il treno dell’Irpinia 2017 Rocchetta Lioni

locandina……………..sì, anch’io ho sognato il treno
Questo inizio di settembre per noi di in_loco_motivi è stato molto impegnativo in quanto abbiamo avuto l’opportunità di far conoscere lo stato attuale della nostra battaglia civile per la riapertura della ferrovia Avellino Rocchetta. Insieme ai giovani del centro sociale Rouge di Lioni e successivamente durante un convegno svoltosi all’interno della fiera di Calitri la vicenda di questa nostra storica ferrovia è stata riproposta all’attenzione della classe politica irpina. Siamo passati dal “non si sa mai” pronunciato dal vice ministro, sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca a quello lasciatoci da Vinicio Capossela : “si mi sono sognato il treno!”.
Il primo messaggio è stato un breve ma significativo impegno, forse anche di cortesia, rispetto al “niente da fare” che subì qualcuno che accompagnava il vice ministro in visita alla fiera rispetto alla sciagurata decisione dell’assessore Sergio Vetrella di chiudere la ferrovia Avellino Rocchetta. Lo stesso che decise, successivamente, anche la chiusura della stazione ferroviaria di Avellino, poi rientrata anche se a mezzadria.
L’altro messaggio ci è stato consegnato, anche come impegno personale, da un bravo artista irpino, Vinicio Capossela, che a Lioni, insieme a vecchi e nuovi amici, hanno disegnato uno scenario nuovo per la ferrovia Ofantina. Abbiamo discusso insieme per tre ore, abbiamo ascoltato testimonianze di quello che è stata e poteva essere questa ferrovia, abbiamo assistito insieme a Vinicio al filmato” il treno irpino del paesaggio”, realizzato dal canale tematico Tesori d’Irpinia che ricorda l’ultimo viaggio compiuto sulla nostra tratta, ed abbiamo avuto la convinta adesione di Vinicio alla nostra battaglia. Le sue considerazioni per il ripristino della ferrovia Avellino Rocchetta ci saranno molto utili per il prosieguo della nostra attività.
Il suo messaggio: sì, anch’io ho sognato il treno da oggi diventa uno stimolo in più per tramutare in realtà questo sogno che sta affascinando tante persone che hanno in comune l’amore per la propria terra: l’Irpinia.Pietro Mitrione

sì, ho sognato il treno Vinicio capossela

sì, ho sognato il treno
Vinicio capossela

100 Risposte to “il treno dell’Irpinia 2017 Rocchetta Lioni”


  1. 1 avellinorocchetta 05/09/2013 alle 8:57 am

    Non ho parole per descrivere la commozione di vederci uniti, praticare l’arte della gioia, della gentilezza, della disponibilità e del rispetto.
    Mostrare a chi non conosce e ri-conoscere questo paese, in un altro modo, sentirlo pieno di voci, di musica, di racconto, di chiacchiere, di iniziative. È una esperienza che ci può aiutare a vedere il grande patrimonio che questa terra porta in seno, che è il territorio, il paesaggio, le persone, la cultura. È un grande patrimonio silente, come addormentato, ma che è in grado di sollevarsi, di fiorire se gli se ne si dà l’occasione………. Vinicio Capossela

  2. 2 avellinorocchetta 13/09/2013 alle 8:40 am

    Mi permetto di pubblicare la lettera che mi ha scritto una stazione della linea Arona-Santhià Comignago / Cureggio / Gattinara / Rovasenda Alta / Buronzo / Carisio
    014 settembre’13
    Gentile lettore,
    sono una stazione agonizzante, tradita e abbandonata! Sono nata nel 1905 e vorrei dire la verità sulla gestione degli ultimi anni della ferrovia per la quale ho prestato servizio in questi 108 anni!
    Di storie, di volti e di viaggiatori ne ho visti a cavallo di questi due secoli! Negli anni della Seconda Guerra Mondiale ho visto persone coraggiose prendere il treno per spostarsi tra Arona e Torino! Erano davvero coraggiosi, almeno quanto i macchinisti che senza troppe pretese avevano innanzitutto un’ etica professionale che oggi non esiste più nel continuare a voler effettuare il servizio anche durante la Guerra, sotto i bombardamenti rischiando la pelle, per rendere un vero servizio alla popolazione!
    Finita la Guerra il mitico Genio Ferrovieri Italiano ha iniziato la ricostruzione e la bonifica di tutta la ferrovia! Ha sminato i campi, ha ripristinato scambi e segnali, presenziato e modernizzato passaggi a livello, stazioni, punti di blocco.
    Abbiamo vissuto periodi nei quali chi era al “potere” credeva fortemente nel trasporto su ferro alternato e risolutivo rispetto a quello su gomma! Iniziavano così a crescere passeggeri trasportati, merci e treni! Si iniziava alle 5 del mattino con l’accensione dei segnali a bandiera ad olio e si terminava ben oltre le 23 con il passaggio dell’ultimo convoglio.
    C’era voglia di rinascita e lavoro per tutti! C’era un vero amore per il proprio lavoro che oggi non esiste più! C’era un concetto di viaggiatore / cliente che oggi non viene più venerato (oggi, purtroppo, il viaggiatore è un numero, un conto economico… un “rompiscatole” che non è mai contento del servizio, mai un punto di riferimento utile per migliorarlo)!
    C’era la grande ripresa del dopoguerra che soffiava sugli animi delle persone e dava loro speranza.
    Nei tempi di massimo splendore noi stazioni divenivamo un punto di riferimento importante per la vita sociale, un luogo di abbracci, un luogo di partenze, un luogo di incontri, un luogo in cui i sogni salivano su di un treno, con o senza bagagli, un treno che portava alle Università, alle caserme militari, alle grandi città, alle grandi stazioni (ad esempio Torino Porta Nuova) dalle quali partire su altri convogli diretti ancora più lontano!
    Abbiamo visto tempi nei quali durante le tempeste di neve il treno era l’unica cosa che riusciva a muoversi, magari in ritardo, ma riusciva a partire da Arona (o da Santhià) e riusciva ad arrivare a destinazione!
    Abbiamo superato insieme momenti difficili come l’alluvione del Sesia che portò via il Ponte in Ferro che venne prontamente ricostruito grazie al lavoro e alla passione di chi in questa linea aveva sempre creduto!
    Abbiamo vissuto insieme momenti in cui sui nostri binari transitavano treni internazionali, quando la linea internazionale del Sempione era bloccata all’altezza di Fondotoce per l’alluvione del Toce (anni ’70)!
    Fino agli anni ’90 eravamo ancora nel pieno delle nostre potenzialità!
    Poi si iniziò a tagliare servizi, corse ferroviarie e personale!
    Ci murarono prima le biglietterie, poi gli uffici del capostazione, infine ci murarono le sale d’attesa, così che per attendere il primo treno del mattino (che tra tagli vari non arrivava mai prima delle ore 7 mentre prima il primo transito era quello delle 5) ci si doveva arrangiare e sperare: che non piovesse, che non nevicasse, che non ci fosse nebbia fitta!
    Ovviamente dovevi pensare anche alla sicurezza personale: cosa avresti fatto se ci fossero stati malintenzionati nascosti nei meandri dietro la banchina del binario o nel casottino delle toilette?
    Dovevi anche possedere il biglietto ferroviario che comperavi “dal verduriere” la sera prima, sempre con la speranza che questo non li avesse già finiti! In quel caso erano davvero cavoli amari, una partita impari tra te e il capotreno!
    Così negli ultimi anni queste erano le condizioni di viaggio! O ti andava bene così oppure ti inventavi altri mezzi di trasporto!
    E se ancora avevi il coraggio di scegliere il treno come mezzo di trasporto dovevi stare ben attento / a a non perdere il treno delle 7 perché fino a mezzogiorno e un quarto non ve n’erano altri!
    Sì sì! Hai letto proprio bene! Se perdevi quello delle 7 dovevi fare da “palo” per tutta la mattina (a dire il vero intorno alle 8 passava sempre una motrice a corsa vuota… non si capiva mai perché doveva passare vuota andando in su’ e vuota andando in giù intorno alle ore 16.45).
    Rammento a tal proposito che in linee gestite meglio della nostra vi è un treno ogni ora per ogni senso di marcia, o quando va male o al sabato e alla domenica, un treno ogni due ore, dalle 6 del mattino alle 21.
    Così sono stati sempre più numerosi coloro che si inventarono altri mezzi di trasporto e negli ultimi anni (negli ultimi mesi) di agonizzante servizio molte di noi stazioni si rianimavano un po’ solamente quando due treni si incrociavano e scendevano i capotreno a contarsela su per trenta secondi prima di proseguire verso attigue destinazioni!
    Caro sindaco, caro lettore. Ti scrivo affinchè tu sappia la vera verità sul fallimento della ferrovia Santhià – Arona, imputabile solo ed esclusivamente a Trenitalia con la complicità della politica e alla sua politica sorda verso le esigenze dei viaggiatori!
    Diffondi questa verità quanto più puoi e non dire “lasciamo perdere, tanto non serve a nulla!”
    Più persone sanno quale è la verità e più avremo probabilità di inchiodare una volta per tutte il monopolista di fatto alle sue responsabilità!
    Ricordati che la scure, con la scusa del risparmio aziendale, ha iniziato a colpire la tua linea ferroviaria, ma a rischio vi sono altre linee come la Varallo – Novara, la Novara – Arona (dove l’ultimo treno del giorno parte alle ore 18.45!!!), la Novara-Domodossola e la Novara – Oleggio – Sesto Calende – Laveno, ove Trenitalia ha il coraggio da anni di far circolare due treni diesel da 64 posti a corsa (su di una linea elettrificata) per sei giorni alla settimana, per tre corse per ogni senso di marcia fino a Sesto Calende, che si riducono a due tra Sesto Calende e Laveno!
    Ricordati che gli impianti della linea, ristrutturati negli anni ’90, sono ancora oggi, 18 gennaio 2013, accesi (segnali, passaggi a livello, conta assi ecc.)! I semafori di partenza e di arrivo sono ancora operativi! E’ dal 16 giugno 2012 che emanano sempre la stessa luce rossa (che oggi confonde solo i trenini di formiche)! Se presto non si ripristina il servizio ferroviario vero e proprio le gallerie inizieranno a divenire un covo per immigrati irregolari, nonché un’ ottima miniera dalla quale estrarre (leggasi rubare) ferro, rame e altro ancora! Insomma! Non so’ se rendo l’idea!
    Fare qualcosa subito si può: far girare questo documento e far conoscere a più gente possibile la verità! Successivamente imporre a Trenitalia il ripristino del servizio o rivolgersi con decisione ad altri operatori che possano garantire il servizio 24 ore su 24 ad orario cadenzato. La tua linea è anche la mia! Non è solo una “linea turistica”!

  3. 3 pietro mitrione 27/09/2013 alle 8:19 am

    http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html?day=2013-09-21&ch=3&v=268545&vd=2013-09-21&vc=3#day=2013-09-23&ch=3&v=269704&vd=2013-09-23&vc=3
    Il dramma delle ferrovie raccontato dalla trasmissione Presa diretta di RAI3 del 23 sett 2013: una vergogna nazionale.

  4. 6 pietro mitrione 07/10/2016 alle 9:06 PM


    ritorna la ferrovia
    22-8-2016

  5. 7 pietro mitrione 07/10/2016 alle 9:07 PM


    sponz fest 2016

  6. 8 pietro mitrione 07/10/2016 alle 9:08 PM


    centenario

  7. 9 pietro mitrione 07/10/2016 alle 9:09 PM


    ultimo treno

  8. 11 pietro mitrione 07/10/2016 alle 9:16 PM


    120 anni

  9. 12 pietro mitrione 07/10/2016 alle 9:21 PM


    pietro il ferroviere

  10. 13 pietro mitrione 07/10/2016 alle 9:26 PM


    ultimo treno ad avellino

  11. 14 pietro mitrione 08/10/2016 alle 8:40 am


    bella ciao sul treno
    27 agosto 2016

  12. 15 pietro mitrione 26/10/2016 alle 8:51 am

    I treni somigliano alla vita
    –Alfredo Sessa Domenica 23 Ottobre 2016
    Frecce scoccate da Milano e Torino che vanno a conficcarsi a Roma, Napoli, Salerno. E che dal Sud ritornano, con la sorprendente banalità di una metropolitana veloce. È la rivincita del treno, il dinosauro di ferro che grazie all’alta velocità ha trovato il rilancio dopo decenni di goffa subalternità nei confronti dell’aereo e dell’automobile. Silenziosi, scattanti come tigri, i nuovi treni rappresentano il tramonto del lento scorrere del paesaggio e del tempo. Sulle linee ad alta velocità va in scena la versione sincopata del viaggio: è sempre un muoversi nel più dilatato percorso dell’esistenza, ma senza le stesse sensazioni che la ferrovia offriva a uomini d’affari, famiglie, studenti, artisti.

    È un immaginario, quello ferroviario, quasi tutto da reinventare alla luce degli spostamenti a oltre 300 allora. Ma allo stesso tempo è difficile abbandonare la tradizionale idea del treno archiviata nella memoria collettiva: la ferrovia delle “centoporte”, dei viaggi in comitiva, delle notti da fachiri trascorse in cuccetta o nel confort di un wagon lit. O ancora la ferrovia dei pranzi al wagon restaurant, delle macchine a vapore, delle stazioni di campagna, delle linee locali con le ritirate, i giardinetti fioriti, le piattaforme girevoli e i depositi locomotive. Senza dimenticare il lato oscuro del treno: le odissee dei pendolari, costretti a stringersi in convogli inadeguati sotto il profilo del conforto, della frequenza e della velocità.

    Due mondi così distanti, la scintillante Tav e le linee secondarie, corrono paralleli nel saggio Il fascino del treno di Romano Vecchiet, appassionato di storia e attualità delle ferrovie, direttore della Biblioteca civica di Udine. «Il mio – spiega Vecchiet – è un giudizio in bilico. L’alta velocità ha rilanciato il treno, ma i viaggi che si potevano fare sui vecchi convogli non esistono più. Sarebbe bello, invece, se il successo della Tav favorisse il rilancio dei treni locali, le ferrovie complementari, il recupero dei rami secchi».

    Piccole divagazioni di viaggio tra binari e stazioni, quelle di Vecchiet, che finiscono per dare unità alla transizione tra la ferrovia archetipo industriale e la ferrovia che finalmente si fa beffe di auto e aerei. Il treno, del resto, è sempre stato testimone e protagonista della nostra storia, sia pure con una visione laterale, quella dal finestrino, allo stesso tempo parziale ed effimera. Un tempo, essere collegati a una rete ferroviaria era ossigeno puro come, oggi, l’essere connessi a internet: si poteva dialogare con il mondo, si poteva lavorare, commerciare, vivere, sperare, sognare.

    I treni assomigliano alla vita. Tra Tav e vecchie linee senza tempo, il viaggio si fa emblematica metafora del male di esistere, ma anche del suo opposto. «Il treno – scrive Vecchiet – non è un semplice mezzo di locomozione. È un po’ questo: un mix di tecnologico da un lato, e di emozionale dall’altro». Littorine, regionali, espressi, Frecce e Tgv sono quinte teatrali, salotti, confessionali, tempo sospeso, generatori di odio e amore, moltiplicatori di attese e illusioni. I momenti di riflessione, di studio, di solitaria lettura sono in genere più frequenti dei momenti di conversazione con le persone incontrate. La ferrovia è capace di radicalizzare i sentimenti positivi verso il mondo che scorre fuori dal finestrino o, al contrario, di suscitare un profondo rigetto nei viaggiatori “per forza”.

    L’insofferenza nei confronti del treno non è un’invenzione di questi anni, e tanto meno appannaggio esclusivo di movimenti come i no Tav. Semplicemente, la ferrovia non è mai stata solo un’avventura turistica per viaggiatori felici. Ha svolto un ruolo determinante nelle guerre, ed è, nei suoi non rari momenti di inefficienza, complice recidiva di sofferenze fisiche e psicologiche.

    Ma Romano Vecchiet è al fianco di chi apprezza il treno come espressione vitale di gioia, di ricordo, di scoperta ed emozione. Qualcosa che riaffiora, per esempio, nelle opere d’arte del pittore russo Aleksander Deineka. «Fra tutte le esperienze artistiche legate al treno – osserva Vecchiet – quelle del socialismo reale mi sembrano le più ingenue e vicine a un ideale di trasporto ferroviario lieto e ludico. Nel grigiore delle dittature, il viaggio in ferrovia poteva infatti rappresentare uno dei pochi momenti di libertà. E il treno poteva avere la sua rivincita».

    Cosa rimarrà del treno ideale, da plastico ferroviario, adesso che siamo incapsulati in rettili di metallo che strisciano velocissimi in galleria? Rimane una certa propensione al turismo ferro-gastronomico, al viaggio in vetture “Corbellini” trainate da vecchie locomotive a vapore, diesel, elettriche. Antiche e un po’ spaesate signore dei binari insidiate dalle biciclette. «C’è questa moda – dice Vecchiet – di fare a ogni costo piste ciclabili sulle vecchie sedi ferroviarie. Le ciclabili, invece, avrebbero bisogno di treni che corrono paralleli ai percorsi per le due ruote». E l’intesa sarebbe quasi perfetta: si sale dolcemente in treno, si discende altrettanto dolcemente con la bicicletta trasportata, poco prima, in ferrovia.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Romano Vecchiet, Il fascino del treno , Ediciclo, Portogruaro, pagg. 95, € 8,50

  13. 16 pietro mitrione 09/11/2016 alle 10:10 PM


    lavori stazione Avellino nov 2016

  14. 17 pietro mitrione 09/11/2016 alle 10:11 PM


    gesualdo 29-10-2016

  15. 20 pietro mitrione 08/12/2016 alle 5:55 PM

    http://www.orticalab.it/Ferrovie-dimenticate-Lioni-Rocchetta
    Un impegno iniziato tanto tempo fa……..
    fra epiteti “bimbi scemi” e “stupidi idealisti”………………
    piccoli passi, pochi alla volta, fatica e tanta pazienza…un grande risultato, qualcosa da cui ricominciare…

    La proposta di legge N° 1178 “Disposizioni per l’istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico” compie un decisivo passo in avanti.
    Presso la IX commissione trasporti della Camera dei deputati, in sede referente, ne è stato approvato il testo.
    Purtroppo, la crisi di governo fa correre il rischio di allontanare nel tempo l’iter per la sua approvazione dopo che in commissione trasporti è stato compiuto un lavoro di grande coinvolgimento istituzionale e territoriale.
    Il percorso, ora, prevede che tale testo debba andare in aula alla Camera fra dicembre e gennaio per essere approvato e successivamente passare al Senato per la sua definitiva validazione legislativa.
    In questo testo è stato inserito l’ articolo 10 bis nel quale vengono elencate le prime ferrovie turistiche ( fra queste la Avellino Lioni Rocchetta) a cui si aggiungeranno le altre su proposta delle regioni e dei Ministeri competenti.
    Si tratta di un lavoro che ha visto la fattiva partecipazione di tante associazioni che hanno contribuito a rappresentare i valori storici, paesaggistici e culturali delle tante ferrovie “dimenticate” disperse nel territorio nazionale con apposite audizioni presso la IX commissione loro riservate.
    E’ stato un lavoro iniziato tanto tempo fa, la prima proposta fu della senatrice Anna Donati nel 2006, e che ora deve arrivare a compimento.
    Un ringraziamento va in particolare il Presidente della Commissione Trasporti Michele Meta ed a tutti i suoi componenti che hanno contribuito alla unificazione delle varie proposte presentate in questa parte di legislatura. A tal proposito va ricordata quella presentata dall’on. Luigi Famiglietti Proposta di Legge 1640: “Norme per la realizzazione di una rete della mobilità dolce nonché per la tutela e la valorizzazione del patrimonio stradale e ferroviario in abbandono.”
    Per noi irpini è un motivo di grande soddisfazione ora spetta alla regione Campania continuare quanto iniziato questa estate con la parziale riapertura della Avellino Rocchetta.
    Il bicentenario della nascita del grande Francesco De Sanctis, che volle fortemente la costruzione della Avellino Rocchetta, deve diventare l’occasione per far ritornare il treno sui binari della sua ferrovia.
    Il turismo ferroviario può diventare una grande prospettiva per il nostro Paese!

    pm

  16. 21 pietro mitrione 02/01/2017 alle 5:25 PM

    SPONZFEST2016
    HO SVALIGIATO IL TRENO CON UNA….PENNA

    [il mio regalo di buon anno, verso lo Sponzfest 2017]

    Il 22 agosto 2016 alle ore 13:45 c’è stato “l’Assalto al Treno”. L’ho svaligiato con una…penna. Non si registrano morti. I ‘feriti’ al cuore godono tutti di ottima salute e l’allegria colora il cielo di blu. La gioia ha preso il posto dell’uggia. Il sogno, che aveva svuotato di senso tutto il brigantesco mondo circostante, ha preso corpo correndo sulle ali dei binari ridando forza ad una vita che stava giungendo a scadenza.

    Stazione di Rocchetta Sant’Antonio.
    L’aria è frizzante. Come i pensieri dei viandanti. Di chi è rimasto e di chi è ritornato. Scesi quaggiù serpeggiando campagne battute dal sole e amene colline senza chiome. Tra una selva di polifemiche eoliche croci piantate nel costato, diventate lapidi di una terra disincantata.

