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23 Risposte to “foto”


  1. 16 avellinorocchetta 09/04/2021 alle 9:08 PM

    Taurasi-Valle dell’Ufita-Ariano: storia del
    riscatto di una ferrovia mai nata
    Nicola di Iorio, ex presidente della Comunità Montana Terminio-Cervialto e attento conoscitore
    dell’Irpinia, ha voluto raccontarci il destino “sfortunato” di questa tratta ferroviaria che avrebbe potuto
    cambiare il volto dei nostri territori e che oggi trova nell’Alta Capacità una piccola rivincita
    giovedì 4 agosto 2016, di Lara Tomasetta
    Per ogni storia ne esiste sempre un’altra parallela da scoprire e raccontare. In questi giorni, a ridosso
    dell’ormai immancabile appuntamento con lo SponzFest che vedrà la riapertura di parte della tratta
    Avellino-Rocchetta-Sant’Antonio, l’attenzione mediatica si è concentrata molto sulla ferrovia che univa il
    Capoluogo con i comuni dell’Alta Irpinia.
    Forse, però, non tutti sanno che quella tratta ferroviaria alla quale ci siamo in qualche modo affezionati, e
    per la quale si auspica una riapertura totale, aveva una gemella – se così vogliamo definirla – o, per meglio
    dire, una concorrente: la “Taurasi-Valle delll’Ufita-Ariano Irpino”.
    Nicola di Iorio, ex presidente della Comunità Montana Terminio-Cervialto e attento conoscitore
    dell’Irpinia ha voluto raccontarci il destino “sfortunato” di questa tratta ferroviaria che avrebbe potuto
    cambiare il volto dei nostri territori.
    «La storia ha origine nell’800, nel periodo che segue la costruzione della prima tratta ferroviaria Napoli-
    Portici: il Regno delle Due Sicilie comincia ad immaginare una rete che possa coprire l’intero territorio.
    Un territorio vergine per comunicazioni ferrate, nel quale viene creato un sistema industriale che si
    occupa anche della diretta produzione del materiale rotabile, dei vagoni e delle locomotive. In questa
    cornice il governo borbonico affida un progetto di collegamento diretto tra Napoli e le Puglie ad un
    ingegnere di punta dell’Ufficio Ponti e Strade, tale Emmanuele Melisurgo».
    Nel 1845, insieme a due soci stranieri, Melisurgo propone al governo napoletano un ambizioso progetto
    che prevede la costruzione di una ferrovia, importante via di comunicazione tra Tirreno e Adriatico, il cui
    primo tratto da Napoli a Brindisi avrebbe toccato le città di Avellino, Ariano Irpino, Lucera, Foggia,
    Canosa, Barletta, Bari e Brindisi. Da questa si sarebbero poi staccate varie diramazioni che avrebbero
    avvicinato le estreme province del Tavoliere alla capitale agevolando i commerci dell’olio d’oliva sui
    mercati internazionali.
    Stando al progetto, sarebbero seguiti altri collegamenti con l’Abruzzo, la Calabria e infine la Sicilia.
    Poiché il progetto non comportava alcun onere finanziario per lo Stato, le richieste di Melisurgo non
    furono respinte; ma Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie, pretese una riduzione delle tariffe
    proposte, il trasporto gratuito dei militari e la limitazione della concessione alla sola linea per le Puglie.
    Da come ci racconta Nicola, «partendo da Napoli sarebbe stato possibile raggiungere tutta la Valle
    dell’Ufita che avrebbe fatto da tramite per le Puglie. Con l’Unità d’Italia, però, il progetto si arresta:
    Garibaldi conferma le concessioni affidate dal governo borbonico ma di fatto mette da parte l’ingegner
    Melisurgo e affida l’incarico ad una compagnia francese che nel frattempo si occupa anche dell’altra
    tratta proposta, ovvero la mitica Avellino-Rocchetta-Sant’Antonio supportata da Francesco De Sanctis».
    In questo modo erano due le valli ad essere coinvolte dai percorsi ferroviari: quella del Sele e quella
    dell’Ofanto.
    Melisurgo proseguì invano nel tentativo di riprendere almeno in parte quanto era stato oggetto dei suoi
    diritti di concessione; fu anche costretto a difendersi dall’accusa di avere realizzato solo in minima parte
    quanto previsto.
    Ma al di là dei tanti cavilli burocratici e delle vicende politiche che hanno riguardato il destino dei due
