo un paio di brani, si affianca la quasi ottantenne regina del folk italiano, l’artista che più di ogni altro, in Italia, ha indagato e raccolto i canti, i suoni, la musica dell’Italia arcaica, contadina, operaia, Giovanna Marini. E’ straordinario sentirla cantare, con voglia e allegria immutata, alcune delle canzoni da lei raccolte il giro per il Paese. A poco a poco il ritmo del concerto muta, ritornano i ritmi accelerati e la capacità straniante del folletto. Appare Cicc’ Bennet’ che canta un’aria d’opera mentre l’orchestra, alle spalle sue e del body guard, suona tutt’altra melodia. “ Salutami a soreta” conclude beffardo Ciccillo, di fronte ad un altrettanto beffardo Capossela. Ma si avvicina l’evento. Sale sul palco Gianni Morandi, accolto da un boato oceanico. Canta tre delle sue canzoni più celebri ed io che, per puro caso, sono accanto ad un gruppo di ragazze di varia età, le sento tutte, dalle più giovani alle meno giovani, cantare, senza sbagliare un parola, le canzoni del Morandi nazionale. Il miracolo di Vinicio Capossela si compie quando lui Morandi e la Marini cantano assieme una sua hit:” zompa la rondinella”. Non l’avrei mai creduto possibile. Qui si compie l’ultima magia del folletto Vinicio. Arrivederci all’anno prossimo

    Ettore de Socio

  380. 437 pietro mitrione 10/12/2016 alle 10:16 am


    Un impegno iniziato tanto tempo fa……..
    fra epiteti “bimbi scemi” e “stupidi idealisti”………………
    piccoli passi, pochi alla volta, fatica e tanta pazienza…un grande risultato, qualcosa da cui ricominciare…

  381. 439 pietro mitrione 14/01/2017 alle 1:01 PM


    prima tivvu

  382. 440 avellinorocchetta 13/09/2017 alle 4:54 PM


    Norberto Vitale si è trasferito alla stazione di Avellino dove, in compagnia del Presidente di “In Loco Motivi” Pietro Mitrione, ha affrontato l’argomento dei collegamenti ferroviari in Irpinia,

  383. 441 pietro mitrione 29/09/2018 alle 4:33 PM

    Fai clic per accedere a Nuova-Irpinia-n.2.2018.pdf

    l connubio fra l’evento agostano e la linea ferroviaria Avellino- Rocchetta è stato determinate per la riapertura della tratta. Qual è la sua opinione sulle prospettive legate al treno storico?

  384. 442 Pietro mitrione 24/10/2018 alle 5:38 PM

    .. Avellino – Rocchetta (Verso il futuro)
    Da “il Seminario” n. 3/2018

    “Venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”:
    era la speranza di una intera popolazione. De Sanctis con una semplice ma lungimirante frase descriveva la drastica situazione …… economica in cui versava la nostra Irpinia. Continuava dicendo: “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta”. Chissà, proprio la sua lentezza sarà la salvezza della nostra terra. Cercherò di spiegarvi il perché. Nell’ultima settimana di maggio abbiamo assistito alla riapertura della linea ferroviaria Avellino – Rocchetta San Antonio. Era chiusa da anni e, grazie all’impegno di alcune Associazioni, in primis l’Associazione “In_loco_motivi”, della Regione Campania e della Fondazione FS “Treni Storici”, è stato possibile aprire l’intera tratta di 119 km a scopo turistico.

    Il treno dell’Irpinia è arrivato nella “nostra” stazione di Conza-Cairano-Andretta alle 13:35 di domenica 27 maggio. Ad aspettare la “signorina”, che trainava le Carrozze “Corbellini” e “Terrazzini”, c’erano la Pro Loco “Terra di Sant’Andrea”, le autorità dei paesi limitrofi e la Pro Loco “Compsa”; insieme abbiamo rivolto il saluto di benvenuto. Inoltre, la nostra Pro Loco con le Associazioni: Fidapa, Lu Faucion, M. Mariano Iannicelli e Sant’Andrea Jazz And Friends, hanno promosso il nostro paese con la vendita di prodotti locali. Sono andati a ruba quelli dei panifici; molti sostenitori della manifestazione si sono fermati ad assaporare la nostra cucina e apprezzato la nostra ospitalità. Menzione particolare va ai ragazzi di “Io Voglio Restare in Irpinia”, che hanno, poi, accompagnato gli ospiti, circa 140, a visitare il nostro Borgo. Sono state, infine, regalati, agli stessi ospiti, calendari, magliette e una copia speciale del giornale dell’apertura della Ferrovia nel 1885.

    Grazie a questo evento abbiamo capito che con la forza di volontà e l’unione delle Associazioni presenti anche Sant’Andrea può crescere dal punto di vista turistico.

    Questo è stato l’inizio di una possibile fonte di crescita sociale ed economica. Oggi si parla di Bed and Breakfast, di case e di appartamenti che si affittano per un “turismo di ritorno” e per quelli che verranno, per un turismo storico, gastronomico, naturalistico e ambientale. Il nostro Borgo oggi è più bello grazie ad alcune iniziative promosse negli anni dalle amministrazioni che si sono succedute e grazie all’impegno di tutti i suoi cittadini, che hanno reso le loro abitazioni più accoglienti.

    Il “treno dell’Irpinia” di per sé non può essere da solo la soluzione dei problemi, ma può dare un impulso economico alla nostra Irpinia. Nella società Belmond, dove ho lavorato per alcuni anni, per esempio, esistono dei treni che, pur percorrendo la loro tratta in modo lento, per dare ai passeggeri la possibilità di contemplare il paesaggio, si fermano in alcune stazioni e permettono ai turisti di visitare i Borghi. Quello che per molti è una pecca della linea ferroviaria Avellino – Rocchetta San Antonio, cioè la sua lentezza, in realtà può diventare la sua risorsa.

    Chi immagina che tutto debba andare veloce, in verità sbaglia, a mio avviso. Basta immaginare come in una città il tempo corre e nessuno “vive” più gli attimi. Si è venuta a creare negli ultimi anni una nuova consapevolezza: cercare di vivere le esperienze che la vita ci dà. Si sta diffondendo il piacere di mangiare in modo lento (lo Slow food), o la pratica di camminare e respirare in mezzo alla natura. Questo è quanto dovremmo fare nella nostra Sant’Andrea: creare i presupposti perché, chi ci vive, deve vivere nel bello e poter in futuro creare turismo, dando la possibilità agli ospiti che raggiungeranno il nostro paese, di mangiare bene, di ammirare il paesaggio che ci circonda, di assaporare la tranquillità di un paese, senza il traffico e il caos delle città.

    Certamente non possiamo fare da soli, se si sta uniti alle comunità limitrofe e alle associazioni, possiamo fare e fare bene.

    Verso un futuro nuovo, la nostra lentezza forse diventerà la nostra salvezza.

    Andres Cignarella

  385. 443 Pietro mitrione 01/11/2018 alle 11:07 PM


    SEGGIOVIE E STAZIONE HIRPINIA


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