    Nel giallo naturale di una luce cinerea, il largo degli addii rattoppato a pezze si illumina come le anime che corrono verso i binari. L’ufficiale pezzo di stoffa del primo cittadino, che come un sudario avvolge il futuro balcanizzato di una terra seviziata, sulla porta civetta, per i fragorosi viandanti, un sorriso privo dello scorrere della vita che si distingue da un forzato sorriso da uno genuino. I passi si apprestano con lo sguardo verso la ferrovia per salutare l’arrivo della locomotiva.

    Muniti di speranza, immortalano la gioia dell’istante che li sta attraversando. Da Pietro Mitrione arriva il sigillo sulla cronaca che si sta facendo storia. Il padre delle bandierine le passa di mano in mano e la coscienza si fa collettiva: si sventola il sigillo, le mani alzano al cielo i fazzoletti che senza macchia si abbandonavano al congiunto pianto dell’addio. Ritorna l’oggetto desiderato, ritorna il treno. Che si annuncia fischiando, come se volesse riprendersi la vita delle anime di chi partì e mai più è tornato. Il fischio vaporizza il balsamo addolcendo l’eutanasia di una terra troppo malata.

    L’avventura sui binari, che non portavano più, da un lustro, da nessuna parte le genti figlie delle zolle della stessa terra, ha spopolato paesi e frustato sogni di gloria in terre lontane, può riprendere a vivere sferragliando, questa volta, per tutta l’Irpinia, rimuovendo la polvere depositata sulle scarpe dei viandanti rimasti per lungo tempo ad aspettare questo giorno di festa che ha il sapore dello sponsale.

    La ‘calitrana’ sfuggita ai carabinieri senza collana e senza sottana alla stazione di Rocchetta la comandano un candelese con la fisarmonica e un rocchettano con la chitarra pizzicando e tastando l’amore preso a Vinicio il pumminale che è di Franceschina lo sposo ufficiale che l’aspetta, con clemenza, alla stazione di Cairano per l’ultima cupata.
    I suonatori allietano l’ora mentre il vento mette a prova l’italica resistenza che sarà tranciata dal treno, da lì a poco, con il suo trionfale ingresso in stazione.

    Al bar della stazione, per affrontare il viaggio in piena salute, un figlio della poetica al bancone liberamente sfama la gente. Una salute che a sentire le voci ha il sapore r’ lu pan’cuôtt’: buono appena impiattato e colloso se non viene mangiato. Come quando spezzi l’ostia per la comunione che se rimane intonsa porta alla corruzione.

    Tutto il futuro è racchiuso in quel pane che se condiviso l’aquilone fa volare. Ma quanti cassetti rimarranno ancora chiusi colmi di speranza mentre la banda spezza il filo del sogno che si stava alzando. Arriva il treno. Si riempiono le carrozze e si chiude il cassetto portando via i sognatori. Le classi prendono posto. Ognuna al suo posto: le autorità con le autorità, la gente con la gente. Ognuno nel suo cassetto. Ogni sogno nel suo cassetto. Non può esserci un convergente sogno che sferraglia crepitando sulle parallele che corrono verso l’infinito.

    La banda, con una marcetta di una italietta figliastria, si illude d’ingannare la storia patria che è rimasta falciata come la schiena dei tristi mietitori in un campo di messi di cui solo il sole poteva far sognare un avvenire migliore.

    Il fischio della partenza per il mistico viaggio, sulle rotaie rimaste zoppe da anni, mette fiato alla corsa del treno che ansimando sotto il carico festoso si sta con incanto inoltrando nell’ignoto di una terra dove i lupi sono di casa. Una terra di malombre janare mannari cunti che allattati dall’acqua dell’Ofanto son corsi di voce in voce popolando l’immaginario di intere generazioni.

    Sul treno, che sbuffa lento, facce felici, che vengono da un lontano che mi è famigliare come quando nasci e sorridi ad un volto che non conosci ma senti, ancestralmente, essere quello di tua madre, si avvicinano ricambiando il sorriso. È il richiamo dell’es-sere: dove vuoi ritornare anche se ti sei allontanato, è il porto sicuro di ogni marinaio, é l’istanza della memoria primordiale, é la voce della natura che ti richiama, è la terra della polvere dove il mistero ti inghiotte.

    Il treno fischia. Annuncia la prossima fermata. Ore 15:48. San Tommaso del Piano. Dal cucuzzolo Monteverde ci spia, addolorata per i troppi figli che ha visto andar via sotto lo sguardo della canizie come vezzeggia la valigia di cartone che stringeva il sogno con lo spago, recitato dal sanguigno raponese.
    Sotto il ponte di ferro, l’Ofanto, il fiume che ha allevato la terra d’Irpinia, come la balia fa con i suoi figli, che unisce le due sponde in un unico abbraccio irpini e pugliesi, scorre lento e silenzioso, senza più pretese, come le anime che nuotano incantate nel vuoto nell’odierno paradiso coperto dalla polvere depositata dai binari che il treno sta scoperchiando.

    Il longevo segaligno Michele Di Leo sceso da Rapone mi accoglie come un figlio, tra le mani solcate dal tempo, che ha scolpito la scorza vitale per sopravvivere su una terra selvaggia, che consuma la dignità delle genti costrette a difenderla con onore, per quel sorriso che vedo aprirsi sulle labbra della nipote mentre fissa l’abbraccio con il figlio partorito con lamento dalla stessa madre terra.

    Conservata la foto nel cassetto della mia memoria, saluto il patriarca Michele, padre ideale, e riprendo a vivere il mio sogno in carrozza. Tra la mia classe. In mezzo alla mia gente.
    Un berretto, su un giovane viso sporcato da una penuria di peli sormontato da un’aggiunta di diottrie, interrompe la mia scrittura e con fare cortese, la stessa che si usa tra fratelli: “prego biglietti!!” mi desta e ci stampiglia 3 biglietti in uno, per i tre cap’ vacant’, Faugn, Cuzzon, Mnuorc, sputati fuori dal cesario dello stesso buco, mentre il ventre di una galleria ci ingoia.

    I posti occupati dagli irsuti calitrani Rosario e Leonardo che accompagna lo stampellato ci donano l’abbraccio con i figli di Franceschina. Sono spassosi e solari come la loro mamma d’arte. Che li sta aspettando a casa. Tra li cunti di tutto un po’ dalla carrozza spunta, dalla verde aspra macchia, Calitri, che strizza l’occhio alla Roma papale tingendo di giallo e di bianco un cielo niente affatto sempre più blu, per queste terre dannate, come si scorge dal lato oscuro del paese rimasto seppellito sotto la polvere dal grigio terremoto novembrino che si è perso lungo la via della celeste resurrezione.

    Lenta come una testuggine che palma ogni centimetro di terra, alle 16:30 la locomotiva fischia ricambiando l’abbraccio festoso dei calitrani. La stazione è colma di genti. Scendo dal petto del treno e mi sposo. Un organetto che libera note aglianiche mi inghiotte, ubriacandomi nelle giravolte dei canti popolari che echeggiano nel mio cuore sponzandosi con il loro, in una quadriglia di sapori grintosi di un vitigno che addolcisce la mia bocca intonando le filastrocche antiche come gli sposi che si legano eternamente come una braciola legata col filo.

    Saluto Calitri ma l’aglianico ancora danza nella stanza del piacere della mia mente. Sistemato in carrozza con i miei compagni cap’ vacant’, lasciamo a terra la banda mentre il treno sferraglia verso Conza per regalare altre meraviglie al sogno.
    Franco Bassi si para davanti, dopo essere passato di orma in orma, di carrozza in carrozza, come se un segugio avesse dato la ciaccia a un galeotto, per dimostrarmi tutta la sua benevole stima per avergli regalato e fissato per sempre, nella retina, l’immagine del vero senso del quadrigliato sponzalizio. È un partigiano reggiano di Taneto. Meraviglia nella meraviglia!! È stato un reggiano, non come me arrivato a Reggio Emilia col fumo nero del treno del giorno prima che come un uccello ha aperto le ali e nel suo petto sono entrato per volare per terre lontane, che ha organizzato lo sponzalizio e che da tre decenni insegue il pumminale.

    I briganti a cavallo scortano il treno in stazione. Vinicio il pumminale imbriglia un pezzato sormontato dalla treccia di un pagliaio con una tesa che faceva da scapannizzo nelle ore assolate a molte teste chinate al saraceno mentre lo falciavano. Cairano, la Bismantova irpina rimasta nel lembo delle dimenticanze dantesche, fiera sormonta la vallata dando il benvenuto ai cavallari vincitori, almeno per oggi, sugli invasori piemontesi che calpestano orgogliosi il suolo correndo liberi dalle corde e selvaggi nel rifiutare il comando.

    Alle ore 17:20 l’assalto ha termine, si parano sotto la Trebbia del tenente Drum il cavallaro e gli ufficiali in tricolore. Il treno sembra per una volta che abbia unito l’Italia e democraticizzato tutte le classi sociali: almeno così è la preghiera che si leva da Cantalamessa che insieme a Vinicio il treno ha sognato. Un treno particolare, un treno per rivivere il silenzio e l’aspro curvare delle rotaie nel chiasso dei giovani che da oggi dovrebbero alzare la polvere e iniziare a sparare…

    Pietro Mitrione degli inlocomotivi ha pianto a Rocchetta ma pugna a Cairano i politici che potevano stare a casa guardandoli in faccia alla sua destra e difeso alle spalle dal tenente Drum carica la voce e spara la polvere accumulata in questi combattivi anni scrivendo nella testa dei presenti che dovranno essere più severi del passato per non far morire il sogno appena iniziato. Le parole di polvere vengono accese sulle lenzuola stese come a ricordare una verginità che non dovrà essere più stuprata.

    Cala la sera lenta e leziosa e Cairano perde l’ultimo raggio di sole che come il suo istrionico Pumminale hanno allietato le ore di chi è accorso al suo circo appeso al trapezio di una vita che non ha avuto il coraggio di farsi afferrare dal futuro e che con le note lievi e aspre del vino di oggi sembra aver trovato la rete per lanciarsi.
    Il treno è stato svaligiato, la polvere della terra impastata sulla lingua il vino l’ha lavata e ha iniziato a sparare ridandole sangue.

    Il pumminale tanto istrionico quanto intimamente riservato posa timido come se gli portassero via il pagliaio dal capo e lo lasciassero straniero nella terra dove è tornato per sedersi a tavola da Vito, suo padre.

    Il fischio della locomotiva sveglia la mia penna che nerva le fluide sensazioni sul taccuino secondo la vena del fiume che la muove torcendola come l’Ofanto fa attraversando silenzioso le terre della polvere curvando salendo e scendendo lungo le colline brulle e lievi della mia mente come i sette paesi dell’Olimpo che ha dimenticato.

    Salgo in carrozza al posto della pagliaia, cui anche lei affidò il suo destino e, insieme ai tre odissei ruccuatan irpini, per un giorno acquieto i miei pensieri nel corpo dell’uccello che lentamente riprende a sferragliare sballottato tra meraviglie e sorprese che, parallelamente, come le rotaie si son trovate un posto nella natura che sta frastagliando il cielo mentre si fa scuro, cullando il ritorno a casa cercando la mamma in ogni stazione come i sognatori che scendendo dal sogno riguadagnano il loro letto di spine.

    L’ultimo sapore prima di abbandonarmi è un dono di Cammasciano: formaggio con salame pane giallo e aglianico insaporiscono la mia anima augurandomi che la messa cantata dal giovane affabile bergamasco in questa giornata di gloria arrivi a Dio e non rimanga un vagito di un figlio di un dio minore soffocato nella polvere che per un giorno ha sparato.

    Ciao Cairano, ciao Vinicio il pumminale, ciao Pietro, ciao amici miei, ciao fratelli, ciao sorelle, ciao terra mia. Il filo nel cassetto aperto oggi per far volare l’aquilone, a cui si sono aggrappati i sogni di tutta questa bella gente piantata in questa bella terra, si srotolerà se qualcuno con coraggio taglierà l’ormeggio e legati tutti assieme ci leviamo nel cielo blu dove volano le cicogne.

    “Così come ero, restare non posso, quello che sono mi porto addosso”.
    Vito Feninno, poetico per concessione di Francesco De Sanctis

  17. 22 pietro mitrione 15/01/2017 alle 4:46 PM


    Un viaggio in bus lungo il percorso della tratta ferroviaria soppressa Avellino – Rocchetta S.Antonio, compiuto nella 7a giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate.
    Si ringraziano: Pietro Mitrione e l’Associazione InLocoMotivi, Francesco Celli e l’Associazione Info Irpinia, Rosanna Rebulla, Giambattista Assanti, l’Amministrazione ed i residenti del Comune di Rocchetta S.Antonio, Giuliana Raffaele per le riprese nella stazione fantasma ed Antonio Siniscalchi per le basi sonore.

  18. 23 pietro mitrione 15/01/2017 alle 4:53 PM


    120* avellino Rocchetta

  19. 24 pietro mitrione 15/01/2017 alle 4:54 PM


    il sogno…anzi il 1/2 sogno realizzato

  20. 25 pietro mitrione 15/01/2017 alle 4:55 PM


    che bello il treno

  21. 26 pietro mitrione 15/01/2017 alle 4:56 PM


    come la tienni tonna la mugliera

  22. 27 pietro mitrione 15/01/2017 alle 4:58 PM


    un sogno che riparte

  23. 28 pietro mitrione 15/01/2017 alle 5:02 PM


    il pensiero del futuro

  24. 29 pietro mitrione 15/01/2017 alle 5:03 PM


    un giorno da ricordare

  25. 30 pietro mitrione 15/01/2017 alle 5:06 PM


    il treno delle 21

  26. 31 pietro mitrione 15/01/2017 alle 5:14 PM


    che ritorni il treno

  27. 32 pietro mitrione 15/01/2017 alle 5:16 PM


    transito sul ponte principe

  28. 33 pietro mitrione 15/01/2017 alle 5:19 PM


    centenario

  29. 34 pietro mitrione 15/01/2017 alle 5:26 PM


    centenario 2

  30. 35 pietro mitrione 15/01/2017 alle 5:34 PM


    riprese riapertura

  31. 36 pietro mitrione 15/01/2017 alle 5:42 PM

    arrivo a conza con sonoro

  32. 37 pietro mitrione 27/01/2017 alle 9:41 am

    L’ospite di questa nuova puntata è Pietro Mitrione, ex ferroviere e membro dell’associazione “In Loco Motivi”, che ci parla della situazione dei collegamenti ferroviari della nostra provincia

  33. 39 pietro mitrione 27/01/2017 alle 10:15 am

    L’ Aula della Camera ha approvato, in data odierna, la proposta di legge sulla trasformazione delle linee ferroviarie in disuso in ferrovie turistiche alla unanimità:
    un grande segnale di civiltà.
    Finalmente dopo anni di lavoro, impegno e tanta passione una legge riconosce la validità della lotta portata avanti dal mondo dello associazionismo. La ferrovia Ofantina e la Avellino Benevento entrano nel novero delle 18 linee ferroviarie individuate dalla legge.
    Per noi di In_loco_motivi è una enorme soddisfazione nel vedere riconosciuta alla nostra Avellino Lioni Rocchetta la sua valenza storica, paesaggistica e culturale proprio nell’anno in cui ricade il bicentenario della nascita di Francesco De Sanctis, l’uomo politico irpino che fortemente ne volle la costruzione.
    Un riconoscimento che viene sancito anche dal recente decreto da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con cui la ferrovia Avellino Rocchetta è da considerare bene di particolare interesse storico e culturale.
    Questa legge, una volta approvata definitivamente, potrà dare l’opportunità agli appassionati del turismo lento di conoscere i tantissimi luoghi tenuti lontani dai tradizionali itinerari turistici attraverso l’uso di treni storici, proprio come è accaduto questa estate scorsa con la parziale riapertura della tratta Avellino Conza in occasione dello Sponz Fest di Vinicio Capossela.

    Da oltre 10 anni anni gli amici delle tante ferrovie “dimenticate” aspettavano tale legge, la prima a provarci fu nel 2008 la sen. Anna Donati, oggi un decisivo passo è stato compiuto. L’ultimo è quello della sua approvazione al Senato che speriamo possa avvenire quanto prima.
    La nostra Associazione, in_loco_motivi, ringrazia tutta la deputazione irpina, in particolare l’on. Luigi Famiglietti, la stampa e i tanti amici che hanno accompagnato il nostro percorso per non far morire la nostra Avellino Rocchetta.
    Spetta ora alla regione Campania dare continuità al suo impegno per la riattivazione della intera tratta…
    La battaglia continua.
    Pietro Mitrione

  34. 40 pietro mitrione 02/02/2017 alle 6:01 PM


    dal m 14 al m 25 il Cascone pensiero sulla ferrovia i irpinia

  35. 41 pietro mitrione 06/02/2017 alle 1:10 PM

    http://www.newsly.it/irpinia-dal-drone-video
    Un eccellente biglietto da visita per scoprire l’Irpinia nei suoi dettagli con delle immagini mai viste prima.
    Ma anche il rimpianto per non vedere valorizzata così tanta bellezza.

  36. 42 pietro mitrione 08/02/2017 alle 4:45 PM

    https://t.co/6vgDdErcX8
    La bonifica dell’isochimica di Avellino faccia da traino alla riattivazione della stazione ferroviaria.
    Se rivive la stazione rivive il quartiere di Borgo ferrovia
    Per i tanti che non ci sono più a causa di questa tragedia causata dall’amianto
    Per quegli operai che hanno combattuto e che continuano a combattere contro i tanti silenzi

  37. 43 pietro mitrione 14/02/2017 alle 10:31 am

    http://www.napoli1943.com/
    set cinematografico su ponte principe

  38. 44 pietro mitrione 07/03/2017 alle 9:51 PM

    “………venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli.” F. De Sanctis

    Nell’indifferenza quasi totale di Istituzioni Locali, Sindacali e Politiche negli ultimi due anni le ferrovie dello Stato hanno provveduto al completo rinnovo di circa 50 Km di linea ferroviaria. Un complesso gli investimenti che supera i 30 milioni di euro.
    In una città dove regna il primato delle opere pubbliche incompiute passare dall’ arcaico al postmoderno ferroviario in pochi mesi dovrebbe essere considerato quasi un miracolo per l’avvenire del sistema di trasporti per Avellino e per la sua provincia.
    Per anni abbiamo assistito alla lenta ma inesorabile cancellazione della nostra Irpinia dalla geografia ferroviaria italiana, prima con la sospensione della ferrovia Avellino Lioni Rocchetta poi con la totale ed assurda chiusura della stazione ferroviaria del capoluogo irpino per poi ripiegare su di un servizio ridotto ai minimi termini che continua a negare collegamenti diretti con Napoli.
    La mancanza di cultura ferroviaria nel nostro Paese ed in particolare nel Mezzogiorno d’Italia ha fatto decidere per diverse scelte nel campo della mobilità delle persone e delle merci ignorando che un quartiere, un territorio, una città possono rinascere con il potenziamento della rete ferroviaria anche con la semplice sostituzione di vecchie traversine ferroviarie!
    Lo stesso è accaduto con l’attivazione del raccordo merci di Pianodardine del 2016 una realizzazione ultimata dopo circa venti anni che resta nel vuoto nonostante la felice intuizione dell’ex presidente degli industriali irpini di potersene avvalere.
    L’indifferenza dell’ASI e la volontà di FCA di far viaggiare i motori su gomma hanno di fatto ignorato questa opportunità per il trasporto merci per cui assistiamo a movimentazione di tir che costituiscono un pericolo nel piazzale antistante lo stabilimento FCA.
    Una nuova qualità della vita ed una completa presa di coscienza ambientale passano dallo sviluppo del sistema ferroviario.
    Per questo sarebbe bello se tutti fossero consapevoli della importanza dei lavori compiuti nella stazione fs di Avellino.
    Sono state sostituite rotaie e traverse in legno da Avellino a Salerno sperando che si completi il tratto mancante fino a Benevento.
    Ad Avellino è stata rifatta l’intera stazione per cui una parte della stazione può essere restituita alla città per usi sociali nel quartiere ed il giorno 11 marzo verrà attivato un Apparato Centrale innovativo per la regolazione della circolazione in sicurezza.
    Questo comporta che già dall’11 marzo, se si volesse, si potrebbero istituire servizi su ferro concorrenziali per tempi di percorrenza con la gomma (circa 40 minuti per Salerno e 70 minuti per Napoli), in attesa dell’inizio dei lavori di elettrificazione della intera tratta Salerno-Avellino-Benevento come previsto dalla Regione Campania che ha impegnato circa 230 mln di euro per questa opera
    Spetta, ora, ai decisori politici locali e regionali appropriarsi di queste nuove opportunità per far uscire dall’isolamento che caratterizza il trasporto su ferro in Irpinia.
    Integrare ferro e gomma diventa un imperativo in attesa della costruzione della linea ad Alta Capacità (Roma) Napoli-Bari. Ulteriori ritardi o incomprensioni si pagheranno nel prossimo futuro.
    Per noi della Associazione in_loco_motivi la data dell’11 marzo è l’inizio per invertire le scelte fin qui operate per le ferrovie irpine nel cui contesto “brilla” il riconoscimento di ferrovia turistica per la storica Avellino Lioni Rocchetta la cui costruzione fu voluta dal nostro illustre scrittore e politico irpino Francesco De Sanctis.
    Da questa citazione storica ritorna prepotentemente attuale il monito del grande “don Ciccillo” di cui quest’anno ricorre il bicentenario della sua nascita, che scriveva nel suo libro ”UN VIAGGIO ELETTORALE” : Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli.
    Una intuizione che solo un politico illuminato poteva avanzare oltre 120 anni fa. Ora come allora la ferrovia, comprese quelle dimenticate, possono fare il lavoro di secoli.
    Classe dirigente permettendo!