    importanti percorsi su strada ferrata, veniamo al progetto: «I comuni interessati sarebbero stati Avellino,
    Taurasi, Mirabella, Grottaminarda, Sturno, Vallata, Sferracavallo, Bisaccia, Lacedonia, Aquilonia, fino a
    Ponte Santa Venere. Ad interessarsi del destino della tratta fu anche Pasquale Stanislao Mancini, allora
    presidente del consiglio provinciale, che aveva grande intesse nel promuovere le rotte verso la Baronia,
    sia per interessi politici, sia per ravvivare i commerci. Grazie al suo intervento, venne deliberato che la
    strada ferrata sarebbe partita da Avellino per raggiungere Ariano Irpino, coinvolgere le Valli dell’Ufita e
    del Calore e piegare verso Ponte Santa Venere ( in località Rocchetta), trovando in Taurasi, l’unica
    stazione con doppio binario, lo snodo principale dal quale si sarebbero diramate le due linee ferroviarie
    dirette una verso Rocchetta e l’altra verso la Valle dell’Ufita.
    I lavori prendono il via e la stazione di Taurasi trovò in quel ruolo la sua più grande fortuna, essendo
    anche l’unica dotata di un terzo binario di servizio e di una pesa per le merci che venivano poste sui carri
    ferroviari, fu per decine di anni il luogo dove si portavano le uve e che ha poi dato il nome alla famosa
    docg.
    Come va a finire la storia della seconda tratta?
    «Muore alla vigilia della prima guerra mondiale, ossia alla fine dell’Ottocento.Si realizza l’Avellino-
    Rocchetta ma, nonostante alcuni tentativi per prolungare verso Ariano, il progetto si arena perché lo Stato
    è troppo preso dalla vicende della guerra per investire nuove risorse, lasciando così cadere tutto nel
    dimenticatoio fino ad oggi».
    Eppure il lavoro del lungimirante ma sottovalutato Ingegner Melisurgo non è andato perso: «Esiste
    un’accurata descrizione tecnica nella quale il professionista dimostrava la valenza e la convenienza
    logistica ed economica della tratta, oggi ripresa dal progetto dell’Alta Capacità Napoli-Bari: le carte che
    sono state in giacenza per decenni hanno rivelato che il percorso non affrontava pendenze dal punto di
    vista orografico e che le stazioni di riferimento sarebbero state più vicine ai Comuni ed è per questo che in
    molti passaggi i progetti trovano punti di contatto, dimostrando la grande modernità del pensiero di
    Melisurgo».
    La storia di questa ferrovia mai nata mette in evidenza alcuni aspetti sui quali sarebbe bene riflettere:
    «L’Avellino-Rocchetta rappresenta la nostra identità, è la ferrovia alla quale siamo profondamente legati
    ed alla quale molte storie irpine devono la loro esistenza, ma se c’è una cosa che il progetto di Melisurgo
    insegna è che dal punto di vista economico e logistico quella tratta non regge – spiega Nicola – dovremmo
    piuttosto riscoprire un altro futuro assegnato a questa terra. Probabilmente quando i progetti hanno una
    loro logica e non vengono imposti o violentati dall’azione politica hanno una maggiore possibilità di
    successo. L’Avellino-Rocchetta è nata ed è sopravvissuta grazie al sistema enologico ma oggi ripensarla
    esclusivamente in chiave turistica sarebbe troppo limitante. Se questa tratta venisse messa in diretta
    correlazione con la Via Appia – l’arteria stradale recentemente riportata in auge anche dal lavoro del
    giornalista Paolo Rumiz – si creerebbe un perimetro dove poter costruire un intrecciato sistema di
    trasporti che potrebbe porsi come motore potenziale del futuro distretto turistico dell’Alta Irpinia. Ma il
    sistema si tiene se il reticolo che si crea all’interno di questo perimetro pone le condizioni per realizzare
    un legame tra le comunità irpine, non certo attraverso la divisione programmatica che si sta realizzando
    tra Area Vasta e Progetto Pilota, ma con una programmazione più vasta individuata dalla Provincia».

  2. 21 avellinorocchetta 08/05/2021 alle 3:30 PM

    Illustrazione della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta a cura dell’Istituto Professionale di Stato per i Servizi per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera” Manlio Rossi Doria” di Avellino


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