  39. 48 avellinorocchetta 16/03/2017 alle 9:32 am

    AVELLINO-ROCCHETTA: NON È PIÙ IL TRENO DEI DESIDERI IMPOSSIBILI
    Buongiorno, Irpinia.
    Fulvio Bonavitacola, come si sa, è il Vicegovernatore della Campania con delega all’Ambiente.
    Non sappiamo quanto c’entrino le sue origini irpine (Montella per l’esattezza), fatto è che grazie a lui sta per diventare finalmente progetto l’idea del rilancio in chiave turistica della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio.
    E’ un obiettivo non molto facile da realizzare ma, vivaddio, dopo tante parole si comincia a fare sul serio: grazie all’impegno di tanta gente irpina, ma grazie soprattutto all’ex capostazione Pietro Mitrione, che ne ha fatto la grande battaglia della sua vita; e a Vinicio Capossela, che ci ha messo il prestigio del suo nome per sottoscrivere la bontà dell’iniziativa.
    Invero, all’origine, si era pensato al ripristino della vecchia linea ferroviaria solo con un vago accenno alla possibilità di utilizzarla per fini turistici. Bonavitacola è entrato nel cuore della questione: ha senso investire un bel po’ di soldi pubblici se ne otteniamo una effettiva ricaduta di sviluppo del territorio. Come? Utilizzando un pezzo di storia vera, che peraltro mantiene una sua fisicità, cioè la tratta ferroviaria, e valorizzando tutte le tipicità enogastronomiche e culturali del territorio attraversato dai binari. Tante “stazioni” lungo il percorso Avellino-Rocchetta e ad ogni fermata l’offerta turistica di un “prodotto”: dai vini eccellenti di Taurasi, Castelvetere e Montemarano ai salumi, ai formaggi e altre prelibatezze locali; dai castelli alle chiese, dall’originale varietà di altri beni monumentali agli scavi archeologici, fino al racconto di un patrimonio naturale che non ha nulla da invidiare, se non la cura che altrove vi è stata dedicata, alle colline e alle valli dell’Umbria e della Toscana.
    L’iter individuato da Bonavitacola è rigorosamente rispettoso delle istanze del territorio. Ai sindaci dei comuni attraversati verrà chiesta “l’idea locale” che intendono valorizzare. Un riferimento istituzionale della Regione si incaricherà di coordinare le diverse proposte per comporre il mosaico compatibile dell’offerta finale. Tempi assolutamente brevi e certi per i progetti dei comuni. E, soprattutto, tolleranza zero verso ogni tentazione campanilistica. Insomma, si lavora tutti per un obiettivo comune.
    Può funzionare? Nelle prossime settimane se ne saprà di più. Intanto, nel deserto di pensiero della politica irpina, non è affatto azzardato scommettere un po’ di ottimismo sul treno dei desideri possibili.
    http://www.francogenzale.it/Avellino-Rocchetta-non-e-piu-il-treno-dei-desideri-impossibili?annee=2017&mois=03

  40. 56 avellinorocchetta 19/03/2017 alle 4:44 PM

    in Irpinia
    Storia di vita sulla ferrovia Avellino Rocchetta
    ……..”Il fascino caratteristico delle piccole stazioni e dei caselli della Rete Italiana di un tempo: minuscole comunità, spesso isolate, costituite quasi sempre dal ferroviere titolare e da un suo eventuale aiutante, e dalle loro famiglie … un mondo ormai perduto per sempre, con le tante piccole storie legate ad una vita semplice ed autonoma, lontano com’erano queste persone da ogni possibile contatto con la società ed un più comodo modo di vita.
    Oggi, tre le mura sbrecciate di quegli edifici, restano ancora a ricordarlo anche i vecchi pozzi per l’acqua potabile, il forno a legna per la cottura del pane … le “monachine” addossate al fabbricato principale.”
    CS O. Mori
    Di seguito un ricordo di quella vita vissuta in un casello della ferrovia Avellino Rocchetta
    Mio nonno materno Bicchetti Felice, proveniva da Nusco ed incominciò a lavorare sulla linea Avellino – Rocchetta quale addetto nella squadra « Rialzo». A quell’epoca, si trattava di sollevare le rotaie con pesantissime leve per mettere la breccia sotto le rotaie.
    Suo nipote, Michele Bicchetti, è stato il responsabile del Tronco Lavori a Lioni (AV) fino agli anni 90.
    In seguito, mio nonno Felice, fu trasferito come casellante (guardiano di passaggio a livello) al casello km 4+900 sito tra Avellino e Salza Irpina, a 4 km di distanza dalla stazione di Avellino, unitamente alla moglie ed è lì che ho vissuto per diversi anni.
    Negli anni 60, anche la figlia BICCHETTI Elvira, mia zia, che compirà 80 anni il 30 marzo 2017, fu assunta in FS per coprire il posto da casellante.
    Il casello ferroviario aveva solo 2 stanze dislocate su 2 piani. Le stanze, ampie, avevano una metratura di circa 11 mt per 6. Al secondo piano si dormiva, mentre al primo piano si trascorreva la normale vita quotidiana. C’era una fornace in muratura con al centro un caminetto e ai lati due spazi da poter mettere le caldaie per l’acqua. Non vi erano riscaldamenti. D’inverno faceva freddo : il casello si trovava penso a 500 mt d’altezza s.l.m., nevicava spesso. All’epoca ci si riscaldava con i bracieri. Li portavamo alla stanza superiore e venivano posti al centro della camera. Non vi erano servizi igienici ne corrente elettrica, nonostante ciò riuscivamo a vivere con dignità!
    Ci illuminavamo con un lampada a carburo : si mettevano 2 pietre di carburo sul fondo della lampada e sopra acqua. L’acqua cadeva a gocce sul carburo provocando un fumo che passando in un tubo della lampada finiva nel suo becco strettissimo : è lì che usciva la fiammella per farci luce. La lampada era circa 65% più luminosa di una candela di cera e molto molto più chiara. Il casello ferroviario era anche provvisto all’esterno di un forno a legna, il tutto di proprietà delle FF.SS.
    Andavamo spesso alla stazione di Salza Irpina a piedi, camminando sulle rotaie con un bastone per mantenere l’equilibrio, come anche quando andavo a scuola nella contrada Cerzete, arrivavo ad un’altro casello ( forse era il km3 +031) li, lasciavo la strada ferrata dopo aver percorso un km sempre camminando con equilibrio su una rotaia per immettermi su una strada di campagna che mi portava alla scuola.
    Mi ricordo ancora la frase di mia zia che ogni mattino comunicava al telefono( utilizabile solo per la ferrovia ) : « dalle ore … assumo servizio Bicchetti Elvira… » e successivamente scriveva l’ora esatta su un registro fornito dalle F.S. alle 9,00 e alle 17,00 su indicazione del Dirigente Unico, funzionario delle FS che regolava la circolazione dei treni dalla sala operativa sita in Avellino. Era un sistema di esercizio chiamato « DIRIGENZA UNICA » adatto per le linee a scarso traffico.
    Ricordo ancora certi nomi dei collaboratori della AV – RO ( mia zia ne parlava con mio nonno) come: Pistolesi, Della Sala, Santaniello, Speranza, Greco…
    La linea ferroviaria era controllata periodicamente dal Sorvegliante (impiegato superiore delle FF.SS.) : controllava se tutto era a posto e c’era sempre un po di paura al suo arrivo, in quanto il rapporto di lavoro che legava questi operatori era molto precario. Bastava anche una piccola irregolarità e si correva il rischio di non continuare a lavorare in FS.
    La nostra vita quotidiana al casello di Km. 4 era tutta basata sul passaggio dei treni. Quando i treni (allora venivano chiamate littorine) erano in ritardo il casellante (mia zia) si metteva in contatto telefonico con altri caselli per capire la posizione del treno per poi prepararsi alla chiusura di n. 2 passaggi a livelli, la chiusura veniva eseguita a manovella. L’attenzione maggiore a telefono era quando a volte dovevano transitare treni non previsti negli orari giornalieri, i cosiddetti «treni straordinari».
    I casellanti, per lo svolgimento delle proprie funzioni, avevano in dotazione anche una tromba, una bandiera rossa e dei pedardi. Quest’ultimi venivano posti sulle rotaie in caso di problemi sulla linea ferroviaria tipo : frane improvvise, animali deceduti, incendi lungo le cunette, ecc. I pedardi venivano posti sulla rotaia di notte ad una distanza di circa 30 cm l’uno dall’altro. La Littorina nel passaggio faceva scoppiare i pedardi che dava l’allarme al macchinista il quale fermava immediatamente il treno constatando lo stato di pericolo anche attraverso la posizione della bandiera rossa apposta a pochi metri più avanti.
    La mia gioia più grande da bambino era quando arrivava il treno merci con la locomativa a vapore e si fermava al casello per scaricare l’acqua nel pozzo con relativa cisterna per la sussistenza familiare. Proveniva sempre da Salza quindi in pendenza. Quando il treno era fermo si collegava un tubo al vagone-cisterna per scaricare quindi l’acqua. Quella riserva d’acqua sarebbe stata sufficiente per circa 30/40 giorni, dunque stagnava e perdeva tutte le condizioni igieniche e di purezza (nonostante ciò siamo sopravvisuti a tutte queste criticità).
    Tra Lapio e Montemiletto la littorina attraversava un ponte di ferro molto alto e a quei tempi un opera di alta ingegneria. Quando lo attraversavo nel treno provavo una grande paura a causa delle vertigini. Era « ponte principe » così chiamato per la sua maestosità.
    Mia zia Elvira ha vissuto e lavorato anche al casello di Km 18 dopo la stazione di Montemiletto (dove tanti anni fa avvenne anche un incidente: una delle due littorine usci dai binari e finì in un burrone, fortunatamente senza morti.
    Con l’ammodernamento della Avellino Rocchetta tutti i passaggi a livello furono automatizzati e, conseguentemente, tutto il personale addetto fu utilizzato diversamente per cui mia zia fu trasferita (al Km. 39) della linea Mercato San Severino – Codola dove terminò l’attività di ferroviere.
    Ricordare questi episodi è un modo per far conoscere una parte del mondo del lavoro che si svolgeva sulla ferrovia Avellino Rocchetta.
    Ai tanti che vi hanno lavorato va il riconoscimento per i sacrifici e i disagi che hanno patito in particolare per quelle persone che in caselli o stazioni sperdute della nostra Irpinia hanno onorato il lavoro di ferroviere.
    Auguri Zia Elvira da parte di tutti quelli che non dimenticano il valore del lavoro dei ferrovieri.
    DEL SORDO Antonio

  41. 57 avellinorocchetta 01/04/2017 alle 8:58 PM


    il Presidente Mattarella visita Pietrarsa

  42. 58 avellinorocchetta 01/04/2017 alle 9:51 PM

    “In assenza di idonei interventi finanziari da parte degli enti pubblici direttamente interessati, appare sufficientemente chiaro come non sussistano le condizioni per la riattivazione dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, dovendosi escludere che sia RFI a dover farsi carico di oneri disarmonici rispetto al grado di utilizzo –e quindi al beneficio- atteso.” (Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, qui)

    http://www.spaziarendere.it/spaziarendere/index.php/spazi-resi/10-spazi-resi/stazioni/13-stazione-di-calitri

    L’Irpinia se la sono mangiata, l’hanno rivoltata come un calzino, le hanno estirpato radici, germogli, boccioli. Son rimaste i sassi e i ceppi svelti dal terreno in attesa che qualcuno li pulisca dalla terra, li tagli e ne faccia almeno legna da ardere per i prossimi inverni.

    La chiusura della ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio è uno di questi ceppi. Il viaggio elettorale di De Sanctis ci aveva accompagnato per mano nei paesaggi attraversati da questa ferrovia, che da Avellino si immergeva nel verde e nel biondo dell’Alta Irpinia per poi giungere al confine pugliese. Una ferrovia “minore”, una tratta interna che ha fatto viaggiare famiglie quando allora era impossibile comprare un auto o quando non c’era ancora l’Ofantina, che ha colmato gli occhi degli adolescenti con la visione del grano, della boscaglia, del borgo arroccato. Una ferrovia che ha fatto conoscere Castelvetere, Conza, Aquilonia, Monteverde; qualcuno poteva prendere un treno e godersi il panorama, arrivare ad Avellino e fare una passeggiata, una visita medica, poteva sbrigare faccende.

    La vicenda della chiusura della linea non è solo una questione dell’entroterra irpino, che è ormai un ramo secco della ferrovia italiana. Né è solo una questione di Avellino, capoluogo di provincia che a stento è riuscito a mantenere, col contagocce, minimi collegamenti su ferro con Benevento e Salerno. Avellino schiava del trasporto su gomma, volutamente isolatasi dalla rete ferroviaria italiana con una stazione mai ben collegata, ma almeno esistente come “servizio pubblico”.

    E’ una questione di questa Campania napolicentrica, che hai voglia di scrivere che ha bisogno di nuove assi di sviluppo, di pianificazione strategica, di turismo panacea delle aree interne e di vabbè-qualcosa-domani-inventeremo, ma alla fine la pappa resta a Napoli, bacino collettore di sogni, speranze e denaro pubblico sperperato. Che poi questa diatriba con Napoli non è che faccia piacere, se l’Irpinia piange Napoli non ride (e di cose avrebbe da ridere, di grazia?), ma la verità è che come si può pensare che l’istituzione regionale dia retta a noi pecorari, quando lì sotto al Vesuvio hai giusto un problemino da risolvere?

    E’ una questione irpina e campana, si diceva, ma è anche una questione nazionale, di rami secchi ferroviari tagliati, di piccole tratte che vengono cancellate perché il ritorno economico non c’è, perché con quei soldi si guarda al veloce, al futuro, alla TAV, alla necessità di essere comunque e dovunque, a discapito di territori e di vite. Togliendo il diritto di viaggiare a chi non abita nei grandi centri urbani, a chi può investire il proprio denaro solo su treni più lenti, magari dai servizi più scadenti, con l’obiettivo però di giungere a destinazione. E ciò che è accaduto all’Avellino Rocchetta è il sentore di ciò che accade sempre più recentemente, con la soppressione dei treni dei pendolari che fanno spola giornaliera tra l’hinterland e Roma, Milano, Torino. La soppressione di corse a breve e media percorrenza in alcuni orari costringe i treni a ospitare più passeggeri. Li vedi incastrati come cassette di pomodori in agosto sui tir, madidi di sudore, sbilenchi nel loro aggrapparsi a maniglie anticaduta, dall’imprecazione facile agli scatti d’ira ancor più facili.

    Abbiamo chiesto maggiori informazioni a Pietro Mitrione, ex ferroviere e rappresentante dell’Associazione In Loco Motivi, che da tempo si batte per portare attenzione sulla questione dell’Avellino- Rocchetta.

    Buongiorno Pietro, ci introduce brevemente le motivazioni della chiusura della linea ferroviaria Avellino- Rocchetta Sant’Antonio?

    Dal 13 dicembre 2010 la storica ferrovia Ofantina, su decisione inopinata della Regione Campania è “sospesa”. A nulla è valsa una delle concrete esperienze di promozione territoriale dal basso e senza fondi pubblici che ha visto letteralmente rinascere a nuova vita il treno sulla più antica tratta irpina, come mezzo a servizio del turismo e della conoscenza del territorio. Questa nostra idea di far conoscere la nostra Irpinia in treno ha tracciato un solco profondo e fertile nell’arido terreno sotto i piedi dei decisori politici e delle realtà istituzionali irpine. Spetta ad essi ricredersi delle scelte operate.

    Può descriverci brevemente cosa è la linea ferroviaria Avellino- Rocchetta?

    Questa tratta fu inaugurata il 27 ottobre del 1895. E’ lunga circa 120 km e attraversa tutto l’Appennino campano toccando tre regioni. Fu voluta fortemente da Francesco de Sanctis e contribuì a migliorare le condizioni di vita della popolazione irpina, in particolare quella dell’alta Irpinia. La sua tipicità di essere una ferrovia di montagna non ha consentito, pertanto, lo svilupparsi di grossi traffici. La sua esistenza è stata per questo motivo sempre tribolata. Una grande opportunità per un suo sviluppo fu il dopo terremoto dell’80 allorquando furono costruiti numerosi insediamenti industriali lungo la ferrovia. Si pensò a costruire solo strade senza nessuna programmazione di potenziamento di questa ferrovia. Da quell’evento terribile per la nostra Irpinia lentamente i servizi ferroviari furono ridotti fino a giungere alla sua “sospensione” del dicembre 2010 nonostante il successo che il treno irpino del paesaggio aveva riscontrato con le iniziative turistiche attivate. Circa 3000 persone in venti viaggi! Poteva e doveva essere un incentivo a continuare, invece niente. Altrove i treni di montagna diventano opportunità turistiche, da noi si chiude. La linea ferroviaria Avellino Rocchetta può avere un nuovo significato come infrastruttura anche a servizio del turismo, capace di veicolare fruitori – anche provenienti da oltre provincia – nelle qualità paesaggistiche, naturalistiche, culturali, enogastronomiche dell’Irpinia sud-orientale. Su queste considerazioni noi andiamo avanti convinti delle nostre ragioni.

    Quando e perché è stata chiusa?

    La tratta è stata chiusa a decorrere dal 13 dicembre 2010 a seguito della decisone adottata dalla Regione Campania di tagliare i fondi per il trasporto pubblico locale.

    Quali sono le responsabilità istituzionali a fronte della chiusura?

    Le responsabilità sono prevalentemente della Provincia di Avellino che non si è dotata di un moderno Piano dei Trasporti Provinciale, per cui le scelte “napolicentriche” ricadono sul nostro territorio senza nessuna preventiva informazione.

    La sua chiusura è sbagliata?

    A nostro avviso, senza partigianeria, questa scelta è di scarsa lungimiranza politica in quanto questa tratta attraversa sette nuclei industriali, di cui uno raccordato alla ferrovia. Inoltre, il notevole spessore paesaggistico potrebbe consentire a questa ferrovia di montagna di diventare una valida opportunità di attrattore turistico.

    Cosa comporta l’assenza di una ferrovia per il territorio irpino?

    L’impossibilità per la nostra Irpinia di agganciarsi alla rete ferroviaria nazionale, tale da impedirgli la fruizione delle prossime realizzazioni di grandi infrastrutture su ferro quale l’alta capacità e l’alta velocità.

    Recentemente è stata proposta una green way sul tracciato della linea chiusa. Quali sono le sue opinioni in merito?

    Il treno è già una green way per cui non c’è la necessità di trasformare il tracciato della ferrovia in pista ciclabile. Questa linea opportunamente ristrutturata in tempi brevi può ritrovare nuova vita con un suo utilizzo a fini turistici e commerciali. Occorre una inversione di tendenza: una cura di ferro in tutta l’Italia.

    Cosa si può fare, oggi, di questa ferrovia?

    Innanzitutto amarla, quindi conoscerla, ed avere il coraggio di ritenerla una infrastruttura non marginale e di conseguenza proporre soluzioni com’è accaduto in Basilicata di investire 200 ml di euro per ristrutturare una analoga ferrovia la Potenza-Foggia.

    Riaprire la ferrovia è davvero antieconomico, come l’ottica sempre più aziendalista della cosa pubblica ci propone?

    Dipende cosa significa antieconomicità di una scelta. Se significa solo rapporto costi/ricavi non c’è spazio non solo per la ferrovia ma per tutti i servizi pubblici resi in un territorio come l’Irpinia. A mio avviso dovremmo riferirci alla logica dei costi/benefici nel caso nostro innanzitutto integrazione ferro/gomma.

    Gli appassionati e coloro che volessero approfondire la questione a chi possono rivolgersi?

    https://avellinorocchetta.wordpress.com

    https://www.facebook.com/groups/172263226153182/?fref=ts

    pietro.mitrione@tin.it

    https://www.facebook.com/pietro.mitrione

  43. 60 avellinorocchetta 09/04/2017 alle 4:06 PM


    IX giornata nazionale delle ferrovie NON dimenticate 2016
    Campo di Nusco

  44. 61 avellinorocchetta 16/04/2017 alle 8:11 PM

    POESIA DI UNA LINEA FERROVIARIA “SECONDARIA” …
    AVELLINO- ROCCHETTA S.A.
    Tutta la Poesia delle nostre linee minori
    è riassunta in questa apparentemente semplice foto,
    priva perfino del treno …
    ma con tutte le caratteristiche delle nostre “secondarie”:
    un semplice binario,
    un casello adibito anche a Fermata,
    un piccolo verzò di uva …
    e qualche vaso con varie piantine, a testimoniare una gentile presenza femminile anche in questi piccoli avamposti,
    sperduti in mezzo all’Appennino !

  45. 62 avellinorocchetta 23/04/2017 alle 10:19 PM

    Il treno da Napoli ad Avellino, la speranza corre lungo i binari

  46. 65 avellinorocchetta 23/05/2017 alle 4:04 PM

    Morra De Sanctis – grazie all’entusiasmo e alla forza allegra di Pietro Mitrione e Francesco Celli, circa duecento persone hanno partecipato nel Castello Biondi Morra ad una intensa serata desanctisiana. Motivazioni forti e autentiche di cittadini che con l’azione e l’audacia stanno trasformando un loro Sogno in una Utopia Concreta.
    Il treno ritornerà presto nell’Alta Irpinia per riavviare un Futuro fatto di tutela e di conservazione ambientale, storica e paesaggistica, in cui una fondata economia della cultura dovrà finalmente giocare un ruolo determinante e non puramente retorico.
    Sono gli uomini a cambiare il mondo quando decidono di cambiare il loro mondo.
    Stasera abbiamo ‘celebrato’ De Sanctis nel modo migliore, evitando tentazioni apologetiche o arcadiche. Abbiamo parlato d modernità e dell’impegno intellettuale, letterario e politico del Professore, dialogando con il Mezzogiorno contemporaneo, che cambia, liberandosi da fatalismo e servilismo, solo attraverso il protagonismo civile e la forza morale di donne e uomini meridionali.
    Desidero ringraziare quindi uno per uno i tantissimi, appassionati partecipanti all’incontro morrese. Una pagina gioiosa di serietà, di democrazia e di fede nelle risorse migliori della comunità irpina.
    http://www.irpiniatv.it/notice_detail.php/a-morra-de-sanctis-la-riflessione-del-professore-iermano/13840/
    http://www.irpiniatv.it/notice_detail.php/ferrovie-non-dimenticate-prima-tappa-di-estate-in-irpinia/13839/

  47. 66 avellinorocchetta 24/05/2017 alle 8:42 am

    In un precedente articolo è stata presentato un’elaborazione artistica di una storia – cucita – intorno al tracciato ferroviario Avellino-Rocchetta. Oggi vogliamo raccontarvi di un documento che racconta e indaga “l’opera”, la costruzione, e la storia della tratta ferroviaria. A scrivere “Alle origini dell’ingegneria ferroviaria in Campania:la costruzione della linea Avellino-Ponte S. Venere (1888-1895) e gli attuali problemi di conservazione”, Andrea Pane, docente di Restauro del Dipartimento di Architettura Federico II. “Bisognava fare gli italiani” si diceva una volta unita l’Italia, ma il Paese mancava ancora dei mezzi attraverso i quali poter dimostrare questa unione. In quel momento storico “il rapido incremento delle reti ferroviarie avviato subito dopo l’Unità, conduce, nell’arco di un solo decennio, a triplicare l’estensione delle “strade ferrate” esistenti negli Stati preunitari, aggiungendo i 6000 km di rete nazionale nel 1870. La complessità di questi compiti si accentua ulteriormente con le conseguenti difficoltà tecniche e l’insorgere di più accesi dibattiti sull’ andamento dei tracciati. E’ il caso, in Campania, della principale linea interna della regione, posta “al servizio di un’area vastissima”: la Avellino-Rocchetta, realizzata tra il 1888 e il 1895.

    Continuiamo con una lettura del documento, cercando di estrapolare forse i punti da poter presentare facilmente.

    ferr av rocchetta

    La storia

    Frutto di decenni di proposte e di dibatti, avviati fin dal 1868, la ferrovia Avellino-Ponte Santa Venere (dal nome della località posta ad ovest della stazione di Rocchetta Sant’Antonio) riceve un primo avallo in sede di Consiglio Provinciale di Principato Ultra nel 1872, per iniziativa del suo presidente Michele Capozzi. Segue un lungo e tormentato iter politico e burocratico, segnato anche dall’autorevole sostegno di Francesco De Sanctis, che condurrà dopo sette anni all’inclusione della linea, come tracciato di terza categoria, nella legge del 29 luglio 1879, relativa al completamento delle ferrovie italiane . Trascorrerà tuttavia oltre un decennio prima che i lavori abbiano inizio (…) Finalmente, a seguito di apposita convenzione sottoscritta il 21 giugno 1888, la costruzione della linea Avellino-Ponte Santa Venere è avviata nei primi mesi dell’anno successivo, su progetto esecutivo della Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo, subentrata intanto alle Ferrovie Meridionali. Proprio nello stesso periodo, l’organico delle Ferrovie del Mediterraneo si arricchisce di grandi figure di ingegneri ferroviari, tra cui Cesare Bermani e Mattia Massa, entrambi provenienti da esperienze nelle ferrovie dell’Italia settentrionale, giunti alle Mediterranee nel 1885 e posti rispettivamente a capo della sezione lavori e della direzione generale della rete.

    Inquadramento e Dati tecnici

    Fulcro delle aspettative di rilancio economico del territorio dell’Irpinia, la ferrovia si sarebbe sviluppata, secondo il progetto esecutivo, lungo un tracciato di quasi 120 chilometri. A partire dalla stazione di Avellino, la linea avrebbe quindi toccato i paesi di Salza Irpina, Montefalcione, Montemiletto, Lapio, Taurasi, San Mango, Paternopoli, Castelfranci, Montemarano, Montella, Bagnoli Irpino, Nusco, Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Morra, Conza, per poi proseguire lungo il confine tra Campania e Basilicata verso Calitri, Monticchio, Monteverde, fino a Rocchetta-Sant’Antonio. Attraversando le tre vallate dei fiumi Sabato, Calore e Ofanto, con alcune gallerie ed un gran numero di ponti e viadotti, il tracciato avrebbe affrontato notevoli asperità del territorio, seguendo un profilo altimetrico variabile dalla quota di 302 metri della stazione di Avellino, ai 672 metri dell’altipiano di Nusco, punto più elevato della linea, fino a ridiscendere lungo la valle dell’Ofanto verso la stazione di Rocchetta, posta alla quota di 217 metri. ferrrrLa ferrovia Avellino-Rocchetta si sviluppa su terreni di natura prevalentemente argillo-scistosa, con sporadici affioramenti di calcari, marne e arenarie, mentre nella valle dell’Ofanto incontra frequentemente depositi alluvionali. L’elevato numero di opere d’arte richieste dal tracciato – dovuto alla complessa orografia ed alla necessità di attraversare più volte i fiumi Sabato, Calore e Ofanto – orienta in fase di progetto le Ferrovie del Mediterraneo a realizzare ponti e viadotti prevalentemente in muratura. Tale scelta appare in linea con la sensibile riscoperta di questa tecnica sul finire del XIX secolo, diffusa soprattutto in ambito ferroviario per la maggiore stabilità della muratura nel caso di alti viadotti con pile snelle, ma anche per la duttilità di queste strutture nel seguire andamenti curvilinei. A ciò si aggiunge, già dalla metà dell’Ottocento, l’introduzione della malta di calce idraulica, che permette di contenere i tempi di realizzazione di un ponte da quattro ad un anno, consentendo inoltre di utilizzare, anche per luci notevoli, i laterizi in luogo delle più costose pietre da taglio.

    Costruzione e economia

    La costruzione della ferrovia mette in moto un timido sviluppo industriale nella provincia di Avellino, legato alla produzione di laterizi, che tuttavia non riesce a sopravvivere a lungo dopo l’inaugurazione della linea. Già nel primo periodo dei lavori, peraltro, il progetto subisce diverse varianti finalizzate al contenimento dei costi, tra cui emerge la sostituzione di molti viadotti in muratura con più economiche travate in acciaio, suscitando le critiche del grande meridionalista Giustino Fortunato, impegnato in quegli anni a sostegno delle ferrovie Ofantine, che scongiura l’esecuzione di “lavori menati innanzi con la lesina dell’avaro e, quel che è più, senza una grande preoccupazione dell’avvenire”. ferra A parziale smentita di queste preoccupazioni, tuttavia, il tracciato compiuto presenta, su 58 ponti e viadotti di maggiore rilievo, oltre quindici strutture superiori ai 50 metri di lunghezza interamente realizzate in muratura. Tra queste, spicca il grande viadotto curvilineo sul fiume Sabato, di particolare valenza paesistica, posto immediatamente al di fuori della stazione di Avellino e caratterizzato da 16 campate di 11 metri di luce ciascuna, per una lunghezza complessiva di 225 metri. Di notevole interesse è anche il ponte obliquo sul fiume Calore presso San Mango (km 24+376) costituito da cinque arcate di 12 metri di luce, per una lunghezza complessiva di 104 metri. Caratterizzato per il suo andamento obliquo da un articolato apparecchio elicoidale delle volte, il ponte presenta fondazioni realizzate con cassoni ad aria compressa e pile particolarmente curate nei rostri, coronamenti e cappucci. Entrambe le strutture, infine, mostrano il ricorso ad una tipologia molto diffusa in ambito ferroviario, dove la scelta di adottare archi a tutto sesto con luci inferiori ai 15 metri trae origine dal problema della sollecitazione orizzontale generata alla sommità della pila, sia per effetto della frenatura del treno, sia quando il treno stesso carica solo una delle due volte impostate su ciascuna pila.

    Opere in acciaio

    Alle citate opere in muratura si accompagnano numerosi ponti in acciaio di grande rilievo, tra i quali spicca senza dubbio il cosiddetto Ponte principe sul fiume Calore presso Lapio, caratterizzato da tre travate reticolari di 95,40 metri di luce e 10 metri di altezza, per una lunghezza totale di 340 metri, oggetto in anni recenti di alcuni test dinamici. Degno di nota è anche il ponte obliquo sull’Ofanto (km 92+152), composto da tre travate ad arco in acciaio di 33,16 metri di luce, per una lunghezza complessiva di 134 metri.

    Le gallerie

    Tra le 19 gallerie che caratterizzano il tracciato, infine, si distinguono due opere maggiori, entrambe collocate nel tronco Avellino-Paternopoli e realizzate in laterizi con sezione ad arco rovescio tra il 1890 e il 1892: la galleria di Parolise, di 1,3 chilometri, ma soprattutto quella di Montefalcione, lunga 2,6 chilometri, compiuta con uno scavo fondato su sei attacchi (dai due imbocchi e da due pozzi) durato quasi due anni.

    Le speranze del progresso e dell’economia

    “L’Avellino-Santa Venere è una rivelazione del medio evo in mezzo al mondo moderno”, scriverà più tardi Giustino Fortunato, plaudendo all’ inaugurazione del primo tronco della ferrovia tra Avellino e Paternopoli nell’ Ottobre 1893. Per la sua realizzazione, “da oltre ventotto mesi una vera battaglia si combatte laggiù, una battaglia, che la scienza vince, ma a prezzo di vite umane e di molti milioni”. Fugate dunque le iniziali incertezze sulla condotta dei lavori, Fortunato sembra interrogarsi sulle speranze di sviluppo del territorio riposte fin dal principio dei dibattiti nella ferrovia: “L’aura della Campania Felice discenderà per l’Ofanto insieme con la vaporiera, dando vita nuova a tanta parte della nostra Italia irredenta? Sarà l’Avellino- Santa Venere un beneficio economico e sociale, come certamente è un miracolo dell’arte umana?” La Avellino-Ponte Santa Venere, soffre fin dall’avvio dell’esercizio di uno scarso rendimento economico. Già tre anni dopo l’inaugurazione, infatti, la stessa Società rileva che, a fronte delle 27 stazioni e fermate, “ciò che invece fa difetto sono gli elementi del traffico e le vie di comunicazione fra le stazioni ed i paesi” . Avviata con una frequenza giornaliera di tre treni, per una percorrenza dell’intero tratto di cinque ore, la ferrovia non riuscirà mai ad andare oltre il servizio locale tra i comuni dell’Irpinia, nemmeno dopo il settembre 1933, quando sarà dotata di automotrici diesel – le celebri “littorine” – al fine di garantire tempi di percorrenza più veloci e maggiore comfort per i viaggiatori.

    Periodo post bellico

    A seguito delle azioni belliche condotte nel territorio avellinese dal 13 settembre al 2 ottobre 1943, la ferrovia riporta significativi danni, non molto gravi per l’armamento ma piuttosto estesi per le sue opere d’arte, tra cui spiccano almeno cinque ponti in muratura di maggiori dimensioni.

    Gli anni ’50-’60

    Dopo una breve stagione di incremento di viaggiatori, in buona parte legata all’ emigrazione degli anni ’50-’60, la linea subisce una lunga chiusura a seguito dei consistenti danni subiti in occasione del terremoto dell’Irpinia del novembre 1980, che conduce alla sostituzione dell’armamento e alla ricostruzione di gran parte delle stazioni. In analogia con altre ferrovie secondarie italiane, le attuali prospettive della Avellino-Rocchetta appaiono segnate da un concreto rischio di abbandono e chiusura definitiva della linea, ritenuta improduttiva dall’ amministrazione delle Ferrovie e servita oggi da non più di tre treni giornalieri, sospesi nei giorni festivi e in estate, con sole 13 fermate attive e la gran parte delle stazioni soppresse.

    1995 ad oggi

    Celebrata in occasione del centenario della linea nel novembre 1995, con il viaggio di un treno storico, la ferrovia sembra dunque destinata ad un progetto di conservazione e valorizzazione che ne possa garantire la sopravvivenza attraverso un riuso compatibile. Prendendo a modello i numerosi interventi conservativi realizzati su ferrovie storiche, avviati nella Val d’Orcia e recentemente diffusi soprattutto in Italia settentrionale, la linea potrebbe essere destinata a fini turistici , promuovendo itinerari a carattere ambientale e paesaggistico all’interno del territorio dell’alta Irpinia. Tali iniziative, avviate a livello sperimentale (..)con il progetto Treni d’Irpinia, appaiono preferibili alle possibili “riconversioni” della linea in percorsi pedonali o piste ciclabili, che finiscono per tutelarne esclusivamente il tracciato, cancellando definitivamente la sua integrità tecnologica e, di conseguenza, gran parte dei suoi stessi valori storici.

    Le ricerche e gli studi continuando ancora oggi.Prossimamente illustreremo uno dei lavori condotti all’Università Federico II, dove l’attenzione viene posta ed incentrata sul recupero del territorio, studiando un possibile recupero della tratta, a livello sociale, paesaggistico e soprattutto economico, dimostrando a chi di competenza quanto possa essere di vitale importanza investire sull’intera regione -utilizzando- i mezzi e gli elementi che lo stesso territorio concede.

    http://www.terredellupo.it/2014/05/24/le-opere-darte-della-tratta-ferroviaria-avellino-rocchetta/

  48. 67 avellinorocchetta 25/05/2017 alle 3:42 PM


    Intervento del presidente di In_loco_motivi, Pietro Mitrione, durante la prima tappa di Estate in Irpinia 2017 e X giornata delle ferrovie non dimenticate, rilanciando la prossima riapertura della ferrovia Avellino-Rocchetta, da Rocchetta a Lioni per una tre giorni

  49. 68 avellinorocchetta 25/05/2017 alle 3:43 PM


    versione curata da Giuseppe Labruna che ha realizzato anche le riprese, attraverso cui ripercorre in chiave emozionale, dall’alto, tutti i meravigliosi paesi toccati dalla terza edizione di Estate in Irpinia. Una meraviglia!

  50. 69 avellinorocchetta 06/06/2017 alle 4:21 PM

    Voleva fare il medico, diventò capostazione. Da allora la sua vita è trascorsa sui binari. La laurea in Scienze Marittime gli é servita alla carriera, ma sempre lì, tra treni e stazioni. Con un sogno nel cassetto che grazie alle sue battaglie sta per diventare realtà: il ripristino dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio.

  51. 73 avellinorocchetta 09/07/2017 alle 4:44 PM

    http://www.orticalab.it/Nel-treno-di-Mitrione-il-sogno-di

    La riflessione
    Sul treno di Mitrione il sogno di Bonavitacola per l’Irpinia
    Quanto è bella questa terra! Ma ripeterlo non serve a niente, se non si fa qualcosa per preservare quella bellezza. E per valorizzarla. E renderla fruibile. E ricavarne ricchezza, a beneficio di chi vive in questo Paradiso di bellezza che al tempo stesso è anche un Inferno di giovani disoccupati, di progressiva emigrazione, di economia decadente. Lui, il Vice Governatore salernitano con il sangue irpino un rimedio l’ha pensato e coniugato con quello che è, da sempre, il progetto del “Capostazione”

    Venerdì, ospite a Bagnoli al convegno di quell’autentico gioiello irpino di tecnologia informatica che è Acca Software, il vice-presidente della giunta regionale della Campania, Fulvio Bonavitacola, ha esclamato: “Quanto è bella la mia Montella, quanto è bella l’Irpinia!”.

    Lo ha detto, poco prima di entrare nel salone delle conferenze, guardando attraverso un finestrone dell’elegante struttura aziendale il panorama stupendo che si apre agli occhi in contrada Rosole. Impossibile non convenire. Questa parte dell’Irpinia è davvero incantevole, una pennellata straordinaria della mano divina: doveva essere in forma e di ottimo umore, quel giorno, Nostro Signore.

    Altre volte ho sentito Bonavitacola parlare della sua (e nostra) Irpinia con tanto amorevole entusiasmo. Lui è nato ed è cresciuto a Salerno, ma le sue radici sono qui, il suo Dna è inconfondibilmente montellese doc.

    Diciamoci la verità. Non è impresa facile essere irpino e salernitano insieme. L’antica rivalità tra le etnie, esasperata dal “pallone”, ha sempre frenato l’integrazione culturale, sociale e politica delle due comunità. Bonavitacola è il prodotto di una perfetta fusione, al caldo dei buoni sentimenti, dell’irpino che si fa salernitano e viceversa. “Guarda che cosa straordinaria è questo mare di Salerno; non potrei farne a meno”, gli ho sentito dire un sabato di marzo davanti al Grand Hotel. Aveva negli occhi la stessa luce di esaltata soddisfazione che vi ho visto venerdì a Bagnoli, nel cuore del Terminio.

    Fulvio Bonavitacola: un salernitano al governo regionale che pensa ed opera “anche” per la sua Irpinia. Oltre tutto, con il pieno appoggio del “numero uno” di Palazzo Santa Lucia. E non solo perché Vincenzo De Luca, il Governatore, ha scelto Bonavitacola come “numero due” in virtù della stima e dell’affetto che gli porta dai tempi della comune militanza nell’ex Pci. La particolare disponibilità di De Luca per i problemi dell’Irpinia nasce anche da una circostanza che egli stesso ha pubblicamente confidato domenica scorsa, durante un convegno presso l’ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi: “Io sono di Ruvo del Monte, è qui vicino, difronte a Calitri. Sono cresciuto sentendo l’odore della terra. L’odore della terra sviluppa una particolare sensibilità verso le sofferenze dei più deboli. Qui, oggi, parliamo di Sanità. Il diritto alla salute va garantito a tutti, ma soprattutto ai più deboli. Il mio impegno per queste zone è l’impegno di chi conosce l’odore della terra”.

    Quanta è bella l’Irpinia! Ma ripeterlo non serve a niente, se non si fa qualcosa per preservare quella bellezza. E per valorizzarla. E renderla fruibile. E ricavarne ricchezza, a beneficio di chi vive in questo Paradiso di bellezza che al tempo stesso è anche un Inferno di giovani disoccupati, di progressiva emigrazione, di economia decadente.

    Eccolo il vero Grande Dramma dell’Irpinia, dell’Alta Irpinia in modo più eclatante e parossistico: un Paradiso che rischia di restare disabitato, come le migliaia di bellissime case del dopo-terremoto, che si sono via via svuotate e in molti casi mai nemmeno inaugurate. Il sogno dell’industrializzazione del “cratere”, ch’era un sogno straordinariamente ambizioso, negli anni si è trasformato in incubo. Intentare processi sarebbe anacronistico e fuorviante. Ne sono stati fatti fin troppi, con l’unico risultato di produrre polemiche anziché rimedi.

    Fulvio Bonavitacola, il salernitano con il sangue irpino, un rimedio l’ha pensato: bisogna puntare sulla Bellezza dell’Alta Irpinia. Si dirà: ma anche altri l’hanno pensato, perfino prima di lui. E’ vero. Se ne parla da anni. Ma ciò che distingue la pura accademia del pensiero dal pensiero che diventa azione è l’agire politico: è la volontà e la capacità di progettare e di dare concretezza ai progetti. I governi regionali della Campania hanno ospitato tanti altri irpini negli ultimi quarant’anni. Il governo Caldoro contemplava anche un irpino con la carica equivalente a quella dell’attuale vice-presidente. Ma non pare che Giuseppe De Mita abbia lasciato traccia del suo passaggio, almeno per l’Irpinia della “collettività”.

    Bonavitacola ha il merito di aver avviato un percorso concreto, senza doversi inventare nulla di trascendentale, semplicemente osservando il territorio, ed “ascoltando” – forse questo ha fatto la differenza – il suo cuore irpino. Egli sta facendo diventare progetto operativo un sogno che Pietro Mitrione – il “Capostazione” con tanto di laurea in Scienze Economcihe e Marittime, ma soprattutto tanto amore per la sua terra – ha raccontato per oltre trent’anni, senza mai essere ascoltato dal Palazzo, fino a quando Santa Lucia non ha ospitato gli attuali inquilini: il sogno del ripristino della ferrovia Avellino – Rocchetta Sant’Antonio.

    Il vice-presidente della Regione ha visto nel sogno di Mitrione una grande opportunità per far scoprire la Bellezza dell’Alta Irpinia, per valorizzare la sua potenzialità turistica. Un treno che parte da Avellino e raggiunge Rocchetta Sant’Antonio percorrendo chilometri di natura incontaminata è già un buon motivo per stimolare interesse. Se lungo la tratta si creano tante tappe, coincidenti con i territori ricchi di storia dei comuni della Valle del Calore e poi dell’Ofanto, quel motivo aumenta d’appeal. E se, infine, ad ogni stazione vengono messi in vetrina i tanti prodotti alimentari tipici dei luoghi, allora – sì – che si può seriamente pensare ad un articolato itinerario turistico con buone probabilità di successo. Beni ambientali, beni culturali, beni enogastronomici: un trinomio simbolicamente rappresentato e materialmente organizzato lungo i binari della storica ferrovia propiziata da Francesco De Sanctis.

    E’ questo il grande progetto di Fulvio Bonavitacola. Certo si è ancora soltanto all’inizio. L’estate scorsa c’è stato il primo approccio con l’apertura di un breve tratto di ferrovia e l’utilizzo di poche carrozze d’un treno d’epoca che hanno incorniciato lo SponzFest di Vinicio Capossela. Quest’estate si replica lungo un tratto leggermente più lungo. Una seconda prova tecnica che farà da preludio al progressivo e sempre più consistente impegno della Regione per programmare “un treno turistico stabile su un percorso straordinario”, come ama dire Bonavitacola.

    C’è volontà politica a sufficienza ed entusiasmo in abbondanza per la realizzazione di questo progetto. Soprattutto, c’è che lo ha preso a cuore anche il Governatore, uno che sotto la corteccia “tosta” nasconde sentimenti di sorprendente intensità. Perché è uno – parole sue – che ha sentito e mai ha smarrito “l’odore della terra”.

    Quanta è bella l’Irpinia! Proviamo a guardarla anche noi per come effettivamente è. E soprattutto a ripeterlo a noi stessi e a quanti ci capita d’incontrare, qui, in Italia, ovunque: “Quanta è bella l’Irpinia!”.

    La foto è dei giovani di Info Irpinia

  52. 74 avellinorocchetta 09/07/2017 alle 4:58 PM

    «L’Irpinia sia complementare alla città metropolitana di Napoli. Solo così potrà essere competitiva»: il nostro sviluppo visto da F.S.

    Carlo De Vito, irpino e numero 1 di Ferrovie dello Stato Sistemi Urbani, guarda al trasporto integrato e al rilancio di Rione Ferrovia: «La Stazione Irpinia è un ottimo esempio per capire che è fondamentale essere parte di un “nodo” per affrontare le sfide del futuro. La Stazione di Avellino dovrà diventare un hub intermodale». Sulla possibilità di vedere Bus Italia alla guida del trasporto pubblico provinciale: «L’Air è un’eccellenza, ma la compagnia bus di Fs vuole diventare uno dei primi player in Italia»

    «Ferrovie dello Stato Sistemi Urbani ha il compito di recuperare le aree ferroviarie trasformandole e, a volte, dedicandole ad altre destinazioni. Veniamo da un lavoro portato avanti su un milione di metri quadri di vecchi scali ferroviari in un sistema di aree per lo sviluppo della città e delle sue aspirazioni. Insieme ad alcuni architetti internazionali guardiamo al recupero di zone simili all’interno di molte città italiana, cercando di migliorare il costruito soprattutto per quanto riguarda il lato logistico e del trasporto delle persone. A Milano abbiamo lavorato per integrare le cinque linee metropolitane all’anello ferroviario che attraversa la città e all’Alta Velocità. Succede anche a Torino, Roma e a Napoli. presto incontreremo il Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, per rivoluzionare il parcheggio oggi utilizzato come terminal degli autobus. Sarò organizzato e strutturato con un accesso diretto dalla Tangenziale ed integrerà la nuova stazione della Vesuviana. Diventerà un centro di interconnessione tra sei sistemi ferroviari, i bus extraurbani ed il trasporto urbano per lanciare quell’area come erogatrice di servizi strategici».

    Carlo De Vito, irpino e Presidente di Fs Sistemi Urbani, ci ha spiegato chiaramente e con esempi estremamente attuali le leve d’azione della società che guida. C’è grande attenzione agli hub strategici per il trasporto all’interno del territorio italiano. Ma per una città piccola come Avellino quali sono le prospettive?
    «Nelle cittadine medio piccole, più che in altre realtà, al “cappello” pubblico bisogna affiancare la mano privata per opere capaci di recuperare l’investimento. La priorità è quella di non lasciare abbandonato queste fette di Paese. Nello specifico, ad Avellino lavoriamo su una superficie di trenta ettari da presidiare e rilanciare. Un’opera da portare avanti insieme al potenziamento ferroviario che collegherà il capoluogo alla direttrice Benevento-Salerno-Napoli. Avellino non è attraversata da grandi assi ferroviari, ma deve affermarsi in quelli secondari, a partire da quello che porta a Benevento e Salerno. Bisogna, però, ottimizzare l’utilizzo del treno senza dimenticare l’importanza del trasporto ferroviario su gomma e determinare il giusto completamento: ovviamente il treno costa di più rispetto ad un pullman. Guardiamo a Napoli, ad oggi la linea attuale consentirebbe lo stesso tempo di percorrenza rispetto al trasporto su gomma. Il Trasporto Pubblico Locale è assistito da finanziamenti pubblici che vanno divisi tra le varie tipologie: aumentare da un lato porta tagli dall’altro».
    Utilizzare al meglio i finanziamenti, disporre un piano bilanciato in quanto alla gestione e alle tipologie di trasporto urbano ed extraurbano. Questo, secondo il suo parere, per far cosa?
    L’Irpinia deve candidarsi ad essere un’area di complementarietà con Napoli, c’è poco da fare. Non possiamo, banalmente, pensare di metterci a competere con una città metropolitana . Quindi bisogna mettersi produttivamente a traino di un centro che rappresenterà il futuro ed il fulcro dei servizi economici e finanziari sia nel Sud Italia che in Italia. Tra un po’ la competizione non sarà più tra Nazioni, ma tra città metropolitana seguendo la logica del bigger-better. Quindi, restiamo legati a Napoli, pur mantenendo le nostre specialità. Siamo un’area interna, possiamo ospitare servizi alternativi a quelli di Napoli, anche perché abbiamo ampi spazi da sfruttare. In quest’ottica i trasporti non vanno scollegati dal riassetto del territorio, ma essere uno dei motivi per evitare lo spopolamento. Bisogna, quindi, riuscire ad essere un segmento all’interno delle grandi tratte, penso a quelle che vanno a Napoli e a Roma. Un grosso passo avanti in questo senso è dato dalla Stazione Irpinia dell’Alta Capacità che mette la Provincia all’interno di un importante asse di trasporto ferroviario, interconnesso con l’A16 e con l’arteria che porta a Contursi Terme. Il futuro è essere presenti nelle reti, ma sarà ancora più importante essere nei nodi. Quelli rappresentano il livello più alto…»

    Presidente, lei parla di nodi. Avellino punta a rilanciare un “piccolo nodo” come Rione Ferrovia e la sua stazione. Magari, Ferrovie dello Stato, con Bus Italia potrebbe diventare l’unico player in questo senso. Questo, ovviamente, al netto della gara europea che riguarderà il trasporto urbano su gomma…
    «Parliamo di un territorio all’interno del quale opera una società sanissima come l’Air, l’unica ad avere un bilancio in attivo se si guarda al mercato campano. Bus Italia, la compagnia di Fs, si candida a diventare uno dei primi player italiani, cercando di conquistare il 25-30% del mercato. Rione Ferrovia può diventare un hub a prescindere dalla nostra presenza nel trasporto su gomma: è un’area di scambio che garantirebbe Rione Ferrovia può diventare un hub a prescindere dalla nostra presenza nel trasporto su gomma: è un’area di scambio che garantirebbe l’intermodalità delle tipologie di mezzi, visto che sarà servito anche dalla metropolitana leggera. Il futuro delle città passa anche dall’utilizzo del mezzo pubblico, disciplina nella quale gli avellinesi non primeggiano. Car e bike sharing sono ancora lontani dal loro utilizzo. Bisogna far capire ai cittadini che queste modalità di trasporto possono migliorare la qualità della vita ed abbattere i costi rispetto ai normali consumi. In America sperimentano l’hyper-loop, quindi dobbiamo fare anche qualche passo avanti».

    Venendo alle tipologie di trasporto: la metropolitana leggera di Avellino è un qualcosa che ben si sposa con la modernità?
    «Non mi esprimo sul caso specifico. In Italia abbiamo un problema riguardante le opere pubbliche e che tocca, in maniera ancor più pesante, quelli che riguardano i trasporti. Se un’opera come la metropolitana leggera nasce con 15 anni di ritardo rischia di uscire fuori contesto, visto che, nel campo del trasporto, le novità vanno avanti con una velocità tremenda. Sarà appetibile? Sarà il mercato a dirlo. E’ appetibile tutto ciò che produce ricavi».
    Torniamo, in ultima battuta, all’argomento iniziale: quale saranno i primi passi per la definizione del percorso che valorizzerà i manufatti di archeologica industriale che impreziosiranno la Stazione di Avellino?
    «La volontà è quella di realizzare un parco di archeologia industriale. Noi abbiamo data ampia disponibilità all’Amministrazione Comunale che, da par suo, è determinata a portare avanti questa idea. Entro il termine dell’estate definiremo un protocollo d’intesa per mettere in atto il primo step del progetto».

    da orticalab

  53. 75 avellinorocchetta 15/07/2017 alle 7:54 am

    A DISTANZA DI UN ANNO VOGLIO RICONFERMARTI LA MIA STIMA E RICONOSCENZA.
    G R A Z I E
    pIETRO mITRIONE

    Caro Luigi FAMIGLIETTI,
    quando ti parlai per la prima volta delle ferrovie abbandonate in Italia non parlammo della sola Avellino Rocchetta ma delle tante tratte ferroviarie che colpevolmente furono considerate “rami secchi” e quindi da dismettere. Accettasti di buon grado di essere il primo firmatario per presentare un DDL per il recupero di queste tratte ferroviarie in disuso. Parte delle nostre proposte, che venivano dal più ampio movimento per il recupero di queste ferrovie, furono alla base della tua proposta. Di lì continuò un proficuo rapporto anche con le altre associazioni che ha consentito l’unificazione di altre analoghe proposte. Spero che quel DDL possa passare dalla fase di lavoro in Commissione e quindi approdare in Parlamento per la sua approvazione. A quel punto tutto il movimento delle associazioni, nate per il recupero delle ferrovie in abbandono, avrà un riferimento normativo nazionale per far rivivere queste tratte ferroviarie, che per la maggior parte rappresentano la parte appenninica della nostra Nazione. Ed ecco che arriviamo alla nostra “Rocchetta”. Stavamo a Lapio per festeggiare i 120 anni della costruzione della Avellino Rocchetta. Eravamo in tanti, Info irpinia, Touring Club Italiano, Panta rei, in_loco_motivi. Doveva essere una giornata di festa e di speranza per il suo rilancio. A conclusione della giornata, durante un convegno organizzato dal Comune di Lapio, avemmo notizia della imminente richiesta da parte di RFI per la dismissione della tratta. Era la fine si dcriveva il certificato di morte per la Avellino Rocchetta. Erano presenti a quel convegno la quasi totalità della deputazione irpina, Famiglietti Luigi, Giancarlo Giordano, D’Agostino Angelo Antonio, il vice governatore della Campania Fulvio Bonavitacola ed altri rappresentanti di associazioni ed enti locali. Fu un colpo tremendo per tutti. Ma proprio quella sera, a mio avviso, si scrisse una bella pagina per la politica irpina. Tutti sottoscrissero un documento perchè dismissione non ci fosse e che si sarebbe iniziato un virtuoso percorso per un rilancio a fini turistici della tratta. Era ottobre del 2015. Da quella serata i nostri contatti sono diventati quasi quotidiani, il tuo impegno è stato fondamentale perche il 14 luglio 2016 si arrivasse alla firma di questo protocollo d’intesa. Di questo voglio, a nome personale e della Associazione in_loco_motivi, dartene pubblico ringraziamento. Vigileremo perchè si possa completare l’iter entro il 2017 in modo da ricordare, coerentemente, Francesco De Sanctis in occasione del 2oo* della sua nascita, magari arrivando a Morra De Sanctis con il suo treno.

  54. 76 avellinorocchetta 31/07/2017 alle 4:42 PM

    bentornata Mariarosa………. nella “donnaccia” Irpinia!

    Dopo 50 anni Mariarosa, la protagonista del film la “donnaccia”, decide di far ritorno a Cairano. E’ ancora una donna avvenente, nonostante l’età. L’accompagna nel ritorno verso il proprio paese d’origine il ricordo di una vita intrisa di fatica e di tristezza. La stanchezza del lungo viaggio è superata, però, dall’entusiasmo di rivedere luoghi e facce conosciute. L’ultimo tratto del viaggio quello in treno da Foggia a Conza è il più faticoso: si lascia a Foggia la ferrovia che conta ed inizia quella che porta nei poveri territori del lavoro contadino. Ne ricorda ancora i rumori, il paesaggio, il fiume Ofanto, la stazione di Rocchetta, dove deve scendere per trovare la coincidenza per la stazione di CONZA/ANDRETTA/CAIRANO. E’ un brulicare di emozioni e di sensazioni nuove che fanno diventare brevissimo il viaggio da Foggia a Rocchetta. Il treno si ferma nella stazione di questo paese che una volta apparteneva alla provincia di Avellino.Scende e si guarda intorno mentre il treno riparte. Resta da sola nel silenzio assordante che la circonda. Non un bar, non una persona cui chiedere informazione. Cerca di capire come poter continuare il suo viaggio. Cammina lungo il marciapiede che tante volte, per il passato, ha percorso ed quasi come una automa si trova davanti a quella che una volta era la biglietteria. E’ sbarrata! Ritorna sui suoi passi e si reca nell’unico ufficio rimasto aperto. Un omino solitario, nell’immensità, della stazione, è l’unico essere umano presente in quella struttura che una volta brulicava di tante persone che portavano sulle spalle le famose “valigie di cartone” degli emigranti. Chiede a quest’uomo che indossa la divisa di ferroviere come poter raggiungere Cairano. Il “capostazione” di fronte a questa richiesta resta sbalordito ma ancor di più preoccupato. Sbalordito perché è da anni che la ferrovia Avellino Rocchetta è chiusa e preoccupato perché sa di essere impotente a dare assistenza a questa arzilla vecchietta. Con aria addolorata dice: il proseguimento non esiste, niente da fare: i decisori politici hanno stabilito che la ferrovia dell’Alta Irpinia, la famosa Avellino RocchettaS.A./Lacedonia dovesse chiudere in quanto non trasportava persone in numero sufficiente e quindi non c’era più bisogno di questo mezzo di trasporto. Ma almeno c’è qualche bus per raggiungere Conza o Lioni? ribatte Mariarosa. Niente da fare il viaggio per chi vuole proseguire per i paesini dell’alta Irpinia finisce nel deserto della stazione di Rocchetta. Un telefono per poter avvisare i familiari a Cairano? impossibile: niente telefono pubblico e niente funzionamento di telefoni cellulari, non c’è “campo” dice sconsolato il povero capostazione. Nell’era della globalizzazione esistono ancora posti simili sulla terra, ammette quasi piangendo! A Mariarosa sembra di essere ripiombata ancora una volta nell’arretratezza e nella povertà che caratterizzavano gli anni 50/60, quelli della sua gioventù e si intristisce. La vecchia “littorina” non la condurrà a Cairano, non potrà rivedere i tanti paesi che affollavano i suoi ricordi, tutto resterà un ricordo. Le verrebbe da chiedere, provocatoriamente ma almeno un mulo! quello stesso che la condusse dalla stazione di CONZA/ANDRETTA/CAIRANO su al paese quando fece ritorno per la prima volta dopo il viaggio verso il “benessere” dell’Italia del Nord. Vorrebbe gridare la sua rabbia, la sua delusione ma l’atavica educazione contadina prende il predominio per non offendere quell’omino che, da solo, in quel desolato luogo rappresenta lo Stato. Ancora una volta, come tante volte per il passato, la proverbiale disponibilità dei ferrovieri, quelli che in queste piccole stazioni erano riferimenti quasi “familiari” per chi prendeva il treno, fa superare ogni difficoltà: sarà lui ad accompagnare Mariarosa a Cairano. Anche a nome degli amici di in_loco_motivi ti diciamo: bentornata Mariarosa. Immagino quante “storie” avrai raccontato al mio amico ferroviere. Scusaci, se puoi, per come abbiamo ridotto la nostra Irpinia e……… mi raccomando cerca di stare bene durante il tuo soggiorno perché qui hanno chiuso anche gli ospedali, siamo ritornati a 50 anni fa. In questo racconto di fantasia c’è solo il ritorno di Mariarosa, il resto è, purtroppo, la triste ed invereconda realtà della odierna nostra Irpinia.
    luglio 2013
    pietro Mitrione

  55. 77 avellinorocchetta 03/08/2017 alle 8:46 am

    UN SOGNO CHE DIVENTA LEGGE DELLO STATO

    La Commissione Lavori pubblici del Senato, oggi 2 agosto 2017, ha approvato, in sede deliberante, nel testo trasmesso dalla Camera dei deputati, il disegno di legge n. 2670 recante disposizioni per l’istituzione di ferrovie turistiche.
    La proposta di legge sulle ferrovie turistiche è finalmente LEGGE DELLO STATO fra queste anche la nostra Avellino Lioni Rocchetta…
    Dopo tanto impegno e passione una legge dello Stato riconosce la validità della lotta portata avanti dal mondo dello associazionismo.
    Per noi di in_loco_motivi c’è forte soddisfazione nel vedere conferita alla nostra ferrovia Ofantina anche il riconoscimento da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di bene di particolare interesse storico e culturale.
    Nell’anno del bicentenario della nascita di Francesco De Sanctis, l’uomo politico irpino che fortemente ne volle la costruzione, questi provvedimenti segnano una netta inversione di tendenza in quanto si determinano condizioni per portare alla ribalta turistico/culturale tantissimi luoghi posti fuori dai classici itinerari turistici attraverso l’uso di treni storici, proprio come è accaduto con la parziale riapertura della tratta in occasione dello Sponz Fest di Vinicio Capossela cui va riconosciuto merito per questi riconoscimenti unitamente al regista del film ULTIMA FERMATA, Giambattista Assanti. Si tratta, sicuramente, di un riferimento normativo che può contribuire allo sviluppo turistico della nostra Irpinia.
    La nostra Associazione, in_loco_motivi, ringrazia tutta la deputazione irpina, in particolare l’on. Luigi Famiglietti, la stampa e i tanti amici che hanno condiviso il nostro percorso per non far morire la Avellino Rocchetta e rivolge un commosso saluto all’indimenticabile Agostino Della Gatta, strenuo sostenitore di questa battaglia.
    Spetta ora alla regione Campania dare continuità al suo impegno per la riattivazione della intera tratta…
    L’appuntamento è per il 25 26 e 27 agosto per viaggiare da Lioni a Rocchetta sui binari dell’Alta Irpinia a bordo del treno storico di Fondazione Fs in occasione dello “Sponz Fest 2017” di Calitri.
    Un’esperienza di viaggio unica per conoscere l’Irpinia di Oriente.
    Pietro Mitrione

  56. 78 avellinorocchetta 03/08/2017 alle 8:47 am

    La Commissione Lavori pubblici del Senato, oggi 2 agosto 2017, ha approvato, in sede deliberante, nel testo trasmesso dalla Camera dei deputati, il disegno di legge n. 2670 recante disposizioni per l’istituzione di ferrovie turistiche.
    La proposta di legge sulle ferrovie turistiche è finalmente LEGGE DELLO STATO fra queste anche la nostra Avellino Lioni Rocchetta…
    Dopo tanto impegno e passione una legge dello Stato riconosce la validità della lotta portata avanti dal mondo dello associazionismo.
    Per noi di in_loco_motivi c’è forte soddisfazione nel vedere conferita alla nostra ferrovia Ofantina anche il riconoscimento da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di bene di particolare interesse storico e culturale.
    Nell’anno del bicentenario della nascita di Francesco De Sanctis, l’uomo politico irpino che fortemente ne volle la costruzione, questi provvedimenti segnano una netta inversione di tendenza in quanto si determinano condizioni per portare alla ribalta turistico/culturale tantissimi luoghi posti fuori dai classici itinerari turistici attraverso l’uso di treni storici, proprio come è accaduto con la parziale riapertura della tratta in occasione dello Sponz Fest di Vinicio Capossela cui va riconosciuto merito per questi riconoscimenti unitamente al regista del film ULTIMA FERMATA, Giambattista Assanti. Si tratta, sicuramente, di un riferimento normativo che può contribuire allo sviluppo turistico della nostra Irpinia.
    La nostra Associazione, in_loco_motivi, ringrazia tutta la deputazione irpina, in particolare l’on. Luigi Famiglietti, la stampa e i tanti amici che hanno condiviso il nostro percorso per non far morire la Avellino Rocchetta e rivolge un commosso saluto all’indimenticabile Agostino Della Gatta, strenuo sostenitore di questa battaglia.
    Spetta ora alla regione Campania dare continuità al suo impegno per la riattivazione della intera tratta…
    L’appuntamento è per il 25 26 e 27 agosto per viaggiare da Lioni a Rocchetta sui binari dell’Alta Irpinia a bordo del treno storico di Fondazione Fs in occasione dello “Sponz Fest 2017” di Calitri.
    Un’esperienza di viaggio unica per conoscere l’Irpinia di Oriente.
    Pietro Mitrione

  57. 79 avellinorocchetta 03/08/2017 alle 8:49 am

    Approvata la Legge per le ferrovie turistiche!
    La soddisfazione della nuova Alleanza per la Mobilità Dolce e delle associazioni per le Ferrovie Turistiche.
    Oggi 2 agosto 2017, il Senato della Repubblica, ha approvato all’unanimità nella Commissione Trasporti la nuova legge per lo sviluppo e tutela delle ferrovie turistiche – in sede deliberante e senza modifiche – che in questo modo è finalmente diventata Legge dello Stato. “Grande soddisfazione hanno espresso la Federazione Italiana delle Ferrovie Turistiche e Museali e la nuova Alleanza per la Mobilità Dolce – hanno commentato Anna Donati ed Alberto Sgarbi -che da anni si sono impegnate per questo importante risultato! E che adesso vigileranno per la sua rapida attuazione e lo sviluppo dei treni e servizi turistici nel nostro “Belpaese”
    La discussione sul Progetto di Leggen. 2670 “Disposizioni per l’istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico” era partita al Senato a febbraio 2017 dopo l’approvazione alla Camera.
    Infatti Il testo era arrivato dalla Camera dei Deputati dove, a fine gennaio 2017, era stato approvato all’unanimità dall’Aula, dopo un intenso lavoro che era stato svolto nella Commissione Trasporti, con audizioni, il confronto ed animate discussioni. Il testo era partito da un Progetto di Legge della deputata Iacono e la relatrice del provvedimento è stata la deputata Mura che si è molto impegnata per far uscire un testo adeguato per lo sviluppo delle ferrovie turistiche. Ma il sostegno e l’impegno è stato davvero corale e trasversale a questo provvedimento e va rammentato.
    La Federazione delle Ferrovie Turistiche e Museali insieme alla Alleanza per la Mobilità Dolce hanno seguito insieme l’iter di questo provvedimento sulle ferrovie turistiche e ritengono il testo approvato dalla Camera un testo utile. Certo non mancano le criticità, come il ruolo troppo debole delle associazioni di volontariato, una precisa indicazione ad ANSF perché predisponga un regolamento agile per l’esercizio ferroviario turistico, le risorse che devo essere ritrovate nel Contratto di Programma di RFI-FS per gli investimenti e non sarà facile.
    Certamente positiva è la prima lista già contenuta nel testo di 18 linee ferroviarie sospese o dismesse dal nord al sud del paese da trasformare in ferrovie turistiche, a cui altre ovviamente si potranno e dovranno aggiungere. Altro elemento di novità è l’introduzione, tra gli articoli del testo, del ferrociclo (il velorail italiano) come una possibilità da avviare e regolare.
    Al Senato la discussione in Commissione si era avviata con la relazione della senatrice Laura Cantini, che è stata nominata la relatrice del provvedimento. Dato questo molto positivo perché la sen. Cantini è attenta al mondo delle ferrovie turistiche ed aveva già presentato un proprio provvedimento sulle ferrovie turistiche e la mobilità dolce.
    L’articolato si occupa di linee e servizi turistici, del materiale rotabile storico idoneo per circolare, delle stazioni e le relative opere d’arte e pertinenze, che restano nella disponibilità dei soggetti proprietari o concessionari, che sono responsabili del mantenimento in esercizio, nonché della manutenzione, della funzionalità e della sicurezza.
    L’articolo 5 detta le norme per l’affidamento dei servizi di trasporto turistico e di tutte le attività commerciali connesse da parte delle amministrazioni competenti mentre l’articolo 6 demanda la definizione dei livelli di sicurezza, che devono essere garantiti per la circolazione dei rotabili storici e turistici e dei rotabili ordinari sulle tratte turistiche, all’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie. Altri articoli riguardano i soggetti che hanno in gestione i servizi di trasporto turistico e le attività commerciali, nonché la necessaria integrazione delle iniziative turistico-ricreative con la promozione e valorizzazione del territorio, svolte dagli enti locali interessati.
    Diversi mesi sono stati impegnati, dopo la discussione in Commissione, per l’espressione dei pareri previsti dal regolamento del Senato, in particolare quello della Commissione Bilancio, che ha voluto approfondire insieme al MEF ed alla Ragioneria gli aspetti di copertura finanziaria. Dopo alcune settimane è finalmente arrivato il parere positivo. La Commissione Trasporti aveva già deciso la sede deliberante, ottenuta con il sostegno di tutti i gruppi politici, grazie alla quale la legge sarebbe stata approvata direttamente in Commissione in sede legislativa, senza il passaggio in Aula. Una procedura speciale che si adotta solo se c’è l’intesa e il consenso di tutte le forze politiche, e che ha portato oggi alla definitiva approvazione della legge.
    Adesso il testo dovrà essere pubblicato in Gazzetta ufficiale per diventare una Legge dello Stato e questo avverrà nelle prossime settimane.
    Come Alleanza per la Mobilità Dolce insieme alla Federazione Italiana Ferrovie Turistiche e Museali continueremo a seguire l’attuazione della norma perché il lavoro da fare è notevole. Ma, finalmente, un passo in avanti sul “treno dei desideri” è stato fatto anche in Italia!
    2 agosto 2017

  58. 80 avellinorocchetta 04/08/2017 alle 4:15 PM

    http://webtv.camera.it/evento/9019

    il Senato della Repubblica, ha approvato all’unanimità nella Commissione Trasporti la nuova legge per lo sviluppo e tutela delle ferrovie turistiche – in sede deliberante e senza modifiche – che in questo modo è finalmente diventata Legge dello Stato. “
    Adesso il testo dovrà essere pubblicato in Gazzetta ufficiale per diventare una Legge dello Stato e questo avverrà nelle prossime settimane.
    Io ed Agostino ci saremmo abbracciati….
    una battaglia per le tante ferrovie dimenticate fra queste la nostra Avellino Lioni Rocchetta

  59. 82 avellinorocchetta 07/08/2017 alle 4:57 PM


    ULTIMA FERMATA

    UN FILM DI GIAMBATTISTA ASSANTI

    CON

    CLAUDIA CARDINALE LUCA LIONELLO
    Francesca Tasini Nicola Di Pinto

    Prodotto da Francesco Dainotti, Silvia Bianculli, Paolo Coviello, Enzo Iannone, una produzione Gekon Productions con la collaborazione di Atalante Film, distribuito da Stemo Production.

    SINOSSI BREVE
    Rocco (Luca Lionello) ritorna nel suo piccolo paese d’origine in occasione della morte del padre, storico capotreno della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta S. Antonio, che non sentiva ormai da molto tempo. L’incontro con Nina (Francesca Tasini), un amore giovanile dimenticato, con Rosa (Claudia Cardinale) e con gli abitanti del paese, porteranno il giovane a comprendere le complesse dinamiche che animavano il vecchio padre, riscoprendo anche se stesso.
    SINOSSI LUNGA
    Ultima fermata è la storia di alcune generazioni di uomini e donne, le cui vite sono state scandite dai passaggi di una linea ferroviaria, presto entrata nel mito e nella leggenda di una terra del sud. Un treno che, a partire dal secolo scorso, ha assistito come muto spettatore a partenze e arrivi, amori e abbandoni, gioie e dolori di intere famiglie. Alcune partite per andare lontano, in cerca di fortuna, altre rimaste per onorare un giuramento con la propria terra.
    Rocco Capossela, capitano dell’Arma a Torino, torna nel sud, in occasione dei funerali del padre Domenico, capotreno della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta S. Antonio, oggi definitivamente ferma, in attesa dell’ormai inevitabile decreto di chiusura.
    Qui, lentamente e inconsapevolmente, prende coscienza di sé attraverso la scoperta di un diario segreto che il padre, in vita, aveva redatto e scritto, tentando invano di incrociare e incontrare il fratello maggiore, Francesco, con il quale vive da anni un rapporto di enigmatico silenzio. Attraverso le parole di Domenico Capossela, Rocco comprenderà quegli abbracci mancati e quelle misteriose incomprensioni che hanno caratterizzato gli ultimi anni di vita del padre. Ma, soprattutto, Rocco scoprirà che il padre, in questi anni, aveva raccontato a tutti di avere un figlio ingegnere delle ferrovie, colui che un giorno avrebbe salvato il treno e la ferrovia da un’inesorabile chiusura.
    Con un’altra vita addosso e con una curiosità in crescendo, Rocco incontrerà e conoscerà alcuni amici del padre, ripercorrendo paesi e borghi “toccati” dalla ferrovia. Una galleria commovente, straordinaria e a tratti divertente di persone e racconti popoleranno i pochi giorni di permanenza di Rocco. Un simpatico e zoppicante ferroviere nella solitaria stazione di Rocchetta, un profetico frate cieco nell’antica Abbazia del Goleto di Sant’Angelo dei Lombardi, un sindacalista senza più patria a Cerignola, un prete bizzarro, un ruspante e semplice contadino a Rocchetta S. Antonio e, infine, Rosa, un amore straordinario e tenero di Domenico. Ma sarà grazie all’incontro con Nina, un nostalgico amore giovanile perso e ritrovato, che Rocco imparerà meglio a conoscere se stesso e il fratello Francesco con cui avvierà una timida quanto inevitabile riconciliazione.
    Quelle che fino a pochi giorni prima, per Rocco, sembravano essere certezze, si dissolvono l’una dopo l’altra, lasciando spazio nel suo animo ad emozioni inedite che faranno di Rocco un uomo nuovo. Un viaggio attraverso i luoghi del padre che diventa anche un viaggio dell’anima attraverso la riscoperta della propria storia e nelle proprie tradizioni.
    Dall’estate del ’65 ai giorni nostri, infatti, la storia ufficiale della ferrovia e del suo treno, l’Avellino Rocchetta S. Antonio, si incrocia con la storia privata del suo capotreno, Domenico Capossela. Un uomo, un ferroviere che viene ricordato come colui che fischiava le partenze dei treni in ritardo, quei treni che portavano via uomini e donne verso terre lontane, intere famiglie che forse non vi avrebbero più fatto ritorno. Domenico ha trascorso parte della sua vita a scrutare commosso, con il fischietto che gli ciondolava tra le labbra, saluti e abbracci.
    E, per ogni abbraccio, ha sempre tentato di regalare un attimo di eternità ritardando il fischio.

    ULTIMA FERMATA

    Ultima fermata è un ritratto corale dell’Italia di ieri e di oggi. Grazie all’utilizzo di materiali di repertorio, il film fotografa un paese in grado di risollevarsi grazie alle piccole realtà rurali che lo compongono, destinate a sparire inesorabilmente senza quella linea ferroviaria che, a lungo, ha garantito un tramite con il mondo esterno.
    Proprio grazie all’opera prima di Giambattista Assanti, fortemente voluta dal produttore Francesco Dainotti, si è finalmente riaperto il dibattito sulla riapertura dell’Avellino-Rocchetta S. Antonio.

    Il film è stato candidato ai David di Donatello 2016 nella categoria Migliore Attrice non Protagonista per il ruolo di Claudia Cardinale. Ha vinto: il Premio Miglior film Sanese d’Oro al Terre di Siena Film Festival 2015; il Premio LOG TO GREEN MOVIE AWARD per l’ecocompatibilità e responsabilità sociale; il Premio miglior attore non protagonista per Sergio Assisi al Film Festival di Santa Marinella.
    È stato, inoltre, selezionato al Taormina Film Festival, al PKO Off Camera International of Indipendent Film Festival di Cracovia, all’International Film Festival di Dublino e presentato all’Istituto di Cultura Italiana a Parigi.

    NOTE DI PRODUZIONE
    “Quando Giambattista Assanti mi ha proposto di collaborare alla produzione di Ultima fermata, raccontandomi il film e facendomi leggere il soggetto, sono subito rimasto colpito dalla trama poetica e visionaria con la quale raccontava il film e dall’amore che emergeva palpabile per la sua terra. Mi ha raccontato di questa tratta ferroviaria, l’Avellino Rocchetta S. Antonio – fortemente voluta da Francesco Saverio De Sanctis, volano di sviluppo per il sud alla fine dell’800 – che attraversava tre regioni, Campania, Basilicata e Puglia. La sospensione/chiusura di questa nel 2010, sembrava rappresentare perfettamente, per uno strano gioco del destino o della storia, la parabola paradigmatica del mancato sviluppo del Meridione d’Italia.
    Ultima fermata può rappresentare la storia della desertificazione economica e demografica e, forse, anche culturale, di un’Italia oggi considerata “minore”, che certo minore non è.
    Così, ho deciso di cogliere questa sfida, dovendo superare numerosi problemi e gettando il cuore oltre l’ostacolo, munito di una sana incoscienza e dell’amore che provo per le mie origini culturali e per il cinema. Con l’aiuto di altri produttori come Bianculli, Coviello e Iannone, anche loro irpini come il regista, ho vissuto il tutto come la lunga gestazione di figlio alle prese con gioie e paure che naturalmente il lavoro comporta.
    La storia produttiva di questo film indipendente, che non ha usufruito di alcun finanziamento pubblico, inizia nel 2013 e si realizza con l’uscita nelle sale cinematografiche nell’ottobre 2015, con la presentazione a festival nazionali ed internazionali dove abbiamo avuto anche diversi riconoscimenti.
    Ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza la passione visionaria di Giambattista Assanti, senza il supporto artistico e professionale di attori e attrici quali Luca Lionello, Francesca Tasini, Nicola Di Pinto, Giovanni Mancini, Maurizio D’agostino e alla splendida e magnifica Claudia Cardinale, affiancati ad attori non professionisti ricercati sul territorio – ai quali mi sento legato da un sentimento di assoluta stima e riconoscenza. Inoltre, il cast tecnico ha visto partecipare Dario Germani autore della fotografia, Giogiò Franchini al montaggio, mentre per le musiche ho avuto l’onore di avvalermi della collaborazione di Paolo Jannacci, Franco Eco, Flo e i Sineterra.
    Ma mi corre l’obbligo morale di ringraziare tutta la popolazione di Rocchetta S. Antonio con le sue amministrazioni e con le sue associazioni, tra cui LiberaMente, e tutti i paesi attraversati dalla tratta ferroviaria Avellino Rocchetta S. Antonio”.
    (Francesco Dainotti)

    LA GEKON PRODUCTIONS

    La Gekon Productions è una società fondata da Francesco Dainotti per la realizzazione del film Ultima fermata di Giambattista Assanti. Dopo alcune esperienze nel mondo dello spettacolo, come attore e sceneggiatore, Dainotti decide di intraprendere la strada della produzione. A spingerlo è la passione per il cinema e per la sua terra. Il film, infatti, esordio alla regia del giovane Assanti, è un ritratto corale dell’Italia rurale meridionale dagli anni Cinquanta ad oggi. Protagonista indiscusso è, senza dubbio, la tratta ferroviaria Avellino Rocchetta S. Antonio che, in tanti anni di attività, ha avuto il merito di collegare tre delle più importanti regioni meridionali (Campania, Basilicata e Puglia) con il resto del mondo. La chiusura definitiva nel 2010 ha sconvolto le vite di molti cittadini, relegati nell’isolamento dei loro paesini. Grazie al film, però, si è finalmente riaperto il dibattito sulla riapertura della tratta, alimentando speranze che sembravano ormai infrante.

  60. 85 avellinorocchetta 30/08/2017 alle 4:32 PM

    UNA LUCE NUOVA, una luce in più
    Una delle cose che più mi ha colpito, tra le tante meravigliose scenografie “costruttviste” pensate e realizzate dall’arch. Enzo Tenore per lo Sponz ’17, c’è l’illuminazione installata lungo la via che da Torre di Nanno porta a Piazza Repubblica.
    Non solo le grotte e gli anfratti sono stati evidenziati nella loro straordinaria bellezza, ma soprattutto le case, ferite dal terremoto e dalla frana conseguente, hanno di nuovo “acceso” le loro luci.
    Da quelle stanze illuminate io ho avvertito nitida una speranza di vita, una possibilità nuova.
    E’ in sintesi questo il messaggio che da anni, attraverso il festival, cerchiamo di trasmettere alle genti che abitano l’alta irpinia. Tentare di illuminare un percorso possibile per chi, dopo che i riflettori si sono spenti su un festival che ha indubbiamente attirato un’attenzione “nazionale” e ha mosso verso questa terra migliaia di persone, ragazzi, giovani in particolare, continua a viverci, spesso tra tante difficoltà e senza particolari prospettive.
    Io credo che dopo cinque anni di Sponz le cose in alta irpinia stiano finalmente iniziando a cambiare.
    Intanto sono certo che ci sia maggior consapevolezza di quanto sia ricco di bellezza, un territorio fatto di arte, storia, cultura, paesaggio, ambiente e prodotti della terra. Chi ha avuto modo di scoprirle attraverso lo Sponz non può che diffondere un immagine positiva di questi luoghi, che nulla hanno da invidiare alle molto più blasonate terre dell’Umbria, della Toscana, o di tante altre regioni italiane che hanno fatto del loro territorio un volano per una crescita turistica ed economica.
    Iniziare a crederci significa quindi trovare la forza e il coraggio di compiere quelle scelte, individuali e collettive, che contribuiscano a fare di questi luoghi un laboratorio d’arte, cultura, musica, accessibili tutto l’anno.
    Le tante grotte di Calitri potrebbero offrire spazio alle più svariate iniziative, anche imprenditoriali.
    Le case del centro storico, che in tanti hanno iniziato a sistemare, possono valorizzarsi attraverso un incentivo alla loro ristrutturazione. Potrebbero essere utili non solo per essere riabitate, ma anche come alloggi, B&B, attività di accoglienza in genere.
    Il treno, che durante i giorni dello Sponz ha ripreso vita trasformandosi in laboratorio letterario artistico, dopo tanti anni ha dimostrato che può portare gente, anziché portarla via.
    Le mura dei tanti paesini arroccati sui promontori, con le loro fontane, i loro sentieri, i loro castelli, offrono al viaggiatore mete di sicuro interesse nazionale.
    Ieri leggevo un bellissimo pezzo su un giornale irpino che invitava a “crederci”.
    Io mi associo a questo invito e prego i ragazzi, i cittadini, le istituzioni a non fermarsi. A non aspettare il prossimo Sponz, che certo ci sarà e che magari potrà trovare anche una parentesi invernale. Non è con una sua continua e impossibile riproposizione che si può offrire una prospettiva duratura nel tempo.
    Solo attraverso una sinergia di intenti e di volontà è possibile raggiungere grandi traguardi.
    E questi traguardi, che forse prima erano solo un sogno lontano, oggi si hanno a portata di mano.
    Dobbiamo avere tutti l’obbiettivo di raggiungerli.
    Franco Bassi
    sponz fest 2017

  61. 86 avellinorocchetta 30/08/2017 alle 4:34 PM


    il treno dell’Irpinia 2017

  62. 87 avellinorocchetta 30/08/2017 alle 4:37 PM


    il treno dell’Irpinia del 2017

  63. 90 avellinorocchetta 30/08/2017 alle 5:12 PM

    CURIOSITÀ E ORGOGLIO PER SPINGERE IL NOSTRO TRENO DEL TURISMO
    Buongiorno, Irpinia.

    Ieri il treno turistico dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio ha guadagnato un altro tratto di binari arrivando fino a Lioni. Nella precedente edizione dello Sponz Fest di Vinicio Capossela, il viaggio (sperimentale) in carrozza era stato molto più breve. Chilometro dopo chilometro, insomma, il traguardo di un antico sogno non sembra più impossibile: ripristinare la ferrovia cara a De Sanctis, seppure a scopo esclusivamente turistico, è diventato un impegno del governo regionale, reso ora più agevole da una legge nazionale che entrerà in vigore agli inizi di settembre.

    Non sarà un percorso in discesa. Servono finanziamenti per i lavori di riattivazione della tratta Lioni-Avellino. Rfi, che è proprietaria della rete, ha dato la propria disponibilità. Bisognerà spingere per far rientrare l’opera nella fascia alta delle priorità: il Governatore e il suo vice Fulvio Bonavitacola, principale artefice della riproposizione riveduta e corretta di una antica proposta, stanno lavorando anche su questo fronte. Si respira un buon clima. Si può fare.

    Più complessa appare la prospettiva di gestione del progetto. Non si inventa il turismo delle aree interne, nonostante la potenzialità certa di preziose risorse ambientali ed enogastronomiche. É indispensabile la disponibilità di investitori privati. È addirittura pregiudiziale una seria “mobilitazione di idee” delle amministrazioni locali. É altrettanto rilevante il grado di interesse e di impegno dei tour operator: senza l’inserimento della “vacanza breve” in Irpinia nei pacchetti turistici Napoli/Costiera, diventa poco realistico immaginare il successo di un’operazione decisamente complessa.

    Ma la “nostra” ferrovia turistica, per vivere, avrà bisogno anche, e all’inizio soprattutto, del contributo dei cittadini irpini. Un contributo, essenzialmente, di curiosità e di orgoglio. Curiosità di conoscere il patrimonio ambientale, storico, architettonico ed enogastronomico di quella parte dell’Irpinia (quanto di noi hanno dato senso concreto a quella curiosità?). L’orgoglio delle radici: la nostraCURIOSITÀ E ORGOGLIO PER SPINGERE IL NOSTRO TRENO DEL TURISMO
    Buongiorno, Irpinia.

    Ieri il treno turistico dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio ha guadagnato un altro tratto di binari arrivando fino a Lioni. Nella precedente edizione dello Sponz Fest di Vinicio Capossela, il viaggio (sperimentale) in carrozza era stato molto più breve. Chilometro dopo chilometro, insomma, il traguardo di un antico sogno non sembra più impossibile: ripristinare la ferrovia cara a De Sanctis, seppure a scopo esclusivamente turistico, è diventato un impegno del governo regionale, reso ora più agevole da una legge nazionale che entrerà in vigore agli inizi di settembre.

    Non sarà un percorso in discesa. Servono finanziamenti per i lavori di riattivazione della tratta Lioni-Avellino. Rfi, che è proprietaria della rete, ha dato la propria disponibilità. Bisognerà spingere per far rientrare l’opera nella fascia alta delle priorità: il Governatore e il suo vice Fulvio Bonavitacola, principale artefice della riproposizione riveduta e corretta di una antica proposta, stanno lavorando anche su questo fronte. Si respira un buon clima. Si può fare.

    Più complessa appare la prospettiva di gestione del progetto. Non si inventa il turismo delle aree interne, nonostante la potenzialità certa di preziose risorse ambientali ed enogastronomiche. É indispensabile la disponibilità di investitori privati. È addirittura pregiudiziale una seria “mobilitazione di idee” delle amministrazioni locali. É altrettanto rilevante il grado di interesse e di impegno dei tour operator: senza l’inserimento della “vacanza breve” in Irpinia nei pacchetti turistici Napoli/Costiera, diventa poco realistico immaginare il successo di un’operazione decisamente complessa.

    Ma la “nostra” ferrovia turistica, per vivere, avrà bisogno anche, e all’inizio soprattutto, del contributo dei cittadini irpini. Un contributo, essenzialmente, di curiosità e di orgoglio. Curiosità di conoscere il patrimonio ambientale, storico, architettonico ed enogastronomico di quella parte dell’Irpinia (quanto di noi hanno dato senso concreto a quella curiosità?). L’orgoglio delle radici: la nostra è una terra per molti versi sventurata, ma bella. Per apprezzarla bisogna conoscerla. Fatto ciò, dopo sarà molto più semplice raccontarla per quello che veramente è. E farla apprezzare. Dobbiamo essere noi irpini i suoi ambasciatori: senza indulgenze verso le tante insufficienze che non riusciamo ancora a superare; ma anche senza l’eccessiva severità provincialistica che assai spesso non restituisce un giudizio pensato, quanto – piuttosto – il pessimo vezzo di sparlarci addosso senza sapere di cosa parliamo.

    f. genzale

  64. 91 avellinorocchetta 31/08/2017 alle 5:31 PM

    “Il treno come un sogno ci salverà / Riscopriremo la terra e la nostra dignità / L’abbandono è colpa della realtà / o di chi non ha creduto nell’irpinia complicata / politici, terremoto e interessi propri l’hanno spopolata”. Così inizia la canzone che che ha accompagnato il viaggio di un canta-attore di provincia. Io.
    Dopo aver letto e ascoltato di tutto e di più, ora ne sono ancora più convinto: che il treno come un sogno ci salverà.
    Sono un sognatore e ne vado fiero. I sogni non sono mai fuori luogo…e se è vero come dice “il bardo” che “noi siamo fatti della materia dei sogni”, io sono composto per la totalità, da sogno.
    Il sogno non è l’illusione, il sogno è poesia, e prima o poi la poesia arriva. Quando si realizza il sogno si è felici, unici, caparbi, increduli. Il mio sogno è: la Dogana, il mercatone, il tunnel e l’autostazione di Avellino, la rete viaria di alcune zone della provincia, il mio sogno é un albergo diffuso in diverse aree di irpinia, il mio sogno è che Dragone possa investire ancora nella nostra terra, il mio sogno è il centro per l’autismo (sogno realizzato proprio ieri e quindi sono felice) e tanti altri piccoli e grandi sogni.
    Sono stato sulla linea Lioni- Rocchetta per lavoro. Ho fatto ciò che faccio da sempre il canta-attore. Onestamente non ho visto il taglio del nastro, il palco, le fasce tricolori; non ho assistito a proclami politici, ma ho fatto ciò per cui avevo mandato un’idea di progetto a Capossela: Storie su rotaie: Teatro. Sono stato, insieme ai miei colleghi attori del Clan h (la compagnia storica d’irpinia fondata nel 1972 da Lucio Mazza che ha come slogan “un sogno che divora”) nei vagoni del treno. E a tutto ho pensato tranne alla politica, a chi prende soldi o chi utilizza il nostro territorio per averne giovamento. Si, certo ho pensato che i problemi sono sicuramente altri ma ho vissuto la mia terra e ho visto. Ho visto, non “cose che voi umani non potete immaginare” o “bastioni a largo di Orione”, ma cose reali che fanno sognare.
    Ho visto quegli spazi brulli, quei paesi abbarbicati ma vuoti, ho visto ciò che qualcuno definisce “deserto” ma pieno di brulicante energia, ho visto negli occhi di chi viaggiava la speranza, una piccola insignificante speranza, l’ho vista, c’era; ho visto il sudore e la stanchezza ma la fierezza e la testardaggine di noi irpini; ho visto la solitudine e la difficoltà di portare avanti una passione (quella di Fondazione Fs, di “In Loco motivi, di Pietro Mitrione e di Agostino: che ci credeva in questo sogno); ho visto si, la felicità “momentanea” ma la felicità è sempre felicità.
    Orbene. Non sapevo, però, che nella mia terra ci fossero tanti realisti, tanti nichilisti, tanti detrattori senza peli sulla lingua. C’è chi se l’è presa con la regione perché ha foraggiato uno invece che un altro, c’è chi se l’è presa con i sognatori e sta tra i detrattori per motivi di interessi propri, c’è chi se l’è presa con Capossela, chi invece invita i laureati a scappare, chi auspica il fallimento di uno perché avversario, chi invece non è stato chiamato per fare questo o quello nei vari comitati, penso a scrittori, poeti che sono emigrati perché hanno ritenuto opportuno non dare il sostegno con la loro presenza e che non hanno accettato l’intervento di qualcuno …e tante altre cose.
    Poi c’è chi cavalca il successo politico, no, non mi interessa; c’è chi invece è del partito opposto e strumentalizza: e neanche questo mi interessa.
    Io voglio sognare ancora, finché ci saranno in lontananza treni e binari, voglio sognare ancora di poter scegliere cosa fare e dove, le vane parole le lascio a chi voleva esserci e non c’è stato, voleva decidere e non ha deciso, voleva salvare ma non ha salvato. Il mio, e spero anche di tanti irpini è sì “un sogno che divora” ma è un sogno libero.
    Salvatore Mazza
    Gruppo Teatrale Clan H
    Avellino
    Treno dell’Irpinia 25 e 26 agosto 2017

  65. 92 avellinorocchetta 01/09/2017 alle 7:27 am

    Il racconto
    Avellino – Rocchetta: il viaggio di Maria Giulia verso casa, a bordo del treno del paesaggio
    Immaginate un treno d’altri tempi che corre lungo un binario che attraversa 118 chilometri di storia. Immaginate, ancora, una giovane a bordo di quel treno che osserva, con sguardo acuto, la sua terra trasformarsi, con lenta e spontanea sensualità, sotto i suoi occhi. Gli occhi di una giovane urbanista, laureanda a Roma Tre, impegnata in un lavoro di ricerca per la valorizzazione della ferrovia storica d’Irpinia: «Io stessa non conoscevo il mio territorio e le sue bellezze perché, semplicemente, tutto questo non ha ancora imparato a parlare di sé. Ma le potenzialità ci sono: basta avere la costanza di svilupparle»

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    Immaginate un treno d’altri tempi che corre lungo un binario che attraversa 118 chilometri di storia. La nostra storia. Immaginate il paesaggio che corre sullo sfondo, mutevole come la pellicola di un film muto. Lento e muto.
    I vagoni partono lasciandosi alle spalle l’eleganza delle vigne della Valle del Sabato e arrivano, solcando le Valli dell’Ofanto e del Calore, alle distese di grano che diradano verso la Puglia. Nel mezzo, un’altalena di colori oscillante lungo un filo cromatico che va dal verde brillante dei castagni di Montella e del lago di Conza, alle tinte arse di Cairano, che si diverte a giocare a nascondino col viaggiatore, e del presepe di Calitri, che avvolge lo sguardo di chi l’osserva e, seppur immobile dalla parete rocciosa della sua collina, l’illude di muoversi con lui.
    Immaginate, infine, che su quell’altalena sia seduta una ragazza. Una giovane in viaggio di ritorno verso casa che, a bordo del treno, lento e muto, del paesaggio, osserva con occhi vivi e acuti questa cartolina, profumata di terra e di ricordi, mentre si trasforma con placida e spontanea sensualità.

    «Il mio intento è interpretare questa cartolina per comprendere e, quindi, raccontare quel che c’è tra il binario e le comunità che costeggiano i 118 km di una linea ferroviaria che è anche un esempio di architettura industriale di altissimo pregio, tanto più se calata nel tempo storico in cui fu realizzata: la fine dell’Ottocento». Maria Giulia Contarino ha 26 anni: è di Avellino, ma studia Progettazione Urbanistica all’Università degli Studi Roma Tre. Il suo viaggio di studio e di ricerca, accademica e personale, lungo il binario dell’Avellino – Rocchetta Sant’Antonio ha inizio oltre un anno fa.

    «Dopo tanto lavoro su Roma e sul suo patrimonio urbanistico, al momento di mettermi all’opera per la tesi di laurea ho sentito forte il desiderio di ritornare, in qualche modo, alla mia terra d’origine, indagando il suo più grande valore: il paesaggio. Non sapendo da dove cominciare, ho scelto come filo conduttore la ferrovia storica che da Avellino arriva fino in Puglia, limitandomi, ovviamente, alla parte irpina della tratta. E, viaggiando lungo quel binario, mi sono resa conto di quanto io stessa non conoscessi l’Irpinia: una terra che non sa parlare di sé. Non ancora».

    Quando Maria Giulia ha cominciato a raccogliere gli elementi per una trama organica da sottoporre alla sua commissione di laurea, si è ritrovata ad imbastire il canovaccio di una narrazione che era al contempo diario personale di bordo e racconto di sé all’altro. «Il mio relatore è un paesaggista: quando gli ho sottoposto l’area geografica sulla quale avrei poi focalizzato la mia indagine, mi ha esplicitamente richiesto di costruire una cornice di riferimento che permettesse al resto della commissione di collocarla nello spazio. La sorpresa è arrivata al momento di visionare le prime immagini dei luoghi: è rimasto incredibilmente colpito dalla bellezza dei passaggi e non riusciva a spiegarsi come tanta bellezza potesse essere sostanzialmente sconosciuta ai più». Persino agli addetti ai lavori. Da quel momento, Maria Giulia, con una cadenza sempre più costante a partire da questa primavera, ha cominciato a risalire la tratta, pur con tutte le difficoltà connesse alla assoluta impraticabilità della tratta in alcuni punti, per ricostruire minuziosamente la composizione del territorio circostante: da quello che c’è sotto, ed è invisibile agli occhi di chi guarda, a tutto ciò che lo sovrasta, con una particolare attenzione alla flora che accompagna il viaggio del treno storico del paesaggio della terra di mezzo, nel cuore baricentrico del Sud e degli Appennini. «La vegetazione rientra a pieno titolo tra gli elementi identificativi di un paesaggio che, nel caso della ferrovia che va da Avellino a Rocchetta, muta costantemente. Si tratta di uno degli elementi caratterizzanti di un percorso che, malgrado la sua notevole estensione, non è mai uguale a se stesso, in ragione della sua direttrice. La linea, infatti, attraversa in maniera longitudinale questa parte di Paese, andando praticamente dal Tirreno all’Adriatico, e viceversa. Lungo la tratta, ci sono delle forti variazioni di altitudine, con un picco massimo nel territorio di Nusco, ma pure laddove – e in diversi punti del tracciato è possibile riscontrarlo – l’altezza dal livello mare è la medesima, il paesaggio è, al contrario, completamente diverso: da un lato, magari, ci sono le montagne e i castagni, dall’altro le pale eoliche e le distese di grano».

    Questo, in un progetto di mobilità dolce, volto alla creazione di un circuito di economia turistica, rappresenta un notevole punto di forza. Ma la bellezza, in sé, non è sufficiente a creare valore, nel senso materiale, umano e culturale del termine. «L’investimento per la riapertura dei tratti di ferrovia oggi percorribili a bordo del treno storico deve essere stato notevole, viste le condizioni in cui versa la prima parte del tracciato. Questo rende ancor più necessario lavorare per inserire l’Avellino-Rocchetta in un sistema territoriale integrato, che la sleghi dalla contingenza dei singoli eventi, mettendone in risalto il valore storico e, soprattutto, paesaggistico». Sforzo che, come il racconto di Maria Giulia palesemente dimostra, ha bisogno non solo di appassionata buona volontà e di nostalgica tenacia, ma anche, e soprattutto, di notevole competenza. La stessa di tanti giovani che continuano ad essere messi ai margini da una terra ostinatamente schiava delle sue logiche, vecchie e lente. Molto più lente dei treni che viaggiano sui binari della sua storia.

    «Il limite più grande che ho potuto percepire nel corso dei miei sopralluoghi e, più in generale, durante le mie ricerche, è la scarsa consapevolezza, in primis dei decisori pubblici. Un altro problema risiede nel difetto di comunicazione, tra la ferrovia e il territorio e tra gli attori territoriali, a partire dai comuni che la costeggiano». Ed è questo il cuore dell’analisi della giovane urbanista-paesaggista: la costruzione di un legame tra la ferrovia e il mondo che la circonda, con interventi sul paesaggio che, senza essere invasivi, creino armonici invasi di comunicazione tra le due parti.

    «Prendiamo il banalissimo esempio della fermata di Monticchio, prevista lungo il viaggio che il treno storico ha compiuto, nei tre giorni di agosto in cui ha funzionato. Non si può far sostare il viaggiatore in un punto dal quale non si vede praticamente nulla, a meno che non si voglia legare il nome di quella stazione al tratto identificativo del paese corrispondente: l’acqua, la quale potrebbe, ad esempio, giustificare una visita ai rinomati laghi, permettendo al turista di fissare quel luogo nella sua memoria. A ciò aggiungendo la necessità, lì come altrove, di un’armonizzazione della vegetazione che avvolge il binario per conferire maggiore godibilità alla flora e, dunque, al paesaggio nel suo insieme. Infine, il grande nodo dei collegamenti, fisici, tra la ferrovia e i suoi comuni, alcuni distanti anche chilometri dalle stazioni. Come si può pensare che la mobilità dolce dell’Avellino-Rocchetta attragga turisti verso i borghi dell’Alta Irpinia, se questi non sono facilmente raggiungibili nemmeno in grandi occasioni come lo Sponz Fest? Il turismo, ai tempi della velocità, richiede organizzazione di servizi che io ho notato essere, ancora, molto carenti».

    Insomma, è tutto un gioco di organizzazione, percezione e racconto della realtà. E di come, soprattutto, l’Irpinia dovrebbe imparare a raccontare se stessa. «La narrazione di un territorio si costruisce anche a partire dalla percezione del suo paesaggio: l’esaltazione dei suoi elementi più suggestivi, aiuta a produrre nel viaggiatore sensazioni e impressioni che lo indurranno, magari, ad approfondire la conoscenza dei luoghi e, forse, a farvi addirittura ritorno. Tale narrazione ha bisogno di parole ma non solo: anche di tante attenzioni non immediatamente percepibili. Il tempo ideale, ad esempio, per viaggiare lungo la ferrovia storica irpina, sarebbe la primavera: per il clima, ma anche per i colori sgargianti del paesaggio. O ancora, un altro esempio utile in tal senso è il modo in cui il treno potrebbe costeggiare il lago di Conza: molto lentamente, aiutando l’osservatore a godere, fino in fondo, della bellezza di uno scenario, la cui prospettiva muta totalmente una volta superata la galleria. Ma, attenzione, le suggestioni visive, da sole, nemmeno bastano: il treno del paesaggio, infatti, non ha parole sufficienti a parlare di sé, della propria storia e della terra che, attraversando, incide fin nel suo ventre. È per questo che sui suoi vagoni c’è bisogno di voci narranti che, in qualche modo, aiutino il viaggiatore a leggere e comprendere ciò che lo avvolge, quel che intorno a lui si sta “muovendo”. Ovviamente, la costruzione di un sistema territoriale, di promozione e tutela del paesaggio, è un processo graduale, dagli esiti imprevedibili. È necessaria prudenza ma anche costanza: la costanza di resettare e ripartire ogni qual volta ci si dovesse render conto di aver sbagliato strategia, senza pensare di aver fallito. Ogni strategia, del resto, è in sé fondata sul dubbio e, in quanto tale, per la sua attuazione ha bisogno di tempo. Ma non bisogna demordere: questo è il momento giusto per partire e iniziare a lavorare. Il treno ha aperto la strada» e l’entusiasmo di Maria Giulia ci ha aiutato a percorrerla.

    Lo ha fatto con una competenza e una passione inattese. Una capacità di osservazione che a chi stancamente guarda oramai questo orizzonte, decisamente assuefatto alla sua bellezza, non riesce neanche più a coglierne i particolari. Ecco perché l’Irpinia ha bisogno di occhi nuovi: gli occhi dei suoi giovani. Soprattutto di quei giovani che hanno visto il mondo e che fanno ritorno per guardare, attraverso le sue lenti, il film, lento e muto, della loro terra in cerca di speranza. Gli occhi freschi dei ritorni.

    E allora: bentornata a casa Maria Giulia.
    di Giulia D’Argenio
    http://www.orticalab.it/Avellino-Rocchetta-il-viaggio-di#forum68487

  66. 93 avellinorocchetta 01/09/2017 alle 7:37 am

    E’ salita a bordo del treno storico-paesaggistico Lioni-Rocchetta Sant’Antonio la compagnia Clan H, diretta da Salvatore e Lucio Mazza, nella tre giorni dedicata al sogno della ferrovia che rinasce e attraversa l’Irpinia nell’ambito dello SponzFest. Ha conquistato il pubblico con le sue “Storie su rotaie” attraverso le suggestioni del treno e della memoria che prendono forza quando abbracciano le bellezze del territorio. All’interno dei vagoni dell’Avellino-Rocchetta, associato nell’immaginario all’emigrazione dei nostri padri, al viaggio inteso come scoperta, gli attori del Clan hanno proposto monologhi, ora nelle vesti di viaggiatori, ora di musicanti o ancora di dame in carrozza, rigorosamente in costume d’epoca. A rivivere sono stati brandelli della nostra memoria in un itinerario attraverso il tempo. Un viaggio che diventa tassello per valorizzare il territorio e in particolare una delle tratte più antiche e suggestive d’Italia. «L’irpinia ce l’hai dentro come un flusso continuo, perverso. Ti resta negli occhi, ti toglie il respiro, ti sfianca, ti fa rabbia per le occasioni perdute. – spiega Mazza – Dura, dolce e stoica, buona, impervia e madre. Ti manca quando pensi di lasciarla. Unico giaciglio dei sensi e risveglio dell’anima. Viaggiamo su ruote di gomma sognando rotaie. Il treno diventa insieme al teatro sogno che ci salverà». Protagonisti il maestro Salvatore Mazza, Andrea De Ruggiero, Santa Capriolo, Alfredo Tajani, Sara Mollica, Laura Tropeano, Manola Perillo, Felice Cataldo, Sabino Balestrieri, Francesco Teselli, Pasquale Migliaccio, Alfredo Bartoli.
    http://www.corriereirpinia.it/2017/08/30/storie-su-rotaie-il-clan-h-applauditissimo-allo-sponz/

  67. 94 avellinorocchetta 02/09/2017 alle 10:04 PM

    http://www.irpiniatv.it/notice_detail.php/documenti/9359/
    ………uno storico servizio di Michelangelo Varrecchia del marzo1989

  68. 95 avellinorocchetta 03/09/2017 alle 9:33 PM

    ROSSI-DORIA E LA FERROVIA DI ROCCHETTA IN UN PROMEMORIA DEL 1974
    Fiorenzo Iannino

    Durante i suoi due mandati parlamentari (fu senatore dal 1968 al 1976), Manlio Rossi-Doria si occupò più volte della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, quasi interamente dislocata nel suo collegio elettorale di Sant’Angelo dei Lombardi: “è opportuno ricordare che è l’unica esistente a servizio di un’area di 5000 Kmq e di una popolazione direttamente servita di 150 mila abitanti, ai quali si debbono aggiungere oltre 80 mila emigrati che spesso ritornano nei loro paesi, nonché altri 150 mila abitanti, che potrebbero raggiungere e utilizzare il trasporto ferroviario con percorsi automobilistici relativamente brevi. Essa d’altra parte, è la sola ferrovia di servizio dell’intera provincia di Avellino sia per i suoi collegamenti interni, sia per i collegamenti con Napoli-Roma, da un lato, e la Puglia, dall’altro”. Il senatore ne chiese ripetutamente il “rifacimento” strutturale, da integrare in un’organica e ben ponderata programmazione socioeconomica del territorio. Insomma, la ferrovia poteva assecondare il tanto auspicato processo di trasformazione e crescita della cosiddetta ‘terra dell’osso’ (“pur trattandosi di una zona a prevalente agricoltura montana, l’area è tra le più suscettibili di sviluppo agricolo-industriale dell’Appennino meridionale.”). Rimasto inascoltato, il primo febbraio 1974 Rossi-Doria elaborò un ‘promemoria’ dedicato allo ‘stato ed al funzionamento’ della linea, sperando di ottenere almeno una “accurata e realistica ispezione tecnica”. Il documento doveva insomma favorire un celere “programma di manutenzioni e riparazioni” oltre che di efficace riorganizzazione dei servizi. Rimasto fermo nel cassetto per quasi un anno (forse per le turbolenze politiche del tempo), fu poi inviato al ministro Mario Martinelli.

    Disservizi e rimedi
    Rossi-Doria lamentò innanzitutto “uno stato di grave deperimento, che è conseguenza della vecchiaia”: negli ottanta anni di esercizio si erano infatti registrati “ben pochi interventi manutentori e migliorativi, con il conseguente “indebolimento della solidità del tracciato e della efficienza delle rotaie in alcuni tratti, con obbligo di rallentamento delle corse”. Non a caso, il senatore segnalò la critica situazione statica delle gallerie (la chiusura temporanea di quella di Montemiletto costringeva i viaggiatori ad un fastidioso trasbordo). Di più, lamentò anche la “vecchiaia ed il pessimo stato” delle automotrici, l’eccessiva instabilità delle linee telefoniche collegate alle stazioni nonché l’abbandono pressoché totale di molti caselli e soprattutto degli scali-merci (“risulta, ad esempio, che lo scalo di Calitri- al quale fanno capo otto-dieci comuni con una popolazione di 25.000 abitantri- è chiuso, obbligando all’autotrasporto di tutte le merci in arrivo e in partenza”). Un’ulteriore nota dolente era riservata agli orari e ai movimenti: le “otto corse giornaliere sono tutte accelerate, con fermate in tutte e trenta le stazioni intermedie del percorso, con la conseguenza che per percorrere 119 chilometri si impiegano sull’orario tre ore e cinquanta minuti ma, di fatto, per i ritardi, da quattro a cinque ore. I ritardi sono normalmente non inferiori a una o due ore”. Per garantire ai viaggiatori un più proficuo servizio di “andata-ritorno in giornata” e la possibilità di collegarsi celermente con le linee pugliesi e lucane, il senatore propose non solo una più razionale organizzazione degli orari ma anche la riduzione delle fermate (da limitare alle stazioni di Calitri, Conza, Morra De Sanctis, Lioni, Nusco, Bagnoli, Montella, Castelfranci, Paternopoli, Taurasi, Montemiletto): in definitiva, “delle otto corse giornaliere, quattro potrebbero essere ‘dirette’ e quattro restare accelerate”. Rossi-Doria chiese infine di rimodulare la più complessiva rete dei collegamenti: “Problema strettamente connesso è quello del funzionamento della linea (Benevento)-Avellino-Napoli, dal quale dipende il collegamento dell’Alta Irpinia con Napoli e con Roma. Oggi la linea segue il percorso Avellino-Mercato S.Severino-Codola-Cancello-Napoli di chilometri 97, nonostante che il percorso Avellino-Codola-Nocera-Napoli risulti di 15 chilometri più breve. Ciò non basta. I 97 chilometri sono percorsi solo da treni accelerati che, senza tener conto dei sistematici ritardi, impiegano ben due ore e venti minuti. Una revisione del percorso e l’introduzione di corse ‘dirette’ dovrebbe ridurre il viaggio a poco più di un’ora. Quando, poi, sarà realizzata la programmata linea di diretto congiungimento Nocera-Roma (saltando Napoli), da Avellino dovrebbe raggiungersi Roma in poco più di tre ore”.
    Il ministro frena…
    Rispondendo il 13 gennaio 1975, il ministro Martinelli ammise che le sofferenze della linea erano destinate a perdurare: “la attuale situazione finanziaria dell’azienda F.S. non consente, purtroppo, di riservare alla rete secondaria tutti i fondi necessari per metterla in grado di assolvere nel migliore dei modi ai compiti che le sono propri”. Per completare gli interventi di stabilizzazione del terreno servivano circa due miliardi di lire: al momento, il governo prevedeva solo un intervento di graduale miglioramento al binario del tratto Montella-Nusco, che era il più vecchio e malandato dell’intera linea (per il futuro, il ministro riservava solo una labile speranza: “ti assicuro comunque che il rinnovamento dei residui 76 chilometri sarà tenuto presente nell’ambito dei provvedimenti da attuare con futuri stanziamenti”). I treni merci erano stati invece disattivati per l’esiguità dei movimenti, che al momento non rientrava nei parametri previsti dall’azienda. In fin dei conti, sembrava fattibile la sola introduzione delle quattro corse dirette, sia pur subordinata al parere degli enti locali e di servizio. Ancor più deludenti furono poi le risposte relative al raccordo con le più importanti linee dell’area interregionale: “Nella stazione di Rocchetta più comode coincidenze per Bari potrebbero realizzarsi solo con l’istituzione di nuovi treni, in quanto per le funzioni espletate da quelli esistenti non riesce possibile modificare il loro orario. All’istituzione di nuove relazioni si frappone però, al momento, la scarsa disponibilità di mezzi e di personale per cui l’esigenza prospettata sarà tenuta presente per il futuro. Per quanto riguarda infine le comunicazioni con Napoli, pur riconoscendo che l’istradamento via Codola-Nocera anziché via Cancello comporterebbe un minor percorso, occorre considerare che la linea Salerno-Napoli, interessata da un traffico assai intenso, non consente l’inserimento di altri treni. D’altra parte, nel piano di interventi straordinari, è previsto il raddoppio del tratto di linea Cancello-Nocera Superiore che renderà senz’altro più scorrevole la circolazione sul tratto stesso con evidenti benefici riflessi anche sulle relazioni tra Napoli e Avellino”. A ben vedere, l’unica nota positiva riguardava l’imminente conclusione dei lavori avviati nelle gallerie Montefalcione e Gelsa. Per il resto, pur sinceramente cortese e rispettoso verso Rossi-Doria, il ministro gli lasciava davvero poche speranze: “Ti assicuro che non mancherò di tenere presenti le esigenze segnalate affinché, anche per la linea Rocchetta S.A.-Avellino siano attuati tutti i possibili accorgimenti per rendere più efficiente l’esercizio ferroviario a servizio delle zone interessate”.
    La successiva storia della più nota ferrovia irpina oggi la conosciamo un po’ tutti. Meno nota è invece l’appassionata lungimiranza di Rossi-Doria che, pensando al futuro dell’Alta Irpinia, aveva scommesso su un più razionale rilancio della Avellino-Rocchetta.
    corriere irpinia
    3 settembre 2017

  69. 96 avellinorocchetta 03/09/2017 alle 9:35 PM

    20 SETTEMBRE 1893: LAPIO IN FESTA PER IL PONTE PRINCIPE
    Fiorenzo Iannino Il ponte Principe, che si trova a Lapio, già conosciuto e ammirato dagli studiosi di storia e tecnica ferroviaria, negli ultimi tempi è anche diventato il simbolo delle associazioni che giustamente si battono per la salvaguardia ed il rilancio della storica ma ormai dismessa linea ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Per questo motivo mi piace riproporre ai lettori del “Corriere” alcune note relative al collaudo e all’inaugurazione dell’opera. “Giorno memorando” Il maestoso ponte in acciaio, che congiunge le sponde del Calore tra i territori di Lapio e Taurasi, venne progettato dall’ingegnere Sangiorgi della Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo, che aveva ottenuto la concessione della linea. Realizzata tra il marzo ed il settembre del 1893 dalla Società Industriale Italiana di costruzioni metalliche, che aveva sede a Castellammare di Stabia, la struttura suscitò l’entusiasmo di quanti esaltavano il trionfante progresso: “L’opera imponente, meravigliosa -leggiamo in una cronaca del tempo- si ammira come trionfo della industria italiana […] Sentite: il viadotto è costituito da tre luci indipendenti larghe metri 98 ciascuna. Le travi sono alte metri 10,60, a grandi maglie, e la ferrovia corre a circa metà altezza. La montatura è stata fatta sopra tre ponti di servizio in legno, i quali per solo legname costarono 60 mila lire. – L’altezza della valle è di metri 35 – Le due pile e le spalle furono fondate ad aria compressa”. Per questo, apprendiamo da un altro resoconto, “gli abitanti di Lapio l’hanno battezzata pel Ponte Principe e per verità un’opera così perfetta potrà fare l’orgoglio di chi l’ha progettata, diretta e costrutta”. Una volta conclusa la costruzione, la Mediterranea e la società costruttrice ne organizzarono subito il collaudo. Pur non pubblicizzata, la notizia non sfuggì alla comunità lapiana, che volle festeggiare alla grande l’evento: “ Il giorno 20 settembre cadente fu giorno d’inaspettata festa per il Comune di Lapio. Saputosi, appena il dì innanzi, che si sarebbe proceduto alle prove del grandioso ponte in ferro sul Calore, nel tronco ferroviario Avellino-Paternopoli, la voce corse come elettrica per tutto il paese e per i vicini comuni, ed accese di grande entusiasmo l’animo di tutti, già colpiti di ammirazione per la costruzione dell’opera colossale. A secondare il movimento popolare, per iniziativa del sindaco Caprio Errico e dei signori Mottola e Forte, fu improvvisata una dimostrazione, che riuscì veramente splendida ed imponente. Imperocchè il mattino del detto giorno 20 si fece giungere in Lapio una banda musicale, con la quale la intera Rappresentanza Municipale, preceduta dalla bandiera Nazionale, e seguita da una calca di popolo, percorse il paese, e quindi si recò festante alla propria Stazione, una delle più belle della linea per la sua ridente posizione. Quivi fu attesa la Commissione, che alle 8:30 a. m. arrivò con quattro macchine per le prove. L’arrivo fu salutato con tre salve di mortaretti e col suono della marcia reale, in mezzo all’unanime ovazione del popolo che gridava: Viva il Re! Viva la Mediterranea! Viva l’Impresa Industriale! La Commissione, dopo aver ringraziato tutti, procedette agli esperimenti. Al risultato delle prove, che non poteva riuscire più felice, lo scoppio fragoroso di una magnifica batteria echeggiò nella valle del Calore e la musica intonò di bel nuovo la marcia reale, mentre il popolo non cessava dall’acclamare entusiasticamente al re, alla Società, all’Impresa. Quindi la Rappresentanza Municipale sempre preceduta dal Concerto municipale e dal vessillo, percosse, per ben due volte, il ponte, seguitando nelle ovazioni al Capo Sezione, Sig. Menoni ed al corpo degl’ingegneri. Quasi fino a sera, poi, non solo i cittadini di Lapio, ma anche quelli dei vicini paesi si fermarono ad ammirare il maestoso ponte ed a passeggiare su di esso. Il giorno 20 settembre rimarrà memorando per Lapio”. La “gita” di Capozzi Il riuscito collaudo del ponte consentì l’apertura parziale del primo tratto della linea (Avellino-Paternopoli), che avvenne il 27 ottobre, anche questa volta senza grandi pubblicità, come notò con un certo disappunto il giornale filoradicale “Re di bronzo” : “giovedì, quasi di contrabbando, ebbe luogo l’inaugurazione del primo tronco della strada ferrata da Avellino a Santa Venere, un tronco di 27 chilometri, che, oltre il magnifico viadotto di Lapio, annovera due importantissime opere d’arte: la galleria di Salza, di soli settecento metri, ma difficile per le qualità delle argille, non meno dei trafori di Ariano, e la galleria di Montefalcione, che si estende per tre mila metri circa in terreni anch’essi di costosa e non lieve costruzione. La festa inaugurale, a buon diritto, era ansiosamente attesa. Essa affermava, dopo tanti e tanti anni, un diritto del più alto significato nella storia della viabilità meridionale: l’attuazione, cioè, del voto così fervidamente nutrito e così largamente atteso di una linea ferroviaria per tutta intera la valle dell’Ofanto”. In realtà, una piccola festa si era svolta due giorni prima, proprio a pochi passi dal ponte, presso la stazione di Taurasi, in occasione dell’ultima “visita di ricognizione”: era però stata riservata solo alla commissione di collaudo e ai tecnici della Mediterranea e delle imprese impegnate nei lavori, che consumarono una “colazione di 50 coperti, servita inappuntabilmente dal Restaurant Centrale”. Una “gita” ancora più esclusiva, assolutamente degna dei fasti della Bella Epoque, fu poi organizzata la domenica successiva da “re” Michele Capozzi che, considerando la ferrovia una sua creatura (non a caso era riuscito a farla passare per il suo paese, Salza), invitò in treno una folta rappresentanza della notabilità a lui fedele, come risulta da una ulteriore cronaca giornalistica, in cui nuovamente si esprimeva il rammarico per la mancata celebrazione pubblica dell’evento: “In mancanza di una festa ufficiale d’inaugurazione del tronco Avellino-Paternopoli, testé aperto all’esercizio […] domenica scorsa un’altra festa ufficiosa, diciamo così, ma d’indole tutt’affatto privata, promossa dal comm. Capozzi. Perché non si è voluto fare una festa ufficiale d’apertura della linea non sappiamo spiegarcelo, come non ha saputo o voluto spiegarlo la Società del Mediterraneo, la quale non ha nemmeno la scusa delle solite ragioni economiche, poiché se si fosse fatta promotrice della festa, avrebbe speso meno di quanto erogò per la gita di ricognizione, avendo tutti i Municipi interessati, lungo la linea, già votato a tale scopo una quota di concorso per le spese. Questo vuoto ha voluto colmare l’on. Capozzi, a proprie spese, invitando ad una gita di piacere, lungo la nuova linea, diverse famiglie di sua conoscenza e parecchie Autorità, tra cui l’egregio prefetto commendator Segre. La geniale comitiva, nella quale brillava l’eterno femminile, recossi alla stazione con vetture padronali alle 9 a. m. e ne fece ritorno alle 5 p.m. Si percorse la nuova linea in mezzo a geniali acclamazioni. Facevan parte della gita il comm. Segre colla sua gentile signora ed i suoi ospiti, la signora Chiaradia colla coltissima figliuola, signorina Matilde; il comm. Capozzi e famiglia; la simpatica coppia Balestrieri-Figarotta; il capitano dei RR Carabinieri con la sua signora; la famiglia Camiz; il cav. Zampieri; il cav. Viscardi, direttore della Banca Nazionale; il barone Pietro Cocco; il cav. Grimaldi, consigliere delegato; il cav. Modestino; il cav. Balestrieri Nicola; l’avv. Spada ed altri. Dopo una breve sosta fu apparecchiata un’abbondante e squisita colazione, alla quale l’allegra comitiva fece grande onore. Allo champagne brindarono il comm. Segre, il cav. Modestino, il cav. Balestrieri ed il comm. Capozzi ”.
    20 gennaio 2014
    corriere irpinia
    F. Iannino

  70. 98 avellinorocchetta 05/09/2017 alle 4:05 PM


    il treno dell’Irpinia 2017

  71. 99 avellinorocchetta 08/09/2017 alle 7:55 am

    In vigore dal 7 settembre la legge n. 128-2017 per la realizzazione di ferrovie turistiche in aree di pregio naturalistico o archeologico.

    Dal 7 settembre 2017 il Progetto di Legge “Disposizioni per l’istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico” è diventata definitivamente la legge N* 128/2017 dello Stato Italiano. La legge ha come finalità la salvaguardia e la valorizzazione delle tratte ferroviarie di particolare pregio culturale, paesaggistico e turistico, fra queste anche la nostra Avellino Lioni Rocchetta. Finalmente una legge dello Stato riconosce la validità della lotta portata avanti dal mondo dello associazionismo.
    Per noi di in_loco_motivi c’è forte soddisfazione nel vedere conferita alla nostra ferrovia Ofantina anche il decreto da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del riconoscimento di interesse particolarmente importante ai sensi dell’art 10 comma 3 lettera d del d.lgs 42/2004 ed è, perciò, sottoposto a tutte le disposizioni di tutela in esso contenute. Una tutela riferita a beni costituenti il patrimonio culturale ed mirata a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. Due provvedimenti che fanno della nostra Avellino Rocchetta un vanto per la nostra Irpinia.
    Audaces fortuna iuvat – con questa epigrafe Virgilio premiava chi mai, in nessuna condizione e contro nessuno ostacolo, abbandonava i propri sogni e progetti. Chi nonostante le difficoltà che gli si potessero o meno porre di fronte, proseguiva per la propria strada, strenuo sostenitore dei propri ideali. E di ideali e di audaci parliamo se pensiamo all’Avellino-Rocchetta. Se qualcuno fosse venuto qualche anno fa, a congratularsi per la riapertura della linea (anche se per pochi giorni e non per l’intero tratto) o addirittura per la presenza dell’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio nell’elenco delle ferrovie turistiche comprese in un nuovo disegno di legge volto alla loro valorizzazione, probabilmente, nessuno gli avrebbe creduto. O meglio, lo avrebbe guardato con un’aria sognante, sperando e immaginando quando quel momento sarebbe potuto accadere. E invece, nonostante tutte le difficoltà, quel momento è veramente arrivato.
    Alea iacta est – per continuare a prendere in prestito citazioni dal passato. E di dado si tratta, quando si parla di questa vittoria, che pone le basi per un percorso si più fiducioso, sicuramente più grandioso ma non per questo meno irto e pericoloso. La possibilità che tutto questo entusiasmo vada via via attenuandosi, è a mio avviso sempre presente. Ovviamente non sarebbe colpa né del potenziale della linea, né del suo valore storico e culturale, ma perché noi come “popolo” siamo stati troppo spesso abituati a promesse irrealizzate, a focolai accesi e alimentati dall’onda del malcontento comune, che alla prima difficoltà ripiegavano su se stessi avvolti in uno stato di annichilimento sia culturale, che progettuale nel senso più stretto del termine.
    Ed è per questo che penso e credo che la riattivazione della linea Avellino-Rocchetta Sant’Antonio sia il modo, uno dei tanti sicuramente, ma forse in questo momento il modo, di riaccendere una sensibilità individuale che per troppo tempo si è nascosta dietro ore e ore di inutile retorica. Ripartire dalle basi, ripartire dalle nostre basi, è il modo più giusto per ridare speranza ad un territorio troppo spesso dimenticato da coloro che per primi avrebbero dovuto amarlo, dimenticato da chi vi è nato e poi proprio perché dimentico è andato via, dimenticato da chi vi è rimasto ma ha iniziato a non “guardarlo” più.
    La forza dell’Avellino-Rocchetta come linea ferroviaria ma soprattutto come ideale sta nella sua straordinaria eterogeneità, un’eterogeneità non solo paesaggistica, ma culturale e sociale. Un’eterogeneità in cui i singoli prima che singoli devono sentirsi parte integrante di un sistema più grande, più ampio e inequivocabilmente più unito. Un’eterogeneità in cui lo sviluppo del paesaggio fa da base, per tirare le fila di un territorio che dalle sue mille caratterizzazioni (i filari DOCG che lasciano mano mano il posto ai castagni sui ripidi versanti dei Monti Picentini, le colline coltivate lungo l’Ofanto che si interfacciano a frange boschive di conifere tra Calitri e Monteverde) ricava la sua unicità.
    Le mille piccole realtà che la ferrovia mette a sistema lungo tutti i suoi 118 km di percorso sono la forza e il coraggio di una provincia che per troppo tempo è rimasta isolata, ma che forse proprio grazie a questa sua condizione in principio svantaggiosa è riuscita a conservare tutti quegli elementi delle tradizioni popolari e dei paesaggi incontaminati, dove il segno dell’uomo diventa parte integrante del paesaggio stesso (vedi tra tutti, l’invaso artificiale di Conza o quello di Monteverde). Tutte queste realtà da sole valgono già un’esperienza formativa unica, figuriamoci se raccolte tutte insieme. Per questo l’Avellino-Rocchetta deve diventare il narratore di questo racconto chiamato Irpina e questa legge non è altro che il primo schiarirsi la voce, la battuta introduttiva prima di iniziarne la lettura. E a questa lettura, oltre tutto il pubblico che verrà un passo alla volta ma sistematicamente invitato a partecipare, presiederanno quegli audaci, quegli stoici e caparbi audaci che quando ancora in molti dubitavano sull’importanza di questa linea, sognavano già vagoni pieni di persone, in un weekend di fine Agosto, salutare i declivi montuosi e le fertili valli dell’Irpinia.
    Un riconoscimento va al grande scrittore irpino FRANCESCO DE SANCTIS, di cui quest’anno si celebra il bicentenario della nascita, che, circa150 anni fa, da illuminato uomo politico, scriveva nel suo libro: UN VIAGGIO ELETTORALE “Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta. Si animi Monticchio, venga la ferrovia, e in piccol numero d’anni si farà il lavoro di secoli”. Ora come allora la ferrovia, anche quella dimenticata, può fare il lavoro di secoli.
    Maria Giulia Contarino
    Pietro Mitrione

    Avellino, 07/09/2017
    In_loco_motivi


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